Matteo Malucelli, sprint, XDS-Astana, Langkawi 2025

Meno watt, più aerodinamica. Il nuovo setup di Malucelli in volata

05.10.2025
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Oggi si conclude il Tour de Langkawi e anche se si è ritirato, uno dei protagonisti assoluti è stato Matteo Malucelli. L’atleta della XDS-Astana, purtroppo ha dovuto alzare bandiera bianca a seguito di una caduta avvenuta nel corso della sesta tappa. Una caduta che sul momento sembrava aver avuto conseguenze tremende.

«Ho sbattuto fortissimo la tibia sul manubrio – racconta Malucelli – e si è subito gonfiata tantissimo, non riuscivo ad appoggiarla. Credevo, e me lo diceva anche il medico della corsa, che la gamba fosse spezzata. Invece poi le lastre non hanno evidenziato fratture, ma solo un’enorme contusione. In ogni caso non sarei stato in grado di completare la tappa».

Detto questo, quel che ci ha colpito di Malucelli è stato il suo modo di sprintare: schiacciatissimo e uscendo all’ultimo dalla scia. Il “Malu” è da sempre un corridore molto tecnico, attento ai dettagli (e come potrebbe essere altrimenti, visto che è anche un ingegnere?) e durante questo Langkawi, ma anche in quello dell’anno scorso, non ha vinto tre tappe (e in una ha fatto secondo) per caso. Magari senza il ritiro stavolta il bottino sarebbe stato anche maggiore.

Matteo a terra, assistito dal diesse Renshaw, durante la 6ª tappa del Langkawi (foto Instagram Petronas TdL)
Matteo a terra, assistito dal diesse Renshaw, durante la 6ª tappa del Langkawi (foto Instagram Petronas TdL)
Dunque Matteo, al netto della caduta che fortunatamente è stata meno grave di quanto sembrava, parliamo dei tuoi sprint. Hai cambiato qualcosa nella posizione? Ci sei parso più schiacciato del solito…

Se parliamo di setup della bici non ho cambiato nulla, la bici e le misure sono le stesse che avevo ad inizio anno, però è vero che ho rivisto qualcosina nella posizione della volata. Mi sono accorto che l’aerodinamica vince anche sui watt.

Spiegaci bene, ingegnere!

Ho trovato, anzi ho sperimentato una posizione più aerodinamica con la quale, pur facendo qualche watt in meno, riesco ad essere un po’ più veloce. E alla fine in uno sprint quel che conta è la velocità. Sono consapevole che questa posizione non mi consente di esprimere i miei valori massimi, anche se comunque ci siamo vicini, ma è più efficiente. In poche parole, meglio perdere 20 watt ma andare a 71 all’ora anziché a 70.

E come ci sei arrivato?

Tutto nasce dalle sensazioni che avevo in allenamento. Provando piccole variazioni di posizione, mi sembrava di essere più veloce. Così ho provato più volte, ho iniziato a guardare meglio gli strumenti e stare più schiacciato con le spalle e buttato più avanti in effetti mi dava qualcosa in più in termini di velocità. Invece stando più alto riuscivo a fare più forza, a spingere di più anche in trazione con le braccia, ma perdevo qualcosa ai fini della velocità di punta.

In questa volata si nota come Malucelli sia nettamente più schiacciato rispetto agli altri. Qui la testa era relativamente alta
In questa volata si nota come Malucelli sia nettamente più schiacciato rispetto agli altri. Qui la testa era relativamente alta
Vai avanti…

Ho notato un’altra cosa: la posizione della testa. Appena la abbasso sembra proprio di accelerare, di essere risucchiati dall’aria.

Secondo te di che percentuali di miglioramento parliamo?

Difficile, se non impossibile dirlo. Potrei dire che siamo nell’ordine di un chilometro orario in più, forse anche meno, ma è quello che ti fa vincere o perdere una volata. E’ soprattutto una sensazione di velocità. Al Langkawi per esempio, quando avevo la maglia di leader o quella della classifica a punti, sentivo che era meno aero, che sventolava a certe velocità, e così provi ogni cosa per cercare di migliorare, limare, guadagnare quel mezzo chilometro orario in più. Per esempio metto la radio sul petto e non sulle spalle perché così è più aero.

Noi in effetti, soprattutto nel secondo sprint ti abbiamo visto davvero schiacciato. Come il Cavendish dei tempi migliori. Abbiamo pensato che ne avessi parlato con Anatsopoulos, il tecnico che seguiva Cav e che da qualche tempo è alla XDS-Astana…

No, no… Ho fatto io. A dire il vero già qualche tempo fa avevo provato a fare dei test con il sensore CdA, quello che usano i cronoman, per capirci. Solo che loro eliminano tante variabili facendolo in pista e potendosi mettere su watt prestabiliti. Mi spiego: si mettono a 300 watt con una posizione e vedono a quanto vanno. Poi cambiano qualcosa, si rimettono a 300 watt e se prima andavano a 49 all’ora e poi a 50 vuol dire che quella modifica, che sia di posizione, di materiali o di misure della bici, è giusta. Per noi velocisti è diverso. Ogni sprint richiede uno sforzo massimale e ognuno varia. Magari nel primo faccio 1.312 watt, nel secondo 1.380, nel terzo 1.360… e fare certe valutazioni diventa più complicato. Tanto più che non ho la possibilità di andare in pista.

Un’immagine che ritrae Malucelli durante uno sprint in allenamento. Si nota bene la sua posizione bassa e compattissima
Un’immagine che ritrae Malucelli durante uno sprint in allenamento. Si nota bene la sua posizione bassa e compattissima
Altra cosa che abbiamo notato in questi tuoi sprint malesi è il fatto che sei stato parecchio in piedi. Anche prima di lanciare lo sprint finale vero e proprio. E’ così?

Sì, questo perché ho notato che col tempo ho perso un po’ di esplosività. Ho 32 anni, non che sia vecchio, però qualcosa cambia in termini di forza veloce. Stando già in piedi quando ancora sono a ruota fa sì che possa accelerare prima ed essere più pronto anche in termini di riflessi. Però attenzione…

A cosa?

Questa tattica dello stare in piedi prima e più a lungo è possibile attuarla magari in gare come Malesia, Taihu Lake… dove i percorsi sono molto facili. In Belgio o in Europa è molto più complicato se non impossibile. Lì arrivi nel finale che sei già stanco, a tutta. E allora devi risparmiare al massimo ogni grammo di energia e alzarti proprio alla fine.

X-Lab AD9
La X-Lab AD9 di Malucelli. Misure e quote molto ridotte per essere super reattivo
X-Lab AD9
La X-Lab AD9 di Malucelli. Misure e quote molto ridotte per essere super reattivo
Chi era il tuo ultimo uomo in Malesia, perché anche la squadra conta…

Assolutamente conta. In Malesia il leadout era Aaron Gate. Lui ha una buona accelerata, da vero pistard, ma gli serve spazio. Però devo dire che in generale quest’anno ho avuto dei compagni che nel peggiore dei casi mi hanno consentito di arrivare bene all’ultimo chilometro, nei migliori addirittura ai 150 metri. E vuol dire molto. Almeno fin lì ti sei stressato meno, hai sprecato meno energie. Gli altri anni restavo spesso solo ai -4 o -5…

Ultima domanda, Matteo: prima hai detto che le misure della tua X-Lab sono identiche. Ci ricordi la tua taglia?

Uso una bici molto piccola, una 49, una XS (Malucelli è alto 171 centimenti, ndr). E’ rigidissima e attacco da 110 millimetri. Sono compattissimo. Per il resto: ruote da 60 millimetri e 54×11.

EDITORIALE / Due parole a chi vorrebbe cancellare i velocisti

01.09.2025
4 min
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Tre volate entro l’ottava tappa. La quarta (forse, perché il percorso proprio veloce non è) nella diciannovesima, la quinta a Madrid l’ultimo giorno. I velocisti alla Vuelta potrebbero sentirsi ospiti indesiderati. Dopo aver letto le parole di Thierry Gouvenou, direttore di percorso del Tour de France, ci si chiede se a disegnare le corse siano persone di ciclismo o piuttosto autori di videogame.

«Penso che le squadre dei velocisti – ha detto a luglio il francese, parlando delle tappe monotone con il finale destinato allo sprint – non si stiano facendo alcun favore. In futuro non potremo più avere questo tipo di spettacolo, non ci saranno più tappe veloci in futuro. L’anno scorso ne abbiamo avute otto o nove, alcune molto monotone. Quest’anno ne abbiamo avute circa cinque o sei. E questa sarà la consuetudine futura».

Pogacar è un’eccezione: giusto lottare, ma con la giusta prospettiva. In sua assenza, il ciclismo torna uno sport più aperto
Pogacar è un’eccezione: giusto lottare, ma con la giusta prospettiva. In sua assenza, il ciclismo torna uno sport più aperto

L’eccezione Pogacar

Il ciclismo che piace è quello degli scontri in salita. Pogacar e i suoi sfidanti sono stati capaci di confezionare duelli magnifici. Tuttavia, come ripete spesso Moreno Moser durante le cronache di Eurosport: quello di Tadej non è ciclismo normale. Godiamocelo, ma siamo consapevoli del fatto che sia uneccezione. Proprio la Vuelta sta infatti evidenziando che, tolti l’arrivo di Limone Piemonte e quello di ieri, possono essere soporifere anche le tappe di montagna in cui i leader non si danno battaglia. E non hanno neppure l’adrenalina della volata.

Si sta lavorando in maniera così estrema per spingere i corridori alle prestazioni più elevate che a breve potremmo accorgerci di aver esagerato. Altura a febbraio, altura ad aprile, altura a luglio e poi ancora altura ad agosto. Prima però i ritiri di dicembre e gennaio. Sei ritiri all’anno, quattro in quota, alcuni anche cinque: un carico notevole. Non serve essere dei fisiologi per capire che a un certo punto anche l’altura smetta di dare frutti e che, per contro, dal punto di vista psicologico, le conseguenze rischiano di essere pesanti. Vogliamo scommettere che in tante crisi inattese ci sia il rifiuto della fatica?

Smagrito, meno potente e meno vincente: fa bene Evenepoel a snaturarsi per rincorrere Pogacar?
Smagrito, meno potente e meno vincente: fa bene Evenepoel a snaturarsi per rincorrere Pogacar?

La ricchezza del menù

Chi disegna le corse dovrebbe inserire nel menù ogni specialità possibile. Come dovrebbero fare i giornali che per abitudine raccontano le imprese di un solo campione o di un solo sport. E poi, quando quello sparisce, scoprono di non avere altre cose da dire. A chi risponde che il pubblico vuole leggere soltanto di certi argomenti, rispondiamo che il pubblico va abituato alla varietà.

Come al ristorante. Se anche il piatto forte è quello che ti fa vendere di più, è sbagliato non prevedere altro nel menù. Perché il piatto forte può venire male. Perché gli ingredienti di colpo possono venire meno. Perché il gusto del pubblico potrebbe cambiare.

Così con gli scalatori e i velocisti. Ha senso ed è sostenibile in termini di sicurezza e salute pretendere ogni giorno uno show sovrannaturale? Se per arrivare allo sprint i corridori preferiscono un atteggiamento meno scoppiettante, il rimedio è non portare i velocisti oppure considerare che in certi giorni è utile che tirino il fiato?

Sabato il confronto fra Viviani e Philipsen ha offerto spunti tecnici a non finire: altro che noia…
Sabato il confronto fra Viviani e Philipsen ha offerto spunti tecnici a non finire: altro che noia…

La miopia e le conseguenze

Abbiamo ragionato sabato sulle dinamiche della volata tra Viviani e Philipsen. In quegli ultimi due chilometri ci sarebbe da raccontare il mondo. Invece chi organizza la corsa si lamenta per la mancanza di attacchi nei chilometri precedenti e banalizza lo sprint, quasi che in quei secondi di potenza, adrenalina, tecnica e tattica non ci sia nulla da raccontare.

L’effetto Pogacar fra qualche anno svanirà. C’è da augurarsi che nel frattempo i vari tentativi di replicarlo non producano guasti irreparabili. Costringendo ragazzi giovani a innalzare l’asticella senza mai arrivare al livello necessario, ma sfinendosi nel farlo. Cercando di intercettare talenti precoci che si ritrovano di colpo a fare i conti con l’inadeguatezza e la depressione. Il ciclismo è un mondo dalle mille sfumature. L’appiattimento è miope e non conduce lontano. Può anche andare bene che lo chieda il pubblico, non va bene che si renda complice chi ha il compito di gestirlo.

Creatina, doppio binario: per la forza e contro la disidratazione

26.08.2025
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Nel complesso mondo degli integratori, sviluppati dalle squadre con i propri fornitori per accogliere le esigenze degli atleti, c’è una… voce molto poco raccontata, che invece svolge da tanti anni il proprio compito nello sport: la creatina.

Si tratta di una molecola naturalmente presente nel nostro corpo e proprio per questo è anche uno degli integratori sportivi più studiati negli ultimi decenni. La creatina viene sintetizzata da fegato, reni e pancreas: il suo ruolo principale, volendo semplificare al massimo il discorso, è quello di aiutare le cellule muscolari a produrre energia. Da sola tuttavia la creatina non basta: quando infatti entra nelle cellule muscolari, essa viene in parte trasformata in fosfocreatina che agisce come una vera riserva energetica. Per cui quando l’atleta è nel pieno dello sforzo, i suoi muscoli hanno bisogno di tanta energia in poco tempo. La creatina, immagazzinata nei muscoli sotto forma di fosfocreatina, aiuta a pareggiare il bilancio energetico cellulare. Più creatina è presente, più a lungo si riescono a sostenere gli sforzi più intensi.

La creatina è molto utile per supportare il lavoro dei velocisti in palestra: quelli della strada e anche i pistard
La creatina è molto utile per supportare il lavoro dei velocisti in palestra: quelli della strada e anche i pistard

«La creatina si usa in tantissimi sport e anche nel ciclismo – spiega Laura Martinelli, nutrizionista del Team Jayco AlUla – è un integratore in classe di evidenza, il che vuol dire che ha tantissima rilevanza scientifica. E’ conosciuta da trent’anni, per cui è uno dei pochi integratori che funzionano davvero. Come si utilizza? C’è da fare un distinguo. Da una parte i velocisti e quindi la tipologia di corridori che necessita di esplosività e di una massa muscolare più importante. E poi tutti gli altri».

Perché questa differenza?

La creatina serve per alimentare quel carburante che si chiama fosfocreatina, utilizzata negli sforzi brevissimi ad altissima intensità, tipici appunto delle volate. Ma è tipica anche della tipologia di esercizi che si fanno con i pesi. Per questo i velocisti ne fanno uso nella stagione invernale proprio per sostenere i carichi in palestra. Indirettamente la creatina fa aumentare la massa muscolare, perché il velocista in palestra carica di più, spinge di più e attingendo alla fosfocreatina alza il massimale. Quindi si utilizza in inverno e parallelamente nella stagione delle gare per alimentare le volate. Quindi il velocista la usa con una certa regolarità per tutto l’anno, anche se con finalità differenti.

Velocisti su strada e anche in pista?

Esattamente, per gli stessi principi viene anche molto utilizzata anche in pista. Laddove fondamentalmente ci sono sforzi molto brevi e intensi.

Tutte le aziende producono integratori di creatina, fra queste c’è anche EthicSport
Tutte le aziende producono integratori di creatina, fra queste c’è anche EthicSport
E’ vero che l’uso della creatina può portare a ritensione idrica?

E’ vero. Generalmente, soprattutto ai responder, cioè quando funziona, determina anche un aumento di peso. Per questo motivo a volte la usano anche i non velocisti. Perché a dosaggi molto ridotti, quindi minori rispetto ai dosaggi utilizzati dai velocisti, la creatina aiuta a trattenere i liquidi e quindi può essere utilizzata come prevenzione per la disidratazione.

Quindi lo stesso integratore si può usare con obiettivi diversi?

Esatto. Può essere utilizzata a minore dosaggio da tutti i corridori nel periodo estivo, per trattenere i liquidi e ridurre il rischio di disidratazione. Quindi fondamentalmente lo stesso integratore a dosaggi differenti può avere finalità diverse.

Tour: sprinter e scalatori puri a rischio estinzione? Parla Bramati

09.08.2025
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Poche tappe per velocisti e scalatori puri in difficoltà con i big. L’ultimo Tour de France è stato un bel crocevia per sprinter e grimpeur puri. Una volta c’erano dieci giorni di “piattoni” e la Grande Boucle diventava il festival dei velocisti, ma forse era anche troppo. Oggi invece nei percorsi si inseriscono difficoltà, strappi, pavé. Pensiamo alle prime tappe già con le sfide fra Pogacar e Van der Poel o le fughe di Healey. Per contro, corridori Lenny Martinez e Valentin Paret-Peintre, bravissimi in salita, hanno dovuto anticipare per non essere schiacciati dagli uomini di classifica. Ci chiediamo perciò che futuro ci sia al Tour per queste due tipologie di ciclisti.

Per questo ragionamento abbiamo coinvolto Davide Bramati, direttore sportivo della Soudal-Quick Step. Il “Brama” aveva in corsa sia il velocista puro, Tim Merlier, e lo scalatore Paret-Peintre. Proprio i quei giorni Thierry Gouvenou, responsabile per ASO dei tracciati, per esempio aveva detto che per motivi di share televisivo e di attenzione si sta pensando di eliminare o limitare al massimo le tappe piatte.

Davide Bramati (qui al microfono di Jens Voigt) è direttore sportivo della Soudal dal 2010
Bramati (qui al microfono di Jens Voigt) è direttore sportivo della Soudal dal 2010
Davide, dunque, come vedi il futuro per queste due categorie così particolari e specifiche?

Il giorno che Gouvenou ha rilasciato quell’intervista c’era stata una tappa anomala con tanto vento contro e quindi meno bagarre. In più le tappe precedenti erano state affrontate ad alta velocità e ci stava un giorno di “relax”, però secondo me le tappe in volata e i velocisti ci saranno sempre. I velocisti sono parte del ciclismo e della sua storia. Magari si faranno delle volate con finali diversi o con qualche strappo, perché alla fine magari guarderanno anche la sicurezza al fine di arrivare con gruppi meno numerosi o più allungati. Però è giusto avere delle volate anche nei Grandi Giri, non puoi fare secondo me tre settimane impegnative.

Però è anche vero che c’è un importante incremento delle salite, tante volte ormai si arriva in volata dopo 2.000-2.500 metri di dislivello: cambierà negli anni il fisico del velocista? Sarà un po’ meno da 2.000 watt e un filo più scalatore?

Sicuramente il velocista dovrà essere sempre più pronto anche a passare certe salite. Penso per esempio alla seconda tappa che ha vinto Milan: non era un percorso facile. Eravamo sui 2.000 metri, forse le salite erano un po’ lontane dall’arrivo, però sicuramente il velocista ha faticato. E infatti si erano staccati. Di certo in futuro lo sprinter dovrà adeguarsi se i percorsi saranno sempre più duri: non dovrà solo mantenere l’esplosività, la velocità, ma dovrà anche migliorare in salita.

Chiaro…

Però torno indietro, ma non penso che cambierà tanto, almeno spero. In un Grande Giro i metri di dislivello sono già veramente tanti, metterne ancora più per avere meno volate, mi sembra portare il nostro sport su altre vie. E’ già molto duro, è sempre più duro e nonostante tutto le velocità che si stanno facendo sono pazzesche.

Prendiamo il tuo Merlier, per esempio, ci lavori da anni ormai: hai notato una sua trasformazione?

Tim in questi ultimi due anni è migliorato in salita e non ha perso la sua esplosività, la sua velocità. L’anno scorso ha vinto la tappa di Roma al Giro d’Italia, quindi l’ultima, superando le grandi montagne, quest’anno ha finito il Tour de France… In questi ultimi due anni lo vedo migliorato in salita senza aver perso il suo spunto.

Nel tempo anche i velocisti puri saranno destinati a dover tenere di più in salita. Qui Merlier contro Milan
Nel tempo anche i velocisti puri saranno destinati a dover tenere di più in salita. Qui Merlier contro Milan
C’è stata una tappa dell’ultimo Tour in cui Tim non è riuscito a tenere per giocarsi la volata?

Sì, ma non per questioni di dislivello. Penso alla prima vittoria di Milan. Quel giorno Merlier forò a 10 chilometri dall’arrivo e con le velocità di adesso paghi dazio. Ha cambiato bici, è rientrato però aveva speso troppo. C’erano questi ultimi tre chilometri in cui si girava a destra, la strada saliva, c’era una rotonda, da lì scendevi a tutta velocità e poi altre due rotonde prima dell’ultimo chilometro in leggera salita. Lì, ai 500-600 metri dall’arrivo, ha pagato lo sforzo per tornare in posizione per poter disputare lo sprint.

Passiamo agli scalatori. Voi in Soudal-Quick Step siete stati bravi nella gestione Paret-Peintre. Però viene da chiedersi se uno scalatore potrà mai tornare a fare classifica al Tour de France…

Sono convinto che in questo ciclismo se uno scalatore puro decide di non fare classifica è meglio. Voi avete nominato Martinez e Valentin, emblema di questa categoria. Noi non siamo mai partiti con l’idea di puntare alla maglia a pois, tutti eravamo venuti con un altro obiettivo che ben sapete (fare classifica con Remco Evenepoel, ndr) e di conseguenza i piani sono cambiati. Il giorno del Ventoux entrare nella fuga era importante e non facile: erano già state fatte le prime due ore a 52-53 all’ora. Per uno del suo peso era importante avere dei compagni vicino come di fatto è accaduto. Penso che per un vero scalatore l’obiettivo dipenda soprattutto da ciò che vuole la squadra.

Cioè?

Penso all’aiuto nel tenere la posizione: se è lui che deve essere aiutato o se deve aiutare. Se può riposarsi nelle tappe di pianura oppure se deve tenere. E torniamo al discorso del fare classifica o no. Per me è meglio che sia libero e punti alle tappe. Oggi se sei nei primi dieci della classifica e vai in fuga non è facile che ti lascino andare. Se sei al ventesimo posto è più facile.

Nella tappa del Ventoux. le prime due ore sono state corse a velocità supersoniche. Gli scalatori puri erano in difficoltà
Nella tappa del Ventoux. le prime due ore sono state corse a velocità supersoniche. Gli scalatori puri erano in difficoltà
Quindi anche per il futuro sarà un po’ destinato o a tirare per un vero big o a uscire di classifica?

Non è detto, non è facile rispondere: alla fine quanti scalatori puri c’erano davvero in gruppo al Tour? Restiamo sempre a quei due nomi. Nella tappa del Ventoux, come detto, hanno fatto le prime due ore in pianura ad oltre 50 di media e non è così scontato che atleti con quelle caratteristiche restino in gruppo. Al Tour tutte le tappe sono state fatte a velocità folli e sicuramente loro spendono di più di un corridore-scalatore di 60-63 chili, questa è la differenza. Però sicuramente sono corridori che quando la strada sale si vede che hanno ancora qualcosa in più. Nel caso di Martinez e Paret-Peintre sono ancora giovani, bisogna aspettare per giudicare.

Quindi secondo te in chiave futura al Tour de France chi è più a rischio: lo sprinter o lo scalatore puro?

E’ una domanda a trabocchetto e non è facile poter rispondere. Ad oggi io terrei il ciclismo esattamente com’è, perché è veramente un ciclismo spettacolare, corso ad alti livelli. Bisognerà capire cosa succederà fra qualche anno quando non ci saranno più questi tre-quattro dominatori assoluti. Magari si apriranno altri scenari. Io credo che certe frazioni piatte e certi corridori ci saranno sempre, sono parte del ciclismo.

E gli scalatori? Passeranno ancora gli scalatori da 50-55 chili, i Pozzovivo della situazione?

Dipenderà da quel che vogliono le squadre. Però dipende anche dal corridore. Valentin per esempio nonostante i suoi 52 chili a Parigi, sotto quell’acqua e sul pavé, è arrivato diciassettesimo: non è poco su quel percorso per uno come lui. Quindi in qualche modo sa essere competitivo anche su altri terreni.

Milan e Merlier: il confronto tecnico con Silvio Martinello

16.07.2025
6 min
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Il Tour de France riparte oggi da Tolosa con un probabile arrivo allo sprint ed è lecito pensare che ci sarà di nuovo una sfida fra Tim Merlier e il nostro Jonathan Milan. Una sfida che è anche tecnica. E quando si parla di tecnica e volate, quale miglior interlocutore di Silvio Martinello?

L’ex sprinter (e pistard) veneto fa un’analisi dettagliata dei due: rapporti, caratteristiche fisiche, tecnica. Ma alla base c’è una differenza chiave. Milan ha più margine di crescita rispetto a Merlier e questo, in ottica futura, fa ben sperare.

Classe 1963, Silvio Martinello, è stato un pistard e professionista su strada per 15 stagioni
Classe 1963, Silvio Martinello, è stato un pistard e professionista su strada per 15 stagioni
Silvio, iniziamo questo parallelismo fra Milan e Merlier, che sembra un po’ la bestia nera di Jonathan…

La bestia nera… direi piuttosto che è un velocista con caratteristiche diverse. Tim è il classico velocista che non vorresti mai avere a ruota, perché ha quella capacità di saltarti negli ultimi metri, quel cambio di ritmo micidiale che spesso è letale. Milan è migliorato molto, soprattutto nella capacità di farsi trovare nel posto giusto al momento giusto. Ve lo ricordate al Giro d’Italia 2023 quando vinse una tappa, ma poi ne buttò via tante perché era fuori posizione?

Sì, vero…

Rimontava sempre, ma se sei fuori posizione quando è il momento di lanciare lo sprint, perdi. Per quanto tu possa essere forte, qualcuno ti arriva davanti. Ecco, su questo Milan è cresciuto molto. Anche la tappa che ha vinto, l’ha vinta praticamente senza squadra. E’ stato lui a muoversi bene negli ultimi metri, capendo e leggendo perfettamente la situazione.

Come dici te, ha stupito per le posizioni, ma anche per le tempistiche…

Sì, posizione e tempismo. E’ migliorato tanto ed era il suo tallone d’Achille. Le sue qualità non si discutono: il motore c’è, è potentissimo. E’ il classico velocista che avrebbe bisogno di un treno votato solo a portarlo agli ultimi 200 metri, cosa che oggi si fa meno. Jonathan si sta adattando bene, ma poi ci sono anche gli avversari.

Cioè?

Gli sprint non sono corsie fisse: vince chi è più veloce, ma anche chi ha la miglior posizione e chi sceglie il momento giusto. Da questo punto di vista Merlier, come dicevo, è uno che nessuno vuole a ruota. Con Philipsen tagliato fuori dai giochi, i tre sprinter di riferimento erano loro, e infatti sono gli unici ad aver vinto finora in questo Tour. E credo che saranno ancora loro due a giocarsi le prossime tappe, salvo sorprese che nelle volate ci stanno sempre.

Milan e Merlier: si nota la differenza delle spalle e della testa soprattutto. Jonny rivolge lo sguardo del tutto in avanti (foto Instagram)
Milan e Merlier: si nota la differenza delle spalle e della testa soprattutto. Jonny rivolge lo sguardo del tutto in avanti (foto Instagram)
Da un punto di vista stilistico, cosa ci dici?

Questa continua ad essere una pecca per Milan: ondeggia troppo, muove le spalle, e questo non lo aiuta. Se un giorno riuscisse a correggersi – cosa complicata alla sua età, l’ho già detto in passato difficile che un pro’ cambi troppo – può migliorare. Ma nel ciclismo nessuno è imbattibile. Se dovesse riuscire a correggersi, a quel punto batterlo in volata diventerebbe durissima.

Perché guadagnerebbe aerodinamica abbassandosi con le spalle?

Certo. A quelle velocità, sopra i 70 all’ora, la posizione fa la differenza. Lui è molto alto e non mette mai la testa sotto le spalle: guarda avanti, punta l’arrivo. Ha però un motore eccezionale che non si discute.

E Merlier?

Anche lui, ma di certo è più composto. E’ alto, ma sta più schiacciato. Il sedere è più basso o in linea con le spalle, e questo migliora l’aerodinamica. Forse quella è la piccola differenza decisiva.

A Chateauroux si è notata una differenza anche nei rapporti: Milan aveva il 54×10, Merlier un 56×11…

Di certo Jonathan non ha tirato il 10, altrimenti sarebbe stato più duro, mentre era più agile di Tim. Si vedeva. Merlier è stato abilissimo anche a scegliere il momento giusto: sono partiti quasi insieme, ma lui lo ha leggermente anticipato, spingendo il rapporto più pesante. Attenzione però, siamo sicuri che Milan sia più agile?

Spiegaci meglio…

Milan magari aveva un 54×11 che è più agile del 56×11 di Merlier, ma la differenza è minima: roba di pochi centimetri. Secondo me è quel modo di pedalare che lo fa apparire più agile di quel che è realmente, il che è paradossale visto il fisico. Uno come Jonathan non dovrebbe avere problemi a spingere rapportoni. Credo sia una questione di stile personale, ma anche di esperienza.

Un’esperienza?

Milan è al suo primo Tour. Io ho fatto la mia ultima Grande Boucle nel 1999, sono passati 26 anni e magari le cose sono cambiate, ma ho sempre trovato che le mischie al Tour siano più complesse di quelle del Giro. C’è più tensione, più concorrenza. Milan sta facendo molto bene, ha anche focalizzato la maglia verde che è un obiettivo importante. Tra l’altro secondo me, questo obiettivo gli sta togliendo un po’ di brillantezza.

Perché?

La differenza di punti ai traguardi intermedi è minima, ma solo Milan sprinta con quella determinazione per la maglia verde. Gli altri pensano più all’arrivo finale. Questa è una differenza anche nervosa, non solo di energia. Per questo dico che Jonathan ha bisogno di imparare. E’ giovane, ha margini e queste esperienze lo aiuteranno di sicuro. Poi è anche vero che se punti a quella classifica i traguardi volanti sono determinanti.

Silvio, si è notato che hanno modificato l’ordine del treno. Simone Consonni non è più l’ultimo uomo..

Vero, lo avevo notato subito. Simone forse non è brillantissimo in questo momento e credo che abbiano scelto di cambiare proprio per questo motivo. Al Tour devi raccogliere risultati. Meglio invertire i ruoli con Stuyven, ma ripeto: Milan si muove bene anche da solo. Merlier, invece, sta facendo molto da solo, più del solito.

L’arrivo al photofinish di Dunkerque fra Merlier e Milan al colpo di reni. I due sono davvero vicini e non solo in questa occasione (immagine fornita da Tissot)
L’arrivo al photofinish di Dunkerque fra Merlier e Milan al colpo di reni. I due sono davvero vicini e non solo in questa occasione (immagine fornita da Tissot)
Altre piccole differenze che hai notato?

Sono due velocisti diversi, ma fortissimi. A me Merlier piace molto, da sempre. Ha un atteggiamento umile, e per un velocista non è scontato, spesso hanno personalità più informali, fuori dalle righe. Non lo conosco di persona, ma da come parla e si muove mi sembra uno concreto, educato. Mentre tecnicamente non dimentichiamoci che Merlier viene dal ciclocross: certe abilità di guida se le è portate dietro.

Sono entrambi da volata lunga?

Sì, ma più Milan. Merlier se lo hai a ruota ti salta nove volte su dieci. Al tempo stesso, se serve, prende anche l’iniziativa. Anche per questo, nella mia personale classifica di gradimento degli sprinter oggi, Merlier è davanti a tutti.

Anche a Philipsen?

Sì, anche a Jasper Philipsen. Philipsen ha caratteristiche simili a Milan e Pedersen, un altro grande sprinter.

Ecco, per un treno super Pedersen potrebbe fare da apripista a Milan? E anche viceversa?

Il contrario (Milan che tira per Pedersen) lo vedo difficile. Pedersen potrebbe fare da ultimo uomo, ma mi chiedo se accadrà. Van der Poel fa l’apripista a Philipsen e Groves, ma lui non fa volate di gruppo. Pedersen invece sì e le vince Non è un caso che abbiano programmi separati.

Silvio, con la tua esperienza: a chi paragoneresti Milan e Merlier tra i velocisti del passato?

E’ facile. Per caratteristiche fisiche e tecniche, Milan lo avvicino a Cipollini o Petacchi, magari con un treno tutto per lui. Merlier invece mi ricorda Danny Nelissen: il classico velocista belga o comunque del Nord cresciuto nelle mischie, con abilità innate nel muoversi da solo. E, nel suo caso, sfruttando anche ciò che ha imparato dal cross.

Velocisti da Giro, velocisti “da Malesia”: il punto con Mazzoleni

15.05.2025
5 min
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Tutto nasce da una frase di Matteo Malucelli, il quale presentando i velocisti del Giro d’Italia, aveva usato l’espressione «velocisti da Malesia», per indicare cioè quegli sprinter puri più idonei a corse solitamente molto veloci, su percorsi più abbordabili. La tappa di ieri con arrivo a Matera ha scavato la netta differenza fra i pochi, Pedersen fra loro, che hanno retto fino al traguardo e quelli che si sono staccati prima.

Il corridore e ingegnere della XDS–Astana aveva anche aggiunto che corridori così avrebbero fatto più fatica a finire il Giro, a mantenere lo spunto veloce su percorsi più duri e in una corsa a tappe tanto lunga. Lui stesso aveva detto che in parte si riconosceva in questa categoria e che per poter affrontare un Giro serviva un compromesso fra tenuta e spunto veloce.

Un aspetto tecnico davvero interessante che abbiamo posto all’attenzione di Maurizio Mazzoleni, capo dei preparatori proprio della XDS–Astana.

Maurizio Mazzoleni, preparatore e sport manager della della XDS-Astana (foto XDS-Astana)
Maurizio Mazzoleni, preparatore e sport manager della della XDS-Astana (foto XDS-Astana)
Maurizio, prendiamo come spunto le parole di Malucelli, il quale in Turchia dopo la sua vittoria ci aveva detto che non avrebbe fatto il Giro perché sarebbe una sofferenza grande per lui. Quindi ci deve essere un velocista che è pronto per un grande Giro? Ed eventualmente, come si può diventarlo?

E’ chiaro che, come avevamo detto a inizio anno, il nostro obiettivo è massimizzare le performance degli atleti in base alle caratteristiche che hanno e metterli nelle condizioni di esprimerle al meglio nelle gare che più gli si addicono. Per questo Malucelli rientra in una valutazione che facciamo utilizzando la nostra esperienza, i nostri dati e anche quelli dell’intelligenza artificiale, mettendo assieme tutto.

Chiarisci meglio…

E’ emerso che il miglior calendario per Malucelli non prevedeva i grandi Giri. Quando si prepara un grande Giro e lo si corre, in quei due mesi si rinuncia ad altre gare che gli si addicono di più. Questo è il punto.

Non si tratta solo della corsa, quindi?

Esatto. Se devo preparare un grande Giro non posso sempre correre. E poi c’è un altro discorso.

Malucelli, qui vincitore della tappa finale del recente Tour of Turkiye, non ha mai preso parte ad un grande Giro
Malucelli, qui vincitore della tappa finale del recente Tour of Turkiye, non ha mai preso parte ad un grande Giro
Quale?

La scelta della lineup per quella determinata competizione. Se si prevede un velocista puro, devi supportarlo con uno, due, anche tre uomini che lavorino per lui. Finalizzare il lavoro vuol dire usare corridori con caratteristiche specifiche. Al tempo stesso sono corridori in meno che potrebbero fare un altro tipo di lavoro. Per Malucelli, la valutazione è rientrata in questo ambito.

Allarghiamo però il discorso, usciamo da Malucelli…

In generale, nel ciclismo il velocista puro è un tipo di corridore che si sta trasformando. Se guardiamo gli ordini di arrivo in certe tappe, come quelle iniziali del Giro, abbiamo visto corridori come Pedersen, Strong, Groves: passano salite che prima certi velocisti non superavano.

E quindi?

E’ un nuovo tipo di sprinter. Sono corridori moderni che passano anche asperità intermedie. Ma sicuramente hanno previsto una preparazione specifica per il grande Giro. Queste qualità sono in parte genetiche, ma sono anche allenabili. Non è precluso che un velocista puro possa fare un grande Giro, ma bisogna considerare che le tappe veramente piatte sono poche: due, forse tre. Le altre occasioni se le devono sudare.

Anche fare gruppetto (qui Dainese, Gaviria e Consonni in una foto del 2023) può non essere scontato nei grandi Giri
Anche fare gruppetto (qui Dainese, Gaviria e Consonni in una foto del 2023) può non essere scontato nei grandi Giri
Sempre prendendo spunto dalle parole di Malucelli, si parlava del recupero. E’ più difficile per uno sprinter?

La struttura fisica di un velocista comporta una maggiore massa muscolare. A livello di tossine e di recupero metabolico, lo sforzo produce più metaboliti e scorie. I tempi di recupero possono essere maggiori, ma fa parte della loro normalità. Gli scalatori hanno meno masse muscolari e un volume aerobico maggiore che gli consente un recupero più efficiente.

Prima hai detto che a uno sprinter puro il Giro non è precluso, ma bisogna lavorarci. Ebbene, come si lavora in questa direzione?

Questa riforma del calendario spinge a considerare l’intera stagione. Non è detto che un professionista debba fare i grandi Giri per forza. Anzi, si stanno promuovendo anche le attività parallele. Noi, per esempio, siamo al Giro d’Italia, ma in maggio facciamo anche tre attività con l’obiettivo punti: le 4 Jours de Dunkerque, il Tro Bro Léon e il Giro d’Ungheria. Bisogna allontanarsi dall’idea che ci siano solo tre grandi Giri. Un atleta può essere completo anche seguendo calendari diversi.

Se una squadra punta forte sul velocista, può avere anche 6 uomini a sua disposizione. Qui l’Astana 2024 per Cavendish al Tour
Se una squadra punta forte sul velocista, può avere anche 6 uomini a sua disposizione. Qui l’Astana 2024 per Cavendish al Tour
Da un punto di vista tecnico, come dovrebbe lavorare uno sprinter per affrontare un grande Giro?

La prima cosa è non snaturarsi: Cavendish ad esempio non lo ha mai fatto. Bisogna arrivare pronti a una competizione importante, ma senza alterare troppo la preparazione. Più si esaspera la parte aerobica, più si rischia di perdere le qualità anaerobiche. E’ sempre un equilibrio delicato. Un velocista puro deve avere comunque un livello minimo per completare tre settimane e non uscire dal tempo massimo. Non è scontato. Anche se oggi le percentuali sono un po’ più generose, resta un rischio. Basta una giornata storta in una tappa dura, e può uscire fuori tempo massimo.

Discorso lineup: tu ci hai parlato di un certo numero di uomini a supporto. Puoi dirci di più?

Gliene servono minimo due per il lead-out, e poi chi lo accompagna nelle tappe più difficili. Come ho detto, da due a quattro uomini se la squadra ha anche altri obiettivi. Se invece si punta tutto sul velocista, possono arrivare anche a sei.

Inizia la rumba dei velocisti. Malucelli punta su Kooij e… Moschetti

11.05.2025
4 min
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Se oggi l’altimetria rischia di essere per loro proibitiva, dalla tappa di martedì a Lecce dovrebbe finalmente aprirsi lo show dei velocisti in questo Giro d’Italia. Su carta, le frazioni dedicate alle ruote veloci sono sette, ma almeno tre di queste gli sprinter dovranno sudarsele fino all’ultimo metro. E una di queste potrebbe essere quella di oggi a Valona.

Del parterre dei velocisti abbiamo parlato con chi di volate se ne intende: Matteo Malucelli, atleta della XDS-Astana che alla corsa rosa non c’è, ma che ha fatto le carte ai colleghi presenti. L’occhio di chi è nel gruppo riesce sempre a dare qualcosa in più.

Matteo Malucelli (classe 1993) ha analizzato per noi il parterre dei velocisti al Giro
Matteo Malucelli (classe 1993) ha analizzato per noi il parterre dei velocisti al Giro
Matteo, iniziamo dall’analisi degli sprinter in gara. Il livello com’è?

E’ vero che, lo dico sinceramente, il livello non è mega galattico. Manca gente come Jasper Philipsen e Jonathan Milan. Secondo me però vedremo degli sprint molto interessanti proprio perché mancano i tre corridori che hanno dominato tutte le volate finora: Philipsen, Merlier e Milan.

Quindi chi vedi come favorito?

Secondo me Olav Kooij è quello che ha un livello un filino più alto degli altri: lo sprinter più “puro” (immagine di apertura in uno sprint contro Bennett, anche lui presente al Giro, ndr). Olav è il più veloce per me. Se Kooij avrà spazio, anche in base a quel che farà Van Aert, sarà un osso duro. Dietro di lui ci sono altri bei velocisti che si giocheranno le tappe. Direi che ci sono 5-6 corridori sullo stesso livello. E poi chiaramente c’è Mads Pedersen che è fortissimo, ma non è uno sprinter puro. E’ qualcosa di più di un velocista (e lo ha dimostrato nella tappa di apertura, ndr).

Chiaro…

E’ cambiata. Il velocista puro come una volta non c’è più o comunque si sta modificando. Però gli uomini davvero veloci ci sono ancora, e quindi sicuramente ci saranno delle belle volate. Kooij, sulla carta, è quello che ha velocità di punta maggiore più veloce. Però…

Però?

Però anche io, in Turchia, pensavo di essere il più veloce e su tre volate ne ho vinta una. Quindi magari il più veloce non lo ero davvero. E’ anche vero che corridori più quotati come Kristoff non ne hanno vinta nemmeno una. Le volate sono sempre un po’ un terno al lotto.

Pedersen non è un velocista puro, ma a Tirana ha dimostrato notevole potenza
Pedersen non è un velocista puro, ma a Tirana ha dimostrato notevole potenza
In ogni caso, mancano pezzi grossi come Philipsen, Merlier, Milan. Non è poco…

E anche Groenewegen. Ma il livello resta buono. E poi bisogna considerare il percorso: in alcune tappe potrà vincere un velocista che ha qualcosa in più. Secondo me Groves e Pedersen sono i corridori che possono passare meglio le salite. E questo darà loro la possibilità di giocarsi più arrivi. E di arrivarci con gambe migliori.

Il percorso lo hai guardato?

Non facendolo non l’ho studiato bene, ma ho visto che di volate piatte ce ne sono poche. Gli arrivi degli sprint arrivano quasi tutti dopo tappe mosse, quindi sarà fondamentale anche la tenuta sugli strappi.

Riassumendo, chi sono gli sprinter più pericolosi?

Come detto, il più puro è Kooij. Poi ci sono Pedersen, Groves, il mio compagno di squadra Kanter, Sam Bennett, Van Aert, Lonardi e Moschetti. Ecco, Matteo secondo me una tappa la vince.

Cosa ti porta a dire questo su Moschetti?

Perché è partito bene ed è forte. E’ sempre stato forte. Lo conosco, ha trovato la squadra giusta e le motivazioni giuste. Quando un velocista comincia a vincere prende fiducia. E’ questione di equilibrio. Una tappa al Giro se la merita e sarei contento per lui se dovesse riuscirci.

Matteo Moschetti ha già vinto 4 corse quest’anno: per Malucelli ha ottime possibilità di conquistare una tappa in questo Giro
Matteo Moschetti ha già vinto 4 corse quest’anno: per Malucelli ha ottime possibilità di conquistare una tappa in questo Giro
E di Lonardi invece cosa ci dici? E’ uscito dalla Turchia con la maglia verde…

E’ quello il suo problema, tiene troppo in salita! Gliel’ho detto: «Ma perché vai così forte in salita? Magari potresti essere più veloce se risparmiassi un po’». E lui mi ha risposto che lo sa, che deve cercare di essere più potente per i finali. In generale però Lonardi va forte e la maglia verde di miglior sprinter lo dimostra. E’ costante. Ma la coperta è corta: se migliori in salita, perdi qualcosa in volata. Bisogna trovare la giusta combinazione. Questo vale per lui come per tanti altri.

Questo equilibrio è davvero delicato nel ciclismo moderno…

E’ così. Bisogna fare delle scelte e la squadra deve esserne consapevole. Il calendario deve essere programmato in funzione delle tue caratteristiche. La squadra te lo deve cucire addosso anche con gli altri compagni. Se vai al Giro d’Italia non puoi essere un velocista da Tour of Langkawi, per capirci. Perché il Giro non lo finisci, fai fatica.

C’è qualche altro nome da tenere d’occhio?

Beh, c’è Luca Mozzato, anche se quest’anno si è visto poco. C’è Milan Fretin che è stata una bella sorpresa. E poi bisogna capire Casper Van Uden. Però, sinceramente, in Turchia non è che abbia brillato.

Velocisti. Petacchi mette in pole Milan, Jakobsen e Dainese

04.05.2024
5 min
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Il parterre dei velocisti in questo Giro d’Italia è davvero stellare. Tolto Jasper Philipsen ci sono tutti: da Jakobsen a Merlier, da Dainese (in nero nella foto di apertura) a Kooj, passando per Milan, Ewan… E potremmo continuare a lungo. Ci aspettano quindi grandi sfide, sgomitate, colpi di reni e velocità folli. Adrenalina pura.

Questi possibili duelli li mettiamo sotto la lente d’ingrandimento di Alessandro Petacchi, uno dei velocisti più vittoriosi della storia, specie quella del Giro. Solo nella corsa rosa AleJet vanta 22 successi. E restano memorabili le sue nove tappe in una sola edizione, quella del 2004.

Jonathan Milan sarà pilotato da Simone Consonni
Jonathan Milan sarà pilotato da Simone Consonni
Dicevamo, Alessandro, di un parterre da urlo per quanto riguarda i velocisti…

In effetti ci sono tutti. Manca quello che su carta è il più forte del momento, cioè Philipsen. E lo è anche per quel che ha fatto vedere ad inizio stagione, non solo nelle volate, ma anche alla Sanremo e alla Roubaix.

Ma alla Tirreno ha perso da Milan…

Ha perso nei confronti di Milan è vero, ma prima c’era uno strappo e anche a San Benedetto del Tronto, dove lo strappo non c’era. Speriamo che Jonathan possa avere di nuovo quella condizione che aveva alla Tirreno. Jonathan ha fatto vedere tanto l’anno scorso al Giro, ma quest’anno il livello è più alto. Il lotto dei velocisti è più importante e se riuscisse a confermare quanto fatto, allora potremmo dire che è cresciuto ancora. Io però aspetto Milan al Tour. Se queste vittorie le otterrà anche in Francia, allora il più forte sarà lui. E potremmo dire di aver trovato un velocista di livello mondiale.

Scorriamo l’elenco: forse un nome grande, il più grande, tra i velocisti è quello di Fabio Jakobsen, ora alla Dsm-Firmenich…

Jakobsen è un grande motore. Senza dubbio se lui sarà quello di prima dell’incidente sarà difficilissimo da battere per potenza pura e punta di velocità. L’incognita appunto è capire se è di nuovo a quei livelli. 

La Dsm ha anche Andresen (in foto) che viene da tre vittorie in Turchia dove l’apripista fu Jakobsen. C’è da supporre che il danese ricambierà il favore
La Dsm ha anche Andresen (in foto) che viene da tre vittorie in Turchia dove l’apripista fu Jakobsen. C’è da supporre che il danese ricambierà il favore
Andiamo avanti…

Mi viene in mente il nome di Gaviria, il quale è sempre forte ma se continua a partire ai 300 metri poi non arriva. Deve ancora valutare bene le distanze. Non si riesce mai a capire cosa farà.

Di Merlier cosa ci dici?

E’ giovane, è forte e ha già fatto vedere buone cose. Con uno come lui tutto è possibile. Merlier è piuttosto imprevedibile ma è molto, molto veloce.

Un altro atleta interessante che zitto, zitto c’è sempre è Phil Bauhaus, che tra l’altro ha un ultimo uomo come Pasqualon…

In una tappa difficile o in un arrivo più complicato Bauhaus c’è di sicuro. Lui è perfetto per quegli arrivi, mentre lo vedo un po’ più in difficoltà su quelli più ampi, piatti e regolari di gruppo. Di questi ne vince uno su dieci, mentre in quelli più tecnici difficilmente esce dai primi tre. Sarà da tenere d’occhio. Magari già ad Andora.

Bauhaus in questa stagione ha vinto una tappa alla Tirreno, proprio in uno di quegli arrivi tecnici di cui diceva Petacchi
Bauhaus in questa stagione ha vinto una tappa alla Tirreno, proprio in uno di quegli arrivi tecnici di cui diceva Petacchi
C’è poi una vecchia conoscenza: Caleb Ewan, il quale tra l’altro ha un bell’apripista come Mezgec…

Stavolta però Caleb non ha dato grandi segnali sin qui. Ewan non mi sembra più quello esplosivo di un tempo. Però poi magari azzecca due tappe perché ha esperienza ed è motivato. Una volta Ewan era perfetto anche per gli arrivi che tiravano un po’ o dopo uno strappetto, in quanto sfruttava il suo peso ridotto.

Veniamo ad un corridore che tu stimi molto: Alberto Dainese. Come lo vedi?

Bene, anche perché su carta Dainese è il velocista che ha il treno più numeroso (Storer, Froidevaux, Mayrhofer e Trentin come ultimo uomo, ndr). E questo è molto importante visto che si corre in otto e non più in nove. Ed è importante anche perché vuol dire che hanno puntato su di lui. Alberto, quando gli hanno lasciato spazio, ha vinto due tappe al Giro ed era giusto per me dargli più spazio. Lo ha trovato alla Tudor. Tra l’altro questo ragazzo si difende bene su determinate difficoltà.

Olav Kooij è uno degli sprinter più forti. Sarà pilotato da Laporte
Olav Kooij è uno degli sprinter più forti. Sarà pilotato da Laporte
Ti riferisci a qualche tappa specifica?

Penso ad Andora che prima ha Capo Mele o anche a quella di Fossano, il cui arrivo è preceduto da uno strappo. Nulla di che, l’ho visto in ricognizione e si fa di rapporto, ma si scollina ai -3 chilometri. Quindi se il treno si disunisce o è corto poi è un problema risalire.

C’è poi una folta schiera di velocisti di rango: Kooj, Girmay, Molano, Aniolkowsky…

Ce ne sono molti e tutti sullo stesso livello. Come detto, il parterre è importante. Tra questi Girmay è un po’ come Bauhaus, se prima c’è uno strappetto o una difficoltà tecnica c’è. Molano ogni tanto una volata l’azzecca, ma immagino non avrà un grande aiuto dalla squadra (è nella UAE Emirates di Pogacar, ndr). Una cosa è certa, per vedere la prima volata e i valori in campo dei velocisti bisognerà aspettare almeno la terza tappa, quella di Fossano.

Pianeta velocisti mai così folto. Petacchi ne sceglie cinque

12.02.2024
6 min
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Jonathan Milan, Olav Koij, Jasper Philipsen, Alberto Dainese, Fabio Jakobsen, Mark Cavendish. E ancora De Kleijn, Bauhaus, Groenewegen, Merlier, Groves… senza contare i tanti giovani emergenti, non ultimo il francese Magnier. E quelli in cerca di riscatto: Nizzolo, Gaviria, Girmay, Coquard, Demare… La lista dei velocisti quest’anno è più lunga che mai.

Cosa dobbiamo attenderci? Chi è il più forte? Chi ha il miglior leadout? Domande alle quali ha risposto Alessandro Petacchi che di volate (e di velocisti) se ne intende. 

Vista la lista lunga, Alejet ne ha battezzati cinque. I cinque che secondo lui sono i più forti e che ci faranno vedere grandi cose durante l’anno. «Ma – dice Petacchi – sarebbero molti di più. Penso a Dainese (caduto recentemente, ndr), che ho consigliato personalmente a Cancellara. Penso a De Lie che forse è più di un velocista e può vincere anche una classica. Ad Ewan che anche se non è più quello di un tempo può fare male».

Tour de France 2023, a Moulins Jasper Philipsen precede Dylan Groenewegen: due velocisti super
Tour de France 2023, a Moulins Jasper Philipsen precede Dylan Groenewegen: due velocisti super

Philipsen, il numero uno

Senza dubbi il favorito di Petacchi è Jasper Philipsen. Lo sprinter della Alpecin-Deceuninck lo scorso anno ha dettato legge tra i velocisti. E quest’anno le cose non dovrebbero cambiare. Senza parlare poi del suo apripista. Un certo Van der Poel!

«Al netto di Van der Poel che può togliergli le castagne dal fuoco se è messo male o lanciarlo alla grande, Philipsen ha un’intera grande squadra vicino. Anche se per me riesce a tirarsi fuori dai guai anche da solo. L’ho visto al Tour l’anno scorso. Quando vinci in tre modi diversi significa che sei il più forte.

«Jasper è in quel momento della carriera in cui ti riesce tutto. E’ al top. E questo lo fai quando hai gamba, tanta gamba. Per batterlo deve sbagliare lui. Lo dico per esperienza diretta. So bene cosa succede. Se vede le brutte, parte prima e vince. Altrimenti parte più corto. Ha lucidità. Anche Cav, per dire, è così, ma oggi non ha quella gamba».

Jakobsen, potenza da super big. Deve ritrovare fiducia e continuità. Lasciata la Soudal-Quick Step (in foto) saprà costruirsi un treno alla DSM?
Jakobsen, potenza da super big. Lasciata la Soudal (in foto) saprà costruirsi un treno alla DSM?

Jakobsen, l’antagonista

Petacchi pone Fabio Jakobsen alla pari di Philipsen, a fare la differenza è la continuità. Quella continuità che è venuta a mancare a Fabio dopo il grave incidente del 2020 in Polonia. Grande potenza, grande velocità di punta.

«Jakobsen ha una potenza incredibile, ma qualche volta si perde un po’. Non so se è per paura o per gamba. Ma io credo che se ritrova gli equilibri giusti può tornare alla pari di Philipsen, perché ha l’età e i numeri per riuscirci».

Nel caso dell’olandese c’è anche il discorso della squadra, forse meno votata alla causa rispetto a Philipsen. Jakobsen ha lasciato la Soudal-Quick Step per approdare alla DSM-Firmenich, che sì gli assicura fiducia, ma anche automatismi da oliare.

«Non mi aspettavo un suo cambio di squadra, ma è anche vero che quando hai un Evenepoel come compagno che accentra molte attenzioni, ci sta. Poi magari dietro ci sono anche questioni economiche, ma questo non lo so. Di certo, lui voleva fare il Tour e lì avrebbe fatto fatica ad andarci. Alla DSM non ha più Mayrhofer che ha seguito Dainese e ne sono contento, perché i due potranno fare bene alla Tudor. Quindi non so chi davvero potrà pilotare Jakobsen. Vedremo».

Una foto di qualche anno fa di Cavendish e Petacchi… insieme hanno un palmares di oltre 350 vittorie!
Una foto di qualche anno fa di Cavendish e Petacchi… insieme hanno un palmares di oltre 350 vittorie!

“Cav” e il suo obiettivo

Si arriva poi a Mark Cavendish, velocista che Petacchi conosce alla grande visto che ci ha anche corso. Quanti duelli tra i due. Chissà se è cambiato da allora il Cav sprinter?

«Prima aspettava sempre un po’ a partire per paura di essere rimontato, adesso invece noto che tende ad anticipare. Ora, sa che se aspetta non vince più, perché ha perso quel super spunto e così intelligentemente anticipa. Difficilmente ha la posizione ottimale di un tempo».

Qui ritornano in mente le parole di Pasqualon, sulle tempistiche, i watt e le punte di velocità. Ma Petacchi stesso ci regala una perla con lo sprinter dell’Astana Qazaqstan.

«Di questa cosa parlai proprio con Cav. Glielo dissi: “Negli ultimi anni quando ti ho battuto, l’ho fatto perché anticipavo. Non avevo il tuo treno, né quello spunto, così cercavo di partire prima e di partire “secco”. Ti prendevo tre bici e poi speravo di tenere fino alla fine. A volte ci riuscivo, altre no. Ma era l’unico modo per batterti”.

«E così fa lui ora. Certo, ci vuole gamba, ma anche testa. Mark continua perché ha un solo obiettivo: quello del record di tappe al Tour. E’ molto difficile, ma non impossibile (ha di nuovo Morkov come apripista, ndr). Ma è pur sempre una volata e se tutto gli gira bene può riuscirci. Fosse stato un arrivo in salita di 15 chilometri avrei detto di no, ma in volata…».

Groenewegen quest’anno ha vinto all’esordio (eccolo alla Clasica Valenciana 1969). Con qualche aggiustamento potrà trasformare molti secondi posti dietro Philipsen in vittorie
Groenewegen ha vinto alla Clasica Valenciana 1969. Con qualche aggiustamento potrà trasformare molti secondi posti in vittorie

Groenewegen, quanta potenza

Dylan Groenewegen. Petacchi non poteva non inserire il corridore della Jayco-AlUla tra i grandissimi velocisti visto il suo motore gigante. Sarà interessante la sua convivenza con Ewan.

Magari in qualche occasione (non molte a dire il vero) correranno insieme e allora sarà curioso vedere “chi tirerà per chi”. Ewan è più piccolo e potrebbe essere pilotato. Però è anche vero che Caleb è un funambolo, è più “vecchio” e potrebbe essere lui il leadout. Dylan e Caleb: coppia esplosiva. Senza dimenticare Matthews.

«Qui parliamo di un velocista puro, puro… Groenewegen fa fatica in certe tappe, ma in quelle piatte può andare forte. E’ un po’ discontinuo e a volte si perde nel finale. Ha una velocità di punta pazzesca, parte fortissimo, fa la differenza in quel momento, ma più di qualche volta viene rimontato da Philipsen. Segno che arriva alla volata con le gambe un po’ in croce, gli manca spesso qualcosina». 

Jonathan Milan (classe 2000) al primo successo 2024 con la nuova maglia della Lild-Trek: per Petacchi può battere chiunque
Milan (classe 2000) al primo successo 2024 con la nuova maglia della Lild-Trek: per Petacchi può battere chiunque

Milan, il futuro è suo

Chiude il lotto dei “fab five” Jonathan Milan. Il gigante della Lidl-Trek piace molto a Petacchi. Ha anche un apripista ottimo, Simone Consonni, e potrebbe avere persino Mads Pedersen, che tra l’altro potrebbe a sua volta essere inserito in questa classifica. Ma Petacchi reputa il danese più di un velocista.

«Milan, per capire quanto è grande, deve confrontarsi con i velocisti del Tour. E’ sicuramente forte, anche alla Valenciana, dove è stato ben pilotato, è ripartito alla grande, ma se viene al Giro d’Italia e quest’anno il lotto dei velocisti è lo stesso dell’anno scorso, sarebbe grave se non vincesse. Deve dominare… e io ne sarei felicissimo».

Alejet fa le pulci a Milan e parla del suo gesto tecnico. Deve lavorare molto, specie per la questione aerodinamica, cosa che lo penalizza.

«Sia per lo stile, che per la sua stazza, Jonathan deve cercare di abbassarsi. Oggi la questione aerodinamica è troppo importante. Si guardano calze, caschi… e un solo chilometro orario in più può fare la differenza, specie a 70 all’ora. E’ un po’ il discorso che c’è a crono tra Ganna e Remco. Il belga non farà mai gli stessi wattaggi di Pippo, ma va forte tanto quanto (o di più) perché ha un coefficiente aerodinamico molto favorevole.

«Milan è da volata lunga. Un bestione così deve assolutamente essere lanciato e possibilmente anche forte. Meglio rettilinei lunghi, che la curva a 200 metri. In quel caso se uno come lui è terzo, è difficile che rimonti, che si metta in moto in tempo. Consonni come apripista va bene. Se è un po’ basso? Il problema non è Simone, che anzi è bravissimo e sfrutta al meglio ciò che gli dà la pista in termini fisici e tattici, ma è Jony che è un bestione!».