Lamon, la medaglia e un pezzo di pista per ricordare

19.08.2021
6 min
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Lamon era uscito dalla qualifica del quartetto con l’umore un po’ così, semplicemente non si era piaciuto. Oltre al fatto di essersi staccato ai meno due giri, gli era sembrato di non aver tirato tanto a lungo, costringendo gli altri a esporsi e spendere di più. Per questo la sera li aveva riuniti, dicendo che d’ora in avanti la sua seconda tirata sarebbe stata più lunga. Poi, rivolgendosi a Consonni e al presidente Dagnoni che quella sera era con loro, aveva concluso dicendo che sarebbero andati di certo nella finale per giocarsi la medaglia d’oro.

Sta per partire la finale olimpica, Ultimi consigli di Villa a Lamon mentre viene sistemato il blocco
Sta per partire la finale olimpica, Ultimi consigli di Villa a Lamon mentre viene sistemato il blocco

Medaglia da curare

«La medaglia resta con me – dice – non c’è da discuterne. La guardo spesso. Di tanto in tanto le passo davanti e butto lo sguardo per controllare che sia tutto a posto. L’altra notte, adesso vi faccio un po’ ridere, mi sono svegliato di soprassalto. Ho sognato che di colpo il nastro si era tutto scolorito. Questa cosa di essere campione olimpico è davvero troppo grande da vivere, un’emozione che faccio fatica a gestire. Sul momento in Giappone, non sono riuscito a dormire. La prima notte due ore, la seconda forse tre. Ho ricordato quando guardavo Elia (viviani, ndr) dopo l’oro di Rio e mi chiedevo che cosa pensasse. Faccio fatica a pensare di aver raggiunto lo stesso traguardo.

«L’ultimo giorno mi è venuto un piccolo magone. Eravamo in pista, i meccanici sistemavano i cartoni e siamo andati sotto la curva a farci la foto con i 5 cerchi. Così sono andato a prendermi un pezzetto di nastro dalla riga della partenza e l’ho messo nella cover del telefono per avere un pezzo di Tokyo per sempre con me».

A Montichiari con Viviani nei mesi che hanno condotto a Tokyo. Il veronese è sempre stato uno stimolo per Lamon
A Montichiari con Viviani nei mesi che hanno condotto a Tokyo. Il veronese è sempre stato uno stimolo per Lamon

“Fiamme”, 10.000 grazie

Francesco Lamon, miranese classe 1994 detto “Lemon”, nel quartetto che ha vinto l’oro olimpico di Tokyo è l’unico a non fare il ciclista professionista WorldTour. Per carità, niente di strano: anche nei quartetti avversari c’erano pistard puri che non sapranno mai cosa sia un Tour de France, ma nell’immaginario collettivo si tende a pensare che per questo si abbia qualcosa in meno.

«Ma non è mica vero – ride col buon umore di chi ultimamente vede soltanto il sole – per il tipo di prestazione che devo fare, per lo sforzo di 4 chilometri, fare tante corse a tappe non serve. Soprattutto a ridosso dell’evento, per un fatto di recupero. Villa l’ha capito e nell’avvicinamento mi ha permesso di non correre in Sardegna, ma di continuare a lavorare in velodromo. La mia scelta di entrare nelle Fiamme Azzurre la rifarei diecimila volte e anzi li ringrazio. Dal 2018 mi sono stati sempre vicini e un pezzo della mia medaglia è sicuramente anche loro».

Scartezzini è suo amico, anche lui nelle Fiamme Azzurre e compagno di madison da anni: qui nel 2018, tricolori al Vigorelli
Scartezzini è suo amico, anche lui nelle Fiamme Azzurre e compagno di madison da anni: qui nel 2018, tricolori al Vigorelli

Danesi spacciati

E allora torniamo ai giorni giapponesi, con le parole del primo uomo del quartetto: quello che Consonni ha definito un metronomo, colui dal cui lancio dipende una bella fetta dell’esito dell’inseguimento.

«Siamo partiti tranquilli – dice – con il nervosismo per me soltanto in qualificazione, perché non si sapeva nulla del livello degli avversari. Passato quel turno e passata la semifinale, che comunque era un dentro-fuori, alla finale ci siamo arrivati come in un gioco. Il fatto di aver allungato la mia seconda tirata ha cambiato l’impostazione del quartetto, ma non abbiamo dovuto parlare. Eravamo in finale. Non avevamo niente da perdere e i danesi di sicuro pensavano di vincere. Non sapevano che la medaglia ce l’avevamo addosso noi».

L’Italia fu ripescata a Rio per l’esclusione della Russia e arrivò a un passo dalla finale per la medaglia di bronzo
L’Italia fu ripescata a Rio per l’esclusione della Russia e arrivò a un passo dalla finale per la medaglia di bronzo

Tirate lunghe

Ma la partenza resta un momento delicato e questo suo ruolo così prezioso nasce da lontano, da quando Villa, visto che andava così bene nel chilometro, gli propose di lanciare il quartetto dopo anni in cui i ruoli non erano così precisi. Due giri subito, poi la seconda tirata. Lamon aveva provato e il ruolo gli si era cucito addosso come un abito su misura.

«Siamo partiti forte – ricorda – loro non se lo aspettavano. Il nostro obiettivo era portare Ganna alla fine senza che soffrisse la fase di lancio, per cui c’era da dosare le forze in partenza. Quando ci hanno visto davanti, di sicuro hanno preso paura e hanno aumentato. Non so se per questo hanno pagato nel finale, so che in quei miei giri e quando poi ho fatto la seconda tirata più lunga, ho ripensato a tutto il lavoro fatto, alle difficoltà e all’impegno messo nei mesi per dare sicurezza a Villa e ai compagni».

Marco Villa, Francesco Lamon
Europei di Plovdiv 2020, il quartetto azzurro decimato dal Covid. Lamon c’è e alla fine arriva l’argento dietro alla Russia
Marco Villa, Francesco Lamon
Europei di Plovdiv 2020, il quartetto azzurro decimato dal Covid. Lamon c’è e alla fine arriva l’argento dietro alla Russia

Un pacco di Red Bull

La gara è diventata un intreccio di storie personali, di amicizie che hanno reso questo quartetto così unico e inclusivo. Come quando videro per la prima volta Jonathan Milan o quando col magone addosso hanno saputo che Scartezzini sarebbe rimasto a casa.

«Siamo fratelli – conferma – da Scartezzini a Bertazzo e poi noi quattro. Viviani è il fratello maggiore e Villa nostro padre. Ci siamo ritrovati in stanza con Elia, Consonni, Ganna ed io e non mi sono mai divertito tanto. Facevamo scherzi a Elia e lui stava al gioco. Abbiamo ordinato su Amazon la San Pellegrino e anche la Red Bull, per ricreare il clima che abbiamo di solito nei ritiri in Italia. Per Villa è stato tanto difficile scegliere, ma quando hai questi problemi, vuol dire che hai tanti corridori ed è un bene. Con Michele (Scartezzini, ndr) che è rimasto a casa ho un rapporto speciale, abbiamo condiviso la scelta delle Fiamme Azzurre, ci sentiamo quasi tutti i giorni, ci siamo sentiti anche da Tokyo. Mi è dispiaciuto che non ci fosse. Per l’impegno che abbiamo messo, meritavano tutti di esserci e vivere quei giorni irripetibili».

Dopo i primi giorni a casa, finalmente un po’ di tempo con Sara (foto Instagram)
Dopo i primi giorni a casa, finalmente un po’ di tempo con Sara (foto Instagram)

Si ricomincia

A fronte di altri olimpionici che sono spariti dai campi di gara, risucchiati dai salotti e dai riflettori, il ciclista non ha diritto, tempo e forse voglia di mollare. Così i nostri sono tutti sulle loro bici a colmare le differenze che le varie preparazioni specifiche hanno indotto rispetto all’attività su strada.

«Feste ancora niente – ammette Lemon – sono stato a casa per cinque giorni cercando di capire dove fossi e facendo le solite visite parenti. La famiglia è stata importante. Poi sono andato assieme a Sara (la sua compagna ndr), che ha fatto i miei stessi sacrifici, a far visita a mia sorella che vive a Malaga, in Spagna. Per le feste ci sarà giustamente tempo il prossimo inverno, ora c’è da rimettersi sotto pensando ai campionati italiani su pista di fine settembre, poi gli europei e i mondiali. Mi ricollego a quanto ho detto su Elia. Per me era uno stimolo pazzesco avere un campione olimpico che si allenava con noi a Montichiari, perciò spero che per i giovani azzurri sia lo stesso quando ci ritroveremo a girare».

Bastianelli a 360 gradi, dalla tavola alle scelte più importanti

18.08.2021
5 min
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Il punto della situazione, pedalando a ritmo blando verso casa, prendendosi il tempo per pensare e fare le scelte giuste. Marta Bastianelli è rientrata da Tokyo e ha trovato il modo per vincere alla vigilia di Ferragosto nella Perigord Ladies battendo in volata Erica Magnaldi e arrivare seconda l’indomani a La Picto Charenteise, battuta dalla polacca Lach, che si chiama ugualmente Marta.

Tokyo finalmente

Le tanto attese e desiderate Olimpiadi si sono risolte in una faticaccia in quel caldo umido e pazzesco. E visto che l’obiettivo era tornare a casa almeno con una medaglia, le azzurre si sono rimboccate le maniche lavorando per il bronzo di Elisa Longo Borghini.

«E’ stata un’esperienza particolare – racconta Bastianelli – resa particolare, come vi ha raccontato Elisa Longo Borghini, dalle tante restrizioni. Per fortuna almeno noi abbiamo avuto il pubblico. La gente non ha resistito ed è scesa in strada. Il percorso era impegnativo, ma io ho pagato soprattutto il caldo e l’umidità e nel finale mi sono spenta».

A Tokyo ha corso al 44° posto, lavorando finché ha potuto per il bronzo di Longo Borghini. Le scelte di Salvoldi hanno creato discussioni
A Tokyo ha corso al 44° posto, lavorando finché ha potuto per il bronzo di Longo Borghini

Scelte importanti

Se hai vinto un campionato del mondo e un europeo e grandi classiche come quelle che impreziosiscono la bacheca della laziale che vive in Abruzzo, perché le Olimpiadi dovrebbero colpirti? Che cosa le rende così uniche?

«E’ il senso di far parte di qualcosa di molto esclusivo – prosegue Marta – vedere così poche atlete raccolte nella stessa gara. A volte mi giravo e scoprivo di essere in coda al gruppo, poi guardavo davanti ed erano poche anche davanti. Eravamo 60 in tutto. Ho sempre detto che mi mancava un’esperienza così e sono contenta di averla vissuta. Sono in una fase decisionale importante, sto pensando se continuare o no. Penso al futuro, alla famiglia, al lavoro nelle Fiamme Azzurre, a Clarissa che vorrebbe un fratellino. Il contratto scade, ma ci sono richieste. Non vi nascondo che mi piacerebbe arrivare bene al finale per fare un bel mondiale. Ma se decidessi di continuare, vorrei firmare prima».

Per chi corre nei corpi militari (da sinistra Paternoster, Cecchini, Frapporti, Bastianelli, Lamon e Guderzo) le Olimpiadi sono il vero focus
Per chi corre nei corpi militari (da sinistra Paternoster, Cecchini, Frapporti, Bastianelli, Lamon e Guderzo) le Olimpiadi sono il vero focus

Svolta Lombardi

Il cambio di passo che le ha permesso di vincere due corse e correre un discreto Giro d’Italia (tre piazzamenti fra i primi 5) c’è stato a tavola, grazie allo zampino di una nostra conoscenza: Erica Lombardi, dietista dell’Astana , uno fra i nostri punti di riferimento per ciò che concerne la nutrizione.

«Erica mi segue da metà stagione – spiega Marta – e si è rivelata un supporto pazzesco e una grande persona. Mi ha dato buoni consigli che non credevo sarebbero stati utili alla mia età e con un fisico come il mio, segnato da vari incidenti e dalla gravidanza. Nessuna ricetta segreta, semplicemente l’accortezza di mettere insieme dei cibi piuttosto di altri, facendo in modo di mantenere sempre l’abbinamento fra carboidrati, proteine e verdure. Eliminando il glutine e il lattosio che mi gonfia. Mi sta insegnando a mettere insieme cibi sani anche in gara».

Agli europei 2020 di Plouay, assieme alla Guderzo, ha lavorato per Longo Borghini, poi arrivata seconda
Agli europei 2020 di Plouay, assieme alla Guderzo, ha lavorato per Longo Borghini, poi arrivata seconda

Età e peso

A ben vedere il passare del tempo e il tema del peso, che si fa fatica ad affrontare parlando con una donna (per fortuna Marta è la prima a scherzarci sopra, facendo battute), è causa di mutamenti che incidono direttamente sul recupero e la stessa capacità di prestazione.

«C’è poco da nascondere – ammette – il fisico cambia a livello di consumo energetico, qualcosa che bisogna saper gestire, stando attendi a tutto. I suggerimenti di Erica aiutano anche a tenere sott’occhio il peso, che ha riflessi diretti sulla prestazione. E’ qualcosa che nel ciclismo femminile incide forse più che tre gli uomini. In poco tempo sono scesa di peso e me ne sono accorta anche in bicicletta. Poi non chiedetemi di pesare quel che mangio a ogni pasto, perché semplicemente seguo la mia linea senza stress. Una volta che sei nel meccanismo giusto e conosci sai fare le scelte giuste, riesci anche a tenere d’occhio la tavola e il peso».

Fiandre 2019, vince una volata imperiosa con la maglia di campionessa europea, piegando Annemiek Van Vleuten
Fiandre 2019, vince una volata imperiosa con la maglia di campionessa europea, piegando Annemiek Van Vleuten

Mondiali vs europei

Forte di questa nuova linea di condotta, Bastianelli sta riprendendo il ritmo e fa rotta verso il finale di stagione, che la stuzzica soprattutto per il mondiale belga.

«Correrò in Olanda al Boels – dice – poi alla Vuelta e non nascondo che mi piacerebbe preparare il mondiale, facendo un passo indietro per gli europei, dove si potrebbe lasciare posto a qualche ragazza più giovane. Non ho ancora parlato con Salvoldi dei prossimi impegni, ma certo a Trento ci saranno anche le gare under 23, per cui le giovani migliori è probabile che corrano fra le pari età. Che dire? Avrà di nuovo le sue scelte da fare. E noi si lavora sodo, un passo per volta. E poi staremo a vedere…».

Consonni 2 / Il blackout della madison e il rinnovo Cofidis

18.08.2021
4 min
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Consonni si schiarisce la voce. I giorni dell’oro gli resteranno dentro per tutta la vita, mentre ora gli toccherà trovare il modo per lavare l’affanno della madison finita male. Se il secondo posto ai mondiali U23 di Richmond ha avuto bisogno di un oro olimpico per finire alle spalle, immaginiamo quanto a lungo ancora Simone continuerà a rimuginare sul passaggio a vuoto finale.

Può essere stato un calo di tensione?

Non credo. Le prime ore dopo l’oro sono state bellissime, però ero già concentrato sul fatto che la mia Olimpiade sarebbe finita due giorni dopo e non vi nego che è stato è stato brutto chiuderla così. Ci tenevo perché avevo lavorato tanto. Col mio preparatore avevamo deciso di non fare corse su strada, tipo il Sardegna, e di stare invece per 8 giorni sullo Stelvio. Da solo. Ho fatto lavori di 50 minuti-un’ora in previsione della madison, con variazioni dai piedi dello Stelvio fino in cima. Ci credevo, perché è una disciplina che mi piace e poi con Elia volevo veramente finire questi due anni con una medaglia olimpica.

Invece?

Non so se è stato un fatto inconscio, ma purtroppo il mio fisico quel giorno era zero, come fossi un’altra persona. L’ho sentito appena siamo saliti in pista. Avevo fatto un po’ di risveglio muscolare di mattina, con sensazioni ottime. Ero sereno, mentre prima dei quartetti comunque c’era tensione. Eravamo tranquillissimi perché la nostra Olimpiade comunque era stata ottima, però purtroppo il ciclismo è così. Sta di fatto che ieri in bici ho pensato più alla madison che al quartetto. Quando qualcosa non va, ci penso e cerco di capire dove ho sbagliato. Sono molto severo con me stesso e quindi cerco di capire per la prossima volta.

Simone Consonni, Elia Viviani, Tour Down Under 2020
Consonni è arrivato alla Cofidis nel 2020 con Viviani campione d’Europa
Simone Consonni, Elia Viviani, Tour Down Under 2020
Consonni è arrivato alla Cofidis nel 2020 con Viviani campione d’Europa
Prima di rinnovare con Cofidis, hai sentito Elia?

E’ stata la prima cosa. Mi sono subito trovato bene in questa squadra. Non mi hanno mai fatto mancare niente e mi hanno permesso di concentrarmi sulla pista senza alcun cambiamento di programma. Con Elia ci siamo detti la verità. Gli ho parlato dell’offerta, ma lui non sapeva ancora cosa avrebbe fatto. Mi ha consigliato di firmare se me la sentivo e la proposta era buona. Se lui fosse rimasto, ci saremmo organizzati. Se lui fosse andato via, fra noi non sarebbe cambiato nulla. Se sono in questa squadra e ho fatto questi due anni, con un terzo al Tour e un secondo al Giro, lo devo soprattutto a lui, perché sennò la Cofidis non ci sarebbe stata nella mia carriera. 

Sei riuscito a tirare un po’ il fiato?

Mi sono riposato per 13 ore sul volo di ritorno. Sono rimasto per due giorni a casa, dove mi hanno fatto la festa i miei familiari e gli amici del club. Poi ho fatto un weekend a Jesolo con Alice (Alice Algisi, la sua compagna, ndr), ma con la bici al seguito. Ho iniziato lì a fare un po’ di ore. Ne ho fatte 3-4-4 in tre giorni, poi li raggiungevo in spiaggia e praticamente dormivo tutti i pomeriggi sotto l’ombrellone perché ero finito. Però Alice se li meritava questi tre giorni di relax, visto che anche lei è stata veramente presa dalla preparazione olimpica. Penso che abbia sofferto più lei di me. Durante i ritiri è rimasta a casa spesso da sola e quando avevo qualche problema, lei è stata la mia spugna e ha dovuto tamponarli.

Simone Consonni, compagna Alice, Monselice, Giro d'Italia 2020
Simone Consonni con la compagna Alice al traguardo di Monselice al Giro del 2020
Simone Consonni, compagna Alice, Monselice, Giro d'Italia 2020
Simone Consonni con la compagna Alice al traguardo di Monselice al Giro del 2020
Elia Viviani fu la tua ispirazione, ci pensi che il tuo oro potrebbe ispirare un ragazzino a sognare quel podio?

Stamattina mi è uscito un repost della storia di Elia quando vinse l’oro a Rio. L’ho sempre visto come un idolo, io che non ho mai avuto un idolo da piccolo perché non guardavo le corse. Ricordo ancora la prima volta che l’ho visto al campionato europeo di Anadia in Portogallo, io junior e lui U23. Aveva vinto lo scratch e parlava della doppia attività strada-pista. L’ho sempre visto come una persona da cui imparare ed è bello pensare che oggi potrebbe esserci un ragazzino che guarda me allo stesso modo. I giovani stanno crescendo, ci sono tanti ragazzini e magari per le Olimpiadi di Parigi fra tre anni, invece di dover scegliere fra 9, Villa dovrà farlo tra 15. E quindi un’altra pacca sulla spalla non gliela toglierà nessuno

Simone Consonni e Filippo Ganna, due artefici dello storico oro azzurro nel quartetto a suon di record del mondo

Consonni 1 / La lunga rincorsa e quell’urlo a 220 battiti

18.08.2021
7 min
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Ti immagini quando alla partenza della corsa in Belgio, fra due giorni, inizieranno a chiamarti Champion Olympique? Consonni fa una pausa e sorride, le tante attenzioni continuano a sembrargli strane. Sono passate due settimane dall’oro nel quartetto di Tokyo e quel suo urlo liberatorio. Il bergamasco rientrerà in gruppo il 20 agosto al Gp Marcel Kint che parte da Kortrijk, nella culla del ciclismo fiammingo. Da lì correrà il Tour Poitou Charentes e poi dritto fino al Gp Plouay. Dieci giorni, scherza, per togliere la ruggine dalla bici da strada. Ieri si è allenato per sei ore, prima e unica distanza prima del debutto. Ma il nastro riavvolto è fermo alla metà di febbraio, quando il ginocchio faceva male e non si sapeva quando avrebbe iniziato a correre.

Avresti mai detto che di lì a sei mesi saresti stato campione olimpico nel quartetto?

Vi dico la verità, un po’ di paura c’è stata. Il ginocchio è stato il mio secondo stop, perché a gennaio già c’era stato il covid. E quindi magari i primi 15-20 giorni di stop ci possono stare, però poi quando vedi che la sfortuna si accanisce, dici: «Porco cane, ma proprio durante l’anno olimpico?». Però fortunatamente a casa c’è chi è riuscito a tranquillizzarmi, quindi alla fine l’ho vissuta bene e sono riuscito a ripartire. 

Metà di febbraio, il quartetto gira, Consonni è al palo per il ginocchio. Con Compri e Morini si parla di esercizi tonificanti
Metà di febbraio, il quartetto gira, Consonni è al palo per il ginocchio. Con Compri e Morini si parla di esercizi tonificanti
Bene, insomma…

La prima corsa l’ho fatta a marzo perché mancava un corridore per il Gp Monseré e mi hanno steso (ride, ndr). Praticamente mi sono trovato senza la sensibilità nel braccio destro e ho pensato ci fosse una maledizione. Un altro mese fermo ai box prima del Giro sarebbe stato una mazzata, invece non c’era niente di rotto e con un po’ di fortuna sono ripartito con la tranquillità della Cofidis che, pur non avendo corso da inizio anno, non ha cambiato il mio programma. Per cui Giro d’Italia, per poi staccare e pensare completamente alle Olimpiadi. Con due mesi abbondanti e fatti bene dopo il Giro, sapevo che a Tokyo ci sarei arrivato nel modo giusto.

Però a ben guardare eri spesso anche in pista…

Tutto l’anno cerco di fare lavori per strada e pista, lavori di cadenza o partenze da fermo. Magari l’anno prossimo, ora che le Olimpiadi sono alle spalle, mi piacerebbe focalizzarmi per cercare di dare belle soddisfazioni alla squadra, visto che comunque non è da tutti lasciare due corridori lontani dalle corse per tre mesi. E vedendo come ha reagito il fisico di Elia dopo Rio, direi che le prospettive dopo l’impressionante blocco di specifico che abbiamo fatto sono incoraggianti. Spero di essere bravo a gestire bene il rientro su strada, perché le corse si decidono dopo 150-180-200 chilometri e ieri la sesta ora l’ho proprio sentita

Villa ha sofferto nel fare le scelte, sapeva di avere un gruppo formidabile
Villa ha sofferto nel fare le scelte, sapeva di avere un gruppo formidabile
Dai, parliamo di cose belle. Come è stato a Tokyo?

E’ stato bello, perché siamo andati giù consapevoli di quello che abbiamo fatto, del lavoro, dei dettagli, dell’impegno che ci abbiamo messo in questi 5 anni. Il nostro gruppo parte da lontano ed è stata la trasferta in cui mi sono divertito di più, pur essendo professionale al 100 per cento. Il salto di qualità lo fai così. Sono ragazzi con cui vado anche in vacanza e quindi sapevo che sarebbe stata una bella avventura e non poteva finire meglio. Sembrava proprio scritto, mi sentivo in un film. Dopo anni di delusioni e semifinali perse per meno di 1/10 e le Olimpiadi di Rio arrivate in modo rocambolesco e finite a pochi centesimi dalla finale per il bronzo, l’oro di Tokyo era l’unico finale possibile.

La fase delle selezioni è stata pesante anche per voi che partivate?

Dico la verità, sono stati i giorni più duri da quando ho iniziato la preparazione, perché comunque si sapeva che lasciavamo in Italia non solo Scartezzini, ma tutti quelli che hanno collaborato con noi, a Montichiari e Livigno, il pesonale, lo staff. E’ stato come dividere un gruppo solido e penso che quello che ha sofferto di più, quello che vedevo veramente col cuore distrutto, è stato Marco (Villa, ndr). L’ultimo giorno gli sono andato vicino, gli ho dato una pacca sulla spalla e gli ho detto in bocca al lupo. Quasi non trovava le parole per rispondere. 

La fatica finale per passare allineati a Ganna è stata enorme per Simone e per Milan
La fatica finale per passare allineati a Ganna è stata enorme per Simone e per Milan
Potevamo anche non vincere?

Prima di partire ho detto: «Ragazzi, possiamo vincere come possiamo fare quinti». La Danimarca si sapeva che andava forte. La Nuova Zelanda ci ha fatto penare fino all’ultimo. L’Inghilterra con il suo kit olimpico, fra bici e body, va fortissimo. L’Australia ha una storia… Eravamo 5 nazioni pronte per qualsiasi gradino del podio.

Tensione a mille?

Le sensazioni e il feeling con la pista sono state subito buone e poi c’era feeling tra di noi. Personalmente ho sofferto tanto di più la semifinale, perché era una prova da medaglia. Superarla voleva dire salire sul podio olimpico. Quello che ho sempre sognato da quando ho iniziato a fare quartetti.

Nessun tremore prima della finale?

Siamo partiti quasi sicuri di battere la Danimarca. Non so come dire, non ci siamo neanche parlati e non mi sono reso conto di niente. E’ stato un “all in” dal primo giro all’ultimo. Sinceramente non ho mai visto come fossimo messi. Mi è scappato l’occhio a metà prova ed eravamo a decimi. L’unica cosa che mi ricordo, è stato quando ho alzato lo sguardo alla fine e sul tabellone c’era scritto Italy e World Record. E quindi ho capito che doveva essere successo qualcosa di bello.

L’urlo con il cuore già a 220 battiti con cui Consonni ha scaricato la tensione
L’urlo con il cuore già a 220 battiti con cui Consonni ha scaricato la tensione
Miracolo Ganna?

Ci stava che Pippo potesse fare quel finale da urlo. Sappiamo che se lo lasciamo a tre giri, ci porta all’arrivo. Se lo lasciamo a quattro, ci porta all’arrivo. Se lo lasciamo a due, ci porta arrivo. Sapevamo però che, come in tutte le altre prove, era importante la partenza. Deve essere forte e non bisogna farla soffrire proprio a Ganna. Lamon è stato preciso, un vero metronomo. Si è inventato una partenza un po’ più brillante. Era l’ultimo quartetto, dentro o fuori. Si parte a tutta e si arriva a tutta. Pochi calcoli, neanche noi pensavamo di partire così forte, però niente di studiato molto a tavolino.

E poi?

Abbiamo fatto la nostra corsa. Siamo partiti forte e abbiamo messo pressione ai danesi. Poi abbiamo fatto quei tre giri a 13.7 (dai 2.750 ai 3.250 metri, ndr) che ci hanno un po’ rovinato lo score generale, perché si girava sempre a 13.4 massimo e poi Pippo ci ha riportato a 13.3 e poi 13.2. Nell’ultimo giro siamo stato bravi Milan ed io a tornar su e arrivare insieme, ma vi posso assicurare che non è facile. Perché noi siamo già a tutta alla seconda tirata. Quando poi io cambio e mancano ancora sei giri… sono in acido completo (ride, ndr). Cerco solo di non staccarmi. E’ stato bello e Milan è stato veramente impressionante perché a vent’anni fare una cosa così

L’adrenalina iniziale è scesa, la gola brucia ancora per quell’urlo, Consonni si racconta in pista
L’adrenalina iniziale è scesa, la gola brucia ancora per quell’urlo, Consonni si racconta in pista
Il mondo si è inchinato.

Abbiamo lavorato tanto, abbiamo sofferto tanto. Mi ricordo quando facevamo fatica a entrare nei primi 8 al campionato europeo e guardavamo le finali dagli spalti a chiederci come fosse possibile che facessero 3’59”. Questa volta sono gli altri ad aver guardato dagli spalti il nostro 3’42″032. Non c’è qualcosa di più grande di una finale olimpica, ti resta dentro per sempre. Scendere, vedere tutti i ragazzi. Marco e lo staff. Il segreto della mia emozione è stato veramente averla condivisa con gli altri. Mi viene da piangere anche adesso. E’ una cosa proprio spaziale vedere i tuoi amici e gioire con loro. Essere con loro sul podio. E’ indescrivibile. Veramente non riesco a trovare parole…

Giravi e urlavi, sei parso trasfigurato…

La fregatura è stata che sono arrivato a tutta, non avevo mai fatto tanta fatica in vita mia. Quando ho visto che avevamo il record del mondo, mi è salita un’emozione assurda e quindi ho iniziato a urlare. Ho tirato proprio un urlo e tutta la tensione l’ho buttata fuori. Quindi ero già a 220 battiti e con l’urlo mi sono messo kappaò da solo. Probabilmente fare un minutino di recupero non sarebbe stato male…

Kenny Tokyo 2021

Jason Kenny, storia del britannico più vincente

15.08.2021
4 min
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“Il più grande atleta britannico di tutti i tempi”. E’ vero, Boris Johnson spesso si lascia andare, fa parte del carattere del Premier inglese, ma è anche vero che le sue parole sono comprovate dai fatti: mai nessun britannico, in nessuno sport nella lunga storia dei Giochi Olimpici, ha vinto più di Jason Kenny, che a Tokyo ha portato la sua collezione di ori a 7 vinti in 4 edizioni, quindi nell’arco di 13 anni che nello sport è un periodo enorme.

La storia del velocista britannico può essere ripercorsa attraverso fotogrammi, istanti prelevati dallo scorrere del tempo per illustrare la carriera di un autentico esempio. Il primo ci porta a Manchester, dove Kenny, nato a Bolton il 23 marzo 1988 è un bambino che attraversa le porte dell’Eastlands Velo Cycling Club, una delle tante istituzioni britanniche tese a insegnare ai più piccoli a rimanere in equilibrio su quelle due ruote. Jason inforca la sua Bmx (nel Regno Unito, come in altri Paesi, si comincia così…) e ci mette ben poco ad imparare, anzi quella bici non la lascia più.

Kenny keirin 2021
Jason Kenny bissa a Tokyo 2020 il titolo olimpico nel keirin, davanti al malese Awang e all’olandese Lavreisen, primo nella velocità
Kenny keirin 2021
Jason Kenny bissa a Tokyo 2020 il titolo olimpico nel keirin, davanti al malese Awang e all’olandese Lavreisen, primo nella velocità

Per imparare si passa da Sir Hoy

Secondo fotogramma: l’ormai ventenne Jason si presenta sulla scena internazionale nel 2008, ai Campionati europei juniores e conquista tre titoli: velocità a squadre e individuale e keirin. Ai mondiali di categoria stessa tripletta, stessa musica. Per la federazione britannica è già maturo per entrare in prima squadra e diventare il delfino del leader: Chris Hoy.

2008: Siamo a Pechino, ai Giochi Olimpici. Quello britannico è uno squadrone: con Hoy e Jamie Staff l’oro olimpico arriva in carrozza e la finale della velocità individuale contrappone il grande campione e il giovane delfino. Vince Hoy, il cui appuntamento con la storia è più imminente: nel dicembre riceverà il titolo di “sir” dalla Regina Elisabetta II e continuerà la sua collezione di ori fino a 6. Già, 6…

Kenny Laura 2016
L’abbraccio di Jason Kenny alla sua futura moglie Laura Trott, in lacrime per la sua vittoria nel keirin a Rio 2016 (foto AP)
Kenny Laura 2016
L’abbraccio di Jason Kenny alla sua futura moglie Laura Trott, in lacrime per la sua vittoria nel keirin a Rio 2016 (foto AP)

La grande rivalità con Baugé

Altro fotogramma: la finale dei Giochi di Londra 2012 nella velocità. Kenny ha di fronte il francese Gregory Baugé. Si sono affrontati ai Mondiali di Apeldoorn (NED) dell’anno prima. Vinse il francese ma poi gli tolsero il titolo per doping e averlo in quella maniera a Kenny sembrò quasi un affronto. In primavera, alla rassegna iridata di Melbourne, altra finale e ancora vittoria per Bauge. Stavolta no, davanti ai propri tifosi, la propria gente. Stavolta Kenny gli dà una lezione, 2-0 e oro al collo.

Gira la ruota, altra foto. Siamo a Rio 2016, qui non è tanto Kenny (anzi, Sir Jason Kenny) che vince (in Brasile fa il pieno di titoli nella velocità) ad attirare l’attenzione. I fotografi sono rivolti verso il parterre e una ragazza, che piange a dirotto mentre Kenny taglia il traguardo vittorioso nel keirin. Quella ragazza è Laura Trott, è la stella indiscussa dei velodromi, colleziona titoli e medaglie ma mai, mai aveva dato segni di particolare emozione a ogni sua vittoria, invece in questo caso si lascia andare. E’ la fidanzata di Jason, il suo abbraccio consolatorio è uno dei momenti più dolci dell’Olimpiade brasiliana.

Si sposano l’anno successivo, nel 2018 nasce Albie e nel giugno 2020, in piena pandemia, Jason e Laura postano la foto del piccolo che per la prima volta va in bici. Per loro è un’emozione indescrivibile e già da parte dei follower partono i paragoni, i sogni sui geni incorporati in quel bambino che nel 2040 potrà ripercorrere le loro gesta… Piano, questi non sono fotogrammi, non è un racconto futuristico…

Kenny posta 2021
La curiosa cassetta delle lettere intitolata a Jason Kenny, in quel di Bolton, un onore riservato a pochi britannici di successo
Kenny posta 2021
La curiosa cassetta delle lettere intitolata a Jason Kenny, in quel di Bolton, un onore riservato a pochi britannici di successo

E ora, direzione Parigi?

Siamo al 2021: a Tokyo, mentre Laura insieme alla sua inseparabile amica Katie Archibald prima abdica nell‘inseguimento a squadre contro la scatenata Germania e poi dà lezione di madison, Jason finisce secondo nella velocità a squadre (Hoy non c’è più…) ma poi conquista uno spettacolare successo nel keirin. E’ la settima medaglia d’oro, mai nessuno come lui. Bradley Wiggins, che di pista se ne intende eccome, dice che potrebbe tranquillamente tirare avanti verso Parigi 2024 e provare anche fare un’altra tripletta.

Jason non ha deciso, ma in questi giorni ha preparato l’ultima pagina del suo album per l’ultimo fotogramma e controlla spesso la cassetta della posta del suo centro benessere a Bolton (rigorosamente d’oro, omaggio delle Poste Britanniche per una persona di prestigio speciale) per vedere se quel famoso invito arriverà. Da chi? Ma da Buckingham Palace, dalla Regina, e che diamine, siamo inglesi…

La Cervélo P5 dorata di Roglic, come Excalibur nella roccia

14.08.2021
5 min
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Anche se di tecnologicamente nuovo in questa Cervélo P5 non c’è nulla rispetto all’inizio di stagione, ci piace pensare ad essa come a Excalibur nella roccia. E a Primoz Roglic come all’unico che sia stato in grado di estrarla e guidarla al trionfo olimpico. Abbiamo infatti di fronte la bici che ha vinto l’oro di Tokyo nella cronometro individuale e che questa sera, ugualmente fra le mani del suo re, prenderà il via della Vuelta Espana, lungo i 7,1 chilometri nelle strade di Burgos. Per arrivare a simili conquiste qualcosa di magico deve esserci per forza.

Olimpiadi Tokyo 2020, cronometro indivduale: Primoz Roglic lanciato verso il successo sulla sua Cervélo P5
Olimpiadi Tokyo 2020, cronometro indivduale: Primoz Roglic lanciato verso il successo sulla sua Cervélo P5

Oro e cerchi

Lo sguardo ravvicinato crea stupore, perché sotto quella livrea dorata c’è una teoria di cerchi che riecheggia quelli olimpici. Una veste che rende più speciale il telaio e la forcella Cervélo P5 completati da un cockpit Vision realizzato su misura per il corridore sloveno, dal gruppo Shimano Dura Ace, così come Shimano dovrebbe essere la ruota anteriore C60 abbinata alla lenticolare posteriore, entrambe montate con pneumatici Vittoria Corse.

Perché il condizionale? Perché a Tokyo, Roglic ha corso con una ruota posteriore con adesivo Shimano e l’anteriore era priva di scritte. Una scelta che prosegue la tendenza della Jumbo Visma già vista al Tour. In Francia infatti la squadra ha utilizzato ruote Vision non brandizzate nelle tappe in linea e ruote AeroCoach nelle crono. Questa libertà nell’utilizzo di materiali alternativi a Shimano si sposa probabilmente con la carenza di fornitura da parte del brand giapponese, mai tradizionalmente troppo elastico nel concedere simili deroghe. Ricordate la storia del viaggio incredibile delle ruote per la crono di Van der Poel al Tour?

La bici non è nuova, ma come a Tokyo aveva una livrea speciale, eccola d’oro per il campione olimpico
La bici non è nuova, ma come a Tokyo aveva una livrea speciale, eccol d’oro per il campione olimpico

Rivincita Roglic

Da stasera Roglic tenterà il colpaccio di rifarsi dalla sconfitta del Tour. E se lo scorso anno essa derivò dal suo crollo e dalla crono monstre di Pogacar il penultimo giorno a La Planche de Belles Filles, questa volta la causa di tutto è stata la dannata caduta che lo ha costretto al ritiro. L’oro olimpico è stato un bel modo di mettersi in pari con la sorte. Ma conoscendo la voracità dello sloveno, non si accontenterà di essere un semplice protagonista.

Rigidità top

La P5 è il ben noto concentrato di tecnologia. Combinazione di materiali, forme e differenti laminazioni del carbonio per ottenere rigidità nelle differenti parti del telaio. Dopo anni di esperienza è stato reso più rigido il tubo orizzontale (aumento del 22 per cento rispetto alle versioni precedenti), per rendere la bici più compatta e maneggevole. Così per la scatola del movimento centrale, che consente la più efficace trasmissione della potenza (più rigida del 26 per cento).

La sensazione di resa aerodinamica viene anche confermata dai numeri. Come abbiamo illustrato parlando della crono di Tokyo con Simone Omarini di Hardskin, la resistenza aerodinamica è il 90 per cento della torta. Il disegno del telaio e la forma dei tubi riduce la superficie frontale e migliora la penetrazione aerodinamica della bici. E pure restando nei parametri Uci, il miglioramento aerodinamico è di 37 grammi.

Come Excalibur

La Cervélo P5 “olimpica” avrà questa livrea per Roglic, ma è la stessa bici che a Tokyo ha conquistato il bronzo con Dumoulin e nella crono finale del Tour ha vinto con Wout Van Aert. Non proprio l’ultima arrivata, insomma. Anche se a Tokyo serviva un re come Roglic per estrarla dalla roccia.

«Primoz Roglic – ha detto Javier Guillen, direttore della Vuelta – è il re della suspense nelle corse a tappe. Siamo particolarmente felici di rivederlo per la sua lealtà verso La Vuelta. Dal suo atteggiamento si capisce che ama la nostra corsa e il nostro Paese. Il percorso che offriamo gli si addice e ciò che è notevole in lui è la sua motivazione nell’ultima parte della stagione, ogni anno. Forse gli piace il suo lavoro anche più degli altri perché è arrivato al ciclismo in ritardo. Dopo le Olimpiadi sembra ancora più in forma rispetto ai due anni precedenti, ma questa volta è in corsa per un record di tre vittorie consecutive che entusiasmerà gli appassionati e promette grandi battaglie con gli scalatori puri che dovranno vedersela per tutta la gara con il talento di Roglic. Pensando alla cronometro di 33,8 chilometri dell’ultimo giorno».

Oggi Roglic partirà alle 20,47, un minuto prima di lui scatterà Bernal. Che lo prenda o lo avvicini, già stasera il rumore delle catene si confonderà con quello delle spade.

Salvoldi lancia la volata su Parigi 2024: tre anni a tutta

12.08.2021
4 min
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Una medaglia su strada e tanto rammarico in pista, con un occhio su Parigi 2024. Così si può sintetizzare in poche parole l’Olimpiade di Tokyo per le ragazze azzurre che ancora una volta hanno fatto affidamento sulla donna dei grandi appuntamenti, Elisa Longo Borghini, che proprio come a Rio 2016 si è messa al collo il bronzo nella prova in linea conclusasi all’autodromo del Monte Fuji, arricchendo la già vasta collezione di perle raccolte nelle tre grandi rassegne internazionali (Olimpiadi, mondiali ed europei). 

Al velodromo di Izu, invece, la fortuna non ha girato dalla parte delle nostre portacolori e, dopo un convincente sesto posto nell’inseguimento a squadre, due cadute di cui è stata vittima Elisa Balsamo hanno compromesso i sogni di gloria sia nella madison (con Letizia Paternoster) sia nell’omnium.

Secondo Salvoldi, in vista di Parigi 2024 ci sarà da ragionare sul lancio del quartetto: qui tocca a Rachele Barbieri
Secondo Salvoldi, in vista di Parigi 2024 ci sarà da ragionare sul lancio del quartetto: qui tocca a Rachele Barbieri

Punti deboli e soluzioni

Il ct Dino Salvoldi guarda già avanti, ripartendo dal quartetto che aveva aperto le danze: «Nell’inseguimento a squadre, da un punto di visto cronometrico e dal gap con le avversarie di alto livello, l’analisi finale è positiva. Sappiamo benissimo quali sono i nostri punti deboli e ci lavoreremo. Sicuramente, dobbiamo migliorare il ruolo e l’attitudine dell’atleta che fa la partenza, ma soprattutto la seconda tirata di chi fa la partenza, perché quel momento lì è cruciale». Ai Giochi, il compito di lanciare il quartetto è toccato in due occasioni a Rachele Barbieri e in una a Martina Alzini.

Non solo pista

«Questo gruppo è giovanissimo, nato dopo l’Olimpiade di Rio 2016, dove ci eravamo presentati con un quartetto completamente diverso. Le conosco tutte da quando hanno 15-16 anni e qualcuna di loro avrebbe attitudini più mirate verso la pista, come Barbieri e Fidanza. Però è un discorso più ampio e non è nella nostra cultura quello di copiare altre situazioni. Le risorse per potersi concentrare solo sulla pista ci sarebbero, ma non fa parte della nostra tradizione», precisa il ct del settore femminile azzurro.

Due cadute hanno condizionato e falsato le Olimpiadi di Elisa Balsamo
Due cadute hanno condizionato e falsato le Olimpiadi di Elisa Balsamo

Verso Parigi 2024

Chissà che qualcosa non cambi dopo l’Olimpiade di Tokyo, con tante ragazze che comincino a guardare la pista non come piano B, ma come alternativa di prima classe alla strada.

«In ambito femminile, si è visto che strada e pista possono convivere senza problemi in modo indifferenziato – prosegue Salvoldi – poi però, ad altissimo livello, in alcuni momenti e in occasione di un certo tipo di eventi, ci vuole una specializzazione e un lavoro più mirato per la pista, trovando un compromesso con l’attività su strada».

L’avvicinamento per Parigi 2024 è già partito: «Il nostro settore funziona e ha dato risultati in continuità. Ci sono grandi prospettive, anche se abbiamo nell’immediato il problema di Montichiari che ci obbligherà a riadattare i programmi nell’inverno e a fare dei mini raduni in Svizzera, preferibilmente a Grenchen, in alternativa a Aigle».

Piste e velocisti

La speranza per il futuro è che in Italia, visti i risultati della pista, non ci sia più soltanto un velodromo su cui fare affidamento. C’è ancora tanto da fare, a riguardo, come conferma il presidente della Federciclismo italiana, Cordiano Dagnoni.

Salvoldi con Amadio e Villa: i settori pista endurance lavorano bene, i tecnici saranno confermati?
Salvoldi con Amadio e Villa: i settori pista endurance lavorano bene, i tecnici saranno confermati?

«Dobbiamo lavorare sulle strutture – dice – potenziare le piste, soprattutto quelle coperte perché abbiamo solo Montichiari che è part-time. Di velodromi ne abbiamo tanti, come San Francesco al Campo o San Giovanni al Natisone dove abbiamo fatto di recenti i campionati italiani. Poi, in Lombardia, ci sono Dalmine che funziona benissimo o Busto Garolfo, in aggiunta, sono iniziati i lavori di ristrutturazione di quello di Crema. In giro per l’Italia ce ne sono diversi, anche al Sud e si parla, ad esempio, di mettere a posto quello di Monteroni di Lecce. Però, servono anche le piste coperte per l’attività invernale. Poi bisognerà creare da capo il movimento per le discipline veloci della pista, in cui a Tokyo non c’era nessuno».

In tre anni

Mancano soltanto tre anni alla prossima avventura olimpica di Parigi 2024 e l’Italia della pista vuol farsi trovar pronta, per raccogliere un bottino ancor più ricco in termini di medaglie, con le donne pronte a dare il loro contribuito ai colleghi maschi, mattatori a Tokyo con l’oro storico dell’inseguimento a squadre (61 anni dopo Roma 1960) e la zampata di bronzo del portabandiera Elia Viviani nell’omnium.

Questo piccolo uomo è davvero un gigante

10.08.2021
5 min
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Si avrà il tempo di riparlarne dopo. Di approfondire, raccontare, rivivere le emozioni. Eppure l’incontro con Marco Villa nell’ultima sera giapponese porta con sé ancora un fortissimo carico di emozioni. Il tecnico azzurro, che cocciutamente e mettendo sul piatto ogni sua energia di uomo ha costruito questa nazionale, ha tutti i diritti questa volta di sorridere.

«Ma io rido poco – dice – però in questi giorni qualche volta ho riso anche sotto la mascherina. E’ stata una bellissima Olimpiade, un viaggio molto lungo pensando ai cinque anni di qualifica e di preparazione. Quindi per noi è una grossa soddisfazione essere arrivati qua e avere raggiunto un sogno come la medaglia d’oro del quartetto. Come fu un sogno cinque anni fa la medaglia di Viviani. Poi la medaglia di riconferma di Elia da portabandiera, tutto molto bene…».

Ganna ci ha abituato a prestazioni spaziali. E anche questa volta l’uomo della Ineos Grenadiers non ha tradito
Ganna ci ha abituato a prestazioni spaziali. E anche questa volta l’uomo della Ineos Grenadiers non ha tradito
E’ vero che a un certo punto avevi pensato di inserirlo nel quartetto?

Si, mi sarebbe piaciuto inserire anche Elia, però eravamo a centesimi e venivamo da un record del mondo. Andare in finale col record del mondo e cambiare un uomo contro i più forti, era un po’ rischioso. Quindi abbiamo deciso di tenere l’assetto della semifinale ed è andata bene. L’avevamo anche preparata bene studiando i danesi e siamo riusciti a prevalere di pochissimo. Come poi è stato anche nella semifinale con la Nuova Zelanda, dove abbiamo trovato una un’altra squadra fortissima.

Ci si poteva aspettare che Ganna facesse quei cambi di ritmo nel finale?

Pippo i tempi al tablet li ha sempre segnati bene, però insomma… Fino a quel punto, il tablet segnava i tempi che avevamo stabilito e il cronometro ci dava ragione perché a differenza di quello che pensavamo la Danimarca non stava scappando più di tanto. Anzi all’inizio, grazie una bella partenza di Lamon, siamo stati in vantaggio e abbiamo preso subito un ritmo altissimo che siamo riusciti a mantenere. E poi Pippo nel finale ha fatto quello che ci ha sempre abituato a fare e ci ha portato a vincere.

Villa ha sofferto nella prima metà della finale, ma alla fine ruggiva come un leone
Villa ha sofferto nella prima metà della finale, ma alla fine ruggiva come un leone
Viviani ha lamentato il lungo periodo in Giappone senza correre…

E’ stata la stagione della pista. Siamo riusciti a fare la Seigiorni di Fiorenzuola, ma ci sono mancati, come programma stabiliva, la Coppa del Mondo di Nieuwpoort cancellata prima del Giro d’Italia e dopo il Giro ci è mancato il campionato europeo. Avremmo avuto due prove da mettere nelle gambe e nell’esperienza. Abbiamo corso poco prima, perché sia Consonni che Viviani erano concentrati sulle gare su strada, per questo confidavamo in quelle gare che però sono state cancellate. E ci siamo trovati a giocarci un’Olimpiade senza tanta esperienza.

La differenza si è vista.

Analizzando la gara, dobbiamo mettere che non abbiamo fatto una grossa prestazione. Simone non stava bene. Prima e durante il riscaldamento si è sentito poco bene, però abbiamo provato a partire e vedere cosa potesse succedere. Ma resto fiducioso in questa coppia e sono convinto che sia una delle coppie migliori e che possa fare dei risultati.

Ganna si è fermato, ha sollevato la bici, poi è andato da Villa e lo ha abbracciato
Ganna si è fermato, ha sollevato la bici, poi è andato da Villa e lo ha abbracciato
Credi che anche il quartetto sarà da confermare?

Io credo che Jonathan Milan dimostri il fatto che io guardo il cronometro. Come ho dimostrato con Scartezzini e Bertazzo, io ho rispetto di tutti però per fare queste prestazioni devi guardare il cronometro e avere un po’ l’intuito di presentare la squadra migliore. Bando alle amicizie e al bene che posso volere ai corridori. Quando arriviamo qua, per il bene dei quattro che corrono, bisogna presentare i migliori. E Jonathan ha dimostrato di essere entrato in questo gruppo, perciò da qua a tre anni può succedere che magari entri qualche giovane. Sicuramente se entra, vuol dire che va forte

Quanto vi rallenterà la chiusura di Montichiari per manutenzione?

Montichiari resterà chiuso qualche mese, tre-quattro al massimo. Io spero e confido che magari strada facendo riusciamo a limare un po’ il periodo. E’ bastato prima e basterà anche dopo. Se arriva qualche velodromo in più va benissimo, ci mancherebbe, anzi mi farebbe piacere. Qualche ragazzo farebbe trasferte più corte per venire ad allenarsi in pista. Però il metodo d’allenamento ormai è assodato e specializzato, quindi continueremo a lavorare sia sul gruppo che c’è sia sui giovani, per avere sempre un buon ricambio.

Marco Villa è un uomo discreto: osserva molto e studia
Marco Villa è un uomo discreto: osserva molto e studia
Cosa vi siete detti dopo?

Ci siamo abbracciati, poi abbiamo festeggiato senza nessun discorso. I discorsi magari li faremo più avanti, perché ci sono ancora delle gare da preparare. Quello che gli ho detto prima del quartetto, un’ora prima del riscaldamento, è che il gruppo che era lì non doveva dimostrare niente al sottoscritto. Era lì perché sapevo che erano i migliori e sapevo che era un gruppo forte. Dovevano solo fare quello che erano abituati a fare: il meglio e nel miglior modo che potevano. Gli ho anche detto che di tutti i campioni che ho visto passare dall’Australia all’Inghilterra e la Danimarca, io non avrei cambiato nessuno dei miei uomini. Quindi insomma ci siamo dati mano sopra mano e siamo partiti per questa avventura e… Ed è arrivato questo titolo olimpico.

EDITORIALE / Due cose che vorremmo dirvi su Davide Cassani

09.08.2021
4 min
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Se si vincono le elezioni dicendo che si cambierà tutto, prima o poi bisognerà cominciare a farlo. Per questo non desta stupore il fatto che il presidente Dagnoni voglia ridisegnare anche la struttura della nazionale dei professionisti, affidandola ad Amadio e dandole o provando a darle i tratti di una squadra WorldTour. Pertanto è comprensibile anche che in questa fase Cassani possa risultare ingombrante, perché indubbiamente a partire dal 2014 Davide ha messo il piede in ogni contesto federale. In sostanza quello che ha fatto e che gli è stato permesso di fare perché utilissimo alla causa, è stato far funzionare una federazione che per tanti aspetti era bloccata su meccanismi superati e apparentemente insuperabili. Gli stessi che Dagnoni (con Cassani nella foto di apertura) sta cercando di smantellare.

Europei juniores a crono 2019, comunione di intenti fra Rino De Candido, Davide Cassani e Marco Villa: vittoria a Piccolo
Europei juniores a crono 2019, comunione di intenti fra Rino De Candido, Davide Cassani e Marco Villa: vittoria a Piccolo

Gli amici giusti

Cassani ha sfruttato le sue conoscenze e messo in atto quel che a suo tempo fece inorridire la società civile, allorché il Ministro del Lavoro Poletti disse che in Italia è più facile trovare lavoro sfruttando le conoscenze del calcetto che mandando in giro curriculum. Andando in bicicletta con i potenti d’Italia e alcuni grandi sponsor, Cassani è riuscito a dirottare interesse ed energie sul ciclismo. Lo ha reso figo in ambienti in cui altrimenti non avrebbe attecchito. E così sono arrivate risorse e attenzione mediatica. In questo modo è rinato il Giro d’Italia degli Under 23 e nella scia di tutto questo, anni dopo e con l’arte e gli agganci del presidente Di Rocco, si è potuto organizzare lo stesso mondiale di Imola. Cassani ha rimesso in moto la pista cavalcando il concetto della multidisciplina e a dispetto di quanto si sente, ha messo i tecnici delle varie discipline nella condizione di parlarsi e scambiarsi nozioni ed atleti.

Lo ha fatto per arricchirsi? E’ stato il migliore dei tecnici? Si espone troppo? Non se ne può più di vederlo in televisione? Ha sbagliato qualche convocazione? Mandarlo via sarebbe un crimine?

Mentre Davide Cassani era a casa, Dagnoni e Malagò hanno festeggiato assieme ai medagliati della pista
Mentre Davide Cassani era a casa, Dagnoni e Malagò hanno festeggiato assieme ai medagliati della pista

Nessuno è intoccabile

Nel mondo del lavoro le cose cambiano, posizioni si aggiornano e altre vengono azzerate. Nessuno è intoccabile, immune da errori o dura per sempre. E soprattutto, riprendendo quanto detto prima, se si vincono le elezioni dicendo che si cambierà tutto, prima o poi bisognerà cominciare a farlo.

Quello di cui si potrebbe discutere sono i modi. L’articolo apparso ieri sulla Gazzetta dello Sport, assai simile a quello secondo cui Cassani non avrebbe portato Nibali a Tokyo, sembra quasi la spinta affinché il romagnolo dia le dimissioni. E forse, proprio in virtù del tanto impegno che ci ha messo e a fronte del poco apprezzamento, Davide a questo punto potrebbe andarsene cogliendo l’occasione per raccontare il modo in cui ha lavorato negli ultimi tempi. La sensazione invece è che non ne abbia l’intenzione, preferendo lasciare ad altri la decisione.

Il 4 gennaio del 2014, Davide Cassani riceve da Martini e Di Rocco la proposta di diventare tecnico azzurro
Il 4 gennaio del 2014, Davide Cassani riceve da Martini e Di Rocco la proposta di diventare tecnico azzurro

La scelta di Dagnoni

Non sarà un problema. Il percorso del presidente Dagnoni fin qui non si è fermato davanti a nulla. Nonostante Di Rocco sia stato decisivo nella sua elezione, lo ha presto salutato non appoggiandolo nella corsa al Coni e schierandosi dalla parte di Malagò che ormai è il più grande amico del ciclismo e forse non per caso ci ha concesso il portabandiera. Di Marchegiano, che si diceva fosse dietro alla sua campagna, non parla più nessuno. Norma Gimondi, utile alla causa, è stata tirata a bordo nonostante fosse stata candidata da Martinello. Per quale motivo il presidente dovrebbe fermarsi davanti alla resistenza di Cassani? Del resto è nel suo pieno diritto comportarsi nel modo più funzionale al progetto.

Quello che ci chiediamo, nell’augurarvi una buona settimana, è se l’Italia abbia bisogno di vivere un europeo e un mondiale guidata da un tecnico sfiduciato e sotto lo sguardo sornione e un po’ cinico di chi ha già in mano il nuovo nome.