Con prof Pinotti le tre crono rosa ai “raggi X”

29.04.2023
7 min
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Pochi giorni alla partenza del Giro d’Italia. La corsa rosa 2023 è stata ribattezzata da qualcuno anche come il Giro delle crono. Saranno ben tre: la prima tappa, la nona e la penultima, per un totale di 73,2 chilometri. Pertanto c’è da giurare che avranno un peso importante nell’economia della gara.

Marco Pinotti è un tecnico in forza alla Jayco-AlUla, ma soprattutto è un esperto di cronometro e di materiali. L’ex tricolore contro il tempo ci porta dunque in sella a scoprire nel dettaglio i chilometri di queste tre, fondamentali, tappe.

Marco Pinotti (classe 1976) è uno dei tecnici della Jayco-AluLa
Marco Pinotti (classe 1976) è uno dei tecnici della Jayco-AluLa
Marco, tre crono ma c’è chi dice che siano due, perché l’ultima è un po’ particolare?

Ma è anche la più affascinante secondo me! Ieri De Marchi è andato a vederla: me ne ha parlato e mi ha mandato il video. Ritengo sia la più bella e proporrà una grande sfida.

Ma partiamo dalla prima cronometro: quella con partenza da Pescara…

E’ una versione estesa di quella di Budapest (nella foto di apertura) dello scorso anno. E non tanto perché sia relativamente tortuosa, quanto per la gestione dello sforzo. C’è una parte tutta piatta sulla ciclabile lungo il mare ed è parecchio esposta. E poi c’è la parte di salita verso Ortona. Non è dura. E’ pedalabile e prevede tre tornanti nei quali bisogna rilanciare. E qui serve la gamba per spingere ancora di più.

Ma sono sempre i cronomen i favoriti: è così?

Sì, sì, però quello strappo nel finale spezza il ritmo e può fare la differenza per coloro che sono i più forti in pianura.

1ª tappa: crono Fossacesia Marina – Ortona, Costa dei Trabocchi: km 18,4
1ª tappa: crono Fossacesia Marina – Ortona, Costa dei Trabocchi: km 18,4
Visto che ne hai parlato, riguardo alla gestione dello sforzo come si fa? Si va al “100 per cento” sin da subito, o si arriva all’imbocco della salita al “99 per cento”?

Io andrei al 99 per cento. O meglio, partirei a 100, poi probabilmente cercherei di respirare. Diciamo che un chilometro prima della salita “recupererei” un pochino. Prenderei quel tanto di fiato che basta per quello sforzo di quel chilometro e 200 metri di salita.

Quanto dura lo strappo?

Un paio di minuti, due minuti e 20”. Quindi forse andrei anche al 98 per cento prima. Il discorso è questo: se vai al “risparmio” al 98-99 per cento magari perdi 1” al chilometro, mentre solo su quello strappo puoi perdere 10”.

A livello di materiali, si farà con una bici da crono chiaramente…

Sì, sì… bici da crono assolutamente. Bisogna azzeccare il rapporto che ti consenta di fare la salita con la corona grande. Penso ad un 56 o anche ad un 58 e un rapporto adeguato dietro. Poi credo che in tal senso conterà anche il vento. Per quel che ho monitorato fino adesso, in quel punto il vento arriva dal mare e può spingere un po’ il corridore. Più raramente è trasversale da Nord o da Sud.

9ª tappa: crono Savignano sul Rubicone-Cesena (Technogym Village): km 35
9ª tappa: crono Savignano sul Rubicone-Cesena (Technogym Village): km 35
Passiamo alla seconda crono. A Cesena è proprio crono pura! Se ci fossero stati 10 chilometri in più sarebbe stata una prova contro il tempo stile anni ’90…

Eh sì, una decina di minuti di sforzo in più e sarebbe stata proprio una crono anni ’90. Si tratta di una prova piatta. Ci sono due, tre cavalcavia e un sottopassaggio. Se proprio vogliamo spaccare il cappello in due possiamo dire che i primi 13 chilometri, fino a Cesena, sono in leggerissima, impercettibile discesa. Mentre andando verso l’interno, verso gli Appennini, tende a tirare, appena, appena…

In questi casi secondo te queste pendenze sono talmente impercettibili che si va con lo stesso rapporto oppure c’è un dente di differenza?

Secondo un dente di differenza c’è. Alla fine si sentono queste “pendenze” se si spinge a tutta. Quindi se nel tratto a scendere si gira il 56×12, nel tratto opposto si andrà di 56X13. E per me conta anche la distribuzione dello sforzo. Watt e cadenza vanno a braccetto. Magari nel tratto che “scende” qualche watt e qualche rpm in meno, il contrario quando si “sale”. Anche per questo è molto importante riuscire a fare una distribuzione dello sforzo negativa.

Cioè più watt nella seconda parte…

Esatto. E non è facile. Sono 35 minuti, quasi 40, di fatica e non sono pochi da fare a tutta.

Vista la zona, più ampia tra mare e montagne rispetto alla prima crono in Abruzzo, qui il vento può anche essere da Nord/Sud o comanda ancora quello che spira dal mare?

Con precisione ancora non lo so, ma di base la mattina viene da Nord-Est e il pomeriggio da Sud-Est. Saranno interessanti gli orari di partenza dei favoriti per la crono e per la generale, anche se questi ultimi dopo la frazione di Campo Imperatore dovrebbero essere tutti vicini. La classifica sarà già abbastanza assestata. Mentre il cronoman magari potrebbe risparmiare qualcosa per questa frazione nei giorni precedenti.

20ª tappa: crono Tarvisio-Monte Lussari: km 18,6
20ª tappa: crono Tarvisio-Monte Lussari: km 18,6
Arriviamo così all’ultima crono, quella del Monte Lussari. Una cronometro che solitamente “fanno in venti”: vale a dire specialisti e uomini di classifica.

Quella del Lussari è una frazione contro il tempo davvero difficile da gestire: è una cronoscalata, ma prima ci sono 11 chilometri di pianura. Poi si gira a sinistra e si sale. La parte centrale di questa salita è molto dura: 5 chilometri micidiali e su sfondo particolare che molto ricorda quello di Plan de Corones di qualche anno fa, ma dovrebbe essere un po’ più scorrevole. Il finale molla un po’ ed è abbastanza veloce: intorno al 4 per cento.

Il cambio bici è “obbligatorio” dunque?

Si cambierà sicuro. Non so ancora bene quale sarà la logistica perché da terra non si può sostituire la bici ma non so come gestiranno le ammiraglie al seguito: non so se possano salire. Io credo che i corridori salteranno sulla bici da strada 100-200 metri dopo l’inizio della salita, quando la velocità è bassa e si perde meno tempo.


Come ci si adatta ad una bici così tanto diversa? Secondo te i big si sono allenati a questo cambio?

Non lo so, ma spero di no, perché i miei di big ci sono allenati!


C’è qualche accorgimento sulla bici tradizionale per questa scalata finale? Non so, spostare tutta la sella in avanti, montare un’attacco manubrio corto… Insomma un’assetto da pura salita.

Le posizioni oggi sono già tutte abbastanza estreme, soprattutto per gli scalatori. Io non cambierei tanto perché alla fine sono già efficienti nella loro posizione abituale. Sì, da un da un punto di vista biomeccanico portare la sella avanti di 2 centimetri avrebbe senso, ma c’è il rischio (elevato) che poi il corridore non riesca ad essere efficiente, tanto più dopo tanti giorni di gara consecutivi. E poi bisogna considerare che ci deve stare un bel po’. Parliamo di mezz’ora almeno, non di una manciata di minuti.

La Planche des Belles Filles fu fatale per Roglic (in foto) al Tour 2020. Quella del Lussari è simile. Primoz magari ci avrà preso le misure
La Planche des Belles Filles fu fatale per Roglic (in foto) al Tour 2020. Quella del Lussari è simile. Primoz magari ci avrà preso le misure

Caspita! In effetti calcolando distanza e pendenze la durata della salita è quella…

Potenzialmente questa è la crono più lunga delle tre. Anzi, sicuramente è la più lunga come durata: 40′ ipotizzo. Ha il potenziale della crono che tre anni fa stravolse il Tour de France, quella della Planche di Belles Filles, tanto cara a Pogacar. Questa è un po’ più corta come chilometraggio, ma se vai in crisi… sei da solo. Non ti puoi inventare molto.


Se verso Ortona si andava al 98-99 per cento prima dello strappo, qui a quanto si deve andare prima del Lussari?

A non più del 90 per cento. Devi arrivare ai piedi della salita col serbatoio pieno. Consideriamo che il primo tratto dura poco più di una decina di minuti. In quel tratto cerchi di fare velocità sfruttando la bici da crono. Un Ganna che spinge a tutta può guadagnare anche un minuto e mezzo in quella porzione, ma poi ne perde almeno quattro in salita. Non è facile. E’ una crono che può cambiare le carte in tavola e può stravolgere il Giro. Io mi aspetto differenze di un minuto e mezzo anche tra i big.

Come hai detto tu: sei lì da solo…

Ripeto, penso alla crono delle Belles Filles. Quella durava 55′ minuti e prevedeva più pianura, qui c’è più salita. Ma il concetto è quello.

Quindi i favoriti sono?

Nella seconda crono c’è “già scritto” Ganna! Nella prima Ganna o Kung. Nella terza vedo un uomo di classifica.

Sulle crono iridate, Velo ha qualcosa da ridire

13.04.2023
5 min
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Tra i tecnici nazionali volati a Glasgow per prendere visione dei tracciati mondiali di agosto c’era anche Marco Velo. Il suo taccuino è pieno di indicazioni, nomi e annotazioni che si sono aggiunte anche dopo il ritorno a casa. Dove gli è arrivata la notizia del grave infortunio occorso a Vittoria Guazzini che cambia un po’ le carte in tavola.

Nella particolare conformazione dei mondiali di quest’anno (tutte le discipline su due ruote convogliate in un unico luogo per una sorta di Olimpiade ciclistica, coinvolgendo tutte le categorie), Velo sarà chiamato a un vero tour de force, dovendo selezionare e guidare tutte le nazionali su strada impegnate contro il cronometro. Per questo il suo lavoro in terra scozzese è stato meticoloso.

L’infortunio della Guazzini non ci voleva proprio, ma c’è tempo per recuperare
L’infortunio della Guazzini non ci voleva proprio, ma c’è tempo per recuperare

«Per certi versi mi è andata meglio che a Bennati – racconta il tecnico bresciano – che si è fatto tutto il percorso della strada in bici. Abbiamo visionato i tracciati in normali giornate di lavoro, quindi significava anche pedalare contromano e in certi casi il Benna se l’è vista brutta… Per fortuna comunque non ci sono stati incidenti, solo un po’ di paura, non lo nego».

Partiamo dal tracciato per la cronometro mista…

E’ molto simile a quello dello scorso anno purtroppo e sottolineo questa parola tre volte. Mi sono molto arrabbiato: è mai possibile proporre per una cronosquadre un tracciato così pieno di curve, dove il rettilineo più lungo è di 800 metri? Non siamo motociclisti… In questo modo le doti tecniche dei corridori non vengono esaltate, al contrario.

Ci saranno problemi per entrambe le frazioni, quella maschile e femminile?

Sì, di interpretazione del percorso e non solo, perché è un continuo rilanciare, non c’è mai da spingere. Comunque questo è e dobbiamo farcene una ragione, si dovrà pensare bene a chi potrà farla, anche in base al calendario delle altre discipline e a come interpretarla. Noi lo scorso anno abbiamo perso per appena 2” e quella sconfitta ancora brucia, abbiamo tutte le possibilità per riprenderci il titolo. Molto dipenderà anche dalle formazioni che potremo schierare, l’incognita Guazzini pesa…

Hai notizie sulle possibilità di averla al via a Glasgow?

Diciamo che sono ottimista, ma in questo momento quel che conta è che faccia il giusto cammino di ripresa, senza bruciare le tappe. Dobbiamo considerare che rispetto ai mondiali ci sono ancora 4 mesi, la pista ci sarà a fine luglio e la strada a inizio agosto. Bisognerà vedere quanto sarà lunga la riabilitazione: è impossibile fare previsioni, ogni persona reagisce in modo diverso. Dopo la mia brutta caduta alla Gand-Wevelgem del 2007 dicevo che avevo chiuso già la stagione, invece presi parte alla Vuelta e andai anche forte. Quindi è impossibile fare previsioni sui tempi.

Lo scorso anno a Wollongong l’Italia si fermò all’argento del Mixed Team Relay per appena 2 secondi
Lo scorso anno a Wollongong l’Italia si fermò all’argento del Mixed Team Relay per appena 2 secondi
Resta però l’incognita delle sue eventuali condizioni atletiche…

Le mancherà sicuramente l’abitudine a queste gare. Considerate che la crono individuale femminile sarà di 36 chilometri, distanza inusuale per le donne. La cosa che mi dispiace di più – ammette Velo – è che Vittoria stava progredendo esattamente com’era nelle previsioni, sono convinto che stia attraversando un cammino di crescita che la porterà lontano e uso l’indicativo non a caso, perché ritengo questo solo un intoppo, del quale avremmo comunque fatto volentieri a meno.

Oltretutto su di lei, dopo il risultato dello scorso anno, ci sono forti aspettative per Parigi 2024, perché la sua gara sarà tra le primissime ad assegnare l’oro olimpico nel corso della prima giornata di finali…

A Parigi penseremo poi, su quell’appuntamento non c’è il minimo dubbio che la ritroveremo al massimo della forma. E’ quello l’obiettivo vero, lo sappiamo bene, ma intanto guardiamo a Glasgow con tanta speranza di averla nel gruppo.

Per Velo, Ganna potrebbe essere favorito sul percorso scozzese, per scatenare il suo motore
Per Velo, Ganna potrebbe essere favorito sul percorso scozzese, per scatenare il suo motore
Torniamo ai percorsi individuali…

A differenza di quello a squadre, questi sono belli, con poche curve, tecnicamente delle cronometro “vere”, che faranno emergere i veri valori in campo. Quello degli uomini si sviluppa in campagna, strade libere e molto scorrevoli, dove si possono liberare tutti i “cavalli”… La prima parte è pianeggiante, la seconda più ondulata, ma c’è un’incognita: l’arrivo è al termine di uno strappo di 900 metri, con pendenza al 9% e pavé sotto le ruote. Quella salita farà una gran differenza: servirà gestire bene lo sforzo e arrivare al finale con ancora energie per affrontarla come si deve, perché chi sarà a corto rischierà di perdere anche una ventina di secondi solo in quel tratto.

E’ difficile a distanza di così tanto tempo fare previsioni, ma su chi punteresti conoscendo le caratteristiche del tracciato?

Fra le donne penso che le protagoniste dello scorso anno resteranno le favorite e ci metto anche Vittoria perché voglio essere comunque fiducioso. In campo maschile – la voce di Velo si fa perentoria – il percorso sembra fatto su misura per Ganna per quel che ha dimostrato e anche per quel che ha fatto vedere sul Poggio alla Sanremo. Un Pippo così su quello strappo finale è in grado persino di guadagnare sugli avversari…

Nel pianeta della crono e dei limiti tecnici con Affini

18.11.2022
6 min
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Tecnologia, potenza, scienza, velocità: un cronoman deve unire tutto ciò. Ma saperlo fare (bene) quando si è a tutta è cosa per pochi. Tra questi pochi c’è sicuramente Edoardo Affini. Il mantovano, da casa sua, dove vi avevamo già portato, ci guida nel mondo della crono. Specialità tanto complessa quanto affascinante. 

Con il corridore della Jumbo-Visma ne parliamo a tutto tondo. La sua crono e quella dei suoi rivali. Sconfinando anche sulla pista e tutto ciò che lega un ciclista che corre contro il cronometro.

A tu per tu con Edoardo Affini (classe 1996)
A tu per tu con Edoardo Affini (classe 1996)
Edoardo sei nel team giusto per essere un cronoman?

Credo proprio di sì. In Jumbo la crono è una filosofia che si ripercuote in tutti i settori. Significa avere attenzione massima ai dettagli e cercare di migliorarsi sempre. Una filosofia che se vogliamo si è vista anche dopo la nostra vittoria al Tour con Vingegaard. Questo era il nostro primo obiettivo da anni e una volta raggiunto ci siamo chiesti: «E adesso”? Cosa si può migliorare?». Nel caso della crono si pensa subito ai materiali. E’ una disciplina in cui contano i secondi, per questo ogni dettaglio è importante. Pensate, Foss, mio compagno, ha vinto il mondiale per appena 3”.

Quali sono per te i campi dove lavorare per migliorare?

Sulla posizione sicuramente, specialmente dopo le misure nate dai nuovi regolamenti. Per quel che mi riguarda potrei alzarmi un po’ con i gomiti e quindi chiudermi un po’ (alla Evenepeol, ndr). L’idea una volta era di schiacciarsi sempre di più e di scendere con la testa, al netto della sicurezza come abbiamo visto con Bernal, adesso invece la tendenza è quella di alzare le mani. E poi credo si possa lavorare molto sui caschi e le loro dimensioni.

Ed è un vantaggio per te?

Sì, ma anche gli altri lo faranno, quindi non credo cambierà moltissimo.

Van Aert… con Van Aert! Il suo manichino a grandezza naturale prodotto dal TUe di Eindhoven per i test in galleria del vento
Van Aert… con Van Aert! Il suo manichino a grandezza naturale prodotto dal TUe di Eindhoven per i test in galleria del vento
Dove fate i test?

Abbiamo una partnership con l’Università di Eindhoven, lì in galleria del vento si svolgono tutti i nostri test. Ci sono dei modelli a grandezza naturale di Roglic e Wout (Van Aert, ndr) ma presto credo anche di Foss e di Vingegaard. L’idea del manichino è ottima, perché se fai dieci prove con l’atleta non saranno mai davvero uguali. E’ difficile che si riposizioni perfettamente allo stesso modo. Con il manichino invece puoi farlo e il test diventa ripetibile.

Hai parlato di dettagli, quali sono quelli che a tuo avviso fanno la maggior differenza?

Per me – ribatte senza indugio Affini – è il mantenimento della posizione. Puoi fare tutti i test che vuoi in galleria del vento. Puoi trovare una posizione eccellente, ma se poi in gara ti scomponi perdi quei vantaggi. Non solo devi trovare una posizione che sia efficiente, ma anche che tu sia in grado di mantenere mentre spingi. Ci si lavora da sempre. Prendiamo appunto il discorso della testa che deve stare “alta”… Adatti il tuo fisico ad una posizione che non è comoda, ma è ideale.

E tu che stato hai raggiunto tra posizione e materiali?

Direi buono. Bisogna sempre migliorarsi e vedremo con la nuova posizione, ma anche con i materiali e le bici (Cervélo, ndr) mi trovo bene: a crono e su strada. Davvero due bici… stabili, non flettono. E se lo dico io che sono grosso!

Il corridore della Jumbo-Visma agli ultimi mondiali a crono è arrivato 13°
Il corridore della Jumbo-Visma agli ultimi mondiali a crono è arrivato 13°
Cambiamo un po’ discorso, Edoardo: come hai seguito il record dell’Ora di Ganna?

Ero in hotel, alla vigilia della Parigi-Tours. Una prestazione incredibile. Uno non ci pensa ma è stato qualcosa d’incredibile: lui e lo studio esagerato che c’era dietro.

Da cronoman come hai vissuto quei 60 minuti? Cosa ti passava nella mente?

L’ho vissuta che avevo il mal di gambe! Sapendo cosa ha fatto Pippo per arrivare a quel momento e cosa gli è servito, c’è solo da togliersi il cappello. In più dopo le polemiche in seguito al mondiale chiaro-scuro a livello psicologico, è stato una grande cosa. Ne ha avute molte di rotture: lo fa, non lo fa, “lascia prima la nazionale per cose sue”… Non è stato facile.

Edoardo Affini con il suo fisico possente ci pensa al record dell’Ora?

Può pensare di farlo – risponde dopo una breve pausa e una smorfia di sorpresa – ma c’è bisogno di un vero piano tecnologico. Di uno studio avanzato. Non è qualcosa che fai da solo. E sul piano fisico bisogna fare uno sforzo che nelle corse normali non si fa. Tanto più che le crono da un’ora non ci sono più. L’ultima crono veramente lunga risale al mondiale dello Yorkshire nel 2019.

Serve dunque un supporto tecnico totale e chi crede in te: la Jumbo Visma sarebbe interessata?

Forse… A livello di materiali sicuramente. Cervélo di certo ne sarebbe attratta, tanto più che loro già hanno una connessione con la pista. E lo stesso vale per gli altri settori, penso alle gomme per esempio. Poi andrebbe pianificata molto bene nell’arco della stagione e non solo per gli impegni, ma anche perché come ha detto Pippo non hai voglia di fare tanti tentativi!

Tra Team Jumbo-Visma e Cervélo c’è grande attenzione ai dettagli: avrebbero le capacità per dare assalto al record dell’Ora (foto Cervélo)
Tra Jumbo-Visma e Cervélo c’è grande attenzione ai dettagli: avrebbero le capacità per il record dell’Ora (foto Cervélo)
In effetti è piuttosto doloroso! Per te chi può battere questo Record?

Potrebbe riuscirci Stefan Kung per la sua struttura e perché gli piacciono le sfide. 

E il tuo compagno Van Aert?

Non so se sia una sua ambizione. Lui ha anche il cross e riuscire ad incastrare tutto sarebbe davvero complicato. Anche per differenza di sforzo.

Tu e Ganna siete cresciuti insieme e lo battevi anche: com’è ritrovarcisi tra i pro’? 

E’ uno stimolo. Abbiamo la stessa età ed è da quando siamo allievi che ci scorniamo, ma per ora lui è il numero uno: c’è poco da girarci intorno. Dal canto mio, sono sempre lì a cercare di migliorarmi.

La differenza è solo nel “motore” o anche nella guida? Nel prologo di Torino per esempio Ganna fece una bella differenza anche nelle curve…

Di sicuro ha rischiato di più, ma certe cose magari le fai anche perché sei più sicuro di te stesso. Insomma, aveva già vinto il mondiale.

Voi cronoman vi confrontate mai sulle scelte tecniche prima di una gara?

Sì, qualche commento lo facciamo, ma non ci facciamo influenzare. Fatta una scelta, quella è. E poi più o meno sappiamo cosa useremo. Al massimo uno può usare una ruota da 55 millimetri e un altro una da 60, per dire, ma siamo lì. I rapporti per esempio sono quelli: di solito è il 58.

Per Affini non sarebbe facile inserirsi al 100% nei quartetti di Marco Villa
Per Affini non sarebbe facile inserirsi al 100% nei quartetti di Marco Villa
Sappiamo che non è facile rispondere ma ti piacerebbe provare un’altra bici da crono? Ce n’è qualcuna che ti incuriosisce?

Come ho detto, con Cervélo mi trovo bene, la nostra bici da crono è ottima e non la cambierei. Ma se proprio dovessi sceglierne un’altra, a questo punto direi la Pinarello di Pippo.

Restiamo sempre in ambito aero e crono: pensi mai che potresti essere nel quartetto? Gente come te, Ganna, Milan… siete tutti “bestioni”. E tu hai fatto pista in passato.

Adesso credo che non sia sensato né possibile entrare a far parte di quel gruppo così affiatato. Oltre a loro ci sono dentro già i ragazzi juniores e under 23 in quel movimento, come è giusto che sia. E sinceramente non credo sia il mio posto. In più il mio ultimo quartetto l’ho fatto da junior.

Però tecnicamente potresti starci?

Fosse solo per una questione tecnica o mentale, ci potrei anche stare: ho un’idea di cosa mi aspetterebbe. Però non so se sarei in grado di esprimermi al 100%. Dovrei organizzare bene gli impegni con la strada. Poi è anche vero che ti ricordi di Viviani, che è stato il primo a dimostrare che se bene calibrati, si possono conciliare gli impegni dell’una e dell’altra specialità. Ma la doppia attività non è per tutti.

Vision Metron 91 e TFW: le ruote del campione europeo

05.11.2022
3 min
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Quando si tratta di corse contro il tempo, è il cronometro a fare da padrone: il solo arbitro tra la sconfitta e la vittoria. Ogni centesimo pesa come un macigno, così diventa fondamentale lo sviluppo di materiali e di prodotti sempre più performanti. Vision, affiancata da Cannondale, ha lavorato in questa direzione creando una nuova coppia di ruote Metron.

Il profilo molto alto della Metron 91 è stato scelto dopo numerosi test in laboratorio
Il profilo molto alto della Metron 91 è stato scelto dopo numerosi test in laboratorio

La novità Metron 91

Canale interno da 21 millimetri, per accogliere copertoni stretti e scorrevoli. Il design della ruota è stato sviluppato in galleria del vento, ogni dettaglio è votato all’aerodinamica. L’altezza del cerchio è di 91 millimetri, come suggerisce il nome stesso, questo perché è la misura che si è dimostrata più aerodinamica dopo i vari test di laboratorio. Il vantaggio in termini di tempo è di ben 15,8 secondi su distanze di 40 chilometri. 

La cura dei dettagli è la base per emergere, Vision lo sa ed è così che ha curato anche il mozzo. Si tratta di un PRS con cuscinetti ceramici speciali, per aumentare ancor di più la scorrevolezza. Il peso della ruota anteriore è di 938 grammi. 

Le grafiche e gli adesivi sono studiati per ridurre le turbolenze e gli attriti
Le grafiche e gli adesivi sono studiati per ridurre le turbolenze e gli attriti

Metron TFW

E’ la più famosa delle ruote di Vision, affermata tra gli specialisti nelle prove contro il tempo. Presenta un nuovo aggiornamento ed un ridimensionamento nel peso. In Vision, infatti, si è lavorato molto per portare la Metron TFW a fermare la bilancia a soli 958 grammi. Viene realizzata interamente a mano con carbonio 100 per cento italiano. 

Stefan Bissegger utilizzerà questi nuovi prodotti durante tutte le prove contro il tempo nella prossima stagione
Stefan Bissegger utilizzerà questi nuovi prodotti durante tutte le prove contro il tempo nella prossima stagione

Personalizzata

Per costruire un brand solido e di successo bisogna saper anche valorizzare il proprio lavoro. Vision ha così deciso di creare una grafica completamente personalizzata. Ed è così che sulle ruote in dotazione al team EF Education Easy Post appaiono i colori della maglia di campione europeo, fresca conquista dello svizzero Bissegger. Anche la produzione si fa speciale, infatti sticker e vernici sono realizzati con materiali a ridotta resistenza aerodinamica, con un trattamento superficiale anti turbolenze.

Vision 

Forti in salita, forti a crono? Slongo convinto a metà

31.10.2022
5 min
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«Chi va forte in salita, va forte anche a crono», parole di Ivan Basso che a sua volta le aveva riprese da Bjarne Riis. Alcuni giorni fa avevamo avuto il piacere di fare qualche pedalata al fianco di Davide Piganzoli. E ci aveva colpito che un atleta così longilineo potesse andare tanto bene anche nelle cronometro.

Oggi i giovani sembrano tutti andare forte in entrambi i terreni: Evenepoel, Pogacar, Vingegaard, Almeida, Ayuso, Vlasov (nella foto di apertura), Carlos Rodriguez… Però quanti di questi sono scalatori puri? Eppure “Piga”, che il prossimo anno passerà alla professional della Eolo-Kometa, sembra essere parecchio scalatore, ciò nonostante è campione nazionale a crono U23.

Paolo Slongo è stato uno dei preparatori che in carriera ha seguito Basso, ma soprattutto ha gestito diversi scalatori chiamati ad andare forte contro il tempo. A lui abbiamo posto alcune domande su questo tema, per capire se poi è effettivamente così e perché. 

Paolo Slongo è oggi uno dei tecnici della Trek-Segafredo ma in passato ha avuto anche Nibali e Basso
Paolo Slongo è oggi uno dei tecnici della Trek-Segafredo ma in passato ha avuto anche Nibali e Basso
Paolo, “chi va forte in salita, va forte anche a crono”: è così dunque? Come si fa? 

Mi ricordo gli anni in Liquigas e Ivan già all’epoca diceva questa cosa. Però non è che sia proprio una regola fissa. Di base non è sbagliato: lui e Riis sostengono che se tu riesci a fare un certo sforzo, di 30′-40′ in salita, dovresti essere in grado di replicarlo a crono. Ma dove sta la differenza? A crono devi avere un atteggiamento diverso e una certa predisposizione.

Vai avanti…

A crono sei da solo. Magari quando sei in salita ci sono gli avversari e hai stimoli diversi. E poi devi avere la predisposizione vera e propria per la crono. Ti deve piacere e devi dare il 100% da solo: non tutti ci riescono. Chi riesce a sviluppare più watt ed è più leggero è avvantaggiato in salita. Ma il discorso del peso s’inverte in pianura per il cronoman. Diciamo però che i due mondi, scalatore e cronoman, si possono incontrare.

Davide Piganzoli in azione al tricolore crono U23, da lui vinto. Poi ha ottenuto ottime prestazioni anche in salita, come all’Avenir
Davide Piganzoli in azione al tricolore crono U23, da lui vinto. Poi ha ottenuto ottime prestazioni anche in salita, come all’Avenir
Come?

Con lo studio aerodinamico, con lo sviluppo dei materiali e della posizione. L’atleta più piccolo (in teoria lo scalatore, ndr) ha meno impatto con l’aria e può trasformarlo in un punto a suo vantaggio.

Il concetto di Evenepoel…

Esatto. Ti puoi avvicinare ad uno specialista da questa via.

Ma in una crono piatta non c’è la gravità che va incontro allo scalatore. Non è il rapporto potenza/peso, ma solo la potenza a incidere. Contano principalmente i watt…

La potenza non cambia: è quella. Torno a parlare della predisposizione del soggetto. Uno mingherlino può insistere molto sull’aerodinamica. E sui materiali, a partire dal body, dal casco.. altrimenti non ci sono vie di scampo. Il Ganna di turno lo batterà sempre. Uno di 80 chili è sempre avvantaggiato.

Stando alle misure antropometriche Mas dovrebbe essere il cronoman e Remco lo scalatore. Invece è il contrario
Stando alle misure antropometriche Mas dovrebbe essere il cronoman e Remco lo scalatore. Invece è il contrario
Come faccio a trasmettere quella forza che ho in salita, in quanto scalatore, in pianura?

E’ impossibile. Posso avvicinarmi con tutte le cose che ho detto, ma uno scalatore non può competere con uno specialista della crono.

E per migliorare, lo scalatore oltre ai materiali, deve insistere sull’agilità, oppure deve lavorare di più sulla forza e i rapporti più lunghi? 

E’ complicato. Bisogna trovare un equilibrio tra la sua prestazione e l’aerodinamica. Molti atleti non riescono a sviluppare a crono gli stessi watt che hanno sulla bici da strada proprio per la posizione estrema. Ma se fai un calcolo di “costi/ricavi” tra potenza e aerodinamica, meglio fare meno watt ed essere più aero. E’ la bellezza e al tempo stesso il dubbio delle crono. 

E invece allungare le pedivelle aiuta lo scalatore?

Dipende. Sia nel caso Basso che Nibali avevano 172,5 millimetri su strada e 175 a crono. Si cerca di sfruttare ogni cosa chiaramente. Con la leva più lunga si esprime più forza. E anche la posizione della sella più avanzata (che spesso veniva tagliata) aiuta… Ma anche in questo caso va fatta un’analisi. Se il corridore punta a una classifica generale, per fare certe scelte sulle posizioni estreme bisogna stare attenti. Perché se opti per una troppo forzata rischi che il giorno dopo gli possa creare dei problemi muscolari. E se è previsto un tappone dolomitico? Devi trovare il giusto mix. Magari perdi 10” ma il mattino dopo ti alzi senza mal di gambe. Sono test che si fanno di anno in anno.

Quintana è forse l’esempio migliore di scalatore puro che va bene a crono. Merito anche di femori lunghi per la sua statura?
Quintana è forse l’esempio migliore di scalatore puro che va bene a crono. Merito anche di femori lunghi per la sua statura?
Abbiamo spesso detto che ormai lo scalatore puro è in via di estinzione. Ma ne ricordi qualcuno che negli ultimi anni si sia difeso davvero bene a crono? 

Quintana, ma se andiamo più indietro, anche Pantani fece delle belle crono. Poi io credo che quando hai la forma fisica, magari indossi anche la maglia di leader, il rendimento aumenta.

A parità di statura incide la lunghezza del femore? Chi ce l’ha più lungo è avvantaggiato?

In teoria sì, poi però c’è la pratica. Se guardo i calcoli meccanici, le leve di forza, è così. Ma poi può succedere il contrario perché non è predisposto, anche mentalmente, per la crono. Guardiamo Dumoulin ed Evenepoel: i due hanno di certo un femore diverso ma chi va più forte? La matematica è una cosa, la bellezza del ciclismo è un’altra.

Ripensando alle parole di Slongo, che insiste molto sulla predisposizione anche mentale alla crono, e sulla posizione, è giusto allora che la nuova generazione cresca lavorando sin da subito su questa specialità. Dalle uscite settimanali in allenamento, ai test in galleria del vento. E forse questo spiega perché scalatori come Piganzoli, Ayuso o Pogacar vadano forte anche contro il tempo: non è (solo) questione di misure antropometriche.

Un podio per chiudere. Sobrero ha fatto tremare i grandi

22.10.2022
4 min
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Matteo Sobrero ha chiuso la sua stagione con un ultimo acuto. Importante soprattutto per il morale, ma anche per capire chi è e chi potrà essere. Il corridore di Alba ha chiuso al terzo posto la Chrono des Nations, diretta discendente di quel Trofeo delle Nazioni che, fino all’avvento del mondiale a cronometro, decretava ogni anno il miglior interprete delle prove contro il tempo.

A Les Herbiers Sobrero è stato autore di una prestazione magistrale, salendo sul podio dietro due massimi calibri della specialità, il vincitore svizzero Kung e l’iridato norvegese Foss e il distacco è stato minimo, appena 11” dal primo.

Sobrero impegnato nella crono francese. Ha coperto gli oltre 45 chilometri in 53’40” alla media di 50,791
Sobrero ha coperto gli oltre 45 chilometri in 53’40” alla media di 50,791

Sobrero, voglioso come tutti i suoi colleghi di mettere per un po’ da parte la bici e pensare alle meritate vacanze, è rimasto sorpreso dalla sua prestazione e soprattutto dal distacco minimo dai due avversari, i protagonisti del recente mondiale dove la distanza fra loro e il piemontese era stata ben più ampia.

«Effettivamente è stata una sorpresa – conferma – ma più che dal piazzamento sono rimasto colpito dal distacco così contenuto. Con Pinotti, che la gara l’aveva già corsa e la conosceva bene, avevamo parlato alla vigilia e mi aveva detto che se tutto andava bene, su quel percorso potevo dire la mia».

In fin dei conti fra il mondiale a cronometro e la gara in Francia è intercorso appena un mese: che cosa è cambiato nel frattempo?

Passando da 1’30” abbondante a pochissimi secondi qualcosa evidentemente è cambiato. Ragionandoci sono giunto alla conclusione che non è stato solo un aspetto legato alle sedi di gara o ai percorsi, forse in Australia non ero proprio al top della forma, soprattutto nella gara individuale, mentre in Francia mi sono sentito davvero bene.

Per Kung, in maglia di campione europeo, un bis che vale una piccola vendetta (foto Keystone/Ehrenzeller)
Per Kung, in maglia di campione europeo, un bis che vale una piccola vendetta (foto Keystone/Ehrenzeller)
Che differenze c’erano fra i due eventi dal punto di vista del percorso?

Per me quello australiano era più veloce. E’ vero che c’era una salita aspra da affrontare due volte, ma per il resto si filava parecchio. Quello francese era invece un tipico percorso di quelle parti, un continuo su e giù. Io mi esprimo meglio su questi tracciati dove può emergere l’agilità, quello iridato era un percorso tutto di potenza, io con i miei 60 chili potevo fare ben poco.

I tuoi avversari hanno dato il massimo in gara a tuo parere?

Credo proprio di sì. Ho parlato con loro prima del via: Foss sentiva molto il fatto che era la prima gara dove indossava la maglia iridata, Kung dal canto suo pregustava la possibilità di potersi prendere la rivincita confermando altresì la vittoria dello scorso anno. Lo svizzero ci teneva davvero tanto perché la sconfitta del mondiale gli bruciava ancora. E’ chiaro che sia dal punto di vista della forma sia soprattutto mentalmente, le forze sono quelle che sono, ma quando sei in lotta tiri fuori energie impensate.

Esordio da iridato per Foss, un secondo posto a soli 2″ da Kung (foto Jumbo Visma)
Esordio da iridato per Foss, un secondo posto a soli 2″ da Kung (foto Jumbo Visma)
Sai che la tradizione alla Chrono des Nations non è sempre stata favorevole agli italiani, un podio è cosa rara…

Me lo ha detto Pinotti, che aveva fatto quarto. So che Ganna un anno è giunto secondo, ora c’è il mio terzo posto e ne sono ancora più felice. Non potevo chiudere meglio la mia stagione.

Che cosa ti aspetta ora?

Una settimana al caldo, non so ancora dove e rigorosamente senza bici. Ho fatto la mia ultima gara il 16 ottobre e mi sono ripromesso di non riprenderla in mano almeno fino al 16 novembre. C’è bisogno di ricaricare le batterie a tutti i livelli e un mese di riposo è quantomai necessario.

Il podio della Chrono des Nations: nata nel 1982, solo Ganna finora era salito sul podio nel 2019
Il podio della Chrono des Nations: nata nel 1982, solo Ganna finora era salito sul podio nel 2019
Non pensi che la stagione sia stata troppo lunga?

A ben guardare non direi. L’anno prossimo si ricomincerà addirittura a gennaio, con le gare australiane che ritornano nel calendario. Quello della stagione lunga secondo me è un falso problema: ogni corridore ha tutto il tempo per scegliere i suoi obiettivi e regolarsi di conseguenza, prendersi le sue pause, in questo modo anzi tutti hanno il loro spazio. Io ad esempio con l’infortunio a inizio stagione ho avuto modo di recuperare e rifarmi. Certo questo sistema mentalmente è pesante, magari a 42 anni staremo tutti a guardare le gare in Tv e non potremo fare come Valverde

Moro: il quartetto, le crono, Parigi e l’amicizia con Pippo

21.10.2022
5 min
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Lo avevamo lasciato ad aprile tra speranze e ipotesi di un futuro nel quartetto d’oro olimpico. A poco meno di una settimana dalla conclusione dei campionati del mondo di Saint Quentin en Yvelines, lo ritroviamo vice campione iridato insieme all’organico del “poker dei sogni”. Classe 2002, Manlio Moro, ha portato a termine una stagione che spazia tra vittorie su strada con la Zalf Euromobil Désirée Fior, medaglie su pista e tanta voglia di fare bene pensando al futuro. Sull’orizzonte vede arrivare il TGV che porta a Parigi 2024 e Marco Villa è pronto scrivere il suo nome sul biglietto. A sostenerlo, ci ha raccontato, un Pippo Ganna che lo ha preso sotto la sua ala protettrice, sintomo che in questo giovane cronomen il potenziale c’è e in questo 2022 qualcosa ci ha già fatto vedere.

L’argento conquistato ai dietro alla Gran Bretagna per soli due decimi. Moro è il primo da sinistra
L’argento conquistato ai dietro alla Gran Bretagna per soli due decimi. Moro è il primo da sinistra
Manlio, hai concluso la tua stagione?

Sì, ho staccato subito dopo il mondiale, ora mi godo un po’ di relax. Mi fermo due o tre settimane completamente poi riparto con palestra e bici. 

Parliamo del mondiale francese appena concluso. Che voto ti dai?

Non saprei proprio, preferisco che siano gli altri a giudicarmi. Credo di essermela cavata bene, essendo anche alla prima esperienza con il quartetto dei grandi. Di sicuro è un punto di partenza, adesso posso solo crescere. 

Com’è stato fare parte del quartetto oro olimpico?

Non è stato semplice, non tanto a livello fisico ma soprattutto a livello mentale perché comunque entrare a far parte di un quartetto con quattro campioni olimpici non è semplice. Soprattuto prima della qualifica, essendo per me l’esordio in gara con loro ero abbastanza teso. Comunque sono riusciti a tranquillizzarmi molto. Mi hanno fatto sempre sentire a mio agio fin dal primo momento. E’ stata un’esperienza indimenticabile. 

A livello fisico ti sei sentito subito all’altezza?

C’è stato un cambiamento evidente nella mia prestazione. Fino a qualche mese fa, facevo il quartetto under con dei tempi più alti. Non è semplice di sicuro, ma essendo la mia prima volta, credo di essermela cavata bene. Sento che ho ancora tanti secondi nelle gambe. Non che sia andata male questa esperienza ma posso migliorare ancora molto. 

Villa crede in Moro e gli ha dato la possibilità di essere protagonista nel quartetto del mondiale
Villa crede in Moro e gli ha dato la possibilità di essere protagonista nel quartetto del mondiale
Per il 2023 la pista farà parte fin da subito del tuo calendario?

Sì, sarà un calendario parallelo. Stiamo già cercando di programmare il prossimo anno. Di sicuro parteciperò agli europei under ed elite. Poi per il mondiale lo spero e si vedrà chi andrà più forte. 

Molti ti hanno già messo sul treno per Parigi 2024. Senti la pressione?

Quello è il mio obiettivo. Sono contento e ringrazio Marco Villa che mi ha dato fiducia e credo che se lavorerò potrò farcela. Ovvio che non c’è niente per scontato e bisognerà guadagnarselo quel posto ma so che se mi metto d’impegno e lavoro posso arrivare in alto. 

Anche su strada hai disputato un’ottima stagione, qual’è il tuo bilancio?

Positivo. Ho corso la maggior parte di inizio stagione su strada poi nella seconda metà con europei e mondiali mi sono dedicato di più alla pista. Nella prima parte posso ritenermi comunque soddisfatto perché ho fatto le mie quattro vittorie e sono contento. Diciamo che è stata una stagione rivolta a trovare gli equilibri senza sbilanciarsi troppo. 

La vittoria a inizio stagione alla Due Giorni Alessandro Boris con un’azione da lontano
La vittoria a inizio stagione alla Due Giorni Alessandro Boris con un’azione da lontano
A inizio anno ci hai dichiarato che anche le crono erano un tuo obiettivo…

Quest’anno ne ho fatte due, una l’ho vinta e dall’italiano sono uscito un po’ deluso perché non stavo benissimo. Sono partito che ero stanco e fiacco. Infatti una volta arrivato a casa ho scoperto di avere il Covid. Non voglio prenderla come scusa però di sicuro non mi ha aiutato.  L’avevo preparato molto bene perché ero andato in altura con Pippo Ganna, e ci siamo allenati insieme. Purtroppo sono riuscito solo a fare quarto. Diciamo che non sono riuscito a dare il meglio di me.  

Anche le cronometro avranno uno spazio importante nel programma 2023?

Sì, saranno un obiettivo e faranno parte del calendario, anche per qualche rivincita personale.

Hai detto di esserti allenato con Ganna, siete amici?

Sì, con lui ho solo da imparare. Mi ha sempre aiutato, dato consigli e lui crede veramente in me. Sono contento perché mi supporta e mi corregge se vede qualcosa che non va, anche perché ha un’esperienza tale che può dire tutto. Mi sto trovando molto bene. Su questo è davvero una persona fantastica. 

Manlio Moro e Marco Villa ai mondiali di Roubaix un anno fa
Manlio Moro e Marco Villa ai mondiali di Roubaix un anno fa
Quando vi siete conosciuti?

L’anno scorso, da quando abbiamo iniziato ad allenarci insieme in pista a Montichiari. Non da molto in realtà, ma ci siamo trovati fin da subito. E’ sempre stato il mio idolo. Cerco di imparare da lui e averlo lì che ti dà consigli è un’emozione assurda. 

Visto che è un tuo idolo, facci un commento sui suoi due record…

Non ho parole. Rimarrà nella storia di sicuro. Ho avuto la fortuna di essere presente per entrambi i record ed è stata una cosa pazzesca. Ero sugli spalti e sarei voluto saltare giù in pista. Un’emozione assurda, da brividi. 

Eri anche tu tra i motivatori di Pippo alla mattina della finale dell’inseguimento individuale?

Sì, alla mattina non voleva partire. Siamo andati da Lombardi e con i compagni siamo andati su a cercare di convincerlo e per fortuna ci ha ascoltato. 

La dura vita del cronoman. Un viaggio con Guercilena

22.09.2022
6 min
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Il fatto che l’asticella continui a salire non è sempre un bene. Sì, vediamo medie orarie strabilianti, campioni fare numeri intriganti, ma di pari passo aumenta lo stress a cui è sottoposto l’atleta, specialmente colui che che è chiamato a vincere. E ancora di più se è un cronoman. Non ultimo l’esempio di Filippo Ganna, “solo” settimo a Wollongong. Come se un settimo posto al mondo fosse robetta.

Certo che se si vince sempre, poi in qualche modo si è condannati al successo e la vittoria diventa lo standard: tutto ciò che non lo è considerato dalla massa un fallimento. Pensiamo a Pogacar al Tour. Ma non è vero. Avviene così nel calcio, nella Formula 1, nel tennis.

Tornando al nostro mondo, questo concetto del “dover vincere” viene amplificato nell’esercizio della cronometro individuale. Disciplina assai complessa, specie appunto nel ciclismo attuale in cui ogni minimo aspetto fa brodo ed è esasperato.

Ne abbiamo parlato con Luca Guercilena, ora team manager della  Trek-Segafredo, ma prima direttore sportivo e preparatore anche di un certo Fabian Cancellara

Guercilena con Cancellara. Eccoli alla cerimonia in cui veniva dedicato uno sterrato della Strade Bianche al cronoman svizzero
Guercilena con Cancellara. Eccoli alla cerimonia in cui veniva dedicato uno sterrato della Strade Bianche al cronoman svizzero
Luca, in questa specialità hai visto lo svizzero crescere, vincere, poi avere una flessione (a crono) e quindi tornare a vincere sul finire della carriera… La crono pesa più della strada dunque?

E’ chiaro che parliamo di una disciplina che richiede un grande impegno mentale. Per prepararla devi fare tanti chilometri, tanti lavori specifici e tutti con un grande sforzo. L’impegno pertanto è fisico ma anche mentale e le energie mentali non sono infinite. In più mettiamoci che al di fuori di qualche seduta dietro motore, in cui sei a ruota dell’allenatore, per il resto del tempo sei solo. Puoi contare solo te stesso. Non è come su strada che puoi condividere la fatica. Questo accentua non poco lo sforzo e il dispendio mentale.

Come ti spieghi questa “onda” nella carriera di Cancellara? 

Io ho seguito Fabian all’inizio della sua carriera (in Mapei Giovani, ndr) e poi negli ultimi anni. Per me molto dipende anche dagli impegni e dai programmi che si fanno con la propria squadra. Nei primi anni ha lavorato sulla crono. E’ cresciuto ed ha vinto. Poi nella fase centrale della sua carriera si è concentrato maggiormente sulle classiche, per poi tornare a puntare sulle prove contro il tempo nelle ultime stagioni.

Per esempio, Rogers ha detto in questi giorni a Wollongong, che dopo il terzo titolo mondiale aveva quasi la nausea pensando alle crono…

Hai talmente tanta pressione che ad un certo punto molli. Si tratta di una disciplina così specifica che quando l’abbandoni e poi torni a concentrarti su di essa la riprendi subito. Implica delle caratteristiche fisiche che ti restano addosso… per tornare all’esempio di Cancellara. Anche Tony Martin ad un certo punto ha detto basta. Lui ha avuto una crescita lineare e poi ha “cambiato mestiere”, si è messo a lavorare per altri. Rogers, è sempre stato forte a crono, sin da juniores. Io l’ho avuto quando vinse il suo secondo titolo a Verona. Poi ad un tratto ha cercato di fare classifica nelle corse a tappe e ha lasciato il discorso crono… Anche se sia lui che Martin restavano due cronomen molto forti.

In corsa e in allenamento il cronoman è solo
In corsa e in allenamento il cronoman è solo. E questo di certo non facilita le cose
Quindi è certamente un peso elevato. E anche in virtù di ciò, a tuo avviso si può fare un paragone con la maratona del podista? Loro hanno due grandi focus l’anno, sui quali si riversa una grossa pressione: i tanti aspetti da mettere a fuoco, i dettagli su cui lavorare…

Direi di sì, ma è un po’ tutto il ciclismo attuale che cura i dettagli al limite. Se ripenso all’Olimpiade del 2016 con Cancellara e ancora di più a come preparai Rogers per Verona e Madrid (anni 2004 e 2005, ndr) già c’era una bella differenza. In quelle occasioni sostanzialmente si lavorava con le corse su strada e si rifiniva con dei lavori a crono.

E adesso invece?

Ora si fa un lavoro superspecialistico: le medie sono più alte e più alto è il numero dei competitor. Se vogliamo, prima era una disciplina di nicchia, adesso il podio invece è l’obiettivo di molti e chi punta alla vittoria deve avere numeri ancora più alti. Tutto, dunque, è più estremizzato.

Prendiamo l’esempio di Ganna, settimo. Pippo viene da un anno estremamente dispendioso dal punto di vista psico-fisico: il prologo del Giro con la maglia rosa in ballo, le Olimpiadi, il mondiale a crono, il mondiale su pista, i tanti ritiri… Tutto ciò incide?

Di certo può pagare tutto ciò, ma questo discorso vale anche per Van der Poel. Anche lui quest’anno non è stato super a lungo come gli altri anni. Se tu fai la multidisciplina la tua stagione in pratica non finisce mai. E tutto ciò ripetuto negli anni si fa sentire. Non sei al tuo livello. Non raggiungi i tuoi obiettivi. Strada e pista, cross e strada, strada e Mtb: tenere alto il livello per tutta la stagione è molto complicato. E poi c’è un altro aspetto a mio avviso che conta molto.

Dover essere ogni volta chiamato a vincere non è facile… specie se si è dei cronoman come Ganna
Dover essere ogni volta chiamato a vincere non è facile… specie se si è dei cronoman come Ganna
Quale?

Questi grandi atleti della multidisciplina hanno colto risultati importanti in tempo di pandemia, quando si viaggiava molto meno. Non c’erano trasferte esagerate, ma adesso che si è tornato a farle tutto è più complicato e si paga dazio. E’ un dato di fatto. Con questo non voglio dire che sono contrario alla multidisciplinarietà.

Sempre parlando di Ganna, per lui è stato programmato (l’8 ottobre prossimo) anche il tentativo di Record dell’Ora e, sembra, il condizionale è d’obbligo, che Pippo stesso non fosse super contento di farlo in questo momento. Il rischio è di esporlo ad un fallimento…

Su questo non posso dire molto. Non conosco le condizioni precise dell’atleta, ma suppongo che se la Ineos-Greandiers abbia programmato il tentativo in questo momento è perché pensano di riuscirci. Ma sono cose in seno alla loro squadra.

Luca, quanto tempo serve per preparare una crono importante come quella iridata o olimpica?

Non meno di due mesi. Quando con Cancellara abbiamo preparato quella di Rio 2016 abbiamo fatto due mesi di lavori specifici, con anche 15 giorni di Tour de France. Per raggiungere la condizione al 100%, totalmente finalizzata a quello specifico obiettivo, servono due mesi. Anche tre.

Dopo aver conquistato il terzo titolo iridato a crono, Rogers ha avuto la necessità di rivedere i suoi obiettivi
Dopo aver conquistato il terzo titolo iridato a crono, Rogers ha avuto la necessità di rivedere i suoi obiettivi
Parlando ancora di multidisciplina e di molteplici impegni, tu quale credi sia il binomio migliore per un cronoman?

Quello strada-pista, decisamente. Quella dell’inseguimento e quella crono sono due discipline molto simili. L’adattamento è più facile. Anche se inseguimento e crono sono due estremi: uno dura 4 chilometri ed è molto violento, l’altro magari ne misura 40… Quel che cambia è l’intensità, ma le caratteristiche sono quelle. 

Ti abbiamo fatto questa domanda perché una volta Davide Cassani ha detto che il biker è un buon cronoman…

Un crosscountrista fa uno sforzo di un’ora e mezza e un crossista di un’ora: sono sforzi adeguati alla durata di una crono. Un crossista fa tanti rilanci brevi e intensi con sforzi simili a quella di uno sprinter, ma non tutti i crossisti sono buoni velocisti. Come ho detto, credo che l’inseguimento su pista sia vicino alla crono, anche per aspetti fisiologici. Poi molto dipende dalla lunghezza della prova. Fossero state crono vecchio stile, cioè di 70 chilometri, allora sarebbero emerse le qualità dello stradista anche nelle gare contro il tempo. Ma vista la lunghezza media nel corso dell’anno, oggi le crono sono più da pistard.

I copriscarpe non sono un semplice accessorio

20.09.2022
4 min
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I copriscarpe da crono sono un accessorio ormai fondamentale. Dietro questo capo tecnico ci sono studi, sviluppi e ricerche che coinvolgono aziende e staff tecnici, dei team e anche delle nazionali.

Approfondiamo l’argomento con Monica Rudella di Alé Cycling e Stefano Devicenzi di Santini.

Tessuti differenziati per un’aderenza ed efficienza ottimali
Tessuti differenziati per un’aderenza ed efficienza ottimali
I copriscarpe per le crono, quanto è cambiato questo capo tecnico rispetto al passato?

Monica Rudella: «La tecnologia ha raggiunto dei livelli avanzatissimi, anche in merito agli accessori. Ormai sono prodotti assolutamente indispensabili e non solo per avere un look “completo”, ma assieme a maglia e pantaloncino concorrono a raggiungere la massima performance».

Stefano Devicenzi: «Moltissimo. La ricerca e lo sviluppo hanno l’obiettivo principale di trovare nuove soluzioni e dettagli che possono fare la differenza. Questi accessori tecnici sono cambiati tanto negli anni e continueranno a farlo anche per i prossimi».

In più di un’occasione Sobrero ha sottolineato l’impegno di Alé nella ricerca aerodinamica
In più di un’occasione Sobrero ha sottolineato l’impegno di Alé nella ricerca aerodinamica
Come vengono costruiti e con quali canoni tecnici?

Monica Rudella: «I nostri copriscarpe vengono testati da ciclisti professionisti appartenenti a squadre World Tour, sia in allenamento che in gara. Viene provata la calzata, la vestibilità e l’aerodinamicità del capo. Solo dopo numerosi test è possibile raggiungere il copriscarpe definitivo».

Stefano Devicenzi: «I canoni tecnici sono semplicemente dettati da un singolo requisito: essere veloci. Tecnicamente devono poter garantire una performance, testata, che riduca il drag dovuto ai materiali utilizzati e inoltre ovviare a quello che la calzatura potrebbe creare, rivestendola integralmente. La costruzione è oggetto di continue prove e ricerche, ma fondamentalmente i principi sono due. Il primo si riferisce ai materiali, che devono avere una performance ottimale quando entra in contatto con l’aria. Parliamo di penetrazione e drag aerodinamico. Il secondo è far sì che questi materiali performino al meglio. Per questo devono essere tagliati e posizionati ergonomicamente nel modo migliore sulla calzata, diciamo posizionati e qui sono considerate anche le cuciture, in modo strategico».

Kung, secondo gradino del podio in questo Mondiale
Kung, secondo gradino del podio in questo Mondiale
Viene considerato anche il fattore temperatura all’interno della calzatura, oppure no?

Monica Rudella: «Si, infatti produciamo sia il modello leggero che il modello per le condizioni più fredde, che offre protezione anche dal vento, dall’acqua e dal fango, pur mantenendo delle qualità di efficienza aerodinamica di altissimo livello».

Stefano Devicenzi: «Relativamente. Semplificando, direi di no. Non è un elemento che può inficiare la prestazione aerodinamica in modo diretto. Chiaro che poi dipende da quanto un corridore sia attento alle prestazioni o al comfort. Un capo più aerodinamico potrebbe risultare più scomodo, ma a livello prestazionale un comfort maggiore del prodotto potrebbe non collimare con la penetrazione ottimale dello spazio».

La nazionale francese è supportata da Alé
La nazionale francese è supportata da Alé
Quali sono le linee guida da rispettare?

Monica Rudella: «I tessuti, così come il copriscarpe finale vengono testati in galleria del vento per garantire il massimo dell’aerodinamicità. La zona che copre la gamba, che non deve superare una certa misura, presenta delle scanalature che fanno defluire al meglio l’aria riducendo così l’attrito. I copriscarpe devono poi avere un’ottima vestibilità, per essere elastici e facili da indossare (considerata la loro aderenza) e adattarsi a più calzature. Nella pianta del piede sono presenti dei fori che devono essere nella giusta posizione».

Stefano Devicenzi: «Ci sono dei canoni prestazionali dettati da ricerca e sviluppo… Ma bisogna anche rispettare i regolamenti UCI».

I copriscarpe, un accessorio che continuerà a cambiare (@Jacob Kenninson Trek-Segafredo)
I copriscarpe, un accessorio che continuerà a cambiare (@Jacob Kenninson Trek-Segafredo)
In termini di numeri, quanta efficienza si guadagna con un copriscarpa moderno?

Monica Rudella: «In Alé amiamo curare tutto alla perfezione, nulla viene lasciato al caso. Anche il più piccolo dettaglio può fare la differenza quando un solo centesimo può valere la vittoria».

Stefano Devicenzi: «Non è facile rispondere a questa domanda. Gli studi e la ricerca vengono fatti sull’intero “sistema ciclista”. Il miglior risultato in termini di marginal gain, dovuto alle applicazioni tecniche, (sia di materiali che di soluzioni costruttive) è quello che performa meglio facendo conto di tutte le variabili. Non si può dare un numero o una risposta assoluta, senza prendere in esame un caso specifico, perché ogni atleta è diverso dall’altro. Prendiamo ad esempio Rohan Dennis e la sua vittoria iridata nello Yorkshire. In seguito ai vari calcoli, che incrociavano i dati di wattaggio e test effettuati con la pedalata statica e dinamica in galleria del vento, è stato possibile calcolare quanto il “sistema ciclista” abbia guadagnato in termini di tempo sul percorso di 54 chilometri, proprio grazie ai materiali utilizzati. Complicato, ma è stato possibile farlo perché si conoscevano le variabili fondamentali».