EDITORIALE / Valverde non va ai mondiali? Schiaffo per l’UCI

05.09.2022
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I cari amici dell’UCI rischiano di prendersi il boomerang dritto in faccia. E un po’ gli starebbe anche bene! Il sistema dei punti messo a punto e approvato anche dalle squadre (sarebbe curioso scoprire quanti in realtà a suo tempo abbiano letto attentamente i termini della riforma) rischia di danneggiare seriamente i mondiali. E i mondiali, come ben noto, sono la principale fonte di guadagno per la federazione internazionale.

Le squadre impegnate nella lotta per la salvezza infatti hanno alzato le spalle e deciso di non mandare i loro corridori in nazionale. Che cosa vuoi dirgli? Così se già la collocazione agli antipodi delle gare iridate ha fatto fuori la piccola Irlanda (alle prese con problemi di budget), adesso si rischia di avere un mondiale senza alcuni grandi nomi.

La denuncia di Pascual Momparler ha descritto in modo netto la situazione spagnola (foto Marca)
La denuncia di Pascual Momparler ha descritto in modo netto la situazione spagnola (foto Marca)

Valverde a casa?

L’allarme lo ha dato Pascual Momparler, tecnico della Spagna. «Al momento – ha dichiarato a Marca – degli otto corridori che avevo in mente, possono venire solo in due: Juan Ayuso e Marc Soler».

A causa della battaglia per i punti, la Movistar ha detto che non manderà Mas, Aranburu e Valverde (in apertura Alejando con Nibali, nell’ultima Vuelta della loro carriera). La Cofidis preferisce tenersi stretto Herrada e la Ineos non manderà Rodriguez (probabilmente per motivi diversi, visto il ranking del team britannico).

La Spagna si ritrova senza un leader spendibile, al punto che durante una riunione presso la sede della RFEC, la Real Federacion Española de Ciclismo, si è persino ragionato se valesse la pena di annullare la trasferta dei professionisti.

«Poi – ha spiegato il tecnico – abbiamo pensato di fare comunque le convocazioni e di sanzionare chi non risponderà. Però a questo punto il presidente Cerron si è opposto, dicendo che in ogni caso a pagare sarebbero i corridori. La sanzione infatti prevede che non possano più partecipare ad altri eventi e questo li porterebbe a inevitabili tensioni con le loro squadre».

Herrada ha vinto la tappa di Cistierna alla Vuelta: la Cofidis non vorrebbe mandarlo ai mondiali
Herrada ha vinto la tappa di Cistierna alla Vuelta: la Cofidis non vorrebbe mandarlo ai mondiali

Riformare la riforma

Probabilmente per il futuro l’UCi dovrà rivedere il sistema nell’assegnazione dei punti e il cervellotico passaggio per cui a portarli siano soltanto i migliori 10 di ogni squadra. Questo taglia le gambe a tutti gli altri, condiziona negativamente l’approccio tattico con le corse, impedisce ai giovani di farsi vedere e soprattutto falsa i reali valori in campo.

Quello che sta accadendo in Spagna, dove si spera in un ravvedimento dell’ultima ora (lo speriamo tutti), potrebbe estendersi a macchia d’olio. La EF Education-Easy Post, ad esempio, è piuttosto bassa nel ranking e potrebbe decidere di non dare Bettiol all’Italia. E a quel punto anche per noi si creerebbe un bel problema. Anche perché nel frattempo, stando a L’Equipe, Mauro Gianetti avrebbe chiesto gentilmente a Bennati di non considerare Diego Ulissi, di cui la UAE Emirates, che già tanti corridori presta alle varie nazionali, avrebbe bisogno per il finale di stagione.

Il boomerang è in volo. Resta da capire se per schivarlo, l’UCI si farà portavoce del problema presso le società o lascerà tutto in mano alle Federazioni.

Bettiol, leader azzurro ai mondiali, milita nella Ef Education, il cui ranking UCI non è dei migliori
Bettiol, leader azzurro ai mondiali, milita nella Ef Education, il cui ranking UCI non è dei migliori

Un silenzio che parla

A proposito di Federazioni… Nel nostro cercare di scrivere sempre e comunque di ciclismo, riscontriamo purtroppo che il tanto parlare, indagare e speculare sulle vicissitudini fiscali ed economiche della nostra FCI ha raffreddato gli animi del pubblico.

Apprezziamo la sensibilità del presidente spagnolo, preoccupato di non far pagare ai corridori il prezzo dei disguidi burocratici e delle beghe. Qui s’è deciso di tenere un altro profilo. E se è vero che l’attività è proseguita regolarmente, resta il fatto che il silenzio ha alimentato le voci e portato via l’attenzione dai veri protagonisti.

Intendiamoci, anche i media (alcuni) hanno la loro parte di responsabilità, avendo scelto di raccontare soltanto il fango senza accorgersi dei fiori. Tuttavia, in questo Paese che disconosce l’equilibrio, sarebbe stato ingenuo aspettarsi qualcosa di diverso.

Canyon partner del Triathlon PTO Tour

01.09.2022
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Per gli appassionati di ciclismo il nome Canyon rimanda immediatamente al WorldTour. L’azienda tedesca è partner tecnico del team Movistar e della Alpecin-Deceuninck. In questi anni ha accompagnato campioni del calibro di Valverde e Van der Poel alla conquista di prestigiosi traguardi.

Non tutti però sanno che Canyon è da molti anni una presenza significativa nel mondo del triathlon. Atleti di fama mondiale come Jan Frodeno, Patrick Lange, Daniela Bleymehl e Laura Philipp hanno gareggiato e vinto su bici Canyon.

Ecco la Canyon Aeroad CFR con grafica personalizzata e dedicata a Valverde
Ecco la Canyon Aeroad CFR con grafica personalizzata e dedicata a Valverde

Una partnership di prestigio

A conferma del forte legame tra Canyon e il mondo del triathlon ecco oggi arrivare una partnership di assoluto prestigio con la Professional Triathletes Organization. Per i prossimi tre anni l’azienda fondata da Roman Arnold sarà accanto alla neonata organizzazione voluta dagli stessi triatleti. L’obiettivo comune non è solo quello di rafforzare l’interazione fra gli atleti professionisti. Con questo nuovo accordo si vuole infatti far crescere a livello mondiale il numero dei praticanti, attraverso una combinazione di iniziative e servizi fino ad oggi riservati solo agli atleti professionisti.

Dopo il 4° posto nel campionato del mondo 2019, Laura Philipp resta una delle triatlete più forti
Dopo il 4° posto nel campionato del mondo 2019, Laura Philipp resta una delle triatlete più forti

L’esperienza di Canyon

Canyon porta in dote alla neonata Professional Triathletes Organization un’esperienza e un know-how senza pari, come ha voluto sottolineare fin da subito Tim Godfrey, Chief Marketing Officer di PTO.

«Questa è una partnership prestigiosa per entrambe le parti a diversi livelli. Canyon e PTO – spiega – condividono una filosofia e un impegno molto simili nel portare lo sport al livello più alto. L’esperienza, il know-how e la collaborazione con atleti di spicco come Jan Frodeno e Laura Philipp da parte di Canyon garantiranno da subito un valore significativo alle proposte della PTO Professional e Age Grouper volte a coinvolgere e far crescere la base di appassionati di triathlon in tutto il mondo».

«Siamo entusiasti – ha commentato invece Simon Summerscales, Global Head of Marketing di Canyon – di ciò che la PTO sta cercando di ottenere con il suo modello di business di proprietà degli atleti. La PTO sta portando avanti un approccio innovativo alla crescente partecipazione all’interno dello sport, sia per gli atleti professionisti che per i non professionisti. Questi ultimi hanno l’opportunità unica di guardare le prestazioni dei professionisti nel nuovo PTO Tour e poi gareggiare sugli stessi percorsi. Tutto ciò è in linea con la nostra mission di ispirare più persone a salire su una bicicletta. Lo faremo insieme attraverso interazioni divertenti e innovative come contenuti educativi, premiazioni e attivazione di eventi».

Partenza dal Canada

Il nuovo PTO Tour ha debuttato lo scorso 23-24 luglio in Canada con il primo PTO Canadian Open. La seconda tappa è coincisa con la seconda edizione della Collins Cup da 1,5 milioni di dollari in stile Ryder Cup  che si è svolta lo scorso 20 agosto e che ha visto il Team Europe affrontare il Team USA e il Team International. Il prossimo appuntamento è in programma il 17-18 settembre negli Stati Uniti con il PTO US Open. Ogni Open prevede un montepremi minimo di 1 milione di dollari e si correrà su 100 km (2 km di nuoto, 80 km di bici e 18 km di corsa).

Canyon

Pro Triathletes

Guerriero o ragioniere? Mas al bivio, aspettando la crono

30.08.2022
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Chissà cosa avrà pensato il suo capo Eusebio Unzue, quando durante il giorno di riposo di ieri, Enric Mas ha parlato da corridore e non da ragioniere. La sua classifica alla Vuelta si è leggermente appesantita dopo il traguardo di domenica, quando ha dovuto piegarsi a Evenepoel e anche ad Ayuso, ma il mallorquino resta comunque secondo nella generale a 1’12” dal leader. Certo la cronometro di oggi potrebbe ingigantire il fardello, ma la Vuelta deve ancora affrontare le vere montagne e il suo storico nei Giri è decisamente migliore rispetto a quello dell’inesperto corridore belga, che finora ha partecipato soltanto al Giro 2021 senza concluderlo.

Dopo la prima settimana e il riposo, Mas è secondo in classifica a 1’12”
Dopo la prima settimana e il riposo, Mas è secondo in classifica a 1’12”

«Cosa penso – ha detto Mas – guardando il mio secondo posto? Che vorrei fare tutto o niente. Bisogna essere consapevoli dei punti UCI e che la squadra ne ha bisogno per evitare la retrocessione. Personalmente sarei anche disponibile a rischiare il podio per provare a vincere, ma nemmeno possiamo rischiare di suicidarci, compromettendo la nostra classifica. Più avanti vedremo se si può fare, ma mi piacerebbe provare a vincere la Vuelta».

Quante domande

Mas sta rinascendo da se stesso, dalle sue insicurezze e da abitudini tecniche che finora non avevano giocato a suo favore. Il cambio di preparatore sta dando frutti sempre migliori. Lo si è visto leggermente più scattante sulle strade del Nord, convincente in alcuni momenti al Tour che tuttavia non ha concluso per il Covid e ben motivato e competitivo alla Vuelta. Nonostante a Utrecht sia partito con qualche dubbio, il suo stato d’animo era molto diverso da quello mostrato in Francia.

Mas francobollato a Evenepoel sul Collado Fancuaya: per ora Remco è inattaccabile
Mas francobollato a Evenepoel sul Collado Fancuaya: per ora Remco è inattaccabile

«Penso a un giorno per volta – ha detto – e anche se da fuori non si vede, in corsa ho ancora dei dubbi da risolvere. Domenica sulle rampe più dure mi aspettavo di essere un po’ più forte di Evenepoel, ma non è stato così. Il problema è che a causa del Covid, fra Tour e Vuelta più che allenarmi ho cercato di recuperare. Per questo continuo a farmi domande a cui finora sto rispondendo positivamente. Spero di continuare sino alla fine della gara».

Attenti a Roglic

Così il corridore del Movistar Team si guarda intorno, cercando di capire in che modo potrebbe svilupparsi la Vuelta. Poco convinto che la corsa abbia già trovato un assetto stabile.

Con il diesse Garcia Acosta: dopo il 2° posto 2021, la squadra è tutta per Mas
Con il diesse Garcia Acosta: dopo il 2° posto 2021, la squadra è tutta per Mas

«Roglic ad esempio – dice – non lo dimenticherei. Ha la cronometro domani (oggi, ndr) che gli sta bene e ci proverà di sicuro. A Sierra Nevada e sulle salite dell’ultima settimana non starà a guardare e io spero di essere al suo livello. Poi ci sono Ayuso e Rodriguez. Entrambi stanno facendo delle ottime prestazioni, considerando che si tratta del primo grande Giro. Sono rivali, ma grazie a loro e a pochi altri il ciclismo spagnolo sta risorgendo».

In attesa della crono

Non resta che sperare che la crono gli sia amica, consapevoli che non sia mai stata il suo forte e che il percorso di Alicante, totalmente piatto e velocissimo, sia il meno adatto da maneggiare.

Nella cronosquadre di Utrecht, la Movistar tirata da Mas ha realizzato il 10° tempo
Nella cronosquadre di Utrecht, la Movistar tirata da Mas ha realizzato il 10° tempo

«Vedremo come andrà – ha ammesso – e in base a quello prenderemo le nostre decisioni. Se un giorno vedremo Remco vacillare, cercheremo di fare qualcosa. Ma se non vacilla, dovremo ancora pensare ad assicurarci il podio, perché così com’è ora è quasi impossibile batterlo. L’ambizione è vincere la Vuelta, sono già salito sul podio due volte. Dobbiamo essere anche consapevoli che la squadra sta lottando per la salvezza nel WorldTour e questo è molto importante. Ho rinnovato il contratto fino al 2025, c’è in ballo anche il mio futuro. Spero di fare una crono decente e di non perdere troppo tempo. Mi è capitato di farne alcune molto buone, spero di riuscirci ancora».

La storia di Jorgenson, fatta di bici e di tante mail

10.08.2022
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E’ il 2017. Un giovane californiano divide la sua giornata in due: al mattino pedala per ore sulle lunghe strade intorno a Walnut Creek, la sua città natale. Il pomeriggio passa ore al computer, per inviare una mail a tutte le squadre professionistiche europee che ha trovato tramite Google. “Ciao, mi chiamo Matteo Jorgenson e sono un americano di 18 anni, corro il mio ultimo anno da junior con Hot Tubes Cycling e USA Junior National Program. Sono molto interessato a correre per te per il 2018”. Il suo è un lavoro certosino: ogni mail è personalizzata, in base alle caratteristiche del team, al calendario, alle sensazioni che gli desta. Impiega almeno un’ora per inviarne una, perché la studia a fondo. Si aiuta con i traduttori online o chiede consiglio a chi conosce altre lingue. Ne manda dieci, cento e anche molte di più. Perché sa che il ciclismo vero è in Europa e vuole evadere…

La storia di Matteo Jorgenson, uno degli americani emergenti, che ha impressionato molti addetti ai lavori all’ultimo Tour, non si comprende se non si ripercorre l’excursus degli ultimi suoi anni, perché su quest’attività ha investito tutto sin da giovanissimo. In attesa di ricevere qualche risposta valida, che non fosse il solito “le faremo sapere”, Matteo aspetta. La sua grande speranza è approdare all’Hagens Berman Axeon, dalla quale sono passati molti americani, ma la risposta che gli arriva lo gela. Porta chiusa, anzi serrata. Matteo non si perde d’animo: qualcuno risponderà, intanto però c’è una soluzione da trovare e il californiano la trova accettando la proposta del team americano Jelly Belly-Maxxis a condizione di trovare spazio nel gruppo della nazionale Under 23 e poter frequentare la prima parte di stagione nel Vecchio Continente.

Jorgenson Mondiali 2019
Jorgenson è nato il 1° luglio 1999. Qui in maglia nazionale, ai mondiali 2019 (foto Casey B.Gibson)
Jorgenson Mondiali 2019
Jorgenson è nato il 1° luglio 1999. Qui in maglia nazionale, ai mondiali 2019 (foto Casey B.Gibson)

La risposta dalla Francia

Una cosa Jorgenson l’ha imparata presto: «Ogni gara fatta in Europa ne vale più di 10 negli Usa. Le corse sono tutte diverse, cambiano in base al Paese, alle strade, alla gente, ai percorsi. Si impara tantissimo ogni volta, è come andare a scuola. E’ uno sport completamente diverso». L’americano si rende perfettamente conto che il ciclismo oltreoceano è ben poca cosa al confronto, fatto di kermesse che se danno spettacolo alla gente tra un hot dog e una birra, tecnicamente non trasmettono nulla.

Un giorno arriva la svolta. Nella mail trova una risposta, dalla Francia, dalla Chambery CF, squadra che fa parte della rete dell’AG2R La Mondiale. Riesce a parlare con il responsabile, con molta fatica per la differenza linguistica (e questo è un aspetto sul quale torneremo) e si ridanno appuntamento. Il team transalpino vuole saperne di più, vuole i suoi valori di potenza, tutti i suoi dati di allenamento. Alla fine arriva la proposta: un contratto per il 2019 a patto che dall’inizio dell’anno si trasferisca in Francia. Una proposta che sembra un segno, perché contemporaneamente la Usa Cycling annuncia che per problemi di budget non sarà più possibile per i suoi ragazzi fare attività in Europa dalla stagione successiva. Appena in tempo…

Jorgenson AG2R
L’americano ha fatto parte dell’AG2R solo nella seconda metà del 2019, andando poi in Spagna
Jorgenson AG2R
L’americano ha fatto parte dell’AG2R solo nella seconda metà del 2019, andando poi in Spagna

Poliglotta per necessità…

Matteo ha capito che per emergere in Europa non basta pedalare, allenarsi soffrire in bici. Deve davvero mettere in discussione se stesso. Si trasferirà in Francia, ma prima di allora dovrà imparare la lingua: «Non posso partire e poi affrontare viaggi di ore senza poter parlare, comunicare liberamente, non posso costringere gli altri a parlare la mia lingua». Jorgenson studia intensivamente e per l’inverno successivo parla già un fluente francese al punto non solo di poter sostenere una conversazione con i compagni, ma anche di essere intervistato. E così farà anche dopo, quando si trasferirà alla Movistar in Spagna.

Ciclisticamente i francesi capiscono presto che quel ragazzo a stelle e strisce ci sa fare. Si piazza spesso, anche in Italia al Trofeo Edil, lotta per il successo finale alla Ronde de l’Izoard e al Tour de l’Avenir conquista la classifica a punti. E’ forte sul passo e in salita e proprio questo fatto non sfugge ai responsabili del team spagnolo, che interrompono la sua scalata all’interno del team transalpino e lo portano al di là dei Pirenei, perché di uno scalatore c’è sempre bisogno da quelle parti. Erano oltre trent’anni che uno statunitense non vestiva quella maglia, l’ultimo era stato Andy Hampstean, per un breve periodo quando ancora la squadra era targata Banesto.

Jorgenson Jelly 2018
In maglia Jelly Belly Jorgenson è stato vicecampione americano a crono U23 (foto Brian Holmes)
Jorgenson Jelly 2018
In maglia Jelly Belly Jorgenson è stato vicecampione americano a crono U23 (foto Brian Holmes)

Punta tutto sul Tour

Jorgenson continua la sua ascesa, è molto giovane ma soprattutto è americano e per un americano il ciclismo ha un solo sinonimo: Tour de France. Nel 2021, quando gli comunicano che non sarà del team per la Grande Boucle ci resta male e questo influisce anche sulle sue prestazioni al Giro d’Italia («E’ stata la mia peggiore esperienza, non ne avevo più e non era cosa per me – affermerà in seguito – ho capito che se non mi prendo un periodo di pausa a inizio primavera, non posso essere competitivo per il Tour»).

Quest’anno, presosi i suoi tempi, si guadagna i galloni di luogotenente per Enric Mas al Tour. E’ al settimo cielo e soprattutto sente la gamba piena, tonica. Sono tre settimane intensissime, nelle quali entra spesso nelle fughe. Per ben due volte Jorgenson sfiora il podio e quando arriva la delusione è tanta. A Megeve forse con quel Cort Nielsen c’era poco da fare, a Foix invece appena arrivato va verso il bus, appoggia la bici e si siede con la testa fra le mani, trattenendo a stento le lacrime per l’occasione mancata. I dirigenti arrivano e lo trovano stanco e insanguinato: un’immagine difficile da dimenticare.

Jorgenson Tour 2022
Jorgenson e Woods verso Foix: il canadese protegge a buon diritto il compagno Houle
Jorgenson Tour 2022
Jorgenson e Woods verso Foix: il canadese protegge a buon diritto il compagno Houle

Lacrime di rabbia

«Io non credo di aver sbagliato – racconta – era l’ultima possibilità e mi sono giocato tutto, ma Woods aveva Houle davanti, nessuno mi poteva aiutare. In discesa ho rischiato tutto e sono anche caduto, ma se prendi dei rischi devi accettarlo e il dolore neanche lo sentivo. Quando il canadese è partito ero con la macchina a prendere la borraccia, neanche me ne sono accorto e quando l’ho saputo mi sono gettato in caccia, ma era tardi». «Dove ti fa male, dove hai sbattuto? » gli chiedono. «Mi fa male non essere là» risponde indicando il podio.

Più tardi, ai giornalisti che gli chiedono del suo 21° posto, parte della “Usa Connection” che ha caratterizzato la classifica del Tour con 4 atleti fra i primi, Jorgenson dimostrerà di non aver ancora digerito la delusione: «Quando arrivi e sai che sei in forma, che hai indovinato tutto, non stai a guardare e a pensare al futuro, vuoi tutto. Ci riproverò il prossimo anno, ma se le ferite fisiche guariranno presto, quelle nell’animo ci metteranno molto di più».

Il sorriso gli torna solo quando qualcuno gli ricorda la sua storia, il coraggio avuto nel mettersi in gioco e provare ad allacciare un legame digitale con l’Europa: «A molti ragazzi che mi contattano dico di provarci subito, appena passano junior, a contattare quante più società possibili e preparare la valigia, anche se non hai ancora risultati. Credo di aver mostrato una strada per rilanciare il nostro ciclismo, anche se mi davano del pazzo».

Van Vleuten si inchina alla squadra: il Tour è anche loro

02.08.2022
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Scherzando sulla sua età dopo la vittoria della Liegi, Annemiek Van Vleuten disse che non fosse possibile un paragone fra sé e Alejandro Valverde. Entrambi corrono con il Movistar Team ed entrambi stanno vivendo l’ultima stagione agonistica, a capo di carriere impressionanti. Li dividono due anni, probabilmente, e intensità necessariamente diverse. Ma chi ha seguito l’olandese nei suoi allenamenti sullo Stelvio, la sua seconda casa, sa benissimo che la fatica non le fa paura. E che non è per caso che abbia vinto il Tour de France Femmes, con un’azione solitaria di 85 chilometri nella tappa del sabato verso Le Markstein che ha piegato le avversarie

«Ma quello in realtà è stato un miracolo – dice – i primi tre giorni sono stata malata. A un certo punto non riuscivo nemmeno a mettere le mie cose nella valigia e le compagne di squadra hanno dovuto anche spingermi. Se sei capace di reagire a una situazione come quella, tutto diventa più speciale. Il modo in cui ho preso la maglia gialla sabato è stato impressionante, stessa cosa il giorno dopo alla Planche des Belles Filles. Pelle d’oca, indescrivibile. Questo è il Tour. La corsa che ho scoperto quando avevo otto anni. Mentre i miei genitori andavano al mare, io ero incollata alla TV per tifare i corridori della Rabobank».

Con l’impresa a Le Markstein, da sola contro tutte, ha conquistato la maglia gialla
Con l’impresa a Le Markstein, da sola contro tutte, ha conquistato la maglia gialla
Finora abbiamo letto soltanto commenti positivi sulla prima edizione. Ne sei convinta anche tu?

Fino in fondo, ha superato le mie aspettative. L’organizzazione era la stessa del Tour con gli uomini, non siamo diventate un’appendice. E il pubblico è stato fantastico, c’erano file in ogni villaggio. Questo è solo l’inizio di qualcosa di ancora più bello, poiché si evolverà ancora di più negli anni a venire. Abbiamo dimostrato di meritare tanta attenzione. Quando ho vinto il Giro delle Fiandre per la prima volta nel 2011, in televisione ne fecero vedere esattamente un minuto. Veniamo da lontano.

Quanto è diverso il Tour rispetto al Giro Donne?

Il Tour è più duro, con percorsi più lunghi e la prima ora velocissima. Ora so di cosa parlano i ragazzi, tutti vogliono essere in fuga. Al Giro a volte ci sono giornate più tranquille, al Tour si lotta anche per le altre maglie, se non altro per poterle indossare anche un solo giorno. Il Tour è diventato immediatamente la più grande corsa a tappe.

Con l’impresa a La Super Planche des Belles Filles, il sigillo definitivo di Van Vleuten sul Tour
Con l’impresa a La Super Planche des Belles Filles, il sigillo definitivo di Van Vleuten sul Tour
La differenza di livello tra te e le altre è stata schiacciante, te lo aspettavi?

Il mio rapporto con il ciclismo è qualcosa di enorme. E questo arriva con l’età. Si dice spesso che altre ragazze dovrebbero allenarsi quanto me, ma è impossibile. E’ un processo di anni. Ora ne ho 39 e posso gestirlo. Ogni anno ho fatto un passo avanti, per essere finalmente dove sono ora. Più è dura la gara, più posso fare la differenza.

Per l’anno prossimo si parla di Alpi e Pirenei.

Non si tratta di dove corri, purché ci sia una buona gara. Certo, un arrivo all’Alpe d’Huez sarebbe fantastico. Ma se si scopre che la differenza di livello lo rende meno divertente ed eccitante da guardare, allora è meglio non farlo. Deve restare uno spettacolo, come questa settimana. Manca solo una cronometro, poi siamo alla perfezione.

Il 2023 sarà davvero l’ultimo anno?

Corro per un’altra stagione e poi è finita. Ho festeggiato la vittoria con pizza e gelato. Troverò del tempo per la famiglia e non farò nulla per un’intera settimana. Anche se correrò il criterium a Roosendaal in maglia gialla e una cronometro a coppie con Mathieu van der Poel. Il mio prossimo obiettivo è la Vuelta.

Van Vleuten a mani basse: tappa e maglia a Le Markstein

30.07.2022
5 min
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Ottantacinque chilometri di fuga sulle montagne per ipotecare il Tour Femmes. Annemiek Van Vleuten sbaraglia la concorrenza nella settima e penultima tappa di 127,1 chilometri trionfando a Le Markstein e prendendosi la maglia gialla. La trentanovenne della Movistar ripropone con lo stesso esito finale la stessa lunga cavalcata solitaria che aveva inscenato al mondiale in Yorkshire nel 2019. Un’azione per far esplodere il gruppo e poi amministrare, anzi incrementare il vantaggio fino al traguardo.

Come un toro di Pamplona – la città della sua squadra – che vede rosso, la Van Vleuten quando vede una salita si scatena. E pensare che aveva destato sorpresa il fatto che fosse arrivata attardata nella seconda e terza frazione dove erano presenti degli strappi. Ma come un motore ingolfato, forse aveva bisogno di carburare nuovamente per sprigionare tutta la potenza. E dietro di lei volano minuti su minuti per le dirette avversarie.

Van Vleuten in maglia gialla. La deve difendere nell’ultima tappa poi avrà realizzato la doppietta Giro-Tour nello stesso anno.
Van Vleuten in maglia gialla. La deve difendere nell’ultima tappa poi avrà realizzato la doppietta Giro-Tour nello stesso anno.

Esperte di doppiette

L’altra olandese Vollering è seconda all’arrivo (e nella generale) ad oltre 3′, dopo aver provato a tenere il passo della sua connazionale. La danese Ludwig completa il podio di giornata a più di 5′ davanti a Labous e Niewiadoma, ora terza in classifica. Alle loro spalle a quasi 7′ Silvia Persico ed Elisa Longo Borghini, rispettivamente sesta e settima nella generale.

E così, mentre Annemiek mette nel mirino la doppietta Giro-Tour femminili (sarebbe la prima a riuscirci dopo Joane Sommariba nel 2000), noi abbiamo voluto sentire ancora Fabiana Luperini, una che quelle accoppiate le ha realizzate tre volte di fila dal ’95 al ’97, sfiorando un clamoroso poker nel ’98.

Fabiana Luperini e Joanne Sommariba sono due delle tre atlete riuscite nella doppietta
Fabiana Luperini e Joanne Sommariba sono due delle tre atlete riuscite nella doppietta
Fabiana te lo richiediamo. Come si ferma la Van Vleuten?

C’è poco da fermarla (dice sorridendo, ndr). Ha una condizione invidiabile, fa allenamenti mostruosi e le piace fare queste fatiche. Ha quasi quarant’anni ma non li sente. E’ vero che nello sport l’età conta ma finché il fisico e la voglia la sosterranno, credo che nel 2023 andrà forte uguale.

Lanciamo una mezza provocazione. Ad una come lei non devi nemmeno dare una tattica o una squadra. Fa tutto da sola…

Quando trovi atlete come lei o come la Vos o la Van der Breggen, a chiunque le guidi in ammiraglia diventa tutto più facile. Con questo non voglio non riconoscere il giusto merito ai direttori sportivi perché senz’altro avranno dovuto ripeterle di gestire lo sforzo, di non farsi prendere la mano o di non rischiare inutilmente in discesa, ad esempio.

E con le compagne invece?

La Van Vleuten per come la vediamo noi sembra essere umile e non avere un carattere molto estroverso. Non è mai sopra le righe. Però io credo che le compagne la apprezzino anche se non lo fanno vedere pubblicamente. All’interno della loro squadra di sicuro ci saranno degli equilibri e delle direttive da rispettare ma penso che lei le ringrazi per queste vittorie.

In questa tappa hanno pagato atlete che avevano fatto il Giro Donne e chi no. Come spieghi questa cosa?

Non c’è una regola precisa. La Van Vleuten è uscita bene dalla corsa rosa e probabilmente ha recuperato meglio, ad esempio, di Longo Borghini che pure aveva finito in crescendo il Giro Donne.

Ecco, Longo Borghini e Persico possono arrivare al podio? Hanno circa 1’40” da recuperare.

Non saprei, potrebbe essere difficile per entrambe. Elisa oggi ha pagato sull’ultima salita i tanti chilometri da sola ad inseguire Vollering e Van Vleuten, che per un po’ hanno viaggiato assieme dandosi i cambi. Non sembra ma conta tanto. Infatti Niewiadoma, che era in un gruppetto, ha fatto il ritmo nel finale e le ha staccate.

Quindi è possibile vincere Giro e Tour nello stesso anno. Ma addirittura per tre volte di seguito come te?

Il ciclismo attuale è cambiato. Direi che sarebbe impensabile. Al momento non saprei chi potrebbe farlo. O meglio, chi dopo la Van Vleuten, perché non credo che lei voglia continuare a correre anche dopo il 2023, la sua ultima stagione. Ci vuole l’atleta giusta. Io li ho vinti che ero molto giovane ma crescendo con l’età ciò che perdi in brillantezza lo guadagni in esperienza. Posso dire però che sono state sensazioni bellissime e quando le vivi una volta trovi la forza e lo stimolo per riviverle ancora.

Domani ultima tappa con arrivo a La Super Planche des Belles Filles. Ci può ancora essere un ribaltone?

Nel ciclismo mai dire mai, ma penso proprio di no. Se fossi nella Van Vleuten andrei a prendermi la vittoria in maglia gialla. Lo farei principalmente per la squadra e le compagne, pensando oltretutto che c’è un bel montepremi da dividere con loro. E poi perché è sempre un bel ricordo vincere in maglia gialla.

La Passione conquista il Giro donne e guarda al Tour

22.07.2022
3 min
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Annemiek Van Vleuten ha avuto davvero poco tempo per godersi la soddisfazione di aver conquistato il Giro d’Italia Donne. La fuoriclasse olandese ha infatti nel mirino il Tour de France Femmes, pronto a scattare domenica prossima da Parigi, in una sorta di passaggio del testimone con la gara maschile. Se per l’olandese del Movistar Team il Giro d’Italia di quest’anno ha rappresentato il terzo sigillo nella corsa rosa, per La Passione, partner tecnico della squadra spagnola, è stato un debutto assoluto, ma soprattutto un debutto vincente.

Per i pochi che ancora non conoscono il marchio, ricordiamo che La Passione è un Digital-Native-Vertical-Brand nato nel 2015 dal sogno di Giuliano Ragazzi e Yurika Marchetti. L’azienda pone particolare attenzione a valori imprescindibili come manifattura artigianale italiana di alta qualità, al servizio di un capo d’abbigliamento per il ciclismo contemporaneo, raffinato, elegante e funzionale.

Annemiek Van Vleuten ha vinto il suo terzo Giro Donne, il primo per La Passione
Annemiek Van Vleuten ha vinto il suo terzo Giro Donne, il primo per La Passione

Battesimo rosa

Pur essendo un marchio estremamente giovane, in soli sette anni La Passione ha saputo fare passi da gigante. Da questa stagione è sponsor tecnico del Movistar Team, uomini e donne, e proprio con la formazione femminile è arrivato il primo successo di prestigio. 

Giuliano Ragazzi, CEO e Founder di La Passione, non ha voluto nascondere la sua gioia per un successo così importante.

«Per La Passione è un orgoglio vincere una corsa prestigiosa come questa – ha detto – con un’atleta simbolo del ciclismo femminile internazionale che incarna perfettamente il “Worth The Effort” del brand. Annemiek ha dato il tutto per tutto per raggiungere l’obiettivo, facendo contare ogni singolo secondo passato all’attacco.

«Partecipare ai successi delle squadre e degli atleti sponsorizzati – continua – sapere che hanno avuto a disposizione tutto quanto era in nostro potere fornir loro e vedere le nostre collezioni sul podio, soprattutto la Ultralight dato il grande caldo, ci riempie di gioia. E’ anche un ulteriore stimolo per continuare a migliorare i nostri capi insieme ai campioni. Prodotti che poi saranno disponibili per i nostri clienti».

Yurika Marchetti e Giuliano Ragazzi, fondatori di La Passione
Yurika Marchetti e Giuliano Ragazzi, fondatori di La Passione

Da Livigno al Tour

Annemiek Van Vleuten ha avuto poco tempo tempo per festeggiare il trionfo al Giro. Al termine dell’ultima tappa di Padova ha deciso di restare in Italia e di spostarsi a Livigno per preparare l’assalto alla maglia gialla.

Il ricordo del Giro d’Italia Donne appena conquistato è comunque ancora molto forte nella fuoriclasse olandese. E’ lei stessa a raccontarlo: «Tutte le vittorie sono sempre speciali e hanno un significato diverso. Dopo aver vinto nel 2018 e nel 2019, tornare in rosa a distanza di tre anni è una grande gioia e mi fa sentire molto orgogliosa di ciò che stiamo realizzando assieme al Movistar Team».

Sono stati tanti i momenti che resteranno scolpiti nella mente della Van Vleuten, a cominciare dalla tappa di Cesena che le ha permesso di indossare la maglia rosa. Il simbolo del primato da quel momento è stato sempre sulle spalle della campionessa olandese che ha saputo resistere agli attacchi prima della spagnola Mavi Garcia e poi della nostra Marta Cavalli. Entrambe le atlete hanno completato il podio finale di Padova che ha consacrato per la terza volta nella sua carriera la Van Vleuten come regina del Giro d’Italia Donne.

Chiudiamo con il commento della stessa Van Vleuten che fa un bilancio finale della corsa rosa: «Mi sono divertita molto, sia in salita, dove ho lasciato alle spalle tutte le rivali, sia in discesa, perché nonostante la caduta dovuta a un eccesso di velocità in curva, mi sono ripresa velocemente, sapevo che avrei vinto. Mi sentivo sicura e ho portato a termine l’obiettivo».

La Passione

Mas ad Andorra ha messo il Tour nel mirino

29.05.2022
5 min
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Non c’è solo il Giro. Fuori da qui si lavora alacremente verso il Tour, che sembra lontano, ma è dietro l’angolo. Se non altro perché il 5 giugno comincia il Criterium du Dauphinée e il 12 il Giro di Svizzera, banco di prova per i pretendenti alla maglia gialla, giunti agli ultimi giorni di altura. Fra loro c’è Enric Mas, leader spagnolo del Movistar Team che a 27 anni sta vivendo una stagione cruciale.

Mas si è preparato per il Delfinato e poi il Tour ad Andorra
Mas si è preparato per il Delfinato e poi il Tour ad Andorra

Questione di esplosività

Non fate caso alle vittorie, poiché non ce ne sono state. Andate però a guardare i piazzamenti. Il settimo posto a Bellante e l’ottavo l’indomani a Fermo, durante la Tirreno-Adriatico. Il doppio quinto posto al Giro dei Paesi Baschi (senza la caduta sarebbe forse salito sul podio). E le Ardenne corse da protagonista in appoggio di Valverde. Il corridore di Mallorca ha scoperto una brillantezza inedita, merito dei lavori specifici svolti dopo anni di allenamento poco approfondito, per non dire casuale. E così, dopo una primavera in cerca dell’esplosività perduta, Mas si è rimesso con la testa e le gambe sulle salite lunghe, con la supervisione di Leonardo Piepoli che da quest’anno ne segue il lavoro.

E noi a lui ci siamo rivolti, per fare il punto su uno dei pochi corridori su cui la Spagna può puntare per le classifiche generali, ora che Valverde pedala verso il ritiro.

Come procede il lavoro?

Direi bene, anche se in ritiro Enric si è ammalato e ha perso quattro giorni di lavoro. E’ il corridore ideale con cui lavorare. Quando sei da qualche anno in questo mondo, ci sono frasi dalle quali puoi capire come finirà la carriera dell’atleta che hai davanti. Lui domanda cosa deve fare, quando dovrà andare in altura e quando dovrà ripartire. Non ha mai chiesto di fare meno. Crede nelle sue potenzialità, ma a questo punto la responsabilità passa a me. Non posso sbagliare, perché allo stesso modo in cui mi ha accettato, potrebbe cancellarmi.

Dicesti che stando ai dati, sembrava si allenasse poco…

L’ho detto anche a lui. Che era sbalorditivo che arrivando ai Giri con così poco lavoro, avesse le doti per crescere regolarmente di condizione sino alla fine.

Sugli arrivi più ripidi della Vuelta, contro Adam Yates e Roglic, Mas ha mostrsto nuova esplosività
Sugli arrivi più ripidi della Vuelta, contro Adam Yates e Roglic, Mas ha mostrsto nuova esplosività
Arriva bene al Tour?

Direi di sì. In questo ritiro prima del Delfinato ha ripreso a lavorare sulle salite lunghe. Prima avevamo puntato a colmare la lacuna negli sforzi brevi e intensi. Ha fatto l’altura ad Andorra, comodo anche per i corridori che vivono lì, perché si trovano vicino alle famiglie.

Salite lunghe?

Tanta resistenza e la giusta quantità di lavori specifici. So che alcuni non fanno lavori, ma propongono allenamenti sempre tirati. E’ vero quello che vi ha detto Moser, osservo quello che fanno gli altri. Molti si allenando dando semplicemente gas, un metodo che secondo me va contro gli studi di fisiologia. Facevano così i russi: il fenomeno veniva fuori e gli altri si perdevano. Io provo a ottenere il meglio per ognuno. Freire con il suo mal di schiena non avrebbe mai vinto le Sanremo e i mondiali, se avesse dovuto lavorare a quel modo.

Ai Paesi Baschi, Mas ha perso il podio per una caduta e ha chiuso al 9° posto
Ai Paesi Baschi, Mas ha perso il podio per una caduta e ha chiuso al 9° posto
Quindi mantieni le ripetute?

La ripetuta serve a dare un carico adeguato, per migliorare nel tempo. Mi rendo conto che atleti come Pogacar e Van der Poel lavorano diversamente, ma hanno un margine di errore così ampio, che non se ne accorgono nemmeno. Come quando tutti volevano andare agili, perché Armstrong girava a quel modo. O quando tutti andavano duri per imitare Ullrich e Bugno. Ognuno ha le sue idee. Io cerco di mettere l’intensità a inizio salita e poi si va sulla parte aerobica.

Cosa dice Mas davanti a miglioramenti così evidenti?

Si è accorto del cambiamento lo scorso anno a Jaen, alla Vuelta. Arrivò secondo a 3” da Roglic, su una rampa che gliene sarebbe costati 30. Quando ho iniziato a lavorare con lui, dissi che mi sembrava banale dover lavorare sull’esplosività. Faceva una gran fatica per guadagnare 20” sulle salite lunghe e poi li perdeva su strappi di pochi chilometri.

Più brillante alla Liegi, chiusa nel gruppo alle spalle di Evenepoel
Più brillante alla Liegi, chiusa nel gruppo alle spalle di Evenepoel
Cosa possiamo aspettarci al Delfinato?

Può andare benino, è certamente un esame, ma non mi aspetto che vada forte. Tra il Delfinato e la prima tappa di montagna del Tour, a La Planche des Belles Filles, c’è quasi un mese. Per fare una buona classifica, Mas deve arrivarci con la stessa condizione della Tirreno o dei Baschi. E se la trova per il Delfinato, è sicuro che poi calerà.

La Movistar ha fatto ricognizioni sulle tappe del Tour?

Hanno fatto un primo giro sui Pirenei. Anticiperanno di un giorno la partenza per il Delfinato per vedere il Col du Granon e l’Alpe d’Huez. E faranno in questi giorni la tappa di Foix, ancora sui Pirenei, partendo da Andorra in un giro di 200 chilometri.

Leonardo Piepoli fa parte dello staff dei preparatori del team spagnolo (foto Movistar)
Leonardo Piepoli fa parte dello staff dei preparatori del team spagnolo (foto Movistar)
Ti risulta che anche Mas abbia rischiato di finire in un’altra squadra?

Credo che possa aver ricevuto delle offerte, come sono certo che la sua idea sia sfruttare le proprie chance. Il peggior risultato in una corsa a tappe è stato il sesto posto. Secondo me fa bene a provarci.

Escamez, l’ombra di Valverde che sognava di essere campione

25.05.2022
4 min
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Dove c’è Valverde, di sicuro c’è Escamez. Un po’ come Pallini quando c’è Nibali. Juan Carlos Escamez ha un anno meno di Alejandro ed era a sua volta un corridore. Solo che, arrivato sulla porta di uno stage con la Kelme, vide finire tutto a causa dell’Operacion Puerto. La squadra chiuse e tanti corridori si ritrovarono a piedi. Quando gli ricordi che il suo amico Valverde è stato a lungo un rivale, lui fa un sorriso con una punta di nostalgia

«Sono al Movistar Team con lui dal 2012 – dice – ormai dieci anni. Prima siamo stati rivali, poi compagni nella stessa squadra da dilettanti, infine ci siamo ritrovati qui. Lui come ciclista professionista e io come massaggiatore. Qualche volte l’ho battuto. Poche volte, ma ci sono riuscito. Quando eravamo più piccoli, da esordienti e da allievi. Se arrivavi allo sprint con lui, eri finito. Era il rivale da battere e dovevamo staccarlo in anticipo. Alejandro a quel tempo aveva una fisionomia diversa, un po’ più pesante. Ancora oggi ci scherziamo, di base siamo amici. Ricordiamo le storie di allora e ridiamo…».

Escamez ha corso fino agli under 23: nelle giovanili era un vincente (foto Instagram)
Escamez ha corso fino agli under 23: nelle giovanili era un vincente (foto Instagram)
Qual è il segreto di Valverde?

La sua classe innata, la mentalità e la passione per il ciclismo. Alla sua età, la testa conta molto più del fisico. Sono anni che gli dicono di abbassare le pretese, invece lui continua ad alzarle.

Com’è Valverde sul lettino dei massaggi?

Dipende dalla situazione. Ci sono momenti in cui devi andare a fondo, altri in cui puoi essere leggero. Quando arriva al massaggio, è come lo vedi. Alejandro è un uomo trasparente e capisco subito ciò di cui ha bisogno. E’ molto affabile, entriamo subito in sintonia, durante il massaggio passiamo veramente dei bei momenti.

Il Giro d’Italia 2022 è il secondo della carriera di Valverde: in Italia è molto seguito
Il Giro d’Italia 2022 è il secondo della carriera di Valverde: in Italia è molto seguito
Qual è stato il momento più bello di questi 10 anni?

Il mondiale. Senza dubbio fu l’esplosione di un sogno accumulato in molti anni. Una giustizia che il ciclismo gli ha concesso. Eravamo convinti di avere un’ottima opportunità, ci arrivava in un ottimo momento di forma. Il circuito era adatto. I compagni avevano tutti la stessa idea di gara e alla fine è riuscito tutto. E’ molto difficile che le cose vengano come le hai progettate, però ci riuscimmo. 

Cosa hai pensato quando è venuto ad abbracciarti?

Orgoglio. Sono stato molto fortunato ad essere il primo. Ma dietro quell’abbraccio (foto di apertura, ndr) c’era quello di un intero Paese. Era qualcosa di molto atteso. Per me è stato eccitante.

Valverde ed Escamez dopo il podio alla Strade Bianche 2022 (foto Instagram)
Valverde ed Escamez dopo il podio alla Strade Bianche 2022 (foto Instagram)
Ci sono stati brutti momenti?

Nello sport sai che vincere è difficile e non sempre le cose vanno bene. Però l’importante è che quando capitano i giorni storti, si abbia la capacità di dare la svolta. Continuare, pensando all’obiettivo successivo. I giorni storti ci sono, però si deve saperli gestire.

Nel 2017 ha avuto anche la frattura della rotula…

Perse molta massa muscolare e c’è voluto molto tempo per ritrovare l’equilibrio. Lui però ha accorciato molto i tempi. I medici dicono che ha fatto in un mese quello che altri avrebbero fatto in tre. Ha lavorato molto ed è stato tenace.

Sul telaio della Canyon di Valverde sono indicate le sue vittorie, fra cui spicca il mondiale 2018
Sul telaio della Canyon di Valverde sono indicate le sue vittorie, fra cui spicca il mondiale 2018
Quando ti ha detto che si ritirava?

All’inizio di quest’anno. E’ una cosa di cui abbiamo sempre parlato. Evidentemente si tratta di una decisione sua. Uno deve ritirarsi quando è all’apice. E’ meglio chiudere quando la gente sa chi sei e non che ricordi chi eri.

Come sta in questi giorni al Giro?

Sta bene, nonostante i suoi 42 anni. Continua a porsi obiettivi. E’ arrivato qui trovando avversari diversi da quelli che aveva nelle Ardenne e continua a essere a un livello top. Sta molto bene. L’Italia gli vuole bene e lui lo sa.

Sul traguardo di Cuneo, Escamez con Rojas e Sosa
Sul traguardo di Cuneo, Escamez con Rojas e Sosa
Uscite ancora insieme?

A volte sì (ride, ndr), quando lui va molto piano. E’ un privilegio. Quando esce a Murcia, di solito trova tanta gente che lo accompagna. Un gruppo abbastanza grande. Ma quando deve fare un allenamento importante o dei lavori, va da solo o con un gruppetto di gente selezionata. Io ho avuto la fortuna di seguirlo e spero di avere altre opportunità dopo che si sarà ritirato. Toglietevi dalla testa che smetta di andare in bici. Per lui è una passione, pedalerà anche più di adesso…