Dai Giochi alla Roubaix: Artuso svela il Milan che vedremo

05.08.2021
4 min
Salva

A Tokyo abbiamo visto un super Jonathan Milan. Il friulano è stato uno dei vagoni fondamentali del quartetto delle meraviglie. E’ arrivato alle Olimpiadi con una condizione super. Una condizione che in qualche modo va sfruttata ancora. La stagione del gigante della Bahrain Victorious, infatti, non finisce certo qui.

E lo sa bene Paolo Artuso, il coach del team che lo sta seguendo passo, passo da ottobre, da quando Milan è approdato alla Bahrain.

In Sardegna Milan ha faticato un po’ in salita, ma era previsto secondo Artuso
In Sardegna Milan ha faticato un po’ in salita, ma era previsto secondo Artuso
Dicevamo, Paolo, una condizione super…

Ma non è un caso che siano andati forte. Con Jonathan sono mesi che lavoriamo su ogni dettaglio. Ho visto i suoi valori un paio di giorni fa ed erano i suoi migliori. Abbiamo fatto un avvicinamento davvero buono.

Come?

Abbiamo alternato bene la strada e la pista. Faceva distanza su strada, senza forzare, e intensità in pista. Ma roba massimale: partenze da fermo, palestra… E poi ha recuperato bene dopo la Settimana Internazionale Italiana. Lì ha colto un secondo posto che gli ha dato morale.

Perché era un po’ giù?

No, solo che con il tanto lavoro accumulato faceva un po’ fatica. E infatti io gliel’ho detto subito: quando torni fai due giorni di riposo vero e vedrai che andrà tutto bene. E così ha fatto. Anzi, dopo che sono tornati in pista, anche il primo giorno ho chiesto a Villa di non fargli fare troppo. Poi su quello che hanno fatto tra Montichiari e il volo per Tokyo non ci ho messo bocca.

La volata della tappa persa contro Ackermann. Milan (in rosso) è partito troppo lungo
Nella volata della terza tappa vittoria di Ackermann a sinistra, ma Milan (in rosso) lo ha fatto soffrire
E adesso? Questa super condizione va sfruttata dicevamo…

Eh sì. Milan correrà la classica di Amburgo il 22 agosto e poi andrà al vecchio Bink Bank Tour, oggi Benelux Tour (30 agosto-5 settembre, ndr). Abbiamo scelto questa gara perché potrà aiutare Colbrelli e perché c’è una crono di 12 chilometri dove potrà fare molto bene. E poi c’è la Roubaix il 3 ottobre. E vi dico che Jonathan è super gasato per questa gara. Vogliamo metterlo un po’ alla prova sul pavè. E poi ancora ci saranno i mondiali su pista dalla settimana successiva. Sarà molto importante tornare a gestire bene, tra strada e pista, quel mese che va dalla fine del Benelux al mondiale, passando appunto per la Roubaix.

Proverà anche dei materiali per la Roubaix? Farà dei sopralluoghi?

No, per quel che riguarda il materiale c’è Haussler che li prova per noi. Lui è più sensibile. Testa gomme, ruote, ha un certo rapporto con Merida. E poi prima di fare delle prove, Milan deve capire cos’è la Roubaix, se gli piace. Insomma dobbiamo vedere come reagisce e se ne vale la pena investirci in chiave futura.

Anche tu, Paolo, hai avuto il tuo bel da fare in questo continuo alternare strada e pista…

Beh, ma quest’anno lo sapevamo. Le Olimpiadi erano il primo obiettivo e tutto è ruotato intorno a queste. Non abbiamo fatto neanche la cronometro tricolore per non intaccare la preparazione. E non è stato facile rinunciarvi perché Milan era il campione U23 in carica. Però già aveva lo stress dei Giochi, non l’aveva preparata e si trattava di una crono lunga, senza contare che parliamo di un giovanissimo: ha 20 anni. Se fosse andato male avrebbe avuto dei dubbi. Invece ha corso l’italiano su strada che gli ha dato buone risposte. Tanto che in Sardegna se avesse fatto una volata un pelo più corta magari avrebbe battuto Ackermann.

Jonathan Milan, volto sorridente per questo (quasi) 21 enne
Jonathan Milan, volto sorridente per questo (quasi) 21 enne
Veramente?

Eh, avrà fatto almeno 70 metri più di lui! In Sardegna ha fatto un po’ fatica sulle salite. Fino a 10′ le teneva bene, poi andava in difficoltà. Ma come ho già detto era normale. Aveva fatto un altro tipo di preparazione. L’ultima tappa è finita prima per agevolare il rientro. Così siamo arrivati all’aeroporto di Cagliari che erano le 15 e il volo lo avevamo alle 22. Cosa facciamo? Eravamo io, lui e Padun. Abbiamo noleggiato una macchina e siamo andati a cena fuori. L’ho guardato e gli ho detto: queste salite qua, il prossimo anno le devi “saltare via” facilmente, perché di corse piatte, piatte ce ne sono poche. E lui ha annuito.

Jonathan è un buono. E di certo ti avrà ascoltato. In questi Giochi e da quel vedevamo sui social ci è sempre sembrato molto sereno, come chi se le è godute queste Olimpiadi…

Si, sì… lui è un ragazzo pacifico. Potrà fare bene in questo finale di stagione. Come detto abbiamo preparato i Giochi e sono contentissimo di come ci sia arrivato. Adesso, dopo il suo ritorno riposerà un po’. Il fuso orario dovrebbe digerirlo meglio venendo verso ovest. E sono convinto che potrà fare bene. Sugli sforzi brevi avrà dei vantaggi.

Slongo e i giorni olimpici di Elisa: dal Giro alla crono di domani

27.07.2021
4 min
Salva

Paolo Slongo mette a segno un altro colpo. Dopo i tanti trionfi con Nibali, a Tokyo arriva il bronzo con Elisa Longo Borghini e, incrociamo le dita, potrebbe non essere finita. Eppure la piemontese era uscita da un Giro Donne non troppo positivo, ma nel finale della gara olimpica ha mostrato il colpo di pedale dei giorni migliori.

La medaglia di bronzo della Longo Borghini
La medaglia di bronzo della Longo Borghini

Doppia uscita “anti-sonno”

Ma come è stata la metamorfosi della Longo Borghini dalla corsa rosa a quella olimpica? A spiegarcelo è proprio Slongo, preparatore della Trek-Segafredo, che ha continuato a seguire Elisa anche a distanza, con una preparazione minuziosa, fatta di dettagli e accortezze al “millimetro”.

«La gara nel finale si è messa meglio di come era stata. Ed Elisa è stata brava a raccogliere quel bel risultato. Un medaglia olimpica, ragazzi…», dice con commozione Slongo.

«Siamo partiti per il Giro Donne vedendo come si metteva. Dopo la seconda tappa abbiamo capito che non si sarebbe potuto lottare per la classifica e così abbiamo provato a fare del lavoro per le Olimpiadi, specie nelle due fughe in cui è entrata. In quelle occasioni Elisa ha accumulato tanta fatica che gli è servita.

«Quando è tornata a casa ha staccato un po’, soprattutto di testa. In bici è uscita sempre. Faceva dalle due alle tre ore a sensazione. Niente lavori. Poi il 17 è partita e il 18 è arrivata a Tokyo. Quei due giorni sono stati di “riposo” totale. Dal 19 ha ripreso a pedalare. Per farla adattare al fuso orario le facevo fare la doppia uscita. Ma la seconda era davvero una passeggiata. Più che altro non doveva stare in camera, altrimenti il sonno prima o poi ti prendeva. Doveva riuscire subito “a prendere la notte”, superando il problema del fuso orario».

Gli azzurri del ciclismo non alloggiano nel villaggio olimpico, ma fuori Tokyo. Tuttavia meglio non stare troppo in camera per smaltire il fuso
Gli azzurri del ciclismo non alloggiano nel villaggio olimpico, ma fuori Tokyo. Tuttavia meglio non stare troppo in camera per smaltire il fuso

Sensazioni a confronto

La Longo Borghini in Giappone faceva quindi due ore la mattina e un’oretta e mezza al pomeriggio. Al mattino faceva un po’ meno proprio perché sapeva che sarebbe riuscita.

«Nei primi due giorni a Tokyo ha solo pedalato. Poi ha iniziato ad inserire dei piccoli lavoretti: Sfr, lavoro intermittente come per esempio 2×5′ facendo 20”-40”… un qualcosa che simulasse la gara. E anche il giorno prima della corsa ha fatto un paio di medi. Meglio partire un po’ “stanca” e non con il cuore che sale troppo velocemente. Cosa che poteva essere fuorviante». 

La gare (strada e crono) si avvicinano e la tensione sale. Elisa ha determinate sensazioni, che sono diverse da quelle dei dati che invia a Slongo.

«Lei diceva di non sentirsi super, ma io vedevo che reagiva bene. Abbiamo analizzato la gara ieri e chiaramente i dati sono legati allo strano andamento tattico che si è visto. Se la polacca in fuga non si fosse staccata le olandesi non si sarebbero svegliate e addio medaglie. Addio anche per Elisa.

«Invece sull’attacco ho visto che andava. Non erano i suoi migliori valori assoluti, ma con quel clima e quella temperatura si livellano molto. I valori vanno contestualizzati. Faccio un esempio. Un corridore ha 400 watt alla soglia, ma se dopo tre settimane scala il Ventoux con il caldo e ne fa 370 non vuol dire che è andato piano».

Elisa nella crono del Giro del Giro d’Italia Donne
Elisa nella crono del Giro del Giro d’Italia Donne

Verso la crono di domani

Slongo ha ripetuto con Elisa Longo Borghini quel che riuscì a fare a Rio 2016 con Nibali: vale a dire arrivare al meglio nel giorno X.

«Il Gap di Elisa rispetto al Giro si è livellato parecchio. E infatti chi ne aveva di più nel finale erano proprio Elisa e la Van Vleuten. Anche per questo sono speranzoso per la crono. Dati alla mano, analizzando anche le altre, stimiamo possa arrivare tra il 5° e 8° posto, ma appunto vedendo come è andata su strada…

«Il percorso della crono è abbastanza duro, ma meglio così che tutto piatto. E’ un po’ meno per specialiste. Le olandesi sono di nuovo le favorite, ma occhio anche alle americane».

In questi giorni giapponesi, la Longo Borghini ha già usato la bici da crono. Lo ha fatto anche in qualcuna delle uscite pomeridiane.

«E lo stesso ha fatto dopo il giorno in cui ha fatto la distanza. Dopo la prova in linea ha usato soprattutto la bici da crono ovviamente per trovare il giusto feeling. Trek ha fornito le bici nuove prima del Giro. Elisa ha svolto dei test in pista. Avevano cambiato il manubrio. Adesso è un po’ più lunga. Se prima i gomiti erano a 90°, ora l’angolo è un po’ più aperto. Ma per il resto le misure sono quelle del Giro Donne».

La rifinitura dei nostri pistard, Bragato a te la parola

22.07.2021
5 min
Salva

La rifinitura di una preparazione è molto delicata. Ipotizzando l’insieme degli allenamenti come una “piramide”, se si sbaglia qualcosa quando si è in prossimità della cima ecco che crolla tutto il castello. O meglio, si rischia di vanificare tutto. Si ha si una buona base, ma non si è pungenti. E quando si va alle Olimpiadi non si può non esserlo. E lo sa bene Diego Bragato, il referente di tutti i commissari tecnici federali. Colui che segue le preparazioni degli azzurri. Un ruolo alquanto importante.

Riunione fra tecnici a Montichiari: da sinistra Villa, Lupi della Bmx, Marco Compri e Diego Bragato
Riunione fra tecnici a Montichiari. Da sinistra: Lupi della Bmx, Marco Compri e Bragato
Diego hai seguito i ragazzi della pista e anche della strada?

Direi solo i pistard o comunque coloro che fanno capo a Marco Villa. Gli stradisti hanno avuto un altro cammino e hanno lavorato molto con le rispettive squadre.

Come state lavorando a pochi giorni dal grande appuntamento?

Beh, posso dire che tra oggi e domani ci saranno le ultime due sedute impegnative. Le faranno sia i ragazzi che già sono in Giappone, come Viviani e Ganna, che gli altri che sono in Italia. Questi ultimi le faranno con me.

Come pensi sia andata la preparazione?

Direi bene. E’ il frutto di un lavoro durato diversi anni. I nostri numeri sono buoni, abbiamo fatto dei progressi. Però non avendo corso (causa Covid, ndr) non sappiamo a che livello sono i nostri avversari. 

Francesco Lamon: per lui niente Sardegna, ma lavoro in quota. Eccolo sullo Stelvio (foto Instagram)
Francesco Lamon: per lui niente Sardegna, ma lavoro in quota. Eccolo sullo Stelvio (foto Instagram)
Corridori che vanno, altri che devono andare, chi va in altura e chi corre: non è facile coordinare tutto. Ne avrai di “scartoffie” da spulciare e programmi da far conciliare…

Non è facile, ma non è neanche un qualcosa d’improvvisato. Sapevamo cosa fare e tutto è sotto controllo. I ragazzi hanno avuto avvicinamenti diversi. Ma questo è il mio ruolo di affiancamento a Villa. Leggendo i loro dati e ascoltando i tecnici delle loro squadre devo capire a che livello sono, cosa fanno e cosa non fanno e di conseguenza dare loro le indicazioni su determinati lavori. Lavori che poi, in questo caso, dò sia a chi è a Tokyo con Villa che ai ragazzi che sono a casa e che seguo io. Sul discorso del conciliare conta molto anche l’esperienza. Negli anni riesci a conoscere i ragazzi e sai come reagiscono a certi lavori. Per esempio Lamon non è andato in Sardegna perché per lui non era l’avvicinamento migliore. Come lo è invece per Viviani.

Cioè Lamon non reagisce bene alle corse a tappe?

No reagisce bene, ma non in quelle tempistiche. Ha bisogno di tempi più lunghi per trarne benefici e la Settimana Internazionale Italiana era troppo vicina ai Giochi.

Quando si può iniziare a parlare di rifinitura? 

Direi da una settimana prima della trasferta in Sardegna (quindi a circa 20 giorni dalle gare su pista, ndr), che poi è quando abbiamo iniziato i blocchi finali di lavoro a Montichiari.

Viviani impegnato a Fiorenzuola. La rifinitura è passata anche per questo velodromo (foto Instagram)
Viviani impegnato a Fiorenzuola. La rifinitura è passata anche per questo velodromo (foto Instagram)
E cosa si fa?

Più si va a ridosso dell’appuntamento “X” e più ci si avvicina ad un modello prestazionale simile a quello della gara. Intensità molto alte con recuperi decisamente ampi. Alla fine la giornata in pista, o comunque la sessione di lavoro, può essere anche molto lunga proprio perché si recupera molto. In questa fase bisogna appunto rifinire. In altri momenti invece accorciare i tempi di recupero fa parte dell’allenamento. A Montichiari abbiamo simulato delle gare, sia con il quartetto che con gli atleti della corsa a punti. E per fare questo c’erano anche gli altri ragazzi.

Cioè quelli che non sono stati portati a Tokyo. Un grande gruppo…

Esatto. C’erano Simion, Scartezzini, Plebani, Moro, Giordani… e tutti loro hanno lavorato sodo, erano in forma. Erano venuti con me nella gara di Coppa a San Pietroburgo, dove sono arrivati secondi nel quartetto, e avevano un ottimo ritmo gara che è stato utile anche ai ragazzi convocati in Giappone.

L’apporto dei non convocati è stato fondamentale. E’ questa la forza del gruppo di Villa (foto FCI)
L’apporto dei non convocati è stato fondamentale. E’ questa la forza del gruppo di Villa (foto FCI)
In questa rifinitura hai seguito anche l’alimentazione dei ragazzi?

Per coloro che fanno strada, vedi Consonni, Ganna… no: loro fanno da soli. Sono esperti e seguiti dalle rispettive squadre. E lo stesso, più o meno, vale anche per gli altri ragazzi. Semmai a loro dò qualche consiglio sull’integrazione. Ma parliamo comunque di atleti che sanno il fatto loro.

Sappiamo che a Tokyo ci sono molte restrizioni, come si organizzano Villa e i suoi in questi giorni?

Questo è anche il motivo per cui io non sono con loro in Giappone. Comunque li seguirò ora per ora. Sarò in costante contatto con Villa. Analizzerò i loro dati. Usciranno sia su pista che su strada. Dovranno seguire un protocollo, cioè dire quanto staranno fuori, dove andranno… Potranno girare in Velodromo per un’ora e mezza per fare alcune sessioni concordate con gli organizzatori, altrimenti faranno il resto su strada, sui rulli e in palestra.

Palestra?

Sì, più che altro richiami di esplosività.

Coach Artuso su Colbrelli: «Dopo l’Amstel la svolta»

08.07.2021
6 min
Salva

Forte, “piano”, fortissimo. Potrebbe essere questa la foto della condizione 2021 di Sonny Colbrelli, sempre più l’uomo di questa estate italiana. Ebbene con il suo coach, Paolo Artuso, cerchiamo di riassumere come è stata impostata la preparazione del corridore della Bahrain Victorious.

Tutto è filato liscio? Si è dovuto aggiustare il tiro? 

Paolo Artuso (classe 1984) è uno dei preparatori della Bahrain Victorious
Paolo Artuso (classe 1984) è uno dei preparatori della Bahrain Victorious

Laigueglia “da scalatore”

«Sonny – spiega Artuso – è partito bene, anzi molto bene direi. Durante l’inverno ha svolto una base tradizionale con tanto volume, ma anche con molta palestra. A febbraio, dopo il camp con la squadra ad Altea (Spagna, ndr), siamo andati sul Teide per la prima altura stagionale. A quel punto siamo volati direttamente in Belgio.

«Sonny è passato a casa giusto per un paio di giorni. Lassù ha corso Omloop Het Nieuwsblad e Kuurne. Nella prima è andata molto forte ma è caduto e nella seconda ha fatto sesto, mostrandosi dunque competitivo. Ma che andasse davvero forte ce ne siamo accorti al Laigueglia. Quest’anno ne è uscita una corsa durissima e lui in salita ha tenuto le ruote dei migliori».

Colbrelli quest’anno è migliorato tantissimo in salita
Colbrelli quest’anno è migliorato tantissimo in salita

Il guaio

A questo punto però ecco l’imprevisto che ha un po’ scombussolato i piani, almeno quelli primaverili. Colbrelli incappa in un piccolo problema di salute. Doveva fare la Parigi-Nizza ma è costretto a saltarla. Provano con la Tirreno, ma ancora nulla da fare. In quel periodo di pieno Covid (ricordiamo che la Uae non partì in massa alla Freccia Vallone) la sua squadra non se la sentì di rischiare nulla, fatto sta che il bresciano si è presentato nelle due classiche del Nord senza aver disputato neanche una corsa a tappe.

«Corsa a tappe – riprende Artuso – che è fondamentale in quel momento per completare la preparazione e dare “corpo” al lavoro fatto. E infatti Sonny ha disputato una bella Sanremo, ha iniziato le classiche del Nord molto bene, ma nel finale è andato in calando. Sono corse dure e lunghe quelle, che vengono in successione. Fino alla Gand è andato bene, poi ha pagato. In quella situazione è stato anche difficile gestire il peso perché si fa un giorno a tutta in cui si spende tanto e poi si deve recuperare e non si fa molto. Insomma non era più super competitivo, ma almeno sapevamo il perché».

Sonny Colbrelli maglia verde del Delfinato 2021, non ha mai perso il sorriso neanche nei momenti meno brillanti
Sonny Colbrelli maglia verde del Delfinato 2021, non ha mai perso il sorriso neanche nei momenti meno brillanti

Il “piano B”

A quel punto, senza una corsa a tappe nelle gambe, Artuso rivede i piani e decide di non fare rallentare Colbrelli, ma di continuare. Di fatto pensando già alla seconda parte di stagione.

«Dopo l’Amstel c’è stata una svolta. Ho resettato il piano. A casa Sonny ha continuato a fare volume. Abbiamo fatto un lavoro polarizzato: vale a dire ore di sella tranquille con base e medio, ma con dei fuori giri di tanto in tanto, dei lavori lattacidi che lui digerisce bene sia fisicamente che mentalmente.

«E siamo andati al Romandia: anche se sapevamo di non essere al 100% andava bene lo stesso. Questa, infatti, è una corsa particolare: c’è gente che termina la sua prima parte di stagione ed è un po’ in calando e gente che riparte per la seconda e prepara il Giro. I percorsi poi erano buoni per Sonny e infatti ha anche vinto una tappa».

Quest’anno il bresciano è andato due volte sul Teide: a febbraio e a fine maggio
Quest’anno il bresciano è andato due volte sul Teide: a febbraio e a fine maggio

Ancora sul Teide

Dopo la gara elvetica finalmente ecco lo stacco: 5 giorni di stop totali e altri 5 di uscite che sono state più che altro delle passeggiate. E’ quasi metà maggio e può iniziare la seconda parte della stagione di Colbrelli, che passa dall’italiano e dal Tour.

«Siamo tornati sul Teide – dice Artuso – e lì abbiamo svolto un grande volume di lavoro, sempre polarizzato, ma con tanto di palestra la sera. Dopo le sedute in bici, Sonny mangiava, si faceva la doccia recuperava e andava in palestra. Okay, lassù non è super fornita la palestra, ma c’è una buona pressa che ci ha consentito di lavorare bene. In bici invece, dopo l’adattamento alla quota abbiamo svolto una tripletta e due doppiette. Tanto per dare qualche numero, nella seconda settimana di altura Colbrelli ha fatto un qualcosa come 33 ore di allenamento che arrivano a 36 con la palestra e 22.000 metri di dislivello. Ed ha “aggiustato” il peso (2,5 chili in meno, ndr). Poi tutti si stupiscono perché va forte in salita: ci abbiamo lavorato. In volata non è più super competitivo, ma lui non è mai stato uno sprinter puro.

«Da lì, dopo qualche giorno di recupero, siamo andati al Delfinato dove ha trovato percorsi ideali per lui e per la preparazione fatta. Percorsi duri, ma non durissimi. Con un pizzico di fortuna poteva vincere quattro tappe anziché una».

Sonny iniziava ad essere stanco, ma bisognava completare l’opera. Così va di nuovo in altura, a Livigno, dove però Artuso lo fa lavorare poco e anzi, in accordo con la Bahrain, gli manda anche un massaggiatore per farlo recuperare ancora meglio. A quel punto era pronto per l’italiano, che ha stravinto, e per il Tour.

Ad Imola Sonny vince il campionato italiano con un bell’attacco e una volata imperiosa su Masnada
Ad Imola Sonny vince il campionato italiano con un bell’attacco e una volata imperiosa su Masnada

Obiettivi e aggiustamenti

Quest’anno Colbrelli ha fatto un bel salto di qualità. Davvero per questo ragazzo le vittorie potevano essere molte di più. Vittoria porta vittoria e si assume fiducia. Come mai questo step? All’inizio della preparazione Colbrelli stesso ha fatto qualche richiesta specifica ad Artuso?

«A dicembre si fanno i piani in base al calendario gare. Si stabiliscono le “perfomances plan”. vale a dire gli obiettivi da raggiungere nel corso dei mesi: peso, watt, volumi di lavoro, intensità… Sonny mi chiedeva di avere più forza e io ero d’accordo perché la resistenza ce l’ha e il fondo anche, di conseguenza abbiamo lavorato molto sui “fuorigiri di forza”, quelli fino a 5′, quelli che servono nelle classiche, sui muri… Può sembrare solo tolleranza all’acido lattico, ma per migliorare e non mandare il muscolo subito in acido serviva avere proprio più forza di base. Ed è per questo che di fatto è tutto l’anno che fa palestra».

Colbrelli conquista la Freccia del Brabante 2017
Colbrelli conquista la Freccia del Brabante 2017

Il mondiale in testa

Colbrelli e Artuso, dopo il Tour tireranno una riga. Qualche giorno di recupero e poi c’è il finale di stagione da preparare con due super appuntamenti che strizzano l’occhio al bresciano: il campionato europeo e quello mondiale.

«Abbiamo due opzioni – conclude Artuso – andare alla Vuelta, in appoggio a Landa, ma con qualche possibilità personale per Sonny, o al BinckBank Tour che è una gara molto adatta lui e di ottimo livello. Bisognerà valutare anche le sue preferenze. Ormai Sonny ha il suo peso per poter decidere, se lo merita. Il mondiale, gli piace si corre sulle strade del Brabante, che già ha vinto, ma secondo me l’europeo di Trento, con il mezzo Bondone da scalare e la salita (4 chilometri) pedalabile nel circuito, è un po’ più duro e per questo più adatto a lui».

Come si vede se un ragazzo è un campione? Ce lo dice Toni

23.06.2021
5 min
Salva

“Un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo, dalla fantasia”, cantava De Gregori. E forse questo vale anche per un ciclista, ma per il nostro mondo contano, e tanto, anche i numeri. E Pino Toni, che di numeri se ne intende, ne ha visti passare di corridori: qualcuno era meno forte, qualcun altro è diventato un campione. Ma cosa distingue i primi dai secondi?

Per capirci: quando Damiano Caruso (in azzurro nella foto di apertura) andò dalla Sicilia alla Toscana, Giuseppe Di Fresco, il suo diesse poi della Mastromarco, lo portò da Toni. Fecero il test e il coach disse che c’era margine per farne un corridore. Quando Riche Porte andò dalla Tasmania alla Toscana, sempre Di Fresco lo portò da Toni. Fecero il solito test e l’esito fu lo stesso. E così via con tanti altri.

Valerio Conti, nel 2014 al primo anno da pro’ vesti la maglia bianca alla Vuelta
Valerio Conti, nel 2014 al primo anno da pro’ vesti la maglia bianca alla Vuelta

Da Caruso a Verre

«La lista è lunga e l’ultimo è Alessandro Verre – dice Toni – lo seguo io, poi però mi confronto con Valoti e Fusi. Non seguo la sua parte “amministrativa” ma qualche consiglio sulle squadre dove andare glielo dò. Immagino che presto possa passare pro’ dopo un Giro U23 come quello che ha fatto. L’ho preso l’anno scorso, alla ripresa post lockdown. Non si trovava molto bene con il suo precedente preparatore e abbiamo iniziato a lavorare insieme.

«Come vedo i campioni mi chiedevate… Bè, i numeri dei test contano molto, ma posso dire che ormai li sento. Sì, sento il rumore del cicloergometro. Ho la fortuna di utilizzare da oltre 20 anni i macchinari migliori, Srm, di svolgere lo stesso test e dal rumore che fanno mentre sono sul cicloergometro già capisco molto. Poi valuto anche la passione del ragazzo, il suo impegno…

«Il povero Antonio Fradusco (il tecnico romano scomparso il 31 maggio 2020, ndr) mi portò Valerio Conti quando era un allievo di primo anno e si capì subito che poteva fare bene, anche se era un ragazzino. Fece lo stesso con Antonio Tiberi, ancor prima che passasse alla Franco Ballerini. Anche se caratterialmente sono diversi, si vedeva che avevano qualcosa di buono. Si vedeva dal colpo di pedale».

Giulio Ciccone, ritiro Trek (foto Oliver Grenaa, Jojo Harper)
Il test incrementale è uno dei più duri in laboratorio (foto Grenaa, Harper)
Giulio Ciccone, ritiro Trek (foto Oliver Grenaa, Jojo Harper)
Il test incrementale è uno dei più duri in laboratorio (foto Grenaa, Harper)

Incrementale spietato

Il test di cui parla Toni è il classico incrementale: tutti partono da uno stesso wattaggio (molto basso) e per tutti ogni minuto l’incremento della resistenza (wattaggio) è lo stesso. Chi più dura è più forte.

«Poi chiaramente ci sono anche altri test, più evoluti che si basano sul consumo energetico e la produzione di lattato, ma quello incrementale resta alla base. Vedo i loro sguardi e i loro comportamenti, il modo in cui soffrono… Anche se questi sono aspetti che possono cambiare tra corridore e corridore e anche nel tempo. Parlando degli ultimi, per esempio, Ponomar è decisamente diverso da Tiberi. Andrii è molto più emancipato, più indipendente, Antonio è più timido, ma entrambi vanno forte.

«Una cosa però non cambia ed è la tecnica. Se ti arriva uno junior e devi lavorarci sulla tecnica, non è un buon segno. A quell’età è difficile».

Anche Martin Svrcek, in forza alla Franco Ballerini, è fra i talenti assoluti di Toni
Anche Martin Svrcek, in forza alla Franco Ballerini, è fra i talenti assoluti di Toni

Tecnica già acquisita

Ma cosa si intende per tecnica? Il coach toscano parla proprio di pedalata, di scioltezza sulla bici, di come si muove l’atleta quando è in sella, di fluidità.

«E poi riconosco subito chi è più “sgamato”. Lo vedo già da come si sistemano sul cicloergometro. Quelli meno esperti riproducono le misure della bici, quelli più scaltri riportano misure più corte, come in salita quando prendi il manubrio nella parte alta. Questo è un atteggiamento tipico di chi già sa. Sa che in quel modo la prestazione sul cicloergometro migliora. Ha angoli più aperti: respira meglio e soprattutto chiude meno l’arteria femorale che consente il passaggio di sangue alle gambe».

Pino Toni con i biker della Dmt Racing Team (Ferreira al centro con le mani sul viso)
Pino Toni con i biker della Dmt Racing Team (Ferreira al centro con le mani sul viso)

Il buongiorno si vede dal mattino

«Chi non andava nei test e poi è diventato forte… – ci pensa un po’ Toni – no, non ce sono. Semmai il contrario. C’è chi andava forte e poi si è perso. Uno che mi colpì fu Edward Beltran, arrivò secondo nel Giro Bio vinto da Betancur. Fece un test eccezionale. Doveva passare con la Ceramica Flaminia ma poi la squadra saltò, prese peso, si perse… Su di lui ci avrei scommesso».

Eppure tra i campioni che segue Toni, a suo dire, il numero uno non è uno stradista ma è un biker portoghese che corre in una squadra italiana (Dmt Racing Team): Tiago Ferreira, già campione del mondo ed europeo marathon.

«Tiago – dice il preparatore toscano – l’ho conosciuto che aveva già 29 anni, ma si presentò da me con valori di tutto rispetto, facendo meglio del miglior Tony Martin. Lui pone attenzione su tutto, quando arrivò mi tempestò di domande. Fa paura».

Anche Verre può ottenere grandi cose secondo Toni
Anche Verre può ottenere grandi cose secondo Toni

Giovani e limiti

Già, le domande: cosa chiedono i giovani atleti al coach? Una delle richieste più frequenti, che forse provengono dai team, è la paura di essere “già troppo in forma”.

«I ragazzi hanno già degli obiettivi, che sia la corsa di paese o un appuntamento più importante e vogliono arrivarci al top, mentre non capiscono che devono crescere in continuazione. I giovani da gennaio a marzo sono diversi, così come da marzo ad ottobre. E da novembre a febbraio devono continuare a crescere. Devo fargli capire che se lavorano bene, se osservano i giusti periodi di recupero non hanno un picco, ma una crescita costante. In quegli anni (tra juniores e U23, ndr) acquisiscono forza, progrediscono.

«Proprio Verre, per esempio, aveva paura di essere già troppo in forma per il Giro. Ma troppo in forma rispetto a cosa, mi chiedo? Se lo avessi rallentato, non avrei tirato fuori il suo potenziale. Perché avrei dovuto porgli dei limiti? Intanto, dico io, troviamoli questi limiti, poi semmai li manteniamo. Ma se in fase di crescita tu non spingi, non puoi sapere dove puoi arrivare. Tanto più in un Giro under 23 che è molto importante e può cambiarti la carriera. Per trovare i famosi picchi di forma, ne hanno di tempo…».

Gavazzi, le pedivelle Rotor Aldhu: corsa e allenamento

12.06.2021
4 min
Salva

Non sono pochi i corridori che al Giro d’Italia hanno corso e vinto con le nuove pedivelle Rotor Aldhu Carbon presentate già nel febbraio scorso, che portano come vedremo ad un consistente risparmio di peso e un aumento della rigidità verticale e orizzontale. Per intenderci, l’hanno usato Schmid del Team Qhubeka-Assos a Montalcino. Nizzolo, stessa squadra, a Verona. Fortunato (Eolo-Kometa) sullo Zoncolan. E ancora un corridore della Qhubeka-Assos, Campenaerts, a Gorizia.

Si tratta di una guarnitura dalle svariate opzioni di montaggio, ma la principale rimane la possibilità di utliizzarla con il misuratore di potenza integrato – il Powermeter INSpider by Rotor – oppure come semplice guarnitura.

Eolo e Powermeter

Il misuratore di potenza è diventato uno strumento sempre più importante, al punto che i corridori difficilmente riescono a farne a meno, soprattutto negli allenamenti. Il nuovo Rotor Aldhu è un esempio emblematico dell’avanzamento tecnologico che, tramite innovazioni specifiche, ottimizza gli allenamenti migliorandone la qualità.

«Noi del team Eolo-Kometa – dice Francesco Gavazzi, esperto corridore lombardo – utilizziamo il Rotor Aldhu con il misuratore di potenza solo negli allenamenti, mentre in corsa andiamo con la guarnitura classica. Il motivo di questa decisione è la leggerezza. Le nostre bici sono studiate per essere efficienti sotto ogni punto di vista e laddove possa esserci anche un minimo miglioramento è giusto che venga apportato».

Rotor Aldhu e la corona Ovale Q Rings
Rotor Aldhu e la corona Ovale Q Rings

Rigidità e bilanciamento

La guarnitura Rotor è stata realizzata in carbonio, dopo 4 anni di sviluppo e ricerche. E’ il frutto di un lavoro ingegneristico magistrale che punta al raggiungimento di standard di eccellenza quanto a leggerezza e rigidità. L’asse da 30 millimetri delle pedivelle Aldhu Carbon è l’elemento principale del sistema e grazie alle sue qualità meccaniche evita dispersioni di watt. La pedivella presenta infatti un montaggio facile e un attacco estremamente stabile. L’asse, forte, robusto e resistente alla torsione, riduce le perdite di potenza che si verificano quando si esercita forza sul pedale sinistro. L’equilibrio raggiunto per minimizzarle è chiamato “Twin Leg Technology” by Rotor.

Leggere e rigide

Rispetto al modello precedente in alluminio, si diceva, nella misura da 170 (526 grammi, ingranaggi 34-50), le nuove pedivelle offrono un risparmio di peso pari a 88 grammi e un aumento significativo della rigidità verticale e orizzontale rispettivamente dell’11 e del 36 per cento. I rilevatori di potenza sono inseriti in entrambe le pedivelle, così da ricevere maggiori informazioni possibili.

«L’aspetto che più preferisco del Rotor Aldhu – riprende Gavazzi – è il bilanciamento delle gambe. Il sistema offre infatti la possibilità di notare se c’è una mancanza di equilibrio tra gamba destra e sinistra nella spinta. Così facendo riesco a compensare bene l’eventuale mancanza e raggiungere un equilibrio che migliora sicuramente la performance».

.

BMC timemachine Road Nizzolo
Ecco la guarnitura Rotor montata sulla BMC Timemachine Road Nizzolo
BMC timemachine Road Nizzolo
Ecco la guarnitura Rotor montata sulla BMC Timemachine Road Nizzolo

Potenza media

Le pedivelle Aldhu Carbon possono essere configurate con gli ingranaggi ovali Q RINGS® o con quelli convenzionali, sempre con montaggio diretto, oppure tramite lo spider a 4 bracci con sistema Ocp (Optimal Chainring Position) così da regolare al massimo l’efficienza degli ingranaggi ovali. In particolare, la tecnologia Ocp Mount si basa sulla combinazione di 3 elementi indipendenti: asse, pedivella destra e spider con corona ovale. Grazie all’interfaccia brevettata, essi si sviluppano tuttavia come un sistema unico. Questo permette di effettuare in assoluto la regolazione più precisa di una corona ovale che mai sia stata realizzata.

Come si diceva in precedenza, il montaggio con lo spider permette il montaggio del misuratore di potenza. «Quando mi alleno – continua Gavazzi – utilizzo la potenza media che viene calcolata ogni 3 secondi, perché quella istantanea tende ad avere troppi sbalzi estremi di watt. Così facendo invece trovo un equilibrio perfetto nella spinta sui pedali».

Allenamenti divertenti

E’ un prodotto sensibile alle minime variazioni, sicuro ed efficace. Gli allenamenti grazie al Rotor Aldhu hanno un sapore diverso, che sa di qualità, precisione e voglia di migliorarsi.

«In allenamento – aggiunge Gavazzi – è diventato un indicatore importantissimo, sul quale confrontarsi anche con l’allenatore. Mi ritengo veramente molto soddisfatto del Rotor Aldhu. Posso dire che anche dopo tanto tempo di utilizzo non mostra segnali di cedimento. E’ preciso, affidabile e soprattutto divertente».

I parametri fisici in un grande Giro e l’esempio di Battistella

09.06.2021
6 min
Salva

Affrontare una corsa di tre settimane non è cosa da poco dal punto di vista fisico. Lo sforzo è talmente grande che il corpo ne esce trasformato. O almeno era così fino a qualche anno fa. Si modificava la muscolatura, per i più giovani si diceva che aumentava la cilindrata, si perdeva peso. Ebbene come variano i parametri di un corridore in un grande Giro?

Mazzoleni Dorelan
Mazzoleni segue l’Astana da molti anni
Mazzoleni Dorelan
Mazzoleni segue l’Astana da molti anni

I test prima del Giro

Ad aprirci le porte di questo delicato settore è Maurizio Mazzoleni, preparatore dell’Astana-PremierTech che ci spiega prima di tutto come e quando vengono stabiliti i parametri di riferimento.

«Noi abbiamo svolto una prova funzionale sul Teide, già prima del Tour of the Alps. In quell’occasione abbiamo svolto due test sul lattato in salita: uno più sulla distanza e uno più sul breve. Da lì abbiamo estrapolato i parametri di riferimento per il Giro. Fra Tour of the Alps e Giro abbiamo fatto un’analisi delle le Ftp (Functional Threshold Power, potenza alla soglia funzionale), con le variazioni e gli adattamenti che abbiamo verificato sul campo.

«A Torino (partenza del Giro, ndr) abbiamo fatto la plicometria agli atleti per verificarne la percentuale di massa grassa e di massa magra. I nostri ragazzi venivano pesati due volte al giorno: una prima della colazione e una sul bus appena conclusa la tappa, prima della doccia. Questa seconda “pesa” è molto importante in quanto ci fornisce uno dei dati più delicati: la disidratazione. Se il peso è calato dell’1,5% rispetto al mattino si accende un campanello di allarme». 

Ogni sera venivano calibrate (o ricalibrate) le quantità di cibo per i singoli atleti
Ogni sera venivano calibrate (o ricalibrate) le quantità di cibo per i singoli atleti

I controlli pre-gara 

A questo punto Mazzoleni nella sua spiegazione divide il monitoraggio in due fasi: quella pre-gara e quella post-gara.

«Sempre la mattina prima del via, oltre al peso veniva eseguito il controllo delle urine (Usg) per verificarne la densità e se questa era acida o basica. Un altro parametro del nostro protocollo in Astana è la variabilità cardiaca. Il corridore restava 5′ sdraiato sul letto con la fascia cardio prima di andare a colazione. Tutti questi dati erano poi inseriti in un software sviluppato da noi preparatori, insieme ai medici, che ci permette di capire se il ragazzo ha recuperato o no dal giorno prima.

«A questo punto, una volta raccolti tutti i dati venivano visualizzati da noi preparatori e dallo staff medico. Se nella scheda di ogni singolo atleta appariva una luce verde, tutto okay, gialla si accendeva un preallarme, rosso c’era una situazione di allarme. I dati e i colori ci permettevano di dare, praticamente in tempo reale, delle indicazioni ai diesse sulle eventuali tattiche da attuare, gli uomini da poter far lavorare di più e quelli da tenere un po’ più tranquilli. Poi non è detto che questo software decideva le tattiche, ma era un’informazione ulteriore che si dava ai diesse. E devo dire che a volte è accaduto che qualche modifica sia stata fatta».

Il freddo, la pioggia e gli alti ritmi della 6ª tappa hanno portato ad un dispendio energetico più elevato del previsto
Il freddo, la pioggia e gli alti ritmi della 6ª tappa hanno portato ad un dispendio energetico più elevato del previsto

Dopo la tappa

Al termine delle tappe ricominciava poi il lavoro di preparatori, medici e anche del nutrizionista.

«La prima cosa che si fa – dice Mazzoleni – è quella di prendere i computerini dei ragazzi e analizzare i file. I dati più immediati che ci servono sono il battito massimo, quelle medio, la percentuale del battito medio rispetto a quello massimo e il consumo calorico. Tutto ciò serve soprattutto al nutrizionista (in questo caso la dietista, Erica Lombardi, ndr) per sapere quanto ha consumato il corridore. Il nutrizionista immediatamente ricalibra le quantità di cibo da ingerire. Dico ri-calibrare perché comunque già il giorno precedente si fa una stima del dispendio energetico a cui si va incontro, ma poi andamento della gara, variazioni atmosferiche come vento e temperatura possono incidere. E tutto ciò è importante per la salvaguardia del peso».

Gli atleti erano pesati due volte al giorno
Gli atleti erano pesati due volte al giorno

Peso costante

Ecco questo è un passaggio importante: la salvaguardia del peso. Fino a qualche tempo fa si iniziava un Giro con un certo peso e poi si scendeva di diversi chili, anche tre o quattro. E per certi aspetti qualcuno ne era contento. Oggi non è più così.

«Questi controlli – riprende Mazzoleni – servono per non sottostimare quel che bisogna mangiare, non per mettere gli atleti a dieta. Si presuppone che al via di una gara importante come il Giro si abbia un peso ottimale.

«In pratica non si accende la “casella rossa” che vorrebbe dire che per un giorno o due quel corridore, ammesso che non sia un uomo di classifica, dovrebbe starsene più tranquillo. Se sono capitati “allarmi rossi”? Sì, nella tappa con arrivo a San Giacomo, sopra ad Ascoli. Quella frazione è stata molto intensa, inoltre dopo il passaggio a Castelluccio di Norcia la temperatura è scesa moltissimo e questo ha richiesto un consumo energetico più elevato per mantenere costante la temperatura corporea, quindi abbiamo dovuto ricalibrare il reintegro post tappa».

Battistella ha finito bene il suo primo grande Giro, sia come parametri fisici che come prestazioni
Battistella ha finito bene il suo primo grande Giro, sia come parametri fisici che come prestazioni

L’esempio di Battistella

Per tradurre tutto questo lavoro in qualcosa di più concreto, Mazzoleni ci riporta di dati di Samuele Battistella, mostrandoci quanto siano variati i suoi valori da Torino a Milano.

«Nel complesso direi che è andata bene per tutti – spiega il preparatore lombardo – abbiamo avuto un solo ritiro, Felline, ma perché è diventato papà!

«Veniamo a Battistella. A Torino il suo peso era di 67,2 chili a Milano di 67: in pratica identico. Nell’arco del Giro ha avuto un’oscillazione tra peso massimo e minimo di 800 grammi. La plicometria ha evidenziato un calo dell1% di massa grassa, ma questo è un dato che va preso con le molle in quanto ci sono molti modi per prenderlo. Il suo battito basale, cioè quello del mattino a riposo, era di 51 pulsazioni al minuto a Torino e di 61 a Milano. Dieci pulsazioni in più, segno che la stanchezza si è fatta sentire. Si riabbassava un battito o due, dopo i giorni di riposo».

E i famosi watt sono calati?

«Diciamo – conclude Mazzoleni – che Battistella è stato molto costante in tutte e tre le settimane, non abbiamo evidenziato cali prestativi in lui. Magari ad inizio Giro erano migliori, ma non ha avuto cali degni di nota. E questo dice che lui è stato bravo e che anche noi abbiamo lavorato bene».

Artuso: «Il Caruso del Giro, nato dopo la Sanremo»

27.05.2021
4 min
Salva

L’Italia si sta raccogliendo sempre di più attorno a Damiano Caruso. Il siciliano ci sta facendo sognare con le sue prestazioni, tanto più dopo l’exploit di ieri verso Sega di Ala in cui ha rintuzzato la maglia rosa di Bernal e gli ha anche dato tre piccoli, ma chissà se anche preziosi, secondi. Con il preparatore della Bahrain-Victorious, Paolo Artuso, parliamo proprio delle prestazioni di Damiano.

A Sega di Ala Damiano non ha risposto agli scatti e alla fine ha rintuzzato Bernal
A Sega di Ala Damiano non ha risposto agli scatti e alla fine ha rintuzzato Bernal
Paolo, ma è vero che Caruso non è mai andato così forte? Tra le voci che girano sul suo conto c’è anche questa…

No, però sta bene. E’ sui valori dello scorso anno al Tour de France. E’ molto simile anche per quel che riguarda il peso e la percentuale di massa grassa. Solo che vediamo che va forte perché al Giro d’Italia fa lo sforzo in momenti differenti rispetto al Tour dell’anno scorso. Lì correva in appoggio e magari faceva delle tirate a 15-10 chilometri dall’arrivo. Qui le fa nel momento clou della gara.

Però non dovendo partire con i gradi di capitano, ci sta che Damiano non abbia fatto certi tipi di lavori? Ci riferiamo a quelli più esplosivi, che danno brillantezza.

Damiano era qui per Mikel Landa, ma la preparazione sarebbe stata la stessa. Anche nel caso fosse stato leader non sarebbe cambiato nulla. Ha lavorato come Mikel, come un capitano.

Beh, meglio così! Almeno anche Damiano non ha chissà quali tarli nella testa…

Io dico che abbiamo lavorato bene. Abbiamo fatto due alture, una a febbraio e una ad aprile. Credo che la scelta vincente sia stato lo stop di otto giorni dopo la Sanremo.

Il siciliano impegnato sul Giau
Il siciliano impegnato sul Giau
In quella settimana Caruso non ha pedalato per niente?

Magari qualche uscita l’ha fatta, ma solo se ne aveva voglia. Era libero. L’obiettivo era recuperare e lui si è ben gestito. E poi nel secondo ritiro sul Teide abbiamo lavorato alla grande. Siamo andati in progressione con i carichi e abbiamo fatto la rifinitura al Romandia, cosa che è un po’ naif se si sta preparando il Giro. 

Perché siete andati al Romandia allora? 

Abbiamo optato per questa scelta anomala poiché Damiano voleva una soddisfazione personale. Al Romandia sarebbe stato il leader e lì, pur essendo appena sceso dall’altura e quindi non all’apice della forza, ha chiuso 9° nella generale. In quelle condizioni scattano energie positive a livello mentale. Damiano ne è uscito più sereno e tranquillo. Aveva la certezza di aver lavorato bene.

E la testa conta molto…

Sì, poi all’Uae Tour magari non si è visto ma nella prima tappa è caduto a 60 all’ora, il giorno dopo c’era la crono e ne ha risentito. Alla Tirreno ha perso terreno per un problema meccanico in un momento sbagliato ed era comunque in appoggio a Landa. E poi abbiamo curato bene tutto, anche l’alimentazione. Qui al Giro le cose sono cambiate dopo Ascoli. Quando piano piano gli abbiamo parlato e lo abbiamo iniziato a far ragionare e a far correre da leader, in seguito alla caduta di Landa.

Correre da leader…

Sì, ha smesso di fare avanti e dietro dall’ammiraglia, a guardare tutto e tutti. Quelle mansioni sono passate a Valls. In tal senso la vittoria di Mader il giorno dopo il ritiro di Landa ha aiutato molto la squadra ad alleggerire la pressione per aver perso il leader appunto.

Verso San Giacomo (Ascoli) è scattato, anche nella sua testa, un altro Giro per Caruso
Verso San Giacomo (Ascoli) è scattato, anche nella sua testa, un altro Giro per Caruso
Nel giorno di riposo Caruso è andato a scalare un duro passo come il San Pellegrino: perché?

Perché volevo che facesse un po’ di fatica. La tappa di ieri all’inizio era in discesa e le salite c’erano nel finale, non volevo perdesse il ritmo e così ha fatto 10′-15′ con dei lavoretti fino a toccare il fuori soglia in salita per riattivare il metabolismo, ma senza stancarsi, giusto pochi secondi. In tutto ha fatto un’ora e mezza. Eravamo a Canazei: 18 chilometri per andare a prendere il San Pellegrino, il passo che era di 13 chilometri e siamo rientrati. In cima si è ben coperto perché iniziava a piovere, a fare freddo.

Se aveste saputo che sarebbe stato capitano quindi non avreste cambiato nulla nella preparazione?

No, come ripeto abbiamo lavorato bene sotto ogni aspetto: crono, alimentazione, programma di lavoro. Damiano è tranquillo e piano piano ha iniziato a crederci. E poi abbiamo una posizione mentale buona: Bernal è “irraggiungibile” e sugli altri abbiamo un piccolo gap di vantaggio.

Facciamo del fantaciclismo: con quanto distacco dovrebbe arrivare a Milano Caruso da Bernal?

Beh, considerando che Damiano può dargli un secondo al chilometro, dico 30”. Ma attenzione perché Bernal non va piano contro il tempo. Ce lo ricordiamo quando in un Giro di Svizzera rifilò 20” a Dennis che era ancora con noi.

In forma troppo presto? Le considerazioni di Pino Toni

08.05.2021
4 min
Salva

Ricordate quando qualche settimana fa Mattia Cattaneo ci aveva detto di aver raggiunto il suo picco di forma nella prima gara all’Uae Tour? E sempre lui aveva aggiunto che dovendo correre al posto di alcuni compagni, causa Covid, la sua preparazione aveva un po’ sbarellato? Ebbene con coach Pino Toni vogliamo commentare questa situazione che tra l’altro non è stata l’unica.

Cattaneo sulle strade del Tour de Romandie, dove ha chiuso 12° nella generale
Cattaneo al Tour de Romandie ha chiuso 12° nella generale
Pino, ma davvero si può entrare in forma subito?

Partiamo dal presupposto che bisognerebbe conoscere i veri programmi della squadra, soprattutto in questo caso. In Deceuninck-Quick Step ci sono ragazzi di un certo valore e la squadra ci tiene a fare bene in tutte le corse a cui prende parte. Una volta loro puntavano quasi solo sulle classiche, adesso guardate che squadra hanno portato al Giro! Programmi che vengono fatti quindi secondo le necessità del team. Magari volevano fare bene subito all’Uae Tour e hanno individuato in Mattia l’uomo più adatto. Il Giro d’Italia per lui non era in programma mi è sembrato di capire. Quindi ci stava che partisse forte.

E hanno sfruttato il fatto che la Vuelta fosse finita tardi?

Esatto. Chiedi meno all’atleta durante l’inverno per entrare in condizione. Io poi penso che in quel team difficilmente i preparatori sbaglino se il corridore effettivamente fa quello che gli dice la squadra. Cattaneo non è un ragazzino: oltre ai dati dei file avrà comunicato loro anche i suoi feedback. 

Nelle Ardenne diceva di essere stanco, però poi al Romandia è andato forte…

Magari ha influito mentalmente il fatto che abbia corso quando invece doveva staccare. Ci sono tanti aspetti da valutare. Per esempio: qual era veramente il suo obiettivo? Cattaneo ha 30 anni, percepisce uno stipendio buono, è un ottimo gregario. Se ci sono delle gare in cui può puntare e poi non può prepararle come deve perché deve correre al posto di altri, ci sta che perda un po’ di motivazione. Ma queste sono supposizioni.

A crono una posizione pressoché perfetta per Cattaneo
A crono una posizione pressoché perfetta per Cattaneo
Chiaro, non siamo qui per fare il processo a Cattaneo ci mancherebbe. Vogliamo analizzare un aspetto tecnico che tra l’altro ha riguardato anche altri corridori. Un aspetto che ci dice quanto sia complicato progettare al giorno d’oggi una stagione agonistica.

Pertanto, tornando al nostro caso, è importante anche l’aspetto psicologico. Cattaneo ha fatto secondo a un Tour de l’Avenir che io ho seguito da vicino. E’ un corridore vero. Alla Deceuninck è migliorato ancora.

Vero, anche a crono come ha detto lui stesso…

Ecco su questo vorrei fare un appunto. Chi è che migliora a crono? Chi utilizza certe bici e fa certi investimenti sui materiali e di conseguenza sulle posizioni. E questo ha un costo. Un costo elevato. Penso al trattamento della catena, alle ruote, ai cuscinetti, alla riduzione del peso… una bici da crono di un campione professionista è totalmente diversa da quella che esce dalla casa. Ciò non toglie che Mattia sia andato forte.

Pino, torniamo al discorso del picco di forma trovato già all’Uae Tour. Comunque tra la Vuelta e la corsa asiatica ci sono tre mesi, non è poco.

Considerate che l’atleta esce da tre settimane di sforzo pieno e poi si deve riposare perché è a fine stagione. In questo modo fa una vera supercompensazione, tanto più l’anno scorso che la Vuelta è finita tardissimo. Quando riprende, il livello è molto più alto che se avesse fatto il Tour e poi si fosse trascinato fino a fine anno con gare di un giorno. Nel primo caso finisce la corsa a 140, dico un valore a caso, e riparte da 100. Nel secondo finisce il Tour a 140 ma poi scende man mano a 100 e riparte da 60. E’ un bel gap. Per questo da sempre sostengo che per far crescere un giovane la Vuelta è la miglior corsa.

Per Toni la Vuelta è il miglior modo per far crescere un giovane, Gaudu ne è l’esempio lampante
Secondo Toni con la Vuelta un giovane può crescere, Gaudu ne è l’esempio lampante
Per questo ha toccato il picco di forma a febbraio?

Anche in questo caso bisognerebbe conoscere i suoi dati reali: è stato davvero un picco di forma o era lui che “andava facile”? Mi spiego. Un conto è se in gruppo ci sono 100 corridori che sono al top e un conto se ce ne sono 20: le velocità cambiano. Per me non era al top lui.

Perché?

Perché altrimenti non avrebbe fatto il Romandia che ha fatto e non avrebbe tirato fuori quella prestazione a crono. E’ arrivato settimo in una frazione piena di campioni e specialisti. Per di più una crono molto esplosiva, 16 chilometri da fare a tutta, fuori soglia, in acido lattico. Per me al Romandia Cattaneo è andato più forte che all’Uae Tour, poi magari aveva sensazioni peggiori perché c’era tanta gente che andava più forte.