Lo sfogo di Buda: la mia carriera è una salita senza fine

22.08.2023
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Simone Buda si era fatto notare questa primavera per due vittorie ravvicinate. Poi la stagione è andata avanti e di buoni risultati ne sono seguiti altri. Tanti altri a dire il vero. Tanto da essere il corridore della categoria Elite-U23 con più top cinque a questo punto della stagione.

Una costanza di rendimento importante, per un ragazzo che ha la “croce” – passate questo termine che forse è anche un po’ forte, ma rende l’idea – di essere nato nel 1999 e quindi è al quinto anno dei dilettanti. E il quinto anno nel ciclismo di oggi diventa un problema: tema che abbiamo ripreso più volte. Simone, lo ricordiamo, è un romagnolo dalle caratteristiche di sprinter o comunque passista veloce che veste i colori della Solme-Olmo.

Simone Buda (classe 1999) vince a Castel d’Ario, prima vittoria stagionale. Per lui la più bella anche in virtù del grande aiuto della squadra
Simone Buda (classe 1999) vince a Castel d’Ario, prima vittoria stagionale. Per lui la più bella anche in virtù del grande aiuto della squadra
Simone, come stai? Hai iniziato con un sacco di buoni propositi…

Io penso che quei propositi si siano realizzati. Anzi, ad un certo punto anche un po’ meglio di quello che pensavo.

Abbiamo visto un bel salto di qualità: vittorie, piazzamenti, una grande costanza di rendimento…

Un salto di qualità che ci voleva. Ho vinto due gare e mi sono confermato anche nei mesi dopo. E confermarsi non è facile. Sono seguite altre affermazioni importanti. E sono cose che mi dicono coloro che mi sono vicino.

In questo periodo come ti stai allenando? Abbiamo visto che non hai corso…

In effetti ho fatto un decina di giorni di stacco dopo una corsa a tappe in Romania, in cui sono caduto ad 80 all’ora. Per un attimo ho anche pensato che fosse tutto finito, in realtà poi sono state solo importanti abrasioni. Adesso però ho ripreso e giusto stamattina ho fatto palestra.

Palestra nel pieno della stagione: perché avevi staccato?

In realtà l’ho portata avanti per tutta la stagione in accordo con il mio preparatore, Giovanni Pedretti. In questo modo posso lavorare bene solo sulla forza, forza pura. Mi dà qualcosa di più a livello di forza e basta, sull’esplosività, sulla forza massimale. Quindi palestra e poi trasformazione in bici. Fare la forza su strada, le classiche Sfr, significa includere mille variabili: la tacchetta non perfettamente dritta, le buche, il vento… Così posso lavorare sulla forza senza intoppi.

La squadra trevigiana spesso si è raccolta attorno a Buda
La squadra trevigiana spesso si è raccolta attorno a Buda
Quindi tu non fai le Sfr?

Le faccio, ma molto meno che in passato. Ieri per esempio dopo la parte in palestra, ho fatto un paio di richiami di SFR in bici, prima le SFR erano molte di più.

Torniamo al discorso del salto di qualità: come mai è arrivato tutto insieme? 

Credo sia stato un salto generale. Se devo essere sincero non vado così tanto più forte che in passato. Sì, in volata e in salita i watt sono un po’ di più, ma siamo sui valori dell’anno scorso. Purtroppo nel ciclismo deve girare tutto bene, non si tratta solo di valori. Quest’anno c’è l’atmosfera giusta… Io alla fine al primo e al secondo anno ho fatto tanta fatica e ho incontrato diverse difficoltà. Al terzo e quarto anno col Covid di mezzo ho corso pochissimo. Ora al quinto anno, sento di essere nella squadra giusta, certi meccanismi funzionano bene anche in corsa. E io sono più maturo.

Sei un classe 1999, oggi è un “problema” per passare professionista. Un discorso delicato, ma reale…

Parlo con i dati alla mano: i miei risultati. Da inizio anno sono tra i corridori più costanti. Ogni mese ho portato a casa 15-20 punti. Ho quattro vittorie, una decina di podi e sono colui che vanta più piazzamenti nei primi cinque. Mi dicevano che vincevo solo i “circuitini”, ho risposto con vittorie e piazzamenti internazionali. Ho vinto una corsa UCI in Ungheria, ho fatto terzo in una tappa in Romania nella quale c’erano anche le professional. Ho la sfortuna che non posso fare il Giro U23, alcune classiche internazionali… che danno più punti e visibilità. Nonostante tutto su 7-8 corse internazionali fatte, mi sono piazzato in cinque.

Al Gemenc GP (corsa di classe 2.2) tappa e maglia per Buda
Al Gemenc GP (corsa di classe 2.2) tappa e maglia per Buda
Quindi c’è qualche squadra che si è fatta sentire?

Solo chiacchiere. E questo mi dispiace.

E’ stata proprio la tua costanza di rendimento a colpirci e allora ti chiediamo: cosa mancava prima?

Qualcuno mi dice: «Potevi svegliarti prima». Prima non ero preparato io. Non ero pronto. Io nelle categorie giovanili davvero vincevo 20 corse l’anno quasi senza allenarmi. Uscivo in bici, ma se un giorno volevo, andavo a giocare a beach volley. Poi da under 23 è cambiato il mondo. Mi sono trovato il muro e ci ho messo un po’ ad adattarmi, specie nei primi due anni. Poi, al terzo anno, è arrivato il Covid e ho fatto 8 corse. L’anno successivo mi avevano promesso mille cose e ne ho fatte solo 25. Lo scorso settembre mi dicono che la squadra chiude. In quel momento ho anche pensato di smettere.

Ma sei ancora qua…

Poi le persone che mi sono state vicine mi hanno convinto a tenere duro. Ragazzi, io ho fatto 24 anni il 14 agosto e mi dicono che sono vecchio. Non guardo al futuro adesso. Se la sera ci penso e ho vicino i miei cari, non voglio pensare in modo negativo, ma non è facile. Quel che mi viene da dire è che a questo punto non dipende più da me. Se penso che Roglic è arrivato su strada a 27 anni. Van der Poel  e Vingegaard hanno esordito a 24 anni. Non dico di essere come loro, ma neanche di essere vecchio o non degno di alcuna attenzione. Specie quando vedo e sento che c’è gente che passa senza meritocrazia. 

Hai un procuratore?

Mi sto muovendo. Come ho detto mi hanno anche rimproverato di non averlo fatto prima, ma cosa andavo a proporre di me? Mi sembrava come voler correre su strada, ma avendo una Mtb. Qualche risultato, qualche piazzamento, ma non ero pronto. Passare eventualmente senza merito, senza la giusta crescita… no, non faceva per me. Quindi ho lavorato su me stesso. Ho trovato un ambiente sano che mi ha aiutato in tutto ciò e mi sono messo sotto.

Grande affiatamento nella squadra del presidente Gian Pietro Forcolin (al centro). A destra Favero e a sinistra Tabarin
Grande affiatamento nella squadra del presidente Gian Pietro Forcolin (al centro in seconda fila)
Non è facile Simone. E’ davvero una situazione complessa…

Sono migliorato tanto, anche a livello mentale. Mi impegno, mi hanno chiesto sempre risultati più importanti e li ho ottenuti. Non saprei davvero cosa fare. Non dico che sono disperato, ma quasi. Sembra una salita senza fine. Se dovessi chiudere con il ciclismo ci resterei male. Lo farei in malo modo. Ho fatto anche il corso da direttore sportivo di terzo livello. Spesso vado ad aiutare i ragazzi delle categorie giovanili, ma cosa gli dico in questa situazione? Sei vai così e nessuno si fa sentire. No, non capisco.

Ora cosa prevede il tuo programma?

Come detto ho ripreso ad allenarmi, ma sto smaltendo anche le botte della caduta in Romania. E tutto sommato è stata quasi un bene perché mi ha permesso di staccare veramente. Tanto più che mi chiedevano continuamente dei risultati. Rientrerò in gara il 24 a Rosa, poi il 26 c’è Carnago, che non conosco ma mi dicono essere veloce e quindi potrebbe già essere adatta a me, ma soprattutto miro a fare bene al Giro del Friuli, dove ci sono tappe veloci, e alla tre giorni in Puglia.