Juniores: la corsa all’oro che non fa bene ai ragazzi

10.09.2024
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TERRE DI LUNI –  La nostra presenza alla 48ª edizione del Giro della Lunigiana ci ha permesso di vedere ancor più da vicino e per più giorni il mondo degli juniores (in apertura foto Duz Image / Michele Bertoloni). Da tanto tempo questo spiraglio di ciclismo ha acquisito un’importanza sempre maggiore, diventando, a tutti gli effetti, la categoria di riferimento. Da qui i team, WorldTour e non, prendono i migliori ragazzi con l’intento di farli crescere attraverso i loro vivai. Succede però che il meccanismo porta alla ricerca costante dell’oro e, come succede con il nobile metallo, il rischio è quello di scavare sempre più a fondo. 

Paul Seixas, Lorenzo Finn i due nel 2024 hanno corso con i devo team di Bora e Decathlon AG2R
Paul Seixas, Lorenzo Finn i due nel 2024 hanno corso con i devo team di Bora e Decathlon AG2R

Tutto subito

Sono nati così dei team satellite o development anche tra gli juniores. La Bahrain Victorious ha il Cannibal Team, la Bora ha la Grenke Auto Eder e la Decathlon ha il team U19 dal quale ha tirato fuori gli ultimi due vincitori del Lunigiana: Bisiaux e Seixas. 

Alla presentazione delle squadre a Lerici, in occasione dell’inizio del Giro della Lunigiana, lo aveva sottolineato Dmitri Konychev. L’ex campione russo ha ricordato quanti ragazzi a 14 anni sembrano dover spaccare il mondo per poi fermarsi alla prima difficoltà. Con lui sul palco c’era anche Stefano Garzelli, che in Spagna ha gestito un team juniores, per poi arrivare a chiuderlo a fine 2023. 

«Per me si tratta di un movimento molto preoccupante – spiega Garzelli – perché i devo team andranno a prendere gli juniores migliori. E ora si tratta di avere 8 ragazzi, magari in futuro arriveranno a 10 e 12. L’ambizione di un ragazzino è di andare a correre lì perché pensa di essere già arrivato, pensa di essere già un campione, forse. Ma non tutti questi passeranno professionisti, magari ora sì perché i team sono pochi. Ma in futuro aumenteranno e le possibilità diventeranno sempre meno. Il rischio è che poi i ragazzi vedano come un fallimento il mancato passaggio trasformandolo in un “non sono bravo”. Saranno pronti a metabolizzare questo fatto? Credo di no, semplicemente smetteranno di correre».

Finn e Seixas ogni giorno hanno distrutto record e tempi di scalata (Foto Duz Image / Michele Bertoloni)
Finn e Seixas ogni giorno hanno distrutto record e tempi di scalata (Foto Duz Image / Michele Bertoloni)

Ricerca anticipata

Si fa presto a capire che la corsa è agli allievi, categoria che precede gli juniores. Ragazzini trattati come campioni o addirittura fenomeni, con bici e divise uguali a quelle del team professionistico. Una stretta cerchia di ragazzi che vivono come i grandi, ma che tali non sono. Vanno forte, lo si vede sulle strade, all’ultimo Giro della Lunigiana Lorenzo Finn e Paul Seixas hanno disintegrato ogni tempo di scalata degli anni precedenti. Ma sono pronti a vivere e subire delle pressioni che rischiano di farli arrivare stanchi del ciclismo a 18 anni?

«Ho parlato con un team manager di una squadra juniores – continua Garzelli – e già ragionava del 2026. Mi diceva che deve cercare tra gli allievi altrimenti rischia di non fare più la squadra. Se il meccanismo è questo, tra un po’ andremo a prendere gli esordienti. Il rischio è che tra 7-8 anni non avremo più una base, ma se non hai niente sotto come fai a costruire sopra?».

La preoccupazione di Garzelli, al Lunigiana per il commento tecnico, è che i ragazzi siano già al massimo delle prestazioni (Foto Duz Image / Michele Bertoloni)
La preoccupazione di Garzelli, al Lunigiana per il commento tecnico, è che i ragazzi siano già al massimo delle prestazioni (Foto Duz Image / Michele Bertoloni)

Accecare i ragazzi

Il problema è che un meccanismo simile porta i ragazzi a pensare che la realtà delle cose sia diversa. Uno junior vuole a tutti i costi entrare in un devo team altrimenti pensa di aver fallito. 

«In Spagna – prosegue Garzelli – in gruppo i ragazzi dicono che ormai tra gli juniores o passi in una devo o sei finito. E’ la cosa più sbagliata del mondo. E il rischio è di distruggere tutte le squadre juniores nazionali, perché alcuni ragazzi preferiscono smettere piuttosto che continuare nelle squadre “normali”. Ma non tutti hanno gli stessi tempi di crescita e in una squadra più piccola ti lasciano il tempo di maturare. I talenti, Lorenzo Finn ad esempio, la strada la trovano comunque. Noi dobbiamo lavorare sui ragazzi che hanno numeri minori con un’attività dedicata per permettergli di crescere. Chi corre nella squadra satellite di una WorldTour ha tutto: preparatore, nutrizionista, mezzi migliori. Ma quali sono i suoi margini di crescita? Molto pochi o probabilmente nessuno. Se da junior mi alleno già 26 ore, da professionista quante ne devo fare, 40?».

Dopo i grandi successi ottenuti nel 2024 è bastato un Avenir sotto tono per far vacillare la fiducia di Widar (qui a destra)
Dopo i grandi successi ottenuti nel 2024 è bastato un Avenir sotto tono per far vacillare la fiducia di Widar (qui a destra)

Saper perdere

E’ voce di queste settimane che Jarno Widar, belga del Lotto Dstny Development Team, sia in rottura con la squadra dopo la delusione del Tour de l’Avenir. Il belga, al primo anno da under 23, ha vinto in ordine: Alpes Isere Tour, Giro Next Gen e Giro della Valle d’Aosta. Un bottino che difficilmente abbiamo visto raccogliere a un ragazzo di 18 anni al primo anno della categoria. Eppure lo scricchiolio del Tour de l’Avenir sembra aver rotto il quadro e la sua cornice. E’ vero che quando si vede la torta sul tavolo la voglia è di mangiarla tutta, ma bisogna anche sapersi accontentare e mangiarne qualche fetta. 

«Se non hai margini di crescita – prosegue Garzelli – quando passi non ottieni più gli stessi risultati. Perché ora stai dando tutto e allora vai avanti, ma poi non avrai più niente da dare e il livello sarà talmente alto che per forza troverai gente che ha i tuoi stessi valori o maggiori. Per questo bisogna imparare a perdere, meglio, a gestire la non vittoria. Widar è un esempio, non ha saputo gestire la sconfitta dell’Avenir e al posto che rimboccarsi le maniche e ripartire, ha voltato le spalle alla squadra».

Mentalità vincente

I ragazzi che vediamo darsi battaglia sulle strade delle corse internazionali e non, stanno imparando a gestire la gara, a vincere, creandosi una mentalità improntata a questo. Ma cosa succede se una volta passati smettono di farlo?

«Gli atleti corrono e lo fanno con in testa la vittoria – conclude – ed è giusto che sia così. Però servono degli step. Uno junior che passa professionista e fa gruppetto per tutto il primo anno e magari anche al secondo, rischia di perdere la mentalità vincente. Markel Beloki, figlio di Joseba, è passato dagli juniores alla EF Easy Post e per tutto il 2024 non ha mai visto la testa del gruppo. La capacità di gestire determinate situazioni in corsa la perdi dopo un po’. Invece se da junior vinco, poi passo under 23 e mi metto ancora in gioco e così via, mentalmente mi mantengo sul pezzo.

«La mia preoccupazione deriva dal fatto che l’Italia non ha squadre WorldTour. Questo vuol dire che il ragazzo forte va all’estero e che la squadra straniera tuteli i suoi talenti di casa. Rischiamo di perderli. Bisogna ricordare ai ragazzi che il loro bene passa anche da chi li tutela, non solo da chi fa promesse».

La Colombia al Lunigiana: la nazionale riparte dai giovani

09.09.2024
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LERICI – Il primo giorno al Giro della Lunigiana è quello della presentazione dei vari team. La sera nella piazzetta di Lerici, affacciati sul mare, sfilano i ragazzi che si daranno battaglia sulle strade di Liguria e Toscana. Tra le tante nazionali invitate c’è anche quella della Colombia, l’unica formazione ad arrivare da così lontano (in apertura foto Duz Image / Michele Bertoloni). I ragazzi della formazione sudamericana si trovano in Europa da qualche mese, sono venuti fino a qui per imparare a correre in competizioni di primo livello. Il team manager della formazione è John Gutierrez, vive in Spagna e il ciclismo lo mastica da parecchio tempo. A lui la Federazione Colombiana ha affidato il compito di lavorare con i giovani e valorizzarli.

«Il Ministero dello sport – racconta John Gutierrez – mi ha chiamato dicendomi che voleva farmi manager del progetto, che coinvolge tre squadre nazionali: juniores, elite/under 23 e femminile. I grandi hanno fatto diverse esperienze in Spagna, Francia, Polonia e qui in Italia. Serviva una persona che conoscesse bene il mondo del ciclismo e quindi è toccato a me mettere insieme tutto. Ho corso fino a juniores, poi una volta smesso sono stato sponsor di diverse squadre giovanili, mi piace formare i ragazzi e insegnarli qualcosa».

Ambientarsi

Attraversare l’Oceano per venire a correre in Europa è un grande passo da fare, ma necessario. Il ciclismo si evolve e cresce velocemente, i ragazzi devono imparare presto quali sono le caratteristiche da apprendere per correre tra i grandi. Prima delle gare, però, c’è da ambientarsi e trovare i propri ritmi. Non è facile farlo a 17 o 18 anni, soprattutto dall’altra parte del mondo.

«E’ stato un cambiamento totale per i ragazzi – ammette il loro team manager – a partire dal fuso orario fino ad arrivare al cibo. Ci hanno messo un po’ per adattarsi, tra i 15 e i 20 giorni, ma ora stanno bene. La cosa “brutta” è che ora devono tornare a casa, iniziavano a stare bene qui in Europa (dice ridendo, ndr)».

Durante la presentazione delle squadre un veloce scambio di battute (Foto Duz Image / Michele Bertoloni)
Durante la presentazione delle squadre un veloce scambio di battute (Foto Duz Image / Michele Bertoloni)
I ragazzi come sono stati selezionati?

Abbiamo scelto i profili migliori del nostro Paese, anche perché il Giro della Lunigiana è il Tour de France degli juniores. Basta guardare ai nomi che hanno vinto anche solo una tappa su queste strade. C’è il top del ciclismo mondiale, stiamo parlando di Pogacar, Evenepoel, Mohoric, solo per dirne alcuni.

Che esperienza è stata per loro correre in Europa?

Meravigliosa, tutti i ragazzi che corrono in bici in Colombia vogliono arrivare in Europa. Qui il livello è il più alto al mondo. Il ministero dello sport ha fatto un investimento davvero importante per questi giovani. All’inizio è stato difficile, perché non conoscevano gli avversari e la competizione è alta, serve essere parecchio agguerriti per stare in testa. Finiremo la nostra esperienza qui con il Trofeo Buffoni e poi torneremo a casa con un bagaglio pieno di esperienze. Speriamo in questi ultimi giorni di portare a casa anche qualche risultato.

Prima del Lunigiana una tappa in Lombardia al Trofeo Vertova e Paganessi
Prima del Lunigiana una tappa in Lombardia al Trofeo Vertova e Paganessi
Venire qui da juniores è dettato anche dai tempi del ciclismo moderno?

Ormai non ha senso aspettare che siano under 23 o elite. E’ bene venire qui da giovani così imparano a fare tutto.

Cosa avete visto confrontandovi con i rivali europei?

C’è da migliorare e crescere, ma non solo i ragazzi, anche la Colombia stessa sia come staff che come strutture. Il nostro Paese ha perso un pochino il passo rispetto agli anni precedenti. Ci sono tanti corridori professionisti ma non perché si sta lavorando alla base, spiccano per loro qualità individuali.

Una decina di corridori selezionati dalla federazione sono partiti alla volta dell’Europa
Una decina di corridori selezionati dalla federazione sono partiti alla volta dell’Europa
Manca il lavoro di costruzione?

E’ quello che stiamo cercando di fare ora. Il primo passo è stato fatto e vedremo più avanti. L’obiettivo sarebbe quello di avere una struttura fissa in Europa, come si faceva un tempo.

L’investimento iniziale però c’è stato, immaginiamo che i costi siano stati elevati per venire qui diversi mesi.

Il Ministero ha fatto quel che ha potuto ed è tanto. Il volo, l’alloggio, il cibo, la logistica… Insomma, vivere due mesi qui non è gratis (ride, ndr). Non avendo una struttura fissa siamo stati in hotel ogni volta, spostandoci in base alle corse. Questo è il mio lavoro, occuparmi di tutto e dare il giusto supporto ai ragazzi. In passato non si è sempre lavorato in maniera così metodica, per questo abbiamo perso tempo e soldi. Ora abbiamo voglia di ricostruire.

Lunigiana atto finale: a Finn la tappa, a Seixas la maglia verde

07.09.2024
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TERRE DI LUNI – Il terzo round della sfida che ci ha accompagnato per tutto il Giro della Lunigiana lo vince Lorenzo Finn. La prima vittoria di tappa dopo due partecipazioni per il ligure che ha provato a vincere la Corsa dei Futuri Campioni in entrambe le edizioni (in apertura foto Duz Image / Michele Bertoloni). Sulla sua strada però si è sempre trovato davanti un corridore francese. Nel 2023 era stato Leo Bisiaux a toglierli la vittoria, mentre quest’anno ci ha pensato Paul Seixas a rovinargli i piani. Il ligure della Grenke Auto Eder ha attaccato sia ieri che oggi, ma non è riuscito a scalfire la leadership di Seixas.  

«L’anno scorso – analizza Finn – non ero riuscito a vincere una tappa, quest’anno sì e questo mi rende sicuramente felice. Riconfermare il podio e vincere una tappa sono un ottimo risultato. Chiaro che vincere la generale sarebbe stato meglio ma ripeto che non ho rammarichi».

La differenza nei dettagli

In salita Finn e Seixas hanno viaggiato di pari passo per tutti e tre i giorni di gara, uno attaccato all’altro, inseparabili. Solo il muro di Bolano ha creato una piccola crepa, di due secondi a favore del francese. Per il resto la differenza l’hanno fatta gli abbuoni. Seixas ne ha accumulato 20 secondi sui vari traguardi, Finn 16.

«Ho fatto due attacchi sugli ultimi due passaggi di Montemarcello – spiega – a tutta. Non ho rammarichi perché ci ho sicuramente provato. Fare di meglio era impossibile, ho spinto con tutte le energie che avevo in corpo. Eravamo allo stesso livello».

«Lottare contro Finn è stato molto difficile – fa eco Seixas – è molto bravo in salita, forse in quelle con maggiore pendenza sono leggermente più forte io. Infatti, la differenza per vincere questo Lunigiana l’ho fatta su rampe molto ripide come a Bolano. Ma un giorno è così e l’altro può accadere il contrario. In generale penso che siamo sullo stesso livello».

In salita il livello tra i due è stato pari, la differenza l’hanno fatta gli abbuoni (Foto Duz Image / Michele Bertoloni)
In salita il livello tra i due è stato pari, la differenza l’hanno fatta gli abbuoni (Foto Duz Image / Michele Bertoloni)

Un altro francese

Paul Seixas succede a Leo Bisiaux e a Lenny Martinez per la terza vittoria francese nelle ultime cinque edizioni del Giro della Lunigiana.

«E’ una bella sensazione – racconta – prendere in eredità la maglia verde da Leo Bisiaux e Lenny Martinez. Vedere un mio ex compagno di squadra vincere questa corsa mi ha motivato tanto per provarci a mia volta. Il percorso era leggermente diverso nel 2023, forse meno duro».

Paul Seixas e Leo Bisiaux hanno condiviso la maglia della AG2R Citroen U19 l’anno scorso, ma non solo. Entrambi, infatti, sono impegnati nel ciclocross. Alla domanda se seguirà le orme del vecchio compagno di squadra risponde così: «Non so ancora cosa farò in futuro, sicuramente correrò meno nel cross visto che passerò under 23. Voglio concentrarmi al meglio sulla strada perché l’impegno sarà maggiore. Non ho ancora deciso se proseguirò con la Decathlon AG2R o meno, sarà una cosa che vedremo dopo il mondiale. E’ una situazione difficile della quale non posso parlare ora».

Verso il mondiale

Tutti i protagonisti di questo Giro della Lunigiana li rivedremo a breve sulle strade di Zurigo pronti per darsi battaglia e conquistare la maglia iridata. Una serie di pretendenti al titolo iridato che solamente sfogliarlo fa venire il mal di testa. Nell’osservarli da vicino, però, sembra che la storia sia un capitolo a due: Finn e Seixas.

«Questa bella vittoria – dice il francese – è la dimostrazione che la condizione è davvero buona. Mi sono sentito sempre meglio giorno dopo giorno. Sono davvero felice di aver vinto qui, è molto buono per la mia forma e per avere la giusta confidenza nei miei mezzi. Finn e io probabilmente lotteremo anche per il mondiale, ma ci sono davvero tanti pretendenti alla maglia iridata. Quest’anno ho vinto tutte le corse di un giorno alle quali ho preso parte (tra cui la Lieigi-Bastogne-Liegi juniores, ndr). Il mondiale è una corsa tanto diversa dalle altre, ma spero di arrivare con la giusta condizione per puntare al podio».

Anche per Finn si avvicina l’appuntamento iridato, nel quale sarà chiamato a lottare sia a cronometro che su strada.

«Prima, però – conclude – starò un giorno a casa per poi partire verso il Belgio visto che correrò sia su strada che a cronometro anche all’europeo. Finito l’impegno continentale sarà la volta del mondiale e punterò tutto su quello dato che è molto più adatto alle mie caratteristiche».

Masotti: «I bronzi mondiali in pista delle juniores valgono tanto»

30.08.2024
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La spedizione azzurra è rientrata dai mondiali juniores in pista a Luoyang col terzo posto nel medagliere. Undici apparizioni totali sul podio (al pari della Gran Bretagna che vanta più ori) da contestualizzare in due modi differenti tenendo conto dei metalli conquistati.

Se i maschi hanno rispettato le attese, dove su tutto spicca il record del mondo del quartetto, le ragazze devono vedere il bicchiere mezzo pieno. I sei bronzi conquistati da loro non rappresentano necessariamente un passo indietro rispetto ai trionfi di un anno fa in Colombia, anche se qualcosina in più era lecito aspettarselo in alcune discipline. Così come avevamo fatto prima della trasferta in Cina, abbiamo voluto sentire nuovamente Fabio Masotti, collaboratore tecnico del cittì Villa, per avere un bilancio dei risultati femminili.

Fabio come valuti la rassegna cinese delle ragazze?

Siamo partiti sapendo che non potevamo andare come i maschi. Loro sono andati veramente forte, però non mi lamento delle ragazze. E’ vero, qualcuno dei sei bronzi, potevano essere argento e addirittura oro, ma non sono stati mondiali semplici. In parte hanno pagato un po’ di inesperienza e in parte non sono state fortunate. Inoltre, stando ai tempi in pista, quest’anno il livello era molto più alto.

Quali sono le medaglie in cui avete più rammarichi?

Sicuramente quella del quartetto, che avevamo preparato molto bene. Purtroppo in qualifica a Sgaravato è uscita una tacchetta dal pedale proprio in partenza, quindi le compagne hanno perso del tempo per riorganizzarsi subito. Nonostante quello hanno centrato il terzo tempo. Purtroppo per noi anche la Gran Bretagna ha avuto un problema simile e girando solo in tre hanno fatto il secondo tempo. Quindi ce la siamo ritrovata in semifinale e sapevamo che era fuori portata per noi. Per tutti per la verità. Infatti hanno vinto l’oro col record del mondo grazie ad atlete come Ferguson e Lloyd, già prese dalla Movistar per i prossimi anni. Se avessimo trovato la Francia, ce la saremmo potuta giocare visto che avevamo tempi simili e magari arrivavamo in finale con le britanniche.

C’è un altro bronzo che poteva brillare di più?

Nell’eliminazione Baima poteva bissare l’oro dell’anno scorso e quello europeo di luglio, ma anche in questo caso la fortuna non ci ha sorriso. La gara è partita un’ora e mezzo dopo rispetto al programma iniziale per una serie di ritardi nelle corse precedenti. E’ stata un’odissea, è stata una gara che nel complesso è durata quasi quaranta minuti. Cadevano le atlete quasi ad ogni giro e si è accumulato ritardo ulteriore. Poi quando erano rimaste in quattro non ha funzionato il fotofinish e quindi hanno dovuto neutralizzare la corsa. Con tutto questo tira e molla Anita si è spaesata.

Si poteva gestire meglio la situazione?

Noi possiamo solo adeguarci al caos che si crea. Da sotto le gridavamo cosa fare, ma quando sei dentro che giri è tutt’altra cosa, specie se in contesto simile. E’ stata una gara che ha sfalsato i valori in pista. Anita è una che fa la differenza sulla resistenza, quando le altre accusano la stanchezza, però se prima degli ultimi sprint la corsa viene interrotta, le atlete meno forti possono recuperare. E probabilmente nelle volate finali possono anche sfruttare meglio il proprio spunto veloce. Peccato perché quella poteva essere una medaglia d’oro, però con i se e con i ma non puoi farci molto.

Nelle altre prove invece?

Nella madison Baima e Sanarini hanno valutato male una situazione perdendosi proprio negli ultimi giri. Un errore che tuttavia ci può stare. Come dicevo prima, da fuori vedi come va la gara, ma in pista può essere più difficile. Anche per loro poteva arrivare un argento. Per contro siamo contenti del bronzo di Pegolo nello scratch, una ragazza polivalente. Lei l’abbiamo inserita all’ultimo momento nella velocità a squadre facendo solo un paio di prove prima di gareggiare. Ed è arrivato un bel terzo posto. Bravissime le altre due ragazze, Trevisan e Cenci, che a sua volta ha preso un buon bronzo nel keirin.

Cosa avete messo dentro la valigia di ritorno per queste ragazze dai mondiali?

Non ci stanchiamo mai di ripeterlo. Quella juniores è una categoria nella quale cambiano gli interpreti ogni due anni e nella quale di conseguenza bisogna ottimizzare un lavoro ciclico. Alla fine dei conti, sono stati sei bronzi che danno parecchia soddisfazione, rispetto all’anno scorso in cui eravamo quasi certi di vincere. Le ragazze lo hanno capito e sanno che hanno margini di miglioramento, quanto meno quelle del primo anno che saranno con noi anche nel 2025. A febbraio dell’anno prossimo riprenderemo con i ritiri e nuovi inserimenti. Nel frattempo cercheremo di capire tra segnalazioni di società, test del Centro Studi e prove in pista quali saranno le migliori allieve che passano juniores.

Mondiali juniores in pista, le ambizioni delle ragazze azzurre

21.08.2024
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Siamo dall’altra parte del mondo, a più di ottomila chilometri da noi, nella zona est della pianura centrale della Cina a Luoyang, una delle sette antiche capitali del Paese ed ora metropoli (almeno per noi) di quasi sette milioni di abitanti. Nel velodromo cittadino proprio oggi in questi minuti si stanno aprendo i mondiali juniores in pista che andranno in scena fino al 25 agosto.

Al termine di una serie di voli e coincidenze, il gruppo azzurro è arrivato laggiù il 17 agosto per il necessario ambientamento dovuto alle sei ore avanti di fuso orario. Assieme a Fabio Masotti abbiamo cercato di capire quali possono essere le ambizioni della pattuglia femminile, visti gli europei di Cottbus a luglio (un oro, tre argenti e quattro bronzi) e tenendo conto dei buoni risultati ottenuti nella rassegna iridata un anno fa a Cali in Colombia. Come sempre al tecnico friulano è toccato il lavoro intenso con le giovani durante il periodo delle Olimpiadi, mettendo da parte anche la possibilità di andare a Parigi, ma lui sa che questo appuntamento vale quasi alla stessa maniera, specie in chiave futura.

In Cina il gruppo endurance è formato da Siri, Iaccarino, Giordani, Sgaravato, Baima, Pegolo e Sanarini
In Cina il gruppo endurance è formato da Siri, Iaccarino, Giordani, Sgaravato, Baima, Pegolo e Sanarini
Fabio, partiamo subito dalle convocate. Chi sono?

Abbiamo un bel gruppo di juniores e quindi abbiamo potuto fare scelte molto simili all’anno passato, col solito turnover tra europei e mondiali, guardando anche alla condizione delle ragazze. Ovvio che quelle che si sono distinte maggiormente nella doppia attività vengono prese maggiormente in considerazione. A Luoyang sono in nove. Matilde Cenci e Siria Trevisan faranno la velocità. Asia Sgaravato, Linda Sanarini, Anita Baima, Chantal Pegolo, Irma Siri, Arianna Giordani e Virginia Iaccarino invece faranno le discipline endurance. In ogni caso ci tengo a sottolineare che non ci sono bocciature per chi è rimasto fuori dagli europei o dai mondiali.

Team Sprint d’oro. Fabio Masotti con Napolitano, Minuta e Predomo ai recenti europei U23 in pista a Cottbus
Team Sprint d’oro. Fabio Masotti con Napolitano, Minuta e Predomo ai recenti europei U23 in pista a Cottbus
L’avvicinamento com’è andato?

Ci siamo allenati bene a Montichiari. Compatibilmente con i loro impegni su strada, in totale abbiamo fatto quasi due settimane intere di sessioni, ripetendo lo stesso lavoro fatto l’anno scorso per Cali mentre c’erano i mondiali elite strada e pista a Glasgow. Sulla base di quello che abbiamo visto agli europei, abbiamo fatto diverse prove e combinazioni sia per il quartetto che per le altre gare di gruppo. Secondo me abbiamo un gruppo di atlete molto equilibrato ed omogeneo che può fare molto bene.

Quanto è possibile replicare i titoli vinti nel 2023 in Colombia?

L’anno scorso non nascondo che sia stato facile raccogliere certe vittorie con un’atleta come Venturelli. Avevamo portato a casa tre ori, due argenti e due bronzi. Alcune di queste medaglie erano state una sorpresa. Quest’anno vorremmo riconfermarci, come abbiamo fatto a Cottbus, e sarebbe un bel risultato proprio perché non abbiamo un riferimento come Federica. Gli stimoli non mancano, però allo stesso tempo sappiamo che non sarà semplice perché questa, non mi stancherò mai di dirlo, è una categoria particolare. Poi se volete possiamo fare qualche previsione…

Bianchi, Trevisan e Cenci sono state bronzo europeo nella velocità a squadre. Le ultime due sono state chiamate anche al mondiale
Bianchi, Trevisan e Cenci sono state bronzo europeo nella velocità a squadre. Le ultime due sono state chiamate anche al mondiale
Vai pure.

Ad esempio Baima si potrebbe riconfermare nell’eliminazione. Ha appena vinto l’europeo, lei sta bene e qualcuno può pensare che con un anno in più possa vincere facile un altro oro iridato, ma non sappiamo cosa c’è fuori dall’Italia o dall’Europa. Lei stessa può fare molto bene nella madison con Sanarini, che a sua volta è arrivata seconda al fotofinish all’europeo nell’omnium. Linda e Pegolo sono due ragazze del primo anno e sono state due belle scoperte. Chantal all’europeo è stata argento nello scratch e bronzo nella corsa a punti. C’è anche Sgaravato che sta andando forte da inizio stagione. Ed anche col quartetto (bronzo continentale, ndr) sono fiducioso di una bella prestazione.

Ci sembra di capire che il morale delle juniores è buono alla vigilia di questi mondiali in pista?

Assolutamente sì e non vorremmo il contrario. Tutte le nostre ragazze sono prontissime, pur sapendo che dovranno fare attenzione ad alcune nazionali. Magari nel frattempo hanno trovato la loro Venturelli di turno e fanno saltare il banco. Però non voglio che ci fossilizziamo troppo sui risultati qualora non dovessero arrivare. Personalmente porto sempre l’esempio dei ragazzi del quartetto che hanno vinto l’oro olimpico a Tokyo. Da giovani non avevano raccolto molto in pista, eppure lavorando sodo col passare del tempo sono arrivati al top. Con le juniores bisogna avere pazienza e loro ti ripagheranno.

Come varia il grasso corporeo nei corridori? Ascoltiamo Giorgi

13.07.2024
5 min
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Nella stessa cornice di Firenze al via del Tour de France, che ha ospitato Boret Fonda e la sua disamina sulle pedivelle corte, c’è stato spazio anche per Andrea Giorgi. Il medico della VF Group-Bardiani CSF-Faizanè ha avuto modo di tenere anche lui una conferenza. Il tema ha riguardato la distribuzione del grasso corporeo nelle categorie juniores, under 23 e professionisti

«E’ dal 2016 – racconta – che prendo parte ai congressi di inizio Tour e che presento qualcosa. L’idea di quest’anno è nata nell’inverno di questa stagione, quando misuravo il grasso corporeo sottocutaneo. Il metodo che utilizzo da qualche anno è di usare l’ecografia perché risulta un metodo più efficace rispetto alla classica plicometria».

Il metodo dell’ecografia muscolare è più efficace e maggiormente preciso rispetto alla plicometria
Il metodo dell’ecografia muscolare è più efficace e maggiormente preciso rispetto alla plicometria

Misurazioni dirette

«Quella dell’ecografia – dice ancora Giorgi – risulta un metodo migliore perché fai una foto, prendi l’immagine e misuri i centimetri di grasso. La plicometria pinza la pelle e i calcoli per togliere i tessuti non interessati sono tanti. Cambiano anche le condizioni nelle quali si deve fare la plicometria, ovvero il protocollo Isaac. Quindi a riposo e senza attività fisica alle spalle».

«Usare l’ecografia – spiega – è un metodo ormai molto comune, lo utilizza la DSM perché risulta più semplice e si può applicare in ogni condizione. Inoltre ora esistono dei software che leggono l’immagine e danno automaticamente i millimetri di grasso. 

Gli juniores hanno un fisico ancora da formare, per questo la percentuale di grasso è maggiore rispetto a U23 e pro’ (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Gli juniores hanno un fisico ancora da formare, per questo la percentuale di grasso è maggiore rispetto a U23 e pro’ (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Come mai hai voluto fare questo studio su queste tre categorie?

Mi piaceva capire l’evoluzione dell’atleta nel corso della sua maturazione fisica e sportiva. Le grandi differenze tra le categorie sono legate al monte ore di allenamento. 

Dove hai notato le maggiori differenze?

Nelle gambe, più precisamente nel polpaccio e nella coscia, mentre nelle altre parti è simile. Il peso in sé non varia ma cambia la distribuzione del grasso.

Perché? 

Esiste il fenomeno di azione lipolitica, ovvero il grasso risulta minore nei muscoli maggiormente utilizzati, che nel ciclista sono quelli delle gambe. Le misurazioni hanno riportato che un corridore giovane a parità di peso ha una maggiore percentuale di grasso corporeo. Questo perché il monte ore di un professionista è più alto rispetto a quello di uno juniores o di un under 23. La maggior crescita la si ha nel momento in cui si passa da under 23 a professionista perché le ore di allenamento settimanale diventano intorno le 22 e le 25. 

La grande differenza la si fa nel passaggio da U23 a pro’. In foto De Cassan dal 2024 alla Polti-Kometa
La grande differenza la si fa nel passaggio da U23 a pro’. In foto De Cassan dal 2024 alla Polti-Kometa
Voi in Vf Group Bardiani avete avuto il caso di Pinarello che questo inverno ha perso diversi chili.

Quattro per la precisione. Lui ha fatto un’azione di dimagrimento e un carico di lavoro che gli ha permesso di andare più forte tutto l’anno. Sicuramente si sente più leggero e maggiormente agile. 

Perdere così tanto peso per un atleta già magro può essere un rischio?

Dipende. Si perde del grasso, vero ma si perde anche una parte di muscolo. L’equilibrio è difficile da trovare ma si riesce. Un altro esempio è quello di Pesenti, lui in Beltrami pensava di essere già molto magro, tuttavia abbiamo fatto un’azione dimagrante ed è riuscito a calare ancora di più di peso. E le prestazioni sono migliorate incredibilmente.

Non è solamente una questione di grasso e perdita di peso. 

No, il muscolo, anche se diminuisce di volume, può comunque migliorare nella prestazione. Essere più leggeri consente all’atleta di affaticarsi meno e di reggere carichi di lavoro che prima erano impossibili. Un esempio riguarda Vingegaard e Pogacar. Il primo è uno scalatore puro, molto magro e quindi fortissimo in salita. Pogacar, invece, è più robusto e quindi più prestante in tutti gli altri campi. Anche Evenepoel è dimagrito a vista d’occhio per essere competitivo in questo Tour. Tanto lo fanno gli obiettivi e dove ci si vuole specializzare. 

Ma dimagrire nelle altre aree, quelle non allenate direttamente, come si fa?

Lo si vede dal mio studio. La grande differenza sta nelle ore fatte in bici. Più queste aumentano e più il ciclista perde grasso anche in altre aree del corpo come le braccia. Il salto tra under 23 e professionisti è rilevante, causato anche dal fatto che i ragazzi finiscono la scuola e quindi hanno più ore per allenarsi. 

Molti ragazzi giovani hanno una predisposizione genetica per essere magri e ciò permette di concentrarsi su altri aspetti (foto LaPresse)
Molti ragazzi giovani hanno una predisposizione genetica per essere magri e ciò permette di concentrarsi su altri aspetti (foto LaPresse)
Ora però ci sono juniores già magri e che fanno numeri incredibili, basti vedere il Giro Next Gen.

Quei ragazzi, come Widar o Torres sono predisposti ad essere particolarmente magri. Non devono dimagrire e su loro si agisce già nello specifico, hanno uno step in meno da fare, se vogliamo vederla così. Vai direttamente ad agire sulla qualità degli allenamenti, cosa che non puoi fare su un corridore che deve perdere peso. Questo perché il deficit calorico non permette al corridore di allenarsi ad alte intensità nella maniera corretta. Servirebbe integrare lo sforzo con una nutrizione dedicata ma essendo in deficit calorico ciò non è possibile.

Toselli rispolvera la vittoria: ora il buio è alle spalle

14.05.2024
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Ivan Toselli ha rispolverato il gradino più alto del podio, era da tanto che il corridore campano non aveva sensazioni così buone come quelle di adesso. Nel fine settimana appena concluso, con la maglia della rappresentativa della sua Regione, ha corso il G.P. Baron. La vittoria risale a qualche giorno prima, al 4 maggio, al Gran Premio Città di Predappio

«Non vincevo dalla Coppa d’Oro – racconta Toselli da casa sua – erano 400 giorni e oltre che non salivo sul gradino più alto del podio. Il 2023 non è stato un anno facile, il cambio di categoria tra allievi e juniores si è fatto sentire, ma anche la frattura alla clavicola di inizio stagione non ha aiutato. Una volta tornato in gruppo facevo tanta fatica a seguire il ritmo gara, soprattutto per la differenza con i corridori di secondo anno».

La vittoria di Predappio arriva dopo oltre 400 giorni di astinenza
La vittoria di Predappio arriva dopo oltre 400 giorni di astinenza

Due anni, due sensazioni opposte

Per il ragazzino che da allievo aveva stupito un po’ tutti e vinceva imitando l’esultanza di Mathieu Van Der Poel, per gioco e non per spavalderia, il 2023 è stato difficile.

«A livello juniores – continua – la differenza tra ragazzi di primo e secondo anno si vede, soprattutto per il fatto dei rapporti liberi. Me ne sono accorto anche io in questa stagione, mi sento meglio, sono cresciuto fisicamente ma rimango un atleta dalla corporatura esile. I rapporti liberi li soffrivo molto, in particolare in pianura dove non riuscivo a spingere come gli altri. Capitava che mi ritirassi dalle corse o che non riuscissi a fare quel che mi piace: attaccare. Questa vittoria mi ha sbloccato, ma era da un po’ che mi sentivo bene».

Il sorriso è tornato sul volto di Toselli che ora ha ritrovato la motivazione
Il sorriso è tornato sul volto di Toselli che ora ha ritrovato la motivazione
In che senso?

Sono sempre stato un corridore che ama attaccare, andare in fuga, fare fatica. Insomma correvo in maniera molto libera di testa. Nel 2023 questa caratteristica era stata accantonata, avevo paura di finirmi, di non essere in grado di tenere il ritmo. Da un po’ mi è tornata e devo dire grazie a Matteo Berti per questo. 

Anche all’Eroica Juniores Nations Cup eri molto attivo.

Sì, mi era tornata la voglia di fare, di muovermi e l’ho assecondata. Nella tappa annullata ero in fuga, il percorso era molto vicino alle mie caratteristiche e mi ero detto di provare. Anche la settimana dopo, a San Vendemiano ero andato in fuga, rimanendo davanti da solo per quattro giri (photors.it in apertura, ndr). 

Già all’Eroica Juniores si erano visti sprazzi del Toselli arrembante e coraggioso (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Già all’Eroica Juniores si erano visti sprazzi del Toselli arrembante e coraggioso (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
L’arrivo di Berti ha portato una ventata di aria nuova?

Ha tante conoscenze e sa molto di ciclismo e di come si gestisce una squadra. Con lui il dialogo è costante, parliamo molto sia prima che dopo la corsa. Ha un piano in testa, un programma, e lo rispetta. Capita che magari ci dica di non correre per riposarci e puntare alle gare che sono più vicine alle nostre qualità. 

Come a Predappio?

In realtà non dovevo correre – dice con una risata – ma insieme a Berti abbiamo guardato la planimetria e mi ha detto di andare e pensare di vincere, ma senza pressioni. Lui mi è stato tanto vicino, mi ha fatto rimanere sereno e mi ha riportato a pensare in maniera positiva. Una cosa che nel 2023 mi è mancata.

Il clima nella Vangi è più sereno e comunicativo da quando è arrivato Matteo Berti e questo fa bene ai ragazzi
Il clima nella Vangi è più sereno e comunicativo da quando è arrivato Matteo Berti e questo fa bene ai ragazzi
Tu hai vissuto la Vangi prima e dopo il suo arrivo, cosa è cambiato?

L’anno scorso, in quel mio momento di difficoltà non ho avuto nessun aiuto, solo la mia famiglia mi è rimasta vicina. Un’altra cosa positiva è la programmazione, nel 2023 correvo tutte le domeniche e questo non aiuta a trovare un picco di forma. La stagione scorsa per il nostro team è stata l’annata “no”, succede.

Con Berti è arrivato anche un nuovo preparatore: Fabio Camerin

Anche lui ha dato un grande contributo fin dall’inverno. Ci siamo allenati molto a corpo libero, cosa che non avevo mai fatto in precedenza. Poi ha aggiunto anche delle sedute in palestra, nessun carico eccessivo, ma solamente un modo di lavorare diverso, dove ci ha anche insegnato a fare gli esercizi nel modo corretto. 

La preparazione invernale con Camerin ha portato a grandi miglioramenti in pianura (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
La preparazione invernale con Camerin ha portato a grandi miglioramenti in pianura (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Insieme avete lavorato anche per migliorare in pianura?

Pedalando tanto a ritmi elevati con ripetute da quattro minuti a tutta, una specie di fartlek che mi ha dato tanta gamba in più. Una cosa che ha notato anche Dino Salvoldi (cittì della nazionale juniores, ndr) il quale durante un ritiro di qualche mese fa ha notato i miei miglioramenti e mi ha fatto i complimenti.

Sei uno junior di secondo anno, l’anno prossimo sarai U23, al futuro ci pensi?

Qualche contatto con dei team c’è, ma nessuna conferma: sono ancora in cerca. Una cosa però la voglio dire: in questo momento non ci penso al prossimo anno. Vedrò verso fine stagione cosa succederà, pensare troppo al futuro mi ha portato tante preoccupazioni, ho imparato a vivere di più il momento. Sto in pace e cerco i risultati.

Eroica Juniores 2024, chiudiamo la pagina e guardiamo avanti

28.04.2024
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SIENA – La tappa finale della seconda edizione dell’Eroica Juniores è servita per fare il punto insieme a Giancarlo Brocci, direttore generale di Eroica Italia SSD, sulla riuscita della corsa e di come prosegue il progetto (in apertura è con il cittì azzurro Salvoldi). Il passo in avanti è stato deciso rispetto alla prima edizione: due tappe in più, per un totale di cinque. I giorni di corsa sono passati da due a quattro (il primo giorno si sono corse due semitappe), inserendo luoghi iconici e di grande impatto. L’arrivo in Piazza del Campo, al pari della Strade Bianche, ne è un esempio concreto

«Sinceramente – ci racconta – questo è uno sviluppo notevolissimo per me, nonostante l’evento della terza tappa di cui già abbiamo parlato. Già nel 2023 l’evento è stato accolto positivamente da tutti, l’UCI lo descrisse come il migliore della categoria juniores. Il passo in avanti quest’anno è arrivato anche dal territorio, perché certe località importanti (come Siena, ndr) hanno capito a che livello volevamo portare la manifestazione. Altre, ad esempio Chiusdino, che già era stata arrivo di tappa nel 2023, hanno voluto continuare ad ospitarci». 

Non solo una gara

La sensazione che intorno all’Eroica Juniores Nations’ Cup ci sia un mondo che va oltre la semplice corsa lo si respira ogni giorno. Gli appassionati non sono mai mancati, anche chi è qui solo per il nome di L’Eroica. Vedere ragazzi giovani interessati e immersi in un ciclismo di altri tempi dà una sensazione di continuità tra passato e presente. 

«Eroica – continua Brocci – è tanto di più. Oltre che al territorio noi facciamo una promozione a livello internazionale. Da noi già dalla prima edizione sono venuti i migliori corridori del mondo. Abbiamo un sostegno a livello di organizzazione incredibile. Anche nella terza tappa, annullata per maltempo, avevamo 17 scorte tecniche e 3 ambulanze al seguito con altrettanti medici. Quella poi è stata una situazione da tregenda dove la corsa è stata investita prima dalla grandine e poi dalla neve. I ragazzi sono stati fermati e preservati perché, come ho avuto modo di scrivere anche sui miei profili social, c’è un limite anche all’eroismo. Il messaggio che abbiamo voluto dare è che noi vogliamo bene a questi ragazzi».

A sinistra Giancarlo Brocci, a destra Franco Rossi presidente di Eroica Italia SSD (foto, Franco Rossi, Giancarlo Brocci, Eroica Juniores/Guido Rubino)
A sinistra Giancarlo Brocci, a destra Franco Rossi presidente di Eroica Italia SSD (foto, Franco Rossi, Giancarlo Brocci, Eroica Juniores/Guido Rubino)
Anche perché ci si trova davanti ad una categoria sempre in crescita. 

Dal mio punto di vista questa edizione ha segnato un ulteriore salto di qualità nei confronti di un mondo bellissimo e importante come quello degli juniores. Oggi forse la categoria principale nell’ambito del ciclismo giovanile.

Cosa si vuole far passare a questi ragazzi dello spirito di L’Eroica?

Il messaggio importante è quello di recuperare le radici autentiche di questo sport. Al tempo stesso di individuare questi ragazzi affinché possano essere un esempio per i loro coetanei. Non è facile nel 2024 scegliere uno sport di fatica come il ciclismo. La comunità deve stringersi sempre di più intorno a ragazzi che possono diventare un esempio formidabile per tutti. 

I ragazzi si sono potuti interfacciare con chi può trasmettere spiegare loro lo spirito di L’Eroica (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
I ragazzi si sono potuti interfacciare con chi può trasmettere spiegare loro lo spirito di L’Eroica (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Sono un modello quindi?

Lo devono essere per quei giovani che non hanno più voglia di fare fatica. E che non sanno nemmeno di quante imprese bisogna fare per arrivare ad un obiettivo. 

Il termine “eroico” lo aveva già utilizzato quando organizzava il Giro Bio, cos’è rimasto di quella definizione?

Dal mio punto di vista, tutto. Tutti quelli che si sono avvicinati al mondo Eroica lo hanno fatto per condividere il messaggio e i valori che volevo dare. Dentro questa organizzazione ci sono tante persone che si sono avvicinate prima a me, poi all’Eroica e poi al mondo dei giovani. Quello che muove l’evento Eroica Juniores è la passione di tutti quelli che partecipano all’organizzazione. 

I messaggi, negli anni, sono cambiati?

Da un certo punto di vista i messaggi che c’erano anni fa nel Giro Bio abbiamo voluto continuare a darli. E’ chiaro che se dovessimo riproporre un Giro Bio faremmo molta attenzione all’alimentazione. Tema che già da giovani viene, a mio avviso, esasperato. Ci sono tanti messaggi rimasti nel tempo, come voler mangiare tutti insieme nel palazzetto di Castiglione della Pescaia. O dormire al Villaggio San Souci tutti insieme nelle casette. 

Un modo per scoprire un ciclismo lontano ma che sta piano piano tornando (foto EroicaJuniores/Guido Rubino)
Un modo per scoprire un ciclismo lontano ma che sta piano piano tornando (foto EroicaJuniores/Guido Rubino)
Un modo per creare comunità.

Sono cose che nessuno propone più e che si stanno perdendo. Noi vogliamo proporre un modello che, se troverà sostentamento, possa diventare sempre più apprezzato. Questo ciclismo, fatto di comunità e di senso di appartenenza, penso possa arrivare ad essere più bello e interessante di quello moderno. Spero di aver la salute di godermelo. So che per L’Eroica è già successo. Vorrei che sempre più persone dicessero: «cavolo ma quanto è bello questo ciclismo?».

Come si fa?

E’ un discorso di business, se si arriverà ad apprezzare di più questo ciclismo lo deciderà il mercato. Però anche tra i professionisti c’è un recupero dello spirito eroico. Pogacar, Van Der Poel, Van Aert e lo stesso Alaphilippe qualche anno fa, sono corridori che stanno interpretando il ciclismo in modo eroico. Le loro azioni non si vedevano da anni e la gente si entusiasma per questo. Vi faccio un esempio.

I ragazzi nelle prime due tappe hanno mangiato tutti insieme nel palazzetto di Castiglione della Pescaia (foto EroicaJuniores/Guido Rubino)
I ragazzi nelle prime due tappe hanno mangiato tutti insieme nel palazzetto di Castiglione della Pescaia (foto EroicaJuniores/Guido Rubino)
Prego. 

Pogacar a livello di immagine ha guadagnato molto di più in quel Tour perso inseguendo tutti, piuttosto che in quelli vinti in precedenza. Se parte, come fatto qui alla Strade Bianche, a 80 chilometri dall’arrivo, trova un mare di gente pronto ad accoglierlo. 

Significa proporre ai ragazzi un ciclismo che non è solo computer e tecnologia?

Esattamente. Far capire che un certo modo di interpretare questo sport fa entrare i corridori nel cuore della gente. Il popolo del ciclismo ha sempre esaltato anche i perdenti. Portare avanti certe filosofie eroiche crea un vantaggio anche “redditizio” per tutti a livello di immagine. Un bellissimo concetto espresso da Peter Sagan fu: «Mi domandate perché sono diverso, ma chiedetevi perché gli altri sono tutti uguali».

Salvoldi e il nuovo ciclismo fra l’Italia e il mondo

25.04.2024
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SIENA – Il via dell’ultima tappa dell’Eroica Juniores Nations Cup ci permette di fare un punto con Dino Salvoldi, cittì azzurro alla guida dei ragazzi in questa corsa. Il pullman della nazionale staziona nel piazzale dei Giardini la Lizza dietro i quali si può ammirare la fortezza medicea. Il sole, puntato alto nel cielo, invita il cittì ad indossare i suoi occhiali dalle lenti scure. 

Il gruppo di ragazzi guidato da Salvoldi all’Eroica Juniores (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Il gruppo di ragazzi guidato da Salvoldi all’Eroica Juniores (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)

Un nuovo ciclismo

Salvoldi parla con i ragazzi, mette a punto la tattica che quasi ribalta la corsa e scende. Intorno a lui c’è sempre un bel capannello di persone: diesse di squadre juniores come Pavanello e Scinto, ma anche tanti altri personaggi. 

«Si è visto – dice il cittì – che potenzialmente tra i migliori corridori della categoria non ci manca nulla per essere competitivi. Lo abbiamo dimostrato (ancor di più poche ore dopo sul traguardo di Chiusdino, ndr). I ragazzi sono gasati da questo tipo di competizioni, è il nuovo del ciclismo e della categoria, con un calendario che consente di competere sempre a questo livello. Noi come Italia abbiamo una storia e una struttura diverse ancora. Quei Paesi che non hanno queste caratteristiche storiche si sono coalizzati nell’affrontare un calendario di tali dimensioni». 

I devo team hanno portato un nuovo modo di programmare le corse (qui Salvodi a colloquio con Finn della Grenke Auto Eder-Bora)
I devo team hanno portato un nuovo modo di programmare le corse (qui Salvodi a colloquio con Finn della Grenke Auto Eder-Bora)
Di che squadre parliamo?

Nazioni come Norvegia, Danimarca e Gran Bretagna, ad esempio, che non hanno un calendario nazionale ricco come il nostro, si sono organizzate per far correre i ragazzi in questo tipo di competizioni, sempre. Se poi ci aggiungiamo i devo team del WorldTour abbiamo una situazione simile a quella del professionismo. Noi come nazionale italiana dobbiamo organizzarci affinché i nostri migliori possano diventare appetibili. 

Far correre questi ragazzi con la nazionale vuol dire toglierli dalle squadre di club.

Devo dire che la percezione che abbiamo io e i miei collaboratori, senza alcuna presunzione, è quella di aver instaurato un buon dialogo con le varie squadre. Quello che cerchiamo di mettere in pratica è una programmazione lineare. Chiaramente gli imprevisti ci sono, capita che uno o due posti si riempiano all’ultimo minuto. 

Il livello è alto, ma i ragazzi italiani hanno dimostrato di saper ribattere colpo su colpo
Il livello è alto, ma i ragazzi italiani hanno dimostrato di saper ribattere colpo su colpo
Si lavora con quali ragazzi?

Come abbiamo avuto modo di fare l’anno scorso e come avremo modo di fare quest’anno metà della squadra che partecipa agli eventi internazionali sarà composta dai ragazzi che rappresentano il nucleo di riferimento del gruppo di lavoro.

Parlando di programmazione, si riesce a lavorare con continuità?

Sta diventando difficile fare raduni di preparazione, anche perché in questa categoria c’è la scuola. Nella prima parte della stagione siamo riusciti a fare dei mini raduni mensili, dove abbiamo lavorato con i ragazzi. Programmare allenamenti e calendario in funzione degli eventi condivisi con le squadre ci riesce bene

Cosa servirebbe per fare meglio?

Tutto è migliorabile, se ci fosse maggiore disponibilità faremmo di più. Con il budget che abbiamo avuto siamo stati costretti a fare delle rinunce e a investirlo in un’altra direzione. In previsione degli appuntamenti più importanti, come i campionati del mondo pista e strada, faremo dei raduni prolungati.

In che cosa si è investito?

Partecipazione a gare a tappe, con la motivazione che abbiamo spiegato prima. E con il fatto di voler tenere alto il ranking per portare il maggior numero di ragazzi agli eventi internazionali. Poi c’è la pista, c’è stata fin da subito la volontà di fare un bel lavoro a Montichiari, in maniera continuativa.  

Questa Eroica ha portato la novità Viezzi, al suo secondo appuntamento internazionale su strada, il primo con la nazionale. 

Lui e Proietti, che è un primo anno. Con loro non ho trovato difficoltà di inserimento nel gruppo. Il ciclismo su strada è molto più uno sport di squadra rispetto al ciclocross, ad esempio. Non ho trovato questo tipo di difficoltà e non c’è stata nemmeno a livello coordinativo e tecnico. I ragazzi valgono e sono capaci di passare da una disciplina all’altra, in passato c’erano state maggiori difficoltà. Invece, con Viezzi e Proietti non ce ne sono state.