Anche se in fondo probabilmente lo sapeva già, Antonio Tiberi ha sperimentato sulla sua pelle che l’adattamento al livello WorldTour non è una passeggiata. E così se prima la Settimana Coppi e Bartali gli aveva dato la prima top 10 di tappa nel giorno di San Marino e il Giro di Ungheria a seguire il primo podio da professionista, con un terzo posto che sa di buono, il Giro di Svizzera ha preteso un rispetto superiore. Non che Antonio non ne avesse, il ragazzo ha la testa sulle spalle, ma era partito per fare la sua classifica e ha scoperto che non sempre a quel livello le ciambelle riescono col buco.
Caduta in diretta
Così quando è caduto nella sesta tappa, che da Fiesch portava il gruppo a Disentis Sedrun, se ne è fatto una ragione. E il suo racconto è l’emblema della capacità dei corridori di immedesimarsi nelle storie di cui sono protagonisti.
«Era finita la prima salita – dice – facevo parte di un gruppetto che rimontava. In realtà eravamo in un tratto che spianava e poi iniziava la discesa. Arrivavo in velocità e non mi aspettavo quella curva secca a destra. Ho pensato di frenare, ma mi sono reso conto che se avessi inchiodato sarei volato di sotto. Allora ho mollato i freni. Andavo forte e sono andato verso un guardrail. Sono caduto e ho pensato di abbracciarlo. L’ho stretto proprio fra braccio e fianco. Per questo ho battuto la scapola e mi sono procurato una lesione muscolare, che sta andando a posto solo adesso. Ma per fortuna l’ho fatto. Mi sa che se non lo prendevo, volavo di sotto. Sarà durato tutto 5 secondi, ma se ci penso lo rivivo al rallentatore…».
Settimo al tricolore
Come parziale risarcimento, è arrivato però il settimo posto nella crono tricolore di Faenza (foto di apertura). Il distacco di 3’47” sembrerebbe piuttosto quello di un tappone dolomitico, ma è pur vero che cronometro di quella distanza non se ne fanno più. Nemmeno ai mondiali, tanto che Ganna lo scorso anno vinse sulle stesse strade la prova iridata sulla distanza però di 31,3 chilometri. E soprattutto non faceva così caldo.
«E’ stata una bella combinazione di caldo e salite – racconta – grande caldo, parecchio afoso, e un percorso lungo e duro. Era la prima volta che facevo una crono così lunga e così impegnativa. Alla fine sono anche riuscito a spingere bene, ma ormai il finale era già scritto. Poi ho avuto l’inconveniente di perdere la borraccia dopo 15 chilometri. E’ saltata su una buca ed è stata veramente dura. Diciamo che ho fatto una bella esperienza».
Meglio a Faenza
In proporzione però è andato meglio a Faenza che nella crono inaugurale dello Svizzera a Frauenfeld, con un passivo di 1’12” sui 10,9 chilometri domati da Kung.
«Sinceramente mi trovo meglio nelle crono lunghe – ammette – e quella dello Svizzera era l’aspetto peggiore delle crono per me. Era bagnata, molto tecnica e breve. E nelle crono tecniche dove ci sono da fare tanti rilanci e brevi non mi trovo bene. Vado meglio col ritmo regolare nelle crono di resistenza. Ci lavoro tanto, anche quando sono a casa. La bici da crono la uso spesso, a volte anche quando faccio scarico, per tenere il fisico abituato alla posizione».
Svizzera sfortunato
Il suo Giro di Svizzera si è fermato invece in quel modo piuttosto brusco, anche se doveva essere la prima corsa a tappe in cui mettersi alla prova, approfittando delle due cronometro.
«Niente – sorride mestamente – è andato come volevo. In nulla. Sono stato parecchio sfortunato, con due cadute. Una purtroppo non per colpa mia, l’altra invece…. Però sulle salite è andata abbastanza bene. Il ritmo era parecchio alto. Per cui all’inizio le sensazioni erano di sofferenza. E’ una cosa mia, di genetica. All’inizio di uno sforzo mi servono 4-5 minuti per prendere il ritmo, poi mi scaldo e va bene. Forse però è arrivato il momento di fermarsi un pochino. Finisco questo campionato italiano e poi a luglio starò a casa a tirare il fiato, poi riprenderò con il Giro di Polonia e il Tour de l’Ain. E magari la seconda parte di stagione avrà un gusto migliore».