Tema sicurezza al TotA, attenzione e sopralluoghi

23.04.2024
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SCHWAZ (Austria) – Maurizio Evangelista, general manager del Tour of the Alps ci accoglie nel head quarter dell’organizzazione. Per lui abbiamo domande che in questo periodo fioriscono in ogni dibattito e tornano alla ribalta dopo ogni caduta. Il tema della sicurezza qui al TotA è molto serio e gode di standard attuativi molto alti. Non a caso questa corsa ha dimostrato di essere ben voluta anche per questo aspetto da parte dei corridori. 

«Ci mettiamo tanto impegno – afferma Evangelista – questo è un evento che è cresciuto in maniera importante e che, a mio modo di vedere, ha raggiunto una dimensione che in questo momento nel panorama del ciclismo italiano è un po’ un’anomalia. La filosofia organizzativa è quella di un gruppo assolutamente professionale, anche se non composto solo da persone che fanno questo per mestiere, ma anche tanti volontari. Quello che però accomuna tutte queste persone è che lo fanno per passione. Non lavoriamo con i paraocchi tra i vari comparti, ma c’è una coesione vera e propria e questo ci dà un’anima riconoscibile anche da fuori. Il prodotto cresce, il consenso cresce, l’attenzione cresce, la visibilità anche e quindi evidentemente significa che stiamo lavorando bene».

Una giornata difficile in questo Tour of the Alps con tanto freddo e pioggia
Una giornata difficile in questo Tour of the Alps con tanto freddo e pioggia
Questo aspetto infatti si ripercuote anche sulla sicurezza, come gestite questo aspetto dell’evento?

Abbiamo cominciato per primi, invece di chiacchierare e basta, a fare qualcosa di concreto. Lo abbiamo fatto con un’idea nostra che può essere più o meno condivisibile, ma che è l’elemento cardine di tutto il lavoro che facciamo. E’ inutile, a mio modo, fare quello che si vede in alcune grandi manifestazioni dove ci sono gli avvisi luminosi, sirene, che servono a ben poco. I corridori oggi performano in una maniera che li espone molto di più al pericolo. Primo, perché loro vanno molto più forte. Secondo, perché non ci sono più le strade di una volta. Il terzo elemento è che il corridore ha tante sollecitazioni che provengono dalle strumentazioni, dalla bicicletta, da quello che gli dicono alla radiolina. Lui non è in grado di percepire il pericolo a meno che tu non gli dia gli strumenti base per farlo, su tutti la conoscenza. E questo non lo fa nessuno (Maurizio ci mostra il manuale della sicurezza del TotA 2024, ndr).

Come segnalate i pericoli ai corridori?

Noi predisponiamo il percorso di tutta una serie di strumenti di preavviso. Per fare un esempio i banner che ultimamente abbiamo fatto per segnalare le curve servono per richiamare visivamente l’attenzione. Non risolvono tutti i problemi, però se l’atleta alza la testa e li vede, sono un input in più. Un’altra cosa fondamentale è la protezione dell’ostacolo. Noi partiamo dal presupposto che non possiamo pretendere che questi atleti andando così forte, tra l’altro spesso distratti, pedalino a rischio zero. Facciamo in modo che se avviene l’impatto sia meno dannoso possibile. E’ questa la differenza nel concetto di sicurezza, la cura dei dettagli. Quindi quello che mettiamo sui guardrail, le coperture che mettiamo su determinati tombini, sui dislivelli, sulle ringhiere, su delle sporgenze, sono tutte attenzioni importanti. I corridori se ne accorgono di tutto questo e sanno che quando vengono qua, c’è un certo tipo di attenzione.

Evangelista, qui con Antonio Tiberi, coordina ogni movimento al TotA
Evangelista, qui con Antonio Tiberi, coordina ogni movimento al TotA
In questo modo abbassate notevolmente i rischi…

Non c’è la matematica certezza che tutto andrà bene. Noi stessi possiamo fare degli errori, però c’è un tipo di impegno, di applicazione, di investimento di risorse umane piuttosto importante e tutto questo cerchiamo di farlo anche in condizioni di salvaguardia del codice della strada. L’installazione avviene a traffico chiuso. E questa è una cosa che tu puoi fare in quella mezz’ora che intercorre da quando chiude il traffico a quando passano i corridori. Si può immaginare che l’impegno non sia da poco. C’è una squadra che anticipa il gruppo fa questo lavoro e poi c’è una dietro che toglie.

Veniamo dalla polemica che è esplosa dopo il giro dei Paesi Baschi. Sul tema sicurezza si sta dibattendo molto. Qual’è il tuo pensiero in merito? E’ giusto mettere sul patibolo gli organizzatori ogni volta che c’è una caduta?

Ogni organizzatore vorrebbe che non succedesse, può succedere e l’onestà intellettuale è quella di saper valutare quanto di quell’accadimento c’è di tuo. Per esempio Pickering l’altro giorno è andato giù dal dirupo. Il corridore lì ha perso completamente la traiettoria. Per me lui si è deconcentrato, perché non c’era logica che quella curva lo potesse portare così fuori… Dicendo così io non mi lavo le mani. Ma siamo consci che quel tratto è stato messo in sicurezza e valutato al meglio. Certo però che il caso dei Paesi Baschi al di là dell’importanza di quelli che ci sono finiti per terra, che ovviamente ha amplificato notevolmente la questione, sta nel fatto che quel sasso stava là. Sono particolari di cui accorgersi, come anche che ci fosse quello scolo dell’acqua. Dirò di più da quanto ho capito, il vero problema era che sotto l’asfalto c’erano delle radici per cui l’asfalto era irregolare. La vera domanda è con che accuratezza vengono valutati questi dettagli?

Voi quanti sopralluoghi fate per evitare questo tipo di insidie?

Ne facciamo cinque, dilazionati nel tempo perché ovviamente ci sono fattori che possono mutare. Ci può essere stata una frana o lavori che sono stati aperti. Spesso, dopo che abbiamo fatto le richieste di autorizzazione, ci segnalano che su una strada c’è un cantiere. Oppure succede qualche volta che non ce lo segnalino e siamo noi che ce ne dobbiamo accorgere. Infatti, non è un caso che il nostro ultimo sopralluogo avvenga 7-8 giorni prima della manifestazione. Non dico che il nostro staff tecnico sia immune da errori o che noi abbiamo la sicurezza al 100 per cento, però quello che posso garantire è che il nostro staff tecnico conosce i percorsi che facciamo palmo a palmo. 

Può influire il fatto che il Trentino, il Tirolo, ha comunque uno standard di infrastrutture molto buono, cioè le strade sono asfaltate in modo spesso impeccabile…

Beh questo è un punto di vantaggio. Noi non disconosciamo mai il fatto che viviamo in una situazione privilegiata. Abbiamo dei luoghi bellissimi, questo ti aiuta già anche come prodotto televisivo. Le strade ci agevolano perché c’è un livello anche di manutenzione che è molto alto.

Si parla molto di iniziative per aumentare questa sicurezza: safety car, neutralizzazione di certi segmenti… Secondo te sono modalità che stridono con il ciclismo che conosciamo?

Tutti devono far vedere che si spendono, che trovano la soluzione a tutto. Tanti discorsi franano davanti a certi banali ostacoli che non sono né protetti né presidiati. Mi viene il dubbio che certi propositi rimangano solo propositi. Ogni idea è sicuramente da rispettare e da considerare. Io personalmente vedo con perplessità gli sport che non si sanno rimettere in discussione. Se c’è questo pericolo e questo pericolo c’è, se oggi i corridori vanno a velocità e con prestazioni totalmente diverse del passato è qualcosa su cui bisogna lavorare, però non si può snaturare uno sport. Non possiamo correre la Parigi-Roubaix sulla moquette, la discesa del Poggio rimane la discesa del Poggio con le sue insidie. Ogni iniziativa è meritevole d’attenzione, ma bisogna evitare di esagerare. Ci sono dei problemi più banali che però possono fare molto più male e questo è l’aspetto che a me lascia un pochino perplesso.