Ciclone Welsford: dieci domande al suo coach

11.02.2023
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Sam Welsford ha stupito il mondo intero in queste prime battute di stagione. In Argentina ha messo in fila fior fior di velocisti. E la cosa che ha colpito, oltre alla sua potenza sono state le gambe. Gambe da vero pistard qual è l’australiano.

Ma certe gambe, certe muscolature se vanno benissimo sul parquet, in certi frangenti su strada, ad esempio in salita, sono un limite. Ma il corridore della Dsm e il suo coach Roy Curvers ci stanno lavorando.

Roy Curvers (classe 1979) è stato pro’ fino al 2019. Ora è uno dei tecnici della Dsm (foto Annemiek Mommers)
Roy Curvers (classe 1979) è stato pro’ fino al 2019. Ora è uno dei tecnici della Dsm (foto Annemiek Mommers)
Ciao Roy come siete andati a prendere questo pistard australiano l’anno scorso? Cosa avete visto in lui?

Sapevamo che era uno dei corridori di endurance più veloci in pista. Quindi lo abbiamo subito contattato all’inizio dell’anno olimpico, il 2021. Lo abbiamo avvicinato per chiedergli cosa ne avrebbe pensato di una sfida su strada dopo le Olimpiadi, una sfida per vedere se poteva diventare un velocista di successo anche su strada. Lui è rimasto coinvolto subito pienamente da questo progetto, tanto che questo piano è stato finalizzato già prima che Sam iniziasse i preparativi per le Olimpiadi.

Welsford è chiaramente molto potente, ma è anche pesante per via dei suoi molti muscoli: come hai lavorato per farlo “dimagrire” senza perdere potenza? E quanti chilogrammi ha perso?

Avere successo in un altro terreno ha richiesto molto adattamento per Sam sia fisicamente, sia tatticamente, ma anche mentalmente.

E come avete realizzato questo adattamento?

La chiave di questo processo è stata farlo passo dopo passo. Il primo di questi step è stato aumentare la sua capacità di resistenza e fargli provare com’è davvero correre su strada ai massimi livelli. Fino ad ora abbiamo lavorato fondamentalmente sulla sua resistenza e vediamo come potremo massimizzarla senza far soffrire il suo sprint. Questo è il nostro obiettivo principale, non intervenire sul peso corporeo.

L’australiano (classe 1996) sta lavorando molto sulla resistenza e di conseguenza sta perdendo massa muscolare
L’australiano (classe 1996) sta lavorando molto sulla resistenza e di conseguenza sta perdendo massa muscolare
Sam ha anche fatto più chilometri e meno qualità in allenamento? Ha aumentato il lavoro in salita?

Combiniamo qualità e quantità, quindi per lui il grande cambiamento è stato avere l’intensità combinata con molti chilometri durante una settimana di allenamento. Ha aumentato automaticamente il lavoro in salita trasferendosi nella zona di Girona e Andorra, ma cerchiamo di anche di evitare che si arrampichi troppo! Cioè che faccia molta salita.

Per un atleta di questo genere conta molto anche la parte a secco: palestra e sprint di allenamento: cosa è cambiato?

La sua palestra è cambiata. Ora Sam si concentra principalmente sulle sessioni di base e di mantenimento durante la stagione, invece di concentrarsi sull’aumento della massa muscolare o sull’acquisizione di esplosività verso un unico grande obiettivo.

Su pista Welsford vanta 4 titoli mondiali (qui lo scratch nel 2019), un bronzo e un argento olimpici
Su pista Welsford vanta 4 titoli mondiali (qui lo scratch nel 2019), un bronzo e un argento olimpici
Dopo San Juan abbiamo parlato spesso di sprint, rapporti, cadenze… Welsford che è un pistard, come si è trovato con i rapporti stradali? Proprio a San Juan è stato tra i velocisti con la cadenza più alta…

Una delle qualità che prende dalla pista è che può raggiungere numeri di potenza davvero elevati pur stando seduto. Altri velocisti perdono velocità quando la loro cadenza diventa troppo alta in piedi e sono costretti a sedersi. Sam invece perde meno in un momento simile: spinge più da seduto e tiene frequenze più alte quando è in piedi.

La sua bici da strada ha qualche “elemento da pistard”?

No, nessuna soluzione specifica dalla pista. Ma credo che con la nostra Scott Foil abbiamo le migliori bici da sprint del gruppo.

Continuerà con la pista?

L’attenzione con Sam è chiaramente sulla strada. Abbiamo grandi obiettivi da raggiungere insieme nelle gare su strada e stiamo lavorando sodo per raggiungerli. La priorità è vincere le gare e abbiamo già fatto buoni passi avanti nel primo anno.

Per Welsford posizione super raccolta, ma Curvers dice: «Nessuna derivazione dalla pista»
Per Welsford posizione super raccolta, ma Curvers dice: «Nessuna derivazione dalla pista»
Quali sono i suoi margini?

I suoi margini sono ancora da scoprire. A San Juan ha dimostrato di poter battere i ragazzi più veloci del gruppo. Questo ci ha motivato molto.

Sam parteciperà a un grande Giro nel 2023?

Con Sam e il resto del suo treno, come ho detto, vogliamo costruire passo dopo passo il cammino verso la vittoria ai massimi livelli. All’inizio della stagione abbiamo tenuto aperte le opzioni per la seconda parte dell’anno. Potremo aggiungere un grande Giro quando Sam e gli altri saranno pronti. Se invece per il loro processo di crescita sarà meglio continuare a puntare a gare più brevi o di livello inferiore, lo faremo. Io dico che potremo capire meglio dopo la campagna di primavera.

A tavola da velocisti, fra watt e chili: Malucelli racconta

24.01.2023
6 min
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Velocisti e salita, una coperta molto corta. Con queste parole giorni fa Marco Benfatto ci aveva guidato nel mondo degli uomini veloci: quelli… condannati dal fisico a un certo tipo di prestazioni e ad attenzioni maniacali per tenere a bada il peso. Fra i casi portati ad esempio, il tecnico padovano aveva citato Matteo Malucelli (immagine photonews in apertura).

«Matteo è molto bravo – le sue parole – perché avendo studiato Ingegneria, è molto matematico nei ragionamenti. Calcola le calorie e si alimenta in base a quello che consuma. Ormai è tutto calcolato e tutto studiato, non scappa niente».

Da quest’anno Malucelli corre nella belga Bingoal. E’ pro’ dal 2017 (photonews)
Da quest’anno Malucelli corre nella belga Bingoal. E’ pro’ dal 2017 (photonews)

Squadra nuova, bici nuova

Il riferimento ci è parso interessante e con uno di quei giochi che la tecnologia rende possibile, abbiamo chiamato il velocista romagnolo. Lui in partenza dalla Spagna verso casa, prima di volare al Saudi Tour. Chi scrive dall’hotel di San Juan, in attesa dell’inizio della corsa argentina.

«Sono pronto per cominciare – ha detto Malucelli dall’aeroporto – era ora. Dopo quello che abbiamo passato con la Gazprom, ci voleva un periodo di normalità e lavoro fatto bene. Le gambe ci sono. Anche la bici è a posto. Chiaro che in allenamento con la squadra non vedi differenze, perché siamo tutti alla pari, quindi si dovrà aspettare di essere in mezzo al gruppo. Però la bici De Rosa mi piace e le nuove ruote Ursus sembrano davvero veloci».

La Bingoal correrà quest’anno con bici De Rosa e con le nuove ruote Ursus (photonews)
La Bingoal correrà quest’anno con bici De Rosa e con le nuove ruote Ursus (photonews)
Parliamo di alimentazione e velocisti?

Negli anni ci sono più attenzione e consapevolezza di quello che si mangia. Al primo da pro’, col peso era proprio una guerra e un po’ lo è ancora. Ma non è vero, come dicono, che per un velocista avere un chilo in più non cambia nulla. Già in salita facciamo fatica, se siamo anche pesanti, addio…

Benfatto parla di grande attenzione da parte tua.

Una volta ero più maniacale, ho avuto periodi in cui pesavo tutto. Invece adesso ho imparato a regolarmi e mangio in base a quello che ho fatto e che devo fare. Devi sapere cosa metti nel piatto. Ad esempio che le patate non sono verdura, ma carboidrati. Che ci sono carni più grasse di altri. Che i legumi sono proteine. E poi le quantità. Se devi allenarti forte, magari fai una colazione più robusta. Se hai scarico, puoi permetterti di farne una con pochi zuccheri. Diciamo che con gli anni ho maturato una discreta conoscenza alimentare.

Questa vittoria al Giro di Sicilia 2022 è l’emblema del riscatto di Malucelli dopo la chiusura della Gazprom
Questa vittoria al Giro di Sicilia 2022 è l’emblema del riscatto di Malucelli dopo la chiusura della Gazprom
In cosa consiste il tuo essere attento?

Cerco di guardare tutto, soprattutto in allenamento. Se devo fare un lavoro intenso, faccio il calcolo dei carboidrati che ci sono nelle barrette e in quello che porto, sapendo quanti dovrò consumarne. Ma giù dalla bici non sono uno che non mangia e che, se capita, va via di testa.

Stessa cosa quando non sei a casa?

Se vado in hotel, non ho la bilancia e non so mai come vengono cotti i cibi che mi arrivano nel piatto o prendo dal buffet. Per cui compongo i piatti tenendo conto dei principali macronutrienti.

Fra le cose da sapere, c’è che le patate sono molto ricche di carboidrati (foto ricetta.it)
Fra le cose da sapere, c’è che le patate sono molto ricche di carboidrati (foto ricetta.it)
Vale a dire?

Se faccio tanto, metà del piatto sarà riempito con la pasta, quindi carboidrati, mentre l’altra metà divisa fra proteine e verdure. Se non devo fare tanto, il rapporto si inverte. Nella mia testa vado a comparti e soprattutto evito il secondo giro al buffet. Mangio, mi alzo e vado via.

Perché dicevi che il chilo in più si sente, eccome?

Noi velocisti abbiamo la fortuna di essere molto muscolosi, quindi abbiamo il metabolismo basale più alto e di conseguenza bruciamo di più. Ma rispetto a uno scalatore abbiamo meno watt. Per cui facendo il rapporto potenza/peso, il nostro viene più basso. Se aggiungi un chilo, va giù di brutto. Diverso se aggiungi un chilo a chi ha molti più watt. In proporzione, quel chilo incide diversamente. Devi essere magro, altrimenti porti con te una zavorra, ma devi anche essere forte.

I legumi sono una preziosa fonte di proteine (foto Tutto fa brodo)
I legumi sono una preziosa fonte di proteine (foto Tutto fa brodo)
In gruppo lo capiscono?

A volte provo a farlo capire ai miei compagni scalatori che pesano 10 chili in meno e hanno gli stessi watt. E gli dico: già pesare più di voi e avere meno watt, significa fare la stessa salita con una cassa d’acqua sulle spalle. Se aggiungo un chilo, quindi una bottiglia, cambia qualcosa? Quel chilo in più per me equivale circa all’uno per cento in più, sono dati importanti. Vuol dire che può fare la differenza. In questo vedo il mio approccio da ingegnere, so dare un valore a numeri cui spesso non si pensa.

In che modo è cambiato il tuo rapporto con il peso?

Quando ero alla Caja Rural, ne avevo perso parecchio e non andavo. Il mio obiettivo è vincere, non essere magro. Quindi è meglio arrivare a una volata in meno, se in mezzo c’è tanta salita, ma essere capace di vincere quando ci arrivo bene.

Malucelli ha eliminato dal suo menù le carni più grasse, fra cui quella di maiale
Malucelli ha eliminato dal suo menù le carni più grasse, fra cui quella di maiale
Hai eliminato degli alimenti?

Mangio tutto, tranne quando voglio dimagrire e allora elimino gli alimenti con più calorie. Non mangio salame né carne di maiale, preferisco un petto di pollo, ma se c’è una grigliata capita che una salsiccia la mangi. Evito le carni grasse e i formaggi, anche se mi piacciono molto. La carne rossa fatico a digerirla, quindi la mangio una o due volte alla settimana.

Con gli alcolici come ti regoli?

Per fortuna non sono un amante. Fra una birra e un gelato, scelgo il gelato. Mi limito perché so che l’alcol non aiuta l’atleta, ma a tavola un bicchiere di vino ci sta spesso bene.

Un gelato a fine allenamento non incide troppo sul bilancio calorico
Un gelato a fine allenamento non incide troppo sul bilancio calorico
E il gelato?

Non smetterei di mangiarlo. Anche lì, dipende dai gusti. Pare che quelli cremosi siano i più calorici, ma se ne mangi uno al rientro dalla bici, non fa grossa differenza. E poi tanto fanno le abitudini, come per l’alcol. Se bevi una birra ogni tanto, non cambia nulla. Se la bevi tutti i giorni, allora è diverso. La coperta è davvero corta, Benfatto ha detto bene. Trovare il giusto compromesso non è facile, ma nemmeno impossibile.

Velocisti e salita, una coperta molto corta

15.01.2023
6 min
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Chissà se Jakobsen si aspettava che dalle sue parole, pronunciate alla presentazione della Soudal-Quick Step, sarebbero nati così tanti approfondimenti su velocità e attitudine alla salita: forse no. Così, mentre qualche giorno fa abbiamo verificato con Fabio Sabatini se l’olandese sia davvero l’uomo più veloce al mondo, oggi approfondiamo un’altra sua affermazione.

«Sono velocissimo – ha detto l’olandese (in apertura sull’arrivo di Peyragudes al Tour 2022, salvo per 15“ dal tempo massimo) – però magari non sono il velocista più forte del mondo, visto che devo sempre lottare col tempo massimo. Se vuoi essere il più veloce, devi soffrire in salita. Ma io sono fatto così e non voglio cambiare. Non voglio diventare come Blijlevens, che cercò di migliorare in salita, perdendo il suo spunto veloce».

Ripassando la storia del velocista olandese, classe 1971 che corse fra il 1994 e il 2004, arriviamo da Marco Benfatto, ex pro’ ed ex preparatore della Gazprom-RusVelo.

Dopo la chiusura della Gazprom, Benfatto ha continuato ad allenarne gli italiani. Qui con Scaroni, Malucelli e Carboni
Dopo la chiusura della Gazprom, Benfatto ha continuato ad allenarne gli italiani. Qui con Scaroni, Malucelli e Carboni
Marco, cosa pensi di questo ragionamento di Jakobsen? 

Il velocista puro non esiste più, forse lui è uno degli ultimi. Non è più l’epoca di Endrio Leoni, quando andavano piano per tutta la tappa e i corridori gestivano l’andatura in altra maniera. Adesso si parte sempre a blocco, nelle tappe con salite sempre di più. E se non sei già predisposto geneticamente con una buona capacità aerobica, fai fatica o ti devi accontentare di puntare su gare meno dure.

E’ vero che cercando di migliorare in salita, si perde la volata?

E’ matematico, come una coperta che più la tiri da una parte e più è corta dall’altra. Ci sono velocisti e velocisti. Non sono tutti esplosivi come i pistard, che non sono in assoluto i velocisti più forti, però hanno anche una predisposizione per tenere anche sulle salite brevi. E’ una cosa che mi dicevano sempre da dilettante “Ciano” Rui e Faresin: «Ricordati che il velocista da professionista è tutta un’altra cosa».

Jakobsen contro Morkov, sfida a Calpe: l’olandese lavora molto sugli sprint e poco sulla salita
Jakobsen contro Morkov, sfida a Calpe: l’olandese lavora molto sugli sprint e poco sulla salita
E avevano ragione?

E’ proprio così. I vari Modolo, per esempio, o anche Nizzolo da dilettanti erano quasi considerati gente che andava in salita, perché tenevano. Quando invece sono passati e si sono trovati a fare volate dopo 200 chilometri e dopo aver passato le salite, hanno dovuto cambiare pelle. Si va sempre più forte e bisogna avere una componente aerobica elevata.

E come si fa?

Bisogna sempre cercare di non snaturare il corridore, perché un velocista anche se si allena in salita non diventerà mai uno scalatore. Quindi bisogna sempre cercare di limare il massimo per portare a casa il risultato. Se poi però non diventi carne né pesce, allora abbiamo sbagliato qualcosa.

Nonostante abbia sempre lottato contro il tempo massimo, Cavendish in salita si difende meglio di Jakobsen
Nonostante abbia sempre lottato contro il tempo massimo, Cavendish in salita si difende meglio di Jakobsen
Alla luce di questo, come gestisci la settimana di un velocista?

Dedichiamo alcuni giorni a lavori specifici più adatti ai velocisti e giorni in cui anche lui si deve fare le sue ore di sella, di salita. Dall’esperienza di questo primo anno di lavoro, è venuto fuori che i velocisti si devono allenare di più sul loro punto debole, quindi un po’ di più sulla salita. Mentre lo scalatore, se insiste con i lavori di forza, come per esempio in palestra, migliora sulla parte in cui è un po’ più debole e quindi si completa.

Scatterà più forte?

Se lavora di più sulla forza, avendo già la resistenza, sviluppa la sparata per fare la differenza e riesce a fare uno step in più. Ma quello che ti ha dato madre natura non te lo toglie nessuno, sia per il velocista sia per lo scalatore.

Il velocista in pista (qui Bianchi con il cittì Quaranta) può trascurare la fase aerobica, che su strada è decisiva
Il velocista in pista (qui Bianchi con il cittì Quaranta) può trascurare la fase aerobica, che su strada è decisiva
I lavori in salita dello scalatore sono diversi da quello del velocista?

La differenza è che per esempio il velocista lavora a cadenze più elevate. Cerca di fare dei lavori ad intensità maggiore, perché il suo modello prestazionale di riferimento è quello degli ultimi ultimi 10 chilometri. E lì ci sono tanti cambi di ritmo e le potenze magari sono brevi ma intense, con rilanci a 700-800 watt. Perciò deve allenare quel tipo di resistenza con frequenza di pedalata più alta, abituandosi a girare sempre attorno alle 100-110 Rpm.

Anche il velocista ha l’assillo del peso?

Per assurdo, anche se sembra impossibile, di più. Ci sono scalatori più grassi dei velocisti. Me lo confermava anche Mazzoleni quando eravamo in Gazprom, dicendo che anche Nibali non aveva questa gran percentuale di magrezza, mentre i velocisti di solito sono molto più fissati con il peso. Devono limare su tutto, perché in salita bisogna tenere duro, quindi anche un chilo in più fa comodo non averlo. Ad esempio, Malucelli è molto bravo. Avendo studiato Ingegneria, è molto matematico nei ragionamenti. Calcola le calorie e si alimenta in base a quello che consuma. Ormai è tutto calcolato e tutto studiato, non scappa niente.

Hai parlato di coperta da tirare: come trovi il giusto equilibrio?

Qui si vede la bravura del preparatore atletico, avete proprio centrato il bersaglio. Trovare l’equilibrio che faccia rendere al massimo l’atleta è il punto cruciale. Quindi si comincia conoscendo il corridore, perché ognuno è diverso dall’altro. Quindi lavorandoci e vedendo come reagisce, si costruisce un vestito su misura.

Blijlevens, pro’ dal 1994 al 2004, ha vinto 4 tappe al Tour, 5 alla Vuelta e 2 al Giro: per dimagrire, perse spunto in volata
Blijlevens, pro’ dal 1994 al 2004, ha vinto 4 tappe al Tour, 5 alla Vuelta e 2 al Giro: per dimagrire, perse spunto in volata
Non ci sono regole universali?

Ci sono delle regole che però non vanno bene per tutti allo stesso modo. Per esempio nel test del lattato, in teoria le 4 millimoli sono il range quasi per tutti, per trovare la soglia aerobica. Però abbiamo visto che alcuni ce l’hanno a 5,2, altri a meno. Quindi alla fine, per capire l’atleta e dargli i parametri di allenamento, è importantissimo non fermarsi ai dati del primo test, ma farne altri per avere una maggiore possibilità di analisi

Il rapporto potenza/peso quindi conta anche per il velocista?

Non è fondamentale, però ovviamente quando si fa un test, anche un velocista adesso deve avere sopra i 5 watt/kg. Altrimenti non va da nessuna parte. Per lo scalatore si tratta di un rapporto fondamentale, ma nemmeno lo scalatore può fare a meno di conoscerlo…

Caro Sabatini, ma davvero Jakobsen è così veloce?

12.01.2023
6 min
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Fabio Sabatini ne ha scortati di velocisti nella sua carriera. E tutti i più forti… e se un Fabio Jakobsen dichiara di essere l’uomo più veloce del mondo la cosa non può cadere a terra.

Vi riportiamo la frase dello sprinter della Soudal-Quick Step. «Se penso di essere l’uomo più veloce del mondo? Se guardi alla punta massima di velocità non tanti riescono a passarmi quando parto. E’ quello per cui mi alleno e per questo posso dire che hai ragione. Per contro, magari non sono il velocista più forte del mondo, visto che devo sempre lottare col tempo massimo. Funziona così: se vuoi essere il più veloce, devi soffrire in salita. E al Tour sono tutti così al massimo che ogni cosa è amplificata. Ma io sono fatto così e non voglio cambiare. Non per ora, almeno…».

Fabio Sabatini (classe 1985) è diventato pro’ nel 2006 alla Milram ed ha chiuso nel 2021 alla Cofidis
Fabio Sabatini (classe 1985) è diventato pro’ nel 2006 alla Milram ed ha chiuso nel 2021 alla Cofidis
Fabio, è vero dunque che Jakobsen è l’uomo più veloce del pianeta?

Sì, ci può stare, può essere vero. Però è anche vero che è stato battuto. Sulla carta, chiaramente, è uno dei velocisti più forti e attualmente credo anche il più puro. Se la gioca con Groenewegen.

Quindi sei d’accordo anche quando dice di essere il più puro attualmente?

Sì, se c’è una salitella, se non si stacca, rischia di arrivare allo sprint con “una gamba su e una gamba giù” e può essere battuto.

E per te che ne hai visti e scortati parecchi chi è stato il più veloce e il più puro?

Marcel Kittel – risponde Sabatini senza indugio – sono stato con lui alla Quick Step per due anni ed era effettivamente velocissimo.

Pensavamo più ad un vecchio McEwen, un Ewan, allo sprinter “piccolo” che ti salta negli ultimi 30 metri. Si dice che le punte maggiori di velocità le abbiano loro…

Un conto è uscire all’ultimo secondo e un conto è essere il più veloce. Un velocista come Jakobsen che fa in pieno 200-210 metri di volata e vince con una bici di vantaggio per me è il più forte. Se poi lui partendo così viene saltato nel finale perché c’è vento contro, ci sta che uno come Ewan possa saltarlo negli ultimi metri, ma non è detto che sia più veloce.

Kittel era un mostro di potenza. Era davvero difficile saltarlo una volta usciti dalla sua scia
Kittel era un mostro di potenza. Era davvero difficile saltarlo una volta usciti dalla sua scia
Insomma la velocità della volata non aumenta fino alla fine e chi salta, lo fa perché chi era davanti è “calato”…

In una volata ci sono tantissimi fattori da valutare, tante cose in ballo… E non si può dare un giudizio unico. Certo è che dopo quel che gli è successo per me Jakobsen che è tornato al suo livello è ancora più forte.

Hai scortato tanti campioni: Viviani, Cavendish, Kittel, Gaviria

Io sono passato con Petacchi, ma forse andiamo troppo indietro con il tempo. A lanciarmi in modo definitivo nel mio ruolo di apripista è stato proprio Kittel. Però credo che Cav sia il più forte, specie dopo quel che ha fatto al Tour 2021, vincendo quattro tappe e la maglia verde. Se avesse un treno come aveva alla Quick Step sono sicuro che vincerebbe ancora lui. Però gli ci servirebbe il treno…

E Viviani?

Lui forse è più un Caleb Ewan, se ce lo hai a ruota uno come lui è un problema perché ha il picco da pistard e infatti il 70% delle volate in cui lo scortavo io lo portavo “veramente corto” (vicino alla linea d’arrivo, ndr). Perché se si partiva lunghi chi gli era a ruota poteva saltarlo, in quanto il suo picco poi andava a calare. Se un Kittel lo lasciavo ai 210-220 metri, Viviani lo lasciavo ai 170-150.

Petacchi contro Cavendish, un duello fra titani. Per superare AleJet nel finale è servito un astro nascente come l’inglese
Petacchi contro Cavendish, un duello fra titani. Per superare AleJet nel finale è servito un astro nascente come l’inglese
Facciamo un gioco di fantaciclismo. Prendi tutti i velocisti con cui ti sei incontrato in carriera e supponiamo che tutti siano all’apice della carriera. Chi è il più forte?

Eh – ci pensa un po’ Sabatini – se devo fare una classifica metto primo il Peta! Alessandro quando partiva era impressionante e aveva una volata veramente lunga. Lui forse non aveva il picco più alto ma ti faceva 1.500 watt per 30”-40” e con questi valori fai una differenza pazzesca. Lui, non credo di averlo mai lasciato al di sotto dei 200 metri. Lui e Kittel fanno parte di quegli sprinter che quando li lasci e sei già lanciatissimo aumentano ancora la velocità. Poi alla pari metto Cavendish e Viviani. Gente così con un treno è davvero pericolosa!

Viste le esigenze dei percorsi attuali (con più dislivello), secondo te limitano il potenziale degli sprinter proprio nelle volate?

Certo che li limitano e lo si vede anche dalle squadre che si fanno ormai per i grandi Giri. Difficilmente una WorldTour, a meno che non sia una “novellina”, porta il velocista o il treno per il velocista. Al massimo un uomo o due gli mettono vicino. Anche perché che garanzie può dare uno sprinter? Oggi c’è sempre una salitella prima dell’arrivo. E se la supera arriva stanco in volata. Ma questo dipende anche dai punteggi dell’UCI.

Vai avanti…

Finché non cambieranno del tutto – so che sono stati ritoccati per fortuna – sarà sempre così. Meglio fare un decimo nella generale che vincere diverse tappe. Guardiamo la Vuelta di quest’anno. Ma voi lo portereste un velocista? La prima tappa è una cronosquadre, nella seconda c’è una salitella nel finale e alla terza si arriva già ai 2.000 metri di Andorra. Tante volte lo sprinter ha bisogno delle prime tappe per carburare, così rischia di finire fuori tempo massimo.

Jakobsen con Merlier (a sinistra). Da quest’anno i due corrono insieme. Per Sabatini, Jakobsen di fatto avrà un “rivale” in casa
Jakobsen con Merlier (a sinistra). Da quest’anno i due corrono insieme. Jakobsen di fatto avrà un “rivale” in casa
Torniamo a noi. Merlier ha il potenziale per impensierire Jakobsen? Alla fine è una nuova leva che arriva nella squadra dove tutti migliorano…

Sono stato sei anni in quel gruppo e vige la filosofia che va avanti “chi va più forte”. Lefevere non guarda in faccia nessuno. Sono molto d’accordo quando avete scritto che la squadra del Tour verrà decisa poche settimane prima della corsa. E’ verissimo, posso garantirlo. E se Merlier dovesse vincere le corse in quel periodo e Jakobsen dovesse perderne qualcuna state certi che in Francia portano Merlier. Se Jakobsen vuol restare alla Soudal-Quick Step deve sapere che Lefevere avrà sempre almeno due velocisti. Insomma un “problema” ce lo avrà sempre.

In quella classifica dei velocisti di prima, dove collocheresti Jakobsen?

Tra Petacchi e Kittel. Fabio è davvero potente. In una volata regolare, quando Morkov si sposta è difficile che qualcuno riesca a passarlo. Quando è successo è perché ci sono state dinamiche particolari.

Dainese e Mozzato: settimana tipo del velocista

05.12.2022
8 min
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Settimana tipo del velocista, anzi dei velocisti. Questa volta ve ne proponiamo due Alberto Dainese e Luca Mozzato. Li abbiamo messi insieme in una divertente videochiamata su WhatsApp e i due sprinter veneti ci hanno raccontato come vivono queste settimane di dicembre.

Dainese parte oggi per la Spagna con la sua Dsm, mentre Mozzato resta ad allenarsi a casa, anche perché i programmi della B&B Hotels-KTM in questo momento non sono chiarissimi come si è visto. I due classe 1998 sono amici e sono stati anche compagni in nazionale agli ultimi europei.

Mozzato (a sinistra) e Dainese (a destra) nella chiamata a tre su WhatsApp…
Mozzato (sopra) e Dainese (sotto) nella chiamata a tre su WhatsApp…
Ragazzi, prima di tutto come state in questo momento? 

DAINESE: «Io sicuramente peggio di lui! In realtà forse sono un po’ più avanti perché ho avuto un’incidente il 31 agosto, ho fatto un mese di riabilitazione a settembre e quindi già dal 1° ottobre ero in bici. Ho iniziato quando gli altri erano ancora in vacanza».

MOZZATO: «No peggio io! Ho appena ricominciato a pedalare. Questa è la seconda settimana di allenamenti, la condizione è molto lontana da quella ideale. Ma credo di essere in linea col periodo». 

Partiamo dalla sveglia. A che ora vi svegliate?

DAINESE: «Io alle 7 comincio a tirarmi su…. Mentre posso dirvi che “Moz” fino alle 9,30 non risponde al telefono!».

MOZZATO: «Vero! Le 9,30 sono il mio limite, ma ogni tanto mi sveglio anche prima». 

A che ora fate colazione?

MOZZATO: «Abitiamo anche relativamente vicini, 35-40 chilometri, e quindi capita  di allenarci insieme. E svegliandomi tardi poi sono costretto a fare tutte le cose di corsa. Il tempo dalla sveglia a quello in cui sono in bici è veramente breve. Fra sveglia, colazione e preparativi faccio tutto in 40-45′. Prima delle 10 è raro che esca».

DAINESE: «Appena mi sveglio faccio subito la colazione. Esco prima di Luca. Però me la prendo un po’ più comoda. Faccio una colazione abbondante e dopo un’oretta parto, di solito alle 9,30».

Tappa del pavè al Tour. Si vede in primo piano Mozzato e alle sue spalle, nella polvere, Dainese
Tappa del pavè al Tour. Si vede in primo piano Mozzato e alle sue spalle, nella polvere, Dainese
Come vi vestite ora che fa un po’ più freddo?

DAINESE: «Pesante: calzamaglia, puntali e magari sopra al puntale metto anche un copriscarpe aerodinamico, così… Un po’ per lo sporco e anche perché “fa più bello”! Poi maglia termica e primaverile o invernale a seconda dalla giornata».

MOZZATO: «Mi vesto un po’ meno perché il freddo non lo soffro tanto. Se mi vesto troppo tendo a sudare. Magari parto con una maglia termica corta, un giubbino primaverile e poi a seconda della giornata la gabba o uno smanicato». 

Uscite tutti i giorni o alternate con la palestra?

MOZZATO: «Si prova a fare qualcosa a tutti i giorni, poi dipende anche dal tempo. Al momento sono su “mini blocchi” di lavoro in bici di due o tre giorni consecutivi e poi il giorno dello “scarico” vado in palestra. Quindi in una settimana faccio cinque uscite in bici e due di palestra».

DAINESE: «Io faccio triplette e di solito la palestra la metto nel giorno che ho le partenze da fermo, quindi intorno alle tre ore. In palestra ci vado dopo la bici. Però nel giorno di recupero, faccio un’ora di bici o anche meno».

Facciamo una settimana tipo: lunedì, martedì, mercoledì… 

MOZZATO: «Due ore e mezza il primo giorno e mezz’ora in più quello successivo. Il mercoledì non tocco la bici e faccio palestra per un paio di ore. Giovedì, venerdì e sabato altre uscite in bici. Uscite che a seconda del meteo possono anche andare a decrescere. La domenica vado in palestra».

DAINESE: «Faccio delle triplette. E bene o male sia in questo periodo che in stagione faccio già 3-4-5 ore a salire, o 3-5-3. Faccio palestra nel giorno delle tre ore. Quindi recupero e via con un’altra tripletta». 

Quali sono i tre esercizi che più fate in palestra?

MOZZATO: «Tantissimo squat, stacchi e addominali».

DAINESE: «Squat, stacchi da terra (anche step up, dal cubo) e bulgarian».

Quante volate fate il giorno dell’allenamento esplosivo, se così possiamo dire? Sempre in questo periodo…

DAINESE: «Io sono un po anomalo, perché il mio mese di stop è stato anticipato e quindi sono più avanti. Non dico che sono in condizione, ma quasi. Il giorno delle tre ore faccio tre serie con quattro partenze da fermo ciascuna. Poi capita invece che in un altro giorno della tripletta faccio delle volate ad alta cadenza o sprint lunghi da 20”. Mi è capitato già di fare 6×20”: era novembre e di solito è presto per certi lavori». 

MOZZATO: «Per me è molto più semplice, visto che al momento di volate non ho ancora fatta una! Sono nella fase della base».

Quando fate la volata in allenamento cosa non deve assolutamente mancare? Un cartello da vedere, lo sguardo sul computerino, la musica a tutto volume nelle orecchie…

MOZZATO: «Per me non deve mancare il punto d’arrivo che può essere un cartello, un palo… Cerco di regolarmi in base alla durata della volata, ma preferisco avere una “linea d’arrivo”. Mi motiva di più».

DAINESE: «A me piace tanto, e ho cominciato da quest’anno più che gli anni scorsi, fare dietro moto su strada e lanciarmi proprio a tutta, ai 70 all’ora e fare la volata più lunga possibile fino al cartello che mi fisso io. C’è quel momento che sei già sfinito dietro la moto e dici: “Dai ora, spingi”».

Mozzato (in foto) ha detto che tollera bene il freddo. Dainese invece si veste di più
Mozzato (in foto) ha detto che tollera bene il freddo. Dainese invece si veste di più
Quando vi allenate insieme fate mai la volata?

MOZZATO: «Ho perso le speranze!

DAINESE: «Abbiamo abbandonato le volate insieme qualche anno fa». 

MOZZATO: «Lui è più esplosivo di me e ogni volta mi toglie di ruota. Quindi ho detto: “Meglio lasciare perdere”».

DAINESE: «Ma non è vero. Il fatto è che stando sempre in viaggio, quest’anno avremmo fatto dieci allenamenti insieme». 

Con il peso come è messo il velocista in questo periodo? 

MOZZATO: «Io discretamente male! Scherzi a parte, rispetto al peso forma dovrei essere 2-3 chili sopra. Il peso è stato un po’ la mia croce in questi anni. Anche per questo sto cercando di mettere ore nelle gambe con il fondo lento e faccio poche volate».

DAINESE: «Io benino, qualcosa ho preso, ma non so neanche bene definire quanto: un chiletto e mezzo…».

Oggi il velocista deve andare forte anche in salita. E’ un aspetto che già state curando?

DAINESE: «Sì, anche se io non faccio lavori specifici, almeno adesso, per la salita. Nel giorno delle 5 ore cerco di farne abbastanza, anche in Z2 o Z3 bassa. Magari ci butto dentro un cambio cadenza».

MOZZATO: «Discorso simile anche per me. I lavori specifici non sono ancora stati fatti. Arriveranno coi ritiri e con le temperature più calde. Però le salite vanno inserite il più possibile, dovendo portare la bici in cima è un allenamento che serve sempre di più. Ripide corte, lunghe, facili… bisogna farle». 

Dainese è partito oggi per il ritiro con la squadra, qui in una foto (Instagram) dell’anno scorso. Mozzato si allena a casa invece
Dainese è partito oggi per il ritiro con la squadra, qui in una foto (Instagram) dell’anno scorso. Mozzato si allena a casa invece
Passiamo alla parte alimentare. A colazione cosa mangiate? 

MOZZATO: «Con il discorso peso, in questo periodo provo a stare più leggero possibile. Cerco di limitare i carboidrati o gli alimenti che durante la stagione vengono usati di più, come avena, pane…  Prediligo una colazione più proteica. E anche in bici: invece di mangiare ogni mezz’ora, come sarebbe giusto fare, mangio una volta all’ora. E nella borraccia metto le proteine anziché le maltodestrine. Prima di partire prendo un po’ di caffè…».

DAINESE: (ride, ndr) «Un po’: lui si fa la moka da sei!».

MOZZATO: «Serve grinta per uscire di casa!».

DAINESE: «Io insisto ancora sui carboidrati. Non ho cambiato molto l’alimentazione rispetto alla stagione vera e propria, anche perché una ventina di ore settimanali le faccio comunque. Non devo perdere tanto peso. Mi piace variare quindi posso farmi porridge, pancakes o l’omelette col pane… O tutti e tre! Mi piace fare la colazione abbondante, soprattutto il giorno della distanza. Magari sono un po’ ingolfato nelle prime ore, ma poi la gamba è bella piena».

Quindi tornate dall’allenamento e pranzate sempre o se fate la distanza lo saltate?

MOZZATO: «Soprattutto in questo periodo non penso di aver mai saltato il pranzo. Magari capita più in là o in altura. In quel caso fai tante tante ore, arrivi verso le quattro, mangi un frutto, un po’ di proteine e arrivi a cena. Adesso invece pranzo con una porzione di carboidrati, una di proteine e un frutto».

DAINESE: «Più o meno uguale. Anche se questo mese mi è già capitato di essere tornato che faceva quasi buio e tirare a cena mangiando più leggero. Comunque quando pranzo prendo sempre un po’ di carboidrati. Quando c’è la distanza e arrivo ad orari “strani”, tipo le 15,30, non ho una gran voglia di pasta, mangio qualcos’altro. Anche per questo preferisco partire un po’ prima, specialmente quando ho la palestra al pomeriggio: cerco di stare a casa per mezzogiorno».

Alternanza delle proteine ed omega-3, contentuti nel salmone, sono cardini per entrambi
Alternanza delle proteine ed omega-3, contentuti nel salmone, sono cardini per entrambi
A cena cosa mangiate?

MOZZATO: «Io provo a variare il più possibile le proteine. Se a pranzo ho preso il pollo, la sera mangio del pesce, della carne rossa o delle uova… Può capitare che faccia una porzione ridotta di carne o pesce e magari inserisca dei legumi».

DAINESE: «Molto simile a Luca. Cerco anche di evitare troppa carne. In qualche pasto (soprattutto a pranzo) sostituisco la carne con dello yogurt greco».

E il dolcetto post cena?

DAINESE: «Penso che siamo amanti entrambi del dolcetto!». 

MOZZATO: «E’ il mio punto debole! Come sempre dipende anche dal periodo. Quando so che devo limare sul peso, in casa non ne tengo, così sono obbligato a non mangiarne». 

DAINESE: «Io sono un po’ più permissivo con me stesso. Alla fine conta l’introito calorico e se voglio il dolce limo su qualcos’altro». 

Integratori: in questo periodo il velocista ne fa uso?

MOZZATO: «Quando ho staccato… ho staccato anche con gli integratori. Invece adesso cerco d’introdurre le cose di cui solitamente sono carente, quindi: vitamina D, ferro, Omega-3… Più che altro perché ogni volta che faccio le analisi sono un disastro!».

DAINESE: «Come squadra abbiamo la linea guida di doverli prendere tutto l’anno. E sono tre in particolare: omega-3, probiotici e vitamina D. Ma nel mese di stacco li ho evitati anche io. Quando sono tornato in bici ho ripreso a prenderli».

Un velocista sul Mortirolo. La lunga giornata di Consonni

25.05.2022
8 min
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«Una delle mie peggiori giornate di sempre». Si è fatta sera e Simone Consonni dopo la Salò-Aprica è ancora “sotto shock”. Il corridore della Cofidis ha l’aria di chi ha dato tutto su queste montagne e tra queste valli.

Con Simone viviamo la giornata di un velocista sul Mortirolo e non solo… Una giornata lunga, intensa, durissima, ma anche con dei tratti di ironia e divertimento.

Consonni al via da Salò. Sempre sorridente, ma anche un filo di preoccupazione sul sul volto
Consonni al via da Salò. Sempre sorridente, ma anche un filo di preoccupazione sul sul volto

Da Salò…

Tutto era nato alla partenza di Salò, quando gli avevamo chiesto di raccontarci l’approccio a questi 5.000 e passa metri di dislivello.

Simone come si prepara, anche mentalmente, un velocista ad una frazione tanto dura?

Non si prepara – ride Consonni – né atleticamente, né mentalmente. E’ una tappa che deve vivere chilometro per chilometro. Sarà durissima, spero di solo di aver recuperato e di aver superato bene il giorno di riposo. Questo vale per me, ma anche per il gruppo, perché c’è stanchezza. Abbiamo corso per due settimane a ritmi alti. 

Che corsa ti aspetti?

Sarà una lenta e dura processione. Ho montato il 36×32 che non penso servirà, però è lì. Speriamo si formi presto il gruppetto e via. È importante non restare solo in partenza. In tappe così, quando ci troviamo alla partenza tutti noi velocisti ci guardiamo e ci diciamo: gruppetto? E iniziamo a vendere i biglietti per il treno!

Verso il Goletto di Cadino (più noto come Crocedomini) subito gruppo allungato. Si andava forte
Verso il Goletto di Cadino (più noto come Crocedomini) subito gruppo allungato. Si andava forte

All’Aprica

Passa la giornata. Dal caldo e l’afa della pianura, alla pioggia della montagna. Consonni si è lasciato alle spalle Goletto di Cadino, Mortirolo, Teglio e Santa Cristina. Per arrivare all’Aprica ci ha messo oltre 6 ore e mezza, vale a dire 53’11” più di Hirt e ha tagliato il traguardo in ultima posizione. 

Il suo racconto della sera, seduto su una poltrona dell’hotel all’Aprica, è a dir poco coinvolgente.

Simone, ci eravamo lasciati che vendevano i biglietti del treno…

Sì, sono salito su un treno con pochi passeggeri perché è partito al volo. Ho perso la coincidenza. Ho perso il primo treno dei velocisti. La verità è che ho faticato tanto e la prima salita, il Crocedomini, l’ho scollinata spendendo tantissimo. Sono riuscito ad agganciare il gruppetto dei velocisti proprio in cima.

Come mai?

Siamo rimasti in quattro praticamente da subito e quindi è stata una bella agonia. In quella situazione poteva finire molto male. Può sembrare una cosa stranissima, però sono contento di essere ancora in corsa e di ripartire domani (oggi, ndr).

Marc Cavendish era riuscito ad inserirsi nella fuga del mattino e aveva attaccato davanti il Crocedomini
Marc Cavendish era riuscito ad inserirsi nella fuga del mattino e aveva attaccato davanti il Crocedomini
Come hai vissuto dunque la tua giornata con salite così dure?

E’ stata veramente una giornata incredibile: 5.000 metri di dislivello, anzi di più se ci si mette il trasferimento, e quasi sette ore di bici per tenere il gruppetto. Non ci siamo mai fermati perché anche nelle valli abbiamo girato sempre in doppia fila. Poi nel finale ho perso ancora un po’ di tempo, ma sapevo che ormai sarei stato nel tempo massimo. 

Come mai tanta fatica in avvio? Eppure non c’era subito una salita…

No, però siamo andati subito fortissimo. E’ una costante di questo Giro. Passano le ore prima che la fuga vada via. E’ impressionante come il livello del gruppo sia alto. Quindi escono queste partenze incredibilmente veloci. Ho parlato anche con con gli altri del team e anche loro hanno detto che è stata una giornata dove c’è stato poco da rifiatare. 

Non era quindi questione di scaldarsi o meno…

No, e poi il gioco è semplice: le salite mettono ognuno al proprio posto. Quando possiamo tener duro teniamo. Possiamo scaldarci, possiamo fare quello che vuoi, ma il nostro posto è quello.

Prima hai detto: una delle giornate più brutte. Perché?

Perché comunque non sono mai il primo a staccarmi dal gruppo in salita. Invece è stato così. Non so se a causa del giorno di riposo molto blando, ma sicuramente la settimana scorsa ho speso tanto. E anche prima nella tappa di Napoli ho tenuto duro un po’ troppo a lungo. Ho provato ad andare in fuga anche verso Genova.

Cosa hai fatto nel giorno di riposo?

Uscita super tranquilla. Venti chilometri, caffè al bar con i compagni e altri 20 chilometri per tornare in hotel. Ne ho parlato anche con Guarnieri e gli avevo chiesto cosa avessero fatto loro. Jacopo mi ha detto due ore e anche con dei momenti intensi. Io sono rimasto un po’ così – fa una pausa Consonni – ma col senno del poi forse aveva ragione lui. Tutte queste cose messe insieme e il fatto che ci sono queste partenze a tutta, hanno fatto sì che oggi il mio fisico e la mia testa fossero un po’ stanchi. La cosa più rischiosa, e strana, è stato ritrovarsi in quattro. In più una volta ripreso il gruppetto, nel fondovalle dopo il Mortirolo ho anche forato e ho dovuto inseguire a tutta.

Il tempo massimo però era abbastanza ampio (un’ora e un minuto, ndr)…

E infatti sull’ultima salita mi sono staccato dal gruppetto. Anche se non l’ho fatto apposta. Nel senso che il mio limite era quello.

Anche ieri il bergamasco ci ha messo una grinta infinita (foto Getty)
Anche ieri il bergamasco ci ha messo una grinta infinita (foto Getty)
Chi erano gli altri tre che erano con te sul Crocedomini?

Van den Berg, Tagliani e Sinkeldam. Ci siamo fatti compagnia in questa “via crucis” per la prima salita.

E in questi casi come vi gestite? Vi aiutate con i computerini, spingete a tutta…

Ci aiutiamo un po’ tutti con con i potenziometri. Valutiamo i distacchi. E’ un mix di numeri e sensazioni. Nel caso del Crocedomini una volta entrati nel chilometro finale abbiamo visto che c’erano le ammiraglie del gruppo poco davanti a noi. Abbiamo anche ripreso morale e abbiamo fatto una “fiammata” per riprenderli. Se non lo avessimo fatto, nel fondovalle verso il Mortirolo saremmo rimasti soli e saremmo andati a casa. Abbiamo evitato un disastro.

Un mix di numeri e sensazioni…

Sulla prima salita non erano i miei numeri. Il mio fisico era stanco. Capivo che quando ero ad un certo ritmo non potevo andare di più. Cercavo di tenere quel ritmo, pur sapendo che non era altissimo. Ma al tempo stesso non potevo perdere troppo contatto dal gruppetto di velocisti. Le telecamere non lo fanno vedere, però ci sono queste corse nella corsa quotidianamente. Perché alla fine ognuno di noi ha l’obiettivo di giornata e quasi certamente è un obiettivo faticoso, dispendioso ma anche bello da raggiungere. Quando sono arrivato ero contento e soddisfatto di me stesso pur non avendo vinto nulla.

Però come dici te, hai vinto la tua corsa nella corsa: stare nel tempo massimo in una giornata no…

Esatto, pur avendo avuto una bruttissima giornata fisica, come sensazioni, sono riuscito a completare una tappa di 200 chilometri e 5.000 di livello, che per un velocista non è facile.

Un velocista come affronta salite ripide quali Mortirolo e Santa Cristina?

Quando stai bene, chiacchieri e ti godi anche il panorama. Oggi (ieri, ndr) è stato uno sguardo fisso sulla ruota davanti mentre ero immerso nel mio tunnel, nei miei pensieri, nel mio “ma chi me lo fa fare”, nel mio  “ma quando cavolo la finisce la salita”… 

Mentre la maglia rosa stava per scollinare il Mortirolo, il gruppetto dei velocisti con Consonni aveva appena lasciato Monno
Mentre la maglia rosa stava per scollinare il Mortirolo, il gruppetto dei velocisti con Consonni aveva appena lasciato Monno
Il gruppetto spinge forte nei fondovalle, ma anche in discesa?

Sì, sì… tutti nemici! Per fortuna che scendendo dal Mortirolo non è piovuto perché era abbastanza pericolosa, tecnica e veloce. In pianura invece si spingeva. Nel fondovalle verso il Mortirolo ho tirato anche io, mentre verso Teglio no, perché avevo forato.

E tirano tutti, o i capitani i Demare, i Gaviria che hanno i compagni, stanno a ruota?

Tirano tutti, anzi i capitani spesso tirano anche di più.

Eri nelle retrovie e da solo: avevi l’ammiraglia dietro?

No, ma in questi casi si cerca un aiuto. La nostra ammiraglia si è appoggiata a quella Groupama-Fdj. Gli hanno lasciato borracce e anche delle ruote. E infatti anche quando ho avuto il problema meccanico ho avuto l’assistenza da loro.

Quante borracce e quanto cibo hai consumato in una tappa del genere?

Ho mangiato poco a dire il vero. A livello solido solo due rice cake. E poi tanti gel, una decina credo. Quando va così hai poco tempo per mangiare, si parte a tutta, in salita… Che poi a me piace mangiare solido, ma non era possibile. Il gel è più pratico. Di borracce invece credo di averne bevute 15-18.

E il “rampichino”, il 36×32, poi lo hai usato?

Sempre! Solo sulla prima salita non l’ho messo. Anche sul Teglio. A proposito, quando siamo arrivati all’imbocco del Teglio, sulla mappa abbiamo visto il “giro dell’oca” con l’imbocco del Santa Cristina dall’altro lato. Ho pensato: ma non possiamo tagliare!

Verso l’Aprica Simone ha consumato oltre 15 borracce (foto Instagram)
Verso l’Aprica Simone ha consumato oltre 15 borracce (foto Instagram)
Senti, ma Cavendish che è andato in fuga?

Incredibile come va. Lo abbiamo preso sull’ultima salita.

E dopo l’arrivo come ti sei gestito? Cosa hai fatto?

Ho visto alcune persone che conoscevo, che volevano parlare, però è stato un ciao veloce. Infatti quando mi sono ripreso qualcuno l’ho richiamato per scusarmi. Li ho richiamati dopo che mi sono fatto una doccia di un quarto d’ora, passato a fissare il vuoto. Una doccia calda. Mi sono sdraiato mezz’ora. Dopo ho fatto quasi un’ora di massaggio e quindi sono andato a cena.

Cosa hai mangiato?

Pasta al ragù, un assaggino di pizzoccheri… dopo aver speso 6.600 calorie ci sta, coniglio con un po’ di patate e una fetta di torta di mele. E prima di andare a letto, una borraccina di proteine per la notte. Adesso ci si riposa in vista di domani (oggi, ndr).

E anche oggi non sarà facile per Consonni. Tanta salita e soprattutto il Tonale in avvio. «Per la prima volta domani farò i rulli prima del via di una gara su strada. Sarà che devo farne tanti in pista, che quando posso evito. Ma se non faccio così…».

In volata a Reggio Emilia sarà la volta di Cimolai?

18.05.2022
4 min
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Stando a quello che ha detto Damiani venerdì scorso, oggi dovrebbe toccare a Cimolai. La tappa di Reggio Emilia, piatta e lunga come una traversata del deserto, strizza l’occhio ai velocisti e alle loro squadre. Pertanto alla Cofidis potrebbe essere arrivato il turno del friulano, mentre Consonni tirerà la volata.

Settimana decisiva

Il trasferimento da Jesi a Rimini ha richiesto un’ora e mezza sul pullman. Poi c’è stato il tempo dei massaggi ed è arrivato il momento di andare a cena.

«Ho letto anche io l’intervista di Damiani – dice Cimolai – ma non abbiamo ancora fatto la riunione. Quello che mi ha frenato sinora è che sono arrivato al Giro senza la preparazione che volevo. Dopo la Tirreno mi sono preso come tanti una brutta bronchite e me la sono trascinata a lungo. Poi ho dovuto fare una serie di corse fuori programma. Per fortuna nelle ultime due volate ho sentito di aver fatto un bel lavoro e voglio assolutamente tirare insieme qualcosa in questa settimana. Perché la prossima è piena di salite che non fanno proprio per me».

Nella tappa di Jesi, Cimolai è entrato subito nel gruppetto per salvare le forze
Nella tappa di Jesi, Cimolai è entrato subito nel gruppetto per salvare le forze

Velocisti da capire

Le strade fino a Jesi sono state una sorta di Liegi e pochi forse se lo aspettavano. Fra i motivi di sorpresa per Cimolai c’è anche la condotta degli altri velocisti, alla vigilia della tappa più adatta per loro.

«Onestamente – dice con una punta di stupore – ho visto che quasi tutti hanno provato a tenere duro. Io non ho avuto una grande giornata, complice forse anche il caldo. Ho visto che sudavo e avevo i battiti alti, per cui mi sono staccato e ho fatto gruppetto per non sprecare energie in vista di domani (oggi per chi legge, ndr). Mentre non riesco a capire Caleb Ewan. Domenica verso il Blockhaus non ha fatto gruppetto ed è andato su da solo. Verso Jesi è stato il primo a staccarsi ed è rimasto da solo per tutto il giorno. A Napoli era con quelli davanti. Verrebbe da pensare che si stia preparando per il ritorno a casa, ma rispetto agli altri anni, non ha ancora vinto. La squadra più forte ce l’ha Demare. Cavendish invece ha perso l’uomo più forte, Morkov, che non è partito nella tappa di Potenza».

Demare ha la squadra più forte: nel 2017-2018 Cimolai correva con lui
Demare ha la squadra più forte: nel 2017-2018 Cimolai correva con lui

Scambio di ruoli

In tutto questo, c’è da fare i conti con le proprie sensazioni e gli equilibri in squadra, perché il momento potrebbe essere delicato.

«Alla Tirreno – dice Cimolai – avevo già lavorato per Consonni e abbiamo portato a casa un 5° e un 8° posto. Poi lui si è fermato e io ho avuto la mia chance, con il quarto posto nell’ultima tappa. Sono un professionista e capisco che la squadra voglia provarlo dopo i due anni a lavorare per Viviani. Con Simone c’è rispetto reciproco. Ho fiducia in lui. L’anno scorso ho visto il gran lavoro che faceva per Viviani. Tanto che nelle volate in cui ho fatto i piazzamenti migliori, mi muovevo guardando lui e lo tenevo come riferimento».

Giro d’Italia 2021, nella 7ª tappa, Cimolai arriva secondo dietro Ewan
Giro d’Italia 2021, nella 7ª tappa, Cimolai arriva secondo dietro Ewan

Quale condizione?

Resta da capire se la condizione sia la stessa che lo scorso anno portò Cimolai a due secondi, un terzo e un quarto posto. E qui anche lui alza gli occhi al cielo.

«Difficile fare un confronto – dice – non sto male, i numeri sono buoni e i numeri non sbagliano. L’anno scorso furono proprio i piazzamenti a darmi morale e il quarto posto alla Tirreno è stato un bel segnale, poi però sono passato dalle stelle alle stalle. Ho accusato tanto quella bronchite e adesso invece sconto altro. Girmay va forte, soprattutto in salita e proprio per questo ci sarebbero cose da dire per noi italiani. Trovo assurdo che siamo gli unici al mondo a non poter fare l’altura a casa…».

Notevole differenza in volata fra Girmay e Van der Poel e il resto del gruppo
Notevole differenza in volata fra Girmay e Van der Poel e il resto del gruppo

Qualcosa di cui parlare

Il riferimento è chiaro. Van der Poel prima, in un hotel spagnolo. Poi Girmay nell’altura eritrea. Parecchi atleti come loro sono arrivati al Giro d’Italia dopo periodi di altura o camera iperbarica. Ci sono hotel specializzati in Spagna e anche in Slovenia, ma per i corridori italiani si tratta di strutture vietate dal Coni. Ne aveva già parlato Oldani raccontando la preparazione della sua squadra e il suo essersi dovuto escludere. Le differenze su strada, in questo ciclismo di vantaggi marginali, rischiano di diventare troppo incisive per non parlarne.

Petacchi aveva un chilo in più? Il velocista moderno no

29.03.2022
6 min
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«Per la Sanremo ero più magro, per il resto della stagione invece avevo un chilo e mezzo, due in più. Alla fine io non avevo questa esigenza di essere super tirato. E se scollinavo con un minuto di ritardo in più non mi cambiava molto. La volata della Sanremo è di gambe, non è una di quelle esplosive a 70 all’ora». Abbiamo “girato” questa frase di Alessandro Petacchi, ad un velocista attuale, e che velocista, Simone Consonni.

Consonni (Cofidis) fu terzo a Clermont Ferrand, nel Tour 2020, tappa di 194 chilometri e 2.646 metri di dislivello
Consonni (Cofidis) fu terzo a Clermont Ferrand, nel Tour 2020, tappa di 194 chilometri e 2.646 metri di dislivello

Velocisti più magri

E’ bastato ripetergli questa frase dello spezzino che il campione della Cofidis ha capito al volo l’argomento: oggi è ancora possibile per un velocista potarsi dietro una “zavorra”, benché minima come quella di AleJet?

«Credo – dice Consonni – che negli ultimi anni siano cambiate un bel po’ di cose. Io non ho mai corso con Petacchi e i velocisti della sua generazione e faccio fatica a fare un confronto. Negli ultimi anni non esistono i velocisti super puri di una volta. Oggi per vincere in volata devi andare forte in salita e l’ultima Sanremo ne è stata la dimostrazione. Ha certificato quanto sia importante andare forte in salita.

«I velocisti che sono arrivati davanti sono andati fortissimo sulla Cipressa e sul Poggio».

In effetti sono arrivati all’attacco del Poggio in 24-25 e, tolti due o tre gregari, erano tutti leader. Dentro c’era gente veloce come Demare, Nizzolo, Pedersen, Girmay, Matthews

«In più le corse sono sempre più dure per i velocisti perché gli organizzatori inseriscono sempre più salite. Ormai di veri piattoni ce ne sono uno o due nei grandi Giri. Senza contare che in corsa ci sono corridori fortissimi che fanno “casino” anche quando non te lo aspetti o da lontano. Quindi più che curare lo sprint puro, cerchi di stare attento al rapporto peso/potenza per scollinare nel miglior modo possibile, per risparmiare energie per la volata».

Lo scorso anno a Tignes Demare finì fuori tempo massimo. Essere magri è fondamentale anche per il velocista
Lo scorso anno a Tignes Demare finì fuori tempo massimo. Essere magri è fondamentale anche per il velocista

Coperta corta

«Ed è molto difficile trovare questo compromesso. Tu, velocista, puoi anche essere più magro ma non devi perdere potenza. E’ il “vaso di pandora” del ciclismo moderno… se trovi la soluzione! E non è facile. La coperta è corta: se migliori nel breve, perdi in salita.

«Io per esempio quest’anno ho lavorato di più sulla palestra per migliorare lo sprint. E alla fine nel breve, nella volata, i watt sono gli stessi, ma mi sento meglio in salita. E peso due chili in più!».

Questo a dire il vero, nel caso di Consonni un po’ ci stupisce. Una metamorfosi del genere ce la saremmo aspettata di più lo scorso anno in vista delle Olimpiadi su pista (ricordiamo che Simone fa parte del quartetto d’oro), dove serve più potenza.

«Chiaramente sono due chili di forza e in effetti questo cambiamento è iniziato dallo scorso anno proprio per la pista e poiché ho visto che pagava ho continuato. Come detto i valori sul corto sono più o meno gli stessi, ma mi esprimo meglio sui 10’».

Simone Consonni nelle ultime stagioni ha lavorato molto in palestra per cercare di rialzare lo spunto veloce
Simone Consonni nelle ultime stagioni ha lavorato molto in palestra per cercare di rialzare lo spunto veloce

Questioni tattiche 

Tornando a Petacchi e in parte anche al discorso di Consonni, quel chiletto o due in più portavano ad avere il “vecchio” velocista ad avere un certo spunto. Ma a quanto pare oggi non è possibile. La volata te la devi guadagnare.

«Esatto, te la devi guadagnare – riprende Simone mentre sta facendo i massaggi durante la campagna del Nord – oggi quasi sempre le tappe sono uguali o superiori ai 2.000 metri di dislivello. Lo scorso anno al Giro l’unico piattone fu la frazione di Verona. E questo, insieme alla mania di attaccare di questi fortissimi corridori, cambia le cose per noi. Sarà bello per lo spettacolo, ma meno per noi sprinter!

«Faccio un esempio. Alla Tirreno in una tappa per velocisti Alaphilippe e Pogacar hanno attaccato a 40 chilometri all’arrivo e per noi è stata una sofferenza. Da uno strappo insignificante ne è nata un’azione che è stata quasi da tappa di salita».

Il treno della Saeco, emblema delle volate e dei velocisti degli anni ’90-2000
Il treno della Saeco, emblema delle volate e dei velocisti degli anni ’90-2000

I chilometri finali

E poi – rilancia appassionato Consonni – c’è anche un’altro aspetto che secondo me conta: l’approccio alle volate. Si dice che oggi c’è anarchia nel preparare una volata. Non è più come una volta che i migliori 4-5 velocisti avevano il loro treno e ai meno dieci dall’arrivo tutti si mettevano in fila. Si andava forte, ma regolari (e coperti, ndr). 

«Adesso gli ultimi dieci chilometri sono molto più intensi. Passi da una ruota all’altra. Risali, prendi vento… sono dei salti, degli sprint che richiedono potenza. Sono 10′ molto dispendiosi e se spendi quei watt lì, non ne hai dopo per la volata».

Jakobsen o Cipollini?

Al netto dei percorsi più duri, della mancanza dei treni e di velocisti più magri ci si chiede se gli sprinter di un tempo fossero più forti. O meglio se avessero un picco più alto.

«Rispetto ad altri bambini – conclude Consonni – io seguivo poco il ciclismo, quindi faccio un po’ più di fatica a dare un giudizio, tuttavia da quello che mi dicono gli esperti la nostra spinta media nel corso delle ore di gara è più alta rispetto al passato. E questo toglie lucidità e potenza. Da quello che ho sentito dire una volta le corse erano più controllate e alla fine i velocisti di un tempo credo avessero più potenza nel corto».

Non è mai facile e forse neanche giusto mettere a confronto corridori di epoche diverse. Tuttavia poiché non parliamo di secoli ma di due o tre lustri azzardiamo un “paragone”. Se si mettesse su un rettilineo un Fabio Jakobsen e un Mario Cipollini di allora, quasi certamente Re Leone lo batterebbe allo sprint, ma bisogna vedere se lo stesso Cipollini di un tempo oggi sarebbe in grado di restare in gruppo. Probabilmente i Petacchi e i Cipollini di allora, oggi sarebbero più magri. E quindi con un po’ meno spunto.

Analisi tecnica della Wiebes, “imbattibile” allo sprint

23.03.2022
4 min
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Con tre vittorie (di peso) e un terzo posto, Lorena Wiebes è la mattatrice di questo inizio di stagione tra le donne. La velocista olandese del Team DSM in volata sembra avere una certa supremazia. Almeno nelle volate di gruppo si è mostrata la più forte. Le corse veloci, se c’è lei, sono piuttosto segnate.

Di questo suo primeggiare negli sprint parliamo con Davide Arzeni, diesse della Valcar-Travel&Service. Tra la Cavalli “1.0”, la Balsamo e la Consonni, di volate e di treni il “Capo” (questo il suo soprannome) se ne intende.

Davide Arzeni è uno dei diesse più preparati, soprattutto per quel che concerne le squadre delle velociste
Davide Arzeni è uno dei diesse più preparati, soprattutto per quel che concerne le squadre delle velociste
Davide, partiamo da come la Wiebes prepara la sua volata. Le piace correre super nascosta e uscire all’ultimo o si espone anche?

Non è troppo nascosta, anzi… Non è una “succhiaruote” come si dice in gergo. Senza contare che è migliorata molto negli strappi, altrimenti non si vincono corse come Drenthe. In generale è migliorata in salita. Alla Valenciana l’ho vista fare molta fatica, ma erano altri percorsi. Credo che nelle classiche del Nord sarà dura staccarla. E poi la Dsm è cresciuta molto tatticamente.

Cioè?

Sanno di avere la velocista più forte e quando viene attaccata, tutta la squadra la protegge. Ma quel che ho notato è che ultimamente giocano d’anticipo e inseriscono sempre un’atleta di qualità nella fuga. Penso ad una Georgi o ad una Mackaij. In questo modo dietro non lavorano solo loro e si ritrovano con un treno più fresco. Questa tattica l’hanno già adottata due, tre volte quest’anno.

Lorena è una sprinter più “da treno” o sa cavarsela anche da sola saltando da una ruota all’altra?

In questo momento che è in forma va forte anche da sola, ma con il treno che le consente di risparmiarsi va ancora più forte e poi diventa difficile da battere. In più nella Dsm hanno Charlotte Kool che si sta dimostrando un’ottima pesce pilota. Lei stessa è molto veloce.

Molta forza, ma anche alta cadenza per la Wiebes, qui nella volata di Drenthe (sul pavè)
Molta forza, ma anche alta cadenza per la Wiebes, qui nella volata di Drenthe (sul pavè)
Quindi può vincere anche senza treno?

Sì, sì. Lo ha dimostrato l’anno scorso al Women’s Tour, dove tra l’altro ha battuto una delle nostre! Noi avevamo il treno e lei lo ha sfruttato.

Insomma ha anche coraggio…

Certo, una sprinter non può non averlo! Si butta dentro coi tempi giusti e non si esime dalla battaglia.

In merito invece al modo di fare la volata cosa ci dici?

Ha una frequenza di pedalata molto alta, ma con rapporti lunghi, il che significa che ha sì forza pura, ma anche forza rapida. Torno alla volata di Drenthe: è stata perfetta, potente e c’era vento contro. Se arriva allo sprint in queste condizioni è finita!

E allora dove potrebbe essere più battibile: nella volata corta o lunga?

Credo lunga.

Grande potenza per l’olandese (classe 1999)
Grande potenza per l’olandese (classe 1999)
Però! Essendo così potente avremmo detto volata corta…

Dico volata lunga perché magari non riesce a tenere per troppo tempo questa sua alta frequenza di pedalate. E quando la perde cala un bel po’.

Hai analizzato anche la sua posizione?

Sinceramente non è bellissima da vedere in bici, ma quel che conta è andare forte! E’ molto spesso fuori sella, anche in salita prima della volata. Però ha quasi sempre le mani basse il che vuol dire che è molto esplosiva. Insomma non è elegante, ma è efficiente. Probabilmente sono la sua forza e la sua esplosività che la rendono non troppo lineare (composta) quando spinge.

C’è qualche particolare tecnico che ti ha colpito?

Non mi sembra. Come tutte le altre, anche la Wiebes cerca la massima aerodinamicità. Quindi cerca di essere schiacciata, ha manubrio e casco aero. Ma spesso queste sono scelte che spettano alle ragazze. Io almeno lascio decidere a loro.