Alfonsina Strada, cent’anni dopo pedalando contro il pregiudizio

20.05.2024
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Ci sono tanti modi per vincere. E non tutti richiedono che si transiti per primi sotto il traguardo. Alfonsina Strada lo ha fatto, più volte. Ma non è famosa per quello. La sua vittoria è molto più profonda, radicata. Lei può essere davvero considerata un’antesignana dell’emancipazione femminile, un personaggio a suo modo modernissimo, in un’epoca ormai lontana un secolo. Perché a colpi di pedale ha preso a spallate lo status quo, i pregiudizi legati all’universo femminile. Se oggi le ragazze gareggiano in giro per il mondo, vivono di ciclismo con contratti importanti, lo devono anche a lei. E le celebrazioni per il centenario della sua presenza al Giro, stabilite in quest’edizione, sono un tributo sacrosanto.

Carattere forte, quello di Alfonsina. Seconda di 10 figli, impara presto che la vita bisogna guadagnarsela ogni giorno, masticando il duro sapore della povertà. A 10 anni, quasi inaspettatamente un giorno suo padre rientra a casa con una bici. A maschi di famiglia vorrebbero impossessarsene, ma Alfonsina sa come farsi rispettare e alla fine ci sta sempre lei, sopra. E’ come se quel mezzo diventasse la sua voce, esprimesse la sua voglia d’indipendenza.

Un murales recente a ricordo dell’impresa della Strada. Il Giro celebra il centenario della sua presenza
Un murales recente a ricordo dell’impresa della Strada. Il Giro celebra il centenario della sua presenza

Che smacco per gli uomini…

Inizia a gareggiare, corre contro i maschi e spesso li batte. Sono gare dove c’è sopra un bel giro di scommesse, Alfonsina porta a casa soldi e questi insabbiano ogni renitenza, ogni retaggio culturale in famiglia. Non fuori però: quella ragazzina che non sa stare al suo posto non piace, se poi si permette anche di battere i maschi… Non è una situazione che può durare a lungo, anche perché le dicerie pesano sull’equilibrio famigliare, così arriva il tempo che Alfonsina prende la sua strada.

Nel 1907, a 16 anni, vince il titolo di miglior ciclista italiana (poca cosa in verità, non è che fossero poi così tante…), va anche a correre all’estero, addirittura a San Pietroburgo viene premiata dallo Zar Giorgio II in persona. Nel 1911 stabilisce il record mondiale di velocità. Si trasferisce a Milano dove incontra Luigi Strada. A differenza di tanti altri, lui non disapprova la sua passione per le biciclette, anzi. Il giorno delle nozze, le regala una bici. Alfonsina cambia cognome, da Morini diventa Strada, quasi un destino in quelle sei lettere.

L’iconica immagine della giovanissima emiliana in sella alla sua bici
L’iconica immagine della giovanissima emiliana in sella alla sua bici

L’iscrizione al Lombardia

La svolta arriva nel 1917: Alfonsina decide di iscriversi al Giro di Lombardia. C’è grande trambusto nella sede del comitato organizzatore. La sua richiesta arriva come un fulmine a ciel sereno. Non la vorrebbero, ma nel regolamento non c’è alcun articolo, alcuna postilla che dica che sono solo gli uomini a poter partecipare. Alla fine sono costretti loro malgrado a farla partecipare. Tanti le fanno il tifo contro, la chiamano il “diavolo in gonnella”, ma lei è superiore a tutto. Non vince, sarebbe stato troppo, ma visto che più della metà dei corridori si ritira per il clima impervio e il percorso e lei non è fra questi, è come se avesse dato uno schiaffo a tutti i pregiudizi e a chi li esprime. Ci tornerà l’anno successivo, finendo 21° assoluto (prima donna, naturalmente…)

I soldi che guadagna in bici non bastano, anche perché nel frattempo il marito si è ammalato. Lavora come sarta, ma sente che è un ripiego. Che non rispecchia quel che vuol fare. Nel 1924 decide di riprovarci, ma alza le sue ambizioni: ora vuole partecipare al Giro d’Italia. Questa volta gli organizzatori la accolgono di buon occhio. Calma, non è che sia cambiata la cultura del tempo, anzi… Solo che le difficoltà economiche e dissidi nell’ambiente hanno tenuto lontani molti team e agli organizzatori fa comodo il richiamo di una donna al via contro i maschi. E’ pur sempre una bella pubblicità.

La Strada ha stabilito il record dell’ora femminile nel 1938 con 35,38 chilometri (foto Umbekannter Kustler)
La Strada ha stabilito il record dell’ora femminile nel 1938 con 35,38 chilometri (foto Umbekannter Kustler)

Un manico di scopa

Con il numero 72, Alfonsina Strada si presenta al via: saranno 12 giorni di gara, 3.613 chilometri da percorrere in 12 tappe. A ogni frazione la gente si divide fra chi la osanna e chi la critica. Gli organizzatori cavalcano l’onda della popolarità, a ogni arrivo senza guardare la classifica lei viene acclamata e premiata anche più del vincitore assoluto.

L’ottavo giorno, tappa da L’Aquila a Perugia, si pedala sotto la pioggia battente e la corsa diventa una lunga prova a eliminazione. Una pozza d’acqua le fa compiere un sobbalzo e il manubrio si spacca. Chiunque si sarebbe ritirato, non lei. Prende un manico di scopa e lo adatta con un po’ di nastro, fatto sta che raggiunge il traguardo. Ma fuori tempo massimo. Dovrebbe chiuderla lì, ma per gli organizzatori sarebbe un dramma: poi la corsa chi la segue più? Si raggiunge così un compromesso: continuerà a correre senza che le venga preso il tempo. A patto che arrivi al traguardo finale di Milano.

Una carriera lunga quella di Alfonsina Morini in Strada, nata a Castelfranco Emilia nel 1891
Una carriera lunga quella di Alfonsina Morini in Strada, nata a Castelfranco Emilia nel 1891

L’apertura del negozio

Alfonsina lo fa, è fra i 30 che completano il Giro a fronte dei 60 che non ce l’hanno fatta. Poco importa il responso cronometrico finale, lei c’è. Diventa un’icona per l’universo femminile, forse anche troppo. Sono anni difficili per il Paese che sta cambiando pelle e sui retaggi culturali si fa leva per il cambiamento che nulla cambia… La Strada però ha ormai una popolarità che ha valicato i confini nazionali: la chiamano a correre all’estero e lei lo fa, torna anche a vincere contro gli uomini, porta a casa un bel po’ di quattrini.

Dopo la Guerra, morto il primo marito, Alfonsina si risposa con un ex ciclista, Carlo Messori, con il quale nel 1950 finalmente può avverare il suo sogno: aprire una bottega di bici a Milano. Quel negozio rimane aperto per 7 anni, durante ii quali è un riferimento nazionale, anche perché resta un unicum nell’universo nazionale. Pensateci bene: anche oggi quante sono le donne meccanico di bici? Quante fra le stesse cicliste sanno mettere mano a una bici? Per Alfonsina la bicicletta non aveva segreti e tanti si rivolgevano a lei per riparazioni e consigli.

La Strada all’uscita dalla sua bottega, riferimento per anni per i ciclisti milanesi (foto Umbekannter Kustler)
La Strada all’uscita dalla sua bottega, riferimento per anni per i ciclisti milanesi (foto Umbekannter Kustler)

Morire come ha vissuto

Alfonsina muore nel 1959, a 68 anni, con una fine in fin dei conti degna di come aveva vissuto. Era andata ad assistere alla Tre Valli Varesine, provando a mettere in moto la sua Moto Guzzi 500 cc ha un infarto che le è fatale. Anche la sua morte contribuisce alla sua storia, alla sua immagine di emblema del riscatto femminile, della parità dei sessi. Una battaglia vissuta in anni remoti, da sola, contro un muro. Sgretolato a colpi di pedale.