Tanto è organizzato e schematico il programma di Daniela Isetti, per quanto quello di Silvio Martinello è un fluire di idee: un ragionamento che va a toccare i vari aspetti della proposta evidenziando problemi e soluzioni. Due approcci completamente diversi, essendo tali anche i due candidati. Un documento di 25 pagine, suddiviso in capitoli come stazioni del viaggio.
«Immagino una Federazione – si legge in avvio – che ritorni a lavorare prioritariamente con e per la base, sostenendo i propri Comitati Regionali e Provinciali con un nuovo criterio, basato sul merito, di suddivisione dei contributi. I CR e i CP dovranno tornare alla loro funzione principale: rappresentare sul territorio il braccio operativo della struttura centrale. La FCI dovrà aiutarli a recuperare il terreno perduto dopo anni di gestione centralizzata che ha di fatto spogliato i comitati periferici (a parte qualche caso utile alla gestione del consenso) delle loro prerogative».
Tra i vari punti del programma integrale, alcuni hanno richiamato la nostra attenzione.
Supporto alle società
Si legge nel programma: il supporto economico e formativo alle società di base, consentirà di interrompere e invertire il trend di decrescita, per consentirci di essere nuovamente attraenti e competitivi rispetto ad altre discipline sportive.
«Intendo le società – spiega Martinello – impiegate in tutta la filiera, dai giovanissimi agli juniores. Bisogna tutelarle da quella sorta di cannibalismo messo in atto da parte delle squadre più ricche, che ha portato a un impoverimento generale. Già è difficile reggere ai passaggi di categoria, ma se gli ordini di arrivo vengono decisi a tavolino da direttori sportivi che grazie ai soldi hanno a disposizione i migliori talenti, anche il reale livello di competizione viene inficiato.
«Le società – prosegue Martinello – devono essere aiutate a crescere. Dopo questa pandemia dovremo sostenerle, cercando nelle pieghe del bilancio, le risorse per non far pagare affiliazione e tesseramento. Come si è fatto nel 2020, quando sono stati stanziati 2 milioni di euro proprio per sostenerle. E poi bisogna trovare il modo affinché gli squadroni più ricchi abbiano un vincolo da rispettare nel tesseramento. E’ un problema noto da anni, cui non si è mai data una risposta».
Il ruolo di Rcs
Quando il programma affronta il settore strada, l’analisi del movimento è lucida. A fronte di una storia prestigiosa, l’organizzazione del ciclismo in Italia pecca di presunzione e il sistema traballa. I grandi sono sempre più grandi, i piccoli sono al limite dell’asfissia. L’esempio del ruolo svolto da Aso nel rilancio del ciclismo francese è un ottimo aggancio.
«E’ un punto di arrivo – ammette Martinello – altrimenti non ne veniamo fuori. Rcs prende 20 milioni di euro ogni anno dalla Rai, perché non pretenderne 21 e investire quel milione nella promozione del professionismo? Bisogna sedersi a un tavolo e occuparsi di tutto il calendario nazionale. Si può immaginare per tutte le corse un format che preveda 90 minuti di diretta, con uno studio in avvio e uno in chiusura, con un produttore che può essere la Rai. Quando Amici lascerà, chi prenderà in mano la situazione? Rcs ha la sua struttura, perché non pensare a un’economia di scala, che metta i pro’ al centro del sistema?
«Il ciclismo francese – incalza Martinello – 15 anni fa era messo malissimo, Aso se lo è caricato sulle spalle. Le corse stavano sparendo e gli sponsor volevano investire sul Tour. E il Tour cosa ha fatto? Li ha invitati a investire in nuove squadre, garantendo loro la wild card. Le 2 squadre WorldTour (fa eccezione la Fdj che c’era anche prima) e le 4 professional francesi sono figlie di questo lavoro. E’ legittimo che una società faccia profitto, ma se non costruisci il movimento, cosa ti resta? A Cairo hanno spiegato la situazione in questi termini? E’ un progetto ambizioso, ma a quel tavolo la Federazione può mediare, avendo la consapevolezza dei rischi per l’intero movimento».
Le nazionali
La maglia azzurra è il fiore all’occhiello, ma secondo Martinello l’organizzazione su cui sono basate le nazionali è figlia di retaggi superati. Il mondo anglosassone ha indicato la via già da anni.
«Il progetto – dice Martinello – prevede di mettere a capo delle nazionali un Team Manager con responsabilità dirette di coordinamento e di organizzazione. Non sarà un team privato, perché farà comunque capo al Consiglio federale. Si tratta del proseguimento del progetto che portai in Federazione nel 2005.
«Oggi ogni gruppo lavora col suo personale, mentre immagino una squadra di meccanici e massaggiatori trasversali a tutti. Una struttura molto più snella, composta anche da personale dipendente, che quando non è in giro, organizza materiali e magazzino. Serve maggiore efficienza operativa, dopo che è stato concordato un programma di lavoro pluriennale alla luce degli appuntamenti agonistici. La nazionale deve essere il gioiello di famiglia e deve godere anche di una comunicazione all’altezza. Non è possibile che l’unico in grado di renderla visibile sia Cassani, grazie al suo seguito personale. La comunicazione è un punto debole, la maglia azzurra deve essere oggetto del desiderio anche per chi vuole investire nel ciclismo. Da un’analisi dei bilanci fra il 2003 e il 2019 emerge che nel 2003 c’erano 810 mila euro di entrate dagli sponsor, nel 2019 siamo a 219 mila…».
La velocità
Dopo anni di buio e disinteresse, la velocità su pista è diventata fortunatamente il pallino di tutti. Martinello la definisce “una lacuna vergognosa”.
«La lettura di Daniela Isetti sulle cause dell’abbandono – dice Martinello – è parziale e superficiale. La velocità ha bisogno di grande programmazione. C’è da mettere a punto un sistema per dare supporto agli atleti, con i Corpi militari, ma anche immaginando la nascita di una squadra da affidare al team manager. I fenomeni olandesi della velocità arrivano tutti dalla Bmx, tanto che accanto ai velodromi, c’è sempre un impianto per questa specialità. Perché nel progettare quello di Spresiano non se ne è parlato? Sono specialità intercambiabili e la Bmx è comunque una disciplina olimpica. Servono tecnici di livello che ora come ora non abbiamo. Non dico che si debba importarne da fuori, ma vanno mandati i nostri a fare stage all’estero. La Nuova Zelanda, grande come la Toscana, ottiene risultati in tutte le discipline olimpiche. Come mai?
«La nostra pista ha ottenuto risultati eccezionali grazie a due grandi tecnici come Villa e Salvoldi, ma non possono essere loro a occuparsi della velocità perché non ne hanno la competenza. Lo dimostra il fatto che Miriam Vece sia stata mandata ad Aigle, come accade ai Paesi in via di sviluppo. Ma se avessimo mandato un’altra ragazza, a quest’ora avremmo una squadra per la velocità olimpica».
La sicurezza
Sicurezza nell’organizzare le gare, sicurezza nell’uso quotidiano. Se il bambino non può andare a scuola in bicicletta, magari non avrà mai la voglia di arrivarci prima del compagno e la bicicletta sarà sempre più lontana dal suo orizzonte. Il settore strada è a rischio.
«Qualche intervento nel Codice della strada c’è stato – dice Martinello – ma ci si è bloccati su quel 1,5 metri che non è la panacea di tutti i mali. Il legislatore dovrebbe sedersi al tavolo con la Federazione, lavorando a un modello educativo. Stiamo pagando un prezzo altissimo in termini di vite e di tesseramento. Nei Paesi in cui si sono fatti investimenti veri sulla sicurezza sono aumentati anche i tesserati. Per cui bisogna investire sugli impianti chiusi che permettono di fare attività in modo sicuro, ma insieme va aiutato chi ha la responsabilità di legiferare perché agisca nel modo giusto.
«Sul fronte degli organizzatori invece, che hanno costi notevoli, va creata la stessa economia di scala di cui si è parlato per le produzioni televisive, dotando i Comitati regionali e provinciali di infrastrutture e mezzi da mettere a disposizione delle società. Come vanno aiutati, magari anche con assistenza legale, i direttori di corsa, che hanno sulle spalle un peso incredibile».
Gli argomenti sono ancora tanti e spaziano dal sito web federale al doping, in cui viene stigmatizzata la gestione Uci dell’antidoping e anche la retroattività dei controlli, in cui all’aspetto punitivo fa affiancato quello educativo. La lettura del programma in questo caso completerà ottimamente il quadro.