Passaggi precoci, un danno per i ragazzi: parola dei diesse

30.04.2022
7 min
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Corridori che passano troppo giovani, o quantomeno che non sono pronti: non è la prima volta che ne parliamo. Ma visti gli ultimi casi, vedi Trainini, Romano… vale la pena ritornarci. Diversi ragazzi come loro, per scelta o per “demeriti” in quanto non erano maturi, hanno smesso.

Senza contare poi i campioncini che sembrava dovessero spaccare il mondo e che invece stanno faticando più del previsto. Cerchiamo di fare il punto con alcuni diesse del settore U23 che hanno sottomano questi ragazzi.

Antonio Bevilacqua è uno degli storici tecnici alla corte di Beppe Colleoni (foto Colpack)
Antonio Bevilacqua è uno degli storici tecnici alla corte di Beppe Colleoni (foto Colpack)

Parola a Bevilacqua

Partiamo da Antonio Bevilacqua, della Colpack-Ballan. Bevilacqua ne ha visti di corridori nella sua lunghissima carriera, in bici prima e in ammiraglia poi.

«Sono tutti alla ricerca del Pogacar e dell’Evenepoel – dice Bevilacqua – Noi abbiamo avuto Antonio Tiberi e Andrea Piccolo, anche se lui va detto che è rimasto impigliato nel caso Gazprom, però stanno attraversando delle difficoltà. Un anno con noi e sono subito passati. Nella storia c’è stata qualche eccezione di ragazzi che sono passati precocemente, ma adesso sembra essere la norma. E infatti ormai conviene andare forte da juniores. Li alleni come bestie, vanno forte e passano pro’. Ma chi facciamo passare? Non certo un corridore formato».

«Tutti, team e procuratori, hanno paura. La frase ricorrente è: questo è forte, se non lo prendi tu, lo prende qualcun altro. E quando è così alla lunga anche la nostra continental non ha più senso di esistere. Il bello e lo scopo di una squadra come la nostra era di introdurre i ragazzi al professionismo con gradualità. Portarli a fare un Laigueglia, un Coppi e Bartali, un Larciano… Oggi vincono una corsa e via: campioni, professionisti. Quando passai io avevo nel sacco 6 vittorie, 11 secondi posti e quasi mi vergognavo. 

«Certo, il ciclismo è cambiato da allora e oggettivamente i giovani vanno più forte, ma resta le necessità di tempo per farli maturare».

Tiberi 2021
Per Bevilacqua, Tiberi sarebbe dovuto passare alla Trek-Segafredo un anno dopo: avrebbe accusato meno il salto di categoria
Tiberi 2021
Per Bevilacqua, Tiberi sarebbe dovuto passare alla Trek-Segafredo un anno dopo: avrebbe accusato meno il salto di categoria

Tiberi? Arriverà

«Torniamo a Tiberi – riprende Bevilacqua – Un anno in più gli avrebbe fatto bene. Premesso che Antonio è un ottimo corridore e verrà fuori, ma se fosse rimasto con noi per un’altra stagione avrebbe fatto un programma di gare importante con i pro’ e magari avrebbe vinto un Giro del Belvedere. E sarebbe passato anche in altro modo. Sarebbe stato subito vincente e magari avrebbe anche guadagnato di più. Perché se vinci da giovane, guadagni di più. Dal mio punto di vista non avrebbe perso un anno, ma lo avrebbe guadagnato».

«Perché poi un ragazzo che fa fatica in tutto, nei risultati, ad ambientarsi… alla fine rischia di perdere stimoli, di disamorarsi. L’ultimo dei nostri grandi che è rimasto quattro anni con noi è stato Consonni».

Luciano Rui, colonna portante della squadra veneta (foto Scanferla)
Luciano Rui, colonna portante della squadra veneta (foto Scanferla)

Il pensiero di Rui

Da un veterano dell’ammiraglia all’altro: Luciano “Ciano” Rui, della Zalf Euromobil Desirée Fior. Anche lui ha le idee chiare.

«E’ il solito discorso che sostengo da tempo – dice Rui – non puoi andare all’università senza prima aver fatto le medie e le superiori. Poi uno si laurea pure, ma uno, non cento. Per me ancora oggi si dovrebbero fare come minimo due o tre anni tra gli under. Devo dire che quasi tutti i miei ragazzi hanno osservato questo periodo. Sì, magari firmavano al secondo o al primo anno, ma poi restavano con noi ancora una stagione».

«In merito a questo discorso mi viene in mente Nicola Boem, uno dei ragazzi più talentuosi che abbia mai avuto. Ad un certo punto c’è stata fretta di farlo passare, anche se aveva fatto due anni con noi, ma poi una volta tra i pro’ non gli è piaciuto quel mondo. Lui aveva anche un carattere particolare, derivante da una situazione familiare non facile e di là non lo hanno capito. Andava accompagnato, ma c’era fretta di risultati. E così ha smesso. E non si tratta di squadre WorldTour o meno. Si tratta di passare in team che credano in te».

«Tra i pro’ sei solo. L’atleta che deve passare non deve solo essere pronto fisicamente ma anche mentalmente. Adesso ho Alberto Bruttomesso, un primo anno che ha già vinto tre corse. Se ne vince un’altra vedrai cosa succede. Lo avvicineranno e gli diranno che deve passare subito. Dobbiamo imparare a convivere con i procuratori, ma ci vorrebbe più sinergia fra tutti: team dilettantistici, procuratori e squadre dei pro’».

Per Pozzovivo una lunga gavetta alla Zalf prima di passare, ma è ancora in gruppo (e tra gli italiani migliori)
Per Pozzovivo una lunga gavetta alla Zalf prima di passare, ma è ancora in gruppo (e tra gli italiani migliori)

Pozzovivo un esempio

«Una volta prima di passare si doveva fare il militare- dice Rui – E non era cosa da poco. Passava un altro anno, finivi che ne avevi 20 e avevi una testa diversa rispetto a quando ne avevi 18-19, un’altra visione di vita. Oggi passano da ragazzini e quanto durano? Secondo voi perché Daniel Oss o Domenico Pozzovivo sono ancora lì? Pozzo con noi ha fatto cinque anni, Oss quattro. Daniel quando incontra i corridori della Zalf ancora gli dice: “Ciano è stato il mio maestro di vita”. 

«E poi è semplice: un ragazzo raggiunge la sua maturazione ormonale e quindi di equilibrio mentale tra i 24 e 26 anni. Sono dati medico-scientifici, supportati dal parere degli psicologi».

Leonardo Scarselli, da anni dirige i ragazzi della Maltinti
Leonardo Scarselli, da anni dirige i ragazzi della Maltinti

Scarselli…

Leonardo Scarselli è uno dei diesse della Maltinti Lampadari, storica U23 toscana. Anche a quelle latitudini si è verificato più di un caso di passaggi precoci, il più eclatante è stato quello di Daniel Savini. Due vittorie al primo anno, quattro al secondo e via alla Bardiani Csf Faizanè. Adesso, dopo due anni col Greenteam, milita nella Mg.K-Vis, squadra continental. 

«Io – dice Scarselli – penso che ci sia troppa esasperazione nelle categorie giovanili. Soprattutto tra gli juniores i ragazzi spesso non sono gestiti nella maniera più corretta nei confronti della loro crescita. A 17 anni gli fai fare dei carichi di lavoro che vanno al di là di quel che può supportare il loro fisico alla lunga. Poi sono giovani, si allenano e vanno forte. Ma come esplodono si spengono».

«Senza fare nomi, in passato ne ho avute di delusioni. Ragazzi anche che avevano vestito la maglia azzurra da juniores e poi si sono persi».

«Se avrei fatto passare Savini? Assolutamente no. Non era pronto dal punto di vista mentale, non si tratta solo di quello fisico. Non aveva quella maturazione che richiede il mondo dei pro’, una maturazione che è essenziale. E infatti ecco le conseguenze… Perdi il primo anno, perdi il secondo e alla fine perdi anche la fiducia: quella in te stesso e quella da parte del team».

Daniel Savini (classe 1997) passato alla Bardiani adesso milita nella continental Mg.K-Vis
Daniel Savini (classe 1997) passato alla Bardiani adesso milita nella continental Mg.K-Vis

E il caso Savini

Quando Scarselli parla di maturazione per il mondo dei pro’ si riferisce alle responsabilità, agli orari, all’alimentazione. Insomma alle cose concrete.

«Parlo di orari, di puntualità da rispettare, all’invio dei dati degli allenamenti – spiega Scarselli – Per esempio all’epoca chiesi a Zanatta (allora diesse alla Bardiani, ndr) come andasse il mio corridore e lui mi disse che ogni volta c’era una scusa per non inviare i files, in ritiro si era presentato sovrappeso… era partito col piede sbagliato. E infatti lo avrebbero fatto correre quando si sarebbe rimesso in sesto».

«Mi dispiace, perché Daniel poteva essere davvero un buon corridore. Un anno in più tra gli U23, tanto più con l’accordo con i Reverberi in tasca, gli avrebbe fatto bene per quella quotidianità che poi è quella che ti fa fare la differenza nel bene o nel male nel professionismo. In squadra con noi avrebbe avuto delle persone che magari gli sarebbero andate contro. Gli avrebbero parlato a brutto muso nel caso non avesse fatto le cose a modo. Ma se poi ero il solo a pensarla così…

«Io ho fatto il corridore, la mia esperienza conta, sono stato anche in team importanti come la Quick Step, so come funzionano le cose di là».