Tirreno show: brindano Wout e Tadej, cede Ganna

16.03.2021
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Eravamo tutti pronti a brindare con Filippo Ganna, invece la Tirreno-Adriatico ha mostrato ancora una volta il suo volto più duro. E dopo una settimana che più severa non poteva essere, anche il gigante di Verbania ha dovuto arrendersi alla condizione certamente notevole di Van Aert e alla qualità di Kung, che ha dovuto lavorare certo meno di lui nelle tappe dure. Dopo di loro, sul traguardo di San Benedetto è sfilato Tadej Pogacar, a dimostrare che quella a La Planche des Belles Filles, ancorché in salita, non fu una crono figlia del caso. Il giovane sloveno si porta così a casa la Corsa dei Due Mari, davanti a Van Aert e Landa (foto di apertura), avendo mostrato in almeno tre occasioni freddezza e padronanza da veterano. A Prati di Tivo, dove ha vinto staccando tutti. A Castelfidardo, dove ha ugualmente staccato tutti mancando solo Van der Poel. E nell’ultima crono, dove si è messo ancora alla prova arrivando quarto.

Terzo al traguardo, Ganna ha sicuramente pagato gli sforzi dei giorni scorsi
Terzo al traguardo, Ganna ha sicuramente pagato gli sforzi dei giorni scorsi

Ganna provato

Per amor di bandiera, iniziamo il nostro racconto da Ganna, che sui rulli dopo l’arrivo è parso davvero stremato, riparato con una coperta mentre girava le gambe in cerca di sollievo.

«In questa corsa – dice – ho preferito fare il mio lavoro di squadra, che è stato impegnativo. Sapevo che non sarebbe stato facile ricavare dello spazio per me, ma va bene così. Ci siamo impegnati al 100 per cento e siamo soddisfatti di quello che è venuto. Se uno dà il massimo, ha poco da recriminare».

Sceso dall’ammiraglia, Dario Cioni lo ha osservato e ha poi spiegato il perché di una giornata storta, ammesso che un terzo posto possa essere definito un risultato storto.

«La prestazione – dice – è stata comunque di alto livello. E poi la crono dopo una settimana di corsa così dura non è la prova secca. Pippo ha lavorato per la squadra, ha tirato in montagna ed è andato in fuga a Castefidardo. Sono rischi che poi si pagano, a fronte di avversari fortissimi. Kung è il campione europeo, Van Aert aveva già dimostrato la sua condizione. Era inevitabile che prima o poi la serie di vittorie finisse. Perciò ora ci riposiamo e poi andiamo alla Sanremo. Se Pippo starà bene, potrebbe fare qualcosa. Anche se, volendo anticipare, bisognerà fare i conti con questi qui che attaccano abitualmente a 50 chilometri dall’arrivo…».

Pogacar ha concluso con il 4° tempo nella crono, a 1″ dal podio. La Tirreno è sua
Per Pogacar il 4° tempo nella crono: la Tirreno è sua

Van Aert vola

La crono l’ha vinta Van Aert. Dopo Castelfidardo, il belga aveva detto di avere davanti altre due giornate in cui darsi da fare, ma quando ieri verso Lido di Fermo si è reso conto che per riprendere la fuga avrebbe dovuto dare fondo alle energie, si è messo in modalità risparmio energetico pensando alla crono.

«Questa vittoria – dice – mi dà grande fiducia per le crono dell’estate. Adesso nel mio orizzonte c’era soprattutto la Roubaix e visto che nell’inverno abbiamo cambiato materiali e bici, la mia testa era nella messa a punto della bici per il pavé. Adesso so che si può lavorare bene anche per le crono. Comunque sono molto soddisfatto. Ero venuto per mettermi alla prova e contro un Pogacar di questo livello c’era poco da fare. Mi è piaciuto molto avere la maglia di leader nei primi giorni, per cui stasera ci sarà da festeggiare. Ogni tanto è bello guardare indietro e abbiamo vissuto davvero una bella settimana. Perciò brinderemo, cercheremo di recuperare e già giovedì saremo sulla strada per la Milano-Sanremo».

Van Aert ha dimostrato la sua grande condizione vincendo la crono a 54,595 di media
Van Aert ha dimostrato la sua grande condizione vincendo la crono a 54,595 di media

Pogacar e la pressione

Pogacar con il suo aspetto da bimbo felice ha trovato il modo migliore per festeggiare il 57 esimo compleanno del suo capo Mauro Gianetti. Dice che dopo il debutto al Uae Tour, questa corsa era un altro grande obiettivo, ma che ora non gli dispiace saltare la Sanremo, perché il suo calendario è molto fitto e un po’ di tempo per recuperare ci sta bene.

«E’ così giovane. Diceva al mattino proprio Gianetti – che sarebbe troppo portarlo anche alla Sanremo. Per fare cosa, un attacco sul Poggio? I nostri obiettivi sono più avanti e lui stupisce per la lucidità con cui vede la corsa».

«Davanti a me – conferma Tadej – ci sono altre classiche, vale a dire la Freccia Vallone e poi la Liegi. Ho cominciato la stagione sperando di fare bene al Uae Tour, qui sono arrivato in buona forma e in effetti un po’ di pressione l’ho sentita. Quella dell’ambiente e quella che mi metto da solo. La vittoria di Prati di Tivo è stata bellissima, perché è stato un giorno perfetto, in un posto bellissimo e con una grande risposta delle mie gambe. E anche la crono di oggi mi rende super felice, perché era corta e veloce. Non mi stupisce che abbia vinto Van Aert e non mi stupisce che sia andato così forte per tutta la settimana. Penso che sia un grande corridore e possa essere un ottimo avversario per queste corse di una settimana».

Sesto all’arrivo, Bettiol ha disputato un’ottima cronometro
Sesto all’arrivo, Bettiol ha disputato un’ottima cronometro

Obiettivo Sanremo

Ora che la carovana della Tirreno si va disperdendo verso il Nord, le attenzioni di tutti si spostano verso la Sanremo. Il meteo annuncia il rischio di maltempo, si parla persino di neve. La Rai trasmetterà la corsa in diretta integrale, ma lo spettacolo inizierà già da giovedì, con i sopralluoghi dei team sul percorso. Sabato la stagione vivrà il primo Monumento, ma non si può certo dire che anche questa Tirreno non sia stata altrettanto monumentale.

Albanese è già in fuga verso un altro Gpm

16.03.2021
4 min
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Vincenzo Albanese in maglia verde, un qualcosa che non ti aspetti. O almeno, che noi non ci aspettiamo. «Perché – dice lui – nelle salite brevi, non solo non mi stacco ma riesco a dire la mia». Grinta e convinzione non mancano nel giovane corridore della Eolo-Kometa.

Vincenzo era andato subito in fuga nella prima tappa della Tirreno-Adriatico. Pronti via ed era salito sul “treno buono” che al termine del circuito del Monte Pitoro gli aveva dato questa preziosa maglia, per lui e per il team.

Albanese (a destra) in fuga con il compagno Rivi (a sinistra) nella prima tappa della Tirreno
Albanese (a destra) in fuga con il compagno Rivi nella prima tappa della Tirreno

Quel podio “proibito”

«Che Tirreno è stata? Una buona gara dai, perché il livello era davvero al top mondiale. E con queste premesse non c’erano grandi aspettative, già trovare spazio sarebbe stato difficile. Se si guarda bene giusto oggi (ieri per chi legge, ndr) verso Lido di Fermo c’è stato spazio per noi comuni mortali con la fuga che è arrivata. E infatti mi è dispiaciuto non esserci, anche se ci ho provato.

«Noi della Eolo-Kometa ci siamo fatti vedere e io, tenendo la maglia verde per quattro giorni, credo di essere stato l’unico di una professional a salire sul podio della Tirreno (in realtà ci è riuscito anche Mattia Bais dell’Androni Giocattoli, ndr). Dispiace per Manuel Belletti che è stato un po’ sfortunato: ha avuto un salto di catena in vista della prima volata e poi è tornato a casa dopo una caduta».

Ivan Basso alle transenne incita i suoi ragazzi in fuga
Ivan Basso alle transenne incita i suoi ragazzi in fuga

Grinta Albanese

In effetti Albanese lancia un tema non secondario: in questa Tirreno è emersa la grande differenza tra le professional e le WorldTour. E’ vero che il livello era “particolarmente stellare”, ma davvero per gli altri sono rimaste solo le briciole. Perché? Ma soprattutto: come si può colmare un tale gap?

«Eh, bella domanda – ribatte Albanese – Si può ridurre lavorando duramente e cercando di migliorare un poco alla volta. Ma servono grinta e determinazione».

Quella grinta che ha portato appunto Vincenzo ad indossare la maglia verde. Ora, lui non è un velocista puro sia chiaro, ma vedere un corridore che da U23 vince il Gp Liberazione primeggiare in salita fa un certo effetto.

«In effetti sono rimasto stupito un po’ anche io, però su certe salite brevi fanno fatica a staccarmi. Quando sono lunghe fino a tre chilometri e non sono troppo dure posso dire la mia».

Forse è anche per questo motivo che spesso Ivan Basso lo “bacchetta”. Il manager varesino è conscio del potenziale di questo atleta. Uno così risponde ai profili del corridore moderno: tenere in salita ed essere dotato di un grande spunto veloce.

«Confermo – dice Albanese – Ivan mi sta molto dietro proprio perché crede in me. Mi sta dietro soprattutto sotto l’aspetto psicologico poiché ogni tanto io vado in “modalità aereo”! Mi distacco un po’ e lui mi ricorda che devo “stare in tiro” tutti i giorni».

Albanese (24 anni) ha tenuto la maglia verde fino a Prati di Tivo
Albanese (24 anni) ha tenuto la maglia verde fino a Prati di Tivo

Pensando al Giro

«Io ci ho provato tutti giorni. Ma come detto per noi umani c’è stato poco spazio: Pogacar ha vinto quasi tutte le maglie e nelle prime tappe i primi cinque sono stati più o meno gli stessi, si mescolavano, ma erano sempre loro». 

Alla luce di tutto ciò Albanese non può che uscire dalla Tirreno carico di fiducia ed è lecito possa pensare alla corsa rosa. Vincenzo ci crede e spera di esserci anche perché avrebbe già un obiettivo ben definito in testa.

«C’è una tappa che passa nel mio paese. O meglio, c’è un Gpm che sta praticamente di fronte casa mia. Nella tappa che va da Siena a Bagno di Romagna, la dodicesima se non ricordo male. Ci tengo troppo a quel traguardo, quel giorno costi quel che costi vado in fuga. Quel Gpm lo voglio».

In poche parole sul Pitoro ha fatto le prove generali!

Velasco, il podio brucia, ma si guarda avanti

15.03.2021
3 min
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Velasco torna indietro sul rettilineo di arrivo con le scatole girate e senza nemmeno tentare di nasconderlo. Ha lavorato sodo quest’inverno e ora ha la faccia scura, un po’ per la polvere e un po’ per il cattivo umore. Le gambe pulsano di fatica. Dopo la tappaccia di ieri, aver beccato la fuga è stato già una mezza impresa. Per questo arrivare terzo in volata provoca nervosismo e malumore.

«Ogni giorno a tutta – dice – sto battendo in continuazione i miei best di sempre. Oggi solo terzo. E dico solo, perché sono veloce. Ma va bene, devo trovare la condizione per le prossime gare e la vittoria sarebbe stata un sogno».

A Castelfidardo per Velasco un 71° posto pensando alla tappa di oggi
A Castelfidardo per Velasco un 71° posto pensando alla tappa di oggi

Le gambe dure

La tappa è partita da Castelraimondo, in questo primo giorno di zona rossa in cui la gente non sa che cosa pensare. Come fai in un piccolo paese, ancora ferito dal terremoto, a restare chiuso in casa se nelle strade arrivano i più campioni del ciclismo? E allora qualcuno fa capolino e si avvicina alle transenne, cercando di capire se i Carabinieri lo manderanno via. Ma le cose vanno bene, i gendarmi capiscono e si limitano a sincerarsi che le distanze vengano mantenute. E in breve la partenza diventa una festa, sia pure con pochi invitati, in cui si parla ancora della tappa di ieri. E Villella, pronto per partire, solleva il mento in direzione di Van Aert e dice: «Lui è quello più forte, con quel fisico che si ritrova».

Sembrava una tappa per i velocisti, invece la fatica si è fatta sentire. E anche grazie all’andatura folle del gruppo (corsa a 45,645 orari, la tappa di oggi è stata la seconda più veloce nella storia della Tirreno-Adriatico) a 30 chilometri dall’arrivo si è sganciata la fuga dei sei che si sono giocati la vittoria. Era l’ultima occasione, per questo la vittoria di Mads Wurtz Schmidt brucia ancora nello sguardo di Velasco.

Nella volata di Lido di Fermo, si impone Mads Wurtz Scmidt, Velasco è 3°
Nella volata di Lido di Fermo, si impone Mads Wurtz Scmidt, Velasco è 3°

Corsa leggendaria

Senza fare polemiche perché forse non hanno mai dato nulla per scontato, i corridori della Gazprom Rusvelo si sono ritrovati fuori dal Giro e anche dalla Sanremo. E così adesso l’orizzonte di Simone va oltre il prossimo sabato di cui si sente parlare sempre più spesso in corsa e alle partenze. La prossima corsa sarà il Coppi e Bartali e tutta questa fatica speriamo serva a qualcosa. Nel frattempo attorno alla transenna si stanno avvicinando i pochi tifosi presenti sull’arrivo che scattano foto a raffica, in questo ciclismo di campioni lontani.

«Ieri di certo – sorride – di fatica ne abbiamo fatta tanta. Credo sia stata davvero una corsa leggendaria. La prima ora siamo andati a quasi 60 all’ora e per me non è stato semplice. Peso 60 chili da bagnato, immaginate che cosa sia stato. Poi quando siamo arrivati sul circuito, le cose sono andate un po’ meglio. Mi sentivo bene, ma quando ho visto come si era messa, ho pensato di tirare il fiato pensando alla tappa di oggi e alla fine ho raccolto qualche briciola».

Direzione Ardenne

Nel mirino, la Coppi e Bartali, dove ha già vinto una tappa nel 2019, poi il debutto alle Classiche delle Ardenne. Se qualcosa vogliamo salvare in questa primavera di pochi inviti, la partecipazione alle corse del Belgio riporta un buon sapore in bocca, soprattutto correndole accanto a Kreuziger e con Konychev sull’ammiraglia. Ora però la gente intorno è troppa, l’aria rinfresca e Simone fa spallucce girando la bici e avviandosi verso il pullman. Solo due italiani in questa Tirreno sono saliti sul podio di tappa: Ballerini a Gualdo Tadino e lui qui a Lido di Fermo. Viste le andature del gruppo e il livello medio dei partenti, sarà più facile farsene una ragione.

Ignazio, ma che ci fai alla Tirreno?

15.03.2021
7 min
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Cappellino in testa, pass al collo, smartphone in mano e capello lungo: Ignazio Moser si aggira così alla Tirreno-Adriatico. Lo vedi tra i bus, tra le ammiraglie, sotto al palco, dietro alle transenne, tra le gente, persino nei bar lungo il percorso a fare interviste a chi meno te lo aspetti… sembra quasi un inviato al fronte! E il cellulare è la sua “arma”.

Il figlio di Francesco aveva deciso di lasciare il ciclismo nel 2014 per dedicarsi al mondo dello spettacolo. Ed è riuscito in questa impresa, arrivando a partecipare al Grande Fratello Vip nel 2017. Adesso, tra un impegno e l’altro eccolo di nuovo “in gruppo”, o meglio, in carovana.

Ignazio ma cosa ci fai alla Tirreno?

Cosa faccio qui? Diciamo che stiamo cercando di creare un ruolo nuovo. Voglio raccontare il dietro le quinte della gara da un punto di vista un po’ meno professionale di quello che potrebbe fare un giornalista. Cerco di cogliere dettagli particolari, visto che comunque è il mio mondo e conosco tante persone nel ciclismo. 

Ignazio, classe 1992, ha corso con la Bmc continental. Qui, vincitore in Guadalupa nel 2014
Ignazio, classe 1992, ha corso con la Bmc continental. Qui, vincitore in Guadalupa nel 2014
Quali dettagli?

Fatti che magari non vengono comunicati solitamente dalla tv o dai media. Racconto la Tirreno sotto un altro punto di vista, tramite i canali social, miei e della corsa soprattutto. L’altro giorno per esempio giravo tra i corridori per conoscerne i riti scaramantici.

E sarai anche al Giro d’Italia?

Vedremo, perché il Giro dura tre settimane e io sono abbastanza impegnato. Per ora ho voluto fare questa esperienza, magari al Giro potrei fare una settimana o qualche giorno.

Perché, cosa fa adesso Ignazio?

Prima di tutto sto coltivando la mia parentesi nel mondo dello spettacolo. Faccio tante cose tra scuola di moda, impegni in tv…. Quello che si vede è solo la punta dell’iceberg. L’esposizione mediatica è una qualcosa che ti ruba la vita, c’è tanto lavoro dietro. Oltre a questo mi occupo della commercializzazione del nostro vino, che comunque resta la mia attività principale, e da qualche tempo ho anche un’agenzia di management, quindi gestisco l’immagine di altri sportivi, personaggi televisivi, attori… Sono molto impegnato!

Era un po’ che mancavi dalle corse…

Eh sì. L’ultima volta ero venuto un paio di anni fa al Giro, ma ogni volta era una toccata e fuga, quindi non respiravo quell’aria di ciclismo che sto invece respirando in questi giorni. E vi dico la verità, mi mancava molto! Ho ritrovato un sacco di persone che non vedevo da tanto tempo, persone con le quali ho condiviso tanta vita. Qualche mattina fa, per esempio, prima del via ero a fare due chiacchiere con Stefan Kung. Lui era mio compagno di squadra e di stanza alla Bmc. Stefan è stato quasi come la mia fidanzata! Abbiamo passato tanto tempo insieme: ritiri, corse, facevamo lo stesso calendario, quindi è una persona che è stata una parte molto importante della mia vita. Poi però non ci siamo praticamente più visti.

Beh, ce ne saranno di persone che senti, hai sentito…

Molte, queste cose fanno sorridere… Le persone entrano ed escono dalla tua vita. Un po’ come il ciclismo. Poi non frequentandolo più ti stacchi un po’. Per questo motivo questa esperienza mi sta piacendo molto. La sto vivendo con entusiasmo. E spero di riuscire a svecchiare alcuni aspetti. Magari svecchiare non è proprio la parola giusta, ma vorrei portare quello che ho costruito in questi anni in altri ambiti. Il ciclismo ha tanto da raccontare, ma spesso lo fa in modo un po’ “vecchio”. Non lo dico io, basta andare a vedere i dati: non è così seguito e non è così seguito dal mondo giovane. Le istituzioni ciclistiche ne parlano: l’età media dei fans del ciclismo è un pochino alta. Mi piacerebbe fare appassionare la gente più giovane.

Ignazio con papà Francesco nel loro maso in Trentino
Ignazio con papà Francesco nel loro maso in Trentino
Ti abbiamo lasciato che eri un passista, un cronoman davvero promettente. Hai nominato Kung, adesso c’è Ganna e altri ragazzi della tua età che sono protagonisti. Pensi mai che saresti potuto essere al loro posto o con loro?

Con Kung e Ganna hai preso due esempi che ho sempre visto 3-4 spanne sopra di me. E correndoci insieme so quel che dico. Mi ricordo di Filippo la prima volta che venne in nazionale a girare nel quartetto. Io facevo parte di quel treno, facemmo terzi agli europei con Viviani, Bertazzo, ScartezziniAll’epoca i tempi non erano quelli di ora, ma eravamo comunque il quartetto più forte in circolazione, almeno in Italia. Quando un giorno appunto arriva questo ragazzetto che tutti dicevano già essere molto forte. La prima volta che entrò in pista con noi Villa dovette sgridargli perché strappava, tanto andava forte. Ci aveva subito impressionato. E mi sono detto: questo qua farà qualcosa di grande. E la stessa cosa vale con Kung, lui l’ho vissuto proprio da vicino.

Lo svizzero è un talento, anche se…

Ne parlavo con lui – interviene Ignazio – è stato molto sfortunato ad inizio carriera perché si è rotto una vertebra proprio al Giro. E’ caduto tante volte perché è uno che rischia troppo, ma ha un motore… Gli ho visto fare delle cose che non ho visto fare a nessuno.

E’ anche un ottimo sciatore di fondo, ha persino fatto delle gare…

Sì, va anche a correre a piedi! E’ un personaggio. Mi ricordo quando ha vinto il Tour de Normandie nel 2014. Un giorno ha fatto 100 chilometri con altri due a 30” secondi davanti al gruppo tutto in fila indiana che li inseguiva. Mi dicevo: qua c’è qualcosa che non va – ride – se lui è davanti in quel modo e io in gruppo sono “a tutta”, vuol dire che non so se posso fare il ciclista! Insomma, tutto questo per dire che non ho pentimenti in questo senso. Oltre al fattore talento, io purtroppo non ho mai avuto quella dedizione così maniacale che il ciclismo moderno pretende. 

Ma di brutto la pretende!

Non è più come una volta, come ai tempi di mio papà, per esempio. Lui ti racconta che andava a fare cinque ore di bici, usciva regolare, ogni tanto menava un po’ e via. Adesso è una cosa incredibile. Ci si allena come dei cyborg, si mangia come dei cyborg… Io non ero fatto per queste cose: sono sincero e sono anche molto onesto con me stesso. Ho visto dei dati della Strade Bianche di Van der Poel che mi hanno fatto venire la pelle d’oca: 440 watt medi per gli ultimi novanta minuti. Io 440 watt, quando andavo forte, li tenevo per 5′-6′ e poi ero arrivato! Questo ci fa un’ora e mezza e pesa 15-20 chili meno di me. 

Chi ti piace dei corridori di oggi? Anche nel modo di correre intendiamo.

Secondo me è veramente un bel momento per il ciclismo, perché ci sono tanti corridori che mi piacciono e che entusiasmano il pubblico. Penso ad Alaphilippe che mi piace da sempre: pur essendo francese è molto simpatico e lo conosco anche abbastanza bene. Mi piace moltissimo Van der Poel. Mi piace Van Aert, che è uno veramente solido e che dà l’impressione di non cedere mai. E mi piace Filippo Ganna. Pippo può fare tanto per il ciclismo italiano nei prossimi anni. Nelle crono ha già fatto tutto quello che poteva…

Ignazio esce in bici soprattutto d’estate dalle sue parti. Ha smesso nell’autunno 2014
Ignazio esce in bici soprattutto d’estate dalle sue parti. Ha smesso nell’autunno 2014
Beh proprio tutto, tutto no: mancano le Olimpiadi…

Ah sì, hai ragione. Però dove lo voglio vedere e dove sono sicuro che potrà fare bene sono le classiche del Nord. Secondo me se uno con le sue caratteristiche non vince una Roubaix da qui a fine carriera è veramente grave. Non voglio gufargliela, anzi tocchiamo ferro, però mi sembra difficile che in futuro non riesca a centrare una Roubaix.

C’è qualcuno che senti con una certa costanza, con cui sei rimasto in rapporti più stretti?

Proprio con Pippo siamo molto amici. Ci sentiamo spesso, poi lui è anche un grande amante dei nostri vini e un bicchiere gli capita di farselo, anche durante la stagione. Sento spesso Trentin. Siamo conterranei e poi abbiamo anche un gruppo di amici in comune, un gruppo su WhatsApp…. Ehi guarda (mostra il telefono, ndr), mi ha scritto adesso Filippo!

Vai ancora in bici ogni tanto?

Devo essere sincero, molto meno di quello che vorrei. Vivendo a Milano risulta parecchio difficile. Là si rischia la vita quando si esce in bici! Neanche ce l’ho più a Milano, l’ho riportata a Trento e lì, l’estate soprattutto, esco quasi sempre. Il problema è che a Trento ci vado poco… quindi esco poco in bici.

Ormai si parla sempre di loro: i giovani che passano e vanno forte. Che idea ti sei fatto?

E’ un qualcosa che stava iniziando quando correvo io e che sta prendendo sempre più piede. Se vai a vedere come si allena uno juniores adesso, praticamente è un professionista. Guardiamo Evenepoel. Okay lui è fenomeno fuori categoria, anzi prima non ho citato lui tra quelli che mi piacciono, però vedi che già da juniores faceva delle prestazioni stupefacenti. Mi ricordo che nella crono che vinse Van der Poel tra gli under 23 ad Innsbruck, se non sbaglio, Remco aveva fatto 2” secondi in meno di lui e su un settore aveva preso solo 10”-15” dal vincitore dei professionisti. Il fatto che si sia estremizzato tutto tra i giovani influisce sulle prestazioni che vediamo tra i pro’. E poi secondo me c’è anche un’altra cosa che incide.

Quale?

Una volta quando si passava, nei primi anni, volente o nolente anche se eri più forte del capitano dovevi tirare. E non c’era niente da fare. Adesso c’è molta meno gerarchia in gruppo. E anche come corrono conta. Non sempre mandano via la fuga, c’è spesso sparpaglìo, la corsa è molto più anarchica e anche questo, secondo me, favorisce i giovani.

Van Aert, resa a metà: vuole un’altra tappa

15.03.2021
3 min
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Si fa presto a dire: voglio vincere la Tirreno-Adriatico, se non si ha ben chiaro che fra un mare e l’altro l’Italia sia tutto fuorché semplice da scalare. Così in due giorni, Wout Van Aert ha sperimentato il peso degli Appennini e quello dei muri intorno Castelfidardo, cedendo 45 secondi a Pogacar sabato in Abruzzo e 39 ieri nelle Marche. Su certe pendenze gli scalatori sono avvantaggiati, ma resta il fatto che alle spalle del portentoso sloveno e prima di tanti scalatori titolati, ci sia ancora il belga della Jumbo Visma.

Sabato a Prati di Tivo ha perso la maglia per l’attacco di Pogacar
Sabato a Prati di Tivo ha perso la maglia per l’attacco di Pogacar

Tutto in pezzi

Come è andata. Quando si è cominciato a salire dopo l’avvio lungo la costa, sono iniziati anche gli attacchi. Vento, pioggia e freddo hanno reso tutto più difficile. Van Aert ha reagito quasi sempre pensando alla classifica, ma a 17 chilometri dall’arrivo non è stato in grado di rispondere all’accelerazione di Pogacar sul muro di Castelfidardo. Ha inseguito da solo, precedendo Bernal e Landa, ma non è riuscito a riprendere lo sloveno.

«Ormai non è più possibile colmare questo distacco con la cronometro – ha detto in serata dopo essersi ripreso dallo sforzo – ma voglio ancora lottare per vincere una tappa e quella di domani (oggi per chi legge, ndr) potrebbe essere l’occasione migliore. Ero partito con l’idea di restare con Pogacar e magari riguadagnare qualcosa, ma nell’ultimo giro è caduto tutto a pezzi e ha vinto il più in forma. Non è un peccato perdere contro questo Pogacar, devo accettarlo».

Van Aert in difficoltà a Castelfidardo, ma comunque terzo all’arrivo
In difficoltà a Castelfidardo, ma comunque terzo all’arrivo

Per sopravvivere

L’approccio è sereno e lucido. E’ venuto alla Tirreno-Adriatico per mettersi alla prova nella classifica e finora ce l’ha messa tutta. Ma allo stesso modo in cui Froome fu rispedito al mittente dal muro di Sant’Elpidio, ieri gli strappi ben noti dei dintorni hanno scavato un solco fra lui e Pogacar.

«Le condizioni meteorologiche – ha detto – hanno reso la gara più difficile. Ho avuto molto freddo, soprattutto nelle discese. E’ stata una lotta per la sopravvivenza e nell’ultimo giro ho tirato fuori tutto quello che avevo. I primi erano lontani. Van der Poel ha sicuramente beneficiato del fatto che avesse una classifica già compromessa, ma io ogni caso è andato molto forte. Io ho continuato a concentrarmi su Pogacar, ma al momento dell’attacco, il suo cambio di ritmo mi ha sorpreso, poi ho cercato di inseguire con tutto quello che mi era rimasto. Corriamo da cinque tappe, ne mancano ancora due. Stiamo a vedere cosa accadrà».

14 marzo 2021, un giorno di grande ciclismo

14.03.2021
6 min
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In questa domenica di marzo che introduce l’Italia in zona rossa, il dio del ciclismo ha messo in tavola una giornata di grande ciclismo e grandi riflessioni fra la Tirreno-Adriatico e la Parigi-Nizza. Un mix di leggenda e destino che ci ha mostrato da una parte la grandezza sfacciata di Van der Poel e quella più lucida di Tadej Pogacar, mentre sul fronte francese Primoz Roglic ha fatto la conoscenza di un insolito destino e del cinismo del gruppo.

Dopo 52 chilometri di fuga, Van der Poel arriva con 10″ su Pogacar
Dopo 52 chilometri di fuga, Van der Poel arriva con 10″ su Pogacar

Grazie Mathieu

Diceva bene Degenkolb alla partenza della Kuurne-Bruxelles-Kuurne.

«Quando c’è in corsa Van der Poel – diceva il tedesco – non si può mai stare tranquilli, perché è capace di stravolgere qualsiasi corsa».

La profezia che quel giorno si avverò in parte, si è attuata alla Strade Bianche e oggi a Castelfidardo.

L’olandese è partito a 52 chilometri dall’arrivo, con la stessa spavalderia di una gara di cross. Correre a quel modo è spettacolare e accende i tifosi, ma alla lunga anche VdP ha rischiato di non raccogliere nulla, vittima del freddo come ai mondiali di Harrogate. Infatti, quando a 17 chilometri dall’arrivo ha deciso che fosse arrivato il momento, Pogacar gli ha mangiato quasi tutto il vantaggio, arrivando ad appena 10 secondi.

Dopo l’arrivo, crolla stremato sull’asfalto: una fatica bestiale
Dopo l’arrivo, crolla stremato sull’asfalto: una fatica bestiale

Lucidità Pogacar

Van der Poel ha tagliato il traguardo. Si è avvicinato ai suoi uomini. Ha provato a sollevare la gamba per scavalcare le sella ed è franato sotto la bici. E’ rimasto disteso per qualche secondo poi si è seduto contro la transenna. Se a Siena il suo guardare gli altri con una Coca in mano era parso quasi un gesto da cowboy, questa volta neanche uno sguardo di fiamma.

«Avevo freddo – dice Mathieu – volevo attaccare già dal primo giro del circuito finale. Prima che decidessi di andare via da solo, eravamo un gruppo di circa venti corridori, ma non c’era troppo accordo tra di noi. In discesa mi sono messo davanti, stavo mangiando e a quel punto ho realizzato di essere da solo. Inizialmente stavo bene ma poi negli ultimi 20 chilometri ho iniziato ad avere molto freddo e mi sentivo svuotato. Non me l’aspettavo. E’ stato sicuramente uno dei miei giorni più duri in bici. Sono felice della vittoria, sopratutto perché sono riuscito a mantenere qualche secondo di vantaggio su Pogacar che stava recuperando velocemente».

«Quando ho visto Wout Van Aert in difficoltà – gli fa eco Pogacar, più leader che mai – ho attaccato per cercare di guadagnare più tempo in classifica. Non pensavo che sarei arrivato quasi a riprendere Van der Poel. Ora sono contento del vantaggio che ho su Van Aert in classifica alla vigilia della tappa di domani e della cronometro finale».

Van Aert ha pagato la giornataccia e forse il suo peso su certe pendenze
Van Aert ha pagato la giornataccia e forse il suo peso su certe pendenze

Dilemma Trek

Alle spalle dei due, Van Aert ha subito infatti un passivo di 49″ dal vincitore e dietro di lui sono arrivati alcuni fra i più grandi lottatori del gruppo. Felline, Bernal, Formolo, Wellens, De Marchi, Landa e Fabbro. Nibali, che su un percorso come questo e sotto la pioggia nel 2013 ribaltò Froome, è arrivato al traguardo con 4’20” di ritardo, mentre Ciccone ha subito 9’39”.

Le giornatacce ci possono stare, ma forse si impone una breve riflessione. Abbiamo letto nei giorni scorsi del divorzio fra Nibali e Slongo e la notizia ci ha spinto a rileggere le parole profetiche del tecnico veneto che scrivemmo ai primi di gennaio.

«Io rispetto la persona – disse Slongo – ma ho anche metodo. E secondo me, per il mestiere che è il ciclismo, il lavoro, la vita hanno sempre pagato e sempre pagheranno. Il cambiamento che stiamo facendo nasce dal voler rispettare la sua psicologia. «Se una cosa mi pesa e non la voglio fare – è stato detto – è meglio non farla. Cerchiamo alternative per poter essere lo stesso competitivi». Certo il metodo di sempre, già collaudato in tanti anni, fa dormire più tranquilli. Però allo stesso tempo da allenatore devo saper cambiare anche io. Abbiamo fatto un confronto a fine anno per mettere dei paletti. Gli ho detto che se vuole cambiare, non cade il mondo».

Felline autore di una prova caparbia, si esalta sugli strappi
Felline sutore di una prova caparbia, si esalta sugli strappi

La scelta di Nibali

E Nibali ha cambiato, forse stufo di subire lezioni come quelle che sta accumulando dallo scorso Giro d’Italia. Ma allora è in crisi il metodo di allenamento che ha portato anni di vittorie, oppure è in crisi l’atleta sull’orlo dei 37 che oltre al calo fisiologico delle prestazioni, non riesce più a fronteggiare la disciplina di quel modo di lavoro?

Il ciclismo che va per la maggiore farebbe pensare alla prima ipotesi: vale a dire a un ciclismo meno laborioso, meno graduale e con standard elevatissimi. Ma se così fosse, non avrebbe avuto senso cambiare guida tecnica prima ancora di avviare la preparazione invernale? Nibali prosegue la sua marcia verso Tokyo continuando a stupirsi per le andature degli altri: speriamo che presto possano essere loro a chinare il capo davanti a lui.

Ferito e con una spalla slogata, Roglic ha lottato da leone
Ferito e con una spalla slogata, Roglic un leone

Roglic, il conto…

In Francia, dopo il presunto sgarbo di ieri, Roglic ha conosciuto il dolore di una spalla slogata e la beffa della maglia gialla sfumata l’ultimo giorno. Qualcosa di già masticato, ma non per questo meno doloroso. Ieri il gruppo non aveva apprezzato la sua vittoria su Mader, ripreso a 30 metri dall’arrivo. E così, mentre la corsa ha messo fine alle battute, la discesa del circuito della tappa ha messo fine ai sogni di gloria. Prima caduta dopo 25 chilometri di gara, la seconda a 25 chilometri dall’arrivo e una scongiurata proprio nel finale.

Con i glutei scoperti e nessun compagno a parte Kruijswijk nei dintorni, Roglic è rimasto indietro dopo la seconda caduta e a quel punto il gruppo ha dato gas. Primoz ha provato a inseguire. E’ arrivato a 80 metri dai primi, poi si è arreso.

«Come dirlo? Non è stata la tappa che speravamo – ha detto lo sloveno – ho commesso degli errori. A causa del primo mi sono lussato la spalla sinistra e poi sono caduto ancora. Ho dato tutto ma sfortunatamente non sono più riuscito a riprendere i primi. E’ un peccato, ma ci saranno altre occasioni. Ho dato il massimo. Ho superato me stesso, ma non è bastato. Certo, sono deluso, ma il mondo non si ferma qui».

I complimenti di Roglic a Schachmann, re della corsa
I complimenti di Roglic a Schachmann, re della corsa

Chissà se oggi Pogacar, avendolo ripreso, avrebbe lasciato vincere Van der Poel. Chissà se in realtà, avvisato via radio, non lo abbia fatto. Nel ciclismo si vive di equilibri e valori antichi: una sorta di codice cavalleresco che alcuni non hanno mai accettato. Il leader lascia la tappa al fuggitivo e in cambio, se ad esempio cade, il gruppo rinuncia ad attaccarlo. Questo è quello che è successo alla Parigi-Nizza, né più né meno. Che poi servirà di lezione o sia semplicemente la spia di un altro cambiamento cui rassegnarsi, lo scopriremo col passar dei chilometri.

L’indomani, parlando con Hauptman del bimbo d’oro

14.03.2021
3 min
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«Questo ragazzo andrà lontano». Tante, troppe volte questa frase ha ruotato attorno al mondo del ciclismo per definire il campioncino del momento. Eppure, Andrej Hauptman era certo delle sue parole quando vedeva quel giovane connazionale rampante dannarsi l’animo con grinta e con capacità tecniche fuori dal comune tra gli juniores. Fa specie considerare che ai tempi, il 45 enne ex velocista sloveno (bronzo mondiale nel 2001) pensava però che Tadej Pogacar, il ragazzo che effettivamente sta andando lontano, fosse un po’ indietro nella maturazione fisica rispetto ai coetanei

Ad appena 22 anni, con un Tour de France già in tasca, Tadej è già una delle stelle più luminose del firmamento ciclistico e Andrej, che lo segue tutt’ora come direttore sportivo nell’Uae Team Emirates, è certo che il bello debba ancora venire. Tour, Olimpiade, Vuelta: ci sarà da divertirsi in questo 2021 appena iniziato. Un piccolo assaggio ce l’abbiamo avuto al Uae Tour, incuriositi lo abbiamo seguito lottare contro i giganti alle Strade Bianche e ieri a Prati di Tivo si è aggiunto un altro tassello alla sua storia.

Hauptman fu terzo sul podio ai mondiali di Lisbona, dietro la coppia Mapei Freire e Bettini
Hauptman 3° a Lisbona 2001, dietro Freire e Bettini
Andrej, ti aspettavi di vedere Tadej già così in palla?

E’ ad un buon livello come aveva già dimostrato al Uae Tour, ma nel ciclismo, come negli altri sport, terminata una corsa si tira una riga e si riparte da zero. Per quest’anno, i piani saranno simili a quelli della passata stagione, non gli mettiamo fretta perché è ancora giovane.

Tu che lo conosci da quando è un ragazzino, ti sei sorpreso per il suo 2020 così?

Conoscendolo, sapevo che ha sempre avuto grande fiducia nei suoi mezzi, sin da quando è arrivato in squadra. Vincere il Tour de France da esordiente però, è un qualcosa di davvero speciale.

L’impresa della Planches des Belles Filles ha stupito il mondo: credi che il boom di popolarità l’abbia cambiato?

Assolutamente no, è rimasto lo stesso ragazzo semplice di prima. Poi, per fortuna, corre in una squadra in cui ci sono tanti corridori esperti che possono consigliarlo e aiutarlo a gestire questa situazione.

Com’è in corsa?

Tadej è uno con gli attributi, che osa e ci prova sempre. Però, non lo fa in maniera scriteriata e sa quando muoversi perché ha una grande capacità di leggere la corsa: è una caratteristica innata, che ha sempre avuto. Poi, va bene con tutte le condizioni e non patisce particolarmente il freddo.

E giù dalla sella?

E’ molto professionale, un ragazzo semplice, sereno che, quando non ha pressione, sa rilassarsi e recuperare le energie al meglio. Quando arriva il momento di darci dentro, è bravissimo a fare uno “switch” così da essere pronto a dar battaglia. Non ha bisogno che lo sproni in qualche maniera o che gli dia motivazioni particolari, perché le trova dentro di sé.

Hauptman ha ragione: ancora oggi, osservandolo, è evidente che Pogacar abbia margini fisici di crescita
Va così forte pur avendo ancora grandi margini di crescita
Credi che avere una fidanzata (Urska Zigart; ndr) ciclista lo aiuti?

Sicuramente, perché lei conosce l’ambiente ed entrambi hanno le stesse priorità nella vita. 

Strade Bianche, Tirreno-Adriatico… Sta studiando le strade italiane per correre al Giro l’anno venturo?

Come ben sapete, quest’anno Tadej punterà ancora sul Tour, ma arriverà anche il momento del Giro, potete starne certi. 

In fuga al mondiale, terzo alla Liegi: lo vedi protagonista anche nelle corse di un giorno?

Credo proprio di sì, soprattutto le classiche più impegnative come il Lombardia o la Liegi possono essere le più adatte a lui.

Ti ricorda qualche corridore con cui hai corso o che magari hai trovato da avversario?

In realtà, non ci ho mai pensato e secondo me nemmeno lui. C’è chi ha detto che sia un attaccante come lo era il grande Marco Pantani, ma noi non ci pensiamo e preferiamo focalizzarci sul fare il meglio possibile alle corse. 

Roglic, Mader: il destino in trenta metri

13.03.2021
3 min
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Parigi-Nizza, uno di quei giorni che ti restano dentro. Esiti di una corsa che possono anche influire sul prosieguo della tua carriera. Roglic, quel maledetto responso della cronometro finale dell’ultimo Tour de France se lo porta ancora dentro, un ricordo indelebile, forse un patrimonio che pesa su tutte le sue scelte. A lui, la vittoria nella tappa della Parigi-Nizza a La Colmiane cambiava poco, a Gino Mader, in fuga sin dalle prime fasi, tantissimo. Tutto è cambiato a 30 metri, soli 30 metri dal traguardo (foto in apertura).

Una tappa così non la si può semplicemente raccontare con gli occhi, bisogna entrare nei pensieri dei protagonisti.

Il momento dello scatto di Roglic verso La Colmiane
Il momento dello scatto di Roglic verso La Colmiane

I fantasmi di Roglic

«Sono Primoz Roglic, 31 anni, leader della Jumbo-Visma. Da quel giorno a La Planche des Belles Filles quella sensazione non mi ha mai lasciato, per questo penso che ogni gara, ogni traguardo vada inseguito. E dobbiamo tutti lavorare per quello. Ho vinto ieri ma che sarà domani? Non posso saperlo».

«Sono Gino Mader, 24 anni, svizzero appena arrivato alla Bahrain Victorious. Già, vittoriosa e io di vittorie non he ho. Ma stamattina ho visto partire la fuga di giornata e mi sono messo dentro, chissà mai che…».

Gino Mader all’attacco nella 7ª tappa della Parigi-Nizza
Gino Mader all’attacco nella 7ª tappa della Parigi-Nizza

Il sogno di Mader

Mader: «La tappa sta finendo e io, Gino Mader, sono in testa, da solo. Ho staccato anche Powless. Una quarantina di secondi, basteranno? Mancano 4 chilometri, vado su, ci metto sui pedali tutto quello che ho».

Roglic: «Vogliono farmi la guerra? La maglia gialla ce l’ho io addosso, è normale che sia così, ma tra tutti questi scatti e rallentamenti non ci capisco più nulla. Si avvicina Kruiswijk. Sì Steven, dai un bello strappo, vediamo chi tiene. Grande ragazzo, Steven, era il capitano rima che arrivassi io nel team. Avrà le sue occasioni, ricambierò…».

Mader: «Eccolo, lo striscione dell’ultimo chilometro, non si vede nessuno dietro. Ce l’ho quasi fatta, ci sono, ci sono…».

Roglic: «Questo non lo accetto, Maximilian Schachmann che mi scatta in faccia. Va bene che è il campione uscente, ma il più forte sono io e devo dimostrarlo. Sempre».

Mader: «Il traguardo, eccolo, un ultimo sforzo, ma dietro “lui” sta arrivando. Lo sento che sta arrivando, 50, 30 metri: passa allora, ma questo successo era mio, doveva essere mio».

Roglic: «Sono tre vittorie, di seguito. Un cannibale? Forse, ma quando l’ho visto davanti mi sono detto perché no? Ero lì e sapevo di poter vincere. Domani c’è ancora una tappa difficile, la Parigi-Nizza non è ancora conquistata finché non oltrepassi l’ultimo metro. Lo so bene io, troppo bene».

Storie già viste

La storia del ciclismo ha vissuto centinaia di episodi simili e altri ne vivrà, ma sono proprio questi, o ancor meglio i sentimenti e i pensieri che si annidano in queste vicende che hanno reso lo sport delle due ruote il più epico che ci sia. Uno sport di vincenti e di perdenti e non sempre chi taglia il traguardo per primo vince in toto.

Oggi un quasi sconosciuto svizzero, col suo sguardo perso in quegli ultimi venti metri, è entrato nella memoria di molti, ci si può scommettere.

A Prati di Tivo, Pogacar li manda tutti in crisi

13.03.2021
4 min
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Tappa e maglia, Tadej Pogacar saluta l’arrivo di Prati di Tivo forte di un attacco che non gli consegna ancora la Tirreno-Adriatico, anche se il margine di 35 secondi su Van Aert inizia a farsi interessante.

«Ci aspettano tappe molto impegnative – dice – sia domani con le salite ripide e dure delle Marche, sia la crono. Ma abbiamo una squadra forte abbastanza per controllare e so che dovremo combattere per difendere il vantaggio di oggi».

Attese e ceffoni

Tappa rapida, con grandi promesse alla partenza. Nibali e Ciccone, attesi da tutto il team. Van Aert, ansioso di dare un volto alle sue ambizioni di classifica. Alaphilippe, capace di grandi cose sulle montagne del Tour. Bernal da capire, dopo la Strade Bianche che lo ha riproposto ad alti livelli. Eppure quando a  5 chilometri dall’arrivo Pogacar ha aperto il gas è come se le promesse siano andate a farsi benedire. Bernal a 58”. Van Aert a 45”. Nibali a 1’27”. Ciccone a 6’24”.

«Per puntare alla classifica di una corsa come questa – dice Pogacar – bisognava partire da lontano per guadagnare più margine possibile. Prima ha attaccato Bernal, che in quel momento era super forte, ma ho pensato che fosse troppo lontano dal traguardo. Quando poi ho capito che Thomas poteva essere un bel riferimento, ho attaccato. La salita era veloce sin dal suo inizio. Per questo, quando mi sono voltato e ho visto Yates alle mie spalle, ho pensato che anche lui doveva essere a tutta e che per prendermi avrebbe dovuto fare un super sforzo. Così ho continuato col mio ritmo ed è andata bene».

Yates si avvicina, ma Pogacar sa tenerlo a bada
Yates si avvicina, ma Pogacar sa tenerlo a bada

Il secondo fratello

Da uno Yates all’altro, con la condizione in crescita. Se al Uae Tour lo sloveno ha dovuto faticare per seguire gli attacchi di Adam Yates, questa volta ha tenuto a distanza Simon impostando il suo ritmo. Domani magari dovrà rincorrerlo ancora, ma per oggi è fatta.

«A dirla tutta – sorride – questa tappa è stata una delle mie migliori performance in salita degli ultimi tempi. Alla fine il lavoro fatto questo inverno sta dando dei buoni frutti. Ci siamo già detti dopo il Uae Tour che sono riuscito a passare indenne attraverso l’inverno dopo il Tour, ma la verità è che mi piace correre. Perciò, una volta finiti gli impegni con sponsor e interviste, sono riuscito a risalire in bici e a dimenticarmi di tutto il resto. Adesso ho 35 secondi su Van Aert e domani sarà un giorno super duro. La corsa per certi versi è appena cominciata».