Nel pazzo mondo di Cecilie che vuole vincere il Tour

03.02.2022
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Vi è mai capitato di parlare con Cecilie Uttrup Ludwig? Se è di buon umore (e raramente non lo è), vi sommergerà con le sue risate, battute, parole a raffica e smorfie. In una di queste tempeste espressive, l’altro giorno la danese della FDJ-Nouvelle Aquitaine-Futuroscope, che nel 2017 vinse il ranking WorldTour fra le under 23, si è fatta improvvisamente seria e senza mezzi termini ha detto chiaramente di voler vincere il Tour Femmes.

In fondo, senza più Anna Van der Breggen in circolazione e con Van Vleuten che intanto ha nelle gambe un anno in più, il campo sarà aperto e le soluzioni possibili ben più numerose. E sebbene il 2021 non sia stato l’anno migliore per la danese, la sua fede appare incrollabile.

Alla presentazione del Tour, Cecilie con Niewiadoma, altra aspirante alla maglia gialla (foto Instagram)
Alla presentazione del Tour, Cecilie con Niewiadoma, altra aspirante alla maglia gialla (foto Instagram)

«La mia ambizione -sottolinea – è vincere il Tour de France. E’ stato importante lo scorso anno portarsi a casa quella tappa a Burgos, che ha avuto grande risalto, avendo battuto Niewiadoma, Van der Breggen e Longo Borghini. Voglio riprovare quelle sensazioni, ho davvero l’ambizione di rifarlo».

In quattro al Tour

La squadra l’ha presa sul serio, al punto da mandare per lei in Francia tutte le leader a disposizione: Marta Cavalli, Grace Brown ed Evita Muzic.

«Per una squadra francese – ha spiegato il team manager Stephen Delcourt – poter parlare di Tour de France è davvero importante. Essere arrivati secondi nella Course by Le Tour de France (vinta da Demi Vollering proprio su Cecilie, ndr) è stato pesante. Vogliamo di più. Lo scorso anno abbiamo vinto due corse.

«Stiamo passando – prosegue – da team familiare a vera squadra professionistica. Lavoriamo tanto e parliamo a fondo di quello che vogliamo fare. Abbiamo aumentato il nostro impegno sul fronte della performance. E abbiamo deciso di correre il Tour Femmes con quattro leader per puntare alla maglia gialla. Cecilie può fare la storia del ciclismo, ma lo stesso saremo ambiziosi al Giro con Marta Cavalli».

La Super Planche fa male

Come studiammo con Fabiana Luperini, il Tour Femmes si deciderà nelle ultime due tappe, con arrivo a Le Markstein dopo aver scalato il Grand Ballon e con l’arrivo a La Super Planche des Belles Filles, dove nel 2019 Ciccone conquistò la maglia gialla. Salite non impossibili, ma che possono far male. E a ben vedere il limite di Cecilie sono proprio le lunghe pendenze.

In ritiro si sono viste finalmente la nuova maglia e la nuova bici Lapierre (foto FDJ-NAT)
In ritiro si sono viste finalmente la nuova maglia e la nuova bici Lapierre (foto FDJ-NAT)

«Lo so perfettamente – sbotta a ridere – e per questo sin dall’inizio della preparazione mi sono concentrata su questo aspetto e lo riprenderò nelle settimane precedenti il Tour. Fortunatamente avrò con me 4-5 compagne molto forti, che renderanno meno pesante la pressione. Siamo in una squadra francese e dichiariamo di voler vincere il Tour de France, ma io per questo sono molto eccitata».

Pazzi per il Tour

Se saranno tutte leader o destinate a lavorare per lei potrà dirlo solo la strada: anche lei doveva essere leader al Giro Donne del 2021, ma si ritirò dopo la 7ª tappa quando si rese conto di non avere gambe, lasciando a Marta Cavalli lo spazio e la responsabilità. Poteva restare per aiutarla? Ecco, se proprio va pescato un neo nel suo essere così eccentrica è nel pensare a sé e concedere poco alle compagne.

Ospite di Natholdet, trasmissione satirica danese sugli strafalcioni televisivi (foto Facebook)
Ospite di Natholdet, trasmissione satirica danese (foto Facebook)

«Sogno di attaccare – sorride Cecilie che nel suo Paese gode di grande popolarità – ma per farlo bisogna tenere testa ad alcune squadre che hanno organici forti. Essere isolati è uno svantaggio, ma adesso siamo forti anche noi. Posso attaccare io, ma possono farlo anche Grace e Marta. E penso anche che si possa puntare nello stesso anno al Giro, al Tour e alla Vuelta, l’importante è avere la giusta programmazione. Essere danese e puntare al Tour quest’anno è pazzesco. Anche se noi non andremo nel mio Paese, la prospettiva di far parte di un’avventura simile ha un grande risalto. E pensare che partiremo dopo gli uomini farà sì che sarà un unico, grande viaggio. A casa mia sono tutti fuori di testa…».

Dalla Spagna in chiamata con Marta Cavalli, parlando inglese

02.02.2022
5 min
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Capisci che il WorldTour sia ormai uno stato mentale quando ti rendi conto che la conferenza stampa (virtuale) della FDJ-Nouvelle Aquitaine-Futuroscope viene svolta in inglese e non nella lingua madre cui i francesi difficilmente sono disposti a rinunciare. Dall’altra parte dello schermo, riconosciamo i volti sorridenti del team manager Stephen Delcourt che fa gli onori di casa e poi tre leader come Cecile Uttrup Ludwig, Marta Cavalli e l’ultima arrivata Grace Brown.

Nel 2021 ha vinto la Team Relay agli europei di Trento: qui con Longo Borghini e Cecchini
Nel 2021 ha vinto la Team Relay agli europei di Trento: qui con Longo Borghini e Cecchini

Il capo snocciola numeri e obiettivi, dichiarando di voler vincere il Tour Femmes e anche una prova Monumento. I minuti scorrono e noi, scoprendoci più sciovinisti di quanto ci aspettassimo, preferiamo cominciare da Marta (in apertura nella foto di Thomas Maheux). E questo fatto di doverci parlare in inglese un po’ fa strano, ma tant’è.

Una stagione lunghissima

Con nove piazzamenti nei primi cinque e la vittoria nel Mixed Team Relay agli europei, la ragazza di Cremona ha interpretato il debutto nella massima categoria con sicurezze sempre crescenti. Poi sarà che la stagione scorsa è parsa a tutti lunghissima e strapiena di impegni, ricordare i primi passi alla Strade Bianche, quindi il Fiandre, i problemi al ginocchio prima della Liegi, il Giro d’Italia Donne, le Olimpiadi, il mondiale, la Roubaix e tutti gli altri racconti che sono seguiti ti fa rendere conto che i progressi sono stati tangibili e costanti. Con una sola annotazione a margine, fatta dal suo ex direttore sportivo Arzeni al via della Ronde de Mouscron, all’indomani del Fiandre chiuso da Marta al sesto posto.

La nuova maglia del team francese ha molto più blu rispetto allo scorso anno (foto FDJ-NAT)
La nuova maglia del team francese ha molto più blu rispetto allo scorso anno (foto FDJ-NAT)

«Marta ha perso tanto peso – disse il diesse della Valcar-Travel&Services – e per puntare alla salita ha lasciato indietro lo spunto veloce che la rendeva vincente».

Che ci abbia riflettuto da sola o con il team, oppure che abbia fatto tesoro delle parole del Capo, la preparazione invernale di Marta Cavalli ha puntato a recuperare quel colpo di pedale più brillante nel finale di gara.

Come è andato l’inverno?

Ho buone sensazioni. Abbiamo svolto un bel blocco di allenamento, la stagione sta arrivando e sono molto motivata. Sono impaziente di vedere se la nuova preparazione darà i suoi frutti.

Nonostante i suoi 53 chili, Cavalli si è trovata a suo agio sul pavé della Roubaix, arrivando al 9° posto
Nonostante i suoi 53 chili, si è trovata a suo agio sul pavé della Roubaix, arrivando al 9° posto
Che cosa porti via dal primo anno nel WorldTour?

Ho imparato molto, ho scoperto altre cose su me stessa. Abbiamo analizzato le mie prestazioni, le reazioni del mio corpo nelle varie situazioni di gara, il recupero, la gestione dello sforzo. Ho qualche rimpianto perché sono arrivata parecchie volte vicino al podio e mi è mancata la zampata decisiva. Mi manca il feeling con la vittoria.

Che cosa hai scoperto d’altro su te stessa?

Non vedo ancora i miei limiti e questo mi piace. Il mondo intorno è cambiato, sul piano della preparazione e dell’atteggiamento in gara. E’ tutto più serio, si lavora per ottenere i risultati più grandi e questo mi dà grandi motivazioni.

Prosegue la collaborazione fra Lapierre e la FDJ femminile (foto FDJ-NAT)
Prosegue la collaborazione fra Lapierre e la FDJ femminile (foto FDJ-NAT)
La squadra punta a qualche vittoria Monumento…

C’è mancata, in effetti. Se penso a me, vedo bene la Strade Bianche e il Trofeo Binda. Vorrei dimostrare che posso correre per vincere certe corse. Poi si può anche non vincere, ma essere lì a giocarsela vuol dire aver fatto uno step in più.

La squadra punta al Tour, ma non è mistero che tu ami il Giro…

Potrebbe essere un mio obiettivo. Nel 2021 mi sono resa conto di reggere bene nell’arco dei 10 giorni. Ho mostrato un buon recupero, stando meglio con il passare delle tappe. Se ci sarà l’occasione di vincere una tappa, la prenderò. Se avrò la possibilità di fare classifica, non mi tirerò indietro.

Al Giro d’Italia Donne del 2021, Marta Cavalli ha chiuso con il sesto posto finale: qui il quarto a Prato Nevoso
Al Giro del 2021, Cavalli ha chiuso con il 6° posto finale: qui il 4° a Prato Nevoso
A livello internazionale si protesta perché il percorso del Giro non è stato ancora presentato…

E’ un fatto e mi dispiace, ma per la mia preparazione non è fondamentale conoscere il dettaglio di tutte le tappe. L’idea degli organizzatori del Giro Donne è sempre stata di fare un percorso durissimo, con tappe di montagna, una crono e qualche volata. Si deve andare forte in salita e a cronometro. Conoscere i dettagli permetterà semmai di fare qualche sopralluogo.


Altro tema, si vorrebbe il Giro Donne nello stesso periodo di quello degli uomini, come accadrà col Tour Femmes che inizierà alla fine del Tour de France.

Non sarebbe affatto male. Tutti conoscono il Giro d’Italia. Quando mi alleno nei giorni in cui corrono gli uomini, capita di fermarsi e di essere riconosciuta. Mi chiedono se anche io farò il Giro e quando rispondo di sì, ma che si correrà a luglio, restano male. Sarebbe bello avere la corsa degli uomini come lancio.

Nel ritiro spagnolo, grossi blocchi di lavoro preparando il debutto (foto FDJ-NAT)
Nel ritiro spagnolo, grossi blocchi di lavoro preparando il debutto (foto FDJ-NAT)
Ti è mancata la zampata nel finale, come è cambiata la preparazione?

Ho lavorato per ritrovare lo spunto che ho un po’ perso per strada. Sapevo farlo, posso riuscirci ancora. Dovreste vedere una Marta più potente e brillante, per questo non vedo l’ora di cominciare per mettermi alla prova.

Avete visto Marta Cavalli? E’ più famelica che mai…

02.12.2021
4 min
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Marta Cavalli è già in piena stagione. Ha una carica pazzesca. Ieri per esempio aveva avuto una giornata bella piena e tra allenamenti rimandati e impegni vari alle 21 era ancora sul ciclomulino. E stamattina di buon’ora era già pronta per uscire. Il menù prevedeva quattro ore.

La portacolori della FDJ Nouvelle Aquitaine Futuroscope ha archiviato la sua prima stagione nel WorldTour. E anche se non ha alzato le braccia al cielo (almeno individualmente visto che ha vinto l’europeo nel team relay) ha vissuto un’annata da vera protagonista.

E’ sempre stata nel vivo delle corse, specie le più importanti, e anche al mondiale di Leuven non ha mancato di dare il suo supporto alla causa azzurra. Per lei ben 21 top ten, Olimpiadi incluse.

Marta Cavalli (classe 1998) alla prima stagione nel WT. La lombarda è stata brava anche alla Roubaix (nona all’arrivo)
Marta Cavalli (classe 1998) è stata brava anche alla Roubaix (nona all’arrivo)
Marta, prima stagione nel WorldTour messa nel sacco. Come la giudichi?

Mi ritengo assolutamente soddisfatta. Una stagione al di sopra delle mie aspettative. Ho corso ad un livello che neanche il team forse si aspettava e vedere che anche loro erano contenti è stata forse la soddisfazione più grande. Sono stata molto costante, competitiva da febbraio alla Roubaix. Questo significa aver messo fieno in cascina anche per la prossima stagione e poi mi ripaga dell’azzardo fatto dell’andare a correre all’estero e dei tanti sacrifici.

Come vi organizzate con la squadra? Vai spesso in sede?

In realtà ci vado due volte l’anno e per brevi periodi. Poi faccio tutto da casa e sono seguita da remoto. Per esempio siamo andate dopo la Roubaix per questioni logistiche ed amministrative, diciamo così. E sono tornata qualche giorno fa per fare il punto della situazione. In questa occasione ho parlato con il preparatore.

E che programma di lavoro ne è uscito?

Abbiamo preso in considerazione la prima metà di stagione. Andremo per step. E punteremo su gare adatte a me in questa prima parte come la Strade Bianche e il Giro delle Fiandre. Questi sono i primi obiettivi. Ma soprattutto c’è l’idea di partire belle cariche. Di farsi trovare pronte ad inizio anno e per questo sto già spingendo abbastanza.

E si sente, anche dal tono deciso e brillante della tua voce…

Partire bene è importante. Se poi vai bene è anche più facile mantenere la condizione.

Hai parlato di Fiandre e Strade bianche ma quest’anno poi ci saranno sia il Giro che il Tour e la Marta del WorldTour è molto cambiata. Sembra essere quasi più adatta a questi appuntamenti che non alle corse di un giorno…

Abbiamo visto la presentazione del Tour e ci siamo fatte un’idea delle tappe. Adesso aspettiamo di conoscere il Giro, in modo tale che potremmo capire come e quale affrontare, sulla falsariga poi di quello che fanno gli uomini. Loro valutano i tre percorsi dei grandi Giri e poi scelgono quello più adatto alle loro caratteristiche.

In effetti (un altro bel passo avanti per le donne)…

E non escludo la doppietta Giro-Tour, ma con obiettivi differenti.

Marta (in basso a sinistra) sul podio di Leuven: bronzo nella staffetta mista contro il tempo
Marta (in basso a sinistra) sul podio di Leuven: bronzo nella staffetta mista contro il tempo
In quest’ultima stagione, Marta, abbiamo assistito ad una tua metamorfosi fisica: hai perso peso. Questo ti ha un po’ limitato nello sprint (tua vecchia arma vincente) ma ti ha decisamente dato tanto in salita: continuerà questo cambiamento?

E’ una metamorfosi che è avvenuta in modo naturale con l’aumento del volume di allenamento. Stando più tempo in bici il fisico si asciuga. E’ vero ho perso un po’ di sprint e stiamo cercando di ritrovarlo. Per questo sto lavorando di più in palestra e sulla forza. L’obiettivo è quello di mantenere il buon livello in salita raggiunto e di ritrovare il vecchio spunto, di avere più esplosività.

Sarebbe ottimale, certo…

Spesso si fa la differenza in salita, ma poi non basta per vincere. Magari vai via in tre, poi però rientra qualcuna che è meno forte quando la strada sale ma è veloce. Alla fine arrivano molto spesso dei gruppetti e qualcuna ti batte in volata.

A proposito di salita: chi è la più forte?

Senza dubbio Annemiek Van Vleuten, non in quanto scalatrice pura, ma perché è in grado di esprimere una forza e una resistenza molto elevate. Imprime un ritmo forsennato per 3′-5′ e alla fine sei costretta a mollarla per asfissia.

Ti manca molto per essere a livello delle migliori?

Stiamo lavorando per ridurre questo gap. Se invece penso alle italiane cerco di avvicinarmi il più possibile ad Elisa (Longo Borghini, ndr) per il tipo di attacchi che fa e il ritmo che tiene. E poi sempre occhio a qualche sorpresa.

Cavalli e Martinelli, come vi trovate con Training Peaks?

04.11.2021
5 min
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La globalizzazione del ciclismo passa anche dal perfezionismo e dalla cura di tanti aspetti. Cosa c’è dietro alle prestazioni dei corridori? Allenamento, certo, ma come viene sviluppato dall’atleta ed elaborato dai coach? La preparazione migliora grazie a certe applicazioni oppure queste ultime nascono perché lo richiede la preparazione stessa? Sembrano dubbi amletici, di sicuro alla base ci sono dei test, dei valori e tanta voglia di impegnarsi e fare fatica. Ed è così da una chiacchierata con Marta Cavalli e Davide Martinelli – incontrati a Cremona durante il Gran Premio Mamma e Papà Guerciotti di ciclocross – il discorso vira su Training Peaks. Ovvero una piattaforma utilizzata rispettivamente sia dalla 23enne della Fdj Nouvelle Aquitaine Futuroscope, dal 28enne della Astana-Premiertech e tanti altri corridori sia dai preparatori per impostare al meglio gli allenamenti in funzione delle gare.

Innanzitutto, da quanto tempo usate questa applicazione?

CAVALLI: «Ho iniziato quest’anno, da quando sono andata in Francia a correre. La mia squadra la utilizzava già da un paio di annate. Onestamente prima non la conoscevo anche se ne avevo già sentito parlare». 

MARTINELLI: «Dal 2016, da quando sono passato professionista nella Quick Step. Ed anche in Astana lo usiamo. La metà delle formazioni ce l’ha».

L’interfaccia di Training Peaks viaggi anche su mobile: ecco la situazione di riposo di Davide proprio oggi
L’interfaccia di Training Peaks viaggi anche su mobile: ecco la situazione di riposo di Davide proprio oggi
Ce ne parlate? Come funziona?

CAVALLI: «E’ una piattaforma in cui vengono caricati, come base, tutti i nostri dati e i valori espressi dai test. Successivamente ci carichiamo dentro tutti i dati degli allenamenti. Dopo di che, in base a tutti questi elementi, viene fatta la tabella di allenamento. Ma attenzione, non è mica un programma che elabora tutto magicamente. Manca la componente più importante».

MARTINELLI: «Su Training Peaks si possono caricare anche tutti gli allenamenti salvati in passato anche se, ad esempio, un corridore non lo utlizzava. Si può veramente creare un database, trovare tutto quanto. Si può vedere e capire, prendendo un periodo a caso, se in quel momento il corridore era in forma o meno. E’ eccezionale».

Marta, dicevi che manca una componente. Quella umana, giusto?

CAVALLI: «Esatto, quella del preparatore atletico per essere precisi. E’ lui che, incrociando i dati e considerando il calendario delle gare, compone le tabelle di allenamento. Ovviamente ci vuole un coach che conosca bene la piattaforma, però vedo che ormai tutti la sanno usare». 

MARTINELLI: «Concordo con Marta. Il ruolo del preparatore è chiaramente fondamentale per fare tutto. Ad esempio lavoro da tempo con Mazzoleni (il coach della Astana, ndr), c’è fiducia reciproca e talvolta modifico leggermente io la mia tabella in base a certe situazioni. Questo forse succede con corridori un po’ più esperti e che hanno un rapporto più profondo con i propri allenatori».

In sostanza cosa produce Training Peaks?

CAVALLI: «E’ uno strumento che ottimizza gli allenamenti e i vari periodi di lavoro. Da quelli di carico a quelli di scarico e recupero. Oppure ti evita l’overtraining. C’è un range entro il quale restare per sapere di essere in condizione. Più ci sono bilanciamento ed equilibrio, più sei vicino al picco di forma. Addirittura è possibile avere una stima di come andrai o come starai il giorno della gara. Però bisogna assolutamente dire che non è una piattaforma infallibile».

MARTINELLI: «In pratica lì dentro abbiamo tutte le nostre tabelle. Nel periodo di fondo, in preparazione alle corse, abbiamo il programma di lavoro dei prossimi 15/20 giorni. Mentre durante il periodo delle gare è limitato al massimo alla settimana perché subentrano altre variabile di cui tenere conto. Anche se molto precisa, qualcosa non viene sempre calcolato».

Sulla piattaforma vengono caricate le prestazioni in allenamento per impostare meglio la gara. Qui Cavalli al Giro d’Italia Donne
Sulla piattaforma vengono caricate le prestazioni in allenamento per impostare meglio la gara. Qui Cavalli al Giro d’Italia Donne
Perchè dite che non è infallibile?

CAVALLI: «Beh, non tiene conto delle sensazioni che abbiamo in gara o in allenamento. I dati di Training Peaks sono un ottimo riferimento su cui basare il proprio lavoro, ma alla fine i valori devono essere associati alle nostre sensazioni. Ad esempio quando i miei dati indicano che potrei essere stanca, io solitamente in gara vado bene e poi ancora meglio in quella successiva, specie se ravvicinata. E’ come se avessi bisogno di sbloccare il mio motore, in Francia lo chiamamo “déblocage”. Dobbiamo sì tenere sotto controllo i valori, ma anche ascoltare noi stessi».

MARTINELLI: «Le sensazioni sono quello che devi riferire al tuo preparatore, perché la piattaforma non può capirle o calcolarle. E torniamo al discorso che facevo del rapporto di fiducia che si ha con lui».

E come vi trovate? Si può rischiare di diventarne troppo dipendenti?

CAVALLI: «Mi trovo bene. E’ semplice da usare e non è condizionante negli allenamenti. Anzi, so cosa mi dice il mio corpo e col passare del tempo prendo sempre più le misure a questo modo di allenarsi. Certo, va detto che il ciclismo adesso è sempre più performante, già dalle prime gare sono tutti in formissima e quindi queste metodologie sono all’ordine del giorno.

MARTINELLI: «Benissimo, è uno strumento utile per preparare le gare che hai già fatto in passato, andando a ripescare nel famoso database i valori che avevi in quel periodo. A quel punto puoi ripeterli o modificare in modo o l’altro. Vi dirò che ormai i preparatori preferiscono vedere una ventina di allenamenti caricati, piuttosto che fare il classico test alla soglia che si fa solitamente. Sono più veritieri».

Training Peaks non riesce a leggere nelle sensazioni: per quelle si parla con il preparatore (foto Instagram)
Training Peaks non leggere le sensazioni: per quelle si parla con il preparatore (foto Instagram)
Marta quest’anno sei cresciuta ancora e sei stata tra le più costanti in termini di risultati.  Visto che utilizzi Training Peaks da un anno, quanto e in cosa ti ha cambiato?

CAVALLI: «Mi ha cambiato tanto, soprattutto in termini di gestione dello sforzo o dei periodi di carico e recupero. Ora che so meglio come mi devo allenare, devo curare qualche dettaglio per completare il mio processo di crescita. Ad esempio nel 2022 mi aiuterà a ritrovare un po’ di esplosività».

Davide tu invece che usi Training Peaks da tanto tempo che differenze hai trovato dal primo anno ad oggi?

MARTINELLI: «Direi che negli ultimi anni guardo di più tre aspetti. Le ore settimanali di allenamento. Poi il TSS (training stress score, ndr), ovvero il carico e l’intensità delle ore di allenamento. Chiaramente un’ora tranquilla non è uguale ad un’ora a tutta. E infatti per questo c’è un ulteriore range, che va da 30 a 100, per parametrare l’intensità di queste ore di allenamento. Infine il terzo aspetto è legato alla critical power, che per me è la chiave di tutto. Ossia vedere che wattaggio puoi tenere su determinati periodi di tempo. Da quello puoi capire se sei performante o meno. Ormai il ciclismo viene calcolato tutto in minuti. Una salita non è più di tot chilometri ma di tot minuti. E su quel tempo devi calcolare la tua prestazione in base ai watt. Il watt non mente mai». 

Una giornata con gli azzurri risolta in 5 centesimi

22.09.2021
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Cinque centesimi. Appena cinque centesimi ci hanno permesso di salire sul podio. I beffati sono stati gli svizzeri. Alla fine quei sorrisi del mattino hanno portato bene. La nazionale dei ragazzi e delle ragazze ce la siamo gustata nell’arco di tutta la giornata. La sgambata della mattina, l’attesa, il riscaldamento, la gara, il podio.

Dopo l’oro di Ganna si torna a casa con un’altra medaglia, un bronzo. Un bronzo prezioso. E un podio misto uomini e donne, in una squadra composta da sei persone è un bel termometro di quel che sta diventando questa specialità in Italia. Non ci si riferisce ad un singolo elemento, al Ganna che fa discorso a sé. Anche se c’è tanto da lavorare. Ma per i discorsi “tecnico-politici” c’è tempo. 

Tra rulli e sgambata

Stamattina Ganna, Elena Cecchini e Marta Cavalli avevano optato per i rulli (con Vasco Rossi a fare da sottofondo), mentre Sobrero, Elisa Longo Borghini ed Affini avevano preferito la classica sgambata. I primi hanno fatto mezz’oretta o poco più, i secondi un’ora. Ma hanno finito tutti più o meno verso le 11. Il tempo di un po’ di relax, un leggero massaggio e alle 12 tutti a pranzo.

Poi le ragazze hanno preso la via di Bruges, visto che era lì che avveniva il cambio, mentre i ragazzi sono rimasti a Knokke-Heist. E verso le 14:30 eccoli arrivare al bus. Dove spariscono per la riunione tecnica. Un ultimo ripasso con Marco Velo.

Riunione e dettagli

«Cosa si dice in una riunione così? Si ripassa quel che si è fatto e visto nelle prove – spiega Velo – Abbiamo provato il percorso due volte. Sostanzialmente si è parlato delle curve da fare. Ce n’erano alcune nuove rispetto alla crono individuale. I ragazzi le hanno provate più volte per verificare la velocità d’entrata. E si è parlato della partenza. Sobrero si sarebbe “occupato” di quelle più strette in fase di avvio. Anche se la prima tirata l’avrebbe data in modo “dolce” Ganna.

«Poi sono professionisti, sanno bene cosa fare. Si parlano in corsa. In ogni caso Ganna e Affini dovrebbero fare trenate di 40” e Sobrero di 20”-30” a seconda delle gambe. L’importante è che diano tutto. Come ha fatto De Marchi a Trento. Quando senti che ti stai per staccare passi in testa e segnali che è l’ultima tirata. Magari è breve ma rialzi un po’ la velocità».

Il primo a scendere al riscaldamento è proprio il campione italiano, Sobrero. Poco dopo lo seguono Ganna e Affini. Ganna chiede una sedia per appoggiarci le borracce mentre esegue i suoi classici 25′ di riscaldamento.

«Sobrero – riprende Velo – scherzando ha detto a quei due giganti: ohi, ditemi quando c’è una curva che dietro di voi non vedo niente! Seguirli non è facile, neanche per me. Soprattutto da quando c’è Pippo che ha alzato l’asticella. Lui in ricognizione segna ogni dettaglio del percorso. L’altro giorno nelle crono individuale avevo due fogli di appunti: curva a destra da fare in posizione; tombino sulla sinistra… ».

Intanto le altre nazionali si recano in partenza. Non lontano dal bus azzurro griffato Vittoria, ci sono i tedeschi. In casa Svizzera invece regna grande silenzio. Mentre gli olandesi e i danesi sono molto lontani dal bus azzurro e hanno due camper più piccoli a supporto. Ma si sa: contano le gambe. I meccanici ci dicono che le bici dei nostri sono identiche a quelle utilizzate nelle crono individuali. Pippo, ha solo cambiato colore e ha preso la Pinarello Bolide “verde coleottero”. Una scaramanzia sostanzialmente ci confida Matteo Cornacchione, il suo meccanico.

Filippo Ganna, Matteo Sobrero ed Edoardo Affini: i tre azzurri hanno siglato il miglior tempo al cambio
Filippo Ganna, Matteo Sobrero ed Edoardo Affini: i tre azzurri hanno siglato il miglior tempo al cambio

Tre siluri su Bruges

Come da copione i nostri due “bestioni”, Ganna e Affini, spingono in modo feroce. Sobrero fa il suo e poi si stacca. Il tempo è preso sul secondo e al cambio di Bruges, quando passano sull’arrivo il colore del cronometro è verde. Italia in testa.

«Sapevamo che sarebbe stata una gara dura – ha detto Ganna – e dovevamo dare il cambio alle ragazze con il maggior margine possibile. Bisogna fare i complimenti a Sobrero che pesa 20 chili meno di me e Affini ed ha fatto una grandissima prova. Senza contare che oggi c’era anche un bel po’ di vento». 

«E’ un piacere avere due compagni di squadra come Pippo ed Edoardo, ma è anche molto difficile tenerli. Sono in grado di produrre velocità altissime e io devo fare un grande sforzo», ha aggiunto Sobrero.

Grinta rosa-azzurra

E poi è toccato ad Elisa, Elena e Marta. E a proposito di pesi leggeri, per loro non sarebbe stato facile con tanta pianura tenere a bada tedesche e olandesi.

«Grande souspence fino alle fine. Siamo riusciti a sopravanzare la Svizzera per pochi centesimi – dice il cittì SalvoldiE’ un premio per tutti. Ragazzi e soprattutto ragazze, perché prendere 2” a chilometro dalle tedesche è come vincere. Le nostre proiezioni ci dicevano che potevano essere anche peggiori. Hanno tirato fuori l’anima. E anche con un pizzico di fortuna è arrivato questo podio. Ci tenevano molto.

«Cinque centesimi è impossibile andarli a “trovare” – riprende Salvoldi – Magari è stata l’ultima pedalata a fare la differenza».

«Difficile dirlo – gli fa eco Elisa Longo Borghini – probabilmente li abbiamo ripresi nella parte finale. Abbiamo fatto una super prestazione». «Io invece – dice Marta Cavalli – sono rimasta super concentrata tutta la gara: posizione, sforzo, quello che dovevo fare… ma quando siamo rimaste in due ho sentito la responsabilità di tagliare il traguardo insieme ad Elisa». «Sapevamo che c’erano 3-4 squadre più forti di noi – ha chiuso Elena Cecchini – Ma siamo contenti e questi ci sprona a dare sempre di più e a lavorare in questa disciplina. E poi credo al karma, due anni fa abbiamo forato, stavolta è andata bene a noi».

Black out Olanda, bronzo Italia, oro pazzesco per Kiesenhofer

25.07.2021
6 min
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Sarebbe cambiato qualcosa se Annemiek Van Vleuten avesse saputo che là davanti c’era ancora Anna Kiesenhofer? Avrebbero inseguito in modo più organizzato ed incisivo? Probabilmente sì. Quando corri senza radioline e se le lavagne in strada non sono infallibili o tu non ci presti attenzione, cose del genere possono succedere. Nella corsa scombinata delle olandesi, a ben vedere l’errore più marchiano è stato non rendersi conto che là davanti fosse rimasta proprio l’atleta della prima fuga. Colei che l’aveva ispirata in partenza e di lì a 137 chilometri l’avrebbe portata vittoriosamente a temine.

«Non lo sapevo – ha detto l’olandese rendendosi conto che il suo festeggiare sulla riga entrerà nella gallery delle gaffe – ho sbagliato. Non lo sapevo».

Le ha fatto eco di lì a poco la collega di nazionale Anna Van der Breggen, campionessa uscente: «Non lo sapevo neppure io – ha detto – quando Plichta e Shapira sono state riprese, pensavo stessimo correndo per l’oro».

Olanda confusa

Tutte aspettavano loro, non c’è da meravigliarsi che le abbiano lasciate fare. Con la fuga di Kiesenhofer, Carla Oberholzer, Vera Looser, Omer Shapira e Anna Plichta che è arrivata ad avere anche 11 minuti di vantaggio, le arancioni si sono messe a fare un’insolita melina. Quando però è stato chiaro che il rischio si stesse facendo troppo alto, Anna Van der Breggen ha dato il primo segnale di risveglio, anche se per aspettare la Van Vleuten caduta, la squadra dei Paesi Bassi ha dovuto rialzarsi. I successivi 13 chilometri di stanca hanno dato probabilmente la prima svolta alla corsa. E se davanti la fuga si andava assottigliando, non sono stati gli scatti di Vollering, poi ancora Van der Breggen e infine di Van Vleuten a darle il colpo di grazia. Con il risultato che Anna Kiesenhofer è transitata sul traguardo sfinita e incredula, mentre Annemiek Van Vleuten e la splendida Elisa Longo Borghini si sono aggiudicate argento e bronzo. Avrebbero corso diversamente le ragazze olandesi, sapendo che davanti c’era ancora l’austriaca? Probabilmente sì.

Grande cuore Longo

Elisa si è mossa quando ha capito che stavolta l’affondo della Van Vleuten era giusto per andare al traguardo. Mentre le ragazze erano impegnate nel Giro d’Italia Donne, vinto il Fiandre e la Valenciana, Annemiek era uscita dai radar. Veniva però avvistata quotidianamente sullo Stelvio, con tanto di allenamenti assieme ai professionisti che le capitava di incontrare. I racconti da Livigno avevano prodotto il fondato timore che a Tokyo sarebbe stata imprendibile.

«Ho corso più di cuore che di gambe – racconta Longo Borghini, arrivata a 14 secondi dall’olandese – oggi ho sofferto particolarmente per il caldo. Le olandesi hanno lasciato sfuggire questa ragazza austriaca a cui vanno i miei complimenti. Non ho capito la loro tattica, ma ho pensato a fare la mia corsa. La responsabilità dell’inseguimento era delle olandesi, non certo mia o di Marta (Cavalli, ndr) che non siamo veloci. La mia continuità di rendimento? L’avevo spiegato anche alla vigilia: io lavoro, metto giù la testa e faccio sacrifici che a volte vengono ripagati. Oggi va bene così, va molto bene! Nel finale Van Vleuten ci ha provato di nuovo e io non sono riuscita a tenerla. Questo risultato è frutto del tanto lavoro, sono abituata fare così. La medaglia è per la mia mamma, il mio papà, mio fratello, i miei nipoti e il mio fidanzato. Perché abbiamo fatto tanti sacrifici insieme e loro non mi lasciano mai sola».

Marta Cavalli, 23 anni, 8ª al traguardo nel gruppetto della Vos
Marta Cavalli, 23 anni, 8ª al traguardo nel gruppetto della Vos

Conferma azzurra

La tattica delle italiane, che sono riuscite a piazzare Marta Cavalli fra le prime dieci, ha funzionato meglio di quella adottata ieri dagli uomini di Cassani.

«L’Italia ha gareggiato con lucidità e pazienza – ha detto il cittì Salvoldi – in una corsa particolare come l’Olimpiade. Noi abbiamo raggiunto il nostro obiettivo. Ci sarà una squadra piuttosto rammaricata questa sera. Brava alla vincitrice Kiesenhofer che non ha rubato nulla. Noi siamo felici di esserci confermati».

Anche in questo caso, il riferimento all’Olanda è palese. Va detto che il risultato delle arancioni è stato migliore del nostro, ma certo se parti per riempire il podio, non sarà certo l’argento di van Vleuten a poterti bastare.

Cavalli fra le 10

Marta Cavalli si è divertita. Dalle sue parole traspare anche questo, come è possibile divertirsi nelle prime Olimpiadi della carriera ad appena 23 anni. Era lei, dopo la Longo, la più forte in salita e si è ben difesa.

«Correre questa gara – ha commentato – è stata un’emozione indescrivibile. La mia preparazione non è andata proprio liscia: ho avuto qualche intoppo e questo ha messo in dubbio la mia convocazione. Fortunatamente Dino Salvoldi e la nazionale hanno avuto fiducia in me, permettendomi di vivere questo sogno a 23 anni. Nonostante la mia gara non sia stata eccellente rimango soddisfatta. Aver portato a casa una medaglia con Elisa è un valore aggiunto: il livello qui è altissimo e il risultato ci ripaga di tutto. Me la sto godendo fino all’ultimo».

Sul podio al centro del circuito, Anna Kiesenhofer davani a Van Vleuten e Longo Borghini
Sul podio al centro del circuito, Anna Kiesenhofer davani a Van Vleuten e Longo Borghini

Bastianelli gregaria

Marta Bastianelli è stata a lungo additata per la sua convocazione, subendo battute poco simpatiche. Lei avrebbe dovuto fare la volata in caso di arrivo di gruppetto alle spalle dell’olandese di turno. Invece ha lavorato con grande generosità per la Longo Borghini e ne rivendica il peso.

«Una bella gara – commenta – e sono veramente felice per il risultato di squadra. Visto come si era messa la corsa non pensavamo nemmeno più di riuscire a finalizzare il lavoro nel migliore dei modi. Il caldo non ha aiutato: ci ha spente un po’ nel finale dopo aver sofferto molto. Abbiamo però visto quanto Elisa stesse bene, cercando di portarla avanti verso lo strappo dove poi lei ha attaccato, dando il massimo per rimanere unite. E’ stata un’esperienza anomala, sia per quanto riguarda il contesto del Villaggio sia per come poi è andata la corsa. Siamo rimaste tutte sorprese dalla fuga, ma avevamo bene in mente che l’Olanda fosse la squadra da battere, per cui dovevamo solo rimanere unite e giocarcela nel circuito ».

Fatica Paladin

L’altra debuttate di casa azzurri era Soraya Paladin, che dopo la convocazione si era un po’ eclissata, al punto da farci credere che si stesse preparando al meglio lontana dai riflettori, mentre forse la rincorsa alla maglia azzurra l’aveva logorata oltremodo.

«Non stavo benissimo – ha detto – quindi ho cercato di mettermi a disposizione delle compagne, nettamente più in forma di me. Quando ho tagliato il traguardo e ho visto il terzo posto di Elisa è stata un’emozione incredibile. Se lo merita. Correre un’Olimpiade è bellissimo perché quando crei così tanto entusiasmo è sempre un onore e un orgoglio».

Stasera per Elisa Longo Borghini non mancherà un passaggio a Casa Italia, poi però sarà di nuovo tempo di rimettersi a testa bassa per cercare nuova concentrazione. La cronometro infatti bussa già alla porta.

Al Giro d’Italia Donne una Cavalli in cerca di obiettivi

04.07.2021
5 min
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Marta Cavalli è stata ieri a Prato Nevoso la prima italiana al traguardo. Quarta a 1’53” dalla Van der Breggen. Di lei aveva parlato nei giorni scorsi Dino Salvoldi, dicendo che se si riprenderà dagli acciacchi degli ultimi tempi, potrebbe essere una delle quattro titolari per Tokyo. Una… robina da poco, insomma, anche se in realtà la prospettiva le toglie vagamente il sonno. Lei se la ride, ma la tensione sta salendo. E’ tutto un fatto di obiettivi. E il piazzamento di ieri si potrebbe dunque leggere in quest’ottica, al centro della prima stagione con la Fdj-Nouvelle Aquitaine, in cui avrebbe dovuto soltanto imparare, ma sta bruciando le tappe, con una serie di risultati che davvero lasciano ben sperare.

Alla presentazione delle squadre, la Fdj Nouvelle Aquitaine di Marta Cavalli, la 3ª da destra
Alla presentazione delle squadre, la Fdj Nouvelle Aquitaine di Marta Cavalli, la 3ª da destra
Complimenti, ma andiamo con ordine: quali acciacchi hai avuto?

Grazie, ma c’è l’imbarazzo della scelta. Praticamente da dopo il Fiandre non ho più trovato non tanto la condizione, quando piuttosto la continuità. Poi mi è venuto fuori il problema al ginocchio in Belgio. Quindi sono caduta in Spagna. E alla fine, prima dei campionati italiani, è saltato fuori un virus intestinale che mi ha debilitato non poco. Perciò sono al Giro d’Italia Donne senza obiettivi precisi, soprattutto non sapendo nulla delle Olimpiadi.

Cosa c’entrano le Olimpiadi?

Se sapessi di andare, mi metterei l’anima in pace e il Giro potrebbe essere un ottimo blocco di lavoro. Mi preme assolutamente far sapere al cittì e a chi segue questo sport che ci metto tutta me stessa nella preparazione e negli allenamenti. Poter avere chiari i propri obiettivi aiuta però a lavorare meglio.

Il segnale di ieri è comunque incoraggiante, no?

Decisamente, dopo che il Giro era cominciato con un altro po’ di sfortuna. Nella cronosquadre ho bucato e per non perdere terreno, mi hanno lasciata indietro e ho perso 2’12”. Adesso si tratta di recuperare tappa dopo tappa. Anche perché sempre durante la crono la nostra leader, Cecilie Ludwig, è caduta, abbiamo beccato un ritardo di 1’46” e lei ha passato la serata in ospedale.

Come sta?

Adesso bene. Temeva di aver rotto la clavicola, solo che per fare tutti gli esami non ha potuto fare defaticamento dopo la crono, quindi è arrivata alla prima tappa di montagna un po’ in affanno (il ritardo della danese è stato di 5’53”, ndr).

Cosa ti pare di questa prima parte di stagione?

E’ vero che stanno venendo dei risultati migliori delle aspettative, ma questo non fa cambiare gli obiettivi, il team non ha alzato le pretese. Dopo la Course by LeTour, in cui non sono andata tanto bene (Marta si è piazzata 13ª a 8”, ndr), mi hanno detto che non era assolutamente un problema e che sono qui per imparare.

Ieri hai perso dalla Van der Breggen: lei davanti agilissima, tu dietro un po’ più dura: cosa ti manca per raggiungere quel livello?

Credo che sia una differenza soprattutto di maturazione fisica. Tecnicamente siamo simili. Anna non ha una progressione violenta, non è una scalatrice. Accelera e poi fa la differenza col passo, come me, facendo ovviamente le debite proporzioni. Lei ha 31 anni, io ancora 23 e so di dover crescere tanto anche atleticamente. Per fortuna a fine anno smetterà…

Nelle fasi di avvicinamento alla salita finale, era chiaro che avesse nelle gambe la forza giusta
Nelle fasi di avvicinamento alla salita finale, era chiaro che avesse nelle gambe la forza giusta
In realtà dice che lo farà dopo Tokyo ed è strano, con il mondiale in Belgio.

Ma infatti vedrete che si farà convincere…

La tappa di ieri era fra quelle cerchiate di rosso?

La prima di questo Giro, confermo. Poi è molto bella quella che fa il giro del lago di Como, sulla quale mi dicono che puntino in tante. Infine la penultima sul Matajur, anche quella ha un bel cerchio.

Tempo fa si parlava con il tuo ex tecnico Arzeni alla Valcar del fatto che per migliorare in salita tu abbia perso un po’ di spunto. Te la sentiresti di andare a Tokyo e garantire di poter fare la tua volata oppure, seguendo il ragionamento di Salvoldi, vedresti bene una Bastianelli in squadra?

Potrebbe essere, casomai andassi, la mia prima Olimpiade. Certo, se la corsa si mettesse in un certo modo, potrei buttarmi anche in volata. Però è vero che un po’ di spunto l’ho perso e che una come Marta è molto veloce dopo una corsa dura. Per cui per avere la sicurezza, lei sarebbe la carta giusta.

Brava Cavalli, ma dietro potevate tirare di più?

05.04.2021
4 min
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Alla fine del Fiandre delle donne, in Marta Cavalli ha prevalso la soddisfazione, piuttosto che la sensazione che forse si sarebbe potuto fare di più e che in qualche modo la Van Vleuten si poteva riacciuffare.

Nella mix zone di Oudenaarde la portacolori della Fdj Nouvelle Aquitaine ha lo sguardo stanco ma sincero ed effettivamente questa soddisfazione traspare. Tassello dopo tassello la cremonese sta crescendo. Si sta ritagliando un posto nel ciclismo internazionale e questo è quello che conta. Magari fra un anno sarà lei ad alzare le braccia al cielo su questo prestigioso arrivo.

Il via della gara femminile è stato veloce. Poi la corsa è esplosa sui muri
Il via della gara femminile è stato veloce. Poi la corsa è esplosa sui muri

Partenza in sordina

E al Fiandre Marta ci teneva. Nei giorni che precedevano la gara aveva provato il percorso ben tre volte, sapeva che la condizione era buona.

«Se non quasi al massimo – aggiunge lei – sapevo che le gambe mi avrebbero sostenuta e così è stato. Sui primi muri, in particolare sul Kanarieberg, non ero ben posizionata e ho dovuto faticare un po’ di più per non farmi scappare il gruppo di testa. Poi per fortuna hanno rallentato, però questa sgasata mi è servita per sbloccare un po’ la gamba.

«Questa è una gara tutta di un fiato. Quando si entra negli ultimi cinque muri poi non c’è più tempo per respirare. Sono molto soddisfatta, perché è sempre un’emozione essere davanti con questi nomi. Mi spiace solo che nell’ultimo periodo ho perso un po’ il mio spunto veloce perché dovendo lavorare per resistere in salita è normale che accada. E senza il mio sprint non sono riuscita a portare a casa un risultato migliore, che poteva essere un podio. Se la metto così mi spiace veramente tanto».

Chi tirava dietro?

La Cavalli parla di podio e dell’amaro in bocca per non essere riuscita ad agguantarlo, però il drappello che inseguiva la Van Vleuten non si è giocato le carte al meglio. Perché essendoci due team che avevano due donne non ne hanno messa una a tirare pancia a terra? Tra l’altro uno dei team in superiorità numerica era proprio il suo.

«Abbiamo provato a metterci d’accordo e a sacrificare una ragazza ciascuno. Io avevo la mia compagna, Cécile Ludwig. La devo ringraziare di cuore, perché si è messa a disposizione, ha tirato, ha dato l’anima per provare a chiudere su Annemieck, ma purtroppo non ce l’abbiamo fatta. La Van Vleuten è rimasta sempre lì davanti a una decina di secondi: sembravano pochi, alla fine sono stati tanti.

«Lei si doveva sacrificare, questa era la nostra tattica. Ma anche io ho dovuto dare qualche cambio perché serviva anche collaborazione. Si poteva arrivare allo sprint per il primo posto, quindi qualche tirata era giusto darla».

Marta Cavalli (23 anni) tornerà in Belgio per le Ardenne (foto Instagram)
Marta Cavalli (23 anni) tornerà in Belgio per le Ardenne (foto Instagram)

Cavalli nelle Ardenne

Eppure la sensazione che in quel drappello non fossero a tutta nel dare la caccia alla Van Vleuten ce l’abbiamo avuta e infatti la Cavalli lo ammette.

«Non eravamo proprio a tutta, a tutta – dice – delle sette ragazze del gruppetto in due non tiravamo o lo facevamo poco, perché avevamo la compagna a disposizione. E un’altra, Elisa Longo Borghini, era in coda e non tirava ovviamente. Non essendo lei allo sprint tra le più veloci, voleva salvare un po’ la gamba o magari tentare un attacco. Alla fine erano solamente quattro ragazze che spingevano “sotto controllo”, contro una campionessa così in forma. Era difficile chiudere oggi, peccato perché avevo sensazioni migliori rispetto alla Strade Bianche. Lì ero un po’ troppo tesa mentalmente. E questo non mi ha permesso di recuperare, quindi già dopo qualche muro e qualche strappo, ero in difficoltà. A Siena ho corso più col cuore, qui più con le gambe. Per questo mi porto a casa una grande soddisfazione personale. E comunque ho ancora qualche anno per tornare a lavorare sul mio sprint e puntare a certe gare. L’importante, secondo me, in questo momento è stato arrivare davanti».

Certo che avrà tempo Marta Cavalli di crescere e puntare in alto. Ha solo 23 anni. Intanto dopo molti giorni al Nord tornerà a casa per qualche settimana.

«Avrei dovuto correre la Roubaix, però purtroppo non si farà. Tornerò qui in Belgio per correre le Ardenne, farò tutto il trittico: Amstel, Freccia e Liegi e poi faremo i conti».

Le lacrime di Marta Cavalli: «Non sogno, è tutto vero!»

06.03.2021
3 min
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Andata a rileggervi l’intervista di Marta Cavalli di qualche settimana fa, dove dice che le viene sempre da ridere e poi guardatela adesso, dopo l’arrivo, piena di polvere e con le lacrime agli occhi. Ottava al traguardo, dopo aver lottato per il podio. Ventidue anni, nove in meno della ragazza che ha vinto. Un massaggiatore le pulisce il viso, ma le gambe sono ancora sporche come la sua Lapierre. E proprio guardando com’è ridotta la bici, pensi alla polvere che hanno respirato le ragazze. Marta intanto riprende il controllo, ma sarà duro, perché ha l’emozione che spinge per uscire. E allora capisci che il salto nel vuoto per andare in Francia, che inizialmente poggiava sull’entusiasmo e la curiosità, aveva bisogno di questo tipo di conferme. E adesso che la conferma è venuta, si può anche lasciare un po’ andare la tensione.

In Piazza del Campo si recupera, si commenta e si pensa alla prossima sfida
In Piazza del Campo si recupera, si commenta e si pensa alla prossima sfida
Non ridi più?

Sto vivendo delle bellissime emozioni (ora ride, ndr). Ero tesa, perché ci tenevo e ora sono emozionata. Era la seconda corsa con la nuova squadra e loro non fanno passare giorno senza sottolineare quanto ci tenessero ad avere un’atleta italiana. Perché in queste corse ci mettiamo il cuore. Anche per loro la Strade Bianche era una corsa importante e siamo venuti per fare il miglior risultato possibile. Sono partita con più testa che gambe e alla fine sono riuscita a fare la corsa con la testa.

Una corsa dura…

Una gara tosta fino agli ultimi chilometri, che non molla mai. Ma mi sto trovando molto bene, perché ci siamo arrivate senza pressione e così i risultati arrivano meglio. Ricevere i complimenti e sentire tanta fiducia mi fa capire che credono davvero in me e mi conferma di aver trovato il posto giusto per crescere nei prossimi anni.

Eppure per un po’ ti abbiamo visto indietro.

Sono rimasta attardata nell’ultimo settore e ho dovuto fare un fuorigiri per restare con le prime. A quel punto ho avuto bisogno di tirare un po’ il fiato per riprendermi.

Dopo l’arrivo, Marta ha sfogato la sua emozione con le compagne e poi con le lacrime durante le prime interviste
Dopo l’arrivo, Marta ha sfogato la sua emozione con le compagne e poi con le prime interviste
E dopo aver recuperato, hai attaccato…

La squadra alla radio continuava a dirmi: «Go Marta, go Marta, possiamo vincere!». E a quel punto con il pochissimo che mi era rimasto, ho provato a onorare questa maglia e questa corsa.

La voce si rompe ancora, ma stavolta le lacrime restano negli occhi. La chiamano perché raggiunga le compagne. Seconda gara WorldTour alle spalle. Nona all’Het Nieuwsblad, ottava alla Strade Bianche. Il lavoro degli anni scorsi alla Valcar&Travel Service sta dando ottimi frutti. Il bello di questa emozione è che c’è ancora tanto da raccontare.