Roma 1960, magico quartetto in bianco e nero. Vigna ricorda…

05.08.2021
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Luigi Arienti, Franco Testa, Mario Vallotto (scomparso nel 1966 a 33 anni), Marino Vigna: ai più giovani questi nomi non diranno nulla, eppure hanno un peso specifico particolare nella storia del ciclismo italiano, quella storia che il quartetto di Tokyo ha riscritto. Quel poker di nomi fino al 4 agosto era stato l’ultimo quartetto italiano a conquistare la medaglia d’oro, nelle Olimpiadi di Roma 1960. Era un’altra epoca, un altro ciclismo. Si partiva dalle batterie e poi si correvano quarti, semifinali e finale. L’Italia superò la Germania in batteria per poi ritrovarsela di fronte in finale, dopo aver superato Argentina e Unione Sovietica.

Marino Vigna, un “ragazzo” milanese di quasi 83 anni (nella foto di apertura, datata 2010 è con Arienti e Testa), ha vissuto sulla sua pelle la gioia dell’oro olimpico e questo gli ha fatto vivere una giornata particolare, in attesa della sfida di Consonni, Ganna, Lamon e Milan.

«Mi hanno fatto soffrire ed emozionare tantissimo – afferma colui che è stato anche predecessore di Marco Villa come tecnico della nazionale – ho avuto tanta paura quando vedevo i danesi guadagnare, poi è esploso Ganna e siamo esplosi noi nel sostenerlo. Certo che vanno a delle velocità impossibili, dovranno alzare le curve per mettere un freno…».

Ecco in quartetto di Roma in azione. Mario Vallotto morì nel 1966 a 33 anni
Ecco in quartetto di Roma in azione. Mario Vallotto morì nel 1966 a 33 anni
Che cosa significa vincere un’Olimpiade?

E’ difficile rispondere perché i tempi sono molto cambiati. Ora c’è un tam tam tale che ogni evento viene vissuto in diretta, in qualsiasi tempo e luogo. La nostra finale venne trasmessa un paio d’ore dopo che si era disputata, ma era il 1960 e non tutti avevano a casa il televisore. E’ un’epoca completamente diversa e completamente diverso era il ciclismo che vivevamo. Ora è tutto immediato e sorprendente: basti pensare che da quando la finale è finita anch’io sono stato subissato di messaggi e telefonate…

Anche per voi la vittoria fu così sudata?

Non sul filo dei millesimi, già prima delle Olimpiadi, nella Preolimpica di primavera, avevamo stabilito il record mondiale battendo quelle che sarebbero state le principali avversarie a Roma. Si correva al Vigorelli di Milano, poi a Roma, durante i campionati italiani, la Lombardia batté il Veneto scendendo sotto il tempo della nazionale: i dirigenti della Fci decisero di prendere due ragazzi da un quartetto e due dall’altro e praticamente preparammo l’Olimpiade in due mesi. Questi ragazzi invece lavorano insieme da anni, hanno sacrificato anche le aspirazioni personali, per questo il loro oro vale tanto.

Marino Vigna è stato pro’ dal 1961 al 1967 poi è diventato tecnico della pista. Qui al Vigorelli di Milano
Marino Vigna è stato pro’ dal 1961 al 1967 poi è diventato tecnico della pista. Qui al Vigorelli di Milano
Eravate anche voi così giovani come il quartetto attuale?

Forse anche di più: io avevo 21 anni come Testa, Arienti 22, il più esperto era Vallotto che aveva 24 anni.

E avevate anche voi compiti ben distinti come i ragazzi di adesso?

No, per molte ragioni. A lanciare il quartetto era sempre il più esperto che doveva partire forte senza sfasciare il gruppo, poi ci si dava il cambio ogni mezzo giro. Le piste erano di 400 metri, praticamente si cambiava di continuo, solo Testa fece un giro intero a guidare. Anche per questo si facevano velocità inferiori, ma il paragone è improponibile, è cambiato tutto. Con i rapporti che usano Ganna e compagni, io andavo dietro motori

Che peso avrà questa medaglia d’oro?

Io mi auguro che ne abbia tanto, che porti tanti ragazzi a conoscere la pista, a scoprire questo bellissimo mondo. Ma spero soprattutto che questo risultato sia una spinta per dotare l’Italia di un altro velodromo al coperto. E’ incredibile che questi ragazzi abbiano ottenuto questi risultati, lavorando a Montichiari con tutte le difficoltà dell’impianto, sempre in attesa che il velodromo di Treviso venga completato. Per questo la loro vittoria vale anche di più e vorrei ricordare il fondamentale apporto di Villa, so bene che cosa significa vivere simili esperienze da tecnico.

Al museo Brianza d’epoca, Vigna con Ernesto Colnago e Gianni Motta in una foto del 2017
Al museo Brianza d’epoca, Vigna con Ernesto Colnago e Gianni Motta in una foto del 2017
Il vostro oro arrivava in un momento di eccezionale fulgore del ciclismo su pista italiano: pensa che si tornerà a quei livelli?

Me lo auguro. Noi però avevamo solamente quattro prove in programma, ora invece c’è un grande spezzettamento di eventi, io stesso che sono appassionato spesso faccio fatica a seguire e mi perdo. Mi spiace però che questi ragazzi non potranno avere un segno di questa vittoria sulle loro divise: noi avevamo la maglia olimpica, ora non si può neanche mettere i 5 cerchi e non capisco davvero il perché

Da olimpionico del quartetto e da tecnico, quanto ha inciso Filippo Ganna in questo trionfo?

Molto, ma sono stati bravi anche gli altri a stare a ruota: deve essere chiaro che l’inseguimento a squadre non si vince da soli, ma tutti insieme, è sempre stato così e sempre lo sarà. Diciamo che se Ganna è il motore, gli altri sono la benzina che gli ha permesso di fare due giri da fantascienza…