Una delle regine dei mondiali di Roubaix è stata Martina Fidanza. La bergamasca ha aperto le danze con l’oro nello scratch. Una gara vissuta centimetro per centimetro in modo entusiasmante per chi era sugli spalti o alla tv e con la massima concentrazione per lei che era in pista. Martina è allenata da un giovane, ma già esperto, tecnico che risponde al nome di Andrea Fusaz del CTF Lab. Andrea ha tra le mani gente come De Marchi e Milan, giusto per citarne due.
Da quanto tempo segui la Fidanza, Andrea? E soprattutto come è nata questa collaborazione? Lei bergamasca e tu friulano…
Sono due anni e mezzo che lavoro con Martina. E’ stato Roberto Bressan (patron del Cycling Team Friuli, ndr) a proporre questa collaborazione. Bressan accompagnando i nostri atleti in pista vedeva questa ragazzina molto talentuosa, con doti fisiche non comuni. Mi ha proposto come allenatore e lei ha seguito il suo consiglio.
E quanto è migliorata in questi due anni e mezzo?
Molto. E’ migliorata sia dal punto di vista fisico che mentale. Adesso Martina gestisce meglio gli sforzi, reagisce meglio alle fatiche, agli impegni in allenamento e a quelli con la nazionale.
E’ chiaro, parliamo pur sempre di una ragazza di 21 anni che ha ancora dei margini fisiologici…
E’ cresciuta molto infatti sull’aspetto aerobico. Prima faticava di più.
Se questa è una sua “lacuna”, con tutte le virgolette del caso, non è male visto che è la componente più facile da allenare…
Esatto, è più facile da mettere su, sia con gli allenamenti, sia andando avanti con gli anni. Avere una buona base aerobica è importante anche per la pista, perché questo le consente di recuperare bene, di aumentare i carichi di lavoro. Prima aveva più difficoltà nel recepire certi sforzi. Martina infatti era già avanti nella parte anaerobica (scatti, sforzi massimali, ndr), ma non poteva fare troppo.
Quindi come avete lavorato?
Abbiamo cercato di aumentare i watt alla soglia aerobica appunto. Questo ha fatto sì che lei potesse gestire meglio gli sforzi e anche essere più lucida. Può correre più libera. E questo è importante anche per il colpo d’occhio. Tanto più in una specialità come lo scratch. Al mondiale ha preso la decisione di andare via in due decimi di secondo, forse meno. E’ un istante tra l’andare e il non andare. Devi essere lucida.
Qual è la disciplina migliore per lei?
Beh, lo scratch è il suo regno. E’ una specialità non facile da interpretare. Come detto lei ha quel colpo d’occhio e per questo si è tolta e si potrà togliere ancora belle soddisfazioni. Io la vedo bene anche nella madison e nell’inseguimento a squadre. Sta trovando i suoi spazi e non credo avrà difficoltà ad arrivarci.
Capitolo strada: ci punta? Ci crede? O è solo funzionale alla pista?
Ci crede eccome. Adesso cambia anche squadra (va alla Ceratizit WNT, ndr) e così potrà avere i suoi spazi e bisognerà vedere nel nuovo team cosa le chiederanno. No, non sarà un’attività per accompagnare la pista. Anche perché oggi nessuno va alle corse per fare numero, tanto più una campionessa iridata. Questo contraddistingue i bravi corridori dai campioni. Questa maglia le dà più consapevolezza dei propri mezzi, della propria dimensione. E’ salita ad un altro livello fisico e mentale..
Andrea, abbiamo parlato di lavoro, di carichi… ma per darci un’idea di quanto può lavorare una ragazza come Martina (classe 1999) facciamo un paragone rispetto che so, ad un Jonathan Milan, che più o meno ha la stessa età e che segui sempre tu…
Il paragone con Jonathan è un po’ un problema: lui sostiene dei carichi molto grandi! Semmai per Milan la fatica è più mentale che fisica. Con Martina i carichi vanno dosati con accuratezza. Diciamo che tra strada e pista lavora da un 25% a un 35% in meno a seconda dei periodi.
Hai detto che sulla strada ci crede: potremmo mai vederla davanti anche in salita o in gare più un po’ più dure?
In salita fa un po’ fatica direi! In ogni caso il lavoro per i percorsi più duri riguarda sempre la parte aerobica di cui dicevamo. L’obiettivo, anche su strada, è di diventare più endurance perché poi in volata si è mostrata sempre competitiva. E se migliora questa parte, spende meno e arriva meglio allo sprint.
Insomma la dote anaerobica è cosa sua! Ma è un qualcosa che ha di natura o è merito dei tecnici che ci hanno lavorato in precedenza?
E’ frutto delle due cose dire: di madre natura, ma anche di chi ci ha lavorato fino a tre anni fa. Gli allenatori precedenti hanno curato al meglio le sue doti, ma per essere competitiva a livello mondiale oggi non basta più, devi curare anche le tue doti peggiori.
Avete lavorato anche in palestra?
Certo, nei periodi in cui c’era bisogno o si poteva, perché lontani dalle gare, ci abbiamo lavorato. Anche perché una buona base di forza è indispensabile per sostenere certi carichi di lavoro.