BMC Kaius, gravel race nell’anima

28.10.2022
6 min
Salva

Abbiamo provato la BMC Kaius per un lungo periodo, testando differenti setting e portando questa bici all’interno di diversi contesti ambientali e gare.

La Kaius si conferma un proiettile ovunque. E’ una bicicletta tanto tirata, a tratti estrema, quanto agile, leggera e fluida nella guida, che esprime una stabilità inaspettata anche sui tratti particolarmente smossi e rocciosi.

La Prevot al riscaldamento pre-mondiale
La Prevot al riscaldamento pre-mondiale

La versione One 01

E’ la top che propone il catalogo. Per intenderci è la bicicletta che veste il primo iride gravel della storia, grazie a Pauline Ferrand Prevot. La pluricampionessa francese non è stata l’unica ad utilizzare la nuova Kaius al mondiale gravel: anche Van Avaermat si è presentato al via con questa bicicletta.

Dal punto di vista dell’utilizzo, la BMC Kaius nasce in modo specifico per le competizioni gravel. A tratti sembra una bicicletta road race, di quelle super performanti e con le gomme un po’ più grandi. Talvolta una bicicletta gravel che esprime delle performances elevate è accostabile ad una road endurance, in questo caso lo step è addirittura superiore.

Velocità, reattività e agilità

La Velocità non è espressa e contestualizzata “solo” nello spingere forte sui pedali ed andare veloce. Nella Kaius emerge da subito, fin dalle prime pedalate, quando la bicicletta sembra scappare via da sotto la sella. E’ piuttosto rigida, ma non è estrema e non “picchia” eccessivamente nella zona del sopra-sella. Non è una spacca polsi. E’ semplicemente facile da lanciare, anche quando la velocità è bassa, oppure è necessario cambiare ritmo in modo repentino. Merito di un pacchetto ben congeniato e di una geometria azzeccata al 1000%.

L’avantreno è un ottimo supporto alle azioni in fuori-sella e quando si sposta il corpo in avanti. Lo sterzo ha un angolo aperto al pari di una mtb marathon e offre stabilità, così come il rake avanzato della forcella che completa il concetto appena espresso. Nell’insieme diventano un riferimento anche alle alte velocità in discesa e quando è necessario portare la bicicletta alla corda nei cambi di direzione. Il tutto si riflette anche su una agilità degna di nota che coinvolge anche il retrotreno.

La BMC Kaius è reattiva, reattività ampiamente sfruttabile anche restando seduti in sella. Non è solo per via di un allestimento super performante, di un valore alla bilancia ridotto (abbiamo rilevato un peso ben al di sotto degli 8 chilogrammi) e di un prodotto che non lascia nulla al caso anche in fatto di design funzionale alla performance.

La Kaius ha tanta trazione e copia il terreno. Certo, è fondamentale agire in modo corretto sui tubeless, ma il vantaggio di una bicicletta race oriented che mantiene la traiettoria e al tempo stesso permette qualche correzione senza scomporsi è un fattore da considerare tra i primi posti della scala valori.

Una gran bici anche in discesa e stabile alle alte velocità (foto Jérémie Reuiller- BMC)
Una gran bici anche in discesa e stabile alle alte velocità (foto Jérémie Reuiller- BMC)

Quel manubrio tanto stretto

Al primo impatto mette quasi paura, un po’ di timore, soprattutto se facciamo degli accostamenti con la categoria off-road mtb. Eppure prendere confidenza con questo cockpit full carbon è semplice (per chi è abituato all’agonismo), molto più di quanto ci si aspetta. Sopra, dove ci sono i manettini del cambio è largo 38, a metà della piega 40 centimetri e termina a 42. E’ un manubrio da gara.

Sopra obbliga a chiudere le spalle e invita a rannicchiarsi guadagnando velocità. Se si è ben impostati sulla bici non è sacrificante e la cassa toracica non si comprime, ma è necessario avere uno svettamento sella/manubrio adeguato, in modo da lasciare aperto il muscolo del diaframma. Ci siamo trovati particolarmente a nostro agio e abbiamo sfruttato una posizione che ci ha aiutato a scaricare in modo ottimale il peso su glutei e sulle gambe.

Il flare della piega è di 12°, senza angoli vivi. Significa che le mani scivolano verso il basso con facilità e in modo rapido, anche in discesa sullo sterrato. Significa che le braccia cambiano posizione senza sovraccaricare i polsi. L’apertura del manubrio è buona e le mani non si accartocciano al suo interno, come capita con alcuni manubrio gravel che costringono a portare le mani troppo distanti dalle leve. Ne guadagnano sicurezza, prontezza e comfort e facilità di cambio delle posizioni.

L’abbiamo anche portata in gara
L’abbiamo anche portata in gara

Bikepacking, no grazie

Lo avevamo scritto già in occasione del suo lancio ufficiale e le tante ore di test lo confermano. La BMC Kaius, a prescindere dall’allestimento non è una bici da viaggio, non è una bicicletta adatta al bikepacking. Questo non significa che è scomoda, ma il suo DNA race lo si vede, lo si percepisce e lei lo mette in mostra senza se e senza ma.

E poi non ci sono neppure le asole per il montaggio delle borse, solo le due viti sull’orizzontale per il piccolo bag, soluzione mutuata dalla URS.

La Kaius della Prevot al Mondiale Gravel in Veneto
La Kaius della Prevot al Mondiale Gravel in Veneto

Tre gomme diverse

L’abbiamo provata con le 36, con le 40 e anche con le 45. Più che la sezione degli pneumatici è da considerare la qualità della gomma stessa e di come esprime la sua elasticità, fattore non secondario in ambito off-road. Pneumatici con una carcassa troppo dura e gonfiati in modo eccessivo limitano la sfruttabilità della bici, della sua trazione e della stabilità anteriore. Le 45 non tutte ci stanno (dietro), in particolare quelle che hanno ramponi laterali abbondanti.

L’ottima trazione/stabilità che esprime la bicicletta permette di sfruttare molto bene anche gli pneumatici “semi-tassellati” che si trovano in commercio.

Facile adottare una posizione al pari di una bici stradale di alto livello (foto Jérémie Reuiller- BMC)
Facile adottare una posizione al pari di una bici stradale di alto livello (foto Jérémie Reuiller- BMC)

In conclusione

Che piaccia oppure no, la BMC Kaius è una bici da gara e non lo nasconde. Mantiene fede ad un design e ad un impatto estetico che è parte integrante dell’azienda svizzera e BMC è da categorizzare come race brand. La Kaius non ha fronzoli, non ha mezze misure e concettualmente non è paragonabile alla URS. Anzi, a nostro parere la BMC in questione è più vicina ad una bici da strada.

Ci piace la soluzione, non presente sulla URS, di poter montare la doppia corona anteriore (il deragliatore si può alloggiare nella sua sede), a nostro parere un vantaggio e un dettaglio che può fornire tanti vantaggi nei termini di sfruttabilità per un delta di pubblico molto ampio. Anche per chi vuole usare questa bicicletta con le gomme un po’ più strette sull’asfalto.

Il prezzo è di quelli molto importanti, non accessibile a tutti, ma è pur vero che l’allestimento del test non richiede aggiunte e/o modifiche, se non un power meter. Focalizzandoci sulla spesa e sul rapporto qualità/prezzo/performamances è davvero interessante la versione BMC Kaius 01 Two, quella con lo Sram Force eTap 12v.

Sagan, VdP, Van Avermaet: le bici per l’iride gravel

09.10.2022
7 min
Salva

Ecco il primo campionato del mondo gravel. Non vediamo l’ora di vedersi sfidare i grandi campioni della strada e dell’off road tra la polvere. Come affronteranno la corsa, sia dal punto di vista tattico che tecnico. Van de Poel, Van Avermaet, ma anche Sagan e gli altri che bici useranno?

Scopriamo le bici dei favoriti e degli outsider. Vi anticipiamo subito che ci sono delle belle differenze e questo perché ci sono delle falle nel regolamento. L’Uci, più o meno volontariamente, non ha stabilito regole univoche sulla scelta delle bici. In soldoni: il mondiale è gravel, ma non tutti partono con bici gravel.

VdP ci ripensa…

Tra giovedì e venerdì soprattutto i corridori hanno fatto dei test sul tracciato (194 chilometri) che da Cittadella porta a Vincenza.

Mathieu Van der Poel parte da netto favorito. Sappiamo tutti del suo feeling con lo sterrato e con la potenza, che probabilmente sarà decisiva al pari delle scelte tecniche.

Il corridore della Alpecin-Deceuninck sembrava puntasse sulla Canyon Grizl ma dopo i test della vigilia ha deciso di cambiare totalmente rotta. L’asso olandese infatti userà la nuova Canyon Ultimate Cfr, una bici da strada. Bici che quest’anno aveva esordito al Delfinato.

VdP ha scelto questa bici. E l’ha scelta in tutto e per tutto con un assetto da strada, a partire dal gruppo che sarà lo Shimano Dura-Ace R9200. Come rapporti ecco una corona doppia 52-36 e un 11-34 al posteriore. Le ruote saranno le Shimano Dura Ace con profilo da 36 millimetri. Ruote che tra l’altro hanno un canale interno da 21 millimetri. E questo fa sì che l’olandese vi possa più sfruttare meglio coperture più larghe come le Vittoria Terreno da 33 millimetri. Questo è il vero elemento che cambia rispetto ad una bici total road.

E da strada sono anche i pedali. Segno che non ci sarà da mettere piede a terra, mentre ci saranno da scaricare sule pedivelle tanti watt e in questo caso i pedali da strada sono i migliori.

Greg il più gravel 

Greg Van Avermaet è forse il favorito numero due. Il corridore dell’Ag2R-Citroen correrà su una BMC Kasius.

«Tutto è stato fatto un po’ all’ultimo minuto – dice Stefano Cattai di Bmc – anche in virtù di un regolamento non chiarissimo, che consente l’utilizzo anche di bici da strada. Però Greg correrà con una Bmc Kaius. 

«La nostra idea alla fine è di andare su una vera gravel. Greg userà il gruppo Campagnolo Ekar. Avevamo anche pensato al Record Eps, quindi elettromeccanico, ma visto che i sobbalzi e le sconnessioni potrebbero portarlo al “crash mode”, abbiamo optato per un gruppo meccanico robusto».

Pertanto Van Avermaet userà un monocorona da 44 denti con al posteriore una scala 9-32. E sono molto gravelistiche anche le gomme che saranno le Pirelli Cinturato da 40 millimetri.

Ma anche per Van Avermaet il setup non è tutto gravel. Ci sono degli elementi stradistici, come il manubrio. «Greg – riprende Cattai – ha scelto un manubrio integrato in carbonio aero, con il quale si trova molto bene, ma l’attacco sarà più corto di un centimetro». Per mantenere inalterata la posizione infatti, ha dovuto fare così viste le diverse geometrie della Kaius rispetto alla sua Teammachine.

Sagan su Roubaix

E veniamo ai corridori supportati da Specialized. Tutti sappiamo come il brand californiano studi tantissimo i percorsi prima di scegliere una bici, ma al tempo stesso sappiamo quanto credano nel gravel. Eppure, ed è questa la sorpresa, Sagan, Oss e Ballerini correranno con la Specialized Roubaix. Mentre solo Stybar dovrebbe andare sulla gravel bike, Crux.

«La prima parte del percorso – spiega Giampaolo Mondini di Specialized – poteva far pensare ad un utilizzo anche di gomme più larghe, ma c’è la parte centrale che, è molto scorrevole e veloce, è molto molto lunga. Anche per noi tante decisioni sono state prese all’ultimo minuto, c’è stato un rincorrersi di informazioni».

«Sulla Roubaix vi possono alloggiare gomme fino a 33 millimetri e quindi ci siamo subito orientati su questa bici. L’unico dubbio fino al test di venerdì pomeriggio è stato sull’utilizzo delle ruote: le Alpinist o le Rapid a più alto profilo? Queste ultime pesano 200 grammi di più, ma torniamo al discorso della lunga parte centrale che è velocissima. Magari si sfruttano di più». E infatti Peter dovrebbe partire con le Rapid.

«Avevamo anche una terza opzione: le ruote Terra. Queste hanno un canale più largo che aiutano chi ha meno manico». Ma non è certo il caso di Sagan!

Outsider “cattivi”

E ci sono molti oustsider che sono pronti a lottare. Uno che potrebbe anche vincere è Nathan Haas. L’australiano, che ha sempre avuto la passione per l’offroad, fino allo scorso anno era nella fila della Cofidis, adesso fa parte in tutto e per tutto di un team gravel. Lui corre su Colnago. Userà una G3-X, probabilmente con gomme più filanti rispetto ai suoi standard da gare americane.

C’è poi Lachlan Morton della EF Education Easy Post. Morton come Haas è un esperto di gravel, anche se lui ha più una vocazione da viaggiatore. Per lui c’è la Cannondale Topstone. Mentre il compagno di squadra, Magnus Cort che nell’occasione veste i colori della Danimarca, ha optato per la Supersix Evo Se.

Non vanno dimenticati Alban Lakata, cinque volte campione del mondo marathon in mtb, e i due dell’Astana Qazaqstan: l’iridato U23 Fedorov e Miguel Angel Lopez, che benché piccolo, è un vero amante dell’offroad. Entrambi hanno scelto una Wilier Rave Slr con gomme da 33 millimetri.

E non dimentichiamo i nostri ragazzi a partire da Samuele Zoccarato. Il campione italiano stavolta sarà in sella alla sua Cipollini ma la nuova Ago. «La gamba c’è ma ci sarà sta spingere tanto – ha detto Zoccarato – Per quanto riguarda le gomme ho scelto dei tubeless da 36 millimetri con dei “salsicciotti” per le forature. Scalini e sassi comunque non mancano».

A tu per tu con Ballan ed il suo sguardo sul mondiale

11.09.2022
6 min
Salva

A poche ore dalla prima lista, ancora lunga, di Bennati, dei convocati per il mondiale di Wollongong, l’attesa cresce. Il debutto iridato per il cittì sarà tosto, l’Italia manca dal gradino più alto del podio dal 2008 di Varese. Giorno nel quale, ad indossare la maglia più famosa del ciclismo fu Alessandro Ballan. Lo incontriamo allo stand di BMC, all’Italian Bike Festival, dove ieri (ed anche oggi) c’era Evans. I due scherzano, pedalano e parlano con la gente. 

«Il bello delle fiere e del ciclismo – inizia a dirci Ballan – è che le persone ci vedono, facciamo foto, interviste. Il nostro è uno sport bello e la passione dei tifosi è coinvolgente, arrivo a fine giornata stravolto, ma è così che deve essere».

Siamo a pochi giorni dal via della settimana iridata, che mondiale vedi?

Credo che questo mondiale si stia vivendo in maniera diversa dagli anni passati. Soprattutto perché si disputerà in Australia, quindi un Paese molto lontano da noi, non se ne è parlato così tanto. Sarà sicuramente insidioso, alla fine si tratta della corsa più importante dell’anno, ogni percorso porta i suoi problemi. 

Anche questo non ne è esente…

Saranno 4.000 metri di dislivello, ne deduco che sarà duro e ne uscirà un campione del mondo di fondo, ma soprattutto veloce. Gli ultimi 9 chilometri saranno totalmente piatti, questo darà la possibilità a vari corridori di rientrare nel finale. Potrebbe finire tranquillamente in una volata ristretta. 

Tanti favoriti quindi?

Il favorito numero uno è Van Aert, come lo poteva essere lo scorso anno. C’è da aggiungere la presenza di Girmay, che è stato capace di vincere proprio contro il belga quest’anno alla Gand-Wevelgem. Mancherà Alaphilippe, con grande probabilità, vincitore delle ultime due edizioni. E non escluderei assolutamente Evenepoel, però il Belgio a questo punto deve capire che strategia può mettere in atto…

Secondo te?

Penso che l’unica chance di Remco sia quella di arrivare da solo al traguardo, un po’ come ha fatto a San Sebastian e meno recentemente alla Liegi-Bastogne-Liegi. Dovrebbe cercare di fare una selezione simile a quella che fece all’europeo di Trento. Evenepoel in volata parte battuto rispetto agli altri corridori, la sua carta il Belgio potrebbe essere una scelta da giocarsi per far muovere anche le altre squadre. 

Non dovrebbe però portare via un gruppo ma andare da solo?

Certo, se si dovesse creare un gruppetto con lui davanti insieme ad altri corridori non avrebbe senso collaborare. Rischierebbe di arrivare al traguardo e di perdere, al mondiale non conta il piazzamento, ma solo chi vince. Il secondo posto conta molto poco alla fine. 

La nostra nazionale arriva con qualche difficoltà, tu su chi punteresti?

Non ci sono molti nomi tra cui scegliere, negli ultimi anni tirare fuori i 9 convocati non è assolutamente facile. La squadra con Ballerini, negli anni dove correvo anche io, era molto difficile da fare. Franco era costretto a lasciare fuori molti nomi di spessore. 

Bettiol capitano unico quindi?

La scelta di Bennati di portarlo come capitano (non ancora confermata ma manca solo l’ufficialità, ndr) è giusta. Alberto è un corridore di fondo, molto particolare, ma se riesce a cogliere la giornata giusta è in grado di cogliere il risultato pieno, come ha fatto al Fiandre. 

Al suo fianco chi metteresti?

Trentin, come uomo di esperienza e guida in gara non può mancare, il suo apporto potrebbe diventare fondamentale. Per il resto punterei su una squadra di giovani interessanti: da Bagioli a Battistella e molti altri. Quest’anno non potranno dire la loro ma il mondiale australiano sarà una bella scuola. 

Battistella ha fatto due bei podi alla Vuelta, poi è tornato a casa con la febbre…

E’ un corridore che mi piace molto, è tornato a casa dalla Spagna con un po’ di febbre, spero non abbia compromesso totalmente la condizione. Vive dalle mie parti. Mi piace perché è completo e tiene la distanza. Lo abbiamo visto spesso davanti, anche al campionato italiano vinto da Nizzolo ed è arrivato terzo quest’anno. Lo vediamo spesso davanti in chilometraggi al di sopra dei 250 chilometri, e questo è fondamentale per un corridore. 

Quel chilometraggio è una barriera naturale… 

Sì, per farvi un esempio: io in carriera ho vinto poco, però quel poco l’ho sempre ottenuto sopra i 250 chilometri. Questo vuol dire che le mie prestazioni rimanevano costanti, mentre quelle degli altri calavano. E’ una caratteristica che crea già delle differenze in gruppo. 

Il fatto che l’Italia non sarà protagonista come la vedi, come potrebbe agire?

Arrivare lì e non avere pressione ti dà quel qualcosa in più di tranquillità nel gestire la corsa. Sei più sereno e, banalmente, riesci a dormire senza ansie la notte prima. E’ logico che la nostra nazionale sia una delle più importanti. Storicamente, negli ultimi anni, non avere un corridore di spicco ha sempre un po’ condizionato la gara. Mi aspetto che Bennati faccia vedere la maglia nelle prime file lo stesso, non sarà facile ma ci deve provare.

Evans all’IBF: tra gravel, grandi Giri e il mondiale australiano

10.09.2022
6 min
Salva

Nella confusione del paddock di Misano Marittima dove si sta svolgendo l’Italian Bike Festival, spunta un volto conosciuto: è quello di Cadel Evans. L’ex corridore australiano è nello stand BMC, a testare bici gravel con il sorriso di sempre. Evans ha smesso di correre nel 2015 proprio con il BMC Racing Team ed è rimasto nel panorama del brand svizzero. L’occasione di avere davanti una personaggio del suo calibro è ghiotta e ne approfittiamo.

Cadel Evans in questi giorni si sta divertendo a pedalare con la bici Kaius, soggetto di un nostro recente test
Cadel Evans in questi giorni si sta divertendo a pedalare con la bici Kaius, soggetto di un nostro recente test
Cadel, che cosa stai facendo ora?

Continuo il mio lavoro di brand ambassador, questa all’Italian Bike Festival è una delle prime esperienze che faccio dopo la chiusura dovuta al Covid. Sono contento di ritrovare tante persone che conosco da molti anni, è bello essere qui senza mascherina (dice ridendo, ndr) fare delle prime prove di bici è divertente. Pedalo con vecchie conoscenze (dietro di lui passa proprio Alessandro Ballan, altro ambassador BMC, ndr).

Ti sei votato al gravel ora?

Mi piace moltissimo, da quando ho smesso di correre faccio solo quello. Ho unito la mia passione per il fuori strada e la fisionomia delle bici da corsa.

Ci sarà anche il mondiale ad ottobre…

Sì. Un gran bell’evento, peccato non essermi preparato prima per correre e provare a vincerlo (ci dice con un sorriso malizioso, ndr).

Dal 2023 tornerà la Cadel Evans Great Ocean Road Race, gara del calendario WT (foto sito ufficiale)
Dal 2023 tornerà la Cadel Evans Great Ocean Road Race, gara del calendario WT (foto sito ufficiale)
Come ti trovi qui a Misano?

In 5 minuti sono entrato ed ho trovato 5 o 6 ex corridori professionisti. Anche mentre parcheggiavo la macchina, ho incrociato Bettini che mi ha consigliato un buon parcheggio (ride ancora, ndr). E’ incredibile perché ritrovo gente che conosco da quando correvo in mountain bike da junior, è divertente andare in queste fiere internazionali è trovare ancora le stesse persone. Ho tenuto un bel rapporto per fortuna!

Hai seguito ultimamente le gare?

Sì, seguo ancora molto. Certo, ora sono dalla parte dei tifosi, esco qualche volta con alcuni professionisti che abitano vicino a me. La mia corsa, la “Cadel Evans Great Ocean Road Race” ricomincia a gennaio del 2023 e stiamo lavorando sodo.  

Hai visto il Tour de France?

Certo, è stato molto bello, direi entusiasmante. Si è visto un po’ di tutto: sfortuna, cadute, attacchi, il crollo di Pogacar, che sembrava essere Superman ed invece si è scoperto umano. E’ stato molto bello anche per il movimento del ciclismo. Vingegaard ha corso in maniera molto intelligente, calcolando tutti gli sforzi.

La bellezza dell’ultimo Tour de France non ha lasciato indifferente l’ex corridore australiano, vincitore della Grande Boucle nel 2011
La bellezza dell’ultimo Tour non ha lasciato indifferente l’ex corridore australiano
La Jumbo Visma ha fatto un bel passo in avanti…

Negli anni scorsi ha investito molto ed ora tutto questo ha iniziato a pagare. E’ stato bello anche il momento della stretta di mano dopo la caduta di Pogacar tra lui e Jonas, una scena di ciclismo antico. 

Ed Evenepoel alla Vuelta?

Sta andando fortissimo, è impressionante. Tutti pensavano che che potesse crollare l’ultima settimana, ma per il momento resiste ancora in maniera solida (ieri, tappa 19 la corsa era ancora in mano al belga, ndr). Anche nella tappa dove è arrivato dietro Meintjes, la numero nove, è stato impressionante. Roglic era in crescita, ma non è andato come ci si aspettava, poi ha avuto l’ennesima sfortuna. Non so se va al mondiale, ma con la gamba che ha direi proprio che ci sarà (esclama con un mezzo sorriso, ndr), io lo porterei.

La resistenza di Evenepoel ha sorpreso tutti, anche Evans, il belga arriverà con morale e condizione al mondiale australiano
La resistenza di Evenepoel ha sorpreso anche Evans, il belga arriverà con morale e condizione al mondiale
I mondiali saranno in Australia, a casa tua, bello, no?

Soprattutto per il ciclismo in Australia, visto che per due anni non abbiamo avuto corse internazionali a causa del Covid. Spero che per il ciclismo australiano possa essere un bel modo per ricominciare con continuità e che i corridori possano tornare nel mio Paese. 

Andrai a vederlo?

Sì, sì. Partirò giovedì prossimo e sarò lì la settimana prima della corsa, come testimonial del mondiale. Penso che avrò un ruolo di riferimento per la stampa, vado con gran piacere a vederlo. 

Hindley, australiano anche lui, ha vinto il Giro quest’anno…

Sembrava potesse vincerlo nel 2020, ma poi ha perso il primo posto a favore di Geoghegan Hart. Nel 2021 ha avuto un anno di sfortuna e difficoltà, ma ha sempre lavorato per migliorare e quest’anno ha preso la sua rivincita

Anche la Bora è cresciuta tanto.

Hanno lavorato tanto ed investito altrettanto, adesso hanno cambiato modo di correre, passando da una squadra veloce ad una da salita. Si pensava che potesse ripartire, con convinzione, il movimento australiano, ma poi al Tour Haig e O’Connor hanno avuto qualche difficoltà.

Hai visto il percorso del mondiale?

Sulla carta, ma vorrei fare una ricognizione, è un anno che non vado a pedalare nella zona di Wollongong. Vederlo su una mappa è diverso, le strade in Australia sono larghe, quindi potrebbe uscire una corsa meno nervosa del previsto. Da quel che si legge molte nazionali stanno facendo una squadra vicina agli scalatori. 

Il profilo del mondiale di Wollongong risulta impegnativo, ma la larghezza delle strade potrebbe aiutare a rendere la corsa meno nervosa
La larghezza delle strade potrebbe aiutare a rendere meno nervoso il mondiale di Wollongong
Poi ci sarà Van Aert

Lui è una bel punto di domanda, nel senso della forma. Se sta bene, vince in salita, sugli Champs Elysees, insomma, sembra invincibile. 

Come saranno il pubblico e il clima di questo mondiale?

La voglia degli australiani di vedere questo mondiale è alta. Non abbiamo la tradizione ciclistica europea, ma siamo in grande attesa. Ora da noi si esce dall’inverno, penso che ci sarà un clima abbastanza mite, vedremo, manca sempre meno!

Nuova BMC Kaius, gravel race senza mezzi termini

06.09.2022
7 min
Salva
I primi feedback fanno accostare questa bicicletta a una road da gara di alto livello. Kaius non è la gravel adatta a tutti, non è la bicicletta per le scampagnate e per le passeggiate, ma è una bici spinta nelle soluzioni e che invita ad aprire il gas. Non è una bicicletta per il bike packing. E' una bici da gara...

BMC Kaius è la bicicletta sviluppata e dedicata alle competizioni gravel. Non è una rivisitazione ed un compromesso. E’ un progetto tutto nuovo.

Il layup del carbonio è tutto nuovo e di fatto apre il nuovo corso legato all’applicazione della fibra composita nel contesto off-road racing. Ci sono diversi elementi che collimano tra loro e ognuno di questi è votato a massimizzare la performance. La geometria, la rigidità e il peso ridotto, ma anche l’integrazione e l’aerodinamica. Entriamo nel dettaglio della BMC Kaius.

L’agonismo è il suo ambiente ideale (foto BMC/Jérémie Reuiller)
L’agonismo è il suo ambiente ideale (foto BMC/Jérémie Reuiller)

Gravel Performance Series

E’ la nuova categoria dell’azienda svizzera e la Kaius è la prima bicicletta a farne parte. La bicicletta nasce per essere veloce, ma senza sacrificare la stabilità e la trazione sui terreni sconnessi.

L’applicazione della fibra è stata sviluppata in modo specifico, facendo collimare diverse tipologie di tessuto composito Premium ad alto modulo. Il risultato è una frame-kit molto leggero (910 grammi dichiarati nella taglia 54, molto ridotto se contestualizzato nel segmento gravel) che si posiziona nella fascia media della tecnologia TCC (acronimo di Race Tuned Concept). Il livello superiore è rappresentato dalla stradale Teammachine SLR.

C’è una forcella da 400 grammi con un rake di 68 millimetri, un seat-post con D-Shape design da 160 e un cockpit aero da 315. La somma? 1785 grammi per il kit telaio.

I punti chiave del progetto

BMC Kaius si sviluppa attorno al nuovo layup del tessuto composito, ma ci sono anche una geometria dedicata, l’integrazione, l’aerodinamica e la versatilità.

La geometria prevede un reach allungato che, combinato con il rake della forcella, permette di spostare la ruota in avanti. Tradotto, stabilità e facilità di guida, ma anche la possibilità di sfruttare degli stem corti, in modo da mantenere la bicicletta agile anche negli spazi stretti. C’è un carro di 42 centimetri di lunghezza (valore comune a tutte le taglie), garantendo una trazione ottimale.

L’integrazione assume una forma rinnovata grazie al cockpit integrato full carbon (di serie sulla 01 One), alla forcella e al seat-post. Il cockpit Aero Carbon ha un flare (svasatura) particolare di 12,5° e che si sviluppa su tre misure. La parte dove ci sono le leve è larga 360 millimetri e ha una superficie piatta. La sezione centrale della curva è larga 400 millimetri, mentre la parte terminale della curva è di 420. Lo stem ha un’inclinazione negativa di 15°.

Anche lo stem ammortizzato

Le sedi della serie sterzo e lo stelo della forcella rendono la bicicletta compatibile con gli stem (attacchi manubrio) della famiglia ICS di BMC. Infatti, per gli allestimenti Two e Three sono previsti gli attacchi manubrio ICS2. Entra a fare parte di questa categoria anche uno stem con capacità ammortizzante, ovvero l’attacco manubrio MTT con elastomero interno.

Lo stelo della forcella non è tondo, per facilitare il passaggio delle guaine e senza limitare il raggio di apertura dello sterzo. Al suo interno è inserita una schiuma di rinforzo, proprio come per la Teamachine SLR.

Il concetto di integrazione ed aerodinamica si completa con i due portaborraccia (Aerocore design), che fanno parte del frame e dal reggisella full carbon con profilo posteriore tronco.

Gli altri dettagli

La BMC Kaius supporta le trasmissioni con con corona singola e/o doppia corona; il supporto del deragliatore può essere rimosso a piacere.

E’ possibile montare un dropper-post con diametro da 27,2 millimetri, ma è necessario utilizzare l’apposito adattatore per il reggisella D-Shape.

La forcella e il retrotreno hanno una luce che permette il passaggio di pneumatici fino a 44 millimetri di larghezza. La larghezza effettiva dello pneumatico è soggetta a tante variabili, una su tutte l’ampiezza del canale interno del cerchio, ecco perché viene fornito il dato relativo alla larghezza della gomma.

Gli spacers della serie sterzo sono specifici per il design ICS, ma si possono montare anche degli attacchi manubrio standard.

BMC Kaius non è una bicicletta che nasce e viene mutuata da una piattaforma bikepacking. Non prevede dei supporti per parafanghi e borse. L’unica borsa prevista è quella sulla tubazione orizzontale.

L’altezza da terra del movimento centrale è di 80 millimetri. E’ molto se consideriamo la media della categoria ed è una soluzione voluta per facilitare il passaggio su sassi, drop e terreni particolarmente difficili da approcciare. Questa altezza aumentata è parallela al fatto che il fodero lato drive non è ribassato.

Allestimenti e taglie

Gli allestimenti sono tre (One, Two e Three) e si sviluppano sul medesimo modulo di telaio e forcella, BMC Kaius 01. Le taglie sono sei: 47, 51 e 54, 56, 58 e 61.

One è il top di gamma con il frame-kit BMC al completo (quella con la livrea a base bianca), ruote Zipp 303 Firecrest gommate Pirelli (Cinturato Gravel H da 40) e trasmissione Sram Red eTap AXS 1×12. Il prezzo di listino è di 11.499 euro, per una bicicletta che ha un peso dichiarato di 7,4 chilogrammi (taglia 54).

Two, è meno costosa rispetto alla precedente e porta in dote il doppio plateau della trasmissione. Ha le ruote Zipp 303S, con i medesimi pneumatici della One, ma ha la trasmissione Sram Force eTap AXS 2×12. Il suo prezzo di listino è di 8.499 euro, con un valore alla bilancia dichiarato di 8,2 chilogrammi.

BMC Kaius 01 Three, non è una entry level, non lo è per il prezzo e non lo è per l’allestimento. Ha la trasmissione Sram Rival eTap AXS 2×12 e le ruote CRD40 gommate Pirelli. Il prezzo di listino è di 8.499 euro, con un peso dichiarato di 8,9 chilogrammi.

Abbiamo provato la versione 01 One (foto BMC/Jérémie Reuiller)
Abbiamo provato la versione 01 One (foto BMC/Jérémie Reuiller)

Le prime impressioni

Partendo dal presupposto che dedicheremo uno spazio (in seguito) al test approfondito della Kaius, i primi feedback ci fanno accostare questa bicicletta ad una bici road da gara di alto livello.

Kaius non è la bicicletta adatta a tutti quelli che vogliono fare gravel, non è la bicicletta per le scampagnate e per le passeggiate, ma è una bici spinta nelle soluzioni e che invita ad aprire il gas. Non è una bicicletta per il bikepacking.

Uno dei suoi vantaggi più grandi è la geometria, che invita a distribuire il peso del corpo in maniera ottimale e quasi naturale, fin dalle prime pedalate, fattore che collima alla perfezione con una grande sfruttabilità del mezzo e delle sue potenzialità. La posizione in sella fa la differenza. E’ una bici velocissima sui terreni compatti, sull’asfalto e permette di cambiare ritmo in un amen.

C’è una tubazione dello sterzo corta e raccolta, un manubrio rigido. La bicicletta però, non è un cavallo impazzito e non lo diventa neppure in quelle sezioni al limite del singletrack da xc. Ci vuole un po’ di manico. Si sente che ha il DNA da competizione, eppure è divertente in modo quasi inaspettato.

BMC ICS MTT: l’attacco è ammortizzato, ma non si vede

14.07.2022
4 min
Salva

L’evoluzione in casa BMC continua. In occasione della presentazione della Roadmachine AMP siamo stati ospiti anche presso l’Impec Lab di Grenchen in Svizzera, dove i prototipi di qualsiasi tipo, campo e forma prendono vita. Ed è proprio qui che BMC ha sfornato la sua ultima innovazione in campo tecnologico. L’anello mancante nell’integrazione della sospensione. Il nuovo attacco manubrio ammortizzato, Integrated Cockpit System Micro Travel Technology (ICS MTT). 

Un nuovo modo, ancora più innovativo di intendere la connessione tra telaio e manubrio. L’accessorio presentato infatti è pronto a rivoluzionare il feeling di guida tra ciclista e bicicletta. Il suo campo d’azione è vario ma la sua indole è gravel dove è possibile sfruttarne ogni beneficio. 

Il video lancio del prodotto in cui è possibile capire il funzionamento innovativo dell’attacco manubrio

Che cos’è?

L’ICS MTT è un attacco manubrio ammortizzato che permette di andare oltre i limiti fisici di telaio e pneumatici, offrendo comfort di livello superiore su ogni tipo di superficie. Una protesi ingegnerizzata per dare una sospensione minima ma abbastanza per essere apprezzata e per migliorare il feeling con il mezzo. Rappresenta una nuova concezione dell’attacco manubrio ammortizzato che offre elevato comfort, semplicità di utilizzo, ampia possibilità di regolazione e peso ridotto. 

Essendo parte della linea di componenti con Integrated Cockpit System, l’ICS MTT offre la stessa versatilità che è alla base di questa tecnologia: integrazione del passaggio cavi, semplicità di regolazione e soluzione integrata per il montaggio di computer e luci o action camera. Una completezza di utilizzo pronta a supportare l’utente qualunque sia la sua indole.

Esteticamente l’attacco manubrio si presenta con un design piuttosto classico
Esteticamente l’attacco manubrio si presenta con un design piuttosto classico

Confortevole oltre tutto

Gli ingegneri BMC sono voluti andare oltre alle caratteristiche tecniche della bicicletta, hanno così deciso di integrare nel mezzo un accessorio che ha una propria anima pronta a lavorare in sinergia con il ciclista. Il comfort di guida è normalmente limitato da alcuni fattori: i telai e gli pneumatici di ultima generazione sono molto efficaci nella riduzione delle vibrazioni provenienti dalla strada e possono migliorare il comfort in modo notevole. Tuttavia ci possono essere limiti oltre i quali si rendono necessarie soluzioni tecniche. La chiave di lettura con la quale è stato concepito questo nuovo elemento è stata incentrata sul migliorare il benessere alla guida senza compromettere le prestazioni. 

Qui un’esplosione di tutte le componenti che lo formano
Qui un’esplosione di tutte le componenti che lo formano

Come funziona?

Le soluzioni sul mercato dedicate a migliorare l’esperienza di guida sono infinite. Dalle sezioni delle coperture maggiorate a geometrie favorevoli. L’ICS MTT grazie alla sua struttura permette di scaricare gran parte delle vibrazioni in un punto delicato e insolito per questo tipo di azioni. BMC ha quindi realizzato questo progetto in stretta collaborazione con Redshift Sports, le menti dietro la tecnologia ShockStop, che elimina le vibrazioni della strada per aumentare il controllo da parte del ciclista e garantire una guida più sicura.

L’attacco manubrio ammortizzato integrato e completamente regolabile è quasi indistinguibile da un classico attacco manubrio ICS e utilizza la stessa pregiata lega di alluminio utilizzata per la realizzazione dell’attacco manubrio ICS2. L’ICS MTT offre fino a 20 mm di sospensione regolabile in soli 330 g di peso per la versione da 80 mm. Il cuore dell’attacco è l’unità ammortizzante costituita dai due elastomeri. Questi ruotano su di un asse sovradimensionato per massimizzare la rigidità laterale e la reattività. Il risultato è la riduzione dell’affaticamento nelle lunghe uscite e la reattività per una guida vivace e naturale.

Adattabile a tutti

BMC ha ideato questo componente per la sua gamma in totale simbiosi con i modelli gravel. E’ infatti compatibile con tutti i telai ICS Technology, per URS AL, Roadmachine X e telai BMC che utilizzano forcelle con canotto sterzo rotondo. Non solo gravel ma anche allroad ed endurance, nonché per ciclisti urbani che utilizzano manubri piatti. 

L’attacco manubrio ICS MTT ha cinque diverse rigidità dell’elastomero che possono essere combinate e abbinate per una personalizzazione individuale in base allo stile di guida e al peso del ciclista. Da una sensazione di morbidezza con una risposta ridotta dal terreno fino ad una sensazione diretta con un feedback generoso. La regolazione avviene tramite la rimozione di tre bulloni che consentono l’accesso agli elastomeri, un’operazione facile e praticabile da tutti gli utenti. 

Le lunghezze selezionabili sono cinque: 72 mm, 80 mm, 90 mm, 100 e 110 mm, tutti con un angolo di 0°. L’ICS MTT sarà presto disponibile online e presso i rivenditori BMC al prezzo di 249 euro. 

BMC

Roadmachine AMP, 140 km di autonomia e tanta voglia di fare

28.06.2022
7 min
Salva

Normale. E’ un aggettivo audace da utilizzare nei confronti di una e-bike pronta a conquistare il mercato mondiale. No, non alludiamo alle incredibili caratteristiche del nuovo gioiellino Roadmachine AMP firmato BMC, bensì alla sua estetica. Anche sotto questo aspetto però non ci riferiamo alle magnifiche linee della sorella ispiratrice Roadmachine. Per “normale” si intende la sua silhouette che nasconde ogni riferimento all’elettrico, oppure l’esperienza di guida che rende armonico l’aiuto del motore con quello del ciclismo più puro. Questa bici rappresenta un nuovo capitolo della generazione e-bike che conosciamo, sotto molti aspetti.

Se l’anima è quella impressa dal marchio elvetico, il cervello e il cuore pulsante sono quelli di Mahle. Il motore infatti è un valore aggiunto che eleva questa bici e la spinge letteralmente verso orizzonti lontani, grazie all’autonomia, ma anche in direzioni ambiziose per quanto riguarda le performance. Tanta autonomia, comfort e un’estetica da bici muscolare sono i punti su cui gli ingegneri e progettisti del team svizzero hanno modellato il carbonio di questa bici. 

Siamo andati a provarla sulle montagne svizzere a Grenchen, dove Bmc ha le sue radici e dove è stata concepita la Roadmachine AMP. E queste sono le nostre impressioni.

La Roadmachine prende ispirazione dalla geometria della sorella maggiore muscolare e ne conserva quasi tutte le linee
La Roadmachine si ispira alla geometria della versione muscolare e ne conserva quasi tutte le linee

Indole endurance

BMC sbarca nel segmento delle biciclette elettriche da strada e lo fa un po’ in ritardo rispetto alla concorrenza. Un’attesa che si è tramutata in aspettative alte da parte degli utenti. Ma si può affermare che ne sia valsa la pena. Se la Roadmachine è il modello di riferimento per i ciclisti che apprezzano il comfort, il controllo e la versatilità, la Roadmachine AMP è la risposta della casa elvetica in campo elettrico. E’ una bicicletta in grado di affermare che le prestazioni su strada e l’assistenza alla pedalata possono coesistere, senza dover scendere a compromessi.

Questo modello è dotato di TCC Endurance, la versione più spinta della tecnologia Tuned Compliance Concept. Una geometria concepita per le strade più difficili, che mette in condizione di spingere in modo più efficace e più a lungo. Il risultato finale è un equilibrio perfetto tra comfort e prestazioni per una guida sicura e allo stesso tempo veloce. 

Qui è possibile vedere una sezione tagliata del tubo obliquo, dove viene riposta la batteria da 350 Wh (foto ILL PROD, Jérémie Reuiller)
Sezione tagliata del tubo obliquo, dove viene riposta la batteria da 350 Wh (foto ILL PROD, Jérémie Reuiller)

Testa e cuore

Ogni prestazione deve essere domata ed espressa nel modo più efficace ed intelligente. Mahle è cuore pulsante delle Ferrari di Formula 1 con i suoi pistoni e seppur sotto forma di energia elettrica fa lo stesso per questa BMC. Il motore scelto è l’X20, l’unità motrice più leggera al mondo ( 3,2 Kg complessivi). Questo motore vanta un rapporto potenza/peso senza eguali nel settore, un sistema di trasmissione innovativo e un’intelligenza artificiale che consente alla bicicletta di adattarsi automaticamente al ciclista, al contesto e allo sforzo, per una sensazione sempre naturale.

Peso di 3,2 Kg complessivi, con motore posteriore e una batteria da 350 Wh (2.250 g). La coppia è incredibilmente bassa per la potenza percepita. Mahle comunica un livello di coppia simile a quello di un sistema di trasmissione centrale da 55 Nm. 

Gli aiuti sono quattro. Bianco senza assistenza, poi verde, arancione, viola per il massimo aiuto. Durante la nostra esperienza in sella su un giro di circa 120 chilometri, gli aiuti maggiormente utilizzati, nonostante la media montagna, sono stati verde e arancione, con qualche momento in viola per gli strappi più impegnativi. 

Il comando sul tubo orizzontale oltre a segnalare il tipo di assistenza indica anche l’autonomia residua
Il comando sul tubo orizzontale oltre a segnalare il tipo di assistenza indica anche l’autonomia residua

Autonomia senza pensieri

Mahle in collaborazione con BMC comunica un’autonomia che varia di molto la sua efficienza. Il test a cui abbiamo partecipato misurava 120 chilometri con un dislivello di 2.300 metri. L’autonomia residua è stata di un 20% per un utilizzo complessivo con aiuto del motore del 54,7%. Numeri che stupiscono, ma che vanno valutati considerando le limitazioni europee di 25 km/h su strada pianeggiante, dove la spinta è muscolare. 

Secondo la tabella comunicata da BMC l’autonomia è davvero un punto forte di questa bici. Infatti per un peso di un utilizzatore di 94 chili (max 120), full assist, si calcolano 136 km su di un dislivello di 2.050 metri. In conclusione vengono dichiarati un massimo di 200 chilometri di cui 140 chilometri con la iX350 più 60 chilometri con il Range Extender.  

E’ possibile estendere ulteriormente la capacità con il Range Extender da 173 Wh (1100 grammi). Si collega alla bicicletta con un cavo supplementare e si inserisce nel portaborraccia Mahle. Il sistema è compatibile anche con la batteria da 250 Wh che però riduce notevolmente l’autonomia con l’unico vantaggio di risparmiare 750 grammi.

Per quanto riguarda una ricarica completa riferita a 350 Wh, sono necessarie circa 3 ore 30’ e, se scaricata al 20%, una carica completa richiede circa 2 ore. 

Il connettore che collega il motore ai cavi è comodo perché fisso e di semplice installazione
Il connettore che collega il motore ai cavi è comodo perché fisso e di semplice installazione

Sensazioni alla guida

La Roadmachine AMP l’abbiamo provata sulle strade della terza tappa del Tour de Suisse, con arrivo proprio a pochi metri dallo stabilimento BMC. Strade di media montagna con strappi, discese ripide e asfalto perfetto. La bici si è comportata bene, anzi benissimo. La distribuzione dei pesi di motore e batteria dopo qualche chilometro si assimilano bene nello stile di guida. Gli 11,8 chili abbinati alle coperture da 28 (Vittoria Rubino Pro) rendono il mezzo ancora più stabile in pianura, quasi fosse su un binario. Uscendo dalle curve però ci si ricorda del motore nel mozzo posteriore che rende il retrotreno meno agile, se non spinto con qualche watt in più.

Il telaio endurance è una garanzia di comfort, mentre la rigidità è leggermente smorzata dalle linee, il che rende nel complesso la bici una compagna di viaggio perfetta. Sulle salite il peso piuma del motore Mahle abbinato alla sua coppia intelligente rende tutto più agevole e fluido. I fuorisella sono facili e la coppia fa rimbalzare i pedali alleggerendo la pedalata al punto giusto. Un consiglio utile potrebbe essere quello di giocare molto sull’attacco manubrio, la Roadmachine ha un’indole comoda ed è facile sentirsi “seduti” sulla bici. Togliendo qualche grado sull’avantreno si può ricavare una rotazione del bacino che ci proietta in una posizione leggermente più cattiva e dinamica.

In discesa le sensazioni sono analoghe a quelle della pianura. La bici è letteralmente incollata a terra. In una parola… filante. Una volta impostata la curva non si scompone e permette un’ottima percorrenza. Rimane il neo del limite dei 25 km/h che tendono ad affogare la bici in uscita di curva e in fase di rilancio, lasciando gestire tutti gli 11,8 chili alle proprie gambe. 

Versioni e prezzi

BMC ha strutturato le versioni di questo modello su tre livelli, con prezzi che si posizionano in una fascia intermedia, molto appetibile sul mercato e-bike.

La Roadmachine AMP ONE, è allestita con SRAM Force eTap AXS 12v, a un prezzo di 7.999 euro.

La Roadmachine AMP TWO, è allestita con SRAM Rival eTap AXS 12v, a un prezzo di 6.999 euro.

Queste due versioni saranno disponibili dal 1° luglio. Mentre l’ultima versione la Roadmachine AMP THREE, con Shimano 105, sarà disponibile da agosto a un prezzo di 5.999 euro. Le taglie selezionabili rendono questa bici accessibile da ogni utente. Infatti è disponibile in sei misure: 47, 51, 54, 56, 58 e 61. 

Le nostre considerazioni

Questa Roadmachine AMP di normale ha ben poco. Ci siamo smentiti, è vero. Ma pedalata dopo pedalata quell’apparenza che non si distacca dalle bici da corsa tradizionali viene smentita da un ventaglio di caratteristiche e pregi che fanno venire voglia di non scendere mai di sella. Tanta autonomia e un motore intelligente che ci capisce subito, fanno di questa bici la candidata a rivoluzionare il modo di intendere le e-bike da corsa. 

BMC

Serradifalco, dove il ciclismo è di casa. Fina racconta

06.01.2022
7 min
Salva

Dalle colline imbrullite di volata fino al mare. Un passaggio rapido sotto i templi di Agrigento e paesi che evocano nomi di grandi scrittori. «La chiamano la Strada degli Scrittori – dice Rosario Fina al volante – perché collega le case di Tomasi di Lampedusa, Camilleri, Pirandello, Sciascia, Rosso di San Secondo e Russell».

Da Caltanissetta a San Leone per il pranzo e ritorno. Il campione del mondo di Oslo 1993 nella Cento Chilometri ci accoglie nella Serradifalco, da cui partì bambino alla conquista del Nord. Se oggi ci si accapiglia per chi vuole passare professionista a 18 anni, vale la pena ricordarsi di quando una regola altrettanto odiosa (ma a suo modo lungimirante) impediva ai giovani siciliani di correre fuori regione. Rosario la affrontò e la sconfisse. Sbarcò a Bergamo vincendo un mondiale juniores nel 1987, poi uno da dilettante nel 1993, corse per tre anni da pro’ e se ne andò a carriera conclusa.

«Tornai a casa – dice – nonostante dopo 20 anni a Bergamo, da atleta e poi da tecnico della nazionale, avrei potuto costruirmi una vita lassù. Qualcuno mi disse che nascere in Sicilia è una sfortuna, quasi una droga. Perché siamo immersi in colori così forti, che il richiamo è fortissimo. Impossibile sottrarsi. Non ho mai pensato che essere meridionale sia un disonore e così sono tornato».

Uomo del mercato

Fina è uno dei più grossi distributori di marchi ciclistici del Centro Sud, capace di fare numeri ragguardevoli con brand come DMT e BMC, dopo essere stato per anni l’uomo forte di Cannondale. Con i primi soldi comprò anche una casa di campagna che oggi è un B&B dal nome di Sicily Bike.

Oggi la sua carriera è sulla porta di un’altra grande svolta: l’acquisto di un capannone nella zona industriale del paese imprimerà all’attività una forte accelerazione. Lo sta ristrutturando, con il supporto della compagna Cristiana, commercialista, che vive in Piemonte e proprio in questi giorni farà ritorno a casa. Quando sei corridore, le distanze non fanno paura. Quando vivi accanto a un corridore, ti abitui a capirlo.

Con la compagna Cristiana, piemontese, che ora è anche sua socia in affari
Con la compagna Cristiana, piemontese, che ora è anche sua socia in affari
Atleta e imprenditore: ci sono punti di contatto?

Tantissimi. Il fatto di lavorare per progetti, la capacità di gestire un team e la tensione dei grandi appuntamenti. Quando ci siamo aggiudicati il capannone, non sapevo quanti rilanci avrei potuto reggere. Mi sono voltato verso Cristiana e vedendola con il pollice verso l’alto, ho avuto la sensazione di quando ero al limite in salita e qualcuno mi diceva che dietro la curva c’era il Gpm. E così l’asta l’abbiamo vinta noi.

Mondiali da junior e da dilettante, poi tre anni da pro’…

Ho fatto mie le parole di Franco Ballerini, quando si lavorava per i mondiali di Varese (i due sono insieme nella foto di apertura, proprio in quei giorni, ndr). Lui con i pro’ e io con gli U23. Quando si va verso le convocazioni, è giusto non dormire la sera prima. Dal giorno dopo però devi essere così sicuro delle scelte, che dormi bene e lavori meglio. Io ho smesso, decidendo di portare avanti la mia attività, contento che i miei meriti sportivi siano riconosciuti. Feci la scelta decisiva nel 2005 quando diedi le dimissioni da tecnico delle donne, perché non riuscivo a tenere i piedi in due scarpe. Fui richiamato nel 2008-2009 per gli U23, ma fu solo una parentesi.

Fina corridore e Fina tecnico.

Due mondi diversi. Il corridore metteva a frutto le doti di cui madre natura l’aveva dotato. Il mio motore era tale che potessi e dovessi pensare di far risultato. C’erano anche momenti di felicità, rapidi ma belli. Il Fina tecnico ha avuto grandi soddisfazioni perché riusciva a trasmettere i propri valori agli altri.

Cosa è successo nel mercato delle bici con il Covid?

Abbiamo vissuto momenti di pazzia assoluta. Prima chiusi per un mese e mezzo, convinti che saremmo falliti, chiedendoci come pagare i fornitori e come i negozi avrebbero pagato noi. Il 5 maggio 2020 invece, quando ci hanno permesso di riaprire, è successa una cosa impensabile. La rincorsa alle bici e le code fuori dai negozi. Siamo riusciti a ripianare le perdite e chiudere in attivo. Poi è venuta a mancare la merce. La Cina ha chiuso e le aziende hanno terminato le scorte e ancora oggi nei negozi manca la merce. Il momento sta tornando difficile, ma siamo dei miracolati. Guardo altri settori e non posso che pensarla così.

Che cosa significa fare impresa da queste parti?

Andare controvento, senza infrastrutture e lontani dal mondo del commercio. I costi di trasporto sono più alti e avere la fibra ottica negli uffici è un’utopia. E’ difficile, devi essere abituato a tirare. Però sono 25 anni che teniamo duro e siamo arrivati anche in altre regioni.

Come nasce Sicily Bike?

E’ la casa che mio padre mi fece comprare come investimento nel 1992 quando ero ancora dilettante. La tenevamo per farci l’olio e per la frutta, ma in mente mia sarebbe potuta diventare qualcosa. Smisi di correre nel 2006 e nel 2012 ho deciso di trasformarla in un bed & breakfast. Era il periodo dello spread altissimo e sapere che mi miei soldi fossero lì era consolante. Poi ci sono state altre ristrutturazioni e oggi Sicily Bike ha cinque camere in cui alloggiano turisti e operai nei momenti morti. L’idea di partenza era anche di creare una struttura per ospitare squadre in ritiro e in effetti la Top Girls è venuta giù un paio di volte, oltre a una squadra juniores laziale che viene da tre anni.

Perché venire qui?

Abbiamo il mare e monumenti importanti. Ci troviamo in una posizione cruciale, a 20 minuti da tutto. Da Agrigento, la casa di Pirandello, Caltanissetta e i suoi castelli, Sutera, Delia. Per chi vuole tranquillità e percorsi vallonati, siamo una bella realtà.

E’ vero che vuoi ricreare una squadra giovanile?

Credo che i tempi siano maturi, vorrei creare un’accademia. Ci sarò io, ma ci sarà soprattutto Luigi Spitali, il mio maestro di ciclismo che si è già rimesso a studiare. L’idea è dare un riferimento per tutti quei ragazzi che vogliono farne una professione. Ricordo quando mio padre mi portava alle corse. Ero bambino, ma lui già mi diceva che poteva diventare un lavoro. Non voglio che i loro sogni si spengano solo perché sono nati in Sicilia.

Ultima domanda, poi ti lasciamo in pace. Quel bambino di 7 anni che sognava di diventare corridore sarebbe fiero del Rosario che sei oggi?

Credo di sì (resta per un istante in silenzio, ndr). Molto è stato fatto in un contesto più difficile di adesso. Si andava su in macchina e si tornava per andare a scuola di lunedì. Sono andato avanti così per anni. Sono stato fortunato, perché ho trovato persone che mi hanno voluto bene. Zenoni, Spitali e Fusi che hanno contribuito a creare l’atleta e l’uomo. Nel bene e nel male, sono orgoglioso di quanto ho costruito.

Van Garderen 2021

Van Garderen ha chiuso con tanti rammarichi

03.01.2022
5 min
Salva

Il 2021 da poco concluso è stato segnato da un numero importante di ritiri, 34 nel WorldTour e 32 fra le professional. Fra loro anche qualche nome importante e uno non poteva passare inosservato, per quanto ha fatto ma soprattutto per quanto poteva fare: Tejay Van Garderen.

Americano di Tacoma, classe 1988, Van Garderen ha navigato nel mondo professionistico per 13 anni. Nel complesso ha portato a casa 16 vittorie, qualcuna anche di un certo peso, ma la sensazione è che sia rimasto un talento inespresso, un coacervo di occasioni perdute e ora che il corridore a stelle e strisce è passato dall’altra parte della… barricata (è diesse alla EF Education First) c’è da chiedersi che cosa gli sia mancato.

Valerio Piva
Valerio Piva ha guidato in due riprese Van Garderen e lo conosce bene
Valerio Piva
Valerio Piva ha guidato in due riprese Van Garderen

Valerio Piva lo conosce bene: «Ho condiviso con lui il suo approdo al professionismo alla HTC High Road. Proveniva dalla Rabobank Continental e poi ben 5 anni alla Bmc. Quando è passato professionista si è visto subito che aveva del talento. Nel 2010, al primo anno nel WorldTour, fu 2° al Giro di Turchia e soprattutto 3° al Delfinato e questo fece pensare che potesse essere un corridore ideale per dare la caccia al Tour de France. Per questo la Bmc lo ingaggiò per cifre molto importanti, volevano puntare su di lui».

Quando lo ritrovasti dopo qualche anno, era un Van Garderen diverso?

Chiaramente sì, quando l’avevo lasciato era un giovane inesperto, lo ritrovai maturo, affermato, ma alcune cose non erano cambiate. Tejay è sempre stato un ragazzo introverso, un po’ timido e credo che questo abbia influenzato per tutta la sua carriera. Magari ora come diesse riuscirà a tirar fuori alcuni lati inespressi, quando l’ho incontrato all’ultima Vuelta ho visto un uomo pronto al nuovo incarico. Tornando a quando lo ritrovai, era un corridore sul quale c’erano aspettative elevate. Praticamente la squadra poggiava su di lui…

Van Garderen Delfinato 2010
Van Garderen si mise in luce al Delfinato 2010, finendo terzo dietro Brajkovic (al centro) e Contador
Van Garderen Delfinato 2010
Van Garderen si mise in luce al Delfinato 2010: 3° dietro Brajkovic e Contador
Questo alla fine è pesato su di lui?

Credo di sì. Ogni anno si lavorava per portarlo al massimo della forma per il Tour nella convinzione che fosse uomo da podio. Otteneva buoni risultati, ma mancava sempre qualcosa. Io sono convinto che, se dal punto di vista tecnico era molto talentuoso, caratterialmente non reggeva l’urto, né della squadra né dei media.

Analizzando la sua carriera emerge in particolare come nei grandi Giri abbia sempre avuto un rendimento in calo, soprattutto nell’ultima settimana…

E’ vero, conferma quel che ho detto. Jim Ochowitz aveva creduto molto in lui identificandolo come l’americano che poteva risollevare il ciclismo a stelle e strisce dopo Armstrong e questa responsabilità lo ha schiacciato. Preparava il Tour con scrupolo, la squadra lo supportava al meglio, venivano studiati i percorsi, ma poi il meccanismo s’inceppava e questo avveniva ogni anno. Ho provato anche a consigliargli di non puntare sempre e solo sul Tour, di guardare al Giro o alla Vuelta, ma poi le cose hanno dimostrato che anche lì non andava.

Van Garderen crono 2012
Ottimo cronoman, al Tour 2012 l’americano si è aggiudicato la classifica dei giovani
Van Garderen crono 2012
Ottimo cronoman, al Tour 2012 l’americano si è aggiudicato la classifica dei giovani
Van Garderen era un passista, ma sapeva emergere anche in salita. Il calo era solo psicologico?

In gran parte, non del tutto. Van Garderen è sempre stato molto attento all’alimentazione, sapeva che rispetto ai migliori scalatori aveva qualche chilogrammo in più ed era ossessionato dal perderli. Questo alla fine gli presentava il conto in termini di energie a disposizione. Avrebbe dovuto capire che doveva privilegiare le sue qualità. Io credo ad esempio che sul passo sia stato un grande, come cronoman era davvero uno dei migliori al mondo.

Secondo te non sarebbe stato meglio, viste le sue caratteristiche, puntare più su corse a tappe medio-brevi?

Sì, a conti fatti. Nei primi anni in BMC ad esempio faceva bene perché Cadel Evans convogliava su di sé tutte le attenzioni e lui poteva esprimersi al meglio. Era un corridore che in giornata poteva staccare in salita anche grandi scalatori, a dispetto di quella presunta “zavorra”. Io penso infatti che il Van Garderen dei primi anni non lo abbiamo visto più. Negli ultimi anni provammo a ricreare la situazione degli inizi affiancandogli Porte, ma non funzionò.

Van Garderen Giro 2017
Lo sprint vincente su Mikel Landa a Ortisei nel 2017. Van Garderen finì quel Giro al 20° posto
Van Garderen Giro 2017
Lo sprint vincente su Mikel Landa a Ortisei nel 2017. Van Garderen finì quel Giro al 20° posto
Qual è stata la giornata più bella che avete condiviso?

Per me la tappa al Giro d’Italia del 2017, con arrivo a Ortisei, dove batté Landa nello sprint a due. Era partito per far classifica, ma era saltato per aria. Era molto demoralizzato, ma noi tutti cercammo di sostenerlo, ricordo in particolare Quinziato e Ventoso che lo incitavano, gli dicevano di tirarsi su, magari anche con un bicchiere di vino a tavola alla sera, per motivarlo e lo stesso fece Sciandri come diesse. Quel giorno rinacque, si capì che il suo problema era più di testa che fisico.

Che diesse può essere?

Competente innanzitutto, molto professionale, posato e intelligente. Gli auguro tutto il meglio, magari con la sua esperienza riesce a tirare fuori dagli altri quello che non ha potuto fare per sé. Ci ritroveremo sulle strade del mondo.