Caro Gavazzi, serve ancora il ruolo della chioccia?

08.03.2022
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Oggi i giovani, ma anche giovanissimi, corridori “sanno tutto” o così pensano. Di certo, su determinati argomenti, vedi alimentazione, utilizzo di certi strumenti, sono molto ferrati, ben più dei loro colleghi più esperti alla stessa età. Oggi fare la cosiddetta chioccia non è più facile per i veterani.

Ci si chiede perciò se questo ruolo possa essere ancora attuale. Uno dei più esperti in gruppo e per di più in una squadra, la Eolo-Kometa, dalla forte vocazione giovanile, è Francesco Gavazzi. Il lombardo va per i 38 anni (li farà ad agosto) ed è alla 16ª stagione da professionista. 

Un giovane Francesco Gavazzi tra Ballan (a sinistra) e Bruseghin (a destra), all’epoca due veterani vecchio stampo
Un giovane Francesco Gavazzi tra Ballan (a sinistra) e Bruseghin (a destra), all’epoca due veterani vecchio stampo
Francesco, tempo fa Ballan ci diceva che quando correva lui iniziavano ad arrivare in massa i potenziometri, che tutto era diverso. E che vede i ragazzini usare sin troppo bene questi strumenti…

Senza dubbio si nota una certa differenza di approccio. Io stesso negli anni all’Androni Giocattoli mi gestivo da solo. In Eolo-Kometa ho un preparatore, mi alleno solo con watt e tabelle. Tutto è scientifico.

Ballan parlava proprio dei primi preparatori moderni…

Ai tempi della Lampre si andava in ritiro a Donoratico, oggi chi andrebbe lì? Si andava da quelle parti perché a Castagneto Carducci c’era poi la prima corsa dell’anno, il Gp Donoratico appunto e io non ricordo se avessi i watt o meno, ma credo di no. Il preparatore c’era, ma non ti controllava in modo così preciso. Oggi sanno se hai fatto questo o quello. E non era scarsa professionalità, era semplicemente un modo diverso d’intendere il ciclismo.

E c’è un abisso?

Un cambio che rende i giovani già pronti a 20 anni. Noi avevamo tempi più lunghi per maturare. Oggi passano a 19-20 anni e sono pronti. Poi non so quanto faccia bene tutto ciò. Non so che carriera potranno avere. Magari a 30 anni sono ancora in attività, ma di testa? Di certo saranno più usurati. Io ne ho 37 e ho ancora voglia, non mi pesa fare il corridore. E’ un bello stress fare il corridore oggi tra preparazione, alimentazione…

In Spagna vicino a lui c’era Fortunato, ragazzo che sa ascoltare
In Spagna vicino a lui c’era Fortunato, ragazzo che sa ascoltare
E un Gavazzi della situazione può ancora dare consigli?

Secondo me, tutti gli estremi non vanno bene. Okay il potenziometro, ma le sensazioni restano importanti. Se devo fare quattro ore, mi sveglio e sono stanco, io faccio due ore tranquillo. Un ragazzo di oggi di certo quattro ne deve fare e quattro ne fa. E continua a stressare il suo fisico, col rischio di andare in overtraining. Vedo troppa matematica e poche sensazioni. Ci deve essere entusiasmo nel lavorare.

Bella la parola entusiasmo in questo contesto…

Noi vediamo i fenomeni oggi, Pogacar e pochissimi altri che possono fare imprese incredibili, però poi c’è il Van der Poel della situazione che al netto dei suoi problemi fisici poi sparisce. Alla fine il fisico ne paga le conseguenze, perché come dicevo si estremizza tutto.

Senza volerti dare del vecchio! Ma quando sei passato tu i potenziometri o certi metodi di allenamento non c’erano o stavano per arrivare come detto: ebbene, cosa potresti apportare in più ad un ragazzino di oggi che invece ci è cresciuto? Come si dice: un conto è imparare l’inglese da bambini e un conto è farlo a 30-40 anni…  

Ah, ah, ah… no, no sono vecchio! Ciclisticamente sono vecchio. Era un altro ciclismo. Quando ho iniziato nessuno metteva il casco in allenamento. Oggi senza casco non riuscirei ad uscire in bici. Già dieci anni fa le tattiche erano diverse, tutto si è stravolto. Però credo anche che l’esperienza conti ancora. 

In cosa?

Con l’esperienza sopperisci a quel che ti manca fisicamente. Capisci quando proprio non puoi mollare altrimenti è finita. E quando invece sai che puoi rilassarti un attimo perché in gruppo non succede niente. Oggi conta ancora di più forse l’esperienza. Oggi la bagarre scoppia spesso a metà corsa e magari vanno più forte lì che nel finale. La gestione in gara è importante dunque: come alimentarsi, come vestirsi…

Come vestirsi?

L’anno scorso nella tappa di Cortina che fu accorciata per neve, un mio compagno aveva la mantellina aperta in salita. Gli dissi di chiuderla, perché se si fosse congelato dopo 30 chilometri poi non si sarebbe più ripreso. Mi ha ascoltato.

Gavazzi è spesso il road capitan della Eolo. Eccolo alla radio
Gavazzi è spesso il road capitan della Eolo. Eccolo alla radio
Cosa ti capita di dire a questi ragazzi?

Spesso gli dico di mangiare quando si va molto piano all’inizio, perché poi anche se non ti viene fame la tappa “diventa più lunga” – Gavazzi fa una breve pausa – Poi vedo che tanti ex sono adesso dei direttori sportivi. Gaspa e Kreuziger mi hanno dato una bella mazzata!

E tu? Fino a quando vai avanti?

Vorrei non pensarci fino al Giro d’Italia, poi vedrò. Già due anni fa, a dicembre 2019, dissi di smettere. Non vorrei passare per quello che dice basta e poi continua.

Torniamo a noi. Cosa ti chiedono invece loro? Nella società di oggi spesso i ragazzi sono “sbruffoni”, pensano di sapere tutto. Ed è un discorso che non riguarda solo il ciclismo.

Devo dire che i miei giovani compagni sono tranquilli, educati ed umili. Più che altro in gruppo, quando poi ci sono tante continental (che ancora non ho capito se sono pro’ o dilettanti), c’è poco rispetto. Mi sembra lo scriveste voi parlando con Sagan. Anche Peter disse che c’era poco rispetto in gruppo. E ha ragione. Molti sono strafottenti.

Ma cosa significa poco rispetto in gruppo?

Che dopo cinque chilometri di gara c’è gente che lima come se si fosse all’arrivo. Quando vai dietro tra le ammiraglie li vedi a destra, a sinistra tra le macchine. E un po’ troppo un “morte tua, vita mia”. E non è bello. Io quando vedo un ostacolo lo segnalo. Una macchina al lato non la scarto all’ultimo istante. Sono quelle regole non scritte. Oggi gente di 19-20 anni fa delle corse importanti. Corse che si facevano a 23-24 anni e forse non hanno quella base d’insegnamento. Ci arrivavano con più esperienza.

«Però così mi sento il vecchio del gruppo – conclude scherzando Gavazzi – magari fra 10-15 anni quelli di adesso diranno le stesse cose».