Verso il voto: il programma del candidato Perego

21.01.2021
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Fabio Perego è il quarto candidato, quello che nessuno si aspettava, se non altro perché è stato impegnato fino all’ultimo nelle elezioni per il Comitato regionale lombardo. Poi, sconfitto, ha scritto il secondo programma: questa volta per la Presidenza federale.

Se i candidati vanno pesati per il curriculum, di sicuro Martinello è il primo della classe come atleta, ma Perego lo è indubbiamente per i ruoli ricoperti. Atleta e tecnico. Organizzatore e politico. Forse per questo, a detta dei delegati che nelle ultime settimane si stanno concedendo interminabili call su piattaforma digitale, Fabio è quello capace di dare risposte nello specifico.

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Il Direttore Generale

Il programma è stringato: 11 pagine condensate, che fanno trapelare le idee chiare e assieme il poco tempo avuto per stilarlo. Per leggerlo è sufficiente cliccare al link precedente, mentre vogliamo soffermarci su un paio di punti che hanno richiamato la nostra attenzione. Primo fra tutti il fatto che Perego sia l’unico a proporre la figura del Direttore Generale. A sgombrare il campo, la battuta che circolava era che Di Rocco avrebbe appoggiato chiunque gli avesse garantito quel ruolo. Perego ride e comincia.

«Sono l’unico che l’ha tirato fuori – dice – perché sono convinto che sia necessario. Il Direttore Generale può anche essere la stessa figura del Segretario Generale, perché alla fine sono molto vicini, però deve avere determinate caratteristiche. E’ una figura di coordinamento che per il raggiungimento degli obiettivi è fondamentale. Non può fare tutto il Presidente. Il Direttore Generale è una figura più completa, è quello che verifica il raggiungimento degli obiettivi, le varie commissioni, le varie componenti del Consiglio Federale. Se si tornasse a quando ognuno dei componenti del Consiglio aveva una propria competenza e un budget da gestire, sarebbe giusto anche che ci fosse una figura di coordinamento che verifichi l’andamento delle cose e riferisca al Presidente. Un direttore generale d’azienda è una figura di coordinamento ma anche di controllo

Giudici di gara 

Un aspetto su cui puntano sia lui sia Martinello è quello della riqualificazione dei Giudici di gara e dei Direttori di corsa

«Se la Commissione dei giudici di gara e il suo Presidente non fossero nominati dal Consiglio Federale – dice Perego – ma all’interno della categoria, già avremmo un problema in meno. Si parla di autonomia, i giudici devono lavorare in autonomia perché non devono subite alcun tipo di influenza. Troviamo un sistema di elezione, ma nessuno potrà dire che il tale giudice è lì perché è amico di qualcuno. Tenete presente che i giudici non votano e tenete presente che la meritocrazia non sempre vince. La prima cosa è ridargli autonomia e poi forse alcune norme vanno riviste. Una è quella sul limite massimo di età: a 70 anni vai in pensione. Conosco persone che a 70 anni che sono meglio di quelle di 50. Per cui porterei il limite a 75 anni, valutando i singoli casi, in modo che i più esperti diventino una risorsa per i giovani, soprattutto all’interno delle Commissioni regionali. E poi c’è il limite dei 50 anni per prendere parte ai corsi di formazione. Io ho 54 anni e non potrei fare il giudice? Quel limite non va bene. Se anche recluti ragazzi giovani di 18-19 anni, dopo un po’ te li portano via e ti trovi senza giudici».

Delle Case e Bertolotti hanno fatto della Uec un modello di efficienza
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Direttori di corsa

I Direttori di corsa portano sulle spalle la responsabilità (anche penale) della carovana. E’ vero che è prevista un’assicurazione, ma è vero che un conto è dirigere una gara in pista, altrsa cosa portare in giro nei paesi gruppi di ragazzini.

«Queste persone vanno assolutamente formate – dice Perego – devono essere consapevoli di quello che stanno facendo, del loro ruolo. E quando in questo ruolo si raggiunge una certa professionalità, è giusto che in qualche modo si venga retribuiti, perché hanno delle responsabilità davvero importanti. Hanno bisogno di una tutela legale. Dovrebbero partecipare agli incontri con i Prefetti, col capo della Polizia. Per sicurezza e gestione della gara è il Direttore che comanda. E lui che dice fermiamo la gara o attraversiamo un fiume».

I tricolori

Un capitolo a parte del suo programma verte sugli standard organizzativi delle gare titolate: i campionati italiani su tutti. E’ possibile si chiede Perego che ciascuna prova tricolore, nello stesso anno, abbia standard differenti?

«Io farei come in altre federazioni, in Francia e in Belgio – dice – con una commissione (anche solo di 3 persone) che ha un capitolato tecnico a garanzia di uno standard organizzativo omogeneo almeno alle gare titolate. Ogni anno si organizzano decine di gare di campionato italiano, facciamo che i backdrop per le interviste siano omogenei? Che i palchi siano fatti allo stesso modo per montare pannelli pubblicitari di dimensioni concordate? Non è possibile avere un’organizzazione a Usmate e una a Trento. Agli sponsor devi vendere pacchetti uniformi. Ai tricolori di cross a Lecce hanno fatto tutto quello che potevano e anche di più. Potevano gestire meglio la zona box, sicuramente potevano fare meglio e ci sarebbero riusciti se la Federazione gli avesse mandato la sua commissione per dargli le linee guida. Diventa anche più facile perché alla fine la Federazione può mettere di mezzo i suoi fornitori e offrire le professionalità con cui lavorerà in modo continuativo».

Fabrizio Carnasciali, Coppa Fiera Mercatale
I giudici di gara vanno formati, retribuiti e assistiti legalmente
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Il fuoristrada

Il fuoristrada rappresenta più del 50 per cento dei praticanti. E come Martinello si sta circondando di personaggi che ne sono l’espressione, anche Perego drizza le antenne.

«Il fuoristrada secondo me – dice – occupa il 70 per cento dell’attività, insieme al Bmx. Il bimbo di 6 anni non lo porto in pista, lo porto con la Mtb regalata dal nonno al bike park di Usmate. Dobbiamo ripartire da qua, da questo progetto e far crescere i ciclisti di domani. Dobbiamo riprendere tutta l’attività e riportarla dove si può farla. Dove ci si può muovere. Ormai anche le stradine secondarie sono delle tangenziali. Mia moglie, che ha sposato uno che va in bici e che vive quasi di ciclismo, quando passa una volta all’anno una gara davanti casa e la fermano per 10 minuti mentre vuole andare al bar per fare colazione, perde la pazienza e dovreste sentire come sbotta. E qui entra in ballo il tema della sicurezza. 

«Se andate sul sito della Federazione c’è una tessera, creata per la gente che usa la bici per andare al lavoro, messa lì come mille progetti buttati senza esser seguiti. Quelli che usano la bici per spostarsi in città possono diventare tesserati. Se noi diamo loro in primis una garanzia assicurativa, poi delle convenzioni con il meccanico, sconti sui vestiti, sconti su vacanze in bike hotel… Sono dati che nessuno sta guardando, ma si traducono in numeri che si possono vendere. La Federazione sul territorio c’è, ma devi lasciar lavorare i singoli Comitati».

Alice Maria Arzuffi, Lecce 2021
Ai tricolori cross di Lecce hanno fatto del loro meglio, la Fci poteva aiutare a fare di più
Alice Maria Arzuffi, Lecce 2021
Ai tricolori di cross a Lecce si poteva dare più appoggio

Enti di promozione

Infine il movimento cicloturistico e quello amatoriale. Le Gran Fondo come volano per l’attività giovanile, i grandi al servizio dei piccoli. Secondo una strategia comune anche agli altri candidati. Con la differenza che Perego valta anche la collaborazione con gli Enti di promozione turistica.

«Si può fare la guerra che vuoi – dice – ma gli Enti sono emanazioni dirette di Confindustria e altri colossi. Di fatto devi trovare un sistema per collaborare e lavorare insieme. Il primo è uno standard di sicurezza e già quest’anno mi pare che abbiano obbligati ad avere il direttore di corsa. Dobbiamo sederci a un tavolo e trovare la quadra. Se gli dai appeal e gli dimostri qual è la differenza, allora riesci a portare a te i loro tesserati. Ma se continui a pensare che gli amatori siano dei bancomat, non funziona. Devi dare i servizi. Anche i Comitati provinciali ti aiutano ad organizzare, ma certo abbiamo costi di affiliazione molto superiori. Probabilmente perché loro non hanno nemmeno un carrozzone come il nostro da portarsi in giro».

Marketing e comunicazione

I dipendenti servono, ma bisogna che rendano per quello per cui sono pagati.

«Non è possibile che agli europei o ai mondiali della pista – dice Perego – la foto dell’azzurro che vince la medaglia venga dal cellulare di un addetto stampa. Non è possibile che la Fci non abbia un contratto con un fotografo che dopo 8 minuti ti mandi la foto di Ganna campione del mondo. La comunicazione e il marketing devono essere esterni, per bando, ma devono funzionare. E se non funzionano, si cambia. A noi serve uno standard di un certo tipo. La Uec è una società piccola, ha il suo fotografo, il suo operatore. Bisogna uscire dalla dimensione del volontariato…».