La Coppa Città di San Daniele, che prenderà il via oggi alle 13,10 e che domenica ha visto la prima edizione dell’edizione Rosa, dovrebbe essere l’ultima corsa 2022 di Nicolò Buratti (apertura photors.it). Per la rivelazione della seconda parte di stagione, da Poggiana al campionato italiano cronsoquadre, passando per il mondiale australiano, se coda può esserci, al massimo riguarderà il Trofeo Del Rosso.
Sul traguardo del mondiale, aveva l’espressione sfatta e contrariata di chi ha visto passare il treno e non è riuscito a saltarci sopra: avremmo saputo infatti di lì a poco della foratura, del cambio della ruota e dei problemi successivi che l’hanno costretto a cambiare bici. Per questo alla fine anche Amadori rivedendo il film della corsa, si è reso conto di quale grande occasione abbia perduto l’Italia.
«C’è stata un po’ di sfortuna – dice – ma sono soddisfatto della mia gara. C’è mancato poco che rimanessi nel gruppetto dei migliori per giocarmi poi il podio allo sprint. Ma essere lì significa che sono in grado di lottare con i migliori».
Domenica, Vitillo ha vinto la prima Coppa San Daniele Rosa su Marturano e Realini (foto UC Sandanielesi)Per la piemontese si tratta della terza vittoria stagionale (foto Fabio Saccani)
Lavori in corso
Quando Amadori si è ritrovato a fare la squadra senza Germani, Frigo e Garofoli, appiedati da vari problemi di salute, ha prima guardato alla volta di Parisini. Poi si è reso presto conto che il percorso fosse troppo duro e ha strizzato l’occhio a Milesi e Buratti, che non si sono fatti pregare.
«Lo abbiamo preparato bene – dice – la condizione c’era. Anche all’europeo mi ero mosso bene, dimostrando che c’ero. E’ venuto il settimo posto, ma ero lì per dire la mia. In realtà mi sto scoprendo piano piano anche io. Magari avevo certe idee su me stesso, ma mi sto ricredendo. Pensavo di essere un passista che tiene su percorsi duri e poi dotato di un buono spunto veloce, adesso invece non so esattamente cosa sono. Ho vinto gare tutte diverse fra loro…».
Foratura, cambio della ruota e poi ancora cambio bici. Un giro per rientrare: questo il mondiale di BurattiPer questo dopo l’arrivo il friulano aveva la faccia sfinita e una punta di rammaricoForatura, cambio della ruota e poi ancora cambio bici. Un giro per rientrare: questo il mondiale di BurattiPer questo dopo l’arrivo il friulano aveva la faccia sfinita e una punta di rammarico
Ultimo acuto
Uno così non te lo lasci scappare. Il Cycling Team Friuli è vivaio della Bahrain Victorious, ma al momento non si hanno notizie di accordi già firmati, come conferma anche il suo procuratore Raimondo Scimone, mentre è certo che sul ragazzo ci sia l’interesse anche di altre squadre..
«Lo confermo – sorride Buratti – non ho contratti firmati con nessuno, spero però che nei prossimi giorni verrà fuori qualcosa di ufficiale. Non sono state previste corse tipo stage con i pro’, per cui San Daniele diventa l’ultimo grande obiettivo di stagione. Poi, con la possibile variabile del Del Rosso, penso che avrò diritto a un po’ di riposo, sempre vedendo anche i piani della squadra. Cercherò di fare le cose che la bici tiene lontane, passerò un po’ di tempo con gli amici, cercherò di godermi la vita per quel che si può».
Sabato il Cycling Team Friuli ha vinto il tricolore cronosquadre, con Buratti, Olivo, Debiasi e MilanSabato il Cycling Team Friuli ha vinto il tricolore cronosquadre, con Buratti, Olivo, Debiasi e Milan
Mondiale U23
Ma la lingua torna a battere dove il dente duole, se non altro perché nei giorni scorsi i ragionamenti di Germani, Guercilena e Tiberi hanno aperto la porta sulla partecipazione dei corridori WorldTour ai mondiali U23. E se già aveva colpito il fatto che Fedorov abbia preparato la gara iridata correndo la Vuelta, vederlo al via del Piccolo Lombardia è parso ancora più strano.
«Penso che con i se e con i ma non si va da nessuna parte – ragiona Buratti – ma correre fra i pro’ facendo un determinato calendario come Fedorov e Kooij dia davvero una marcia in più, rispetto a corridori che come me non hanno accesso a quelle gare. Io ho preparato il mondiale facendo il Giro del Friuli e tre tappe in Puglia, diciamo al livello degli altri devo team, ma comunque avvicinamenti diversi. Perciò da una parte va bene che comandi l’età e non lo status professionale, però sarebbe più utile che comandasse il buon senso di non andare a correre in mezzo a chi ancora deve passare. L’anno prossimo sarò all’ultimo anno da U23, ma non so cosa farei se andassi in una WorldTour e mi convocassero per il mondiale…».
Così il 16 agosto, Buratti ha vinto il Gran Premio CapodarcoCosì il 16 agosto, Buratti ha vinto il Gran Premio Capodarco
Sorpresa Capodarco
E se prima di salutarci, gli chiedi quale sia stato il giorno di questa stagione, in cui si sia sentito davvero il miglior Buratti di sempre, Nicolò strizza gli occhi e allarga le braccia.
«A Capodarco – dice – sono rimasto davvero senza parole. Proprio non me l’aspettavo. Venivo dalla vittoria di Poggiana di due giorni prima e la doppietta su quel muro così ripido è stata davvero qualcosa di importante».
«Abbiamo preso Andrea Pasqualon perché è un ottimo corridore che potrà mettere la sua esperienza al servizio del team. Esperienza che ha soprattutto per le corse del Nord. Di certo è e sarà più di un gregario». Inizia così il giudizio di Franco Pellizotti sull’acquisto del corridore trentino.
Con il direttore sportivo della Bahrain Victorious si parla appunto dell’acquisto di Pasqualon, il quale si unirà alla sua squadra a partire dalla prossima stagione. Un passaggio un po’ inaspettato. Dopo tanti anni nel team belga e con la fiducia dei suoi direttori sportivi non era così scontato che Pasqualon potesse lasciare la Intermarché Wanty Gobert.
Franco Pellizotti (43 anni) diesse della Bahrain Victorious, team per il quale Pasqualon ha firmato un biennaleFranco Pellizotti (43 anni) diesse della Bahrain Victorious, team per il quale Pasqualon ha firmato un biennale
Pellizotti lo aspetta
«Andrea – continua Pellizotti – è un ragazzo che ha tanta esperienza, è abituato a correre all’estero e per noi è importante visito che siamo un team molto internazionale, abbiamo atleti di molte nazioni.
«Da un punto di vista tecnico Pasqualon è più di un velocista. E’ un corridore duttile. Può fare bene in molte corse, anche nelle tappe non troppo veloci e soprattutto può fare bene in Belgio. Non che non abbiamo dei buoni corridori per quelle corse, ma non abbiamo neanche un leader da poter dire agli altri: tu fai il gregario di… Tu sei l’uomo di… Abbiamo Mohoric che è bravo e Pasqualon può essere ideale per stargli vicino.
«E poi abbiamo anche tanti giovani e può essere un esempio per loro. Parlando di Belgio e giovani mi viene in mente anche Milan per esempio».
L’arrivo di Pasqualon fa riflettere e con Sonny Colbrelli fermo ai box da ormai una stagione intera e senza certezze sul suo rientro, che ci auguriamo possa avvenire e avvenire presto, è lecito chiedersi se Andrea non possa essere il suo sostituto naturale.
«Non abbiamo ingaggiato Andrea per sostituire Sonny. Hanno caratteristiche simili, ma Sonny è Sonny! Anzi, sono convinto che sarebbe stato dei nostri anche con lui e ne sarebbe stato un compagno ideale. E vi dirò anche che era un bel po’ che lo avevamo preso e non è stata una decisione presa così…».
Per Pellizotti, Pasqualon potrà mettere la sua esperienza del Nord a disposizione della Bahrain VictoriousPer Pellizotti, Pasqualon potrà mettere la sua esperienza del Nord a disposizione della Bahrain Victorious
Pasqualon e il Nord
Da Pellizotti a Pasqualon stesso. Andrea sta correndo in Belgio. Giusto ieri ha chiuso al settimo posto alla Egmont Cyclng Race.
«Se non fosse stato per un’incomprensione con la squadra – racconta Andrea – nel finale sarebbe potuta andare meglio. Ero convinto di avere un compagno, ma non c’è stato. Ai 500 metri si è aperto un buco e nulla… in quattro hanno preso una manciata di metri ed è finita lì.
«Io però sono contento perché era la prima gara dopo l’altura. E si sa che ci vuole sempre un po’ per ritrovare il ritmo gara».
Anche per queste qualità: velocità, costanza di rendimento Pasqualon vestirà i colori della Bahrain Victorious dal 2023.
«Sì, adesso è ufficiale – dice Andrea – sono contento perché la Bahrain è uno dei migliori team in assoluto. Non che la Intermarché non lo sia, soprattutto dopo una stagione come quella che abbiamo fatto. Ma la nuova squadra so che mi darà il 110% per diventare un corridore vero, di altissimo livello. Mancava qualcosina, quel qualcosa di più che sono convinto la Bahrain mi possa dare.
«In Bahrain potrò mettere a disposizione la mia esperienza per il Nord. Potrò stare vicino a corridori come Mohoric e Bauhaus i quali avevano bisogno di un uomo con le mie caratteristiche. Ma al tempo stesso avrò il mio spazio».
La volata vincente di Pasqualon (classe 1988) al Circuito di Vallonia a fine maggioLa volata vincente di Pasqualon (classe 1988) al Circuito di Vallonia a fine maggio
L’amico Mohoric
Anche con Pasqualon tocchiamo il “tasto Colbrelli”. E già solo con questo paragone Andrea sembra lusingato.
«Eh – sorride – non si sa mai. Negli ultimi anni sono cresciuto e magari fare come Colbrelli può essere il mio obiettivo. A me piace andare forte al Nord e Sonny è andato forte al Nord. La mia corsa dei sogni è la Roubaix e Colbrelli ha vinto la Roubaix… Magari ci riuscirò anche io!».
Pasqualon sa che dovrà essere soprattutto di supporto. E’ in sintonia con Pellizotti quando parla di esperienza e di giovani. Anche su Milan dice che potrebbero mettere su un grande team per le volate e che non vede l’ora di conoscerlo nei primi ritiri.
E su Mohoric: «Credo – spiega Pasqualon – che Matej, oltre che fortissimo, sia il corridore più intelligente in gruppo. E non lo dico solo io. Legge la corsa, è sempre informato, conosce i materiali… è sprecato per fare il ciclista! Io e lui siamo ottimi amici. In gruppo parliamo spesso e anzi, se arrivo in Bahrain è anche grazie a lui.
«E’ lui che mi vuole al suo fianco. Gli serviva un corridore che sa limare, che sa creare lo spazio, che sa essere davanti al momento giusto in certe corse e dopo 12 anni di professionismo sono qualità che ho acquisito e che mi consentiranno, spero, di essere un’ottima pedina».
Pasqualon è stato azzurro nell’europeo vittorioso di Viviani nel 2019Pasqualon è stato azzurro nell’europeo vittorioso di Viviani nel 2019
Sogni azzurri
Prima di congedarci con Pasqualon gettiamo anche un occhio su suo prossimo futuro: il mondiale di Wollongong.
Il ragazzo di Bassano del Grappa non ha mai nascosto di volerci essere e anche stavolta ribadisce il discorso. Si è preparato bene. Ad Andorra ha una casa dove vive a 2.000 metri. La gamba sembra esserci. La prestazione di ieri in una corsa tanto veloce e nervosa non è qualcosa da sottovalutare.
«Sul mondiale – dice Andrea – ho messo la crocetta da tempo. Mi sto preparando per quell’evento. Voglio esserci perché è una corsa adatta alle mie caratteristiche e anche per dare una mano a gente come Bettiol o Trentin.
«Correrò oggi a Overijse, poi altre gare come la Bretagne Classic, Plouay, la trasferta con le due gare canadesi e poi vedremo come evolverà la situazione. Io ci tengo tantissimo».
Quarto in un Delfinato corso alla velocità della luce, subito dietro Roglic, Vingegaard e O’Connor, gente da Tour in rotta sul Tour: quanto vale il risultato di Damiano Caruso? In attesa di scoprire i verdetti del Giro di Svizzera e di quantificare la forza di Pogacar in Slovenia, in che modo procede il cammino del siciliano verso la Francia?
Lo abbiamo chiesto nuovamente a Paolo Artuso, capo dei preparatori al Team Bahrain Victorious, che a breve raggiungerà Caruso sull’Etna per un altro step di preparazione.
«E’ andato bene – spiega – con i numeri che ci aspettavamo. Al Romandia c’era stata una flessione nell’arrivo in salita, quindi non era riuscito a fare la classifica che volevamo. Per cui ci siamo fermati, Damiano ha staccato la spina per un periodo di recupero, poi è andato direttamente al Teide per i consueti 15 giorni di lavoro in altura. Solo che quest’anno abbiamo cambiato metodo…».
Vale a dire?
Abbiamo intrapreso la via del Block Training, l’allenamento diviso in blocchi. Per cui sul Teide si è fatta tanta base, mentre per l’intensità si è scelto il Delfinato, dove Caruso è andato meglio del previsto.
Da quest’anno la preparazione di Caruso è stata rivista, nel senso di una periodizzazone a blocchiDa quest’anno la preparazione di Caruso è stata rivista, nel senso di una periodizzazone a blocchi
Block training, come funziona
Per capire meglio, l’allenamento a blocchi è suddiviso in una serie di fasi orientate al miglioramento di uno specifico elemento della prestazione. La differenza principale è quindi la composizione di ogni blocco in base a quello che si vuole raggiungere. Le fasi tipiche sono l’accumulo, la trasformazione e la realizzazione.
L’accumulo è un periodo di volume elevato a bassa intensità, in cui l’atleta costruisce la base per il resto del suo allenamento. Nella trasformazione aumenta l’intensità mentre diminuisce il volume e l’atleta si concentra sulle caratteristiche che desidera sviluppare. La realizzazione è la fase di picco, quando l’atleta raggiunge le massime prestazioni. Il volume è basso per consentire al corpo di riprendersi, ma l’intensità è alta per portare l’organismo al massimo livello di forma fisica possibile.
Roglic e Van Aert (e Vingegaard) hanno monopolizzato il Delfinato: Caruso era lìRoglic e Van Aert (e Vingegaard) hanno monopolizzato il Delfinato: Caruso era lì
Cosa ha fatto dunque Caruso sul Teide?
Prima il solito adattamento, anche se con lui serve meno rispetto alla prima altura dell’anno. Per questo ha iniziato subito a lavorare, senza particolari sessioni specifiche. La prima settimana sono venute fuori 25 ore, nella seconda sono state 28. Niente di esagerato. Di diverso rispetto agli anni scorsi, c’è che anche in allenamento ora diamo il pieno supporto sul piano della nutrizione, come in gara.
Anche Caruso è seguito dal dottor Moschetti?
Esatto, Nicola Moschetti. Anche in allenamento i corridori vengono assistiti sul piano della nutrizione, del recupero, del sonno e della prestazione. Per cui non si tratta solo di mettere insieme una settimana ben fatta, ma si ragiona in termini di consistenza di tutto l’anno. Non andiamo a cercare il peso ideale, perché sarà conseguenza diretta di queste abitudini.
Se il Teide è stato la fase dell’accumulo, il Delfinato è servito per trasformare?
Ha corso sempre al massimo, anche perché parlare di lavori specifici a quelle andature è abbastanza impossibile. Quando conosci le lunghezze delle salite, è anche facile determinare il ritmo giusto per salire, il cosiddetto “pacing”. Per cui nella tappa di ieri, volendo salvare la classifica, a un certo punto Damiano si è lasciato sfilare (è arrivato 6° a 55″ da Vingegaard e Roglic, ndr). Avrebbe potuto tenere duro e per il grande motore che ha, avrebbe fatto un fuorigiri, ma avrebbe compromesso la classifica. Invece così facendo, ha salvato il quarto posto finale. Stesso discorso per la crono.
Ottavo nella crono di La Batie d’Urfé: il Tour si aprirà con una crono, bisognerà gestirla beneOttavo nella crono di La Batie d’Urfé: il Tour si aprirà con una crono, bisognerà gestirla bene
Ottavo a 1’25” da Ganna e meno di un minuto da Roglic.
Avevamo stabilito di farla a 390 watt, l’ha fatta a 392. Ci lavoriamo sopra bene da maggio. Era una crono lunga, intorno ai 35-36 minuti, ed era tutta piatta. Uno come lui, che ha nella potenza alla soglia la sua arma migliore, si è trovato avvantaggiato.
Come si passa alla terza fase?
Adesso tre giorni di recupero, fra viaggio e riposo vero e proprio. Poi da sabato, Damiano andrà sull’Etna e lo raggiungerò anche io per fare lavori dietro moto ad alta intensità e arrivare pronti al Tour. Nella prima settimana, oltre alla difficoltà di gara, ci sarà da farsi il segno della croce...
Siamo vicini alla condizione del Giro 2021?
Credo che al Tour avremo lo stesso Caruso, per potenza e peso, un atleta che quest’anno è stato competitivo in tutte le corse cui è andato.
Damiano Caruso è nato il 12 ottobre 1987, è pro’ dal 2009, è alto 1,79 per 67 chiliDamiano Caruso è nato il 12 ottobre 1987, è pro’ dal 2009, è alto 1,79 per 67 chili
E’ facile ritrovare la forma perfetta? Guardavamo Kruijswijk e non è più sembrato quello del Giro 2016…
Nel suo caso secondo me si dovrebbe parlare di un diverso ruolo in squadra e di qualche infortunio. Lui probabilmente ha gli stessi numeri, ma in una squadra così forte fanno turnover e deve lavorare forte per i suoi leader. Ieri infatti ha fatto un lavoro pazzesco.
Che differenze ci sono fra allenarsi sul Teide e sull’Etna?
L’Etna è leggermente più basso. A livello di strade a Tenerife sono mediamente più dure, mentre in Sicilia ci si può allenare anche in pianura. Il meteo in questa stagione è buono in entrambi i casi, anzi forse l’Etna è più caldo. La logistica degli hotel è buona, forse in Sicilia si mangia troppo bene (sorride, ndr). Per contro, sabato Caruso prenderà la macchina e in un paio d’ore sarà al Rifugio Sapienza, senza tutti i voli che servono per arrivare sul Teide.
Risalite in cima sempre in bici?
Con lui che è scalatore, sempre. Si fanno lavori fino ai 1.200 metri di quota, perché si riesce a replicare l’intensità di gara. Invece sopra i 1.500 comincia a cambiare tutto e il carico esterno inizia a diminuire di un tot ogni 100 metri di quota. Per cui oltre una certa quota, si va senza lavori precisi.
Caruso ha chiuso il Romandia al sesto posto, poi ha staccato la spinaCaruso ha chiuso il Romandia al sesto posto, poi ha staccato la spina
Dall’Etna passaggio ai campionati italiani e poi Tour?
Purtroppo Caruso non farà l’italiano, per una questione logistica. Abbiamo valutato la situazione e il fatto che avremmo due soli corridori su un percorso che non gli si addice. Ci sarebbero Damiano e Zambanini, Milan è ormai prossimo al rientro ma il dottore suggerisce prudenza. E di Colbrelli sappiamo la situazione.
Soddisfatto del Delfinato, allora?
Molto, arriviamo giusti al Tour. Avremo davanti quei 2-3 corridori di un altro pianeta, poi però ci siamo anche noi. Damiano avrebbe potuto fare un grande Giro d’Italia, ho provato fino all’ultimo a convincerlo. Ma vedrete che anche al Tour non sarà affatto male…
Chi ieri li ha visti passare sul Vetriolo e poi sul Menador, spettacolare salita finale scavata dai militari nella roccia, ha avuto la sensazione che i primi andassero piano. Che quei rapporti quasi da mountain bike nascondessero più che un diverso stile di pedalata una mancanza di forza. Facce scavate, scatti accennati. Soprattutto da Landa ci si aspettava qualcosa di più, avendo negli occhi le accelerazioni di un tempo.
L’impressione è che i tre di testa e Almeida subito dopo si siano sistemati su un valore di potenza sostenibile e che Landa nei suoi attacchi abbia… inflitto agli altri delle tirate prolungate per capire se reggessero lo sforzo. Non scatti, ma serie di progressioni.
Mikel Landa è nato il 21 dicembre 1989, è professionista dal 2011, è alto 1,73 e pesa 60 chiliMikel Landa è nato il 21 dicembre 1989, è professionista dal 2011, è alto 1,73 e pesa 60 chili
Livellamento fra i primi
«La sensazione – dice Michele Bartoli che del basco è l’allenatore – è che non ci sia troppa diversità di prestazione fra i primi tre. Questa volta, Mikel è arrivato al Giro in condizione e magro. Ma è difficile aspettarsi a questi livelli lo scatto secco. Anche perché se fai uno scatto forte e poi ti fermi, gli altri vengono sotto spendendo meno. Se riguardate la sua storia, Landa ha sempre dovuto attaccare di rimessa perché era al servizio di un leader. Quando nel 2015 Aru si staccava da Contador, Mikel chiudeva il buco. Alberto faceva il lavoro di sfiancamento e poi lui partiva in contropiede. Sembrava che fosse uno scatto, in realtà erano accelerazioni cui gli altri non riuscivano a rispondere».
Da quest’anno il toscano è uno degli allenatori del Team Bahrain Victorious e ieri avrebbe voluto essere al Giro, dato che la tappa l’ha vinta Buitrago, uno degli atleti che segue direttamente. Lo abbiamo interpellato per capire cosa possiamo aspettarci da Landa: lo scalatore più scalatore fra i primi della classifica, che a causa del passaggio a vuoto di Torino (36 secondi persi da Carapaz), si ritrova terzo in classifica con 1’05” di ritardo.
A Torino, Pello scorta Landa al traguardo dopo un giorno reso duro dall’allergia
Nella tappa di Aprica, il basco non è stato incisivo come altre volte sullo stesso percorso
A Torino, Pello scorta Landa al traguardo dopo un giorno reso duro dall’allergia
Nella tappa di Aprica, il basco non è stato incisivo come altre volte sullo stesso percorso
Che cosa gli è successo a Torino?
Allergia. Mikel è un po’ allergico, ero andato anche a studiare la tappa e ho visto una vegetazione… tremenda. Mi sono detto: se supera questa, siamo a posto. Me ne sono reso conto la mattina, potevamo farci poco. Senza quei secondi, oggi sarebbe molto più vicino in classifica.
Forse, viste le sue caratteristiche, finora in questo Giro è mancato il vero arrivo in salita?
Vero, a parte il Blockhaus che però era il primo e non sapevano ancora come stessero gli altri. Per cui si sono presi le misure e alla fine sono arrivati in cima tutti insieme. Nell’arrivo in salita dai tutto e vada come deve andare.
Il Blockhaus è stato finora l’unico arrivo in salita del Giro, in cui i primi si sono studiatiIl Blockhaus è stato finora l’unico arrivo in salita del Giro, in cui i primi si sono studiati
Infatti l’impressione è che aspettino tutti la Marmolada di sabato.
Quello effettivamente è un arrivo in salita vero, ma lassù secondo me più che per caratteristiche si andrà per energie rimaste. Mikel normalmente è uno che nella terza settimana dei grandi Giri ha sempre fatto bene.
Visto che scatta per stancarli, non sarebbe stato meglio che Buitrago fosse rimasto con lui anziché andare in fuga, aiutandolo a fare il forcing?
Normalmente i corridori in fuga vengono fermati quando ci sono dei tratti in pianura e hai bisogno che ti tirino. Ma lì in salita, la differenza la fai o non la fai. E poi con Mikel c’era Poels, che è andato fortissimo…
Poels ha assistito Landa per gran parte della salita finalePoels ha assistito Landa per gran parte della salita finale
Ecco, la sensazione vedendolo staccarsi e poi rientrare è stata che davanti allungassero e poi si fermassero.
Non è così, sono sempre andati a tutta. Poels rientrava perché in salita è forte. Anche quando era con Sky, spesso davanti rimanevano soltanto lui e Froome. Ieri tutta la squadra ha corso benissimo e ha fatto quello doveva. Hanno raccolto il massimo di quello che era disponibile.
Quindi Landa sta bene?
Vedo equilibrio. La violenza degli scatti, il fatto che facciano male oppure no dipende anche da quanta energia hanno gli avversari. Se quelli mollavano, sarebbe sembrato uno scatto violento. In realtà, aumenti quel poco che ti fa fare la differenza e speri che sia uno scatto redditizio. Poi in televisione non te ne accorgi dell’intensità che metti. Se uno ti viene dietro, sembra che tu non abbia neanche aumentato, però se guardi i watt lo vedi…
Michele Bartoli ha 52 anni. Da quest’anno è uni dei preparatori del Team Bahrain VictoriousMichele Bartoli ha 52 anni. Da quest’anno è uni dei preparatori del Team Bahrain Victorious
Dici che il Giro è ancora aperto?
Speriamo proprio di sì. E’ un bel Giro d’Italia, avrei messo qualche arrivo in salita in più. Anche il Mortirolo fatto da quel versante era meno duro del solito e ha fatto meno selezione. Però non puoi dire che non sia un Giro duro, solo è stato disegnato in modo che la parte tattica conti di più.
Fran Miholjevic ha vinto la Carpathian Couriers Race, terzo successo di stagione dopo la tappa al Giro di Sicilia e il GP Vipava Valley di febbraio. Di lui si sa che indossa per il secondo anno la maglia del Cycling Team Friuli e che suo padre Vladimir è il team manager della Bahrain Victorious.
Finora vi abbiamo raccontato di Marta Cavalli attraverso gli occhi del padre Alberto. Ci siamo emozionati per l’esultanza di Elisa Balsamo e suo padre Sergio sul traguardo di Wevelgem. E giusto domenica abbiamo conosciuto Marco Fortunato, che continua a lavorare con i bambini alle porte di Bologna, mentre Lorenzo si prepara per il Giro. Ma cosa succede quando tuo padre è uno dell’ambiente e per giunta anche importante?
Miholjevic, team manager del Team Bahrain Victorious, con Pellizotti, che gli parlò del CT Friuli
Giro d’Italia 2007, via dalla Sardegna e Gasparotto in rosa. La Liquigas vincerà infine con Di Luca
Il Giro del 2009 è quello del rientro di Basso: Miholjevic tira per lui verso Monte Petrano
Plan de Corones, cronoscalata al Giro 2010. Vince il suo capitano Garzelli, Miholjevic al 22° posto
Miholjevic, team manager del Team Bahrain Victorious, con Pellizotti, che gli parlò del CT Friuli
Giro d’Italia 2007, via dalla Sardegna e Gasparotto in rosa. La Liquigas vincerà infine con Di Luca
Il Giro del 2009 è quello del rientro di Basso: Miholjevic tira per lui verso Monte Petrano
Plan de Corones, cronoscalata al Giro 2010. Vince il suo capitano Garzelli, Miholjevic al 22° posto
Ciclismo, no grazie
Lo abbiamo chiesto a Miholjevic senior, 48 anni, professionista dal 1997 al 2012 con 11 stagioni in squadre italiane: Alessio, Liquigas, Acqua & Sapone. Lo abbiamo pregato di parlare da padre e non da addetto ai lavori. Almeno finché è stato possibile tenere separati gli ambiti.
«Quando correvo – sorride – i bambini non volevano vedere le corse in televisione. Le odiavano. Così mia moglie le guardava da sola. Quando ho smesso, sono tornato a studiare Legge. Mi mancavano 10 esami. E intanto, una squadra di triathlon di Fiume, la mia città, mi chiamò per chiedermi di seguire i loro allenamenti. Ne parlai con mia moglie. Le dissi che senza un obbligo, non ce l’avrei fatta a risalire in bici. Così cominciai. E mentre mi stavo preparando per il primo allenamento, Fran mi chiese se poteva venire con me. Era il 2014, aveva 12 anni e una mountain bike di 20 chili che gli avevamo comprato qualche anno prima per la promozione».
Miholjevic è alto 1,90 e pesa 72 chili. Sin da bambino era pià alto dei coetanei
Da allievo nel 2018, Miholevic ha corso spesso e vinto anche in Italia (foto Bortoletto)
Tra le vittorie da allievo, anche il GP Piemme, Memorial Pizzolato (foto Bortoletto)
Miholjevic è alto 1,90 e pesa 72 chili. Sin da bambino era pià alto dei coetanei
Da allievo nel 2018, Miholevic ha corso spesso e vinto anche in Italia (foto Bortoletto)
Tra le vittorie da allievo, anche il GP Piemme, Memorial Pizzolato (foto Bortoletto)
Come andò a finire?
Erano ragazzi di 15 anni, quindi tre più di lui. Però Fran andava. Abbiamo la fortuna di vivere fuori città, vicino al bosco. Ancora oggi, ma a quel tempo di più, i bambini giocano in strada e lui era forte. Così tenne il ritmo.
L’orgoglio di papà?
Lo osservavo e credevo che gli sarebbe passata la voglia. In famiglia eravamo un po’ stufi dello sport, non vedevo i miei figli fare agonismo. Però, visto che mi chiese di riprovarci, gli diedi la Cannondale che la Liquigas ci aveva lasciato dopo la vittoria al Giro del 2007. Era una 56, lui ancora aveva bisogno di una 52. Però ci salì sopra e staccò tutti. Fu allora che pensai: «Forse qualcosa c’è!». Così chiamai l’Acqua & Sapone, che nel frattempo aveva chiuso, ma aveva ancora delle bici in magazzino. Chiesi se ne avessero una della sua taglia e mi mandarono quella di Betancur. E piano piano, si cominciò a capire che c’era del talento.
Al Trofeo Ucka del 2019, primo di categoria. Eccolo con padre, madre e sorella minore (foto Novi List)Al Trofeo Ucka del 2019, primo di categoria. Eccolo con padre, madre e sorella minore (foto Novi List)
In che modo?
Lo portai a una gran fondo e la vinse. Poi si è iscritto al club dove avevo cominciato anche io. E da junior è andato alla Adria Mobil, che ai miei tempi si chiamava KRKA Telekom. Purtroppo anche lui è incappato nel lockdown. Nel 2020 aveva 18 anni, secondo anno junior. E come tutti i ragazzi della sua età ha perso la possibilità di dimostrare il suo valore. Mi faceva quasi compassione nel vedere quanta energia mettesse negli allenamenti senza poter correre. Il quarto posto agli europei di Plouay fu una grossa soddisfazione.
In che modo lo hai seguito?
Ho cercato di fargli capire le specifiche dello sport. Lo guardavo e cercavo di trasferire a lui la mia esperienza. Io non ero veloce, ma spesso riuscivo a fare selezione in salita e vincevo perché ero meno morto degli altri. Fran è sempre stato un bambino più intelligente di me. Io al confronto ero un… caprone forte. Mi chiedevo: a cosa mi serve l’astuzia, se li posso staccare tutti? E se poi rientravano e mi battevano in volata, ero contento lo stesso, perché comunque in salita ero stato più forte. Fran è più furbo. E’ veloce e va bene a crono.
Sei sempre stato presente?
Avere da junior il padre che sa di bici è un vantaggio. Da under 23 diventa un peso e così ho cercato di stare lontano. Ho chiamato per lui un agente, Mattia Galli, perché potesse seguirlo con una minima influenza da parte mia. Era strano che andassi a parlare io con le squadre. Sono venute offerte dalla Leopard in Lussemburgo. So che parlavano con la FDJ. Finché un giorno, ragionando con Pellizotti, il discorso è finito sui tanti corridori che venivano dal Cycling Team Friuli.
Dal 2021, Fran Miholjevic indossa la maglia del Cycling Team Friuli (foto Scanferla)Dal 2021, Fran Miholjevic indossa la maglia del Cycling Team Friuli (foto Scanferla)
Non li conoscevi?
Li vedevo, ma non avevo mai approfondito. Parlando, ci siamo resi conto che vincevano, ma soprattutto avevano una buona riuscita nel professionismo. Ragazzi come De Marchi, Fabbro e Aleotti erano un bel biglietto da visita. “Pelli” diceva che lavorano bene, insistendo sull’educazione, senza pressioni, facendoli crescere. Così andai a parlare con Bressan.
Insomma, alla fine hai ceduto e ti sei fatto avanti tu…
Gli dissi di valutarlo come corridore (sorride, ndr), non come il figlio di Miholjevic. Se lo riteneva all’altezza, se ne poteva parlare. Roberto aveva già la lista piena, per non lasciare indietro i ragazzi che durante il Covid non si erano espressi, ma alla fine decise di dargli una possibilità. Così Fran ha iniziato a lavorare con Andrea Fusaz, ma anche con Alessio Mattiussi e Fabio Baronti. E poi ha trovato in Renzo Boscolo un diesse con grande visione di corsa e capacità di comunicazione. Se ci sono problemi, si chiariscono subito. Sanno dare anche delle sberle, ma in modo pedagogicamente giusto. Da padre, sono proprio contento.
Carpathian Couriers Race, da sinistra, Debiasi, De Cassan, Miholjevic, Buratti, Stockwel e il ds Boscolo
Sul podio finale, Miholjevic ha preceduto il canadese Juneau e l’austriaco Hajek
Alla Carpathian Couriers Race, dopo il 3° posto nel prologo di Budapest, la vittoria della 1ª tappa
Carpathian Couriers Race, da sinistra, Debiasi, De Cassan, Miholjevic, Buratti, Stockwel e il ds Boscolo
Sul podio finale, Miholjevic ha preceduto il canadese Juneau e l’austriaco Hajek
Per Fran, dopo il 3° posto nel prologo di Budapest, la vittoria della 1ª tappa
Anche da manager, visto che nel frattempo è iniziata la collaborazione fra Bahrain e CTF…
Vero. Siamo sulla via giusta per farlo in modo davvero costruttivo. Costruire una continental richiede tanto entusiasmo e tanta energia, che poi viene ripagata quando i corridori li vedi crescere e vanno via. Abbiamo imparato reciprocamente. I nostri hanno visto la fame di arrivare dei ragazzi e anche a loro è scattata la molla di dimostrare quanto valgono. E tutti onorando gli stessi sponsor tecnici.
Che corridore può diventare Fran?
Non è uno scalatore puro, né un velocista. E’ alto 1,90 e pesa 72 chili. E anche se con questi numeri qualcuno ha vinto i Giri, sono tanti chili da portare. Ha le abilità per le corse di un giorno, ma non ha provato quelle del Belgio, perché la nazionale croata juniores non ha i numeri per certe trasferte. Per questo il prossimo anno con il CTF vorremmo fare le gare più importanti del Belgio. Vogliamo internazionalizzare la squadra. La base sarà italiana, la sua forza. Ma abbiamo tante richieste da U23 e juniores che vogliono venire al Bahrain passando per il CT Friuli. Ed è davvero una grande conferma del buon lavoro.
Vacanze di famiglia: con Vladimir e Fran, la mamma Irena e le sorelle Tara e LanaVacanze di famiglia: con Vladimir e Fran, la mamma Irena e le sorelle Tara e Lana
Fran vive a casa o sta più spesso in ritiro?
La sede del team è a 135 chilometri da casa, per cui sta spesso a Fiume dove ci sono percorsi ottimi per allenarsi. Però si ferma volentieri anche in ritiro. Là c’è Stockwell, un bel corridore. Vanno d’accordo, per cui Fran parte un giorno prima e torna sempre un giorno dopo.
Alla fine hai capito perché non volevano vedere le gare in tivù?
La figlia più grande, Lana che ha 23 anni, non voleva guardare perché eragelosa delle miss sul palco. A Fran invece non interessava, non era un bambino che mostrava affinità con lo sport. Ha fatto basket, poi pallamano che da noi è famosa e forte. Infine ciclismo. Mi faceva pensare a suo zio, il fratello di mia moglie, forte in qualunque sport, ma senza la mentalità per approfondire. Credevo che Fran fosse così, che facesse sport finché era comodo, invece mi sbagliavo di grosso. Del resto, l’ho sempre detto (ride, ndr) che non sono bravo a valutare le persone…
Nicolò Buratti farà un altro anno prima di passare tra i pro'. La notizia ha fatto parlare. Ma al di là delle ragioni, si tratta della scelta più giusta
Colbrelli vince la tappa di Houffalize al Benelux Tour. Domai difenderà il primato e poi volerà a Trento per gli europei. Grande intesa fra lui e Trentin
Incredibile. Neanche il tempo di mettere l’articolo online che Thibaut Pinotera già fuga. E finalmente stavolta ce l’ha fatta. Stavolta ha voltato pagina. Stavolta sull’arrivo ci è un arrivato con la testa alta. E il sorriso. Basta confrontare le due foto di apertura dei due articoli.
Ma anche stavolta ad un certo punto i nuvoloni si sono fatti scuri per Thibaut. Il cielo si è fatto buio in discesa. Due volte. Nella prima, David De La Cruz lo ha staccato, nella seconda lo ha riacciuffato.
Ma quando uno scalatore stacca tutti in salita le sue energie si moltiplicano. Il suo scopo lo ha raggiunto e di colpo i dubbi diventano certezze. Il finale, che sulla carta, era più adatto al corridore spagnolo, Thibaut se lo è mangiato. Ha vinto “per distacco”.
«La seconda piazza di ieri – ha detto Pinot – mi ha dato fiducia».
Matteo Badilatti con il diesse Bricaud. La Groupama-Fdj sta attraversando un buon momento
Il podio finale del Tour of the Alps: con Bardet, Storer e Arensman
Matteo Badilatti con il diesse Bricaud. La Groupama-Fdj sta attraversando un buon momento
Il podio finale del Tour of the Alps: con Bardet, Storer e Arensman
Super Thibaut e Groupama-Fdj
Gioia dunque in casa Groupama-Fdj. Non solo per Thibaut. Una gioia nata dalle lacrime di ieri e da tanti piazzamenti colti in stagione. Però le cose stanno girando all’interno del gruppo di Marc Madiot. Guardiamo anche come vanno i suoi ragazzi della continental.
«In squadra – racconta Matteo Badilatti gregario doc della Groupama-Fdj – c’è un bel clima. Questa vittoria non è nata ieri sera a tavola dopo la sconfitta di Pinot, ma è frutto della buona atmosfera che si respira in squadra.
«Siamo uniti, lavoriamo sodo e prima o poi le cose vanno nella maniera giusta. Anche ieri sera Thibaut è stato positivo. Lui è un grande campione, una persona incredibile e sa fare bene in ogni occasione. Lui dà il massimo sempre, ci sprona ed è motivo di orgoglio anche per noi.
«Se sapevamo che Thibaut sarebbe andato subito in fuga? Beh – sorride Badilatti – la tappa oggi era difficile e quindi meglio stare davanti no? E poi con il gruppo che ha lasciato fare era perfetto per noi».
Intanto il diesse Thierry Bricaud si complimenta con Badilatti, arrivato quando MichaelStorer è giusto sul podio. Gli dice come è andata. E aggiunge: «Non male, no!». Poi lo abbraccia.
Eh sì, perché la Groupama-Fdj è salita sul gradino più alto del podio anche come team.
«Oggi abbiamo ottenuto una bella prestazione di squadra – conclude Badilatti – e c’è soddisfazione. E’ stata una giornata positiva. Finalmente le cose iniziano ad andare bene. C’è motivazione. Adesso possiamo guardare in modo positivo alle prossime gare. Il segreto di questa Groupama? Lavorare!».
Bardet a tutta in salita. Un’azione così il francese non la faceva da un bel po’
Immagine stupenda: Bardet esulta per la vittoria della classifica generale e dietro di lui Arensman fa festa
L’abbraccio fra il francese e l’olandese
Bardet a tutta in salita. Un’azione così il francese non la faceva da un bel po’
Immagine stupenda: Bardet esulta per la vittoria della classifica generale e dietro di lui Arensman fa festa
L’abbraccio fra il francese e l’olandese
Bardet, re del Tour of the Alps
Da un clima di gioia all’altro. La Francia oggi fa festa. Tra i giornalisti dietro l’arrivo c’è chi azzarda una battuta: «Bardet brinda col Pinot!». Ci sta…
Romain, e ve lo avevamo raccontato giusto un paio di giorni fa, stava bene. Quello sguardo da furbetto ce lo aveva anche oggi. Ancora dopo il traguardo. Ha una grinta pazzesca. Una grinta che non gli si vedeva da tempo.
Anche per lui vale il discorso fatto con Pinot: quando lo scalatore sente le sensazioni positive in salita diventa una “macchina da guerra”.
Sullo Stronach, 3,1 chilometri durissimi, ha demolito anche psicologicamente Pello Bilbao. Ha fatto il forcing per tutta la salita. Prima con l’aiuto di Thymen Arensman e poi da solo. A mano a mano tutti si sono staccati. Tutti tranne appunto Storer e il suo giovane compagno.
Alla fine se questa è la squadra che davvero vedremo al Giro, ci sarà da stare attenti anche a loro. Arensman una volta in pianura ha fatto un lavoro eccezionale. E già prima dell’arrivo festeggiava con le braccia al cielo, forte del conoscere i distacchi per radio.
«Pensavo solo alla classifica finale – ha detto Bardet – anche perché Pello ha forato tre volte e tre volte ci siamo fermati ad attenderlo. Per questo la fuga, con Thibaut e David, ha preso così tanto margine.
«Adesso pensiamo al Giro, ma senza pressione. Anche qui abbiamo ragionato giorno per giorno. E poi man mano è aumentata la sicurezza e stamattina abbiamo detto semplicemente: proviamoci».
Un Bardet così non si vedeva da un po’
«Nessun segreto. Lavoro diversamente: più corse, meno pressioni da parte della squadra, c’è un bell’ambiente e riesco ad esprimermi come voglio».
Anche nel Team Dsm c’è gioia. E’ incredibile vedere come i ragazzi si abbraccino e si cerchino dopo l’arrivo. E con loro i massaggiatori, i diesse. Davvero: il ciclismo è uno sport di squadra.
Pello Bilbao (in seconda ruota) ha sofferto il freddo e forse anche un po’ la pressione. Alla fine ha chiuso 4° nella generale
Pellizotti accoglie i suoi ragazzi con una pacca sulla spalla
Pello Bilbao (in seconda ruota) ha sofferto il freddo e forse anche un po’ la pressione. Alla fine ha chiuso 4° nella generale
Pellizotti accoglie i suoi ragazzi con una pacca sulla spalla
Bilbao, pressione o lividi?
E si abbracciano anche in casa Bahrain Victorious.Franco Pellizotti si congratula con tutti i suoi ragazzi che tornano al bus alla spicciolata. Loro non gioiscono però. Hanno perso un Tour of the Alps dominato dalla prima alla penultima salita.
«Sapevamo – spiega Pellizotti – che ci saremmo giocati tutto sull’ultima salita che era davvero dura. Bilbao non lo ha battuto un corridore qualunque. Tra l’altro un corridore che si sta ritrovando e mi sembra anche bene. Ho anche corso con lui, me lo ricordo da giovane ed era un bravo ragazzo in gruppo. Sono contento per lui».
«Cosa ci è mancato? Nulla, come detto c’è chi è andato più forte di noi. Sì, ieri sera Pello lamentava qualche dolore per la caduta. Mi ha detto che oggi aveva tanto freddo, tanto è vero che non si è mai tolto la mantellina. Ma non regge. E non regge neanche il discorso del rischiare il giusto (pensando al Giro, ndr). C’è chi è andato più forte. Punto».
A nostro avviso, il basco ha pagato molto la pressione. E’ vero che non si può giudicare dalle immagini in tv, però prima della salita finale sembrava molto teso. E anche stamattina, prima del via, era un po’ sulle sue.
«Mah, pressione – conclude Pellizotti – sapete alla fine è la prima volta credo che si giocava una corsa a tappe. E credo che sia una step importante per la sua crescita e per il resto della sua carriera».
Con Jacopo Guarnieri, colonna portante della Groupama-Fdj, cerchiamo di capire come funzioni il treno di Arnaud Demare. Un lavoro certosino che dura da anni
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Rieccoli. Mikel Landa e Pello Bilbao. La Bahrain Victorious continua a schierare insieme i suoi due alfieri baschi. Non solo due grandi corridori, ma anche due grandi amici. E oggi, al Tour of the Alps verso Lana lo hanno dimostrato ancora una volta.
Una corsa difficile, entrata nel vivo sin dall’inizio con nomi importanti sul Passo Rolle. Ma questo non ha fatto altro che ribadire la grande condizione, e la voglia di Giro, da parte dei due spagnoli. Nel dopo tappa abbiamo parlato a quattrocchi con Franco Pellizotti, uno dei diesse della Bahrain-Victorious.
Come era pronosticabile, la corsa è esplosa già sulla prima salita, il Passo Rolle che si scalava in avvio. Subito sono rimasti in pochiCome era pronosticabile, la corsa è esplosa già sulla prima salita, il Passo Rolle che si scalava in avvio. Subito sono rimasti in pochi
Franco una grande dimostrazione di squadra?
Abbiamo dimostrato – risponde con orgoglio – di essere una squadra forte e unita. Sappiamo correre bene.
Landa che lavora per Bilbao: è uno scambio di ruoli in vista del Giro?
Ma no, erano partiti alla pari. Sapevamo che Pello, come aveva dimostrato in questo ultimo periodo, era in una condizione migliore. Mikel invece arrivava da un periodo di allenamento in altura, pertanto non conoscevamo la sua forma. E poi c’è una cosa che non va sottovalutata: a Pello questa corsa piace tanto. E per questo era ancora più motivato nel fare bene. Poi sono due ragazzi onesti, l’uno con l’altro.
Franco lo abbiamo detto tante e non è una novità: Pello e ancora di più Landa, vanno forte, ma poi gli succede sempre qualcosa. Perché quest’anno dovrebbe essere la volta buona?
Eh perché forse siamo in credito con la fortuna! Il ciclismo è così: non è matematica. Non sai mai cosa ti aspetta dietro l’angolo. Quest’anno, come l’anno scorso, Mikel arriva al Giro in una grande condizione fisica. E’ un Giro adatto a lui con poca crono e con salite dure. Ci presentiamo con una squadra molto forte e quindi i presupposti per fare bene ci sono tutti. Però mentalmente lo vedo pronto e preparato.
Mentalmente…
E fisicamente. Bisognerà stare un po’ attenti nel modo di correre con Landa.
Geoffrey Bouchard, leader dopo la prima frazione, ha lottato come un leone ma sotto il forcing di Landa ha ceduto
Bilbao abbraccia Landa subito dopo l’arrivo di Lana
Romain Bardet, secondo allo sprint e nella generale, si scioglie sui rulli dopo il traguardo
Geoffrey Bouchard, leader dopo la prima frazione, ha lottato come un leone ma sotto il forcing di Landa ha ceduto
Bilbao abbraccia Landa subito dopo l’arrivo di Lana
Romain Bardet, secondo allo sprint e nella generale, si scioglie sui rulli dopo il traguardo
Nel senso che andrà protetto di più. E’ cambiato qualcosa nel suo approccio mentale, visto che ne hai parlato?
Direi di no. Alla fine si è preparato come gli anni scorsi. Durante l’ultimo Giro se non fosse caduto ne avremmo viste delle belle. Aveva dimostrato di essere in una super condizione. Dopo il Giro per lui è stato tutto un inseguire. Dopo la caduta è stato in ospedale e non è come finire il Giro, andare al mare, fare una settimana di vacanza e staccare di testa. No, ha corso dietro a mille problemi. Dopo il Lombardia ha azzerato tutto, è andato in vacanza ed è ripartito da lì.
Più lineare invece il percorso di Pello. Oggi Bilbao era capitano. Ma Landa ha gestito la squadra: cosa diceva Mikel per radio ai suoi?
Mikel non parla molto ma è un leader. Anche con i giovani li sprona, riesce a motivarli e a dargli le indicazioni giuste. E anche se è un co-leader, come oggi nei confronti di Bilbao, avere un corridore come lui è una manna dal cielo.
Torniamo alla corsa: è andata come vi aspettavate?
Non proprio. O almeno non pensavamo che attaccasse gente tanto forte all’inizio (il riferimento è soprattutto rivolto a Sivakov e Lopez, ndr). Anche se sapevamo che sarebbe potuto succedere. Se avessimo avuto davanti un altro corridore rispetto a Pernsteiner sarebbe andata in maniera diversa.
Cosa intenti per un altro corridore rispetto a Pernsteiner?
Penso allo stesso Mikel o a Pello. Con Pernsteiner davanti magari avremmo colto un piazzamento. Ma noi siamo qui per vincere la corsa e non potevamo rischiare. Sapevamo di avere una squadra forte e quindi abbiamo corso in questa maniera.
Braccia alzate per Pello Bilbao. La sua squadra è stata perfetta anche nello sprintBraccia alzate per Pello Bilbao. La sua squadra è stata perfetta anche nello sprint
L’uomo del giorno
E poi c’è l’uomo del giorno: Pello Bilbao. Il basco arriva in conferenza stampa vestito di verde, colore che contraddistingue il leader del Tour of the Alps. Composto come nel suo Dna, magrissimo e anche piuttosto disteso in volto (segno di buon recupero), risponde con piacere alle tante domande.
«Vero – dice Bilbao – tante volte ho aiutato io i miei compagni. Ma noi siamo una squadra e non importa chi sia il leader. L’importante è che riusciamo a vincere. Anche oggi si è visto come il ciclismo sia uno sport di squadra. Guardate Pernsteiner che era in fuga e si è fermato per venire a tirare…».
«E’ stata una tappa strana, difficile e con un grande dislivello. Non ci aspettavamo quella gente all’attacco sin dall’inizio. Però siamo riusciti a recuperare e a superare i momenti difficili della corsa, quando sembrava impossibile ricucire sui fuggitivi. Lì siamo stati bravi. Siamo rimasti calmi e abbiamo fatto un ottimo finale.
«Come ho gestito l’ultimo chilometro? In realtà non ho fatto molto. La squadra ha lavorato alla perfezione. Solo ai 300 metri ho detto a Landa di spostarsi a sinistra perché sarei passato a destra, la strada migliore per fare lo sprint. E così è andata. Temevo di più Romain Bardet, visto che anche ieri ha dimostrato che siamo molto vicini».
«Io sto bene – conclude il basco – Siamo qui per vincere e ogni anno punto molto su questo periodo della stagione. Io in rosa al Giro? Difficile per un corridore come me!».
Un altro genitore che parla del figlio corridore. Questa volta tocca a Vladimir Miholjevic sul figlio Fran, fresco vincitore della Carpathian Couriers Race
Tris di Evenepoel a San Sebastian. Attacco in salita a 73 chilometri dall'arrivo e poi sprint a due con Pello Bilbao. Poteva staccarlo? Forse non ha voluto
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Aveva in testa Colbrelli e pensando a lui è andato in fuga. In piedi al centro del quartiere dei corridori al margine della pista, ora Matej Mohoric tiene le mani sui fianchi e fissa la bici, probabilmente senza guardare nulla di particolare. Aloni di sudore disegnano i suoi pantaloncini, mentre gli passano una bottiglietta d’acqua, che si ostina a non bere. Dalle transenne i microfoni lo chiamano. Lo sloveno si consiglia con l’addetta stampa della squadra, poi a fatica si avvicina.
Vincitore morale
Se esiste un vincitore morale della Roubaix, Matej è probabilmente il favorito. Si erano appena superate le tre ore di corsa e filavano oltre i 47 di media, quando ha raccolto il guanto di sfida lanciato da Davide Ballerini e si è offerto di dargli una mano. Il loro passo davanti è stato convincente e solido a lungo.
Senza la foratura, probabilmente Mohoric sarebbe arrivato più avanti: ne è certoSenza la foratura, probabilmenteMohoric sarebbe arrivato più avanti: ne è certo
«Quest’anno alla fine – dice – ho provato ad anticipare. Quando è partito Ballerini, mi è sembrato presto, ma abbiamo voluto continuare insieme. Sfortunatamente ho forato e ho dovuto cambiare la gomma. Ho resistito finché ho potuto usando il tubeless, ma se non avessi bucato, avrei avuto più chance di restare davanti con Devriendt, il corridore della Intermarché».
Nessuna diavoleria
Quando stamattina è sceso dal pullman del Team Bahrain Victorious per andare alla firma, era tranquillo. Ha scherzato sul fatto che questa volta sulla sua bici non ci fossero strani meccanismi e semmai ha mostrato i nuovi guanti Prologo al debutto nella Roubaix.
In pista, ha sentito le gambe vuote, Avrebbe voluto anticipare lo sprint, ma Van Aert e Kung alle sue spalle erano in agguato.In pista, ha sentito le gambe vuote, Avrebbe voluto anticipare lo sprint, ma Van Aert e Kung alle sue spalle erano in agguato.
«Non ci sono discese alla Roubaix – dice ricordando la battuta del mattino – non c’era bisogno del reggisella telescopico. Alla Sanremo si è deciso tutto in pochi minuti, questa volta ho fatto il mio meglio per tutto il giorno. Ho anticipato di nuovo nel finale, ma allo sprint non ho avuto le gambe. Speravo che Van Aert e Kung si guardassero e aspettassero l’ultima curva, per scattare per primo e prendere vantaggio, ma non ci sono riuscito. Il quinto posto è un bel risultato, sono orgoglioso. Ho fatto il meglio possibile».
Aspettando Sonny
Con tutto il peso delle inquadrature sulle spalle, la corsa di Mohoric e degli attaccanti che hanno preso il largo con lui è stata l’anticamera dell’azione decisiva che intanto si andava organizzando alle spalle.
Dopo cinque minuti a riordinare le idee, senza neppure sedersi, Mohoric ha fatto il primo sorso d’acquaDopo cinque minuti a riordinare le idee, senza neppure sedersi, Mohoric ha fatto il primo sorso d’acqua
«Sono stato sfortunato con la foratura – dice – ma in generale è andata bene. Ho fatto il massimo, ho dovuto cambiare la ruota e lo stesso mi sono ritrovato nel gruppo dei favoriti. Poi ho anticipato di nuovo con Lampaert, ma purtroppo lui non aveva gambe, poi è caduto. Perciò sono rientrati i più forti che erano Kung e Van Aert. Ho avuto per tutto il giorno Sonny nella mia testa, volevo regalargli la vittoria. Magari proveremo il prossimo anno, quando magari tornerà anche lui. Quest’anno le cose stanno andando bene. Abbiamo lavorato in modo importante durante l’inverno e il lavoro duro paga. Ci manca proprio Sonny. Con lui sarebbe stato più facile gestirsi, perché in due riesci a giocarti meglio le tue carte. Lo aspetto, ditegli che lo aspetto».
Dopo la Sanremo e la vittoria di Mohoric, c’è stato appena il tempo per un po’ di baldoria sul pullman, poi gli uomini del Team Bahrain Victorious si sono sparpagliati verso le rispettive destinazioni. Jonathan Milan ha… vinto un viaggio di due settimane in Belgio, con il menù che comprende De Panne, Harelbeke, Gand-Wevelgem e Giro delle Fiandre. Il tutto dopo la prima Sanremo della carriera (in apertura è con Van der Poel), in un inizio di primavera che per il biondo friulano ha davvero degli splendidi colori.
«Sono uscito dalla Sanremo con una buona gamba – dice – contento per come mi sono gestito, soprattutto sul piano alimentare. Avevo le mie consegne e cose da fare e credo di essere riuscito a svolgere i compiti che mi hanno dato».
Johnny ha il tono entusiasta. Domenica non si è allenato, lunedì invece la squadra ha messo le ruote nuovamente sul pavé e fatto un lavoro più consistente in vista della prima corsa, domani a De Panne. Nonostante un oro olimpico e vari altri titoli in pista, Milan ha soltanto 21 anni ed è logico che il suo primo obiettivo sia mettere insieme le esperienze per diventare grande un po’ più in fretta.
Al sole accanto a Damiano Caruso all’interno del Vigorelli. In fondo c’è MohoricAl sole accanto a Damiano Caruso all’interno del Vigorelli. In fondo c’è Mohoric
Quali compiti avevi alla Sanremo?
Dovevo tenere Caruso davanti sul Turchino e lo abbiamo fatto quasi tutto intorno alla decima posizione. Poi avrei dovuto aiutare i capitani, anche andando a prendere qualche borraccia. Infine il compito più delicato era portarli a prendere la Cipressa nelle prime posizioni e penso di essere andato bene. A un certo punto mi sono ritrovato a tirare parallelamente a Ganna, ma dopo quella trenata ero davvero finito.
Perché sei contento della gestione alimentare?
Perché la Sanremo è una corsa dal chilometraggio importante. Mi chiedevo se si dovesse mangiare più o meno di una gara di 200 chilometri. Ho ascoltato le dritte del nutrizionista e poi la palla è passata a me. Ho mangiato i miei gel, i paninetti, le ricecake e sono arrivato ai piedi della Cipressa senza il mal di stomaco che mi viene quando prendo troppe maltodestrine.
Lavoro ben riuscito, visto che alla fine avete vinto…
Sono contentissimo per Matej (Mohoric, ndr), credo che tutti abbiamo fatto un ottimo lavoro.
Quest’anno per Milan, prima il Saudi Tour e poi UAE Tour, nella fotoQuest’anno per Milan, prima il Saudi Tour e poi UAE Tour, nella foto
E adesso dunque sei in Belgio…
Pronto per mangiare pane e pietre, ma tutto sommato mi diverto a stare quassù. E soprattutto a De Panne cercherò di fare la volata per ottenere il miglior risultato possibile.
E poi si torna nei ranghi?
Per dare una mano ai capitani e fare una buona esperienza. Sono giovane, ho già fatto le classiche l’anno scorso. Ieri abbiamo visto qualche passaggio e ho scoperto che alcuni li riconoscevo. Sto costruendo gradualmente la mia esperienza. Tutto serve.
Anche per le scelte meccaniche, no?
Provare i settori di pavé e dare i primi feedback è un lavoro che mi piace. Dopo ogni tratto ci fermiamo, sistemiamo la pressione e ripartiamo. Anche il rapporto con i compagni che ne sanno di più mi arricchisce, per scegliere ad esempio la pressione in base al mio peso corporeo. Oppure per come gestirsi e prendere i vari settori, con una visione a 360 gradi.
Dopo la Gand, resterai su per una settimana?
Un paio di giorni serviranno per recuperare, poi farò una distanza e almeno un paio di ricognizioni. Siamo in tanti, ci si fa compagnia.
Da campione olimpico del quartetto, uno sguardo al Vigorelli si dà sempre volentieriDa campione olimpico del quartetto, uno sguardo al Vigorelli si dà sempre volentieri
La Roubaix è sempre la corsa dei sogni?
Ormai devo dire che è una delle corse dei sogni. Adesso ci sono anche la Sanremo, le corse che ho sempre visto da piccolo e che mi piacciono sempre di più.
Come si passa il tempo per due settimane al Nord?
Ho portato un libro, ma non so se si può dire il nome… (Niente teste di cazzo, edizione Mondadori). Un testo molto motivante, che insegna la lezione di leadership degli All Blacks. Però l’ho appena iniziato e me lo centellino, perché non vorrei rimanere senza troppo presto. Qualche film, massaggi e riunioni. Quando non si pedala, ci riposiamo. Il feeling col pavé? Si riprende subito, impossibile dimenticarlo…
Eravamo curiosi di conoscere la strategia alimentare degli atleti con il diabete del Team Novo Nordisk alla Sanremo. Lo abbiamo chiesto a Laura Martinelli