Il 7-8 ottobre ancora in Veneto avrà luogo il secondo mondiale gravel della storia. Il primo lo organizzò e anche bene Filippo Pozzato nel 2022. Sembrava dovesse andare così anche quest’anno, dato che l’assegnazione era biennale, invece nel cuore dell’estate qualcosa non è andato come si pensava. Nessuno sa bene come e perché, ma la PP Events del vicentino ha ricevuto una lettera di disdetta da parte dell’UCI. La Federazione italiana si è affrettata a scrivere in un comunicato di non averne responsabilità, mentre il diretto interessato al momento ha scelto di non dire nulla, concentrato sulle sue corse di fine stagione.
Comunque sia, il mondiale gravel 2023 è passato nelle mani di Pedali di Marca, organizzazione trevigiana che fa capo a Massimo Panighel, organizzatore di mondiali Marathon e referente per le tappe dolomitiche dell’ultimo Giro d’Italia. E così dai sentieri di Asiago in cui par di capire che fosse tutto pronto, la sfida si svolgerà sulle colline del Prosecco, avendo però appena due mesi per mettere insieme tutto. Abbiamo intercettato Massimo Panighel, appena uscito dalla banca in cui lavora.
Quando hai saputo ufficialmente che c’era da mettere mano al mondiale gravel?
Il 4 agosto. E non è vero, come dice qualcuno, che Panighel lavorasse sotto traccia dall’inverno, perché davvero non ne sapevo nulla. Il 2-3 agosto, durante una riunione con il Comitato provinciale per parlare della riforma dello sport, ho chiesto al presidente provinciale se ci fossero notizie: se il mondiale gravel lo avrebbero fatto ad Asiago oppure a Cortina, perché girava anche questa voce. E lui ha fatto un sorriso strano, che ora posso interpretare diversamente. Avevo sentito qualche voce un mese prima, alla Dolomiti Superbike, ma nulla di più. Il primo passaggio ufficiale è stato due giorni dopo quando mi ha chiamato Peter Van den Abeele dell’UCI, mentre ero in vacanza ad Auronzo.
Che cosa significa mettere in piedi un mondiale in così poco tempo?
Prima c’è stato il percorso, che andava disegnato. Ci penso tutte le mattine e tutte le sere quando vado a letto, abbiamo 20-25 giorni di tempo. L’UCI ha visto il percorso l’ultima settimana di agosto. Lo abbiamo disegnato cercando di stare nei limiti che ci hanno imposto, cioè 60 per cento di sterrato e 40 di asfalto. Il tutto, dovendo anche assecondare le richieste dei sindaci, per passare dove hanno piacere o necessità che si passi. Però è un bel percorso.
Fatto come?
Si parte dal Lago delle Bandie, dove c’è stato il mondiale di ciclocross del 2008, poi si passerà una prima volta a Pieve di Soligo e faranno un primo anello nella zona di Revine Laghi, Tarzo e San Pietro di Feletto. Un altro passaggio sul traguardo di Piave di Soligo e si farà un secondo anello nella zona classica del Prosecco, fra Pieve di Soligo e Valdobbiadene. La lunghezza sarà sui 160-170 chilometri per gli uomini con circa 1.800-2.000 metri di dislivello. Quello delle donne lo stiamo ridisegnando adesso, perché abbiamo dovuto fare dei tagli, sarà sui 140 chilometri con 1.600 metri di dislivello. Ma il problema non è tanto per le categorie elite, il fatto è che bisogna disegnare tre percorsi per le categorie master e questo sarà davvero impegnativo. Come sarà un bel lavoro trovare e gestire i volontari, trovare le ambulanze… Non è così semplice.
Quali risposte avete avuto dai Comuni, dai territori, avendo così poco preavviso?
Ottime, perché fortuna vuole che Fabrizio Cazzola, che è Consigliere federale e fa parte del gruppo ristretto che sta lavorando al mondiale, è di quelle zone quindi conosce benissimo le persone che contano. Un’altra figura cardine è il presidente del Comitato provinciale, Giorgio Dal Bo’, che con la Prefettura e la provincia di Treviso sta portando avanti il discorso delle autorizzazioni. Gli stessi Comuni si sono impegnati a chiedere i permessi nei confronti dei privati, i cui terreni saranno attraversati dai percorsi.
L’organizzazione è in mano a Pedali di Marca?
Diciamo che Pedali di Marca è il referente presso l’UCI, ma abbiamo cercato di fare un comitato di lavoro esteso, coinvolgendo tutte le società della provincia di Treviso, fra cui quella di Lucio Paladin, papà della Soraya. C’è bisogno di tutti, non si può pensare che una sola persona faccia il mondiale, ci vuole la collaborazione di tutto un territorio.
Pensi che ci sarà anche una ricaduta in termini di promozione del territorio?
L’anno scorso, quando venne fuori che Pozzato avrebbe organizzato il mondiale per due anni, ci incontrammo. Io sto portando avanti da tre anni con la Regione Veneto un progetto che si chiama Gravel in the Land of Venice. Abbiamo fatto 80 percorsi nel Veneto dedicati al gravel, più o meno impegnativo, dagli argini alla pianura, la laguna, le colline, la montagna. Proposi di unire le forze, in modo che la gente venisse a vedere il campionato del mondo, ritrovandosi in un territorio dove c’è la possibilità di fare pedalare. Però non se ne fece nulla. La risposta a questa domanda è che se il territorio capisce di avere delle potenzialità, allora il ritorno c’è.
Di quali potenzialità parliamo?
In quegli 80 percorsi, abbiamo mappato 6.000 chilometri di gravel, ma probabilmente potrebbero essere molti di più. Bisogna capirlo. La Toscana ne ha fatto un business, perché ormai le Strade Bianche sono un’icona, che non ha neppure bisogno di presentazione. Qui avremmo un territorio che è altrettanto valido, ma per avere un ritorno bisogna cogliere l’occasione, non dipende da Panighel. Però facciamo un po’ fatica. Ho visto anche che le tappe del Giro d’Italia a livello personale sono state una bellissima esperienza, ma siamo certi che abbia avuto un ritorno adeguato?
Qual è la tabella di marcia per i giorni che restano?
E’ come quando arriva una fattura con scritto “pagamento a vista”. Spero di fare l’ultimo sopralluogo e chiudere i percorsi nel prossimo fine settimana, cercando anche di accontentare le richieste di Golazo Cycling, la società belga che lavora con l’UCI. Una tabella di marcia vera e propria non la so indicare, perché è tutto urgente. Ci dividiamo i compiti, ognuno porta avanti il suo. Il discorso dell’assistenza sanitaria non è una cosa di poco conto, perché l’evento va avanti per due giorni. Si dovranno gestire circa 500 volontari. Poi c’è la parte della logistica. Va preparata la guida tecnica internazionale per l’UCI. C’è il discorso hotel. C’è tutto il fronte della comunicazione, c’è da trovare lo speaker. Non so chi abbia avuto la bella idea di dare in giro il mio numero, per cui mi stanno arrivando richieste per le iscrizioni che invece gestisce Golazo. Spero che alla fine vada tutto bene e che qualcuno ci dica se non altro che abbiamo fatto un bel lavoro.
Per comunicazione intendi anche quella verso gli utenti?
E’ un problema, perché la gente potrebbe aver preso impegni diversi. Ci fosse stato almeno il secondo mese a disposizione, sarebbe stato diverso, ma il secondo mese a disposizione era agosto ed era tutto fermo. E’ chiaro che più vai avanti e più diventa difficile gestire ad esempio le prenotazioni. Magari c’è il belga che ha aveva prenotato una settimana a Peschiera del Garda, e ora deve disdire, magari perdendo la caparra. Per questo ci sono cose che non capisco.
Quali cose?
Ho firmato altri contratti con l’UCI. A fine settembre 2023 avremmo dovuto pagare la prima rata per il mondiale Marathon che organizzeremo nel 2026. L’abbiamo posticipata, dovendo pagare quella del mondiale Gravel, ma in ogni caso so benissimo che se ritardi un giorno, ti chiamano subito. In queste cose non si affonda da soli, ci sono anche altre componenti. Forse ci saranno sotto questioni politiche che a me sfuggono, io da uomo di sport sto dando una mano per venirne fuori.
Non resta che lavorare?
Quello che stiamo facendo. Noi abbiamo anche un mondiale nel 2026. C’è un velodromo a Spresiano che speriamo prima o dopo abbia conclusione, in cui si dovrebbe svolgere un mondiale su pista. Stiamo lavorando tanto col gravel, perché è una disciplina emergente che porta tanta soddisfazione, in fondo basterebbe che ognuno facesse bene il proprio compitino. Io provo a fare il mio e intanto lavoro anche in banca. La tipa di Golazo non voleva crederci, ho dovuto spiegarle che ho una moglie e dei figli da far mangiare e tutto il resto per me è volontariato. Ma non sono convintissimo che ci abbia creduto…