Ciuccarelli, basta ciclismo. Decisione sofferta e (forse) obbligata?

23.10.2023
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Le sliding doors sono una costante nel ciclismo, uno sport che quando vuole sa essere anche il più spietato e duro del mondo. La storia di Riccardo Ciuccarelli racchiude tutto – gloria e delusione – nello spazio di pochi mesi, che per un atleta di ventitré anni possono rappresentare un colpo profondo a carriera e morale.

Il marchigiano di Fermo però è un ragazzo forte, già consapevole di ciò che è stato e ciò che sarà. Ciuccarelli ha deciso di smettere di correre (in apertura, foto Rodella). Al Giro del Veneto, come ci aveva anticipato il suo diesse Milesi, ha disputato l’ultima corsa sia con la Biesse-Carrera sia della carriera. Una scelta che fanno in tanti, dirà qualcuno, ma per capire quanto gli possa essere costato bisogna fare un salto all’indietro di un paio di anni.

Flashback

Nel 2021 Ciuccarelli vive una grande stagione. Al Giro d’Italia U23 conquista l’ottava tappa al termine di una lunga fuga e ad agosto trionfa al Poggiana grazie ad una stoccata solitaria. In quel periodo Riccardo non è più un nome qualunque e finisce sui taccuini della formazioni pro’. Si fa avanti l’allora Androni Giocattoli che a fine anno gli fa firmare un contratto per la futura Drone Hopper a partire dal 2023. Ma la beffa arriva implacabile. La formazione di Savio si deve ridimensionare per i guai finanziari del main sponsor spagnolo e Ciuccarelli non può più passare con loro. Lo scalatore classe 2000 ingoia il rospo e riparte nuovamente dalla Biesse-Carrera, fino ai giorni nostri, che abbiamo ricostruito con lui.

Seguito da Ellena

Nel 2022 però, su consiglio di Giovanni Ellena (all’epoca diesse della Drone Hopper), per Ciuccarelli è meglio restare ancora nella Biesse-Carrera – diventata continental nel frattempo – per crescere ulteriormente. Riesce a vestire anche l’azzurro della nazionale. Fare un calendario più ampio e alla portata può evitare l’errore di bruciare un ragazzo non pronto immediatamente al grande salto.

«Credevo molto in lui – dice l’attuale diesse della Eolo-Kometa alle prese con i postumi di una recente e rovinosa caduta in montagna dopo quaranta giorni di ospedale – ed è un peccato che si sia dovuto ritirare. Mi spiace molto. Confermerei ancora oggi la decisione di tenerlo “parcheggiato” in una società all’altezza come quella di Milesi e Nicoletti. Giusto fare così, però col senno di poi la situazione poteva prendere una piega diversa. Migliore? Chi lo sa…».

Milesi, Ciuccarelli e Savio al momento della firma nell’inverno 2021 per il passaggio nella Drone Hopper ad inizio 2023
Milesi, Ciuccarelli e Savio al momento della firma nell’inverno 2021 con la Drone Hopper

«Riccardo – prosegue Ellena – è rimasto vittima di una serie di incastri sfavorevoli oltre modo. Forse, per come sta viaggiando alla velocità della luce il ciclismo attuale, ha fatto risultati importanti in un momento in cui i Devo Team esteri non guardavano così tanto in casa nostra. Ora siamo noi a bussare a loro per i nostri talenti migliori, juniores o U23 che siano. Tuttavia il vero problema è che in Italia ne stiamo perdendo tanti di ragazzi così, perché mancano le squadre professionistiche o ce ne sono poche. Masnada è l’esempio che faccio sempre. Lo abbiamo fatto passare per il rotto della cuffia perché qualcuno non era convinto ed ora guardate dov’è arrivato. Qualcosa dovrebbe cambiare a livello governativo. All’estero alcuni Stati appoggiano diverse loro squadre in modo congruo».

Riccardo questa decisione quando l’hai maturata?

Era un po’ che ci pensavo. E’ nata qualche mese fa, è stata preventivata, metabolizzata. Già tanti anni fa mi ero sempre prefissato di arrivare fino alla fine degli U23 se non avessi trovato un contratto da pro’ prima. Quest’anno ho ascoltato le emozioni. A livello mentale sono state contrastanti. Da una parte dovevo dimenticare quello che era successo nel passato e che non svanisce nel nulla. Dall’altra avevo voglia di correre. Alla fine ho tracciato una riga cercando di essere ragionevole. Le motivazioni non erano più sufficienti per andare avanti ancora.

Come lo hai vissuto questo 2023?

Sono ripartito per rimettermi in mostra, ma era difficile. Qualche bel risultato l’ho ottenuto (un secondo, un quarto e altre cinque top 10, ndr). La difficoltà più grande è stato il calendario. Buono per larga parte, ma tra giugno e luglio ho corso poco perché la squadra era formata da tanti U23 e giustamente guardava più a quelle gare. Mi sono sempre impegnato al massimo come fossi al primo anno nella categoria, però è stato difficile restare concentrato. Onestamente ce l’ho fatta a continuare ad allenarmi senza saltare di testa, ma mi è costato fatica. A tal proposito vorrei aggiungere una cosa importante.

Vai pure…

Vorrei ringraziare tanto la Biesse-Carrera perché quest’anno mi hanno dato una nuova chance, riconfermandomi all’ultimo minuto lo scorso inverno, e per tutto il tempo trascorso con loro. Ho fatto tre anni favolosi, dove sono stato guidato da Marco e negli ultimi due anche da Dario (rispettivamente Milesi e Nicoletti, i due diesse, ndr). Mi hanno insegnato tanto. La Biesse-Carrera è stata la mia seconda famiglia e l’appartamento che avevamo ad Osio Sotto, che dividevo con Foldager e altri compagni, è stata la mia seconda casa. Ringrazio anche gli sponsor che ci hanno messo sempre a disposizione un bel budget per svolgere al meglio la nostra attività e per ospitarci da loro.

Cosa ti ha lasciato la vicenda della Drone Hopper?

Diciamo che si perde un po’ di fiducia nell’ambiente. Ho saputo tutto all’ultimo quando non c’era più nulla da fare. Ho pagato il fatto anche di non avere un procuratore. Mi resta amarezza perché se non hai una figura del genere sembra che tu non venga considerato anche se fai i risultati. Il ciclismo di adesso è come la moda. Cambia tanto da una stagione all’altra. E noi atleti siamo come degli yogurt, sembra che abbiamo una scadenza. Non si possono definire vecchi ragazzi di 23/24 anni. Avevo fatto bene a restare negli U23 nel 2022 perché non volevo passare per forza per poi soffrire ad ogni corsa. Ma è andata così, quest’anno nessuno dalla sponda pro’ mi ha più cercato.

Ciuccarelli nel 2023 si è impegnando a fondo, ottenendo qualche buon risultato, ma aveva già metabolizzato il suo ritiro (foto Rodella)
Ciuccarelli nel 2023 si è impegnando a fondo, ottenendo qualche buon risultato, ma aveva già metabolizzato il suo ritiro (foto Rodella)
Il rapporto di Riccardo Ciuccarelli col ciclismo com’è adesso?

Rimane buono perché per me non era un’ossessione. Il ciclismo è una profonda passione, tant’è che continuo ad uscire in bici approfittando del bel tempo. Ho iniziato a correre da G1 nella Rapagnanese e non vorrei interrompere il legame con questo sport. Ho ripreso gli studi in Scienze Motorie e nel giro di un anno vorrei laurearmi. Mi piacerebbe seguire i giovanissimi e magari in futuro anche allievi o juniores. Potrei trasmettere a loro la mia esperienza, potrebbe un insegnamento per i giovani. Ora però sto vivendo già il mio presente. Il diploma da odontotecnico è tornato utile e lo sto sfruttando lavorando nell’azienda di mio padre. A cosa fare più avanti ci penserò.

Cepeda: dopo la Drone Hopper, il vero inizio con la EF

20.04.2023
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SAN VALENTINO BRENTONICO – Le strade del Tour of the Alps ce lo hanno fatto scoprire qualche anno fa e lui in questi giorni ci ha rinfrescato la memoria con le sue azioni in montagna. Jefferson Cepeda ieri sull’ascesa che portava al traguardo di San Valentino di Brentonico ha acceso la miccia raccogliendo un terzo posto che probabilmente meritava di più.

E’ contento tuttavia lo scalatore 24enne perché è come se avesse ricominciato quasi da zero. Cepeda è ripartito dalla EF Education-EasyPost lo scorso agosto quando la Drone Hopper, certa ormai del forte ridimensionamento, lo ha lasciato libero di andare altrove. Solo quattro gare negli ultimi mesi del 2022 giusto per ambientarsi nel team statunitense, ma la prima vera stagione si può considerare quella attuale.

Cepeda ha attaccato nel finale della terza tappa per stanare la Ineos. Ne ha approfittato Kamna
Cepeda ha attaccato nel finale della terza tappa per stanare la Ineos. Ne ha approfittato Kamna

All’attacco

Per parlare con il piccolo ecuadoriano (1,64 metri di altezza per 56 chilogrammi) abbiamo atteso il post tappa e che scendesse dal podio delle premiazioni. Al “TotA” Cepeda guida la graduatoria dei GPM e davanti a sé ha ancora il terreno, tra oggi e domani, per replicare o migliorare il piazzamento di ieri.

«E’ stata una corsa molto buona – spiega – perché nel finale avevamo buone gambe. Abbiamo provato qualcosa di importante attaccando a quattro chilometri dalla fine. Non siamo riusciti a conquistare la tappa, ma siamo contenti del risultato. Il mio lavoro è sempre in funzione di Hugh (Carthy, ndr) ma l’idea era di fare faticare la Ineos, facendoli uscire allo scoperto. Dovevo un po’ smuovere le acque. In parte ce l’abbiamo fatta. Nel finale di tappa la Bora-Hansgrohe ha seguito la mia iniziativa e ne ha approfittato con Kamna prima e con Vlasov poi, che mi ha saltato negli ultimi metri (i due si sono piazzati rispettivamente primo e secondo al traguardo, ndr)».

Scoperto da Savio

Cepeda è uno dei tanti ragazzi scoperti da Savio in Sud America: l’ingaggio nel 2020 nell’allora Androni Giocattoli diventata poi Drone Hopper e poi sprofondata per le note vicende. Jefferson si è trovato a passare da una formazione professional con ambizioni importanti ad una formazione WorldTour che il proprio dovere lo fa sempre ogni anno.

«La Drone Hopper – ricorda – era una squadra molto valida, dove ho appreso molto e dove c’era tantissimo talento grazie a Gianni Savio. Proprio lui mi ha dato la possibilità di correre prendendomi giovane da una piccola formazione ecuadoriana. Ho imparato a correre, soprattutto nei finali di gara o nei momenti più concitati. Ad esempio nel 2021 mi aveva portato qui al Tour of the Alps dove ho vinto la maglia bianca di miglior giovane, chiudendo al quarto posto assoluto. E’ merito di Gianni se conosco molto bene questa gara. Infatti adesso mi stanno tornando comodi i suoi insegnamenti.

«Adesso invece – continua – sono in una squadra grande dove mi trovo bene. Speravo che il WorldTour fosse un po’ meno difficile, ma mi sono adattato molto bene con la EF. I miei compagni sono stati grandiosi nell’aiutarmi nell’inserimento. Credo di aver fatto un passo in avanti, ma non mi sento più forte di prima. Sono contento del percorso di crescita che sto facendo. Non so cosa potrò fare perché mi sto riscoprendo nuovamente».

Cepeda, scoperto da Savio, è passato alla Androni nel 2020, dopo due stagioni nel Team Ecuador
Cepeda, scoperto da Savio, è passato alla Androni nel 2020, dopo due stagioni nel Team Ecuador

Per sé e per l’Ecuador

Cepeda è pronto a correre il suo quarto Giro d’Italia. Il Tour of the Alps è l’ultima frazione di avvicinamento, ma i suoi obiettivi sono votati sia alla causa di Carthy, capitano designato alla corsa rosa (ed attualmente secondo nella generale del “TotA”), sia a quella della sua patria.

«Adesso voglio fare molto bene al Giro – prosegue – l’intenzione è quella di puntare alle tappe. La classifica la cureremo con Hugh ed io sarò in suo supporto con tutto il resto della squadra. Gli obiettivi della seconda parte di stagione li vedremo dopo, a fine Giro. Stiamo correndo bene in generale, sempre davanti e questo è importante per tutto. Ora voglio difendere la maglia azzurra, sperando di portarla fino alla fine. L’obiettivo principale resta comunque la generale però vincere la classifica degli scalatori sarebbe ugualmente un buon punto a nostro favore».

Jefferson Cepeda, EF Education Easy Post, Tour of the Alps
Cepeda (mentre si disseta) alla EF ha trovato i suoi connazionali Carapaz e Caicedo
Cepeda (mentre si disseta) alla EF ha trovato i suoi connazionali Carapaz e Caicedo

«Siamo pochi corridori in Ecuador – conclude con un sorriso – ma tutti forti. Qui alla EF siamo in tre. Oltre a Carapaz che è il più famoso di noi, c’è anche Jonathan Caicedo, che vinse la tappa dell’Etna al Giro 2020. Naturalmente sono molto felice di rappresentare il mio Paese insieme a loro. Vogliamo essere presi da riferimento dai nostri giovani. Mi piacerebbe che in futuro ci fossero sempre più corridori ecuadoriani grazie a noi. Anzi spero che questo avvenga nel giro di pochi anni».

Il negozio prende quota, ma Chirico ora scopre il gravel

21.02.2023
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Luca Chirico è di ritorno da Livigno, dove ha passato il fine settimana sulla neve delle montagne svizzere, godendosi uno dei pochi svaghi da quando ha iniziato la nuova avventura da imprenditore nel negozio di bici, che abbiamo già visitato insieme.  

«Domenica – racconta – ho avuto modo di partecipare ad un circuito gravel a Saint Moritz, una bella e nuova esperienza. Ho iniziato a collaborare con Titici, sono amico di un ragazzo di Como che mi ha coinvolto in questo nuovo progetto. L’idea è di andare in giro e partecipare a questi eventi ed abbiamo creato un “team” che si chiama Sartoria Ciclistica di Como, porterà anche il nome del mio negozio. Al nostro fianco ci sono anche Fulcrum e Prologo. E’ un modo particolare di vivere la bici quello del gravel, l’ho provato e mi è piaciuto subito, però non ho intenzione di farlo in maniera competitiva.

«Da quando ho smesso di correre, sto uscendo molto meno. In più se avessi voluto mantenere un profilo competitivo, sarei rimasto nell’agonismo. Non mi piace nemmeno l’idea di partecipare a competizioni amatoriali da ex professionista, preferisco godermi la bici senza lo stress dell’agonismo. Organizzo dei tour di e-bike nel mio negozio e qualche volta degli amici mi convincono a uscire su strada, ma quando fa freddo non se ne parla! E’ cambiato tutto, ho stravolto la mia vita. Ci sono dei ritmi più frenetici rispetto a quelli che avevo da corridore, il negozio richiede tanto impegno, ma mi dà molte soddisfazioni».

Nel suo fine settimana a St. Moritz Chirico ha avuto modo di scoprire il gravel
Nel suo fine settimana a St. Moritz Chirico ha avuto modo di scoprire il gravel

Nuovo focus

In pochi mesi infatti per Chirico è cambiato tutto, dalle corse è passato a gestire un negozio, con tutti i pensieri del caso. La programmazione è a lungo termine, anche se qualcosa in questi primi mesi si è già raccolto.

«Bisogna modificare completamente mentalità – spiega – il negozio, che si chiama “In fuga – Luca Chirico Bike Experience”, mi porta tanti pensieri. Allo stesso tempo, però, mi dà molte soddisfazioni. L’ho aperto il 20 ottobre e, nonostante il periodo non fosse il migliore, sono molto soddisfatto. I primi due mesi sono andati bene, poi a gennaio c’è stata una frenata, ma ora c’è stata una ripartenza. Tutti dicevano che il mercato fosse inchiodato, ma negli ultimi anni il ciclismo è cresciuto molto, anche in inverno. Un periodo che solitamente vedeva meno appassionati in giro. Ora, complici anche le nuove discipline che stanno emergendo, la bici è diventata un mezzo che va bene anche tutto l’anno».

Il negozio di Chirico ha aperto il 20 ottobre a Porto Ceresio in provincia di Varese
Il negozio di Chirico ha aperto il 20 ottobre a Porto Ceresio in provincia di Varese

Dall’altra parte

Per un professionista cambiare mentalità non è sempre facile, ma come se l’è cavata l’ex corridore della Drone Hopper?

«Diventare imprenditore avendo avuto un passato da professionista ha i suoi lati positivi, devo ammetterlo. Quando la gente mi chiede un consiglio, capisco che si fida ed in fondo in questi anni di esperienze ne ho fatte e qualche bici – racconta ridendo – l’ho vista. Mi rendo conto di avere un’idea tecnica quando il cliente mi parla e il mio curriculum da corridore porta i clienti a fidarsi un po’ di più.

«La cosa più complicata è stata il passare a spiegare il mezzo. Prima lo guidavo e la cosa finiva lì, ora mi trovo a dover raccontare l’emozione della bici. Mi piace come nuovo ruolo, sono sempre stato uno che ci sta bene in mezzo alla gente. Preferisco parlare e lasciare al cliente poi la decisione finale, consapevole che se spieghi bene poi ti danno fiducia».

L’ultima corsa da professionista di Chirico è stato il Giro di Lombardia
L’ultima corsa da professionista di Chirico è stato il Giro di Lombardia

Gravel = avventura

Con questo nuovo progetto gravel, la bici ha il sapore dell’avventura: nei mesi primaverili c’è il progetto di andare in Spagna e Francia a fare degli eventi.

«Però io voglio vivere queste esperienze – conclude – godendomi il senso di comunità tipico del gravel. Si tratta di una disciplina tanto in crescita, me ne rendo sempre più conto. I clienti che vengono in negozio da me sono persone che fino al giorno prima non sono mai andate in bici. Da questo capisco come lo spirito del gravel sia allettante, lo stimolo è di godere e apprezzare la natura che ci circonda. Nella mia vita ho avuto la possibilità di correre in molti posti, ma di vedere poco. Ogni tanto fermarsi a fare una foto è bello».

Il vuoto dentro, i tentativi e il ritiro: Benedetti racconta…

15.02.2023
6 min
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Basta guardare gli occhi nella foto di apertura, da lui pubblicata su Instagram il 7 gennaio, per capire che il cammino di Gabriele Benedetti nel ciclismo fosse al capolinea. Per contro basta guardarlo nella foto con la sua ragazza (che pubblichiamo in conclusione di questo articolo) per rendersi conto della differenza. E così ieri, anticipando la telefonata con un messaggio e un post su Instagram, il campione italiano U23 del 2021 (22 anni) ha annunciato la fine della carriera.

Non è l’addio di Dumoulin e Pinot, non fa rumore come il ritiro di Aru. Però fa capire quanto debbano essere forti le motivazioni per fare il professionista. E come basti qualcosa che si inceppa nella vita di tutti i giorni, per trasformare anche le strade di pianura in salite insormontabili.

L’ultima corsa di Benedetti è stato il Tour du Limousin, chiuso con un ritiro il 18 agosto scorso
L’ultima corsa di Benedetti è stato il Tour du Limousin, chiuso con un ritiro il 18 agosto scorso

Sfortuna cronica

Inizialmente il pensiero è andato alle mille sfortune, a causa delle quali il suo primo anno da professionista si è concluso con 16 giorni di corsa. L’ultimo in cui ha attaccato il numero sulla schiena fu il 18 agosto al Tour du Limousin. Poi la Drone Hopper si è sciolta e la prospettiva di ripartire dalla Colombia ha congelato un entusiasmo già freddo.

«E’ un po’ che ci pensavo – racconta con mezzo sorriso – già dalle vacanze di Natale. Ho parlato con Massimiliano (Mori, il suo procuratore, ndr), ero un po’ in crisi. Avete presente quando proprio non riesci a partire per l’allenamento? Ci ho provato e riprovato, mi era già capitato di avere certi pensieri. Mi sono convinto a ritentare. Ho provato anche a cambiare vita. Sono andato via di casa per vedere se avevo più stimolo. Però, niente. Facevo una settimana o due e poi mi ritrovavo al solito punto…».

Benidorm, dicembre 2021: la maglia tricolore di Benedetti al primo ritiro della Drone Hopper, con Grosu e il preparatore Borja Martinez
Benidorm, dicembre 2021: il tricolore di Benedetti al ritiro della Drone Hopper, con Grosu e il preparatore Borja Martinez
Da U23 ti piaceva la vita del corridore? 

Mi era già successo di avere dubbi nell’ultimo anno, quando ero campione italiano. Non ottenevo più quello che volevo e mi ero un po’ demoralizzato. Ho fatto il campionato italiano, poi ho avuto un incidente e mi sono rotto le costole. L’anno dopo ho iniziato da professionista ed ero contento di partire. Stavo anche bene. Nella prima gara (il Trofeo Alcudia a Mallorca, ndr) ho fatto 30 chilometri e poi mi sono sfasciato un ginocchio. Mi sono risollevato e ho preso il Covid. Un’altra gara e ho preso le placche in gola, con tanto di antibiotici. Sfortuna su sfortuna. Ho cercato di trovare la rabbia per farmi valere, però niente…

Chi era al corrente della tua situazione?

Massimiliano Mori, di queste cose parlavo con lui. I miei genitori e la mia fidanzata. Massimiliano mi diceva che ero uno che valeva, insomma di provarci. Di non preoccuparmi della squadra e la squadra infatti non c’entra niente. All’inizio, quando la Drone Hopper è diventata continental, ci sono rimasto un po’ male, come tutti. Però alla fine mi hanno sempre sostenuto. Solo non avevo più la testa per andare avanti. 

Nel 2018 Benedetti corre i mondiali juniores a Innsbruck: è al secondo anno e arriva 6° a 3’20” da Evenepoel. Con lui c’è Tiberi
Nel 2018 Benedetti corre i mondiali juniores a Innsbruck e arriva sesto a 3’20” da Evenepoel
Eppure l’anno scorso a Benidorm eri sembrato motivato…

Era la prima stagione da professionista, volevo far vedere quello che valevo. Stavo bene, il periodo nero doveva cominciare. 

Quanto è stato difficile prendere questa decisione?

Parecchio, perché poi ho sempre paura di deludere gli altri. Tanti credono in me, la gente quando esco di casa mi parla solo di ciclismo. Quindi ho guardato tanto a questo aspetto. Poi però ho capito che dovevo pensare a stare bene io. In più ci sono state anche delle vicende personali un po’ pesanti, riguardo persone del ciclismo che mi hanno fatto del male. E anche quelle hanno avuto un bell’impatto, succede quando ti fidi di qualcuno che invece ti tradisce.

Vuoi dire di cosa si tratta?

No, ma posso dire che c’è un direttore sportivo che sin dagli juniores era molto vicino a me, che non si è comportato bene. Mi sono fatto prendere, sapeva parlare bene. Insomma, da lì in poi è andato tutto male (altro Benedetti non dice, ma lascia capire che si tratta di vicende personali non legate direttamente al ciclismo, ndr).

Il 19 giugno del 2021, Benedetti diventa tricolore U23 a Bacchereto, in Toscana (photors.it)
Il 19 giugno del 2021, Benedetti diventa tricolore U23 a Bacchereto, in Toscana (photors.it)
E’ tanto che vai masticando questo malumore?

Tanto, sì. Andare in bicicletta mi piace. In queste giornate, un giretto si potrebbe fare, ma non ce la faccio. Una volta sarei partito senza pensarci due volte, invece ora ci penso anche tre.

Come immagini la tua vita?

Non ho avuto tempo di pensarci. Ho preso la decisione senza sapere cosa farò, quindi è tutto in evoluzione. Di sicuro avrò più tempo per la famiglia, mi troverò un lavoro, diventerò una persona normale. Mi impegnerò a fare altro.

Mori dice che ti sei tenuto tutto dentro perché sei molto chiuso.

Sono uno che sta zitto, che non dice niente e questo un po’ mi penalizza. Insomma, nessuno capisce come stai, quello che hai. Sono così, ci provo, ma è il mio carattere. Sono timido, forse per fare il corridore ci vuole più cattiveria.

Giro dell’Emilia 2020, nell’anno del Covid si corre il 18 agosto: Benedetti in azzurro, avrebbe dovuto correre nel Team Monti
Giro dell’Emilia 2020, nell’anno del Covid: Benedetti in azzurro, avrebbe dovuto correre nel Team Monti
Quante volte dovrai ripetere questi concetti?

Purtroppo mi aspetto anche delle critiche, oppure delle chiamate. Però ci ho pensato tanto, è la mia decisione. Quindi chiunque può pensare a quel che vuole, io faccio quel che mi sento.

Chi lo aveva capito anche prima di te?

Sara, la mia ragazza. Siamo insieme da sei anni e parliamo tanto. Lei mi ha tirato su anche nell’anno da campione italiano, perché anche lì ero giù.

Sei uno di quelli che prende le decisioni e poi non torna indietro oppure ti lasci mezza porta aperta?

Non lo so, sinceramente non lo so. Però col tempo si vedrà (Benedetti ha 22 anni, ndr). Insomma se mi ritorna un po’ di voglia, se avrò qualche possibilità. Devo solo vedere se mi passa questo momento o se non passerà mai.

L’unica ad aver capito tutto era già da un po’ la sua compagna Sara, qui in una foto della scorsa estate
L’unica ad aver capito tutto era già da un po’ la sua compagna Sara, qui in una foto della scorsa estate
A casa come l’hanno presa?

Montemarciano, il mio paese, è super appassionato di ciclismo (è lo stesso borgo dell’aretino che ha dato i natali a Rinaldo Nocentini, Francesco Failli e Marco Madrucci, ndr). Mio babbo ha corso in bicicletta e ci è rimasto un po’ così. Anche per lui era una soddisfazione, però purtroppo se ne faranno una ragione.

Averlo annunciato ti ha tolto un peso?

Ho fatto capire quel che provavo, mi sono tolto un peso perché lo tenevo dentro da tanto. Non avevo mai detto niente a nessuno. Insomma finalmente mi sento più libero.

Tesfatsion: una crescita con passi piccoli, ma decisi

30.01.2023
6 min
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Tra le piacevoli novità del 2023 c’è il passaggio di Natnael Tesfatsion alla Trek-Segafredo. L’eritreo dopo un periodo di apprendistato tra continental e professional ha fatto il salto nel mondo dei grandi. Ha ventitré anni e con la WorldTour americana ha esordito in Australia al Santos Tour Down Under con un buon sesto posto nella terza tappa. La crescita di “Natalino”, così soprannominato nel suo periodo italiano, prosegue e la curiosità di sapere cosa hanno visto in lui alla Trek si fa forte

Al Tour Down Under è avvenuto l’esordio ufficiale in maglia Trek Segafredo per “Natalino”
Al Tour Down Under è avvenuto l’esordio ufficiale in maglia Trek Segafredo per “Natalino”

Seguito da tempo

Alziamo il telefono e dall’altra parte risponde Josu Larrazabal, capo del team performance alla Trek. E lui, nonostante il nome ispanico, risponde in perfetto italiano.

«Natnael – inizia a raccontare da un bar poco fuori Madrid – ha delle grandi caratteristiche, lo seguiamo da quando era nel Team Qhubeka. Da tempo Luca (Guercilena, ndr) lo aveva nel mirino. Al primo anno in Androni l’interesse era forte, ma probabilmente era ancora presto, Tesfatsion aveva bisogno di un altro anno in una professional per crescere e maturare. L’Androni per fare ciò è davvero un’ottima squadra che crea le condizioni ideali per far crescere i corridori promettenti. Tesfatsion con loro ha avuto occasione anche di correre in gare WorldTour come il Giro d’Italia, facendo vedere ottime cose. Le fughe nelle quali è entrato, solo per fare un esempio, sono state di qualità, di quelle che serve gamba per acchiapparle».

Ad inizio 2022 Natnael Tesfatsion ha vinto il suo secondo Tour of Rwanda, il primo era arrivato due anni prima
Ad inizio 2022 Natnael Tesfatsion ha vinto il suo secondo Tour of Rwanda, il primo era arrivato due anni prima

L’esordio australiano

La prima corsa disputata da Tesfatsion in maglia Trek è stato, come detto in precedenza, il Tour Down Under. Gara WorldTour con un parterre di corridori di qualità, un “battesimo di fuoco” potremmo dire. 

«Ha fatto sesto in una tappa – continua a raccontare Larrazabal – non avrà bisogno di un grande adattamento, visto anche il percorso fatto gli anni prima. Il risultato ci ha quasi sorpreso, perché il suo inverno non è stato calibrato per essere competitivo fin dalla prima gara. L’obiettivo è quello di una crescita graduale per arrivare pronto alle prossime gare».

Per il coach della Trek la volata in cima al Monte Grappa all’AIR è l’esempio dell’esplosività di Tesfatsion
Per il coach della Trek la volata in cima al Monte Grappa all’AIR è l’esempio dell’esplosività di Tesfatsion

Crescita costante

In queste righe Josu ci dice una frase importante: «Quasi sorpreso» come mai quel “quasi”. Cosa ha visto il preparatore?

«E’ una scalatore con una grande motore e una resistenza elevata. Inoltre, ha anche un buono spunto veloce, una cosa che nel ciclismo moderno è utile. Il livello generale si è alzato anche in salita e fare la differenza sul passo è difficile. Anche per queste sue caratteristiche è stato giusto lasciarlo alla Drone Hopper un anno in più. Lo spunto veloce è una qualità che deve essere sempre allenata, altrimenti si perde, e puoi farlo al meglio solamente in gara».

Natnael è arrivato in Italia con il Team Qhubeka grazie a Daniele Neri
Natnael è arrivato in Italia con il Team Qhubeka grazie a Daniele Neri

Le prime impressioni

Nel ritiro invernale la Trek ha avuto modo di testare i suoi corridori, un lavoro importante soprattutto per i ragazzi nuovi. Così da poterli inquadrare.

«Non c’è nulla di più importante di un test – continua Josu – ad inizio stagione e dei risultati che ne derivano. I test indoor fatti a Tesfatsion hanno confermato un grande potenziale. Quando poi lo abbiamo messo in strada si è vista anche la cattiveria agonistica, ha una grande voglia di fare. Negli allenamenti con situazioni di “picco” o delle mini gare faceva il massimo per vincerle e a volte ci riusciva anche. La strada toglie subito i dubbi, non c’è storia. Natnael ha un carattere forte e lo ha portato subito in squadra, si è integrato immediatamente».

Josu Larrazabal, tecnico basco della Trek-Segafredo ha avuto buone impressioni sull’eritreo (foto Jamie L. Forrest)
Josu Larrazabal, tecnico basco della Trek-Segafredo ha avuto buone impressioni sull’eritreo (foto Jamie L. Forrest)

Con il freno tirato

Le aspettative sono alte per il corridore eritreo, ma la crescita e l’apprendimento non sono ancora finiti. Questa prima stagione alla Trek-Segafredo gli servirà per imparare ancora molto. 

«E’ vero – dice – non bisogna dimenticare che è al suo primo anno nel WorldTour, dovrà imparare. I meccanismi sono diversi sia in gara che in gruppo. Lui arriva da una squadra nella quale aveva libertà di fare: anche qui avrà le sue chance, ma ci saranno delle corse nelle quali sarà di supporto al capitano. Fa parte del processo di crescita, perché quando si troverà a dover gestire la squadra, sarà stato utile aver vissuto prima il ruolo da gregario. Nelle corse minori, quelle del calendario italiano, che già conosce, potrà avere delle occasioni».

Con il passaggio nel WorldTour, Tesfatsion sarà chiamato ad un altro step nella sua crescita
Con il passaggio nel WorldTour, Tesfatsion sarà chiamato ad un altro step nella sua crescita

Il ruolo del preparatore

Come si approccia un preparatore ad un corridore del genere? In che modo lo aiuta a crescere e migliorare?

«Noi allenatori – spiega Larrazabal – dovremo essere bravi a lavorare e farlo salire gradino per gradino. Il motore Natnael ce l’ha, ma bisogna incrementare la capacità di carico, è tutto parte del processo di maturazione. Quando sei in una continental fai 15.000 chilometri all’anno, da professional 25.000 e nel WorldTour 30.000. Anche le corse e i focus cambiano, alla Drone Hopper dopo il Giro d’Italia ha corso l’Adriatica Ionica e il campionato nazionale. Qui da noi il calendario è più intenso, dopo la corsa rosa arrivano il Delfinato o il Giro di Svizzera, si ha un incremento considerevole ed i giovani a volte questa cosa tendono a sottovalutarla.

«Le caratteristiche fisiche ed atletiche di Tesfatsion – conclude sorseggiando il caffè – gli permettono di essere un corridore da corse di un giorno. Le corse delle Ardenne sono gare nelle sue corde, come quelle del calendario italiano: un esempio è il Giro dell’Appennino dove ha fatto secondo nel 2022. Però anche in questo caso bisogna andare con i piedi di piombo. Tesfatsion ha una buonissima resistenza, ma va comunque allenata, sia per quel che riguarda le grandi distanze, come le corse da 250 chilometri. Tuttavia va allenata anche quella che è la capacità di fare fatica per più giorni consecutivi. Di Natnael siamo soddisfatti, crescerà e si farà vedere».

Grosu riparte dalla Polonia tra sfortune e brutte storie

22.01.2023
6 min
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Nella tempesta che ha travolto e ha fatto chiudere la Drone Hopper di Gianni Savio, si è ritrovato anche Eduard Grosu. Il corridore rumeno, che ha corso in Italia per molti anni, ha perso tutto ad un tratto le certezze delle quali era circondato. La sua storia degli ultimi due anni è una spirale che lo ha portato sempre più giù, ma lui corridore dall’animo tenace, non si è fatto abbattere ed è ripartito. Con la speranza di rovesciare, a colpi di pedale ben assestati, questo trend negativo

Eduard si era ritrovato senza squadra anche nel 2021 con la chiusura della Delko
Eduard si era ritrovato senza squadra anche nel 2021 con la chiusura della Delko

Le speranze truffate

A sentire Grosu raccontare degli ultimi mesi si fa fatica a credergli, la cosa triste è che ciò che stiamo per scrivere è davvero accaduto…

«Sto bene – racconta da casa sua in Romania – per il 2023 sono riuscito a trovare la squadra, alla fine. Si tratta della Mazowsze Serce Polski, una continental polacca. Ho dovuto aspettare l’anno nuovo perché durante gli ultimi mesi del 2022 avevo firmato un contratto con una continental irlandese, la EvoPro Racing. Avevo firmato con loro perché doveva entrare un grande sponsor rumeno e la squadra avrebbe preso l’affiliazione nel mio Paese. Ero stato coinvolto in tutte le trattative e si era già arrivati a fasi estremamente avanzate. Il manager della EvoPro, Morgan Fox, era venuto in Romania ed aveva già il contratto per la fornitura delle bici.

«Ad un certo punto – continua a raccontare Grosu – quando l’UCI ha chiesto le garanzie allo sponsor rumeno, questo è sparito e non ha più risposto a mail o telefonate. La cosa peggiore è che, siccome si passava ad un’affiliazione rumena, io avevo contattato dei ragazzi del mio Paese per farli venire a correre in questa nuova squadra. Una volta che lo sponsor è sparito siamo rimasti tutti a piedi, dai ragazzi rumeni fino alla EvoPro, che ha dovuto chiudere il team».

Nel 2022 è ripartito con la Drone Hopper, una prima parte di stagione sfortunata ed un finale in crescendo
Nel 2022 è ripartito con la Drone Hopper, una prima parte di stagione sfortunata ed un finale in crescendo

Di nuovo a piedi

Nel 2022 aveva chiuso la Drone Hopper e con lo sfortunato episodio della EvoPro le cose si erano fatte nere per Grosu. La Mazowsze Serce Polski ha rimesso un po’ le cose in ordine e per il 2023 si prova a ricostruire qualcosa, con la speranza di far girare la fortuna dalla parte giusta. 

«La Drone Hopper – spiega il velocista rumeno – doveva rimanere aperta, almeno per quanto mi avevano detto i miei procuratori, i Carera, dopo il Giro di Romania (era ancora la prima metà di settembre, ndr). Nel frattempo ero entrato in contatto con un po’ di professional straniere ma con la situazione che si è venuta a creata con la EvoPro quelle piste si sono poi raffreddate. Il calendario che mi offre la Mazowsze Serce Polski è buono: faremo il Giro di Ungheria e quello di Danimarca più qualche corsa in Belgio e Francia.

«La cosa importante è avere le occasioni, penso che se saprò sfruttarle riuscirò a tornare in una professional. Non sono uno che si dà per vinto, non mi faccio abbattere, prendo le cose come vengono e cerco di trarne sempre il massimo. Se le offerte arriveranno, bene, altrimenti vorrà dire che non ho mercato e farò altro».

Con Savio si è cercato in ogni modo di salvare la squadra ma non ci si è riusciti
Con Savio si è cercato in ogni modo di salvare la squadra ma non ci si è riusciti

La situazione Drone Hopper

Vi avevamo raccontato degli umori dei corridori italiani della Drone Hopper qualche mese fa. Anche per Grosu il periodo non è stato semplice ma il suo per cercare di salvare la situazione lo ha fatto

«I miei ex compagni li sento ancora – dice – sono rimasto in buoni contatti con loro. Nel momento più difficile ho provato anche io in prima persona a muovermi per salvare la situazione, cercando qualche sponsor. Conosco molto bene il Ministro dello Sport rumeno: Edward Novak, ex atleta paralimpico, ma non siamo riusciti a trovare una soluzione. Sono rimasto comunque in contatto con Gianni Savio, è un uomo davvero buono, con il quale mi sono trovato molto bene e gli auguro il meglio».

Grosu con Giuliani in ammiraglia ai tempi della Vini Fantini, fu lui a portare il velocista rumeno in Italia
Grosu con Giuliani in ammiraglia ai tempi della Vini Fantini, fu lui a portare il velocista rumeno in Italia

Il deja vu con Giuliani

Ripartendo da una continental Grosu ritrova una situazione che gli pare simile al passato, come un deja vu. L’ultima volta che il velocista ha corso in una continental era il 2014 e si trovava alla Vini Fantini Nippo. Il suo diesse era Stefano Giuliani. Viste le parole di Dalla Valle a proposito del rapporto con quest’ultimo chiediamo a Grosu che ricordi ha lui, invece. E cerchiamo di capire come faccia Stefano a creare quell’armonia che aiuta i suoi corridori a ritrovare slancio. 

«La prima volta che ci siamo incontrati – racconta fermandosi un attimo per ricordare meglio – era il 2013. Eravamo al Giro di Romania, nel mese di luglio, e gli avevo chiesto se nella sua squadra ci fosse un posto libero perché volevo passare. Dopo un po’ di tempo, sarà stato dicembre, mi chiama per dirmi che avrebbe fatto la continental ed io sarei stato parte del team. Giuliani è una grande persona, dal cuore enorme che mi è stata sempre vicina. Per due anni ho vissuto a casa sua, ti donerebbe l’anima se potesse. E’ sempre riuscito a tirare fuori il meglio dai suoi corridori, per non fargli mancare nulla fa i salti mortali, penso sia questo il suo segreto, ti fa vedere lui in prima persona quanto ci tiene».

La Romania è cresciuta molto a livello ciclistico negli ultimi anni (foto Sibiu Tour, Tiberiu Hila)
La Romania è cresciuta molto a livello ciclistico negli ultimi anni (foto Sibiu Tour, Tiberiu Hila)

Il ciclismo in Romania

Grosu parla volentieri e risponde gentilmente alle domande, e così si finisce anche a parlare del ciclismo in Romania. Terra nella quale è nato e dove, come ci racconta lui, è tornato a vivere dal 2019. 

«Sono tornato a vivere qui da quando ho smesso di correre alla Nippo Vini Fantini (dice, ndr). A Zarnesti, a tre chilometri dal Castello di Dracula, mi piace stare qui e ci sto molto bene. Il ciclismo in Romania è in grande ascesa, se penso a cinque anni fa ricordo che avevamo solamente il Sibiu Tour. Ora i giorni di corsa UCI sul nostro territorio sono 17: tra Sibiu Tour, Tour Szeklerland, Giro di Romania e qualche gara di un giorno. Il merito è anche di Vlad Dascalu che corre in Mtb nel team Trek e nel 2019 è stato campione del mondo under 23. Quando un atleta raggiunge un traguardo del genere crea interesse nella disciplina, qualunque essa sia».

Ciuccarelli manda giù il rospo e ci riprova

29.12.2022
4 min
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Il terremoto che ha investito la Drone Hopper e ha portato alla successiva chiusura, ha causato un effetto a cascata. A farne le conseguenze, oltre a chi nel team di Savio già c’era, è stato Riccardo Ciuccarelli (in apertura foto Instagram al Giro della Val d’Aosta corso con la nazionale). Il ventiduenne della Biesse Carrera era stato promesso sposo della Drone Hopper per questo 2022. La chiusura della squadra ha spazzato via le certezze sul futuro e quel contratto che lo avrebbe portato nel mondo dei professionisti.

«Non è facile descrivere il mio stato d’animo – racconta Ciuccarelli – soprattutto quando tutto questo ti capita a vent’anni. Hai una prospettiva e rimani spiazzato, così all’improvviso».

Da sinistra: Marco Milesi, Riccardo Ciuccarelli e Gianni Savio, al momento della firma del contratto l’inverno del 2021
Da sinistra: Marco Milesi, Riccardo Ciuccarelli e Gianni Savio, al momento della firma del contratto l’inverno del 2021
Quando hai scoperto che la Drone Hopper avrebbe chiuso?

Dai giornali, come tutti gli altri. Quando ho iniziato a leggere i primi articoli mi sono preoccupato subito. Mi stavo allenando con un obiettivo preciso e poi più nulla. 

Rischiavi di rimanere fuori da tutto…

Sì, da essere praticamente un professionista ho rischiato di non avere squadra per il 2023. Con la Biesse Carrera naturalmente non avevo un contratto per la prossima stagione. Per fortuna tutto si è risolto nelle ultime settimane di dicembre e di questo devo ringraziare la Biesse ma anche Savio. Gianni ci ha tenuto a contribuire a pagare parte del mio contratto per il 2023. 

Nel 2023 Ciuccarelli sarà ancora con la Biesse, qui al campionato italiano under 23 di Carnago
Nel 2023 Ciuccarelli sarà ancora con la Biesse, qui al campionato italiano under 23 di Carnago
Con il punto interrogativo sul 2024…

Non c’è nulla di ufficiale, i progetti sono diversi, ma non abbiamo nulla di concreto. 

Si riparte da zero, con che spirito?

Bisogna far finta che non sia successo nulla prima e lavorare bene per la stagione che sta arrivando. Tra un anno tireremo le somme. E’ stato difficile rimettersi in sesto perché mentalmente ero già tra i professionisti. Una volta finita la mia esperienza da under 23 volevo provare a passare. 

Invece inizia il primo anno da elite.

Nella mia testa la categoria che conta è quella degli under 23. Lo vediamo sempre più spesso, ormai si diventa professionisti al secondo o terzo anno. Per me sarebbe stato esattamente così, poi invece…

A cosa si punta nel 2023?

A rimettersi in gioco, devo trovare la voglia di riscattarmi. Devo pensare a cosa posso fare e metterci tutto me stesso. Nel ciclismo moderno non puoi fare le cose al cinquanta per cento, devi essere sempre al top. 

Quali sono stati i giorni più duri?

I primi dopo la notizia, ottobre più o meno. La prima settimana avevo quasi pensato di mollare. Lì sei in balia delle tue emozioni, un giorno ti svegli e ti alleni di rabbia e voglia. Quello successivo non hai nemmeno le forze di scendere dal letto. Poi piano piano ragioni e ricostruisci il tutto.

Ripartire dalla Biesse Carrera può essere un vantaggio, conosci già l’ambiente.

Questo mi ha dato maggiore tranquillità, con Milesi e tutto lo staff mi trovo bene. Li sto sentendo tutti i giorni e non saprei come ringraziarli. Il consiglio è di fare una bella stagione lavorando bene e tutto si sistemerà. Dobbiamo provarci, di nuovo. Il 2022 non è stato roseo come il 2021, devo ritrovare quelle sensazioni.

Essere elite non sarà semplice visto che cambieranno anche le regole per le gare regionali, il calendario sarà più ristretto ma potresti lavorare per obiettivi. 

Il calendario le delineeremo poi. Però da elite bisogna partire forte altrimenti sei tagliato fuori, devi essere subito pronto. Lavorare per obiettivi sarà probabilmente la via giusta da seguire. Ho avuto modo di capire che con il mio fisico leggero (165 centimetri per 65 chili) non è facile mantenere la condizione per lunghi periodi. Molto meglio fare meno gare ed essere al top

Edoardo Zardini saluta. Ma prima la sua storia

21.12.2022
5 min
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Edoardo Zardini ha appeso la bici al chiodo dopo dieci stagioni da professionista e tutto sommato lo ha fatto che è ancora giovane. Il veronese infatti ha solo 33 anni.

Ma i progetti e il da fare non mancano a Zardini. Lo aspetta infatti l’azienda di famiglia, un etichettificio tra i più importanti del Nord Est. La passione per la bici resta, anche quella per lo sci che faceva da bambino, tanta grinta, ma era arrivato il momento di dire basta.

Edoardo Zardini (classe 1989) ha esordito tra i pro’ nel 2013. Ora eccolo nell’azienda di famiglia
Edoardo Zardini (classe 1989) ha esordito tra i pro’ nel 2013. Ora eccolo nell’azienda di famiglia

Dalla bici alla scrivania

Con Edoardo si parte dalla fine, vale a dire dal suo ritiro. Ritiro che è stato incentivato anche dal fatto che la Drone Hopper-Androni ha chiuso i battenti. Ma tutto sommato, come ci ha detto anche Capecchi, quando si ha già il “piano B”, smettere è più facile.

«L’idea di smettere – ha detto Zardini – ce l’avevo già. E poi il fatto che ha chiuso la squadra un po’ ha influito. Qui c’era un’azienda ben avviata che mi ha fatto prendere questa decisione. Però ammetto che ci avevo già pensato.

«Sapere che quando smetterai hai un’alternativa ti dà tranquillità durante la carriera. Il lavoro è molto importante. Poi non è che durante la carriera, pensavo: “Vado a lavorare nell’azienda di famiglia”. No, facevo il corridore al meglio. Ma ultimamente sapevo che questa opzione era sempre più prossima. Ho cominciato a pensare che forse sarebbe stato meglio capire come funziona l’azienda. Sì, avrei potuto fare qualche altro anno, ma sapevo che prima o poi questo momento sarebbe arrivato».

Le giornate di Zardini all’improvviso sono più cadenzate come dice lui. Non c’è lo sforzo fisico, ma gli orari sono più precisi. Prima non cambiava niente se usciva in bici alle 9 o alle 11. L’importante era fare il programma.

Ottimo dilettante Zardini ha corso con la Colpack. Sin da giovane andava forte in salita
Ottimo dilettante Zardini ha corso con la Colpack. Sin da giovane andava forte in salita

Dieci anni pro’

Zardini è passato pro’ nel 2013 con l’allora Bardiani-CSF. Di quella squadra facevano parte giovani rampanti come lui, Colbrelli, Pasqualon, BattaglinRagazzi figli di un altro ciclismo, un ciclismo che di lì a poco sarebbe cambiato.

«Eh sì – va avanti Zardini – è cambiato parecchio e per tanti punti di vista. Secondo me le squadre World Tour hanno impresso la svolta, un gap netto tra queste e le professional, almeno quelle italiane. Vedo che però adesso stanno cercando di adattarsi altrimenti è impossibile competere con le World Tour.

«Lo scalino c’è stato dopo lockdown. Lì c’è stato un cambio di marcia. Il gap è aumentato sempre di più. Nel 2014 con la Bardiani abbiamo vinto tre tappe al Giro, oggi è impensabile».

Nel 2014 due vittorie, tra cui quella al Giro del Trentino. «La mia vittoria più bella, quasi a casa»
Nel 2014 due vittorie, tra cui quella al Giro del Trentino. «La mia vittoria più bella, quasi a casa»

Sliding doors?

Due vittorie nel 2014, la convocazione in nazionale nel 2014 a Ponferrada, Edoardo sembrava in rampa di lancio. Un corridore giovane, attaccante, buon scalatore… è destinato a traguardi più importanti. Ma ecco che il destino ci mette lo zampino.

A febbraio 2016, un bruttissimo incidente al Gp Lugano. Tempo da lupi, Zardini finisce in un dirupo e batte violentemente la schiena. Passa diversi giorni in ospedale. E da quel giorno qualcosa si inceppa. Senza quell’incidente avremmo visto un altro ragazzo?

«Di certo – dice Zardini – da lì è cambiato un po’ tutto. Mi dissero che era meglio rompersi una gamba piuttosto che danneggiare le vertebre in quel modo. Si andava oltre l’aspetto meccanico e tanti nervi passano lì, erano coinvolti anche gli organi del corpo. Si inceppa un po’ tutto il meccanismo ed è difficile ritornare a una prestazione come in precedenza.

«Una volta ripresomi, non è che sentissi dolori o avessi impedimenti, però mi sono reso conto che qualcosa nel fisico era cambiato. Non ho più raggiunto certe prestazioni. Mancava sempre qualcosa, magari vai a prendere il 3-4% e quello ti portava alla vittoria».

Nel 2014 Cassani lo porta a Ponferrada. Eccolo in testa al gruppo con Formolo e, appena dietro, c’è Nibali
Nel 2014 Cassani lo porta a Ponferrada. Eccolo in testa con Formolo, appena dietro Nibali

Cambio generazionale

«Il discorso della chioccia vale ancora? Oggi – va avanti Zardini – ai ragazzini non gliene frega niente. Sanno molto. Vanno forte, alcuni sono già pronti, quindi dicono: “Ma cosa vuoi da me? Vado più forte di te, non devo ascoltarti”. La gavetta non c’è più, magari sull’atteggiamento fuori dalla bici puoi dirgli qualcosa. Ma poi conta quanto si va forte.

«Io ricordo che al primo giorno da professionista, ero… spaventato perché non sapevo cosa mi aspettasse. Io poi non avevo fatto degli stage. Né avevo corso con i pro’ come capita oggi ai ragazzi delle continental.

«Il ciclismo è cambiato, ma le difficoltà nel fare questo mestiere sono sempre le stesse. Oggi i corridori sono robot, però è così… Anche l’estro è più controllato. Oggi se non ti pesi un giorno, ti vengono subito a chiedere perché non lo hai caricato sulla piattaforma. Insomma ti senti trattato come uno junior, anche se hai 30 anni. Ma è così, magari loro che ci sono cresciuti lo percepiscono in altro modo. Però tutto è livellato verso l’alto, si va sempre più forte e magari è giusto così».

Questa estate dopo il Giro, Zardini si è sposato con Serena (foto Instagram)
Questa estate dopo il Giro, Zardini si è sposato con Serena (foto Instagram)

Campioni educati

L’estro è più domato, okay, ma quelli forti ci hanno regalato grandi emozioni. Certo, Zardini era abituato ad altri corridori. Corridori come Contador.

«Ne ho visti tanti – racconta Zardini – ma Contador… Bello da vedere in corsa, in tv, attaccante… Lo ricordo al Giro 2015, quando lo attaccarono prima del Mortirolo dopo la foratura. Io ero in fuga e mi riprese nella prima parte della salita. Andava ad una velocità pazzesca.

«Ma la cosa bella di quei campioni, quelli forti, forti, intendo è che sono tutti super educati. In gruppo non fanno mai i fenomeni. Evans, Valverde, il povero Rebellin… mai una parola fuori posto. Mai un atteggiamento da gradasso».

Piccolo e Pino Toni: un binomio ormai indissolubile

15.12.2022
5 min
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Il ritorno di Andrea Piccolo aveva suscitato molte reazioni, tutte positive e quasi sbalordite. La rapida scalata che ha portato il giovane corridore dal nulla assoluto del caso Gazprom alla Drone Hopper ed infine alla EF Education Easy Post ha fatto capire lo spessore dell’atleta. Se a tutto ciò si aggiunge che è avvenuta in soli 24 giorni di corsa, dal 26 giugno al 16 ottobre, il tutto diventa ancora più da capire e raccontare. 

Pochi giorni fa è stato Pino Toni a spiegarci quanto ci sia di eccezionale in questo ragazzo, che da junior aveva il segno del talento tatuato addosso. Alcune vicissitudini hanno cercato di portarlo lontano, ma un’atleta di questo spessore è in grado di ritornare sulla strada maestra. Pino Toni ha preso Piccolo a maggio e non lo ha più lasciato, anche ora che il WorldTour sarà casa sua. 

Il ritorno alle corse è avvenuto al campionato italiano, quarto e una grande iniezione di fiducia (foto Drone Hopper/Sirotti)
Il ritorno alle corse è avvenuto al campionato italiano (foto Drone Hopper/Sirotti)

Le parole del preparatore

Le parole di Pino Toni il giovane lombardo le aveva lette appena pubblicate, così quando gli abbiamo chiesto di commentarle insieme a noi, il tutto è diventato molto più semplice. 

«Sono parole ed opinioni – dice Piccolo – che ci eravamo già dette in privato, sicuramente è un piacere essere descritto così anche in pubblico, vuol dire che Pino ci crede davvero. Lui di questo mondo ne sa molto, ha tanta esperienza maturata in diverse squadre, maturata in molti anni quindi sicuramente ci ha fatto l’occhio».

Per simulare il ritmo corsa Piccolo ha fatto molti chilometri dietro moto scortato da Pino Toni
Per simulare il ritmo corsa Piccolo ha fatto molti chilometri dietro moto scortato da Pino Toni
Avete iniziato a lavorare ma quando vi siete incontrati per la prima volta?

A marzo sono andato via dai Carera e sono passato con Giuseppe Acquadro, in quel momento uscivo dalla Gazprom e mi hanno presentato Pino. 

Come è stato arrivare a stagione in corso?

Abbiamo parlato molto e dal confronto sono nati spunti interessanti. Dal suo punto di vista penso sia stato bravo a prendere un corridore già allenato e trovare subito la strada giusta per lavorare. Mi ha iniziato a seguire quando io stavo facendo il mio Giro d’Italia a casa, cento ore di allenamento in 21 giorni. Era la risposta a quel momento difficile, ho trovato motivazione ponendomi un obiettivo personale. 

Pino ci ha detto che la sua sorpresa è arrivata al campionato italiano, era la tua prima gara dopo mesi e sei arrivato quarto.

La più grande difficoltà che ho avuto quando ho iniziato a lavorare con Pino era il fuori soglia. Non correndo da molto tempo, non ero in grado di produrre quel tipo di sforzo che ti arriva solo in corsa. Per sopperire a questa mancanza abbiamo fatto molto dietro moto.

La prima corsa con la EF è stato il Tour de l’Ain ad inizio agosto
La prima corsa con la EF è stato il Tour de l’Ain ad inizio agosto
E’ servito, no?

Sicuramente il lavoro fatto mi ha dato una grande mano, ma correre è un’altra cosa. Ad un certo punto della corsa stavo meglio in salita che in pianura. Andare a tutta in salita quando si è in corsa o in allenamento è la stessa cosa, non si può andare oltre un certo valore. In pianura, invece, è completamente diverso, perché i cinquanta all’ora li puoi fare solo in corsa. Bisogna anche essere allenati per reggere quelle frequenze a quella velocità. 

Hai corso molto ed in breve tempo, saltando da una gara all’altra…

L’obiettivo era proprio quello, fare tante gare ed allenarsi il meno possibile, questo per un paio di mesi. Alla fine di questo periodo era prevista una pausa per allenarmi meglio e alzare l’asticella. Il 2022 è stato l’anno del ritorno alle gare, non mi importava dove e come, era fondamentale tornare ad attaccare il numero. 

Il 2023 che hanno sarà? Pino ha detto che doveva andare a parlare con lo staff delle EF…

Ora l’obiettivo è tornare a correre con un criterio, cercando dei risultati in determinate gare. Il calendario ed i programmi di lavoro saranno più definiti, già posso dire che le classiche delle Ardenne potranno essere interessanti. Sarà davvero importante programmare, correre tanto mi è servito, ma se voglio alzare ancora di più l’asticella dovrò curare molto anche gli allenamenti a casa. I grandi corridori fanno così, guardate Vingegaard, non corre per due mesi ma poi si presenta alle gare pronto.

L’ultima gara della stagione è stata la Japan Cup Cycle Road il 16 ottobre
L’ultima gara della stagione è stata la Japan Cup Cycle Road il 16 ottobre
Tornare nel WorldTour come ti ha fatto sentire?

Tranquillo, sono felice di essere qui ma non sento pressione. Io faccio tutto al meglio, se metto tutto me stesso nelle cose che faccio non posso recriminarmi nulla. 

Allenarsi con consapevolezza è fondamentale, questo tu lo sai fare.

Al giorno d’oggi se non ti sai allenare a casa è difficile rimanere ad un livello alto. Tutti i corridori di punta si allenano bene ed arrivano alle corse pronti. Per me la bici è un passione quindi non mi pesa fare tante ore di allenamento o lavori specifici. Oggi (martedì, ndr) da me ha nevicato e per non perdere la giornata ho fatto due sessioni sui rulli. Ovviamente bisogna lavorare nel modo corretto, ed avere al mio fianco Pino mi permette di pensare che io lo stia facendo. 

Che rapporto hai maturato con lui?

Ormai mi sento di poter dire che fa parte di me e spero di lavorare con lui per molti anni. Mi ha dato tanta fiducia e una grande motivazione, e per questo lo ringrazio.