6 Giorni Rotterdam

Martinello: «Le Sei Giorni hanno bisogno di un rilancio»

12.11.2021
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Silvio Martinello è il detentore italiano del primato di successi nelle Sei Giorni, ben 28 su 99 corse, fra il 1989 e il 2002. Ha quindi vissuto l’ultima epopea dei grandi eventi in pista, delle serate che univano sport e mondanità perché il mondo delle 6 Giorni è qualcosa che va al di là del puro aspetto agonistico, spesso non era neanche quello principale: andare a una serata della Sei Giorni di Milano, cenare al tavolo guardando una gara dopo l’altra aveva un gusto simile a quello di una serata al Lido di Parigi…

Le cose sono da allora profondamente cambiate: la prossima settimana si disputa la Sei Giorni di Gand che forse è quella più prestigiosa rimasta in calendario, un’espressione del bel tempo che fu e in queste giornate il cuore di Martinello per certi versi sanguina, proprio pensando al passato: «Il circo delle Sei Giorni come lo conoscevamo è in grande difficoltà, direi in agonia e la causa affonda ai tempi del ciclismo malato: a cavallo del secolo l’epicentro dell’attività era la Germania, con le prove di Dortmund, Monaco, Berlino, Stoccarda. Lo scandalo doping che coinvolse la Telekom diede una frenata terribile all’intero ciclismo tedesco, che non si è più ripreso e anche il mondo delle 6 Giorni ne ha risentito, perdendo i suoi riferimenti».

Martinello e Villa (qui a Sydney 2000): nelle Sei Giorni hanno collezionato ben 16 vittorie in coppia
Martinello e Villa (qui a Sydney 2000): nelle Sei Giorni hanno collezionato ben 16 vittorie in coppia
Quali sono state le ripercussioni?

La mancanza di credibilità del ciclismo ha fatto scappare gli sponsor e gli organizzatori sono rimasti a corto di fondi: allestire una Sei Giorni è molto oneroso, non si tratta solo di pensare ai corridori, ma c’è tutto il contorno da curare, dove investire per avere un ritorno economico, dal catering agli spettacoli d’intrattenimento alternati alle gare. Se non hai fondi sufficienti non puoi fare niente.

Eppure una formula come quella in voga ai tuoi tempi avrebbe ancora riscontri, almeno in una società libera dal Covid…

Sicuramente, ma va considerato anche il fatto che perdurando la crisi delle Sei Giorni, vengono meno i personaggi ed è sempre più difficile coinvolgere i campioni della strada come avveniva ai miei tempi e prima, quando i Moser, i Saronni, i Gimondi non facevano mancare la loro presenza. Io spero che non sia una crisi irreversibile, anche se di appuntamenti importanti ne sono rimasti davvero pochi.

Viviani Keisse Gand 2018
Viviani insieme a Keisse a Gand nel 2018: la gara belga scatterà martedì ed è ormai la più famosa
Viviani Keisse Gand 2018
Viviani insieme a Keisse a Gand nel 2018: la gara belga scatterà martedì ed è ormai la più famosa
La televisione non potrebbe essere un veicolo per rilanciarle?

Anzi, secondo me è stata un danno e spiego il perché: in nome dell’audience televisiva i programmi delle Sei Giorni sono stati disegnati a suo uso e consumo, dimenticando che si trattava di gare di resistenza. Non dico che dovessero avere i regolamenti di una volta, nei quali un ciclista della coppia doveva sempre essere in azione, ma i programmi di gara erano più ricchi e diluiti nelle giornate, dalla mattina alla sera. Ora si concentra tutto quando c’è la Tv, è un’altra cosa che toglie fascino alla competizione. Poi c’è un’altra cosa…

Quale?

La Sei Giorni è una corsa che devi seguire dal vivo perché accade sempre qualcosa, magari non in testa alla corsa. Quando ho fatto il telecronista per Raisport ho capito quanto sia difficile cogliere da fuori ogni aspetto di una gara ciclistica, in una 6 Giorni è impossibile. Devo però dire che Eurosport ha il merito di seguire le poche gare rimaste, dà un contributo importante del quale gliene va dato atto.

Che tipo di gare erano quelle che disputavi tu?

Erano gare di resistenza pura. Ti trovavi a disputare una madison di 90 minuti, oppure una corsa di 100 chilometri e stavi in pista per ore. Si finiva quasi sempre alle 3 del mattino salvo alla domenica che gareggiavi solo al pomeriggio. Le gare a eliminazione erano sempre le più amate dal pubblico. Era un altro mondo, che rimpiango molto. Ora di quel mondo l’unica Sei Giorni rimasta è proprio quella di Gand, che fa leva su una sua cultura.

6 Giorni Milano 2004
Il parterre dell’ultima Sei Giorni di MIlano nel 2004, caratterizzato da un grande ristorante
6 Giorni Milano 2004
Il parterre dell’ultima Sei Giorni di MIlano nel 2004, caratterizzato da un grande ristorante
Che cosa bisognerebbe fare per rilanciarle?

Andrebbero innanzitutto ripensate, in base al ciclismo attuale. I rapporti che si usano oggi ad esempio erano impensabili un tempo. Io penso che se ben strutturate possano ancora avere un futuro richiamare anche grandi nomi. Pensate un momento a che cosa significherebbe avere il ritorno della Sei Giorni a Milano, con Viviani e Ganna: sarebbe un richiamo eccezionale, che andrebbe anche oltre i confini del ciclismo. Ma questo non basterebbe ancora: io credo che il movimento abbia anche bisogno di ricreare quel mondo di specialisti come erano un tempo Sercu, Pijnen, Fritz, Thurau, vedette che sapevano come coinvolgere il pubblico.

Non dimenticando che le Sei Giorni non sono solo un evento sportivo…

No, sono anche molto di più: gli organizzatori guadagnano soprattutto con l’indotto, dalle cene al merchandising, in Germania e nel Nord Europa in genere scorrono veri fiumi di birra. In Italia a Milano erano un appuntamento mondano quasi come andare alla Scala. Anche questo è un aspetto da considerare se si vuole rilanciare questo bellissimo mondo.

Nomine Fci, Martinello: «Continuo a non vedere un progetto»

03.11.2021
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Ieri sono stati fatti i nomi dei nuovi commissari tecnici. A Milano, il presidente federale Cordiano Dagnoni, ha presentato la nuova squadra tecnica. Tra volti nuovi, volti confermati e rimescolamenti è cambiato un bel po’.

E noi facciamo un commento di tutto ciò con Silvio Martinello. Ex corridore, ex collaboratore in seno alla stessa Fci e recente candidato alla sua presidenza. Una vita nel ciclismo, per lui tante vittorie e un titolo olimpico ad Atlanta 1996.

Silvio Martinello, 58 anni, ex pistard e professionista su strada si era candidato alla presidenza della Fci
Silvio Martinello, 58 anni, ex pistard e professionista su strada si era candidato alla presidenza della Fci

Manca un progetto

E il padovano è subito molto chiaro: «Non è una questione di nomi, tutti rispettabilissimi e competenti, ma una questione di progetto. Un progetto – dice Martinello – che ancora non vedo. Prendiamo la pista per esempio. Cosa significa che va tutto nelle mani di Villa? Anche il settore della velocità? Ne hanno parlato? Perché se così fosse un grande applauso a Marco: donne e uomini endurance, donne e uomini velocità. Parecchio…

«Oppure Marco Velo tecnico della cronometro: ma che senso ha? Si portano via gli atleti a vicenda, tra strada, pista e crono? Va bene l’armonia, la collaborazione ma la realtà per esperienza mi insegna che è proprio così».

Cassani ha seguito l’ultimo Giro dalla moto per la Rai. Quello del romagnolo è il nome più noto che è stato tagliato
Cassani ha seguito l’ultimo Giro dalla moto per la Rai. Quello del romagnolo è il nome più noto che è stato tagliato

Il ballo dei nomi

Martinello non vuole attaccare i nuovi cittì, ma ribatte sul discorso del progetto tecnico federale. Un progetto che non dovrebbero esporre i nuovi commissari tecnici bensì i dirigenti della Fci stessa.

«I nomi fatti sono tutti buoni, ma per me – dice Martinello – per far sì che possano lavorare bene serve un progetto che parta dalla base, da coloro che sono stati eletti… Al di là degli slogan, io vorrei vedere dei progetti concreti. Ci sono nomi del cerchio magico, alcuni che sono stati tolti per metterne altri. Sento dire: vogliamo meno protagonismi.

«Cosa ha Bennati di diverso da Cassani? Davide paga la sua sovraesposizione mediatica, ma non il suo operato. Io glielo dissi in tempi non sospetti, già ai tempi della Rai, che di fatto non ha mai lasciato. Ci sei troppo, gli dicevo. Era commentatore, l’opinionista, c’era al mattino e al TG Giro della sera. E quando si andava in pubblicità c’era anche lì. Sembrava il Pippo Baudo dei tempi migliori: Fantastico, Sanremo, le prime serate… sempre lui».

«Roberto Amadio, che è il vero dirigente della Fci, deve gestire la nazionale come una squadra WorldTour, ma non è la stessa cosa. Hanno fatto degli errori come cercare di riparare con Cassani in modo un po’ così… Hanno tagliato Salvoldi, ma perché? Non lo hai certo tolto perché non funzionasse… visti i risultati, ma per metterci altri. E di questi tempi tra l’altro ci vuole coraggio a sostituire i cittì dopo una stagione così proficua».

Tokyo 2020: Villa parla con Consonni, al suo fianco Amadio e di spalle Salvoldi
Villa parla con un atleta, al suo fianco Amadio e di spalle Salvoldi

L’esperienza in Federazione

Le osservazioni di Martinello possono essere condivise o meno, di sicuro però fanno riflettere. La necessità di avere un progetto chiaro che parta dalla base è vitale per continuare ad ottenere certi risultati e un movimento che sia in grado di attrarre nuove leve.

«Quando nel novembre 2005 sono diventato direttore tecnico federale – racconta Martinello – ad aprile dello stesso anno, quindi sette mesi prima, ho presentato un progetto. Questo è stato discusso in tre fasi presso il consiglio federale. Nella prima ci fu l’esposizione, nella seconda risposi alle questione tecniche che mi furono poste e nella terza, dovetti rispondere alle domande sulle coperture finanziare. Solo dopo che tutto ciò è stato approvato io ho accettato la nomina. Perché a quel punto sapevo cosa potevo e dovevo fare.

«Poi okay – conclude il padovano – ci si è messa di mezzo la politica. Ho scoperto delle dinamiche per me nuove e infatti dopo 22 mesi mi sono dimesso. Ma io ero arrivato ad avere contrasti con tecnici che io stesso avevo proposto, figuriamoci. Feci degli errori anche io. All’epoca non conoscevo la politica e per questo mi sono voluto ricandidare alla presidenza, allo stesso tempo ci dovevo provare. 

«Non mi adattai e lasciai anche un buon contratto, perché in certe situazioni il denaro non è tutto. L’azzurro è l’azzurro. E per questo, nonostante tutto, auguro ai cittì un buon lavoro.

Quanto tricolore a Roubaix, Martinello dà i voti agli azzurri

26.10.2021
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Negli occhi abbiamo ancora i successi e le belle prestazioni dei mondiali su pista di Roubaix. Li abbiamo aperti con l’oro di Martina Fidanza e chiusi, nel vero senso della parola, con quello di capitan Elia Viviani. Una spedizione così, dieci medaglie, merita il giudizio di Silvio Martinello che di parquet se ne intende!

Silvio Martinello, Giro d'Italia
Silvio Martinello (classe 1963) è stato campione olimpico ad Atlanta 1996 nella corsa a punti
Silvio Martinello, Giro d'Italia
Silvio Martinello (classe 1963) è stato campione olimpico ad Atlanta 1996 nella corsa a punti
Silvio, dei bei mondiali per l’Italia. Sei d’accordo?

Sono i risultati di un grande lavoro. Presto anch’io sui miei canali social farò delle considerazioni sul movimento e su quello internazionale. In generale cosa posso dire alla spedizione azzurra: bravi! Ci sono le criticità nella velocità, ma lo sapevamo. E adesso vediamo il 2 novembre con le nomine dei nuovi cittì come sarà organizzato il lavoro. Ma non è tanto il nome del tecnico quando il progetto di lungo termine che c’è dietro.

Eh sì su questo settore abbiamo avuto in pratica solo Miriam Vece…

C’è un problema di reclutamento perché tanti ragazzini iniziano con i circuiti, magari vincono anche, e famiglie e squadre già pensano in grande sulla strada. Capisco che diventare dei Cipollini sia stimolante, ma nella maggior parte dei casi non va così. Bisognerebbe dare a questi ragazzi la possibilità di fare un nuovo percorso. Attuare sinergie con la Bmx, nuovi allenamenti. Ho sentito che si parla di Ivan Quaranta come tecnico di questo settore. Okay, ma se poi Ivan non ha nessuno da selezionare? Quindi molto bene nell’endurance, settore in cui ormai siamo una Nazione di riferimento, male nella velocità. Poi userei la lente giusta per il giudizio di queste medaglie: degli ori solo uno, l’inseguimento maschile, fa parte del programma olimpico.

Miriam Vice, ha chiuso il suo mondiale con il 5° posto sui 500 metri da ferma
Miriam Vece, ha chiuso il suo mondiale con il 5° posto sui 500 metri da ferma
Partiamo proprio da Miriam Vece. Che voto dai a questa ragazza?

Direi un bel sette. Lei è il caso emblematico e “vergognoso” di come non si dia il giusto supporto ad una velocista di quel livello. E’ dovuta emigrare con la “valigia di cartone”, uso questa metafora, in Svizzera al centro Uci per la sua disciplina. Ma quel centro nasce per supportare le Federazioni con poche risorse. E questa cosa la dissi nel 2018, quando Miriam fece questa scelta. Parliamo di una ragazza che è andata a medaglia l’anno scorso nei 500 metri da ferma. Un bel voto dunque per l’alto impegno e il sacrificio.

Passiamo al quartetto maschile. Voto e giudizio…

Voto dieci! Chiaro, non hanno fatto i tempi di Tokyo, ma era prevedibile. Riconfermarsi a quel livello non è semplice, anche se la concorrenza non era la stessa delle Olimpiadi. Ma loro sono stati bravissimi a tenere alta la motivazione e la voglia di sacrificarsi. Il digiuno che avevamo di questo oro durava da 24 anni e già questo basta a dare la dimensione del risultato.

Qui infatti si lavora su una bella base. Oltre ai quattro titolari di Roubaix, non vanno dimenticati. Lamon, Plebani, Moro, Scartezzini e Viviani…

Esatto. Questo è un gruppo che può segnare un’epoca e fare un bel “cappotto” fino a Parigi 2024. Possono vincere tutto perché sono affiatati e la concorrenza interna porta a tenere alti gli stimoli. Il cittì dovrà essere bravo a mantenere i rapporti con le società per far sì che gli atleti non siano troppo distratti dalla strada.

Nella madison argento per Scartezzini e Consonni. Per Martinello sono la sorpresa di Roubaix 2021
Nella madison argento per Scartezzini e Consonni. Per Martinello sono la sorpresa di Roubaix 2021
Che voto dai a Elia Viviani?

Dieci anche a lui, non può essere altrimenti. Dopo Rio 2016 ha avuto molte difficoltà ed ogni volta è stato bravo a rialzarsi. Anche il bronzo di Tokyo nell’Omnium non era facile da riconfermare. Il titolo vinto nell’Eliminazione (e il bronzo sempre nell’Omnium, ndr) è un premio ad un impegno che da parte sua non è mai mancato. Elia è un riferimento per questa squadra. Un uomo di carisma riconosciuto da tutti.

Consonni e Scartezzini, argento della madison…

Ecco, loro sono per me la vera sorpresa di questo mondiale. Un nove se lo meritano tutto, anche perché la loro è una medaglia pesante ottenuta in una specialità olimpica. E questo dimostra come una concorrenza interna leale faccia crescere e dia motivazioni. La madison è una specialità che è stata un po’ trascurata. Si è cercata, giustamente, la prestazione con il quartetto curando ogni dettaglio. Una prestazione che va bene anche per la madison, altrimenti non tieni i 57 chilometri orari di media, ma poi bisogna lavorare anche sui fondamentali tecnici che richiede. Anche qui penso ad una concorrenza e immagino tre coppie. Viviani-Bertazzo; Scartezzini-Consonni e Milan-Ganna… sarebbe bello vederli nei campionati italiani. 

Beh questa dei campionati italiani è qualcosa che Villa dice spesso…

Perché sa che è questa la direzione giusta, ma serve il supporto della Federazione. Ma quelle coppie poi si possono cambiare. Perché no un Ganna-Viviani? Ho sentito dire perché uno è alto e uno è basso. E allora io e Villa? O Wiggins e Cavendish?

Secondo Martinello questo quartetto può “fare cappotto” e vincere tutti i mondiali da qui a Parigi
Secondo Martinello questo quartetto può “fare cappotto” e vincere tutti i mondiali da qui a Parigi
Andiamo avanti: Jonathan Milan…

Voto nove per il suo argento nell’inseguimento individuale. Lui è il vero valore aggiunto di questo quartetto e lo si è visto proprio nell’individuale. Per me ha margini di miglioramento. Si vede da come guida che è da “poco” che sta in pista. A volte “sbanda” un po’. Spero che la strada non lo distragga troppo.

Filippo Ganna?

Nove anche a lui, sia per questo mondiale che per la stagione. Ha avuto quel passaggio a vuoto in qualificazione che non ho ben capito, ma questo ci ha mostrato i limiti del format di questa specialità da quando non è più olimpica. Questo minitorneo così com’è non mi dice nulla. Con le finale già prescritte. Innanzitutto io ripoterei le distanze a 5 chilometri per gli uomini e a 4 per le donne, perché ormai si può fare, vista la crescita generale del movimento. E poi farei delle qualificazioni, semifinali e finali, distanziate di un giorno. Con la classifica a seconda dei tempi. Così tu hai i veri valori in campo.

Il quartetto femminile, in finale composto da Balsamo, Alzini, Consonni e Fidanza, ha conquistato la medaglia d’argento
Il quartetto femminile, in finale composto da Balsamo, Alzini, Consonni e Fidanza, ha conquistato la medaglia d’argento
Passiamo alle donne e partiamo con la Fidanza…

Dieci! Prova esemplare nello scratch che è la gara di situazione per eccellenza. Martina ha sfruttato bene una situazione e ha fatto in quel momento l’unica cosa che poteva fare: tirare al massimo. Le avversarie l’hanno un po’ sottovalutata, ma lei ha fatto vedere grandi cose già da juniores.

Letizia Paternoster…

Idem: voto dieci. L’eliminazione è fatta apposta per le sue caratteristiche di atleta scaltra, potente, che sa risparmiare energie… E’ la Viviani al femminile. E poi non dimentichiamo che è giovanissima.

Elisa Balsamo…

Lei mi piace moltissimo. Ad Elisa do un nove. Se lo merita. Non era facile per lei ritrovare il feeling dopo la brutta caduta di Tokyo con questa specialità, l’Omnium. Aveva paura. Ha fatto una grande stagione. Il titolo su strada le ha dato grande importanza.

Manca una sola medaglia all’appello: il quartetto femminile…

Nove. Di fronte alla Germania che ha vinto tutto avevano ben poco da fare. Loro hanno ottenuto il massimo per quel che potevano.

Il punto con Martinello, sull’endurance e la velocità sparita

09.08.2021
5 min
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Ieri si è messo il punto sulle Olimpiadi di Tokyo 2020. E’ stata una spedizione storica per l’Italia con 40 medaglie totali (record assoluto) e vere e proprie imprese sportive in tantissime discipline (19 diverse, record anche questo). Il ciclismo non ha fatto mancare il suo apporto, in particolare quello su pista, e su Facebook abbiamo avuto il piacere e l’onore di commentarlo con un campione olimpico come Silvio Martinello, anche in diretta, nella rubrica #ATokyoConMartinello. Qui ci avvaliamo ancora una volta delle sue opinioni acute, a volte anche coraggiose, per fare a mente fredda un bilancio sulle gesta dei nostri e le nostre pistard, i risultati ottenuti e cosa si poteva fare di più.

Il quartetto azzurro è volato senza esitazioni verso il titolo olimpico e il record del mondo
Il quartetto azzurro è volato senza esitazioni verso il titolo olimpico e il record del mondo

Alla grande, ma si può migliorare

Martinello, tiriamo un po’ le somme, com’è andata per gli azzurri e le azzurre della pista?

Partiamo dal settore dell’endurance maschile. Il bilancio non può che essere positivo con due medaglie e tra queste la perla dell’oro nell’inseguimento a squadre con tanto di record del mondo e impresa storica. C’è un po’ di amaro in bocca per la madison, anche se a dir la verità io da quando seguo Viviani e Consonni ho sempre trovato qualche limite dal punto di vista del gesto tecnico e delle tempistiche dei cambi. E vedendoli in azione mi sembra che miglioramenti non ce ne siano stati.

Sono stati limiti determinanti per la prova?

Questi errori a lungo andare si ripercuotono anche sulla prestazione atletica. La condizione alla vigilia sembrava ottima tra l’oro di Consonni nell’inseguimento e il bronzo di Viviani nell’omnium, poi invece non si è rivelata all’altezza. Ma al di là di questo, le loro lacune principali sono in questi cambi fuori tempo o sbagliati. Difatti Elia ha anche dichiarato che per l’appuntamento di Parigi si prepareranno allenandosi di più insieme. Detto ciò, ribadisco che è stata una trasferta di successo per l’endurance maschile.

Azzurre giovani, brave e… sfortunate

Per quanto riguarda le donne invece?

Anche l’endurance femminile si può considerare positiva. Non sono arrivate medaglie, ma il quartetto ha fatto il record italiano ed è molto giovane. Nella madison tutto è stato condizionato dalla caduta di Elisa Balsamo, involontaria perché tamponata da dietro. Certo sarebbe stato difficile contrastare le britanniche che hanno fatto quello che volevano, ma si poteva obiettivamente pensare di lottare per il podio.

E nell’omnium?

Discorso simile alla madison con la caduta della Balsamo nello scratch che l’ha condizionata pesantemente, quindi ingiudicabile anche qui. A me lei piace moltissimo per come corre, tatticamente e per l’intelligenza superiore alla media. Anche lei giovanissima e con ampi margini di miglioramento. Guardiamo quindi a Parigi 2024 e al futuro con fiducia. E poi…

La velocità sparita

C’è dell’altro?

Direi proprio di sì, il punto è un discorso che feci anche 5 anni fa commentando le Olimpiadi di Rio 2016 in televisione, prendendomi per questa mia critica anche un richiamo ufficiale a Rai Sport dal presidente della Federciclismo Di Rocco.

Qual era questo discorso?

Il discorso era ed è che continuiamo a disinteressarci del settore della velocità, il quale mette in palio sei titoli proprio come il settore endurance. Così come cinque anni fa festeggiai la medaglia storica di Elia e allo stesso tempo nel bilancio della spedizione olimpica in TV sottolineai che ai Giochi ci sono anche sei prove veloci alle quali non partecipammo, così devo farlo anche adesso per Tokyo, visto che è andata uguale. In cinque anni non è stato assolutamente impostato nulla.

Non c’è stato proprio nessun segnale?

Nel femminile c’è un’atleta che si chiama Miriam Vece che ha fatto dei miglioramenti enormi. Il punto però è che anche lei però per diventare una velocista di livello internazionale e per provare a guadagnarsi un posto a Parigi 2024 è dovuta emigrare e andare al World Cycling Center di Aigle, in Svizzera. Un centro che è stato creato per sostenere le federazioni che non riescono a supportare i loro atleti più talentuosi, quindi per quei cosiddetti “Paesi del terzo mondo”. Ma la nostra federazione ed il nostro Paese, almeno a livello ciclistico, non dovrebbe essere considerato tale.

Quindi un esempio positivo, ma che non cambia il discorso?

Esatto, un’eccezione al di là della quale mi trovo comunque costretto a constatare che non abbiamo ancora impostato minimamente il settore della velocità, anzi che di fatto non esiste proprio. Non so se questa nuova dirigenza federale abbia un progetto serio a riguardo. Salvoldi e Villa sono bravissimi, ma non possono occuparsi anche di questo, perché semplicemente non è il loro. Nel frattempo comunque abbiamo scelto di nuovo che quei sei titoli olimpici in palio non ci interessavano. Questa è una scelta, appunto, e come tale la commentiamo e la dobbiamo tenere in considerazione facendo il punto complessivo sulla spedizione.

Il Tour di Pogacar: motore, fame e testa da campione

19.07.2021
6 min
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Ieri Tadej Pogacar ha vinto il Tour de France. Ovviamente doveva essere una notizia importante, eppure quasi non lo è sembrata, dando più l’idea dell’ufficialità formale di un qualcosa che era già assodato per tutti. Già, perché il Tour è stato veramente in mano a Pogacar fin dalle Alpi, anzi, da prima ancora, dalla crono vinta nella quinta tappa, ormai 20 giorni fa, praticamente da quando si è iniziato a fare sul serio per la generale. Tutto sotto controllo, tutto liscio. In fondo il grande campione fa sembrare semplici delle vere e proprie imprese, ma vincere la Grande Boucle in realtà non è mai scontato. E una vittoria così, con questa supremazia, merita sicuramente un approfondimento per tentare di analizzarne le radici, i meriti e le colpe, se ce ne sono, dei rivali. Per farlo ci avvaliamo di un campione olimpico che al Tour ha partecipato per ben 4 volte, Silvio Martinello, con il quale abbiamo condiviso… il viaggio francese ogni giorno su Facebook.

Dopo la caduta del terzo giorno, il Tour di Roglic ha preso una china discendente, fino all’inevitabile ritiro
Dopo la caduta del terzo giorno, il Tour di Roglic ha preso una china discendente, fino all’inevitabile ritiro

Nessuna sorpresa, tanti meriti

Andiamo dritti al punto: Martinello come ce lo spieghi questo dominio dello sloveno al Tour?

Innanzitutto era il favorito principale avendo vinto il Tour dell’anno scorso e arrivando a questo con una stagione strepitosa. Poi stiamo parlando di un corridore che ha i connotati del fuoriclasse con molte stagioni di grandi soddisfazioni davanti a sé, quindi non si può certamente considerare un vincitore a sorpresa.

Quindi solo merito suo?

Principalmente sì, ci tengo a sottolinearlo. C’è da dire che è rimasto avvantaggiato dal fatto che il suo principale rivale, ovvero il connazionale Roglic sia stato tagliato fuori da una caduta. Avevano entrambi iniziato molto bene il Tour. Ripensando alle prime due frazioni, quelle vinte da Alaphilippe e VdP, i due sloveni arrivarono uno secondo e l’altro terzo insieme. Si pensava che una volta iniziate le grandi montagne, la situazione sarebbe stata Roglic-Pogacar davanti e il terzo in classifica a 7′. Poi c’è stato il ritiro di Primoz e quindi Pogacar è rimasto solo. Per cui certo l’assenza del più grande rivale ha aiutato Tadej, ma non sapremo mai quanto. Anche perché sotto un certo punto di vista il forfait del connazionale gli ha creato pure delle difficoltà.

In che senso?

La Jumbo-Visma si sarebbe presa le sue responsabilità nel controllo della corsa, condividendole con la squadra rivale. Responsabilità che invece così nelle ultime due settimane sono state quasi esclusivamente sulle spalle del UAE Team Emirates, tranne che per il grande lavoro fatto in alcune frazioni dalla Ineos per cercare di mettere in difficoltà Pogacar.

La Ineos secondo Martinello ha fatto bene a mettere Pogacar sotto pressione. Tadej ha poi risposto da campione
La Ineos ha fatto bene a mettere Pogacar sotto pressione. Tadej ha poi risposto da campione

Avversari impeccabili…

Ecco parliamo anche delle altre squadre, c’è stato qualche errore degli avversari che ha spianato ulteriormente la strada al vincitore?

Secondo me no. La Ineos ha fatto bene a provare a mettere lo sloveno alle corde e infatti l’unico momento difficile che ha attraversato è emerso dopo l’atteggiamento che aveva assunto la Ineos Grenadiers, isolandolo ed esponendolo all’attacco di Vingegaard sul Mont Ventoux. Poi lo abbiamo detto da subito che le due squadre con la struttura per condizionare la corsa erano la Jumbo-Visma e la Ineos ed è evidente che quanto sia accaduto abbia dimezzato la loro potenza di fuoco.

Potenza di fuoco?

Soprattutto la Ineos era partita con 2/3 capitani e senza la caduta di un campione come Thomas poteva muoversi diversamente. Errori comunque non ne ho colti e ribadisco che non sono d’accordo con chi pensa che la Ineos abbia sbagliato ad essere aggressiva. Non potevano rinunciare a provarci e allo stesso tempo con la classifica corta tra i primi 10, attaccare aiutava anche a staccare gli altri pretendenti per il podio. Ogni formazione, quindi, ha fatto il suo dovere.

Mont Ventoux: Vingegaard attacca e si volta, Pogacar è con lui, ma sta per cedere. Unico suo giorno di crisi
Mont Ventoux: Vingegaard attacca e si volta, Pogacar sta per cedere. Unico giorno di crisi

…ma Tadej di più!

Tornando su Tadej, perché ha trasmesso a tutti questa sensazione di dominio assoluto?

Perché ha avuto solo il passo falso del Ventoux, poi ha fatto praticamente ciò che voleva, dominando sulle Alpi oltre ogni pronostico e vincendo sui Pirenei entrambe le tappe con una gestione perfetta degli avversari. Ha vinto meritatamente il suo secondo Tour consecutivo, correndolo senza sbavature. Veramente non riesco a trovarne neanche una. Anche sul Mont Ventoux ha gestito la situazione delicata con intelligenza da campione, dimostrando di avere quella maturità mentale ed esperienza che serve in quei momenti, nonostante la giovane età. Poi certo uscire dalle Alpi con quel vantaggio lo ha aiutato a non andare nel panico.

Che cosa dici della gestione delle energie? C’è stato un calo?

E’ stato molto bravo anche in questo. Era prevedibile un calo e in effetti sui Pirenei non ha staccato Vingegaard e Carapaz, ma non sapremo mai se sia dipeso solo da una loro crescita o anche da un suo cedere un po’. Anche queste tappe sono state terreno di conquista per lui, ma non ha fatto il vuoto come sulle Alpi. Forse è più corretto dire che è rimasto sempre costante, regolare.

Quindi anche l’avvicinamento è inattaccabile?

Certo, cosa vuoi dire ad uno che ha vinto ovunque abbia corso tranne praticamente al campionato nazionale? La preparazione e l’assalto alla vittoria del secondo Tour consecutivo sono stati straordinari, i risultati sono lì a testimoniarlo.

Sorriso e tutto sotto controllo, una vittoria parsa facile, che facile non è stata. Una vittoria da campione
Sorriso e tutto sotto controllo, una vittoria parsa facile, che facile non è stata
Si poteva pensare che andando già forte prima potesse arrivare un po’ corto al grande impegno…

Evidentemente siamo di fronte ad un ragazzo con un motore di altissima cilindrata e con una capacità mentale decisamente non comune. Ha 23 anni! Non è ancora sazio e mi auguro che con le soddisfazioni economiche non gli passi questa fame. Tanti fanno fatica a gestire fama e gloria e nel ciclismo ti aspettano al varco. Se fa un passaggio a vuoto alle Olimpiadi o al Tour dell’anno prossimo, qualcuno già inizia a pensar male.

Cosa deve fare ora?

Deve farsi passare velocemente la sbornia e mettersi a testa bassa a lavorare, anche se finora ha dimostrato di avere consapevolezza di ciò che vuole e di dove vuole arrivare. Auguriamoci che questo appetito gli rimanga a lungo perché ci farà divertire. Anche se non è dei “nostri”, chi è appassionato di ciclismo non può far altro che applaudire.

Sui Pirenei ha dimostrato di essere abbastanza…famelico?

Decisamente. Era chiaro che lui avesse il Tour in tasca dopo la prima settimana, al di là dei vari imprevisti che potevano capitargli, quindi li avrebbe potuto gestire. Invece è andato a cercare quei successi per vincere in maglia gialla, onorando così la grande corsa francese e anche gli avversari.

Forse troppo?

Certo il ciclismo è pieno di casi di “a te la tappa, a me la maglia”, ma questa occasione non si è mai presentata, perché sono sempre arrivati in 3 e a Luz Ardinen se non fosse partito lui, avrebbe vinto Enric Mas. Non ha umiliato gli avversari, anzi l’esatto opposto perché hanno perso contro il più forte. Ha mostrato la giusta fame! Se questo significa essere “cannibale” come lo ha etichettato qualcuno in senso dispregiativo, allora chiamatelo pure cannibale.

Martinello a raffica da Ganna a Nibali, aspettando i Giochi

09.06.2021
6 min
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Anche se si potrebbe andare avanti parlando delle elezioni federali perse sul filo di lana al primo turno poi inevitabilmente nel secondo, dei sorprendenti voltafaccia e dei singolari comportamenti di cui racconta, con Silvio Martinello si ragiona un gran bene di Giochi Olimpici. Tokyo è alle porte. E anche se sul piano tecnico le specialità sono irriconoscibili, ci sono dinamiche ben chiare per chi c’è stato dentro e in un giorno d’estate, sia pure lontano, chinandosi dal podio ha infilato la testa nel nastro di una medaglia d’oro. Nel frattempo con la riapertura delle palestre, anche il suo centro di Selvazzano si è rimesso in movimento e dentro c’è un gran lavoro da fare per sistemare carte e strutture. 

Viviani Rio 2016
Viviani commosso dopo l’oro dei Giochi di Rio 2016 nell’omnium: ora Elia fa rotta su Tokyo
Viviani Rio 2016
Viviani commosso dopo l’oro dei Giochi di Rio 2016 nell’omnium: ora Elia fa rotta su Tokyo
Europei cancellati, si arriva alle Olimpiadi senza alcun riferimento…

Sarebbero serviti, in effetti. Finché parliamo di discipline fondate sul cronometro, i valori sono quelli e si riuscirà a fare la selezione anche stando a casa. I tecnici lavoreranno tenendone conto. Credo anche che le squadre italiane, maschile e femminile, abbiano l’esperienza che serve. Dovremmo essere coperti e mi sembra che ci sia un motivato ottimismo. Semmai ci sarà da curare i dettagli, anche i più piccoli. Una disciplina come il quartetto si gioca soprattutto su quelli.

E’ la prima volta che tanta parte del quartetto corre il Giro d’Italia: un vantaggio?

In effetti è una bella novità. Anche il quartetto di Atlanta andò bene, ma erano tutti dilettanti. Non so come Marco abbia conciliato i due tipi di preparazione, perché ora è il momento di mollare tutto e concentrarsi sull’evento. So ad esempio che in quest’ottica Viviani farà la Adriatica Ionica Race. Ero con Argentin a fare sopralluoghi quando lo ha chiamato Marco Villa dicendogli questa cosa.

Letizia Paternoster
Letizia Paternoster in rotta verso le Olimpiadi dopo un anno davvero faticoso, fra problemi di salute e sfortuna
Letizia Paternoster
Letizia Paternoster in rotta verso le Olimpiadi dopo un anno davvero faticoso
A proposito di Viviani, sia lui sia Letizia Paternoster sono da un po’ i riferimenti del nostro movimento, ma arrivano a Tokyo senza il gusto della vittoria in bocca, come la mettiamo?

Sono due soggetti molto sicuri di sé. Due atleti abituati a certi palcoscenici, con l’esperienza per sapersi ascoltare. Al momento giusto sapranno dire cosa sono in grado di dare. Sono convinto che entrambi speravano in un miglior avvicinamento, perché vincere aiuta. Diciamo che questa può essere una fase critica da gestire.

Quanto critica?

Paternoster fa parte del quartetto e punta all’omnium, in cui è sempre stata fra le prime. Difficile però che in questo anno tribolato sia riuscita a colmare il gap di prestazione e di struttura fisica, per il quale ha solo bisogno di crescere. Mentre Viviani un’Olimpiade l’ha già vinta e ripetersi è complicatissimo. Anche perché non mi pare lo stesso atleta degli anni alla Deceuninck-Quick Step. Nella madison correrà con Consonni, che ha dato segnali importanti. Anche quella è una specialità che Villa ben conosce e su cui dovrà lavorare con molta attenzione. Li ho osservati, finché si è potuto, qualche errorino ancora lo fanno. Gli europei a loro sarebbero serviti più che agli inseguitori.

Jonathan Milan, Liam Bertazzo, Montichiari, 2020
Jonathan Milan è l’ultimo arrivato nel quartetto e ha portato un sostanzioso valore aggiunto
Jonathan Milan, Liam Bertazzo, Montichiari, 2020
Jonathan Milan è l’ultimo arrivato nel quartetto e ha portato un sostanzioso valore aggiunto
In più c’è da dire che l’omnium è cambiato…

E questo non è necessariamente un male. Di sicuro avrà addosso gli occhi di tutti, ma se prima l’omnium aveva tre specialità di prestazione in cui il più forte era sicuramente privilegiato, ora ci sono quattro specialità di situazione.

Viviani e Paternoster non al top possono incidere sul clima delle rispettive squadre?

Elia è preminente fra gli uomini per esperienza e amalgama, ma come qualità e motore si divide il ruolo con uno che non sarà ancora campione olimpico, ma è 5 volte campione del mondo (uno nella crono e 4 nell’inseguimento, ndr): Filippo Ganna. Letizia è sempre stata vista come il gioiellino, che però nel frattempo si ritrova con un’Elisa Balsamo che è cresciuta tanto ed è molto considerata. Forse la gente vede ancora davanti l’immagine di Letizia, ma la vera ledaer da quanto si capisce è Elisa. Sono tutti ragazze e ragazzi intelligenti, troveranno modo di fare gruppo e fare squadra.

Credi che Viviani farà il quartetto?

Non ho parlato di questo con Villa, ma ho qualche dubbio. Dovessi fare i nomi, direi Lamon, Consonni, Ganna e Milan. Dai riscontri che ho, Elia è stato per diverso tempo lontano dalle piste e non sarà semplice fare quei tempi. Tempi che peraltro non ha mai fatto neppure quando era sempre in pista.

Ai Giochi di Sydney nell’americana corsero con il 49×14: i rapporti si stavano allungando
Ai Giochi di Sydney nell’americana corsero con il 49×14: i rapporti si stavano allungando
Ci sono analogie fra Nibali a rischio su strada e Viviani su pista?

Non sono casi simili, anche se potrebbe sembrare. Su strada, Vincenzo non ha dimostrato di essere in condizione, come altri che invece volano. Parlo di Caruso, Moscon, Bettiol e Ulissi. Mi sorprende semmai l’ipotesi di coinvolgimento di Formolo. Al di là dei toni che ha usato anche questa volta, credo che Cipollini abbia nuovamente fatto approfondimenti di sostanza. Solo chi non capisce il mondo del professionismo non se ne accorge e invece di guardare alla luna, si focalizza sul dito che la indica.

A cosa ti riferisci?

Mario può non essere simpatico, però non è stupido e sa di cosa parla. Parlando di Nibali, non ha criticato l’eventuale scelta di lasciarlo fuori, ma il modo in cui ci si è arrivati. Elia al confronto ha molte più possibilità, perché partecipa a tre prove e al confronto di Nibali, avrà meno rivali. Però non mi sorprenderebbe se fosse lasciato fuori dall’omnium.

Addirittura?

Ci può stare, Villa deve fare le sue scelte, che saranno di natura tecnica e non si baseranno sui rapporti personali. Se Viviani dovesse essere mezzo e mezzo, varrebbe la pena scegliere un altro.

Viviani è fuori dal quartetto da qualche anno: saprà rientrarci in tempo per i Giochi?
Viviani è fuori dal quartetto da qualche anno: saprà rientrarci in tempo per i Giochi?
Tornare in pista dopo un oro è così difficile?

In realtà io arrivai a Sydney con valori migliori di Atene, ma successe qualcosa che non valutammo a dovere.

Che cosa?

Ai mondiali del 1999, l’anno prima, capimmo ma non abbastanza che c’era in corso una svolta nella scelta dei rapporti. Ad Atlanta avevo vinto l’individuale a punti a più di 54 di media, usando il 52×15 e gomme da 19. Adesso con quel rapporto non stai dietro ai pedali. Così a Sydney feci la corsa a punti con il rapporto sbagliato e non portai a casa nulla. Il giorno dopo c’era l’americana e proposi a Villa di usare il 49×14, mai usato prima, che ora farebbe ancora ridere. Marco era preoccupato, ma alla fine venne il bronzo.

Oggi vanno molto più duri…

Oggi nell’individuale usano il 52×14. L’inseguimento a squadra si fa con dei padelloni, difficili da lanciare, ma poi chi li ferma? I ragazzi fanno palestra e pressa, che prima non sapevamo cosa fossero. E’ un mondo che cambia. Basta allontanarsi un attimo e non trovi più la strada…

Martinello e Isetti, analisi e sassolini nelle scarpe

22.02.2021
4 min
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Gli sconfitti della contesa elettorale, Silvio Martinello e Daniela Isetti, hanno diversi stati d’animo, legati alle diverse aspettative e alla possibilità di vincere che ciascuno a suo modo si era in qualche modo attribuito.

Rischio ballottaggio

Martinello è arrivato secondo a 22 voti da Dagnoni. Sapeva che la sua unica chance sarebbe stata vincere al primo turno. Il ballottaggio sarebbe stato fatale contro Dagnoni, mentre sarebbe stato giocabile contro Isetti. Se da un lato era evidente che gli elettori di Isetti avrebbero dato sostegno a Dagnoni, il contrario non sarebbe stato così scontato.

«In questo momento – dice – c’è la delusione per non aver centrato l’obiettivo, ma insieme la serenità di aver lavorato per il meglio. Abbiamo fatto un gran lavoro, abbiamo parlato di ciclismo e criticità. Sono felicissimo che Norma Gimondi sia diventata vicepresidente, perché non era una cosa scontata. E’ molto preparata e appassionata, chissà che questa esperienza non sia utile per un altro futuro».

Silvio Martinell e Cordiano Dagnoni si sono sfidati al ballottaggio (foto Fci)
Silvio Martinell e Cordiano Dagnoni si sono sfidati al ballottaggio (foto Fci)

L’impronta di Renato

Il dubbio che ti assale, dopo le tante… forchettate fra lo sfidante e il presidente uscente Di Rocco, è che lo stesso Renato a un certo punto abbia manovrato lo spostamento dei voti verso Dagnoni, pur di tagliar fuori Martinello. Le parole di Di Rocco, per cui si può essere soddisfatti per l’elezione di un uomo con un cammino importante in federazione, sono in qualche modo una conferma.

«E’ stata sicuramente un’elezione – conferma Martinello – con l’impronta di Di Rocco. Nel mio intervento ugualmente mi sono sentito di riconoscere il suo spessore e i suoi trascorsi. In ogni caso ora c’è un Consiglio Federale nel pieno dei suoi poteri, che non potrà certo negare le criticità che gli abbiamo mostrato».

Silvio non scappa

E adesso cosa sarà di Martinello, che in una conversazione ha sottolineato come il grande lavoro fatto non debba essere disperso?

«Non so cosa mi riserverà il futuro – dice – di certo non ho intenzione di uscire dal ciclismo, perché credo in questi mesi di aver parlato proprio di ciclismo. Sapevo che non sarebbe stato facile, soprattutto perché non ho mai fatto parte dell’establishment. E’ come alla fine di una corsa, cui hai partecipato sapendo di esserti preparato al massimo. Ho la serenità di aver fatto tutto bene. Ci sono anche gli avversari che fanno la loro corsa e se si viene battuti, occorre riconoscergliene merito».

Eccesso di onestà

Daniela Isetti mostra lo stesso distacco, ma basta guardarla negli occhi per capire che il distacco è davvero relativo.

«Quello che mi scoccia – risponde – è che non sono state mantenute le parole date. Sono stata convinta fino all’esito del voto che avrei potuto farcela, anche se per scaramanzia stavo zitta, dato che tutti mi avevano già attribuito la vittoria. L’unica cosa di cui forse potrei pentirmi è l’essere stata troppo sincera e trasparente, ma rifarei tutto, perché non posso cambiare la mia natura. Così come non posso non rivendicare le mie competenze. Non sono una persona che cova la delusione, ma devo ancora metabolizzare quello che è successo. Mi dispiace solo che la Fci perda un dirigente capace. E comunque l’Assemblea è sovrana e così ha deciso».

Ecco il nuovo Consiglio federale del presidente Dagnoni (foto Fci)
Il Consiglio federale del presidente Dagnoni (foto Fci)

Voto incoerente

Il prossimo nodo da sciogliere per quanto la riguarda è la sua candidatura, proposta da Di Rocco prima di farsi da parte, come rappresentante italiana in seno all’Uci. Proprio questa nomina è stata oggetto di una vibrante obiezione da parte di Dagnoni.

«E’ un po’ presto per dire cosa farò – dice – ma non mi accanisco per avere una carica, come abbiamo visto invece alcuni in questa Assemblea. Unica cosa che ci terrei a sottolineare è che non credo che il risultato della prima votazione sia stata coerente con i valori e il lavoro fatto fin qui. E a chi mi chiede se non fosse possibile confluire sin da subito nel progetto di Dagnoni, risponde che l’ho escluso per una richiesta di riconoscimento dei valori in campo».

Dagnoni presidente, fra progetti e commozione

21.02.2021
4 min
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Se c’è un’immagine che più di altre rimarrà negli occhi di chi ha seguito l’Assemblea Generale della Federazione, che ha portato all’elezione di Cordiano Dagnoni alla presidenza, è proprio l’abbraccio fra il presidente e Mario Valentini. Due minuti di una stretta che sapeva di conquista e dolore. Pochi sanno quanto il tecnico umbro sia stato determinante nel tessere la tela che ha portato all’elezione di Dagnoni, ma in quel momento ogni speranza di vittoria era priva di importanza. Ieri sera, infatti, il figlio Mauro si è spento dopo una lunga malattia. Aveva 53 anni.

«Credo che Mario sia venuto – dice Dagnoni a bassa voce – perché sapeva che Mauro ci teneva tantissimo. Eravamo d’accordo che se fossi stato eletto, lui sarebbe stato il mio uomo di fiducia su Roma. E questo ho tenuto a dirlo, nel primo incontro che abbiamo fatto a metà pomeriggio. Questo Consiglio Federale avrà 12 componenti: gli 11 eletti e poi Mauro da lassù».

Elezioni federali
Subito dopo la proclamazione, il nuovo presidente Fci saluta commosso Mauro Valentini (foto Fci)
Elezioni federali
Il saluto di Dagnoni a Mauro Valentini (foto Fci)

Davanti al notaio

Dagnoni è appena stato davanti al notaio per firmare l’accettazione del mandato. Alla vigilia sembrava che tutti i voti dovessero convergere come per un plebiscito sul nome di Daniela Isetti. L’emiliana era la portatrice del programma più articolato, almeno quanto quello di Martinello era ricco di fatti ed elementi che a qualcuno devono essere parsi destabilizzanti. Il programma di Dagnoni era il più magro, con quella concezione della Federazione come un’azienda che lentamente faceva breccia negli ambienti che non hanno mai digerito troppo bene la burocrazia romana.

Via la cravatta

La tensione inizia a scemare ed è il momento dei pensieri in libertà, quelli con la cravatta slacciata. Coloro che hanno provato a fare interviste su programmi e provvedimenti hanno ricavato risposte prevedibilmente vuote.

«E’ un po’ come in una gara su pista – ammette il presidente – come uno dei tre europei che ho vinto sul derny. C’è prima la fase in cui tagli la linea, che dà una gioia effimera. Poi c’è la fase delle premiazioni, in cui capisci ma non del tutto. E poi c’è la fase del giorno dopo, quando ti svegli. Io sono ancora alle premiazioni. Di programmi e il resto si comincerà a parlare da domani».

Con i suoi tre vice: Cazzola, Gimondi e Cazzaniga (foto Fci)
Con i tre vice: Cazzola, Gimondi e Cazzaniga (foto Fci)
Due giorni fa in uno scambio di messaggi, a fronte dei proclami dei rivali, ti dicevi tranquillo.

Mi sentivo che sarebbe andata bene. Partivo dalla consapevolezza di avere buona parte dei voti della Lombardia e già solo per questo gli altri partivano svantaggiati. E poi sapevo che in caso di ballottaggio con Martinello, sarei stato avvantaggiato. Chi avrebbe votato Isetti, non sarebbe confluito su Silvio.

Che cosa secondo te ha convinto i tuoi elettori?

Con il passare delle settimane, ci siamo resi conto che il profilo sobrio che avevamo scelto alla fine stava venendo fuori. Magari all’inizio non ci hanno ascoltato, perché c’era gente che faceva più rumore. Alla lunga però sono emersi i veri valori.

C’è qualcosa che hai letto nei programmi dei tuoi rivali che avresti voluto far tuo?

Posso dire quello che penso? I loro programmi erano troppo lunghi ed elaborati. Noi abbiamo voluto puntare su meno cose. Progetti concreti. Abbiamo scelto di concentrarci su quello che si può fare davvero. Per cui al momento giusto, si potrà partire.

Una firma solenne: il presidente accetta la nomina
Una firma solenne: il presidente accetta la nomina
Con gradualità o tutto insieme?

Anche insieme. Nel mio stile di lavoro c’è da sempre la delega. Se lasci che a lavorare siano diverse professionalità, hai più canali aperti. Invece magari sui progetti più complicati si può agire con tempi diversi.

Inizialmente si disse che Di Rocco fosse dalla tua parte.

All’inizio Renato si era convinto che sia Daniela sia io avessimo il profilo giusto per essere buoni candidati. Alla fine però si è sbilanciato e si è spostato su Isetti e questo mi ha avvantaggiato, perché ha fatto capire quali fossero le forze reali in campo.

Un Consiglio federale con 7 lombardi su 11 eletti: cosa significa?

Un Consiglio a sorpresa. Ma adesso, come ho appena detto a tutti loro, siamo nelle condizioni perfette per dimostrare l’impegno per un’Italia ciclistica unita. Far crescere le regioni meno strutturate della Lombardia è un progetto che merita la massima attenzione.

Il momento in cui Cordiano Dagnoni riceve la chiamata di Ernesto Colnago
Il momento in cui Cordiano Dagnoni riceve la chiamata di Ernesto Colnago

Il telefono squilla, a questa deve rispondere. E’ Colnago. Fra i due c’è una lunga amicizia. Il presidente chiede scusa e si sposta. Dopo tanti anni nel segno di Di Rocco, la Federazione torna ad essere un affare lombardo, ma la sensazione che la mano lunga di Renato non sia del tutto estranea a questa elezione rimane. Andremo avanti tenendoci il buono e lasciando giù ciò che non funziona? La sfida per Dagnoni è appena cominciata.

Borgna: l’Acsi potrebbe collaborare, ma Fci vuole?

26.01.2021
4 min
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C’è da capire, usando il linguaggio crudo della strada, se la grande attenzione dei 4 candidati alla Presidenza Fci verso cicloturisti e amatori nasca da un nobile fine o non sia piuttosto il modo di arrivare alle loro quote associative. In ciascuna delle interviste pubblicate nei giorni scorsi a Dagnoni, Isetti, Martinello e Perego (in ordine alfabetico) la battuta comune di ognuno era: «Vanno proposte attività vere e non considerarli dei bancomat».

Dato che continua a sembrarci insolito, se non per ambiti ristretti, che una Federazione affiliata al Comitato Olimpico debba destinare risorse agli amatori, ci siamo rivolti a chi con loro lavora da anni e lo fa anche bene, per capire se ci siano margini di manovra. E così abbiamo suonato nuovamente alla porta di Emiliano Borgna, responsabile nazionale di Acsi Ciclismo (in apertura sulla sinistra, alla presentazione della Marcialonga). Nel 2019, l’Acsi aveva 53.000 tesserati, 1.900 società affiliate, 1.200 eventi organizzati, 80 Gran Fondo. Abbiamo parlato con lui per capire se ci siano margini di collaborazione con la Fci, lasciando a ciascuno il proprio ruolo e ottimizzando le risorse.

Ecco il logo dell’iniziativa 2021 dell’Acsi
Ecco il logo dell’iniziativa 2021 dell’Acsi
Buongiorno Emiliano, ci dicesti di aver parlato con Martinello durante l’estate, ci sono stati altri contatti?

Con nessuno, nulla. Probabilmente si sentono di un’altra dimensione, che poi da un punto di vista normativo è vero. Vediamo quando entrerà in vigore la riforma dell’ordinamento sportivo, se ci saranno compiti più definiti. Sul fronte degli amatori, la situazione degli ultimi anni è a favore nostro e di altri Enti, perché loro hanno poca attività.

Perché siete così forti e perché per la Fci sembra tutto così difficile?

Abbiamo snellito molto la macchina organizzativa, cerchiamo di aiutare le società ad organizzare i loro eventi. Di là questo non c’è e per contro hai delle tasse gara parecchio elevate, anche perché per tanti anni non c’è stata attenzione verso il mondo amatoriale e sono rimasti indietro, avendo però probabilmente degli altri obiettivi. Ci sono stati anni ibridi, in cui si poteva credere all’agonismo amatoriale, quando si erano raggiunti degli estremi di esasperazione. Ma ora, anche grazie al Covid, le cose si sono normalizzate. Gli eventi sono fermi oppure parteciparvi è difficilissimo. La gente però ha continuato a fare sport, lo dicono anche i dati sui sinistri. E qui è nata la nostra idea di Kom You.

Che cos’è?

Lo spunto per dare un obiettivo alle persone, perché la situazione sarà ancora questa per alcuni mesi, speriamo pochi, e poi la ripresa avrà comunque incertezze e criticità. Così abbiamo ideato una challenge che dia ai praticanti lo stimolo per allenarsi, anche perché gli ultimi eventi virtuali, potendo comunque uscire in strada, hanno avuto un bel calo di partecipanti. Si affrontano le più belle salite italiane, seguendo due filoni. Puoi farne il maggior numero oppure ricercare la prestazione, con la classifica che viene stilata tramite condivisione della propria attività su Strava. Possono partecipare tutti, non solo i nostri tesserati. C’è tanta gente che ha cominciato, vestiti come capita, con bici inizialmente improvvisate. Sono nuovi tesserati per allargare il bacino e non restringerlo ai Veterani over 40, che hanno la stabilità economica per comprare le bici e pagare le iscrizioni.

Partenza Nove Colli 2018
Migliaia alla partenza della Nove Colli, perché non abbinare gare di giovanissimi ed esordienti?
Partenza Nove Colli 2018
Perché non abbinare gare giovanili alla GF?
La caccia ai neofiti è anche nei programmi dei quattro candidati…

Quando nacque il discorso delle convenzioni, per cui lo sport si faceva tramite gli Enti di promozione in collaborazione con le Federazioni, noi fummo i primi a firmare, non per soggezione, ma perché credevamo in una possibile collaborazione e ci crediamo ancora. Poi hanno raffrontato i numeri dei tesserati e i discorsi sono finiti. Non vedo nella Fci un competitor, lo sono semmai gli Enti che non organizzano eventi e non hanno costi che fanno campagna di tesseramento fra le mie società a prezzi stracciati. Con Fci siamo mondi diversi, si potrebbe trovare benissimo un punto di incontro.

Si parla di gare di giovanissimi legate alle Gran Fondo.

Si potrebbe sfruttare la logistica dell’evento amatoriale e abbattere i costi per gli organizzatori che da quando le gare regionali sono diventate nazionali, sono aumentati. Ma potremmo collaborare anche al di fuori delle gare.

In cosa?

La realizzazione di ciclodromi in cui fare tutti attività. Gestire l’attività di base, ad esempio nelle scuole o con i disabili. Queste cose le fanno gli Enti, non le Federazioni. Loro hanno tutto codificato con i riferimenti normativi del Coni, specialità per specialità, ma un modo per portare le persone in bici si trova. Se fai attività di giovanissimi ed esordienti alle Gran Fondo, eviti anche di far andare i ragazzini sui furgoni malmessi di certe società. Vanno alle gare con la famiglia, il papà fa la sua Gran Fondo e i bambini la loro corsa. E’ anche il modo di condividere lo sport in famiglia.

Lo fate già?

In alcuni eventi come la Marcialonga, il sabato si fa l’evento dei bambini ed ha una partecipazione eccezionale. La Gran Fondo dovrebbe essere l’atto finale di una festa di famiglia. 

E se la Fci viene a prendersi i bambini, proponendo loro la tessera?

Benvenga. Noi non possiamo fare agonismo con i bambini fino ai 13 anni, prima si fanno attività ludico-promozionali. E’ giusto che i piccoli facciano attività federali. Se diventano Nibali, siamo tutti contenti. Se non lo diventano, magari vengono da noi come amatori.