Chissà se Jakobsen si aspettava che dalle sue parole, pronunciate alla presentazione della Soudal-Quick Step, sarebbero nati così tanti approfondimenti su velocità e attitudine alla salita: forse no. Così, mentre qualche giorno fa abbiamo verificato con Fabio Sabatini se l’olandese sia davvero l’uomo più veloce al mondo, oggi approfondiamo un’altra sua affermazione.
«Sono velocissimo – ha detto l’olandese (in apertura sull’arrivo di Peyragudes al Tour 2022, salvo per 15“ dal tempo massimo) – però magari non sono il velocista più forte del mondo, visto che devo sempre lottare col tempo massimo. Se vuoi essere il più veloce, devi soffrire in salita. Ma io sono fatto così e non voglio cambiare. Non voglio diventare come Blijlevens, che cercò di migliorare in salita, perdendo il suo spunto veloce».
Ripassando la storia del velocista olandese, classe 1971 che corse fra il 1994 e il 2004, arriviamo da Marco Benfatto, ex pro’ ed ex preparatore della Gazprom-RusVelo.
Marco, cosa pensi di questo ragionamento di Jakobsen?
Il velocista puro non esiste più, forse lui è uno degli ultimi. Non è più l’epoca di Endrio Leoni, quando andavano piano per tutta la tappa e i corridori gestivano l’andatura in altra maniera. Adesso si parte sempre a blocco, nelle tappe con salite sempre di più. E se non sei già predisposto geneticamente con una buona capacità aerobica, fai fatica o ti devi accontentare di puntare su gare meno dure.
E’ vero che cercando di migliorare in salita, si perde la volata?
E’ matematico, come una coperta che più la tiri da una parte e più è corta dall’altra. Ci sono velocisti e velocisti. Non sono tutti esplosivi come i pistard, che non sono in assoluto i velocisti più forti, però hanno anche una predisposizione per tenere anche sulle salite brevi. E’ una cosa che mi dicevano sempre da dilettante “Ciano” Rui e Faresin: «Ricordati che il velocista da professionista è tutta un’altra cosa».
E avevano ragione?
E’ proprio così. I vari Modolo, per esempio, o anche Nizzolo da dilettanti erano quasi considerati gente che andava in salita, perché tenevano. Quando invece sono passati e si sono trovati a fare volate dopo 200 chilometri e dopo aver passato le salite, hanno dovuto cambiare pelle. Si va sempre più forte e bisogna avere una componente aerobica elevata.
E come si fa?
Bisogna sempre cercare di non snaturare il corridore, perché un velocista anche se si allena in salita non diventerà mai uno scalatore. Quindi bisogna sempre cercare di limare il massimo per portare a casa il risultato. Se poi però non diventi carne né pesce, allora abbiamo sbagliato qualcosa.
Alla luce di questo, come gestisci la settimana di un velocista?
Dedichiamo alcuni giorni a lavori specifici più adatti ai velocisti e giorni in cui anche lui si deve fare le sue ore di sella, di salita. Dall’esperienza di questo primo anno di lavoro, è venuto fuori che i velocisti si devono allenare di più sul loro punto debole, quindi un po’ di più sulla salita. Mentre lo scalatore, se insiste con i lavori di forza, come per esempio in palestra, migliora sulla parte in cui è un po’ più debole e quindi si completa.
Scatterà più forte?
Se lavora di più sulla forza, avendo già la resistenza, sviluppa la sparata per fare la differenza e riesce a fare uno step in più. Ma quello che ti ha dato madre natura non te lo toglie nessuno, sia per il velocista sia per lo scalatore.
I lavori in salita dello scalatore sono diversi da quello del velocista?
La differenza è che per esempio il velocista lavora a cadenze più elevate. Cerca di fare dei lavori ad intensità maggiore, perché il suo modello prestazionale di riferimento è quello degli ultimi ultimi 10 chilometri. E lì ci sono tanti cambi di ritmo e le potenze magari sono brevi ma intense, con rilanci a 700-800 watt. Perciò deve allenare quel tipo di resistenza con frequenza di pedalata più alta, abituandosi a girare sempre attorno alle 100-110 Rpm.
Anche il velocista ha l’assillo del peso?
Per assurdo, anche se sembra impossibile, di più. Ci sono scalatori più grassi dei velocisti. Me lo confermava anche Mazzoleni quando eravamo in Gazprom, dicendo che anche Nibali non aveva questa gran percentuale di magrezza, mentre i velocisti di solito sono molto più fissati con il peso. Devono limare su tutto, perché in salita bisogna tenere duro, quindi anche un chilo in più fa comodo non averlo. Ad esempio, Malucelli è molto bravo. Avendo studiato Ingegneria, è molto matematico nei ragionamenti. Calcola le calorie e si alimenta in base a quello che consuma. Ormai è tutto calcolato e tutto studiato, non scappa niente.
Hai parlato di coperta da tirare: come trovi il giusto equilibrio?
Qui si vede la bravura del preparatore atletico, avete proprio centrato il bersaglio. Trovare l’equilibrio che faccia rendere al massimo l’atleta è il punto cruciale. Quindi si comincia conoscendo il corridore, perché ognuno è diverso dall’altro. Quindi lavorandoci e vedendo come reagisce, si costruisce un vestito su misura.
Non ci sono regole universali?
Ci sono delle regole che però non vanno bene per tutti allo stesso modo. Per esempio nel test del lattato, in teoria le 4 millimoli sono il range quasi per tutti, per trovare la soglia aerobica. Però abbiamo visto che alcuni ce l’hanno a 5,2, altri a meno. Quindi alla fine, per capire l’atleta e dargli i parametri di allenamento, è importantissimo non fermarsi ai dati del primo test, ma farne altri per avere una maggiore possibilità di analisi.
Il rapporto potenza/peso quindi conta anche per il velocista?
Non è fondamentale, però ovviamente quando si fa un test, anche un velocista adesso deve avere sopra i 5 watt/kg. Altrimenti non va da nessuna parte. Per lo scalatore si tratta di un rapporto fondamentale, ma nemmeno lo scalatore può fare a meno di conoscerlo…