Pianura alle spalle. Ma prima delle salite tocca ad Amadori

12.06.2022
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A sera, dopo cena, Marino Amadori riguarda lo sprint di ieri sul cellulare e commenta: «Certo che Bruttomesso ha fatto una bella volata. Ha vinto con una bici di vantaggio». La carovana del Giro d’Italia U23 era già in Veneto.

La prima tappa è andata in scena: tanta pianura e gruppo compatto. E oggi la corsa rosa dei giovani è già pronta ad entrare nel vivo con la Rossano Veneto-Pinzolo: 165 chilometri con parecchio dislivello. Si va dunque verso le montagne.

Con il cittì degli under 23 abbiamo fatto una panoramica dei nomi e di quel che potremmo vedere in questa settimana.

Il cittì degli U23 Marino Amadori (a destra) in compagnia di Marco Pavarini, direttore generale di ExtraGiro
Marino Amadori (a destra) in compagnia di Marco Pavarini, direttore generale di ExtraGiro
Marino, cosa ci possiamo attendere?

Sarà una corsa impegnativa che speriamo darà spettacolo. Sono preoccupato soprattutto per i nostri. I migliori tre per la classifica generale non ci sono: Alessio Martinelli, Marco Frigo e Gianmarco Garofoli. Speriamo possano fare bene gli altri.

E chi sono?

Piganzoli, De Cassan, Petrucci... Sono loro i nostri uomini di classifica, quelli da cui mi aspetto di più. Un buon piazzamento sarebbe un bel colpo.

E Walter Calzoni? Lui sì è veloce, ma è anche uno scalatore…

Sì, si… Può fare bene, ma parliamo sempre di un piazzamento nei primi dieci. Sarebbe tanta roba.

E chi sono i favoriti? Tutti parlano dei due della Groupama-Fdj, Martinez e Gregoire?

Per me il Giro lo vince Lenny Martinez. E probabilmente sarà una sfida con il compagno Romain Gregoire. Però loro hanno anche Reuben Thompson che è forte (ha vinto il Valle d’Aosta 2021, ndr). Certo mi viene da pensare: ma chi tira con tutti questi, se poi si considera che uno di loro è un velocista? Mica potrà tirare sempre e solo Lorenzo Germani? Anche qualcun altro dovrà pur prendere un po’ d’aria nei denti…

Il belga Lennert Van Eetvelt trionfa nella Corsa della Pace. In salita può far male secondo Amadori (foto Instagram)
Il belga Van Eetvelt trionfa nella Corsa della Pace. In salita può far male secondo Amadori (foto Instagram)
Quindi è una sfida tutta in casa Groupama-Fdj?

Se le daranno tra di loro! Non sottovaluterei neanche il ragazzo della Lotto-Soudal, Lennert Van Eetvelt, che ha vinto alla Coppa della Pace la scorsa settimana.

Lo reputi così tanto scalatore?

Ha vinto alla Corsa della Pace proprio in salita. C’era da scalare due volte una montagna di 12 chilometri e l’arrivo era in cima. No, no… lui va forte.

Dici che il Giro si deciderà in salita? Comunque ci sono anche diverse tappe mosse ed insidiose…

Io dico che sarà probabile, perché ci sono molte squadre importanti che possono controllare la corsa. Inventare qualcosa sarà difficile per altri corridori. Anche ieri la Dsm ha tirato per quasi tutta la tappa.

Bruttomesso dopo l’arrivo ci ha detto che hanno tirato 140 chilometri su 160 di corsa….

Le squadre sono organizzate, sono loro che possono inventare qualcosa e tirare fuori il coniglio dal cilindro. Guardate ieri: a spezzare il gruppo quando c’è stato il vento è stata la squadra svizzera (la Tudor Procycling, ndr) vuol dire che tutte le squadre straniere sono attrezzate. Poi il vento era poco e tutto è rientrato. Quindi non darei nulla di scontato.

Emanuele Ansaloni può fare bene nelle tappe ondulate. Già ieri in fuga, ha vinto il premio della combattività (foto Isola Press)
Emanuele Ansaloni può fare bene nelle tappe ondulate. Già ieri in fuga, ha vinto il premio della combattività (foto Isola Press)
Torniamo ai nostri ragazzi. Con te, Marino, un sacco di volte abbiamo parlato della necessità che le nostre squadre facciano un certo tipo di attività: più gare all’estero, prove più lunghe. Qualcosa è cambiato?

Diciamo che non hanno fatto a botte per andare a correre fuori, però posso anche capirli tra esigenze varie, sponsor, costi…

Però almeno adesso ci sono state corse come il Giro di Sicilia o la Per Sempre Alfredo… che prima non c’erano o erano in numero inferiore.

C’è stato un calendario “più europeo” che italiano, mettiamola così…

Ieri prima dell’arrivo di Argenta, ci avevi detto che per i nostri quel traguardo poteva essere un’occasione, anche se pensavi più a Persico che a Bruttomesso. Da oggi chi può fare bene nelle tappe intermedie?

Qualcuno c’è. Mi vengono in mente Parisini, Ansaloni, Buratti… Tutti loro, almeno su carta, possono essere competitivi. Speriamo peschino un jolly.

Dalla Delio Gallina ecco uno scalatore: è Walter Calzoni

11.05.2022
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Quando Fabio Aru vinse a Montecampione, nel Giro d’Italia del 2014, ai 2 chilometri dall’arrivo c’era anche un ragazzino a fare il tifo. Era Walter Calzoni. Come per molti ragazzi, la sua storia con il ciclismo nasce da bambino. In famiglia nessuno andava in bici, ma un amichetto sì.

Un giorno se ne andò a vedere la corsa rosa lassù. Una stradina di montagna dalla cui cima s’intravede il lembo settentrionale del Lago d’Iseo.

Il Giro arrivava sopra a casa sua, Walter è di Sellero, in piena Val Camonica, e di certo non poteva mancare.

«Come tanti altri ragazzini – racconta Calzoni – ero più interessato alle borracce che alla corsa vera e propria. L’idea era quella che poi le avremmo usate in allenamento». Con la sua biciclettina, Walter si è arrampicato fin quasi all’arrivo. Era andato con lo zio di quel suo amico e con il suo gruppo di cicloamatori.

Calzoni (a destra) prima dell’ultima gara a Monte Urano, nelle Marche, chiusa al 7° posto
Calzoni (a destra) prima dell’ultima gara a Monte Urano, nelle Marche, chiusa al 7° posto

Ecco l’exploit

Da quel giorno il bresciano ne ha fatta di strada, ha persino indossato la maglia azzurra nel Memorial Pantani dello scorso anno (foto in apertura). Oggi Calzoni è uno dei corridori della Delio Gallina – Ecotek Lucchini Colosio, una delle continental italiane. Al terzo anno da under 23, sembra finalmente la stagione della svolta, quella del salto di qualità.

Ha vinto una gara ed è salito sul podio in un’altra e viaggia costantemente nelle posizioni di vertice.

«Sì, un terzo anno, ma è quasi come fossi al secondo. Nel primo, tra Covid e qualche problema personale, ho corso pochissimo: non sarò arrivato neanche a dieci corse e quasi tutte erano “il circuitino”. L’anno scorso ho faticato un po’ ad inizio stagione, ma poi sono uscito bene dal Giro d’Italia under 23 e da lì ho raccolto qualche risultato».

«Quest’anno un po’ me lo aspettavo di andare forte – spiega Calzoni – Nelle prime corse non ero proprio in condizione. La cercavo andando fuga e aiutando squadra. Poi dopo la corsa a tappe Belgrade Banjluka le cose sono migliorate. Quella gara mi ha dato qualcosa in più e si sono visti i risultati».

In Serbia Calzoni si è portato a casa la maglia bianca di miglior giovane.

Il bresciano (classe 2001) con la coppa in mano al fianco di Turchetti
Il bresciano (classe 2001) al fianco di Turchetti

Alla Delio Gallina

La Delio Gallina, diretta dal diesse Cesare Turchetti, è un ambiente ideale per crescere. C’è la giusta dose di pressione e il fatto che quest’anno abbiano deciso di diventare continental ha ampliato le prospettive.

«Siamo seguiti bene dalla squadra – dice Calzoni – Qui non ci mettono pressione, semmai siamo un po’ noi stessi che lo facciamo. Andiamo alle gare per vincere. A 20 anni non serve l’allenatore che ti deve mettere pressione. Sei tu che vuoi e devi andare forte».

«La mia motivazione è forte. Adesso gli avversari sanno che posso arrivare davanti, questa cosa mi fa piacere, anche se sono più marcato. Però vincere da marcato vale di più. Se vinci in questo non è perché hai fortuna, non è perché sei riuscito a scappare così “tanto per”, ma perché te la sei meritata. Ed è più soddisfacente insomma».

«Fin da juniores non avevo mai fatto tanti chilometri e quindi anche per questo nelle prime gare ho faticato un bel po’. Poi a forza di uscire tutti giorni e con le gare subisco un po’ meno il ritmo. Per me sono soprattutto i chilometri in allenamento che ti fanno andare meglio in gara. Ne ho fatti sempre di più e l’anno scorso ho chiuso intorno ai 25.000. Quest’anno sono sui 9.000 per adesso».

L’equilibrio però è importante e adesso che si viaggia nel pieno della stagione quegli allenamenti a casa di cui parla Calzoni non sono molto intensi. La condizione si mantiene e si migliora con le corse.

«Prima e dopo le gare faccio un’ora e mezza di scarico, al massimo due. E visto che si corre sia il sabato che domenica faccio una distanza a settimana, non di più. Lo stesso vale per i lavori intensi: in questa fase della stagione sono pochi».

Calzoni vince (in salita) alla Volta Provincia de Valencia lo scorso settembre e coglie il primo successo da U23
Calzoni vince (in salita) alla Volta Provincia de Valencia lo scorso settembre e coglie il primo successo da U23

Scalatore dentro

Di solito chi vince tra gli under 23 è sempre un atleta veloce. La maggior parte di quelli che abbiamo intervistato ci hanno detto di essere corridori dallo spunto veloce, ma che tengono bene sulle salite brevi.

Calzoni no: lui, con i suoi 64 chili spalmati su 172 centimetri di altezza si definisce uno scalatore. Le “misure” da grimpeur ce le ha quindi.

«Mi trovo a mio agio sui percorsi duri e selettivi. L’anno scorso ho fatto bene nella tappa di Piancavallo al Giro del Friuli. Lì ho capito che posso tenere anche sulle salite abbastanza lunghe e per questo spero di fare bene al Giro d’Italia U23. Lo scorso anno ho faticato un po’, però vediamo cosa riserverà questa corsa. Io vado per vincere una tappa, o almeno mi piacerebbe. Ma vediamo come passeranno le giornate e vedremo eventualmente se si potrà tenere duro anche per la classifica».

«Per quanto riguarda il peso qualcosa posso perdere ancora. Un po’ perché lo voglio e un po’ perché col caldo ci si asciuga un filino. E poi serve per andare forte in salita! Oggi se non sei al top è difficile stare davanti… anche tra gli under 23».

Verza: la vittoria ad Acqui Terme e la speranza di passare

07.05.2022
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La pioggia scende incessante e silenziosa sui tetti delle case, dall’altra parte della cornetta risponde Riccardo Verza. Il corridore della Zalf Euromobil Désirée Fior scambia due brevi battute sul maltempo e inizia a raccontare. Sabato, ad Acqui Terme, ha vinto una bella corsa, arrivando sulla linea di arrivo insieme al suo compagno, ed amico, Simone Raccani. Riccardo è nato nel 1997, ed il 22 di agosto compirà 25 anni. Se si pensa ai tempi a cui siamo abituati fa strano vedere un ragazzo della sua età fra gli elite.

Riccardo Verza, a sinistra, insieme a Simone Raccani sul traguardo di Acqui Terme (foto Instagram)
Riccardo Verza, a sinistra, insieme a Simone Raccani sul traguardo di Acqui Terme (foto Instagram)

Una vittoria divisa

«Siamo una categoria a rischio estinzione – dice con un mezzo sorriso Riccardo – di elite in gruppo siamo rimasti davvero in pochi. Molte squadre ne fanno volentieri a meno, ora la “moda” è quella di cercare giovani promettenti da portare subito tra i professionisti. E’ anche per questo motivo che in realtà sabato, andando verso l’arrivo insieme a Raccani gli ho detto che avrei preferito vincesse lui. E’ un 2001, un terzo anno, ero consapevole di quanto sarebbe stato importante vincere per lui. Sicuramente sarebbe stato più importante per lui che per me, ha più possibilità di passare professionista. Allo stesso tempo, però, lui insisteva nel voler farmi passare per primo. Così abbiamo deciso di smettere di pedalare e lasciare al fato la decisione finale».

Riccardo ha corso nella Zalf anche nella stagione 2021 (foto Instragram)
Riccardo ha corso nella Zalf anche nella stagione 2021 (foto Instragram)

Una questione di cuore

Il racconto della vittoria lo rallegra, ma allo stesso tempo la voce di Riccardo si fa un po’ pesante. Allora viste le sue parole verrebbe da chiedere con quale spirito riesca ad allenarsi e correre al meglio, sapendo che le porte del professionismo, ormai, sembrano quasi chiuse.

«Alla fine della scorsa stagione avevo in mente di smettere – ci rivela – avevo ottenuto dei buoni risultati ma nessuna chiamata. Un po’ ci speravo, ed anche la squadra era convinta che qualcosa si sarebbe mosso. Invece nulla, calma piatta. Ero andato forte. Tre vittorie e da giugno a ottobre non sono mai uscito dalla top ten. Ho parlato a lungo con Gianni Faresin e lui mi ha convinto a provarci ancora, per un’ultima volta. Crede molto in me, poi la Zalf è una delle poche squadre che cura ancora la categoria elite, siamo 4 in squadra. Gianni ci prende molto in considerazione ed abbiamo un ruolo importante anche in corsa, spesso prendiamo decisioni quando la situazione lo richiede».

Riccardo Verza insieme ai compagni della Zalf al Giro di Sicilia del 2021
Riccardo Verza insieme ai compagni della Zalf al Giro di Sicilia del 2021

L’esperienza conta

«Credo ancora di poter passare, sono convinto di poter fare bene, ho visto al Giro di Sicilia che in fondo la gamba c’è. Lì abbiamo lavorato molto per Raccani che è riuscito a piazzarsi 14° nella classifica generale, un bel risultato per un continental. In corsa avevo un po’ il compito di stargli accanto, di pilotarlo, ricordargli di mangiare, cosa non semplice quando sei a tutta e super concentrato sulla corsa. Il livello dei professionisti non lo vedo tanto lontano dal mio, poi è ovvio che vincere il Giro di Sicilia è una cosa difficile se non impossibile. Ma in gruppo sto bene, le fughe le centro, poi correre costantemente con i pro’ ti fa crescere tanto se sei maturo abbastanza».

Uno spiraglio aperto

Sono molti i corridori elite che vanno forte ma che per un motivo o per l’altro non riescono a passare, ci viene in mente Lucca, Zurlo, compagno di squadra di Riccardo. Ma una domanda è lecita, C’è mai stato un momento in cui Verza è stato vicino a passare professionista?

«L’anno che sono stato più vicino a realizzare il mio sogno è stato quando ero nella continental Kometa, nel 2020 c’era nell’aria che si sarebbe fatta la professional, ma purtroppo non sono riuscito ad entrarci. L’anno scorso sono andato forte ma è anche vero che ha chiuso la Vini Zabù, quindi c’erano meno posti per passare tra i pro’. Quest’anno la Corratec probabilmente farà la professional e poi c’è l’idea della squadra di Cassani, di cui però non si sa nulla».

Gianni Faresin, diesse e preparatore della Zalf crede molto nel lavoro degli elite per far crescere i giovani (foto Instagram)
Gianni Faresin, diesse e preparatore della Zalf crede molto nel lavoro degli elite per far crescere i giovani (foto Instagram)

Solidarietà tra elite

Gli elite, come dicevamo, sono pochi e ogni anno diminuiscono, ed anche a fronte di buoni risultati non ci sono concrete possibilità di passare. 

«Tra noi parliamo, tramite i social o anche quando ci troviamo alle corse. Siamo amici, d’altronde se non ci sosteniamo neanche tra di noi diventa davvero tosta. In Italia c’è anche un po’ la considerazione che puoi correre con le continental solamente da giovane. Invece, all’estero c’è una mentalità più aperta, penso a Fortin che corre con la Maloja Pushbikers che è una continental. Da noi però un corridore di 30 anni che corre tra i dilettanti verrebbe visto in malo modo. Penso che, soprattutto all’estero, ci siano le possibilità di correre e di mettersi in mostra anche in gare minori come il Tour of Rhodes. D’altronde è inutile lamentarsi, se un corridore vuole diventare professionista prima o poi deve correre con la gente più grande ed imparare».

Bruttomesso, prima l’esperienza (e la maturità), poi i pro’

04.05.2022
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Pochi mesi da under 23 e Alberto Bruttomesso ha già messo nel sacco quattro vittorie. Di questi tempi quindi, viene da chiedersi se per lui siano già suonate le campane del professionismo. Fa gola uno junior promettente, figuriamoci un U23 vincente. Per di più di primo anno.

Pochi giorni fa Luciano Rui manager della  Zalf Desiree Fior ci aveva detto: «Presto qualcuno verrà a chiamarlo». Ma aveva anche aggiunto che i suoi atleti almeno due anni, ma anche tre, restano in questa categoria perché è un passaggio dal quale non si può prescindere.

Parliamo di questo, e non solo, direttamente con Bruttomesso che, ricordiamo, è vicino alla “scuderia” dei Carera e le possibilità di passare pertanto non gli mancheranno.

Alberto Bruttomesso, classe 2003, è sempre stato un corridore molto veloce (foto Instagram)
Alberto Bruttomesso, classe 2003, è sempre stato un corridore molto veloce (foto Instagram)
Alberto, prima di tutto complimenti per il tuo inizio: ti aspettavi di andare subito così bene?

No, sinceramente non me lo aspettavo. Sapete, tutto nuovo: avversari, categoria, allenamenti, corse…

Sono già arrivate le sirene dei pro’? Ti hanno cercato?

Per ora no. Voglio fare esperienza. Stare tra gli under 23 è molto importante e io un paio di anni almeno vorrei farli. E poi vediamo. Anche perché poi non è scontato passare. Non è detto che dopo tre o quattro anni si passi.

E se ti venissero a cercare coglieresti l’occasione? Per esempio chi è intorno a te ti dice di approfittarne oppure di stare tranquillo, tanto sei forte, e passerai?

Non ho avuto modo ancora di parlare con nessuno di questo argomento. Vivo in un ambiente tranquillo, non ho pressioni varie. Io sono contento, mi godo il momento e non ho obiettivi specifici da qui al breve, se non la maturità. Intento pensiamo a fare, e bene, quella. Anche per questo motivo non credo proprio di essere al Giro d’Italia U23.

Cosa studi?

Elettronica. Ho buoni voti.

In famiglia ti hanno detto: «Okay la bici, ma prima la scuola». Oppure ti hanno lasciato più libero, se così si può dire?

Me lo hanno detto in famiglia, ma me lo sono detto anche da solo. Prima la scuola, poi dopo la maturità mi dedicherò al 100 per cento alla bici. Comunque sto anche valutando l’idea di fare l’università.

Alberto Bruttomesso durante l’inverno ha lavorato molto per spingere i rapporti più lunghi (foto Scanferla)
Alberto Bruttomesso durante l’inverno ha lavorato molto per spingere i rapporti più lunghi (foto Scanferla)
Proprio perché hai la maturità e a breve presumibilmente staccherai un po’, con la squadra avete deciso di partire forte?

In realtà è il contrario, proprio perché ho la scuola mi sono allenato meno. Gianni Faresin, ci dà i programmi, e per noi quattro di primo anno ha fatto delle tabelle specifiche per chi va a scuola. Di fatto io mi alleno solo il pomeriggio. Solo una volta a settimana riesco ad arrivare a 3 ore e 45′, altrimenti ne faccio due o tre.

E allora come mai, secondo te, sei partito subito così bene?

Non saprei! Io mi sono fidato di Gianni, che è un ottimo diesse, e i risultati gli danno ragione.

Ma anche con i rapporti ti sei trovato subito bene: ti allenavi con rapporti appunto più lunghi del 52×14 da juniores?

No, no… 52×14, ma quest’inverno abbiamo fatto dei lavori per inserirli gradualmente fino a spingere il 53×11 in volata.

Col tuo fisico potente ci vai a nozze insomma…

In effetti mi piacciono. Già lo scorso anno con il 52×14 preferivo gli arrivi che tiravano un po’, adesso con questo rapportone mi sento a mio agio anche in pianura.

Lavoro di squadra: due (o più) anni in questa categoria servono anche per imparare certi aspetti
Lavoro di squadra: due (o più) anni in questa categoria servono anche per imparare certi aspetti
Esperienza: cosa significa concretamente quando si dice che un ragazzo ne debba fare? Cosa noti di diverso fra te e i tuoi compagni di terzo o quarto anno?

Che hanno più esperienza! Conoscono le gare soprattutto. Per esempio alla Firenze-Empoli, che io non avevo mai fatto chiaramente, mi dicevano: attento qui che la strada si stringe, di qua può partire la fuga… mi danno consigli.

E questo vale anche per il fuori corsa? Per la vita del corridore, i viaggi…

In ambito italiano, i miei viaggi e le mie trasferte le ho fatte. Per esempio, qualche settimana fa siamo andati a Roma per il Liberazione e lo conoscevo per averlo fatto da junior. Di trasferte in aereo, per adesso, ho fatto solo quella per i mondiali dello scorso anno.

E secondo te sono aspetti marginali nella maturazione a 360° del corridore, oppure sono importanti?

Non saprei. In teoria servono. Di certo le esperienze all’estero ti servono per capire realmente qual è il tuo livello nei confronti di altri avversari.

Cassani deciso: il Giro U23 ha insegnato un metodo di lavoro

21.04.2022
4 min
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Inutile cercare di estorcergli qualcosa sul progetto di una nuova squadra, Davide Cassani si chiude a riccio e il discorso finisce lì. Oggi però lo abbiamo chiamato per parlare di under 23, dopo aver digerito l’intervista in cui Marco Selleri, organizzatore del Giro d’Italia U23, ha parlato del nostro movimento con tono piuttosto disincantato.

«In questi 5 anni – le sue parole – abbiamo fatto attività sociale per le squadre, senza alcuna forma di profitto. Attività sociale, ma utilizzando un sistema mediatico professionistico. Abbiamo alzato l’asticella del valore tecnico dei nostri corridori, ma non ne abbiamo ancora trovato uno che vada forte nelle corse a tappe. A volte mi chiedo se non valga la pena concentrarsi sugli juniores…».

Marco Pavarini, Marco Selleri, Giro d'Italia U23
Marco Pavarini, Marco Selleri sono gli organizzatori del Giro d’Italia U23: il loro contratto scade quest’anno
Marco Pavarini, Marco Selleri, Giro d'Italia U23
Il contratto di PAvarini e Selleri per il Giro d’Italia U23 scade quest’anno

Un lavoro lunghissimo

La rinascita del Giro d’Italia U23 aveva come scopo proprio quello di riqualificare l’attività dei nostri giovani, con l’aggiunta di qualche convocazione in nazionale con cui Davide proponeva loro il confronto con i professionisti. Ora che non fa più parte della macchina federale, che idea si è fatto della situazione?

«Sapevamo – dice – iniziando l’avventura del Giro d’Italia U23 che sarebbe stato un lavoro stralungo su cui si deve continuare. I risultati arrivano solo con la costanza e la continuità. Chiaro che se per qualsiasi motivo il Giro d’Italia non dovesse andare avanti, in breve torneremmo all’anno zero».

Si può vedere qualche risultato apprezzabile?

Quasi tutti quelli che si sono messi in luce al Giro, sono passati professionisti. Oppure girerei il discorso: tutti quelli che sono passati professionisti, italiani e stranieri, hanno fatto un calendario che comprendeva anche il Giro. Ha alzato il livello, costringendo le squadre a fare una programmazione e una preparazione specifica. Le nostre continental, tranne un paio di eccezioni, corrono tanto in Italia e avevano bisogno di un banco di prova più qualificato.

Abbiamo anche vinto due mondiali U23…

Esatto, gli ultimi due che si sono disputati, visto che nel 2020 è saltato per il Covid. Il guaio è che abbiamo tutti fretta, per cui appena c’è un corridore buono si fa passare. Magari non è pronto, il più delle volte non lo è. Ma se provi a dirglielo, non ti ascolta.

Nel 2018 Vlasov ha vinto il Giro d’Italia U23 battendo Stannard e Almeida
Nel 2018 Vlasov ha vinto il Giro d’Italia U23 battendo Stannard e Almeida
Continuità e costanza…

Fare un piazzamento al Giro è importante, ma è ancora più importante tornarci per migliorarlo. Si deve fare un gradino per volta, prima di pensare di arrivare in cima alla scalinata. Ma si continuano a prendere ad esempio le eccezioni come Evenepoel e si fanno calendari che non hanno l’obiettivo della maturazione, quanto piuttosto la conta delle vittorie.

Si corre troppo?

All’estero quelli che sono passati negli ultimi anni facevano un calendario con una corsa a tappe al mese e nel resto del tempo si allenavano per prepararla. Blocchi di 5-6-7 corse a tappe e la programmazione necessaria. Da noi invece si corre tutte le domeniche e il martedì e il calendario non ha grande programmazione. Basterebbe guardare come fanno le squadre pro’, come fa la Eolo, che individua le corse e poi organizza il modo per arrivarci al meglio.

Aleotti protagonista al Giro U23 del 2020 e l’anno dopo (nella foto) anche al Giro dei pro’
Aleotti protagonista al Giro U23 del 2020 e l’anno dopo (nella foto) anche al Giro dei pro’
Non lo fa nessuno?

Come ho detto un paio di eccezioni ci sono, squadre che abituano il corridore a preparare delle specifiche parti di stagione. Il Giro serve a questo. Non puoi portare un corridore facendolo correre fino al giorno prima. Bisogna che arrivi fresco, quindi che stacchi, magari vada in altura, si alleni su salite lunghe… Con il Giro in qualche modo li abbiamo costretti a lavorare nel modo giusto.

Sette tappe, Mortirolo e Fauniera: il Giro d’Italia U23 è servito

13.04.2022
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Lo abbiamo atteso a lungo e adesso finalmente conosciamo il Giro d’Italia U23. Lo scorso anno fu uno spettacolo. Una manifestazione organizzata alla grandissima, sotto ogni punto di vista a partire da quello tecnico e del parterre, dagli eventi collaterali, dalla logistica (650 addetti), dal doppio speaker, dalla comunicazione… e anche dal percorso.

Percorso che quest’anno, ed è la novità maggiore, purtroppo è stato “mutilato” di tre frazioni. Una taglio resosi necessario per ovvi motivi economici-organizzativi: alcune località si sono tirate indietro all’ultimo minuto. Ma a primavera inoltrata ExtraGiro non poteva aspettare oltre. E quindi avanti così: sette tappe, ma davvero belle ed entusiasmanti, dalle quali uscirà un gran vincitore.

E allora scopriamolo questo “Giro baby” numero 45. L’appuntamento è dall’11 al 18 giugno.

Il percorso

Si parte dalle Marche, da Gradara, con una tappa per velocisti. Giustamente aggiungiamo noi, così che anche loro abbiano la possibilità di indossare la maglia rosa. Lasciate le Marche si punta subito verso Nord e si passa in Emilia-Romagna già nel corso del primo giorno. L’arrivo infatti è ad Argenta, in provincia di Ferrara.

Un lungo trasferimento in auto ed ecco che già nella seconda tappa c’è odore di montagne. Da Rossano Veneto a Pinzolo: due Gpm e una seconda parte di tappa davvero impegnativa. Perfetta per gli attaccanti e per chi vuol preparare qualche imboscata.

La terza frazione potrebbe già essere decisiva, di sicuro influirà parecchio sulla classifica finale. Da Pinzolo si va infatti a Santa Caterina Valfurva. Bastano i nomi di due salite per capire di cosa parliamo: Passo del Tonale e Passo del Mortirolo. Senza contare l’Aprica e la lunga risalita a Santa Caterina che in pratica è la prima metà del Gavia.

Gambe permettendo, la tappa numero 4, Chiuro-Chiavenna, potrebbe strizzare l’occhio alle ruote veloci, però il finale tende a salire e tutto appare molto incerto.

Il Colle della Fauniera è stato spesso affrontato dal Giro dei pro’, mentre è una novità per gli U23. Qui, uno scatto del 2003
Il Colle della Fauniera è stato spesso affrontato dal Giro dei pro’, mentre è una novità per gli U23. Qui, uno scatto del 2003

Cuneo: storia e salite

Nelle ultime tre tappe si passa in Piemonte e in particolare nella provincia di Cuneo, che ha accolto alla grande il Giro U23. Un abbraccio così forte quello piemontese dovuto anche dal fatto che quest’anno è la Regione Europea della Sport 2022.

Particolare invece è la frazione successiva, la quinta, da Busco a Peveragno. C’è il Valmala, che è salita vera in avvio. Bisognerà scaldarsi prima del via. Le squadre potrebbero disfarsi e i 118 chilometri dal Gpm all’arrivo potrebbero trasformarsi in una cronometro, con tanti gruppetti ad inseguirsi. Vedremo.

La sesta tappa è quella che deciderà la maglia rosa finale. Si arriva infatti sul Colle della Fauniera. Salita mitica, selvaggia, a quasi 2.500 metri di quota: 21 chilometri con punte al 16 per cento. Lo scorso anno sul tappone verso Campo Moro Ayuso fece il bello e il cattivo tempo, quest’anno ci sarà un dominatore altrettanto forte?

Infine, si chiude con una classica, la Cuneo-Pinerolo. Il suo nome risuona come una filastrocca e il pensiero va all’impresa delle imprese che siglò Fausto Coppi al Giro del 1949. Quel che c’è in mezzo però è tutto diverso. Non ci sono cinque colli giganteschi da scalare, ma tanti saliscendi che premieranno i corridori più potenti, ma soprattutto che avranno ancora energia nelle gambe. 

ExtraGiro è una garanzia in quanto a standard di qualità e sicurezza
ExtraGiro è una garanzia in quanto a standard di qualità e sicurezza

Parola ad Amadori

Al via sono attesi 176 atleti in rappresentanza di 35 squadre, su oltre 70 richieste, e 14 Nazioni. I team italiani saranno 18 il resto stranieri, provenienti da 14 Paesi. 

Di fronte a questa predominanza italiana abbiamo chiesto un parere al cittì degli U23, Marino Amadori.

«Per me – spiega Amadori – si tratta di un Giro equilibrato, anche se è più corto per ovvi motivi. L’unica cosa che manca, e gliel’ho detto a Selleri (che con Pavarini è l’organizzatore del Giro, ndr), è una cronometro. Ma stavolta di più non si poteva fare e capisco anche le loro esigenze».

«Fauniera nettamente predominante nel percorso? Non credo. Sì, è chiaramente la salita più importante e dura, ma anche quella che arriva a Santa Caterina Valfurva avrà il suo bel peso. Ha molto dislivello, propone salite importanti. E se in quella del Fauniera la squadra conta relativamente, in quella di Santa Caterina è importante, ci sono discese, fondovalle».

Capitolo italiani

Con il cittì chiaramente non potevamo non parlare dei nostri ragazzi. Chi potrà fare bene? Il pensiero vola subito a Gianmarco Garofoli.

«Eh – dice Amadori – così mettete il dito nella piaga! Purtroppo quello che poteva fare bene, bene, Gianmarco Garofoli è out. Però abbiamo il buon Marco Frigo. E oltre a lui, pensando alla salita mi vengono in mente anche Piganzoli e Ciuccarelli, anche se magari Ciuccarelli lo vedo più per attacchi da lontano, in anticipo che nel testa a testa finale. Lui è uno che se gli dai spazio è pericoloso».

«E poi non dimentichiamo i ragazzi della Bardiani Csf Faizanè. A volte ancora non li consideriamo nel lotto degli U23, ma ci sono in particolare due corridori che possono fare bene. Uno è Alessio Martinelli e l’altro è Martin Marcellusi.

«Martinelli può pensare alla generale. Sta crescendo, in salita va forte e lo scorso anno ha corso il Giro affianco ad Ayuso quindi ha una bella esperienza e ha visto come si fa. Ecco: lui ci può provare. E Marcellusi potrebbe essere molto adatto per alcune tappe mosse».

Primi report su mondiali ed europei anche per Amadori

07.04.2022
5 min
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Dall’Australia arrivano le prime news sui percorsi e anche dagli europei. Ad Anadia è andato proprio Marino Amadori, il cittì degli U23. Il tecnico era di ritorno dal Portogallo.

E qualche giorno prima era stato in Belgio per la Gand Wevelgem. Dove i nostri non sono stati proprio fortunati. Un po’ sono mancate le gambe, un po’ forse l’esperienza, mentre non sono mancate le forature.

«Ma si sa – dice Amadori – per certe gare serve anche un po’ di fortuna. Mi aspettavo qualche risultato in più, un po’ meglio… ma andiamo avanti».

Amadori 2021
Marino Amadori (classe 1957) guida gli azzurri U23
Amadori 2021
Marino Amadori (classe 1957) guida gli azzurri U23

Europei e mondiali simili

Partiamo dal percorso iridato. Finalmente l’Uci ha effettuato i sopralluoghi a Wollongong e pertanto ha ufficializzato i tracciati. Quello degli U23 sarà di 166,8 chilometri e 2.520 metri di dislivello.

«Anche noi – dice Amadori – sin qui ci siamo mossi solo con i documenti cartacei. Abbiamo le informazioni che ci servono e qualche video. Andare laggiù però non è facile, ci vuole tempo. Non so se andrà solo Bennati o anche Sangalli».

«Posso dire che il tracciato di mondiali ed europei in quanto a dislivello si somigliano parecchio, ma forse il mondiale potrebbe essere un po’ più veloce. Il finale infatti è in pianura e in generale ci sono strade più larghe. 

«Mentre l’europeo (148 chilometri e circa 2.300 metri di ascesa verticale, ndr) è un po’ più tortuoso. L’arrivo tira un po’, intorno al 3%. Però le caratteristiche dei corridori da portare più o meno sono quelle».

L’ossatura della nazionale under 23 dello scorso anno prese la forma definitiva dopo l’Avenir
L’ossatura della nazionale under 23 dello scorso anno prese la forma definitiva dopo l’Avenir

Ossatura azzurra

E questo è un buon punto di partenza per costruire una nazionale. Amadori potrà fare le prove generali già all’europeo. E non è poco. Scalatori a parte, lo scorso anno già all’Avenir portò con sé gran parte del team che poi schierò a Leuven.

Senza contare che il periodo a cavallo tra giugno e luglio sarà cruciale.

«In quindici giorni – spiega Amadori – abbiamo i campionati italiani, i Giochi del Mediterraneo e il 10 luglio appunto i campionati europei. Per il Mediterraneo però posso inserire anche qualche elite delle continental e magari ci andremo con una nazionale un po’ più di peso, con ragazzi più temprati. Vedremo…».

In ogni caso il primo vero passo per l’ossatura della nazionale che vedremo nei due maggiori eventi, uscirà “dalle urne” del Giro d’Italia U23

«Quello è il primo vero grande appuntamento internazionale soprattutto per i nostri. Un po’ tutti ci arrivano ben preparati, anche dall’estero. Per questo sarà un banco di prova interessante, un banco di prova che darà indicazioni importanti. E’ l’obiettivo di molti, lì emerge la qualità. La prima rosa, la prima scrematura verrà fuori dalla corsa rosa».

Marco Garofoli ha (probabilmente) pagato le conseguenze del Covid con una miocardite (foto Instagram)
Marco Garofoli ha (probabilmente) pagato le conseguenze del Covid con una miocardite (foto Instagram)

Tegola Garofoli

Rosa, uguale nomi da mettere sul piatto. Non mancano di certo, tuttavia lo stop di Gianmarco Garofoli, che poteva essere una super punta, e la partenza un po’ in sordina nella prima corsa internazionale, appunto la Gand, non sono indizi che fanno ben sperare.

«E’ un po’ prematuro fare dei nomi adesso – va avanti Amadori – Quella di Garofoli è un brutta tegola. La prima cosa è che si riprenda e che risolva appieno i suoi problemi. Adesso per lui non è il momento di pensare ad obiettivi di corsa o di rientro, ma solo di guarire… bene. E poi è talmente giovane che se anche dovesse perdere un anno non sarebbe la fine del mondo».

Il podio del Trofeo Piva con Marcellusi (primo), Frigo (secondo) e Gomez (terzo)
Il podio del Trofeo Piva con Marcellusi (primo), Frigo (secondo) e Gomez (terzo)

Frigo, Milesi e Marcellusi

«Per il resto – continua Amadori – c’è un gruppo di ragazzi che sta facendo esperienza, alcuni dei quali sono già ad un più alto livello: penso a Marco Frigo. Lui ha fatto anche delle esperienze con la WorldTour (Israel – Premier Tech, ndr), disputando un ottimo calendario. L’altro giorno al Piva con l’accorciamento della gara gli hanno tolto un ora di corsa che per uno come lui non è poco. Poteva fare una bella differenza, tanto più dopo le gare con i pro’ che aveva fatto».

«Lorenzo Milesi anche mi sembra molto determinato. Anche per lui vale lo stesso discorso: ottimo calendario e ottima esperienza con la DSM Development. Alla Gand è stato il migliore dei nostri, ha vinto due belle gare, una con arrivo su uno strappo e una a crono. E questo fa piacere».

«E poi c’è il vivaio, molto interessante, della Bardiani Csf Faizanè. Anche per loro un discreto calendario. Hanno Martin Marcellusi che ha vinto il Piva, magari è la volta buona che riesco a convocarlo. L’ho più volte messo in rosa, ma per vari motivi non sono mai riuscito a coinvolgerlo veramente. Lui ha ottime caratteristiche per gli europei: non ci sono salite più lunghe di due chilometri e l’arrivo, come detto, tira. E’ un percorso che gli si addice».

Daniel Smarzaro, addio al ciclismo e nuova vita sulla ruspa

02.04.2022
4 min
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Nel momento in cui Daniel Smarzaro risponde alla nostra chiamata scorgiamo su Instagram la frase con la quale ha salutato il ciclismo: “Prima o poi tutto finisce… ciao ciao ciclismo”. Poche parole, ma che inquadrano bene lo stato d’animo di chi, dopo tanti anni, abbandona una compagna di vita: la bicicletta. Daniel è un classe 1997, una delle annate che ha subìto maggiormente lo stop causato dalla pandemia.

La sua voce è profonda, forse un po’ stanca dopo una giornata di lavoro in cantiere. Sì, cantiere, perché Daniel si è subito rimboccato le maniche ed ha iniziato a lavorare (foto Facebook in apertura), ma questo avrà modo di raccontarcelo lui.

Con queste poche e semplici parole Daniel Smarzaro ha salutato il ciclismo
Con queste poche e semplici parole Daniel Smarzaro ha salutato il ciclismo

L’ultimatum e la delusione

«A fine 2020 mi sono dato un ultimatum – dice Daniel – o la va o la spacca. Dopo un po’ è anche giusto concludere, viene anche il momento di farsi una vita. Nel dilettantismo non vivi solamente di ciclismo. Le difficoltà sono tante, ti pagano solamente per 10 mesi all’anno e non tutte le squadre ti danno il rimborso spese».

«La delusione più grande – riprende – è che a fine 2021 avevo anche firmato un contratto per passare in una continental, ma alla fine è naufragato tutto», rimane qualche secondo in silenzio. «Sinceramente non avevo più voglia di riprovare, la batosta è stata troppo forte e non avevo neanche la testa per ritornare tra i dilettanti».

Prima di chiudere con la D’Amico, Daniel Smarzaro ha corso 4 anni con la General Store (foto Scanferla)
Prima di chiudere con la D’Amico, Smarzaro ha corso 4 anni con la General Store (foto Scanferla)

Un mondo difficile

Il mondo del ciclismo è complicato, a volte spietato, non è facile emergere. E per uno che ce la fa, sono tanti quelli che, per un motivo o per l’altro, sono costretti ad arrendersi.

«Il ciclismo è bello quando vinci – continua Daniel – ma sotto sotto non è bello affatto. Non sono rimasto contento delle cose che mi sono successe, soprattutto a livello umano. Anche nel 2020, nella squadra di allora, mi era stato detto che avrei avuto il mio spazio e poi alla fine nulla. Per fortuna ho trovato la D’Amico e con loro c’è stata sincerità immediata. Sono stato chiaro: un anno e poi si vede. Non sono rimasto mai da solo, ho sempre avuto accanto persone che tengono a me, dalla mia famiglia alla mia fidanzata. Quando ho annunciato che avrei smesso, ci sono rimasti peggio di me. Io, ormai, mi ero già fatto una ragione».

Per Daniel anche una parentesi nel ciclocross, qui al mondiale di Valkenburg nel 2018
Per Daniel anche una parentesi nel ciclocross, qui al mondiale di Valkenburg nel 2018

Il rapporto con la bici

La ferita, dalle parole di Daniel, non si è ancora rimarginata. E’ difficile che si possa ricucire un taglio lungo 24 anni in sole 13 settimane. 

«La bici – dice il trentino – non la tocco da quando ho deciso di smettere, anche le corse non le sto più guardando. Ci sono rimasto troppo male. Non escludo che un giorno la riprenderò in mano, ma solo per una passeggiata. I compagni li sento ancora, Lucca soprattutto. Con loro scherzo, ci vogliamo bene ed abbiamo condiviso tante emozioni. E’ incredibile che uno come lui sia ancora tra i dilettanti, ma ci sono tanti elite che non trovano spazio perché considerati vecchi».

Alla Coppa San Daniele del 2020 bella vittoria con uno stato d’animo particolare (foto Scanferla)
Alla Coppa San Daniele del 2020 bella vittoria con uno stato d’animo particolare (foto Scanferla)

Un nuovo capitolo

Daniel ora volta pagina, ha una nuova passione: quella del muratore. 

«E’ una passione che porto avanti da quando ero bambino. Mio zio – spiega – ha una ditta nel paese dove abitava mia nonna, lo vedevo sempre e mi sono appassionato al mondo delle ruspe e dei camion. Ora il mio sogno è quello di diventare escavatorista, piano piano sto imparando e mi sto costruendo una vita».

Provini cura il talento di Nencini e se lo tiene stretto in ritiro

01.04.2022
4 min
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Tommaso Nencini è forte. Ma il corridore della Hopplà Petroli Firenze Don Camillo in questi anni da under 23 ha forse raccolto meno rispetto al suo potenziale. Una volta il lockdown, una volta il Covid, c’è sempre stato qualche ostacolo.

In questa stagione è ripartito forte. Ha fatto delle belle corse e ho ottenuto la vittoria nella GP Fiera della Possenta (in apertura foto Scanferla), ma sarebbe meglio dire che ha dominato. Di Tommaso parliamo con Matteo Provini, direttore sportivo e team manager tra i più esperti dei dilettanti.

Matteo Provini (classe 1972) è il team manager della Hopplà – Petroli Firenze – Don Camillo
Matteo Provini (classe 1972) è il team manager della Hopplà – Petroli Firenze – Don Camillo
Matteo, è l’anno buon per Nencini. Finalmente esploderà?

Per scaramanzia non dico nulla! A gennaio ha preso il Covid, ma adesso sta bene. Di solito quando succede sempre qualcosa di negativo, una piccola parte è colpa anche dell’atleta. Ma Tommaso è un corridore vero, credetemi… Certo la sua genetica non mente.

Beh, è il nipote del grande Gastone…

E infatti suo nonno fumava prima e dopo le corse! I suoi geni da una parte lo aiutano, perché comunque è forte, dall’altra lo penalizzano. Ma come tutti i cavalli pazzi ha classe.

Cavallo pazzo: ne parli mai con Nencini?

Sì. E infatti è in ritiro nella “casina” a Fiorenzuola da un mese e mezzo. Abbiamo scelto questa località perché alla fine è a due passi da un po’ tutte le corse. In ritiro lo controllo bene: alimentazione, sonno, recupero, allenamenti. Fa la vita del corridore al 100%. In più abbiamo preso Gabriele Porta dalla Gallina Ecotek, un buon corridore che lo scorso anno fece 14° al Giro U23. Porta corse con lui da juniores in Toscana. Erano e sono molto affiatati. Gabriele è molto serio, preciso. Abbiamo così ricreato questo gemellaggio e sta dando dei buoni risultati per ora.

Non è facile con i ragazzi…

Qualche tempo fa, prima di una gara, abbiamo fatto un test e non era in condizione. Alla fine in gara è andato meglio dei compagni. Ha fatto 15°, nulla di che, ma certe cose le fai se hai qualcosa in più. Al contrario, prima della Possenta aveva fatto un test presso il Centro Mapei e stava benissimo. Il giorno dopo ha detto che non si sentiva bene. Per due giorni quasi non ha toccato la bici e poi ha vinto. E come: staccando tutti…

La Hoppla’-Petroli Firenze-Don Camillo di Provini quest’anno ha vinto anche con Luca Cretti
La Hoppla’-Petroli Firenze-Don Camillo di Provini quest’anno ha vinto anche con Luca Cretti
Ecco infatti di questo volevamo chiederti: Nencini è più di un velocista?

Sì. Come ho detto è un corridore vero. Va forte anche sul passo. Non dimentichiamo che fece parte del quartetto under 23 che fu bronzo. E questo gli consente di avere la sparata nel finale e di tenere i 60 all’ora. Ha il colpo del finissseur. E se ci crede tiene anche sulle salite brevi.

Se dovessi fare un paragone a chi lo assoceresti?

I paragoni non sono mai giustissimi, ma direi ad un corridore da classiche. Ad un Bettini. Alla fine anche la Firenze-Empoli (che ha vinto lo scorso anno, ndr) non è dura, ma la volata te la devi guadagnare.

Lo segui direttamente te in allenamento?

Io e il Centro Mapei, come con tutti gli altri ragazzi.

E avete cambiato qualcosa?

Direi di no. Io non credo che esistano le preparazioni miracolose. Tante strade portano a Roma e tutte possono essere giuste. Alla fine il ciclismo non è mai cambiato. Allenamento, riposo, una buona alimentazione, le corse. Puoi anche uscire, ma alle 22 rientri. I Gimondi, gli Adorni, facevano la vita da corridore al 110%. E oggi serve ancora quello perché il livello tra gli under 23 è davvero alto. Io ne ho avuti tanti di corridori forti. Penso a Ganna, Vlasov e anche a Filosi che aveva valori simili, ma non si è espresso come voleva perché interpretava il ciclismo con metodi diversi, tutti suoi.

Secondo Provini potrebbe ricordare Bettini: è veloce, ma tiene anche sugli strappi (foto Scanferla)
Secondo Provini potrebbe ricordare Bettini: è veloce, ma tiene anche sugli strappi (foto Scanferla)
Quali saranno le prossime gare di Tommaso?

Nel fine settimana abbiamo la Milano-Busseto che è un po’ la corsa di casa. Ci alleniamo spesso su quelle strade. E’ un percorso misto con circa 1.600-1.800 metri di dislivello. E poi ci sarà il Trofeo Piva il giorno dopo.

E come interpreterà queste due corse? Punterà il dito sul Piva?

Guardate, io vengo dall’agricoltura e sono convinto sia meglio un uovo oggi che una gallina domani. Se intanto dovesse fare bene alla Milano-Busseto porterebbe a casa qualcosa e se il giorno dopo non dovesse andare forte avrebbe comunque accumulato un buon lavoro. Se invece dovesse andare bene in entrambe, tanto meglio, significherebbe che è in condizione.

E per quel che riguarda la nazionale? Ci pensate sempre?

Siamo in contatto con Marino Amadori (il cittì degli U23, ndr) e pensando che i percorsi di europei e mondiali sono per passisti veloci, quindi adatti a lui, spero che Tommaso possa parteciparvi, meritandolo chiaramente…