La squadra dei record alza il velo sulle formazioni per il 2023 e lo fa presso il Move di Amsterdam. Un luogo di riferimento per la città, progettato nel 1931 dall’architetto Jan Wils che aveva già disegnato lo Stadio Olimpico in cui i Giochi approdarono nel 1928. Centro da paese dei balocchi, che oggi funge da punto di esposizione del Gruppo PON (che detiene marchi come Skoda, Cupra e Cervélo), il Move è collegato allo Stadionplein della città olandese e ospita ristoranti, esposizioni di auto, esposizioni di bici, mostre ed eventi esclusivi concentrati prevalentemente sulla mobilità. Per la Jumbo Visma squadra numero uno al mondo del 2022 non poteva esserci miglior location.
Tour de France 2022, Wout Van Aert a Parigi con la famiglia e la maglia verdeTour de France 2022, Wout Van Aert a Parigi con la famiglia e la maglia verde
Oggi si alza il velo sugli organici e le novità della prossima stagione, che in qualche modo bici.PRO ha già avuto modo di vedere in esclusiva durante la recente visita al quartier generale del team a s’Hertogenbosh. Lo show verrà condotto da Orla Chennaoui (giornalista televisiva nordirlandese ed ex campionessa nazionale di salto triplo) e da Sander Kleikers (presentatore televisivo olandese di Eurosport).
Vingegaard e il suo Tour sono il prodotto dell’organizzazione del team olandese (foto Jumbo visma)Vingegaard e il suo Tour sono il prodotto dell’organizzazione del team olandese (foto Jumbo visma)
Sessanta corridori
Non tutti i corridori saranno presenti e fra gli assenti si contano Marianne Vos, Steven Kruijswijk e Christophe Laporte. In compenso, sul palco del Move Amsterdam saliranno Van Aert, Vingegaard, Roglic, Affini, Van Baarle e gli altri che compongono l’organico complessivo di 60 corridori.
La squadra è stata in ritiro fino a due giorni fa nelle campagne spagnole di Denia ed è pronta a ripartire per la nuova stagione, rinforzata dall’arrivo di corridori come Dylan Van Baarle che quest’anno ha vinto la Roubaix e Attila Valter, promessa ungherese per le corse a tappe che ha anche indossato la maglia rosa del Giro d’Italia.
La presentazione della Jumbo Visma 2023 viene trasmessa in streaming su sette piattaforme specializzate, fra cui bici.PRO.
Jonas Vingegaard ha vinto il Tour de France. Chi è il danese della maglia gialla? Ecco un breve salto nella sua storia, in attesa di approfondirla con lui...
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Quando si parla di ciclocross internazionale, si potrebbe quasi riportare tutto ai poemi epici dell’antica Grecia, alle storie fatte di esseri umani e semidei e se neanche un incidente meccanico riesce a frenare la corsa di uno di questi semidei verso la vittoria (nello specifico Wout Van Aert) sembra quasi che per gli esseri umani (quasi tutti gli altri) non ci sia speranza…
La storia della tappa irlandese di Coppa del Mondo in una Dublino fredda ma entusiasta con oltre 8.000 presenti ai bordi del circuito vive soprattutto su un episodio. Eravamo nella seconda metà gara e ormai la prova si era andata delineando. L’assenza di Mathieu Van Der Poel vincitore delle ultime due tappe e provvisoriamente assente dai campi di ciclocross perché impegnato nel primo ritiro prestagionale dell’Alpecin Deceuninck, aveva un po’ scombinato le carte. Nessuno aveva preso l’iniziativa, così a giocarsi apparentemente la vittoria erano in 6. Apparentemente perché fra loro c’erano i due Tenori rimasti, Van Aert appunto e Pidcock.
Il podio finale con Van Aert primo con 14″ su Sweeck e 17″ su Pidcock. Sweeck sale in testa alla classifica (foto Uci)Il podio finale con Van Aert primo con 14″ su Sweeck e 17″ su Pidcock. Sweeck sale in testa alla classifica (foto Uci)
L’asciugamano maledetto
Passando davanti ai box, Van Aert si faceva consegnare un asciugamano per ripulirsi dal fango imperante sul percorso, dopo che il ghiaccio della mattina si era sciolto con il susseguirsi dei passaggi.
Inavvertitamente, l’asciugamano (che Van Aert mostra nella foto di apertura) gli sfuggiva dalle mani andando a incastrarsi nel deragliatore posteriore. La bici era inutilizzabile, per fortuna del belga però la zona dei box era ancora vicina e allora via di corsa per raggiungere la postazione e prendere l’altra bici. Questa almeno la buona sorte evidenziata da molti addetti ai lavori, ma ci sono altri due motivi alla base della sua vittoria.
Per Van Aert quella di Dublino è la prima vittoria stagionale in Coppa, alla sua seconda garaPer Van Aert quella di Dublino è la prima vittoria stagionale in Coppa, alla sua seconda gara
La bici appena pulita
Il primo è legato proprio alla bici: a dispetto del fango, Van Aert non aveva cambiato il suo mezzo in quel passaggio, non reputando la propria bici ancora eccessivamente intrisa di fango, così ha potuto inforcare l’altro modello perfettamente ripulito dai meccanici. Il secondo fattore è invece legato al comportamento degli avversari, che si sono guardati bene dall’attaccarlo. Si dirà: è stato un gesto di rispetto, ma questa regola può valere per la strada, nel ciclocross “mors tua, vita mea”, è sempre stato così. Il fatto è che i corridori hanno ormai un “inferiority complex” nei suoi confronti e non si avventurano a sfidarlo anche quando potrebbero farlo.
Nell’occasione il belga, al suo primo centro stagionale in Coppa, ha dato sfoggio di tutta la sua esperienza: «Sono rimasto calmo, davanti non erano pronti ad attaccare e ho pensato a fare tutto nel migliore dei modi. Nel cross la calma è fondamentale, tutto può cambiare da un momento all’altro». L’inconveniente è costato nel complesso 16” a Van Aert che non ci ha messo poi tanto a recuperare sugli avversari e poi, su un tratto sabbioso, ha dato l’accelerata rivelatasi decisiva. L’unico che ha provato a tenere il passo è stato Sweeck, a caccia del simbolo del primato: «Ho avuto le p… per provare a rispondergli” affermava senza mezzi termini al traguardo, soddisfatto della sua seconda piazza a 14”.
Oltre 8.000 i presenti a Dublino, dato rarissimo fuori dal Belgio (foto Eurosport)Oltre 8.000 i presenti a Dublino, dato rarissimo fuori dal Belgio (foto Eurosport)
Eppure ancora troppi errori…
Da buon perfezionista, Van Aert ha accolto la vittoria senza troppa enfasi, guardando soprattutto a quel che non è andato e leggendo bene le sue parole, sembra di risentire il suo grande rivale Van Der Poel dopo le sue prime vittorie: «Non è andato tutto liscio: nella prima parte ho faticato a riagganciarmi ai primi, sono anche caduto in un passaggio e nel complesso della gara gli errori tecnici sono stati tanti. Il fango era davvero tantissimo e ci ha messo in difficoltà».
E l’altro tenore? Tom Pidcock ci teneva tantissimo alla gara irlandese e alla fine il terzo posto finale a 17” lo ha soddisfatto: «E’ stata una gara strana, nella quale mi sono accorto di andare sempre allo stesso ritmo, seppur sostenuto, ma quando Van Aert ha fatto la differenza non ne avevo per rispondergli. Il gruppo nella prima parte era numeroso e non c’era davvero un punto dove poter fare la differenza. Devo dire però che sarei stato molto deluso se alla fine non fossi riuscito a salire sul podio. Il terzo posto in queste condizioni era il massimo che potessi fare».
Per Pidcock un terzo posto buono nella tappa a cui teneva di piùPer Pidcock un terzo posto buono nella tappa a cui teneva di più
Difesa iridata? No, ma…
Pur in una gara che non è proprio andata come sperava, Pidcock ha aperto un piccolissimo spiraglio alla sua difesa della maglia iridata, d’altronde a ogni gara è sempre quella la domanda che i giornalisti gli rivolgono: «Probabilmente non ci sarò, ma non sono proprio sicuro. In fin dei conti non è neanche un problema che mi assilla, io voglio godermi una stagione di ciclocross ad alto livello, ma pensando alla strada». Sarà davvero difficile vederlo in gara a Hoogerheide il 5 febbraio, ma come ha detto Van Aert le cose nel ciclocross possono sempre cambiare…
Gand-Wevelgem a Van Aert. Alle sue spalle, uno dietro l'altro, Nizzolo, Trentin e Colbrelli. Corsa dura. Ma Nizzolo un errore in volata forse l'ha fatto
La Coppa del mondo di Vermiglio è il modo italiano per restare agganciati al treno dei cross mondiale, alle spalle del quale si va delineando la strategia potente di Flanders Classics. Restarne fuori non sarebbe utile né lungimirante. La prova di Coppa del mondo corsa ieri a Dublino con vittoria di Van Aert è la testimonianza di questo nuovo corso.
«Abbiamo organizzato nello Sport Ireland Campus – ha spiegato Tomas Van der Spiegel che di Flanders Classics è il CEO – dove si erano già svolti dei campionati europei. Era una superficie erbosa, che si è trasformata in fango. Ci sarebbero stati certamente posti più belli in Irlanda, ma la gara è stata un grande evento. Siamo molto contenti della vendita dei biglietti e i media irlandesi hanno dato grandissimo risalto alla presenza di Van Aert e Pidcock».
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Città e turismo
Il cross nelle città e nelle località turistiche è una ricetta che funziona, come quando la Coppa del mondo di mountain bike iniziò a fare tappa nelle capitali europee, da Roma a Madrid.
«Abbiamo avuto un grande riscontro – prosegue Van der Spiegel – perché per ammissione della autorità irlandesi, la rete stradale di lì è relativamente pericolosa e molti giovani ciclisti praticano il ciclocross. Ci hanno detto che in Irlanda ci sono eventi di cross con 600 partecipanti ogni fine settimana. Non uno sport di campioni, come in Belgio, ma un’importante occasione di partecipazione. I governi vedono una prova di Coppa del mondo come un’organizzazione relativamente economica. Un buon rapporto qualità/prezzo in un periodo dell’anno in cui non c’è grande offerta di eventi. Porti al via i migliori del mondo, ieri mancava soltanto Van der Poel, impegnato in ritiro con la sua squadra. La partecipazione è una delle nostre attenzioni. Abbiamo investito nel ciclocross, ci crediamo molto, ma dobbiamo vedere come possiamo migliorare la partecipazione».
Vermiglio 2021, Tomas Van der Spiegel con Van Aert: i campioni fanno crescere gli eventi (foto Twitter)Vermiglio 2021, Tomas Van der Spiegel con Van Aert: i campioni fanno crescere gli eventi (foto Twitter)
Ingaggi e squadre
La chiave di volta sta negli ingaggi, un discorso che Van der Spiegel ha sempre dimostrato di sapere e voler cavalcare: primo organizzatore ad aver accettato di ragionare sulla spartizione dei diritti televisivi con i team. La Coppa del mondo non paga e questo è l’anello debole secondo il manager della società belga, che è coinvolta direttamente nella sua organizzazione.
«Abbiamo appena sospeso la discussione iniziale sui soldi – spiega – ma lasciatemi dire che in qualsiasi sport i soldi vanno direttamente o indirettamente agli atleti. Solo nel ciclocross questo non avviene in modo ideale. Esiste una microeconomia che al momento non viene utilizzata per migliorare lo sport. Il modello finanziario è troppo frammentato, ma anche i team devono fare la loro parte. Per ora il ciclocross è ancora molto individuale. Ognuno si prende cura di sé, nel proprio camper, con l’aiuto di suo fratello, suo padre e un meccanico che per caso conosce. Ma già basta vedere come cambiano le cose quando si muovono squadre come Jumbo Visma, oppure Ineos e Pauwels-Sauzen».
Ad Anversa si sono incrociati Van Aert e Van der Poel, assente a Dublino per un ritiro con la squadraAd Anversa si sono incrociati Van Aert e Van der Poel, assente a Dublino per un ritiro con la squadra
Il cross e i giovani
Occorre fare in fretta e gestire il movimento con lungimiranza: è troppo elevato il rischio che il ciclismo finisca nelle retrovie di una società e di uno sport che stanno cambiando linguaggio e abitudini. E qui arriva l’affermazione più coraggiosa di Van der Spiegel.
«Il ciclocross – annota – è diventato uno sport diverso. Una volta c’erano gli specialisti di ciascuna disciplina, ora è tutto insieme. E’ cambiato il modo in cui le persone vivono lo sport. Con rispetto per tutti i cross delle Fiandre, non è qui che risiede il futuro di questo sport. La gioventù non sta davvero più con le ossa nel fango fiammingo ogni fine settimana. Ora c’è Netflix e le persone vivono con i telefoni in mano. La sfida è trasformare il ciclocross in un prodotto che piacerà ancora nel 2030 all’interno di quella fascia di età, senza perdere di vista la tradizione. Le persone accettano il cambiamento, ma ci vuole tempo, come quando abbiamo tolto il Muur dal Fiandre. I corridori vedono che Flanders Classic sta investendo. All’arrivo ora abbiamo un truck riscaldato, in cui i possono fare le loro interviste. Costa denaro. Organizziamo noi 6 delle 14 prove di Coppa del mondo. E’ una scelta consapevole, non un segno di debolezza. Il solo modo per alzare ancora l’asticella».
Sono cadute le barriere fra cross e strada, anche gli specialisti fanno stabilmente la dopia attivitàSono cadute le barriere fra cross e strada, anche gli specialisti fanno stabilmente la dopia attività
Fare sistema
L’Italia avrebbe bisogno di una cabina di regia altrettanto lungimirante. La frammentazione del calendario, gli incroci poco condivisibili, i diversi circuiti… Tutto ciò che a vario titolo non riesce a comporre lo stesso mosaico fa sì che il cross rimanga nella nicchia degli appassionati, che ne sono l’anima ma forse non bastano per esserne il futuro. E se un colosso come l’organizzatore belga ha il coraggio di dire che il futuro del cross non passa per le gare fiamminghe, immaginare una cabina di regia italiana che lo porti nelle città del Nord come quelle del Sud sarebbe quantomeno una suggestione da cavalcare. Il futuro è nella condivisione. Chi pensa di poter andare avanti da solo non ha capito che il mondo è cambiato. E che per avere, a volte è necessario anche dare.
La Roubaix ha portato la tensione alle stelle. La foratura di Van Aert frutto di sfortuna? Per Gilbert è stato un errore. E resta il problema calendario
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Se li chiamano i “tre tenori” non è un caso. Come avveniva con i concerti dei vari Pavarotti, Domingo e Carreras, quando c’erano tutti e tre era uno spettacolo unico, che valeva il prezzo del biglietto. Nel ciclocross avviene qualcosa di simile: quando Van Der Poel, Van Aert e Pidcock sono tutti e tre in gara, il livello è talmente alto che si tratta di uno spettacolo unico, che appassiona chi è sul posto e incolla allo schermo chi guarda. Gli altri diventano comprimari loro malgrado e sanno di esserlo.
Ad Anversa c’è stato il primo confronto fra i tre e gli spunti di riflessione non sono mancati. Sin dalla partenza. Guardate con molta attenzione le due foto a confronto: nella prima si vede la testa del gruppo, con Van Aert già impegnato in discesa e Van Der Poel alla curva. Il belga, sfruttando le vittorie dello scorso anno, ha comunque conservato un ranking più che valido, partendo dalla seconda fila. VDP invece è relegato in fondo al gruppo (nella passata stagione non ha praticamente mai gareggiato per colpa della schiena) ma il viso e la posizione del corpo dice chiaramente che sta recuperando.
Van Aert è partito a tutta, Van Der Poel (il 25) è però già in cacciaPidcock è tutto a sinistra, davanti un folto gruppo: i rivali sono lontani…Van Aert è partito a tutta, Van Der Poel (il 25) è però già in cacciaPidcock è tutto a sinistra, davanti un folto gruppo: i rivali sono lontani…
Tre espressioni che dicono tutto…
L’olandese infatti è stato lestissimo a porsi alle spalle dei primi e questa volta i vari specialisti Vanthourenhout, Iserbyt, Sweeck non ci hanno neanche provato a fare la differenza e profittare della situazione. Idem per Van Aert, che a differenza di quel che avevano fatto all’esordio stagionale Pidcock e VDP (presentatisi in gara con solo pochissime ore di allenamento specifico) ha svolto una preparazione metodica. Ha provato la fuga iniziale con l’olandese Mees Hendricks, ma VDP è piombato su di lui già prima della fine del primo giro. E lì il belga ha capito come sarebbe finita.
Ma torniamo alle foto della partenza, la seconda. C’è la maglia iridata di Pidcock in evidenza, impicciato in mezzo al folto del gruppo. Il britannico, che solo il giorno prima nel Superprestige a Boom (complice anche una caduta di Mathieu) aveva inflitto all’olandese la sua prima sconfitta, ha vissuto una vera giornata no: intanto ha impiegato molto tempo per superare gli avversari e provare a recuperare, ma ormai i due avversari erano andati e Tom è andato avanti di conserva, finendo appena 8° a più di un minuto. Se si guarda la foto, si vede che nel campione della Ineos c’è la consapevolezza che la gara, appena iniziata, rischia di essere già compromessa non perché c’è troppa gente davanti, ma perché quei due sono già lontani.
Seconda vittoria in Coppa per l’olandese, con 25″ su Van Aert e 34″ su VanthourenhoutSeconda vittoria in Coppa per l’olandese, con 25″ su Van Aert e 34″ su Vanthourenhout
La prima è di Van Der Poel
Alla fine Van Der Poel ha fatto valere la sua maggiore condizione specifica: nel secondo dei sette giri ha accelerato salutando la compagnia. Proprio la tattica che tante volte Van Aert ha messo in pratica logorandolo e questo nella mente dell’olandese accresce il sapore per la sua vittoria. Il campione della Jumbo Visma prima ha formato un terzetto all’inseguimento con Van Der Haar e Vanthourenhout, ma ha ben presto capito che non potevano dargli una mano e non che non lo volessero, considerato ad esempio che il campione europeo è in piena lotta per la conquista del trofeo di cristallo. Semplicemente, non potevano.
Così Van Aert ha provato l’inseguimento solitario, ma non riusciva mai a inquadrare il rivale, così alla fine si è adeguato al secondo posto. Almeno per stavolta. «Per oggi è bastato – ha sentenziato Van Der Poel – ma devo migliorare per tenergli testa, avevo detto che a Natale Wout sarà al massimo e dovrò esserlo anch’io. E’ stata dura correre due terzi di gara da solo, ma stavolta non ci sono stati errori tecnici come la domenica precedente e ho creato un margine di sicurezza».
Per Van Aert un esordio stagionale incoraggiante. Domenica a Dublino cercherà il primo centroPer Van Aert un esordio stagionale incoraggiante. Domenica a Dublino cercherà il primo centro
In Spagna pensando alle classiche
Van Aert dal canto suo non se l’è presa più di tanto: «Ha fatto un giro super veloce e non ne avevo abbastanza per rispondere. E’ bello però aver tenuto a bada gli altri. Io un errore tecnico l’ho fatto e mi è costato una caduta sugli ostacoli, so che devo lavorarci sopra perché non l’ho fatto. Per il resto ho guidato un po’ sotto al mio limite per evitare proprio errori costosi».
Ora tutti aspettano la rivincita, ma non sarà immediata. Van Der Poel infatti parte per la Spagna, per il ritiro dell’Alpecin Deceuninck com’era previsto alla vigilia dell’inizio della stagione, visto come sono finora andate le cose, non ne è propriamente felice: «E’ un peccato perché sono appena entrato nel ritmo giusto, ci sto prendendo gusto e ritrovo sensazioni che pensavo di aver dimenticato dopo i problemi della passata stagione. Ma so che mi serve una base di lavoro per un altro grande obiettivo del 2023 che sono le classiche di primavera e non posso assolutamente saltare questa fase di allenamento. Il piano è questo e va rispettato».
Vanthourenhout è stato il migliore degli “altri”. Ha ripreso 3 punti a Sweeck, leader di CoppaVanthourenhout è stato il migliore degli “altri”. Ha ripreso 3 punti a Sweeck, leader di Coppa
Pidcock, rivincita a Dublino?
Van Aert ne potrà approfittare? Probabile, visto come si è comportato ad Anversa: «Sto meglio del previsto, reggo bene anche gli alti ritmi purché siano costanti, ma devo lavorare sulle variazioni. Per essere al 100 per cento servono altre settimane di lavoro, ma intanto va bene così». Domenica a Dublino andrà a caccia della prima vittoria proprio contro Pidcock. E state sicuri che il britannico ha già il dente avvelenato…
Due sedute di allenamento, entrambe in bicicletta. Per Wladimir Belli, preparatore atletico ormai di lungo corso, il futuro del ciclismo sarà questo. Alla doppia seduta si è arrivati da qualche anno, ma la differenza è che oggi si va al mattino in bicicletta e al pomeriggio in palestra per pesi o esercizi di corpo libero: a breve ci sarà la bici anche al pomeriggio. Ma anche il ciclismo, come il resto del mondo e degli altri sport, va verso la ricerca di una prestazione sempre più di alto livello. Che sconfina a volte nel fanatismo, nell’esagerazione, nella perdita di un romanticismo che da sempre contraddistingue questo sport e i corridori che lo animano
Belli è da qualche anno un preparatore e uno degli opinionisti più autorevoli di EurosportBelli è da qualche anno un preparatore e uno degli opinionisti più autorevoli di Eurosport
«Oggi – spiega Belli – già dopo il Lombardia alcune squadre radunano i propri corridori in ritiro. Si stacca sempre meno, difficilmente si va oltre i venti giorni di vacanza tra la fine della stagione e l’inizio della preparazione invernale».
Una modalità che rischia di logorare fisico e testa e che si aggiunge ad altri accorgimenti tutti diretti verso la stessa direzione: professionisti concentrati sul lavoro 12 mesi l’anno.
«Anche con l’alimentazione è così – aggiunge colui che oggi è anche un’apprezzata voce di Eurosport – i corridori non ingrassano più fino a 6 chili come succedeva un tempo. Rimangono sempre vicini al peso forma, ma questo richiede sforzi e sacrifici».
Trentin ha spesso praticato sci di fondo alla ripresa dell’attività: vivendo a Monaco, la tentazione bici è però molto forteTrentin ha spesso praticato sci di fondo alla ripresa dell’attività: vivendo a Monaco, la tentazione bici è però molto forte
Sport alternativi
Altro aspetto che stride con quanto si era soliti fare fino a qualche anno fa: gli sport alternativi.
«Nella pausa invernale – ricorda Belli – frequentemente ci si dedicava ad altre attività come la corsa in montagna, le camminate in quota, oppure il classico sci di fondo o il nuoto. Questo oggi non è più consentito. Quando si riprende dopo la pausa, si monta subito in sella per macinare chilometri. L’unico sport alternativo accettato è la mountain bike, ma sempre di bicicletta si tratta».
Eccezione cross
Così per quasi tutti. Fortunatamente, almeno per chi ricerca nel ciclismo ancora tracce del suo dna, c’è chi varia sul tema. E non sono nomi da poco, anzi.
«Van Aert e Van der Poel – spiega l’ex corridore bergamasco – corrono ancora a piedi durante la preparazione invernale. Questo però perché sono anche ciclocrossisti praticanti, cosa che gli consente di non perdere la brillantezza che, al contrario, gli altri sport possono togliere, imballando un po’ la gamba».
Van Aert corre a piedi a Livigno: una fase di preparazione che non manca mai dal suo programmaVan Aert corre a piedi a Livigno: una fase di preparazione che non manca mai dal suo programma
Lo stress logora
Mode che passano e che si mescolano ad evidenze scientifiche. Ma Belli è d’accordo o meno con la nuova tendenza?
«Non sono molto d’accordo – risponde sicuro – perché questo stress psicofisico rischia di accorciare le carriere dei corridori ed esasperare il mondo del ciclismo. Credo che staccare di più e dedicarsi a qualcosa di altro sia necessario per tutti».
Qualità e quantità
Di certo c’è che non è più utile ricorrere ad allenamenti eccessivamente lunghi. Le corse stanno diventando sempre più brevi – ad eccezione delle classiche Monumento – per cui la qualità prevale sulla quantità.
Ad incrementare la specificità e la qualità degli allenamenti, sono arrivate anche le nuove scuole. Quelle nordiche ad esempio (Danimarca e Norvegia su tutte) per cui, grazie alla facilità con cui si può viaggiare oggi, si riesce ad allenarsi anche d’inverno in luoghi più idonei alla bicicletta, esportando il modello. Senza dimenticare la scuola britannica, esplosa da Wiggins in poi. E l’Italia?
Le gare si accorciano e scendono i volumi di allenamento. La tappa pirenaica di Peyragudes, misurava 129,7 chilometriLe gare si accorciano e scendono i volumi. La tappa pirenaica di Peyragudes, misurava 129,7 chilometri
«Abbiamo da sempre un’ottima scuola come preparatori atletici – sottolinea Belli – ma pecchiamo nelle categorie giovanili. Il discorso è complesso e ampio, tutto parte dalla necessità di rivedere il concetto di sport nelle scuole. Ora è trascurato, mentre negli altri Paesi hanno capito che educare i giovani allo sport incide sulla salute pubblica a lungo termine.
«Il ciclismo dovrebbe anche tornare un po’ indietro, quando ogni paese di provincia aveva la propria squadretta e portava i corridori a gareggiare senza badare a troppe strategie. Oggi invece il successo a tutti i costi è inculcato dalle famiglie e dalle stesse squadre».
Poter leggere su Strava i dati di un professionista in allenamento potrebbe far saltare i riferimenti per gli atleti giovaniPoter leggere su Strava i dati di un professionista in allenamento potrebbe far saltare i riferimenti per gli atleti giovani
Rischio social
In ultimo, la questione della condivisione dei dati di allenamento che porta i giovani a voler emulare i professionisti dal momento che possono vedere come si allenano.
«Succede sempre più spesso – chiude Belli – ma può essere un problema. Oggi tutti sanno tutto, mentre un tempo si guardava ai professionisti più esperti cercando di carpire segreti e imparare il mestiere. Rientra nel discorso delle performance a tutti i costi, che poi rischia di presentare il conto: se da giovane vinci tutto, poi da professionista incontri difficoltà e rischi di saltare subito».
Alla vigilia della presentazione del Tour, viaggio in Santini per farci raccontare l'arrivo e la realizzazione della maglia gialla. Un'esclusiva di bici.PRO
Il capello “ordinatamente disordinato”, una lattina in mano e una gran voglia di parlare, Wout Van Aert è un vero padrone di casa al Service course della Jumbo-Visma. Dopo aver parlato con i giornalisti belgi, il campione si concede alla stampa straniera.
Una lunga chiacchierata a tutto tondo. Il corridore della Jumbo-Visma non è ancora super tiratissimo, ma sembra sulla buona via. Ha il volto disteso di chi ha osservato una (meritata) sosta rigenerativa. Dopo il mondiale è rimasto in Australia con la famiglia. Presto tornerà ad indossare i panni del crossista.
Wout Van Aert (classe 1994) presso il Service course della Jumbo Visma ad s-HertogenboschIn magazzino, sui carrelli relativi al suo materiale, c’erano molti pezzi. Qui i dischi freno, ma tante erano anche le forcelleWout Van Aert (classe 1994) presso il Service course della Jumbo Visma ad s-HertogenboschIn magazzino, sui carrelli relativi al suo materiale, c’erano molti pezzi. Qui i dischi freno, ma tante erano anche le forcelle
A tutta sulle classiche
I primi obiettivi su strada del 2023 sono le classiche. Le sue classiche, quelle per quali con la squadra ha già iniziato i sopralluoghi. Anche perché sembra esserci una voglia di rivincita rispetto alla passata stagione, quando il Covid gli ha impedito di prendere il via al Giro delle Fiandre.
«Covid a parte – dice Van Aert – la forma fisica era molto buona, la migliore per le classiche di primavera e per il Fiandre. Poi con quella settimana di stop mi sono ritrovato con una buona condizione anche per la Liegi e la Roubaix».
E si toglie un sassolino: «Se avessi saputo che avrei preso il Covid due giorni prima del Fiandre, probabilmente sarei andato ai mondiali di cross negli Stati Uniti. Un po’ di rimorso… Ma mi piace avere un piano ben strutturato. Penso che la stagione scorsa sia stata un ottimo esempio del fatto che non puoi sempre programmare tutto. Devi provare ad essere in buona forma al momento giusto.
«L’anno scorso ho capito come mantenere una buona forma durante le gare. Stavo bene alla Het Nieuwsblad, ma ero ancora più forte ad Harelbeke quasi un mese dopo. E mi sentivo ancora più forte alla Liegi un mese dopo ancora. Mi sono accorto al primo anno da pro’ che si trattava di qualcosa che avrei dovuto capire e penso di esserci riuscito».
Wout Van Aert, in maglia verde, è un vero leader per i compagni (che lo ascoltano moltissimo), per lo staff, per i tifosiWout Van Aert, in maglia verde, è un vero leader per i compagni (che lo ascoltano moltissimo), per lo staff, per i tifosi
Leader naturale
Una cosa che abbiamo notato stando “vicino” a Van Aert tra gare e ritiri, ma anche interviste in tv, è il suo essere leader. E lo è nonostante compagni importanti. Lo è per il pubblico, lo è per i tecnici. E allora gli chiediamo apertamente se lui leader si senta.
«Un pochino», replica Wout, compiaciuto. «Ogni tanto parlando con i compagni avverto una sorta di rispetto, il che è molto piacevole ovviamente. Provo sempre a impegnarmi per far sì che tutti si sentano accolti e motivati. Penso che essere leader sia nella mia natura, inoltre mi piace aiutare gli altri.
«So come ci si sente quando qualcuno è grato nei tuoi confronti e penso sia importante che tutti ricevano attenzioni, non vanno date per scontate. Il nostro non è solo un lavoro, ma anche una passione, per questo è fondamentale che tutti siano motivati».
Anche il fatto di restare in Belgio contribuisce ad alimentare questa leadership, questo carisma. Lo scorso anno ai mondiali di Leuven vedemmo dal vivo (e vi raccontammo) cos’è Van Aert per la sua Nazione. Quando è a casa e rientra dagli allenamenti ci sono decine di persone ad attenderlo.
«E ogni tanto – ammette – qualcuno bussa anche alla porta. Fa piacere, è una cosa buona. In Belgio il ciclismo è uno sport popolarissimo ed è anche per questo che faccio bei soldi, mi godo la vita e devo accettare i fans.
«Non ho assolutamente intenzione di lasciare il Belgio. Mi piace vivere vicino alla mia famiglia. L’anno scorso ho dormito più di 200 notti lontano da casa, il 70 per cento dell’anno. Il restante 30 mi piace passarlo a casa».
Ai mondiali, ma non solo, c’era un tifo enorme per Van Aert. E alla vigilia del mondiale, Leuven intonava cori in suo favore Ai mondiali, ma non solo, c’era un tifo enorme per Van Aert. E alla vigilia del mondiale, Leuven intonava cori in suo favore
I monumenti
E casa sua è Herentals, la stessa cittadina di Rik Van Looy, un gigante del passato e uno dei pochissimi ad aver vinto tutte e cinque le classiche Monumento. Spesso ci si chiede se Van Aert, visto il suo essere eclettico, possa puntare ad un grande Giro. Ma magari prima c’è questo traguardo che non è così meno importante.
«Vincere – dice Wout – tutti e cinque i Monumenti è difficilissimo, ma non impossibile. E’ già difficile prendere parte a tutti e cinque i Monumenti in un anno. Quindi per ora mi focalizzo solo su alcune. Se adesso penso al Lombardia e alla Liegi (le più dure per lui, ndr), so che mi serve comunque un po’ di fortuna. Sono da tre anni nel WorldTour e ho vinto la Sanremo, quindi sarebbe stupido dire ora: “Okay le provo tutte e cinque”. Intanto pensiamo alla seconda, poi vedremo.
«In genere non trovo nulla davvero impossibile. E penso che sia anche questo ad avermi portato qua: altrimenti sarei ancora un corridore di ciclocross. Fare cose nuove mi motiva.
«L’anno scorso, subito dopo il Covid ho chiamato il team e gli ho detto che avrei voluto prolungare le classiche, provare la Liegi. Sarebbe stata l’occasione per capire se facesse per me. E se finisci sul podio senza una preparazione ottimale sai che nel futuro è possibile».
«Per ora il mio obiettivo è vincere: vincere più gare possibili, vincere le classiche e magari indossare la maglia iridata un giorno».
Il podio iridato della crono 2021. Per Wout fu una delusione. E sulla pressione dice: «Difficile dire che mi piaccia, ma mi fa dare il meglio»Il podio iridato della crono 2021. Per Wout fu una delusione. E sulla pressione dice: «Difficile dire che mi piaccia, ma mi fa dare il meglio»
Su Ganna…
E chissà se tra le sfide impossibili, Van Aert mette anche il record dell’Ora.Secondo il suo compagno Affini se fosse solo una questione di “motore” Wout sarebbe in grado.
«Cosa penso del Record di Ganna? Che è andato veloce! Non penso di poterlo battere. Lui è uno dei migliori, forse il migliore. Inoltre ha esperienza su pista, il che è molto importante per il record.
«Non sto pensando di provarci. E se non penso di provarci è anche più stupido dire: “Potrei batterlo, ma non lo farò”. Ganna ha portato l’asticella molto in alto e forse potrebbe andare ancora più veloce».
Wout racconta anche che ha seguito il record quando era in vacanza e che sua moglie si era innervosita perché si era sintonizzato sul ciclismo. Insomma anche i campioni hanno gli stessi problemi degli uomini normali! Filippo e Wout si stimano, nonostante la batosta che lo scorso anno Ganna gli ha inflitto a casa sua nella crono iridata.
«Quella in effetti – racconta Van Aert – è stata una delusione. Ho fatto quella crono perché era in Belgio, ma in realtà con il mio allenamento ero focalizzato sulla strada. Ma dopo aver perso solo di 5” ho pensato che sarei potuto andare più veloce se mi ci fossi concentrato davvero. Per questo ero così deluso».
Van Aert ha vinto la Strade Bianche nel 2020. Durante l’intervista, non ha chiuso del tutto la porta sulla sua presenza al Giro 2023Van Aert ha vinto la Strade Bianche nel 2020. Durante l’intervista, non ha chiuso del tutto la porta sulla sua presenza al Giro 2023
Wout e l’Italia
Le chiacchiere vanno avanti. Wout non lesina parole e parla senza mezzi termini, con la sicurezza del leader anche in questo caso. Spalle dritte, volto rilassato e mento alto. Sembra che neanche ponderi quello deve dire: è naturale, sincero, soprattutto con se stesso. E dalle chiacchiere che vanno avanti spunta l’Italia.
«Non so se tornerò alla Tirreno – spiega Van Aert – molto dipenderà dalla preparazione e dal cross. Mi pacerebbe tornare in Italia e non solo per la Sanremo, ma anche per le Strade Bianche. Bellissima. Sul Giro non so: la squadra lo fa. Vedremo…».
Van Aert ci è anche venuto in vacanza in Italia. E più precisamente in Sardegna.
«Mi piace l’Italia, ci ho corso, ci sono stato per allenarmi e ci ho fatto le vacanze. Sono stato in Sardegna. Avevo il matrimonio di un caro amico e spero di poter tornare presto perché è bellissimo. Ci sono i mari più belli che abbia mai visto. Sono stato anche in Puglia, in Costiera Amalfitana, a Firenze. E poi la pasta… Mi piace il vostro modo di mangiare: antipasto, primo, secondo… E’ così perfetto!».
Alla vigilia dell'europeo su strada, Wout Van Aert incontra la stampa nell'hotel del Belgio. Domande su Van Hooydonck, la Vuelta e le poche vittorie 2023
Wout Van Aert ci dà il benvenuto quando entriamo nel Service course della Jumbo-Visma. Il Van Aert è ad altezza naturale ed è di cartone! Di fronte a lui subito una serie di trofei e maglie.
Olanda meridionale, circa 80 chilometri a sud di Amsterdam, siamo ad s-Hertongenbosch. «Ma qui la chiamiamo Den Bosch», ci dice subito Ard Bierens, addetto stampa che fa gli onori di casa. «La pronuncia è un po’ complicata e credo che neanche gli olandesi la conoscano col vero nome!».
L’ingresso al Service Course della Jumbo-Visma. Van Aert ci dà il benvenuto!Ard Bierens è l’addetto stampa del team olandeseL’ingresso al Service Course della Jumbo-Visma. Van Aert ci dà il benvenuto!Ard Bierens è l’addetto stampa del team olandese
Sul Col du TJV
Capannoni super moderni in vetro e cemento e costruzioni hi-tech contornano la parte orientale di “Den Bosch”, quella che divide il centro dalla campagna. Vicino c’è un canale, sul suo margine scorre neanche a dirlo una pista ciclabile. Appena scendiamo dalla macchina, su quella pista passa una serie di ragazzi in bicicletta. Questa immagine con la pianura e una pala eolica in lontananza ci fa pensare: «Okay, l’Olanda in una foto!».
Appena entrati, prima del caffè, lo stesso Ard ci fa fare un tampone. Qui i protocolli ci sono ancora. Sbrighiamo questa pratica in uno degli uffici al piano superiore. Vi si accede con una scala… anzi attraverso un colle!
Se l’Olanda è il cuore dei Paesi Bassi, un motivo ci sarà. Pensate che siamo praticamente a quota zero. Forse un metro sul mare. Quasi come sul Muro di Sormano, nella parte verticale degli scalini ci sono le quote con la variazione di quota… espressa in millimetri! Fino ad arrivare ai ben 4.200 millimetri del Col du TJV (Team Jumbo Visma)!Insomma al piano superiore.
Ed ecco il colle TJV, Team Jumbo Visma…Una parte degli uffici al piano superiore. Da notare il tridente della TirrenoEd ecco il colle TJV, Team Jumbo Visma…Una parte degli uffici al piano superiore. Da notare il tridente della Tirreno
Due piani
La stessa scala, come un po’ dappertutto, è contornata di trofei. Ci sono anche il “nostro” Tridente della Tirreno-Adriatico e qualche maglia rosa qua e là. Ci sentiamo stranamente orgogliosi di quei premi.
«L’edificio ha un anno – ci dice Ard, mentre ci fa da Cicerone – nel tempo siamo cresciuti molto. All’inizio eravamo un piccolo team. Compresi i corridori eravamo una settantina di persone. Ora se ne contano oltre 200.
«Ufficialmente questa è anche la sede della squadra di skating (pattinaggio sul ghiaccio, ndr), ma loro hanno un altro edificio nel Nord dell’Olanda dove questo sport è più praticato».
Nei piani superiori ci sono gli uffici, che però non ricoprono tutta l’aerea dell’edificio. Oltre agli uffici ci sono tre sale presso cui fare meeting e riunioni. Un paio di queste hanno un’ampia vetrata che dà sul resto dell’edifico, quello del “service course” vero e proprio.
Nel piano inferiore una grande area d’accoglienza ci porta nel mondo Jumbo-Visma. Tutto è in ordine, tutto è funzionale. Oltre al desk, ci sono una cucina e una sala mensa. Mentre dall’altra parte del salone ci sono docce e altri ripostigli.
Steven Kruijswijk… con Steven KruijswijkEcco l’olandese riconsegnare una valigia di materiale mai usatoTra le tante cose si fanno anche le foto per il sito e per le cartolineSteven Kruijswijk… con Steven KruijswijkEcco l’olandese riconsegnare una valigia di materiale mai usatoTra le tante cose si fanno anche le foto per il sito e per le cartoline
Nel cuore della Jumbo
Ogni porta ha l’insegna dell’iride e il cartellino che indica a cosa è adibita. Particolari che la dicono lunga. Presto ci rendiamo conto che Van Aert non è da solo. Incontriamo Roglic, Kruijswijk, Gesink… sempre di cartone, sempre a grandezza naturale.
Il magazzino-officina è la porzione più grande, chiaramente. Per i due terzi, forse anche più, c’è questo grande spazio. Al centro un’infinità di Cervélo, i banchi dei meccanici e ai lati, su due piani, ci sono altri magazzini. Ci sono pezzi di ricambio per le bici, altri per la logistica, altri ancora per gli alimenti, i lettini dei massaggiatori… E’ come una piccola città autonoma.
«Questa aerea – dice Bierens – è la più grande, come potete vedere. Qui ci sono le bici, i banchi di lavoro e quello spazio giù in fondo è il garage. Quest’anno abbiamo acquistato un altro bus. Ora siamo a quattro. Non dimentichiamo che abbiamo anche il team development e che la squadra femminile cresce».
I banchi di lavoro sono 8, disposti in 4 file. Sono lunghi 3 metri ciascunoLe ruote? Una quantità infinita…Nel magazzino qualche ricordo del Tour, come la Cervélo verde di Van AertEcco arrivare le ammiraglie, nuove o rivestite con gli sponsor 2023I banchi di lavoro sono 8, disposti in 4 file. Sono lunghi 3 metri ciascunoLe ruote? Una quantità infinita…Nel magazzino qualche ricordo del Tour, come la Cervélo verde di Van AertEcco arrivare le ammiraglie, nuove o rivestite con gli sponsor 2023
Carrelli di bici
Ogni corridore ha il suo spazio per le bici. Ci sono carrelli che sembrano degli appendiabiti: in mezzo il nome del corridore e poi due bici appese su altrettante staffe. Sotto, affinché il meccanico possa spostarli verso il suo banco di lavoro o magari portarli verso l’ammiraglia, ci sono le ruote.
Nella parte bassa questi carrelli hanno una grossa base, sulla quale vengono appoggiate ruote, forcelle, pezzi di ricambio… Un oggetto in comune per tutti è il casco da crono, ben conservato nella custodia.
In molti hanno già la bici nuova, con i nuovi gruppi e alcuni particolari che per questioni di marketing e contratti in essere non si possono ancora far vedere. E ora vi facciamo una domanda? Secondo voi quale corridore aveva più carrelli? Van Aert: per lui ne abbiamo contati almeno quattro. Fra bici da cross, strada, crono e colorazioni speciali, Wout fa lavorare molto i suoi meccanici.
Ogni banco di lavoro è un piccolo paradiso della tecnica. Pulito, con attrezzi di ogni genere. Ai lati di ognuno, ci sono un compressore e un macchinario particolare che serve per il rodaggio dei cuscinetti delle ruote. Sopra, chiaramente, attrezzi e alcuni strumenti specifici. Un particolare che ci ha colpito è stata la quantità di cavi elettronici per i gruppi. Impressionante. Basti pensare che hanno un cesto apposito per il loro smaltimento.
Vingegaard, ha confermato le impressioni di un ragazzo semplice. Neanche lui sa più quante maglie ha firmato dopo il TourVingegaard, ha confermato le impressioni di un ragazzo semplice. Neanche lui sa più quante maglie ha firmato dopo il Tour
Sponsor day
Ed è un vero brulicare di persone, meccanici e, man mano che va avanti la giornata, anche di corridori. E sono proprio questi che scandiscono i tempi di questa efficiente macchina organizzativa. Ognuno ha una tabella da rispettare, ben scritta su un foglio.
Siamo capitati nel giorno in cui i nuovi sponsor forniscono i materiali. Si va dal dopo corsa ai giubbini refrigeranti, dagli integratori alle scarpe… per finire alle foto… cartolina. Ci sono almeno tre set fotografici in altrettanti parti del Jumbo-Visma service course.
Un corridore va a ritirare il giubbino, l’altro a fare la foto con gli integratori. C’è chi riconsegna il vecchio materiale in eccesso. Kruijswijk, per esempio, aveva un valigia grande piena di maglie ancora avvolte nella plastica. Chi riportava questo vestiario lo metteva in due enormi cesti grigi. Queste divise poi dovrebbero andare in regalo, in premio, in qualche serata di beneficienza… Forse è l’unica cosa in cui in Jumbo-Visma hanno le idee meno chiare!
Finalmente Wout Van Aert… in carne ed ossa!Finalmente Wout Van Aert… in carne ed ossa!
Già in ricognizione
I ragazzi parlano fra loro, tra un caffè e un appuntamento nella loro scaletta.Jonas Vingegaard, re del Tour, ha un grosso cappotto verde militare. Lo avvolge che sembra un bambino. Umilissimo, semplice e già molto magro.Roglic invece indossa una giacca di pelle. Anche lui magrissimo, è super interessato ad ogni aspetto tecnico: scarpe, bici… Foss potrebbe fare l’intrattenitore. Sempre con un bicchiere di the, caffè o cola in mano e sempre ad attaccare bottone con qualcuno.
Mentre non si vedono Van Aert, Laporte, Affini… «Sono a fare la ricognizione – ci spiega Bierens – In questi due giorni erano in Belgio. Ieri hanno provato gli ultimi 120 chilometri di E3 Harelbeke e oggi (ieri, ndr) il finale del Fiandre. Ma tra poco saranno qui anche loro». E infatti eccoli spuntare. «Volevamo fare dei test con i nuovi materiali prima dell’inverno», ci dice Edoardo.
In Jumbo-Visma tengono molto alla propria identità. Ecco il muro della loro storiaNello spazio del garage, i preparativi per la festa di staseraCala la sera. Si chiude una giornata ricca di curiosità ed emozioniIn Jumbo-Visma tengono molto alla propria identità. Ecco il muro della loro storiaNello spazio del garage, i preparativi per la festa di staseraCala la sera. Si chiude una giornata ricca di curiosità ed emozioni
Il futuro è ora
Intanto dalla zona dove è parcheggiato il bus arriva un certo rumore. «Stanno preparando – dice Bierens – la festa di domani sera (oggi, ndr). Un party tra di noi, per festeggiare l’ottima annata del team. Ci sarà tutto lo staff. Abbiamo vinto il ranking UCI.
«Ma prima facciamo la riunione. Una riunione importante. Quando siamo nati avevamo l’obiettivo di vincere il Tour entro sette anni. Ci siamo riusciti. E adesso? Cosa vogliamo? Dove vogliamo andare? E’ importante ragionare così e farlo tutti insieme. Perché è in questo modo che crei una solida base, che hai le idee chiare e dai sicurezza agli sponsor che ti sostengono nel lungo periodo».
Questa ultima frase dice tutto della Jumbo-Visma. Nel frattempo è sceso il buio. La pista ciclabile non si vede in più e su Den Bosch scende la pioggia.
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E’ il primo novembre e alle 15,30 si corre in Belgio, nella zona di Oudenaarde, il Koppenbergcross: una delle classiche più importanti, relativamente giovane dato che il debutto è datato 1988, che si svolge intorno al muro più ostico del Fiandre. Il mitico Koppenberg, appunto. E’ l’apertura belga del cross, più o meno come l’Omloop Het Nieuwsblad inaugura la stagione delle classiche del pavé su strada. A seguirla nei panni di manager della Baloise-Trek ci sarà anche quest’anno Sven Nys, che quella gara l’ha vinta per 9 volte. E che ha raccontato alla stampa le sue sensazioni di tecnico e di padre alla vigilia della corsa. In gara ci sarà infatti anche suo figlio Thibau, fresco acquisto della Trek-Segafredo.
«Per me – racconta – è sempre stata una delle gare più importanti dell’anno. Dovevi scalare l’intero Koppenberg. Poi c’era la lunga discesa in cui dovevi resistere e si arrivava in pianura. Per vincere, l’attacco doveva essere tempestivo e dovevi anche essere tecnicamente il migliore in discesa. Quella era la cosa più spettacolare del Koppenberg. Ora è completamente diverso perché l’arrivo è in cima alla salita. Tatticamente è completamente diverso e mi dispiace. Penso che a tanti corridori e al pubblico piacesse il vecchio percorso, ma capisco che quel prato non si può più usare. Ora lo spettacolo è vedere i corridori in salita. E anche questo ha il suo fascino».
Oggi Nys gestisce la sua Academy di ciclocross ed è team manager della Baloise-Trek (foto Facebook)Oggi Nys gestisce la sua Academy di ciclocross ed è team manager della Baloise-Trek (foto Facebook)
Arrivo in salita
Cambia il profilo del vincitore, secondo un orientamento che fa molto discutere nel cross europeo, che si sta spostando verso gare più veloci e meno tecniche, con meno ostacoli, avvicinando il profilo del crossista a quello del corridore su strada.
«Oggi per vincere – conferma – serve avere un grande motore. Questo è il primo requisito, ma devi anche essere tecnicamente bravo e saper pedalare sul pavé con la giusta pressione delle gomme. Non è così ovvio. Soprattutto se è piovuto, cosa che oggi non accadrà. La sfida quindi è tenere la maggior velocità possibile con la minor pressione delle gomme. Su quelle pietre spesso si ha la sensazione che il tubolare arrivi a battere sul cerchio e il limite è proprio quello di non forare, anche se una volta sono arrivato al traguardo con una gomma a terra e ho vinto lo stesso. Quando c’è fango, corri sempre con le gomme a bassa pressione per avere trazione e insieme abbastanza aderenza in curva e comfort. E’ un percorso super complicato. Devi mettere insieme esplosività, forza e resistenza».
Nell’edizione 2021, come nei due anni precedenti, Iserbyt fa il vuoto in salita col suo fisico minutoLa vittoria del belga, che lo scorso anno era ancora campione europeo non ammette replicheSul podio con lui salgono Vanthourenhout e Van Der Haar che la settimana dopo vincerà l’europeoNell’edizione 2021, come nei due anni precedenti, Iserbyt fa il vuoto in salita col suo fisico minutoLa vittoria del belga, che lo scorso anno era ancora campione europeo non ammette replicheSul podio con lui salgono Vanthourenhout e Van Der Haar che la settimana dopo vincerà l’europeo
Un certo Van Aert
Le ultime tre edizioni le ha vinte Iserbyt e prima di lui si segnala la tripletta di Van Aert (2014-2016). Lo score di Nys è impressionante, dato che sette delle sue nove vittorie le ha ottenute consecutivamente (2004-2010).
«Il Koppenberg per me – dice – era la prima classica dell’anno. Sapevano tutti dove avrei attaccato, cioè nell’ultima parte della salita. Quando poi questo ha smesso di essere un mistero e tutti se lo aspettavano, per me è cominciata la pressione, ma sono stato in grado di gestirla bene, soprattutto nell’ultima parte della mia carriera. E’ una sensazione fantastica essere fra i migliori in gara e poter decidere dove attaccare. Su quel percorso ho sfidato tutte le generazioni: da Groenendaal a Wellens, Stybar, Lars Boom e nel 2014 ho dovuto lottare anche con Van Aert, che mi ha battuto allo sprint.
«La prima volta che mi sono confrontato davvero con lui, ho subito avuto la sensazione che non fosse uno qualunque. In cima alla salita avevo attaccato come al solito, ma lui non si è staccato! Fu il primo a seguirmi lì e poi è arrivato lo sprint. Abbiamo svoltato sulla strada verso il traguardo e all’improvviso si è trovato in mezzo Jan Denuwelaere, che era doppiato. Non sono riuscito a sprintare, ma non avrei vinto lo stesso».
Nell’edizione 2014, Nys fa la conoscenza di un certo Van Aert, che non si stacca in salita e lo batte in volataNello sprint non c’è storia. Nys è contrariato per il ruolo di Denuwelaere, doppiato. Van Aert ha 20 anniVan Aert vince il terzo Koppenbergcross nel 2016. Nel 2018 lo affronta da iridato, ma vince Toon AertsNell’edizione 2014, Nys fa la conoscenza di un certo Van Aert, che non si stacca in salita e lo batte in volataNello sprint non c’è storia. Nys è contrariato per il ruolo di Denuwelaere, doppiato. Van Aert ha 20 anniVan Aert vince il terzo Koppenbergcross nel 2016. Nel 2018 lo affronta da iridato, ma vince Toon Aerts
Test per Namur
Sull’importanza di Koppenberg per il resto della stagione, il discorso è molto semplice. Il pubblico del cross aspetta i suoi corridori da tutta l’estate. In base a quanto pubblico ci sarà sul muro, si capirà l’andamento della stagione. Anche se ormai i grossi calibri stanno alla larga e scenderanno in gara da dicembre. La sfida di Oudenaarde sarà anche un bel test in vista degli europei di Namur.
«Il Koppenberg sono pietre e un prato – conferma – Namur invece è piena di pietre. Quando il Koppenberg è bagnato, si affonda fino alle caviglie. Il resto dell’anno ci sono mucche su quel prato. A Namur anche se è bagnato, hai una superficie dura su cui sviluppare velocità. Ma la possibilità di forare è molto superiore. Quest’anno si aggiunge il problema del caldo, che non rende facile Koppenberg. Non è un percorso scorrevole, ma davvero un prato non curato. Quindi la bici oscilla da sinistra a destra. I corridori preferirebbero un prato più paludoso per avere una guida più stabile».
Nys ha vinto il Koppenbergcross per 9 volte: 7 consecutive (2004-2010) e poi nel 2012, nella fotoNys ha vinto il Koppenbergcross per 9 volte: 7 consecutive (2004-2010) e poi nel 2012, nella foto
Il Koppenbergcross sarà trasmesso in diretta da Eurosport 1 con il commento di Ilenia Lazzaro e Fabio Panchetti, a partire dalle 13,40. Dopo le prove del mattino dedicate agli juniores e gli under 23, il programma prevede la gara delle donne elite alle 13,45 e quella degli uomini elite alle 15.
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Il vero problema per un corridore come Van Aert è che l’essere ovunquevincente porta gli addetti ai lavori e i tifosi a misurarlo su ogni percorso. Per questo da ieri in Belgio, avendo capito che Evenepoel non dovrebbe esserci, si ragiona sulle tappe del Tour che Wout potrebbe vincere e sulla riconquista della maglia verde.
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Le scelte di Van Aert
In realtà però il tema sta a cuore anche in seno alla Jumbo Visma, in cui mai come nel 2023 sarà necessaria una rigida programmazione, per evitare che a voler stringere troppo con Van Aert, si finisca con lo stringere niente. L’esempio dell’eterno rivale Van der Poel ha dato da pensare. E’ vero che ha vinto il Fiandre, poi però si è disperso in mille fughe a vuoto.
«Il focus del Tour è nell’ultima settimana con i Vosgi – ha spiegato il preparatore Merijn Zeeman a Het Nieuwsblad – mentre i Pirenei sono meno duri dell’anno scorso e il blocco nelle Alpi è più lungo. Ci sono tappe di montagna più facili rispetto agli anni passati, ma d’altra parte ce ne sono alcune estremamente difficili. Il percorso va accettato, è qualcosa su cui non abbiamo controllo. Ora finalmente possiamo fare il nostro piano e determinare la nostra strategia. Con Roglic, Vingegaard e Van Aert avremo molte opportunità per fare la differenza. Avrebbero dovuto mettere più cronometro? Il nostro più grande concorrente è Pogacar, ma anche lui è uno specialista».
Per una caduta, Roglic ha rinunciato a giocarsi la Vuelta. E’ dato al via del Giro: sarà vero?Per una caduta, Roglic ha rinunciato a giocarsi la Vuelta. E’ dato al via del Giro: sarà vero?
Tutto sul tavolo
Il nodo cruciale che ci è saltato all’orecchio sentendolo parlare è stato il fatto che abbia citato le tre punte per il Tour. E se da un lato anche nel 2022 è parso chiaro che la sconfitta di Pogacar sia dipesa dal massiccio blocco Jumbo Visma contro cui si è scontrato, dall’altro sembrava di aver capito che Roglic per quest’anno avesse altre priorità.
«Tutto è ancora sul tavolo – fa notare Zeeman – è anche possibile infatti che Primoz faccia un altro grande Giro. Ma voglio anche sentire la loro opinione. Voglio sapere cosa pensano e qual è la loro motivazione. Facciamo un piano, poi analizziamo i pro e i contro. Vogliamo vincere le più grandi corse del mondo. Ma questo è possibile solo con un piano in cui tutti credano. Così è stato anche l’anno scorso. Questo è un processo e qualcosa in cui investiamo molto tempo e in cui crediamo pienamente».
Chi non rinuncerà al Tour è Pogacar, ansioso di rifarsi. Qui con Prudhomme alla presentazione di ieriChi di certo non rinuncerà al Tour è Pogacar, ansioso di rifarsi.
Come lavorate di solito in questi casi?
Qualcuno pensa che sia uno spettacolo di marionette. In realtà lavoriamo da sei anni fissando obiettivi e determinando insieme la strategia. Ci prendiamo molto tempo per questo. Poi facciamo un brainstorming passo dopo passo. Ne parlo con tutti i corridori per sentire cosa preferiscono. E si continua poi a modellare il piano e vengono coinvolti gli allenatori. Ora siamo solo all’inizio di tutto questo processo. Quindi onestamente non so ancora chi andrà al Tour e chi al Giro.
E Van Aert cosa farà?
Nel 2022 è stato in altura per sei settimane. Si deve lavorare sodo per arrivare al suo livello. E poi dovremo selezionare i suoi obiettivi. C’è anche il mondiale di Glasgow che si svolgerà il 13 agosto, c’è il Giro che per lui è anche attraente, in più non ha mai fatto la Vuelta. E’ tutto è sul tavolo. Possiamo inventare qualcosa di completamente nuovo oppure replicare quello che si è già fatto.
Prima del mondiale, Evenepoel ha vinto la Vuelta. Il Giro lo tenta con le sue tre cronoPrima del mondiale, Evenepoel ha vinto la Vuelta. Il Giro lo tenta con le sue tre crono
Lui accetterà tutto?
Non sono Van Aert. Wout è una persona molto sensibile e sa che per avere successo è necessario avere un buon piano. Di sicuro gli piace provare cose nuove e questo fa sì che la definizione del suo programma richieda molto tempo. Non è stato ancora deciso nulla, ma una cosa è certa: il Giro delle Fiandre e la Parigi-Roubaix vengono prima di tutto. Ne abbiamo parlato al telefono ieri dopo la presentazione del Tour e questo lo abbiamo definito molto rapidamente. Adesso però bisogna capire cosa verrà dopo. Di solito inizia a correre ai primi di dicembre, ma bisognerà vedere come sarà la sua condizione.
Se fosse un vostro corridore, portereste Evenepoel al Tour?
Remco è estremamente forte nelle crono, quindi si direbbe che il Giro gli si addica di più. Ma d’altra parte, un grande Giro è un mix di tutti i tipi di specialità che dovresti provare. La sua squadra deve avere un piano. Se fossi in lui, non mi focalizzerei troppo su una gara che prevede solo prove a cronometro. Penso che possa vincere anche in un altro modo. Ma certo, se decidesse di venire, non gli faremo sconti. Penso che ci siano quattro corridori che si distinguono sopra tutti gli altri in questo momento: Vingegaard, Pogacar, Roglic ed Evenepoel. Questi sono i più completi.
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