Lo scorso 4 novembre nell’elegante location della Sala Buzzati di RCS Sport a Milano è stata presentata l’edizione 2023 del Tour of The Alps, in programma dal 17 al 21 aprile. Partenza da Rattenberg in Tirolo e arrivo a Brunico in Alto Adige dopo 5 tappe e 752 chilometri. Nell’occasione è stata ufficializzata una partnership davvero importante che legherà per i prossimi anni il Tour of The Alps a SPORTLER, realtà di riferimento per tutti gli appassionati di sport, ciclismo compreso. Da oggi due eccellenze legate alle Alpi si incontrano dando sostanza a quello che è il payoff di SPORTLER: “Best in the Alps”.
SPORTLER affiancherà il Tour of the Alps nell’edizione 2023SPORTLER affiancherà il Tour of the Alps nell’edizione 2023
La casa degli sportivi
Da 45 anni SPORTLER può essere considerata a buon diritto la “casa degli sportivi” con i suoi punti vendita in grado di offrire il meglio in termini di prodotti dedicati alle principali discipline sportive, dal running al fitness fino ad arrivare agli sport invernali. Un ruolo di primo piano spetta naturalmente al ciclismo, come conferma la recente apertura di due mega-store “SPORTLER Bike” a Peschiera del Garda e Bolzano, entrambi dedicati esclusivamente alla bicicletta in tutte le sue declinazioni.
A confermare il forte interesse verso il mondo del ciclismo da parte di SPORTLER è Jakob Oberrauch, CEO dell’azienda con sede a Bolzano: «La nostra passione per la bici – ha dichiarato – arriva da lontano e da qualche anno, con la nostra insegna SPORTLER Bike, abbiamo deciso di impegnarci sempre di più per aggiungere nel mondo a due ruote anche la nostra voce, con professionalità, specializzazione e con il desiderio di attirare e coltivare una community di bike lovers.
«Per noi di SPORTLER – ha aggiunto – bici è sinonimo di sostenibilità, movimento, territorio e community e crediamo fortemente nel creare partnership e relazioni con fornitori e operatori del settore coi quali condividere la nostra passione e questi valori per noi fondamentali con lo scopo di rispondere ai nostri criteri di anima premium con prodotti, consulenza e servizi di qualità.
« Il Tour of the Alps – ha concluso – si presta a regalare ancora una volta uno spettacolo ciclistico di primo livello attraverso i nostri meravigliosi paesaggi e noi non potevamo non essere in prima fila a fianco di tutti gli appassionati ciclisti in un momento che coniuga così bene l’aspetto competitivo e atletico con il territorio».
L’interno del negozio SPORTLER a BolzanoL’interno del negozio SPORTLER a Bolzano
Un percorso condiviso
Nelle intenzioni di SPORTLER e Tour of The Alps, la nuova collaborazione vuole essere un vero e proprio percorso condiviso, imperniato su esperienze da vivere insieme e su iniziative di co-marketing. A partire dal prossimo mese di gennaio nei punti vendita SPORTLER di Innsbruck, Treviso e Brunico e nei megastore di Bolzano e Peschiera, sarà possibile trovare materiali visual e informativi per entrare nell’universo Tour of the Alps. I canali digital e le newsletter di Sportler daranno poi il loro supporto alla comunicazione delle novità e delle iniziative messe in atto dal Tour of the Alps. Altre iniziative sono al momento allo studio.
Chiudiamo con il pensiero di Maurizio Evangelista, General Manager del Tour of the Alps: «L’approdo di SPORTLER nel panel dei nostri partner è un segnale molto importante. Non solo perché si tratta di un’eccellenza Euroregionale che vede nel nostro progetto una piattaforma perfetta per comunicare il suo brand e i suoi valori, ma perché parla della credibilità che la industry dello sport attribuisce ormai al marchio e alla formula Tour of the Alps. Crediamo esistano i presupposti per rendere questa collaborazione un grande laboratorio di iniziative. Sentiamo che il nostro entusiasmo è condiviso dai vertici di SPORTLER, e per noi non potrebbe esserci un inizio migliore».
Quello che è andato in scena ieri a Milano, durante la presentazione del Tour of the Alps 2023, è stato il confronto fra due modi di intendere il ciclismo. Alla presenza di Mauro Vegni, organizzatore del Giro d’Italia, il tema è venuto fuori da sé. Poi è rimasto sotto traccia, forse perché non era quella la sede idonea per un approfondimento.
Il Tour of the Alps – si legge nel comunicato ufficiale – ha infatti affermato un proprio modo di interpretare il ciclismo. Salite, dislivelli importanti ma senza altitudini estreme, brevi chilometraggi e trasferimenti ridotti al minimo. Così si può sintetizzare la “Formula TotA”, premiata dall’apprezzamento di campioni e squadre – prova ne sia il nutrito contingente World Tour schierato al via anno dopo anno – oltre che dall’entusiasmo di un pubblico sempre più vasto e internazionale.
Rohregger, Evangelista, Rossini, Giacomo Santini, Pichler: il motore operativo del Tour of the AlpsRohregger, Evangelista, Rossini, Giacomo Santini, Pichler: il motore operativo del Tour of the Alps
La formula ToTa
Il Tour of the Alps partirà il 17 aprile 2023 dall’Austria e si concluderà il 21 in Alto Adige. Le cinque tappe propongono un modello moderno e avvincente, in cui lo spettacolo e i corridori sono prepotentemente al centro della scena. Lunghezza media delle tappe di 150,52 chilometri: la più breve di 127,5 mentre la più lunga ne misura 165,2. Ciascuna tappa del Tour of the Alps parte a metà mattinata, per concludersi nel primo pomeriggio. Una volta anche il Giro faceva così. Poi le esigenze televisive hanno fatto passare in secondo piano le esigenze degli atleti. Per cui le tappe partono all’ora di pranzo e si concludono sul far della sera, con tutte le problematiche connesse.
«Credo che per una corsa di una settimana – ha spiegato Giuseppe Saronni – la formula tecnica del Tour of the Alps rappresenti la soluzione ideale. C’è brillantezza, c’è spettacolo tutti i giorni. Il Tour of the Alps propone percorsi da ciclismo moderno. E’ corsa per scalatori, non c’è dubbio, e gli atleti la affronteranno con intensità dall’inizio alla fine».
La planimetria generale del Tour fo the Alps: 5 tappe con partenza dall’AustriaL’altimetria generale fa vedere che non ci sono tappe per velocisti: si parla solo di scalatori1ª tappa, Rattenberg-Alpbach: 127,5 chilometri2ª tappa, Reith im Alpbachtal-Renon: 165,2 chilometri3ª tappa, Brentonico-San Valentino: 162,5 chilometri4ª tappa, Rovereto-Predazzo: 152,9 chilometri5ª tappa, Cavalese-Brunico: 144,5 chilometriLa planimetria generale del Tour fo the Alps: 5 tappe con partenza dall’AustriaL’altimetria generale fa vedere che non ci sono tappe per velocisti: si parla solo di scalatori1ª tappa, Rattenberg-Alpbach: 127,5 chilometri2ª tappa, Reith im Alpbachtal-Renon: 165,2 chilometri3ª tappa, Brentonico-San Valentino: 162,5 chilometri4ª tappa, Rovereto-Predazzo: 152,9 chilometri
Qualità e quantità
Probabilmente la modernità non c’entra affatto: il ciclismo è ciclismo e basta. Tuttavia è un dato di fatto che la progressiva riduzione delle distanze di gara negli ultimi tempi abbia prodotto lo spettacolo maggiore. Un orientamento nato dalla Vuelta, che non ha però rinunciato ai suoi tanti arrivi in salita, poi ripreso dal Tour. La tappa più spettacolare dell’ultima edizione, quella del Granon e del crollo di Pogacar, misurava appena 151,7 chilometri. Anche nella prossima edizione le tappe più brevi saranno quelle con l’arrivo in salita.
«Il Tour of the Alps – ha detto Davide Cassani, presente in sala – ha trovato una forte identità, grazie ai percorsi impegnativi che contraddistinguono i territori. A questa gara non si arriva per prepararsi, ma per vincere. L’inizio della prima tappa non sarà morbido e già da qui si potrà capire chi potrebbe essere il favorito della gara. In generale le corse rispetto a un tempo sono molto più spettacolari e questo perché si punta maggiormente alla qualità, rispetto alla quantità. Bisogna puntare a offrire corse che siano belle da vedere, proprio come il Tour of the Alps».
Saronni ha fatto notare che le 5 tappe complessive permettono al ToTa una formula accattivante (foto Podetti)Per Cassani non ci sono più corse di preparazione, ma corse cui si va per vincere: il ToTa non fa eccezione (foto Podetti)Saronni ha fatto notare che le 5 tappe complessive permettono al ToTa una formula accattivante (foto Podetti)Per Cassani non ci sono più corse di preparazione, ma corse cui si va per vincere: il ToTa non fa eccezione (foto Podetti)
Tivù, croce e delizia
Le tre settimane dei grandi Giri non si toccano e così pure i tapponi, su questo siamo d’accordo. Eppure le tappe troppo lunghe sembrano noiose, al punto di chiedersi se i corridori di una volta fossero davvero più battaglieri. La risposta probabilmente è no, tanto che le tappe leggendarie ricorrono in un numero limitato di racconti e il resto rimane nelle statistiche.
Quel che fa la differenza è la copertura televisiva. La diretta integrale mostra anche i momenti di presunta… fiacca, risulta soporifera e costringe i cronisti spesso a vere maratone. Ne abbiamo davvero bisogno? Quei chilometri sono alla base del cumulo di fatica che nei finali avvantaggia i corridori più solidi, ma non sono spettacolari. Si ha modo finalmente di apprezzare il lavoro dei gregari, ma lo spettacolo della corsa è quello dei finali. Né si può pretendere che si vada a tutta dalla partenza all’arrivo nel nome dello spettacolo.
E’ corretto che la televisione diventi la discriminante per la modifica dei percorsi e della loro lunghezza? E’ corretto che costringa gli atleti a barbari orari di corsa? Si comprende il costo dei diritti, ma la risposta è no.
Secondo Vegni sono le grandi distanze fra Nord e Sud a costringere il Giro a tappe molto lungheSecondo Vegni sono le grandi distanze fra Nord e Sud a costringere il Giro a tappe molto lunghe
«Per quello che propone dal punto di vista tecnico – ha commentato Mauro Vegni – il Tour of the Alps mette in luce i corridori veri e anche coloro che potranno pensare di presentarsi con ambizioni al Giro d’Italia qualche settimana dopo. Un identikit del prossimo vincitore? Sarà un campione assoluto, un grande scalatore. Quanto al Giro, l’esigenza di tappe più lunghe deriva dal fatto che l’Italia è allungata al centro del Mediterraneo. Per coprire il più elevato numero di regioni, non si possono fare tappe troppo brevi».
Le tappe di montagna del prossimo Giro sono tutte intorno ai 200 chilometri. Non sarà questo spauracchio a indurre i corridori a condotte meno garibaldine, in attesa dell’ultima salita?
Obiettivo sicurezza
E così il Tour of the Alps si gode il momento e va avanti nel segno della sua filosofia. Al suo fianco, Trentino Marketing ela partnership entusiasta con gli omologhi del Sud Tiroloe del Tirolo Austriaco, orgogliosi di dare la partenza alla corsa.
«Intendiamo proseguire – ha detto Maurizio Evangelista, General Manager (foto di apertura) – su una direzione tecnica che incarna la modernità del ciclismo. Il ciclismo di oggi è decisamente più spettacolare rispetto a quello del passato e si è spostata anche l’asse della carriera di un corridore. Ci saranno sempre più atleti precoci ed è giusto dar loro grandi sfide con le quali confrontarsi».
«Fra i capisaldi per noi – ha proseguito – c’è il tema della sicurezza. All’interno del nostro team organizzativo, è presente un nucleo tecnico che lavora tutto l’anno su questa tematica».
Fra le note più toccanti della presentazione, c’è stato l’intervento di Sonny Colbrelli. Il video ha mostrato un uomo ancora alle prese con una scelta di vita importante e dolorosa, ma sempre innamorato pazzo della bici e del ciclismo. Sonny in Trentino ha vinto il suo titolo europeo e nel raccontarlo aveva gli occhi lucidi. Probabilmente, neanche noi siamo pronti a restare senza di lui.
Con l’arrivo di giugno l’estate bussa alle porte, invogliandoci ad uscire e ad esplorare posti nuovi. Se a questa voglia di scoprire ed assaporare nuovi territori si aggiunge la passione per i pedali, la combo è presto fatta e l’estate prende un nuovo gusto. Uno dei tanti posti ai confini del nostro Paese che meritano di essere visitati è il Tirolo, da sempre amico della bici e meta di tanti appassionati da tutto il mondo.
Il Tirolo è un territorio ricco di posti da scoprire in sella alla propria bici Il Tirolo è un territorio ricco di posti da scoprire in sella alla propria bici
La bellezza dei paesaggi
E’ impossibile non rimanere affascinati dai colori delle montagne del Tirolo, chiunque decida di mettersi sui pedali per esplorarlo viene rapito da questi colori. C’è posto per tutti, dagli amatori ai professionisti, ognuno con il suo passo, in sella alla propria bici si potrà godere l’estate tirolese.
Il Tirolo è teatro, da 5 anni, del Tour of the Alps, che ogni anno va in scena ad aprile, una delle gare di avvicinamento al Giro più importanti del calendario. Si tratta di 5 tappe tutte disegnate sulle strade del Tirolo, che, in continuo sali e scendi, accompagnano i corridori per ben 719 chilometri. Una gara che conta più di 150 partecipanti e con molti team WorldTour pronti a darsi battaglia. L’edizione 2022 ha parlato francese, con la vittoria di Romain Bardet in maglia DSM.
Contornato da montagne bellissime e dai colori sempre vivi Contornato da montagne bellissime e dai colori sempre vivi
Non solo pro’
Il Tirolo racchiude tante possibilità di divertirsi in sella alla propria bici, non serve essere professionisti per godere di questo territorio e dei suoi paesaggi.
Uno degli eventi più importanti è la Dreiländergiro che si terrà il 26 giugno, dove 3.000 ciclisti rendono questa manifestazione una delle più grandi gare di ciclismo amatoriale in Europa. Nel 2022 si svolgerà già la 28esima edizione di questa granfondo che passa per l’Austria, l’Italia e la Svizzera percorrendo 120 chilometri e superando un dislivello di 3.000 metri. Il clou per gli atleti è il Passo dello Stelvio, una delle strade di passo più spettacolari delle Alpi con i suoi leggendari 48 tornanti.
Segue pochi giorni dopo la Kitzbüheler Radmarathon in programma il 10 luglio con un percorso di 216 chilometri e 4.600 metri di dislivello. In fondo, dopo il Passo del Thurn, il Passo Gerlos e la sella Kerschbaumer Sattel, resta ancora da affrontare la salita sul Kitzbüheler Horn.
Le ultime due manifestazioni in programma per gli amanti del ciclismo su strada saranno la Arlberg Giro e la Oetztaler Radmarathon, rispettivamente il 31 luglio ed il 28 agosto. Anche in questo caso saranno le salite ad essere protagoniste.
Il bello del Tirolo è andare alla scoperta dei suoi tanti villaggi girandoli in biciIl bello del Tirolo è andare alla scoperta dei suoi tanti villaggi girandoli in bici
Spazio alle ruote grasse
Chi preferisce perdersi tra sentieri sterrati e boschi in compagnia della propria mountain bike non deve temere: il Tirolo riserva tanti eventi anche per voi.
Dal 18 al 25 giugno si terrà la KitzAlpBike, dove tutto ruota intorno alla mountain bike. Qui si svolgerà infatti il più spettacolare festival di MTB austriaco, il KitzAlpBike, con numerose competizioni ed eventi collaterali, tra cui la HILLclimb, la Mountain Bike Marathon, il Windautaler Radlrallye e gli E-Bike Days. Sono benvenuti alla 26esima edizione dell’evento tanto i corridori amatoriali e i professionisti, quanto i numerosi spettatori che potranno contare su un grande evento in uno scenario spettacolare.
Ad agosto si terrà il leggendario Ischgl Ironbike, esattamente il 3. Si tratta di una delle maratone di mountain bike più toste d’Europa, che da quest’anno si svolgerà ancora una volta sotto forma di un festival di mountain bike di più giorni. Ci saranno anche tanti eventi laterali, come l’Ischgl Alpenhaus Troph, una scalata in notturna ed una caccia alla volpe in e-bike.
Non solo strada, il Tirolo è anche “amico” della mountain bike, qui le foto della KiltzAlpeBike (foto KiltzAlpeBike) Non solo strada, il Tirolo è anche “amico” della mountain bike, qui le foto della KiltzAlpeBike (foto KiltzAlpeBike)
Possibilità di noleggio
Il nuovo sistema di noleggio BIKE TIROL permette di prenotare, noleggiare e restituire mountain bike ed e-bike in Tirolo in modo semplice, digitale e completamente automatico. La piattaforma, realizzata come app, è stata realizzata in collaborazione con i partner ÖBB, VVT, InnBike, Tirol Werbung e Communalp. Questa nuova offerta per il tempo libero, che si rivolge sia agli abitanti del luogo che ai turisti, rappresenta un passo importante per la promozione della mobilità nel turismo.
Il punto di noleggio è situato nei pressi delle stazioni ferroviarie o nelle immediate vicinanze, al fine di garantire il collegamento ottimale ai trasporti pubblici. Le tariffe giornaliere per il noleggio partono da 35,90 euro.
Il Giro d’Italia è alle porte e presto catalizzerà tutta l’attenzione. Tuttavia vogliamo soffermarci ancora un po’ sul Tour of the Alps. La corsa transfrontaliera ci ha colpito per la sua crescita e la sua buona organizzazione. Ci siamo chiesti sin dove può arrivare.
Le sirene del WorldTour, con un evento del genere, possono risuonare da un momento all’altro. Abbiamo fatto il punto con Maurizio Evangelista, general manager della corsa.
Garibaldi curatissimo: non solo nozioni tecniche, ma anche storiche, di colore, turistiche dei territori attraversatiGaribaldi curatissimo: non solo nozioni tecniche, ma anche storiche, di colore, turistiche dei territori attraversati
Maurizio, una corsa davvero ben riuscita…
È un progetto impegnativo e lo rendiamo sempre più impegnativo perché cerchiamo costantemente di migliorare. Però ne vale la pena, perché è una corsa bellissima in un territorio bellissimo, con degli enti che s’impegnano e ci credono. Quindi meritano il meglio possibile.
Il vostro Garibaldi era davvero ben curato: contenuti interessanti, anche extra corsa. Ci ha colpito il messaggio di pace, tanto più in questo momento storico, della collaborazione fra diverse Nazioni e minoranze etniche…
Due Stati possono significare qualche piccolo problema burocratico in più. L’Europa unita, su certi aspetti, lo è ancora in maniera imperfetta.
Come le moto della Polizia ferme al confine e pronte quelle austriache…
Ci sono tre realtà, Trentino, Alto Adige e Tirolo (quest’anno nella zona dell’Osttirol, ndr) molto diverse tra loro. Anche perché molto diversa è la loro familiarità col ciclismo. Il primo ha una tradizione solida, gli altri due molto meno. Però devo dire che uno dei tornaconti migliori che abbiamo avuto da questo punto di vista è stato l’entusiasmo che c’è intorno al Tour of the Alps proprio da queste zone.
Oggi sembra che se non si è nel World Tour non si riesca a fare del grande ciclismo. Avete dimostrato che non è vero. Tuttavia c’è l’idea di diventare una corsa WorldTour in futuro?
Prima dell’ultima tappa ne ho parlato con il presidente di giuria. Ci ha riconosciuto grandi meriti. Allora io gli ho raccontato che non più tardi di tre settimane fa, l’Uci ci aveva inviato un form da completare che riguardava le manifestazioni che volessero candidarsi per il WorldTour.
Maurizio Evangelista, general manager del Tour of the Alps, nei giorni della corsaMaurizio Evangelista, general manager del Tour of the Alps, nei giorni della corsa
Quindi è un obiettivo?
Può essere un obiettivo. Però, proporre a un’organizzazione di candidarsi al WorldTour senza sapere preventivamente cosa questo comporti non è una strada giusta. E non parlo degli aspetti economici. In quel caso è sempre tutto molto chiaro. Quello che non è chiaro è: se io mi candido a WorldTour e tu, organizzazione internazionale, accetti la mia candidatura dove finisco io in calendario?
Obiezione legittima…
Questo è il punto. Noi abbiamo una collocazione nella quale la nostra corsa sta bene, ha una sua identità. Perché non ci dimentichiamo che siamo già tra due gare WorldTour e in mezzo ce n’è un’altra, la Freccia Vallone. Se questo è lo schema e noi dovessimo entrare nel World Tour, per noi sarebbe un problema. E’ insensato fare una un’eventuale procedura per il WorldTour senza sapere questo. Il problema reale quindi è il calendario. Una gara come il Tour of the Alps è una gara importante, perché ha saputo guadagnarsi un certo tipo di considerazione.
Una WorldTour mascherata, tanto più visto il parterre di quest’anno…
È evidente che questa è una gara WorldTour sotto mentite spoglie. E aggiungo, senza timore di essere smentito: è migliore di numerose gare WorldTour. Non è solo una questione di status, è una questione di costi-benefici. Fondamentalmente qual è il nostro patrimonio? La tradizione, una posizione in un calendario che non è felicissima al 100% ma è comunque buona, la credibilità, la qualità e il gradimento da parte dei corridori e delle squadre.
Cioè?
Guardate anche sui social quello che scrivono i corridori. Ciò che dicono nelle interviste. Sono apprezzamenti spontanei. Questo vuol dire che abbiamo un format che funziona.
C’è qualcosa ìda migliorare o che vorresti fosse andato diversamente?
Questa edizione è andata molto bene. Avrei voluto avere ancora più campioni alla partenza. Ma lo spostamento della Roubaix ha inciso. Uno dice: che c’entra la Roubaix con noi. Invece c’entra eccome. Lo staff delle squadre che fa tutto il primo blocco di classiche ha prolungato il suo impegno di una settimana e questo ha complicato la loro organizzazione. Il tutto con il Giro d’Italia dove servono doppi mezzi perché non ci sono i tempi tecnici per portarli dall’Ungheria alla Sicilia. Le squadre pertanto sono sotto pressione e tutto questo incastro non ci ha favorito.
Scorci unici e corridori di elevata qualità: il Tour of the Alps è servitoScorci unici e corridori di elevata qualità: il Tour of the Alps è servito
Una cosa molto positiva a nostro avviso sono stati i percorsi. Disegnati per lo spettacolo. Per assurdo la tappa che sembrava dovesse essere più scoppiettante, quella con la salita dura del Furcia, è stata la più “banale”…
Diciamo di sì, ma diciamo anche che quella del Furcia sarebbe stata una tappa ancora più vivace se ci fossero state 2 o 3 squadre nel comandare la corsa e non una (la Bahrain Victorious, ndr). Fortunatamente viviamo una stagione di grandi e nuovi campioni che sono totalmente in linea con l’idea di attaccare da lontano, di dare spettacolo, che hanno gli organizzatori. Mi permetto di dire che noi, forse, ci siamo arrivati un po’ prima di altri, intuendo che se i corridori non fanno in pieno quello che un organizzatore desidera, cioè una corsa vivace, è perché le scelte tecniche forse non sono ideali.
Ti riferisci ai percorsi più corti, in particolare?
Siamo sicuri che accorciare i percorsi sia una scelta giusta. Anche perché bisogna considerare il fatto che corriamo in giorni feriali e non ti puoi permettere una corsa eccessivamente prolungata: troppi disagi. I 140, 150 o i 120 chilometri, sono una proposta che i corridori apprezzano. Gli piace, vanno a tutta, non hanno troppo stress prima e dopo la corsa. Avrete notato poi che cerchiamo di rendere la partenza e l’arrivo nello stesso luogo, riducendo i trasferimenti. Arensman prima della partenza di Lienz è arrivato al via con un sorriso straordinario, nonostante la pioggia. E nei post, la DSM diceva che questa è la loro corsa preferita. Matteo Tosatto mi ha raccontato che in Ineos-Grenadiers quando all’inizio della stagione fanno il programma c’è la ressa per venire qua, perché piace ai corridori e al personale.
In effetti si è percepito un bel clima…
Un clima che cerchiamo di trasmettere attraverso uno staff che nel corso degli anni si è evoluto, ringiovanito e con una presenza femminile più marcata. Alla sera negli alberghi, noto il piacere che hanno tutte queste persone di esserci. Ed è un’organizzazione mista, che si avvale di professionisti e volontari. E i volontari non sono qui perché “danno una mano”. No, ognuno ha il suo ruolo. Dicono che io sia una persona esigente, probabilmente è vero. Però, al di là dell’essere esigente, di cercare sempre il meglio, c’è il fatto che tu hai bisogno di persone che devi distribuire in vari incarichi e non li puoi assegnare “tanto per…”. Il ciclismo è uno sport organizzativamente difficile e richiede competenze specifiche.
Il prossimo anno si partirà dall’Austria e si dovrebbe finire in Alto Adige (a Bressanone?)Il prossimo anno si partirà dall’Austria e si dovrebbe finire in Alto Adige (a Bressanone?)
In virtù di tutto ciò pensate anche ad altri progetti simili oltre al Tour of the Alps?
Non lo so. Con uno staff diverso che comprendeva alcune delle persone di cui ho fiducia, l’anno scorso abbiamo fatto il campionato europeo a Trento ed è stata un’esperienza bellissima. Però il soggetto organizzativo non era lo stesso. In Italia c’è un organizzatore molto importante che è Rcs Sport. Credo che ci sarebbe bisogno di altri player altrettanto qualificati, ovviamente non della stessa dimensione. Organizzatori che però facciano qualità. A volte vedo delle gare che sono “trascinate”, cioè fatte con coraggio con i mezzi che ci sono. E non sono sicuro che questo sia funzionale all’obiettivo, perché oggi come oggi una località che ti ospita, un’azienda che ti finanzia, vuole qualità.
Qualità non solo tecnica, ma generale?
Il ciclismo deve essere un evento, non una corsa fine a se stessa. La corsa è un elemento dell’evento. Pensare che fatta la corsa è risolto tutto, non corrisponde al mio modo di pensare.
Ci ha incuriosito la presenza di due squadre: la Kern Pharma e la Uno-X. Per i norvegesi magari ci sono anche motivazioni turistiche visto che amano le nostre montagne. Ma gli spagnoli?
La prima scelta è chiaramente razionale. Dalla tarda estate chiediamo alle squadre di dichiarare il loro interesse verso il Tour of the Alps. Dopodiché valutiamo quali coinvolgere. La squadra norvegese è già venuta l’anno scorso e gode di una certa considerazione. Quest’anno non è stata brillantissima, ma ha avuto i suoi malati e poi era stata invitata anche nelle classiche del Nord.
Il Tirol KTM Cycling Team era l’unica continental al via. Ma anche una delle squadre “di casa” lungo il percorsoIl Tirol KTM Cycling Team era l’unica continental al via. Ma anche una delle squadre “di casa” lungo il percorso
E la Kern Pharma?
E’ una squadra più piccola, ma da seguire. Anche perché se non li vedi, non ti rendi conto a che punto sono. Poi verifichi anche che tipo di rendimento producono. E in base a questo decidi se invitarli l’anno dopo. Sono anche dei test, se vogliamo…
Quasi niente continental: perché?
C’è un forte sbarramento rispetto alle continental. Nessuna preclusione, ma non possiamo permetterci una presenza di quel livello. Francamente non lo troverei così interessante per la corsa. E avevamo il posto per farle venire visto che siamo partiti con 18 squadre.
Dici che il gap è troppo grande?
C’è già un gap piuttosto forte tra WorldTour e Professional, figuariamoci tra WorldTour e continental. Significa portarsi dietro una presenza che crea problemi: non sono in grado di competere, allungano la corsa. E secondo me non serve neanche a loro perché fanno brutta figura. Non è un voler rinunciare a dare delle opportunità a squadre più piccole, ma semplicemente non vedo questa commistione che noto in alcune gare, in cui non si capisce se sono professionisti o under 23. Ben vengano semmai i giovani delle squadre development inseriti nella squadra maggiore.
«Sono stato il primo italiano al Tour of the Alps? Beh, allora vuol dire che non siamo messi molto bene!». Scherza Simone Ravanelli. Scherza ma in fondo solleva una questione affatto secondaria: dove sono finiti gli italiani? Ne abbiamo parlato anche nell’editoriale di questa settimana.
Con l’atleta della Drone Hopper-Androni Giocattoli parliamo di questo, ma anche della sua buona prestazione. In fin dei conti non è certo lui, che appunto è stato il migliore, a dover “portare la croce”.
Simone Ravanelli (classe 1995) è stato il primo italiano al TOTA: 37° a 22’57” da BardetSimone Ravanelli (classe 1995) è stato il primo italiano al TOTA: 37° a 22’57” da Bardet
Covid e bronchiti
«E’ un momento un po’ triste per il nostro ciclismo – riprende Ravanelli – non abbiamo corridori nei primi 15-20 né alle classiche, né nelle corse tappe. E per il movimento non è certo un bene.
«Poi però è anche vero che ogni annata ha la sua storia. Lo scorso anno per esempio Sonny (Colbrelli, ndr) ha vinto europeo e Roubaix, mentre quest’anno ci sono molti acciacchi in gruppo. Soprattutto dopo la Tirreno si sono verificati tanti casi di bronchite, oltre al Covid. Io stesso a causa del Coronavirus ho saltato una grossa fetta di stagione: niente Tirreno, niente Coppi e Bartali».
«In gruppo so che tanti ragazzi non se la passano bene. Dopo il Covid, faticano a riprendere al massimo. Se ci mettiamo che il ciclismo è cambiato, che si va più forte (guardate la media della Roubaix), che i wattaggi sono aumentati, oggi anche solo rallentare un po’ significa non essere competitivi. Significa fare fatica a finire la gara».
Durante l’inverno Ravanelli aveva lavorato sodo. Eccolo, in ritiro, alle prese con un piccolo incoveniente meccanicoDurante l’inverno Ravanelli aveva lavorato sodo. Eccolo, in ritiro, alle prese con un piccolo incoveniente meccanico
Il TOTA un test
Come dicevamo, Ravanelli si è difeso bene. Nella Drone Hopper c’è quasi il “diktat” di andare in fuga. Lui però aveva un po’ di spazio per sé. Poteva puntare alla classifica. Merito di un buon rientro in Sicilia.
«In realtà – spiega il bergamasco – più che puntare alla classifica sono partito per trovare la giusta gamba dopo 40 giorni lontano dalle gare. Ero rientrato al Giro di Sicilia e ho visto che tutto sommato le sensazioni erano buone. Così al TOTA ho provato a tenere duro giorno per giorno.
«Poi con il livello che c’era, dieci WorldTour, i primi 25 erano irraggiungibili. Io però non ho mai avuto cali durante tutti e cinque i giorni di gara e questo è stato un buon segnale.
«Mi do un sette. Visto l’avvicinamento che ho avuto e con solo 20 giorni di allenamento nelle gambe, va bene.
Nell’ultima frazione del Tour of the Alps grande freddo e pioggia (foto Tornanti CC)Nell’ultima frazione del Tour of the Alps grande freddo e pioggia (foto Tornanti CC)
Italiani in difficoltà
«Poi ragazzi – dice Ravanelli, con una consapevolezza ammirabile – parliamo di un 37° posto, non c’è da festeggiare. Sono contento a livello personale, per come è arrivato e infatti la squadra mi ha fatto i complimenti, ma non credo che a Fabbro per esempio, che era subito dietro di me, abbiano detto bravo. Anche Matteo so che non era al top, ha avuto un sacco di problemi».
«Se mi aspettavo che ci fosse qualche italiano davanti a me? Sì, ma non qualcuno che si giocasse la vittoria o da primi dieci posti. Alla fine con quei nomi che c’erano l’unico italiano che se la poteva giocare sarebbe potuto essere Damiano Caruso.E non è detto che avrebbe vinto. Al Giro di Sicilia si vedeva che “giocava”, ma poi alla Liegi, corsa di altro livello, non è stato così. E questo credo valga anche per il Giro. Corridori italiani per una top ten magari ci sono, ma non vedo chi possa lottare per la maglia rosa.
«Ci sono stati pochi italiani perché l’ultima tappa l’abbiamo finita in pochi corridori, solo 64. Pioggia tutto il giorno e 5°, siamo saliti una volta a 1.300 metri e una a 1.500: tanti sono finiti fuori tempo massimo e tanti altri si sono ritirati.
Il bergamasco ha corso già due Giri d’ItaliaIl bergamasco ha corso già due Giri d’Italia
La fuga giusta
Eppure in fuga un giorno Simone ci era andato. Il problema per lui e per gli altri undici che cercavano di scappare nella penultima tappa, è che c’era andato anche Bouchard, che voleva la maglia dei Gpm. La Bahrain-Victorious non ha lasciato spazio.
«Al massimo abbiamo preso due minuti di vantaggio. E poi ci hanno ripreso. Però sulle salite scollinavo davanti con Bouchard e De La Cruz. Un peccato che ci fosse il francese, perché negli ultimi due giorni le fughe sono arrivate. Una di queste è stata quella che è partita dopo che ci hanno ripreso».
Obiettivo Giro
E da queste buone sensazioni Simone Ravanelli può guardare avanti. La Drone Hopper non ha ufficializzato la squadra per la corsa rosa. E lui stesso non sa se sarà della partita. Chiaramente ci spera.
«Ovviamente – conclude Ravanelli – mi piacerebbe esserci. Ho visto il percorso e l’ultima settimana come sempre è molto dura. Il mio obiettivo è centrare le fughe, come ho fatto anche l’anno scorso, ma sperando in un risultato migliore.
«Le tappe adatte per le fughe sono almeno cinque o sei, ma bisogna avere la gamba. Tanta gamba. Bisogna averla per prendere la fuga e per arrivare. Perché il problema è che quelle 5-6 tappe fanno gola anche ad altri 50-60 corridori. E quelle sono le frazioni in cui andare in fuga è difficilissimo. Serve un’ora e mezza prima che parta. Ed è una lotta… E quando ci entri, se ci entri, sei già finito!».
Ma quanto è basso Pinot sulla bici? La domanda di Adriano Malori è arrivata proprio nel giorno in cui il francese vinceva l’ultima tappa al Tour of the Alps, ma per approfondire meglio il tema, gli abbiamo chiesto di aspettare il rientro dalla Liegi. E così adesso ci siamo.
Della Lapierre Xelius SL3 del francese abbiamo raccontato proprio nei giorni della corsa trentina. Ma adesso il sospetto che i suoi acciacchi e un rendimento mai troppo costante possano dipendere dalla posizione in sella apre la porta su nuovi scenari.
Adriano Malori è stato professionista dal 2009 al 2016. Ora gestisce il suo centro di preparazione 58×11Adriano Malori è stato professionista dal 2009 al 2016. Ora gestisce il suo centro di preparazione 58×11
E’ davvero così basso Thibaut?
Ci ho fatto caso l’altro giorno mentre inseguiva Lopez. Così basso, che ogni 3 secondi deve alzarsi sulla sella. Ha le anche che si muovono ed è un continuo tirarsi indietro, come sulle bici da crono quando sei troppo basso o troppo corto.
Che cosa si capisce da tanto muoversi?
Vuol dire che è scomodo, oppure ha dovuto scegliere questa posizione per i problemi alla schiena. Ma in ogni caso non funziona. Non è redditizia, perché i 3/4 della muscolatura della gamba non lavorano. Se non è una posizione imposta o che vuole lui a tutti i costi, io mi affretterei a rivederla.
Pinot ricorre all’azione sui pedali non per attaccare, ma anche durante fasi interlocutorie di pedalata Pinot ricorre all’azione sui pedali non per attaccare, ma anche durante fasi interlocutorie di pedalata
La tendenza ad abbassarsi non dipende anche dalla frequenza di pedalata?
Esatto, quello che stavo per dire. Anche Roglic e Alaphilippe sono bassi di sella, ma loro vanno molto agili. Pinot invece spinge duro. I muscoli più importanti per la pedalata sono il gluteo, il quadricipite femorale e il polpaccio che trasmette direttamente la potenza. Lui spinge quasi solo con il vasto mediale e si alza in continuazione perché le sue gambe chiedono un po’ di estensione. Finché parliamo di salite brevi come in Trentino, te la cavi…
Altrimenti?
Quando vai al Tour e devi affrontare ad esempio il Tourmalet, magari dietro Roglic e Pogacar, non puoi pensare di fare la corsa lavorando con mezza gamba. Aumenta il dispendio energetico e hai meno forza. L’unica soluzione è alzare la sella. Non è uno che pedala come Pantani.
La gamba del francese non lavora mai con una distensione sufficienteLa gamba del francese non lavora mai con una distensione sufficiente
Cosa intendi?
Pantani si alzava per scattare, poi si sedeva e faceva girare a lungo il rapporto. E parliamo di altri motori. Se invece ti alzi di continuo, perdi velocità e ritmo. Guardate le crono: si alza mai nessuno nei rilanci dopo le curve? Piuttosto fai traiettorie super rischiose, che però ti lasciano la velocità per accelerare da seduto. Ti alzi solo se la curva e stretta e riparti da fermo. Sennò, neanche freni.
Se la muscolatura lavora male, c’è anche maggiore rischio di crisi?
Può darsi che a un certo punto la gamba dica basta. Alzandoti spesso in piedi sale anche il battito del cuore e sovraccarichi la schiena. Pinot ha avuto mille malanni, chissà che non dipendano anche da una posizione sbagliata.
Osservando i vari video del Tour of the Alps si nota in effetti che Pinot continua a nuoversi sulla sellaOsservando i vari video del Tour of the Alps si nota in effetti che Pinot continua a nuoversi sulla sella
Hai detto che potrebbe essere lui ad aver scelto quella posizione…
Quando un corridore si mette in testa un’idea, difficile toglierla. Quando ero alla Movistar, Valverde pedalava altissimo di sella. Hanno provato ad abbassarlo, ma non c’è stato verso. E lui intanto vinceva 15 corse all’anno, cosa potevi dirgli? Stessa cosa con Froome: sulla bici era basso e corto, ma ha vinto 4 Tour, un Giro e due Vuelta. Per tuti gli altri, la gamba ha bisogno di estensione. Non avevo notato prima che Pinot fosse messo così. Se dipende dalla schiena, alla Groupama-FDJpotrebbero cambiargli le pedivelle e permettere alla gamba di allungarsi. Ma di sicuro, se pedala così, vedo difficile che possa avere la continuità in una corsa di tre settimane.
Edoardo Zambaniniha esordito nel mondo dei pro’ con la Bahrain Victorious in una bella giornata di metà febbraio. Lo ha fatto nell’assolata Spagna, in Andalusia. Ad Ubrique, da dove partiva la Ruta del Sol. Il trentino si è messo subito a disposizione dei suoi compagni e dopo qualche decina di chilometri era già in testa a tirare.
La volta scorsa con lui avevamo parlato dei “primi passi”, ebbene: come stanno andando questi primi passi? L’esordio tra i professionisti è sempre un momento importante, ma anche delicato. Può trasformarsi in un boomerang se le cose non vanno bene. Fortunatamente non è il caso di Zambanini.
Zambanini in testa al gruppo nella prima tappa della Ruta del Sol al suo esordio con la Bahrain VictoriousZambanini in testa al gruppo nella prima tappa della Ruta del Sol al suo esordio con la Bahrain Victorious
Obiettivo aiutare
Pochi giri di parole. Testa bassa, menare e aiutare i compagni: è così che ci si fa le ossa. E le ossa Edoardo se le sta facendo, con calma, dedizione e decisione. Il nuovo anno porta in dote grosse novità.
«Sicuramente – racconta Zambanini – sono molto emozionato e ogni volta è bello essere in corsa. Ho la fortuna di stare in una squadra molto forte. Mettermi a disposizione dei miei compagni e aiutare il più possibile è il mio compito».
«Certo, i ritmi sono molto, molto alti. Si va sempre molto forte, soprattutto nel finale, però io una volta che ho finito il mio lavoro vado con più tranquillità, insomma mollo un po’ e per adesso riesco a salvarmi bene».
Volpi e Pellizotti sanno bene come dosare gli sforzi di un ragazzo che può sembrare già maturo, ma che maturo non è ancora. In questo modo, quell’effetto boomerang di cui accennavamo, è scongiurato.
Saluta Zambanini, correre al fianco di campioni come Landa è una grande opportunità per crescere in frettaSaluta Zambanini, correre al fianco di campioni come Landa è una grande opportunità per crescere in fretta
Vita da pro’
Ma essere un professionista non significa solo indossare la maglia di un grande team e disputare le corse più conosciute. Significa viaggi, interviste, sveglie presto, una certa alimentazione… E non è facile prendere i ritmi, sincronizzarsi in tempi ristretti con luoghi, persone, orari e modi di fare diversi ogni volta.
«Anche in questo caso – riprende Zambanini – posso dire di esser stato fortunato. Qui in Bahrain Victorious è tutto organizzato molto bene. Ci mettono nelle condizioni migliori. Ci dicono cosa dobbiamo mangiare, ci danno un programma dettagliato della giornata con gli orari in cui dobbiamo essere pronti per la partenza dall’hotel, per la riunione, la tappa… Io mi sto trovando veramente veramente bene. Come detto, sono super organizzati ed è facile prendere il ritmo».
Nei giorni del Tour of the Alps, Zambanini ha fatto il compleanno ed ha compiuto 21 anni. Giovanissimo dunque. Eppure, sarà la vita cadenzata e rigida di cui si parlava prima, ma ogni mattina sembrava più maturo, più sicuro di sé anche in quelle fasi che precedono il via: rapporti con la stampa, foglio firma, tifosi.
Probabilmente, almeno nel caso Tour of the Alps, ha inciso il fatto che ha corso nella squadra presente più forte, quella che fino alla penultima salita aveva dominato la corsa con Pello Bilbao. Schierarsi con i più forti, muoversi in gruppo con il leader e con Landa, avere un peso nell’economia della corsa… tutto ciò contribuisce non poco.
«Pello è uno dei favoriti, il leader – ci aveva detto Zambanini – Mentre Landa è quello che gestisce la squadra. E’ lui che in corsa dà i compiti da fare. Io devo solo farmi trovare pronto».
Il 21 aprile, durante il Tour of the Alps, il trentino ha compiuto 21 anniIl 21 aprile, durante il Tour of the Alps, il trentino ha compiuto 21 anni
Sogno Liegi
Sin qui Zambanini ha corso il giusto: 18 giorni di corsa, ben alternati con del riposo, ma tutte corse di alto livello. Questo ti trasforma. Tanto che che ci è sembrato ben più magro dello scorso anno.
«Forse correndo più giorni consecutivi si è un po’ più tirati, le corse a tappe ti prosciugano un po’ come si dice in gergo. E puoi perdere qualche chilo in più, però all’incirca sono come l’anno scorso».
Edoardo doveva anche andare alla Liegi, sarebbe stato un debutto con i fiocchi, il suo primo monumento. Ma poi Damiano Caruso ha alzato il braccio e ha detto di voler correre lui.
«Vero potevo andare – conclude Zambanini – ma in realtà sono sempre stato riserva. La Liegi sarebbe stata una grande corsa, ma in quel momento ero concentrato a finire bene il Tour of the Alps».
Di certo se non è stato quest’anno, potrà andare nelle Ardenne l’anno prossimo e quello dopo ancora. Il tempo è dalla sua.
Lenny Martinez ha iniziato la nuova stagione alla Bahrain Victorious. Sta imparando l'inglese. Ragiona sul Tour. E si allena (in francese) con Loic Segaert
Una squadra di casa per i corridori di casa: sembra l’acqua calda, per noi è champagne. L’anno scorso Lenny Martinez vinceva il Giro della Lunigiana da junior, la settimana scorsa ha chiuso terzo nella classifica dei giovani al Tour of the Alps, dietro Arensman e Buitrago che hanno 4 anni più di lui, e 14° nella generale (in apertura è con Karel Vacek).
La Groupama-FDJ lo seguiva già negli allenamenti e ora che lo ha inserito nella sua continental, in cui corre assieme a Gregoire e al nostro Germani, lo ha portato a fare esperienza tra i grandi, accanto a Thibaut Pinot e Attila Valter. In precedenza, Lenny aveva debuttato a Laigueglia, poi ha corso al GP Lillers, la Dorpenomloop e la Younger Coast Challenge. Quindi ha partecipato al Circuito delle Ardenne (4 tappe) e alla Liegi U23. Prossima gara la Fleche Ardennaise dell’8 maggio.
Sul podio di Ortonovo, con il trofeo di vincitore del Giro della Lunigiana 2021Sul podio di Ortonovo, Lenny Martinez con il trofeo di vincitore del Giro della Lunigiana 2021
Incuriositi da questa esperienza a soli 18 anni, abbiamo suonato al suo campanello, rintracciando nello schema della squadra francese il sale del discorso. Il professionismo WorldTour come obiettivo finale, l’esperienza di corse minori come base di lavoro, assaggi fra i grandi per capirsi meglio.
Ti aspettavi di fare così bene al Tour of the Alps?
Sì e no. Sapevo di avere delle buone capacità in montagna e questo è stato confermato. Ma di entrare tra i primi 15 della classifica generale no, non ci avrei pensato prima di questa gara, visto il livello. Quelli erano i corridori che adesso andranno al Giro d’Italia e punteranno a vincerlo.
Era nei tuoi piani o sei stato convocato per la tua buona forma?
Era nei piani del Groupama-Fdj per quest’anno, ma io non ero sicuro di andarci. Mi hanno confermato 15 giorni prima e ne sono stato molto contento.
Azione di squadra alla Liegi U23 con Gregoire (poi vincitore) e Paleni (foto Alexis Dancerelle)Azione di squadra alla Liegi U23 con Gregoire (poi vincitore) e Paleni (foto Alexis Dancerelle)
Cosa ti ha sorpreso di più di te stesso?
Senza dubbio, l’essere riuscito a stare con i migliori scalatori del gruppo. E anche essere arrivato a giocarmi una vittoria di tappa. Peccato per lo sprint (il riferimento è all’arrivo di Lana, chiuso in 14ª posizione, conquistato da Pello Bilbao, ndr).
Com’è stato correre al fianco di Thibaut Pinot?
E’ stato fantastico, Thibaut è un esempio. Sono molto grato di tutta questa esperienza.
Cosa hai imparato guardandolo?
Tanto. Il suo modo di correre, la determinazione anche giù dalla bici. E’ un esempio, ha affrontato tanti problemi in carriera, avendo alti e bassi: mi rendo conto che forse è normale anche per i migliori. Ma dentro di sé bisogna sempre crederci. Vedo spesso commenti negativi su Thibaut, dicono ad esempio che non ha testa e tutto il resto. In realtà vivendolo dall’interno della stessa squadra, penso che sia uno dei corridori del gruppo che ha la determinazione più forte.
Pinot è stato per lui un riferimento durante tutto il Tour of the AlpsPinot è stato per lui un riferimento durante tutto il Tour of the Alps
Ci sono stati giorni particolarmente duri in gara?
Sì, l’ultimo con la pioggia fredda non è stato molto piacevole. Prima della salita finale, le mie gambe erano troppo fredde per produrre lo sforzo di seguire i migliori. Il primo giorno invece il mio corpo era ancora in fase di recupero dopo la Liegi (che si è corsa due giorni prima, ndr), ma poi si è rimesso in moto e sono stato bene.
Senti la fiducia della squadra?
Sì molto, mi trovo molto bene. Sono tutti fantastici, mi vedo un futuro con loro. Penso che possiamo fare grandi cose.
Cosa pensi di Attila Valter?
Attila è fantastico, ho diviso la camera con lui. Parla molto bene il francese, è molto calmo e tranquillo. Sorride sempre e ce lo trasmette, anche in questa corsa mi ha dato dei buoni consigli.
I tuoi compagni di squadra stanno già pensando al Giro d’Italia: saresti curioso di metterti alla prova in un grande Giro o è davvero troppo presto?
Mi piacerebbe, ma è troppo presto. Vorrei provare, ma non subito. Un “grand tour” è lungo, non credo di esserne ancora capace, ma in futuro sì. Piano piano crescerò, piano piano…
Accanto a Richie Porte, Martinez ha tenuto duro nelle tappe più impegnative (foto Instagram/Getty)Accanto a Richie Porte, Martinez ha tenuto duro nelle tappe più impegnative (foto Instagram/Getty)
La tua stagione sarà strutturata principalmente sulle corse a tappe?
Non necessariamente, ma capita spesso che le corse per scalatori siano gare a tappe. Io però cerco di assaggiare il più possibile, devo fare esperienza su tutti i terreni per il futuro.
Hai aumentato così tanto il carico di allenamento rispetto allo scorso anno?
Sì, i carichi di allenamento sono aumentati, anche le distanze di gara, ma rimane una coerenza di base. Stiamo rispettando i miei tempi di crescita: non troppo, non troppo poco. Sta andando bene, non mi alleno eccessivamente, ci andiamo piano piano. E ogni anno cresceremo un po’.
Stai usando anche la bici da crono?
La uso, ma meno rispetto all’anno scorso, perché nel mio programma ci sono poche crono. Cerchiamo di essere coerenti con il calendario. Sto lavorando un po’ di più in salita, ma intorno ai 10 minuti, non di più per il momento.
Martinez e Gregoire hanno diviso il podio ai campionati europei di Trento: ora sono entrambi alla Groupama ContinentalMartinez e Gregoire hanno diviso il podio agli europei di Trento: ora sono alla Groupama Continental
Mentre tu correvi tra i professionisti, Gregoire ha vinto tra gli under 23: la squadra va fortissimo, una sorpresa oppure un gruppo molto forte?
Sì, la squadra sta andando molto forte, è fantastico. Spinge tutti verso l’alto, spero che ci ritroveremo anche nel WorldTour, ma non ho dubbi al riguardo.
Parteciperai al Giro d’Italia o al Tour de l’Avenir?
Non lo so ancora, ma normalmente sarà uno dei due. Non entrambi, perché potrebbe essere un po’ troppo al primo anno da U23, stiamo facendo le cose con calma.
Vincenzo Albanese, undicesimo alla Sanremo, davanti nelle tappe più difficili, davanti in quelle veloci… sette top ten dall’inizio dell’anno: al corridore della Eolo-Kometa manca solo la vittoria.
Al Tour of the Alps il campano ha dovuto alzare bandiera bianca dopo due frazioni. Prime avvisaglie di uno stato influenzale e, visti i tempi, giustamente non si è voluto rischiare. La squadra perciò lo ha mandato a casa, tanto più che correrà anche alla Vuelta a Asturias (29 aprile – 1° maggio).
Ivan Basso aveva fatto un raid nella gara dell’Euregio proprio nel giorno del suo ritiro e con lui abbiamo parlato di Albanese, della sua crescita e delle sue possibilità.
Ivan Basso (a sinistra) con il diesse Biagio Conte. Il team manager varesino ha seguito solo la tappa di VillabassaIvan Basso (a sinistra) con il diesse Biagio Conte. Il team manager varesino ha seguito solo la tappa di Villabassa
Ivan, dicevamo: ad Albanese manca solo la vittoria…
Anche nelle prime tappe gli ho detto di provarci. Ed è stato bravo. Gli manca la vittoria: ma a mio modo di vedere ha da parecchio tempo un rendimento che per me vale molto di più. Le vittorie arriveranno. E saranno anche vittorie importanti, perché è un corridore che che sta crescendo molto, sotto tutti i punti di vista.
Sappiamo che tu hai sempre creduto molto in lui. Bacchettandolo anche su impegno, peso… avevi capito il suo grande potenziale. E adesso sta uscendo?
La prima caratteristica in cui doveva migliorare era la continuità. La continuità ti dà autostima e l’autostima ti porta ai risultati. Albanese è un corridore che non si limiterà ad andare in fuga o a vincere gare di medio livello. Ha le caratteristiche e l’età giusta (25 anni, ndr) per puntare alle grandi corse. Prendiamo la Milano-Sanremo di quest’anno. Era convinto già dall’inverno che potesse fare bene. E con un pizzico di coraggio in più, un posizionamento migliore all’ingresso del Poggio e senza la caduta di Giacomo Nizzolo avrebbe potuto lottare tranquillamente per arrivare nei primi dieci.
Hai parlato di continuità: anche per questo lo state facendo correre così tanto?
Abbiamo inserito il Tour of the Alps per volontà sua. E quando un corridore inizia a conoscersi e si confronta con i tecnici e con i preparatori, nel limite delle possibilità è giusto assecondarlo. E poi tutto ciò è coerente con quello che noi abbiamo in mente per lui. Purtroppo abbiamo avuto, nel secondo giorno di gara, dei segnali dalla sua salute che non ci hanno convinto fino in fondo. Quindi abbiamo preferito non rischiare proprio perché abbiamo davanti 40 giorni importanti tra pre-Giro e Giro d’Italia.
A Fiera di Primiero Albanese (quasi un velocista) è arrivato a ruota di Bardet e Pello Bilbao. Segno che la gamba c’èA Fiera di Primiero Albanese (quasi un velocista) è arrivato a ruota di Bardet e Pello Bilbao. Segno che la gamba c’è
Hai parlato di Giro d’Italia. Dando uno sguardo alle tappe ce n’è qualcuna che secondo te potrebbe essere più adatta alle sue caratteristiche?
Allora, il punto è innanzitutto come correre. L’anno scorso noi della Eolo-Kometa abbiamo fatto il nostro primo Giro d’Italia, cercando di correre da protagonisti centrando la fuga. Quest’anno abbiamo una squadra più attrezzata ed è inevitabile che dobbiamo fare meglio.
E cosa vuol dire fare meglio?
Fare meglio vuol dire provare a fare una top ten nella generale con Lorenzo Fortunato. Per crescere ha bisogno di misurarsi con i migliori: lo sta già facendo ed è stato autore di un inizio di stagione convincente. Per Vincenzo, invece, ci sono almeno dieci tappe adatte. “Alba” è un atleta che ci può garantire il risultato e nel risultato metto anche la vittoria, sia con una fuga sia nel finale con i migliori.
Un corridore del genere però deve imparare a gestire la squadra. Ha nelle corde queste capacità?
Se in questi mesi ha acquisito sicurezze e il rispetto dei compagni, è perché ha dimostrato di andare forte. I compagni ti aiutano quando tu dimostri di avere le qualità per essere aiutato. Qualità sia umane che professionali. E poi abbiamo due uomini in squadra che sono maturi e hanno grande esperienza: Francesco Gavazzi e Diego Rosa. Loro ci mettono il mestiere, ma anche le gambe. Non fanno da chioccia. Ci aiutano in modo concreto. Aiutano i giovani ad andare in fuga, vanno in fuga con loro, aiutano a vincere. Ci provano loro stessi e indirettamente fanno lavorare i ragazzi… Questo è quello che stiamo vedendo con loro due e anche con Maestri.
Albanese durante un ritiro a Sierra Nevada. Dopo il ritiro al TOTA dovrebbe andare alla Vuelta a Asturias (foto Instagram)Albanese durante un ritiro a Sierra Nevada. Dopo il ritiro al TOTA dovrebbe andare alla Vuelta a Asturias (foto Instagram)
Tornando ad Albanese e alla sua crescita fisica e mentale, c’è stato un momento di questo inverno che ti ha colpito nella sua preparazione, nei suoi allenamenti?
Più che degli allenamenti, mi ha colpito un giorno una sua telefonata. Mi scrisse se mi poteva parlare. Nella telefonata successiva mi disse: «Guarda Ivan, io ho bisogno che tu mi aiuti a tirar fuori quello che io sento di avere, ma che non riesco fino in fondo. Non mi pesa allenarmi, non mi pesa fare attenzione al cibo, non mi pesa andare in ritiro, però c’è quel qualcosa di invisibile che non va». Ovviamente con tutti i collaboratori e lo staff della squadra abbiamo cercato di aiutarlo. Il fatto che sia lui il primo a voler cambiare marcia è un ottimo segnale. Sa che si è espresso al di sotto delle sue aspettative e ora non basta più.
Nessun limite?
Vincenzo Albanese è un corridore che può fare molto di più. Un corridore che ci potrà rappresentare quando ci saranno dei mondiali e degli europei da passisti veloci. E’ un corridore come Trentin, come Colbrelli, come Nizzolo, anche se lui è un po’ più veloce. Insomma, vale questi atleti.
Che cosa significa il ritiro di Tiberi al Tour of the Alps? Ne parliamo con il suo allenatore Michele Bartoli. Di salute non si parla, ma di cuore e gambe
Le riflessioni di Pidcock sulla sicurezza nelle crono ci hanno spinto a richiamare Malori. Quelle bici sono missili, ma una volta qualche rimedio c'era pure...