Un giorno da Nibali. E forse adesso qualcuno ha paura

21.05.2022
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«Sono distrutto», dice Lopez con la maglia rosa fradicia di sudore. Lo spagnolo si è fermato accanto al siciliano dell’Astana. Hanno corso insieme lo scorso anno. Nibali lo guarda dall’alto dei rulli. Poi sorride e gli dice: «Abituati, al Giro è così!».

L’arrivo sconsolato di Lopez e l’incoraggiamento di Nibali: «Abituati, funziona così»
L’arrivo sconsolato di Lopez e l’incoraggiamento di Nibali: «Abituati, funziona così»

Lo Squalo cresce

La tappa di Torino è finita da una ventina di minuti. Fa un caldo torrido e ci sono parecchi corridori ancora sul percorso. Si sono ritirati Dumoulin e Nizzolo e se la fatica di oggi resterà nelle gambe, domani verso Cogne si vedranno le scimmie. Da quanto tempo non vedevamo un Nibali così bello? La gente lo ha capito e l’esplosione ogni volta che lo speaker faceva il suo nome faceva capire che il pubblico avesse già scelto il suo favorito. Questa è già da cerchiare come una delle tappe più belle del Giro.

«E’ stata una giornata molto dura – dice Nibali – perché il ritmo imposto dalla Bora è stato fortissimo. Era difficilissimo persino alimentarsi sul circuito, perché era molto nervoso e il ritmo era alto in salita e in discesa. Si è rivelata una tappa durissima. Io cercavo la vittoria di tappa, ma sapevo che era difficile. Ero controllato a vista, ho preso un po’ di minuti sull’Etna, ma sono sempre considerato pericoloso. Quindi mi guardano ed è difficile sganciarsi, è normale che sia così».

Lo Squalo ha attaccato prima per rientrare su Carapaz e poi ha provato a fare la differenza: la gamba c’è
Lo Squalo ha attaccato prima per rientrare su Carapaz e poi ha provato a fare la differenza: la gamba c’è

La testa giusta

Sembra di cogliere una punta di orgoglio nelle ultime parole. E sembra anche che aver annunciato il ritiro sia un macigno che si è tolto dalle spalle.

«Non è quello – dice – avevo già deciso, ce l’avevo nella testa. Avevo pensato già da qualche mese di chiudere così alla soglia dei 38 ed era un po’ anche quello che volevo, non ha senso andare oltre. Sono tranquillo. Se va bene, sono contento. Se dovessi saltare, pazienza. Non me ne faccio un grande problema. L’idea di voler andare avanti c’è. Mi manca un po’ di esplosività, però penso che sia anche normale. Non è mai facile essere competitivo così, perché richiede un sacco di lavoro. Lo dice anche Pozzovivo, che è sempre stato un rivale ma anche un amico. Lo sa benissimo che quando gli anni vanno avanti, i sacrifici da fare sono maggiori».

Dopo l’arrivo, con 30 gradi, due bottiglie d’acqua sulla testa prima di iniziare a parlare
Dopo l’arrivo, con 30 gradi, due bottiglie d’acuq sulla testa prima di iniziare a parlare

L’abbraccio del pubblico

Cosa sarà da qui in avanti è difficile da dire. Quanto peserà questa tappa nelle gambe se domani sarà così caldo? Carpaz pagherà quell’attacco da lontano, poi risultato inutile? E questo Nibali può avere mire di classifica? Vincenzo ha morale, basta guardare il gusto con cui sorride e dà di gomito. Il Blockhaus ha riportato l’allegria e forse per questo in finale nessuno se l’è sentita di lasciarlo andare. Dalla transenna lo acclamano. Gli chiedono di voltarsi per fare una foto e lui si volta.

«Ho visto che due volte prima di salire sul Superga – dice – si è rotto il gruppo e tanti sono rimasti indietro. Ora è il momento di recuperare. Sono veramente molto felice. Dall’inizio di questo Giro e fino ad oggi, il pubblico è stato davvero eccezionale. Vorrei regalare un successo anche a tutti loro che mi sono stati molto vicini con grandi pensieri, striscioni, cartelloni. Ci vorrebbe un mese da dedicare soltanto a loro per dirgli grazie, però purtroppo durante il Giro siamo sempre sotto stress e non è facile essere disponibili. Ci sarà un po’ di tempo anche dopo…».

Martinelli voleva vincere, lo ha detto chiaramente: ci riproveranno
Martinelli voleva vincere, lo ha detto chiaramente: ci riproveranno

Rammarico Martinelli

Lo lasciamo al suo girare le gambe per riprendere il battito giusto e ci accorgiamo che dal bus è appena sceso Martinelli. Quando vi è salito, aveva un mezzo groppo in gola.

«Io oggi volevo vincere – dice il bresciano – e mi dispiace non esserci riuscito. Per lui, non per me, perché per me non cambia niente. Sono contento di cosa ha fatto. Sicuramente quando ti fai il gusto e vedi che davanti sono rimasti tutti i buoni per la classifica e tu sei un pochino fuori… Invece abbiamo scoperto che c’era uno ancora più fuori ed è quello che ha vinto. Yates è stato il più furbo di tutti, non c’è niente da fare».

Da quanto tempo non si vedeva un Nibali così di buon umore? Il Blockhaus ha portato morale
Da quanto tempo non si vedeva un Nibali così di buon umore? Il Blockhaus ha portato morale

Un giorno per volta

Ma l’appetito vien mangiando. Solo che Martino non abbocca: ne ha viste troppe per lasciarsi andare, anche se magari la testa dipinge altri scenari.

«Pensiamo alla prossima – dice – dopo la giornata di oggi non voglio pensare al mal di gambe che ci sarà domani. Io voglio vedere questo Vincenzo. Quello che dopo la corsa non è arrabbiato, che non ce l’ha con nessuno. Quello gli va bene, non dico tutto ma quasi, perché oggi s’è fatto anche lui il gusto di vincere una tappa al Giro dopo un bel po’ che non ci riusciva.

«Oggi è stato uno di quelli che ha movimentato la corsa e quando gli abbiamo detto di fare quello che era nei nostri giochi lo ha fatto. Quando è partito sulla salita dura, gli abbiamo detto noi che era l’unico momento per andare su Carapaz. Non aveva niente da perdere, è fuori classifica, ma non lo lasciano andare. E’ normale? Pensavo che oggi si poteva lasciargli spazio, ma evidentemente qualcuno pensa che possa arrivare più avanti. Nei mesi scorsi dopo il Covid l’ho visto un po’… smarronato. Però secondo me un bel boccone che aveva lì è stato Messina. Io da Messina in poi ho visto un altro Vincenzo».

Sull’Etna il Giro dell’Astana crolla come un castello di carte

10.05.2022
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L’Etna viene inesorabilmente inghiottito dalle nuvole, quando Nibali scende dal pullman dell’Astana Qazaqstan Team e viene circondato dai tifosi. Firma autografi. Sorride. Cerca di farsi largo. Lo aspetta l’ammiraglia con dentro la ciotola del riso. Suo padre accanto confabula con Vinokourov. Lopez è appena rientrato sulla terza ammiraglia. Il Giro della squadra kazaka è venuto giù come un castello di carte al chilometro zero quando il colombiano si è ritirato con un’infiammazione al tendine del quadricipite. E adesso l’atmosfera è un po’ incredula e un po’ afflitta.

Nibali scende dal pullman e va verso l’ammiraglia. Ha provato a tenere duro, ma ha ceduto intorno ai meno 5 dall’arrivo
Nibali scende dal pullman e va verso l’ammiraglia. Ha provato a tenere duro, ma ha ceduto intorno ai meno 5 dall’arrivo

Dal primo giorno

Prima che i corridori cominciassero a scenderne, Shefer tirava dalla sigaretta e spiegava col pragmatismo di sempre.

«Lopez – diceva – è arrivato dal primo giorno con quella contrattura. Abbiamo cercato in tutte le maniere di andare avanti, sperando che tenesse duro, ma oggi non ce l’ha fatta. E’ stato così dal primo giorno, sapevamo che era a rischio. Ieri siamo andati a fare un’ecografia e sapevamo com’era. Sapevamo che l’unico di noi che poteva fare qualcosa era Lopez, ora il Giro cambia. Speriamo di vincere qualche tappa».

Al momento del ritiro, un collega spagnolo sorrideva dicendo che Lopez fosse partito per il Giro già in condizioni precarie. E questo un po’ si sposa con le parole di Shefer. Ma quello che domina più che il dubbio è la delusione.

Vinokourov ha provato a incoraggiare Lopez, ma si è arreso: delusione palpabile
Vinokourov ha provato a incoraggiare Lopez, ma si è arreso: delusione palpabile

Delusione Vinokourov

Vinokourov parla con un filo di voce. Il figliol prodigo, rientrato dall’Astana e messo al centro del progetto, si è dissolto nella prima tappa importante.

«Sapevo che stava male – dice – ma non sapevo che fosse così. Pensavo che a fine tappa avremmo valutato. Ma se stai male, stai male… Dispiace per la squadra e per tutto. Perché era arrivato per fare bene al Giro. Adesso bisognerà rimotivare i ragazzi e partire per vincere le tappe, cambiare le strategie. Non pensavo – quasi ci ripensa – che Lopez stesse male così. La tendinite… E’ così dai, non possiamo farci niente».

Anche Martinelli prende atto del ritiro, ma forse si sarebbe aspettato che Lopez provasse di più?
Anche Martinelli prende atto del ritiro, ma forse si sarebbe aspettato che Lopez provasse di più?

Martinelli rimugina

Martinelli s’è fatto il giro dei corridori, come è giusto che sia prima di parlare. Nel 2020 proprio nella tappa che arrivava qua in alto, la Ineos Grenadiers perse Thomas e si riorganizzò con la maglia rosa e un piccolo record di tappe vinte. Anche loro erano venuti per fare classifica. E come l’Astana si ritrovarono con un pugno di mosche.

«Se non ce la fa, non ce la fa – dice il diesse dell’Astana – ma in un Giro prima di mollare, si muore. Stamattina eravamo anche abbastanza sereni, perché sembrava che fosse meno di quello che si pensava. Proprio dopo aver fatto l’ecografia, non a caso. Invece appena è partito, già durante il trasferimento ha detto che non ce la faceva. Si è fermato subito. Non avevamo la seconda ammiraglia per caricarlo, altrimenti non avrebbe fatto neanche un chilometro. Abbiamo provato a convincerlo, ha provato anche Vino a dirgli di tenere duro, ma se non ce la fai, non ce la fai. Il muscolo è il muscolo…

«Dopo cala tutto – prosegue – non dico il morale perché sono tutti professionisti. Ma cala il fattore che tiene in piedi un po’ tutto».

La corsa di Nibali

Di Nibali si ha quasi pudore a parlare, perché non doveva fare classifica, ma ha provato a tenere duro e invece prima dei meno 5 ha dovuto rialzarsi, cedendo quasi un minuto a chilometro da lì al traguardo.

«Da Vincenzo – dice Martinelli – mi aspettavo una difesa come quella che è stata. Se ci fosse stato un minuto meno, sarebbe stato molto meglio, ma non è che dalla mattina alla sera si possono cambiare certe cose. Davanti sono rimasti tutti i migliori, perciò… Lui ha detto che da star bene a staccarsi è passato niente. Un momento prima stava lì e poi ha ceduto. Ha tenuto duro. Magari se fosse riuscito a stare con loro fino allo stradone, poi stava a ruota. Ma noi sapevamo di essere venuti al Giro con un leader che era Lopez, non ci siamo improvvisati».

Il mantello del santo

E di colpo nel tono delle sue parole sembra di riconoscere le motivazioni che ci hanno spinto ieri a scrivere l’editoriale sull’attaccarsi al mantello del santo, sperando nel miracolo. Con lo stesso Nibali che in mattinata s’è trovato a rispondere su un social a chi gli ha attribuito una dichiarazione roboante sulle sue intenzioni per questa tappa.

«Io voglio che Vincenzo faccia questo – dice Martinelli – che ci provi. Oggi ha tenuto duro. E’ andato bene, ma non benissimo. E’ questo il mio Vincenzo, capito? Io non ho mai pensato di fare classifica. Poi magari oggi ci pensi, perché corri in casa, sei sull’Etna, non puoi mica fare gruppetto. Ma piuttosto che arrivare 11° o 13° a Verona, meglio che vinca una tappa. E’ quello che io voglio, che vorrei. E’ ancora troppo vicino per entrare nelle fughe, ma lui è abituato a correre, non devo spiegargli troppe cose.

«Ora però la squadra va rimotivata. Quando perdi un leader, sicuramente devi reinventarti tutto e abbiamo gli uomini per poterlo fare. Scalatori ne abbiamo. Certo, bisogna motivare, essere certi di quello che si fa. Non è che puoi dire: voltiamo pagina e un attaccante lo metti in difesa e viceversa. Siamo l’Astana, non dimentichiamolo».

Yates ferito

Mentre camminiamo verso la sala stampa per raccontare tutto questo, dall’ambulanza scende Simon Yates con una contusione al ginocchio. Per sicurezza gli hanno appena fatto una radiografia che ha escluso complicazioni al di fuori del dolore.

Per essere che l’Etna non doveva provocare grossi sconquassi, il Giro stasera va a dormire con la classifica riscritta. Kamna ha vinto la tappa, il Lopez della Trek ha preso la maglia rosa. Quello dell’Astana è andato a casa e Dumoulin s’è portato via oltre 9 minuti di ritardo. E’ andata meglio a Fortunato, arrivato con Nibali. Nel gruppetto dei migliori tirato da Carapaz, è rimasto Ciccone.

Moscon riparte: lo vogliamo con questa grinta…

25.02.2022
5 min
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Quando si rifugia nella sua valle trentina, Moscon diventa irraggiungibile. Non tanto per un problema tecnologico, quanto piuttosto perché sulle sue strade Gianni riesce a riconnettersi con il mondo interiore da cui ha sempre tratto la forza. E così, alla vigilia del debutto sulle strade del Nord, il trentino ci ha raccontato del suo adattamento al mondo Astana Qazaqstan, dopo che ai primi di dicembre aveva parlato delle prime sensazioni non ancora suffragate dall’esperienza.

«Sono stato qualche giorno in Trentino – dice – prima di ripassare a Innsbruck, preparare la valigia e partire per il Belgio. Avrei cominciato anche prima, ma come mezzo mondo ho preso il virus. Sto abbastanza bene, ma stavo meglio prima. Ho fatto un bell’inverno, dopo il Covid però mi sono preso anche una bronchite con cui non potevo allenarmi. Sono stato fermo una ventina di giorni, ora inizio a pedalare. Per cui farò Omloop Het Nieuwsblad, ma non Kuurne, dove l’anno scorso mi ruppi il polso. Torno in Italia, vado a Laigueglia e poi alla Strade Bianche».

Per qualche secondo, ascoltandolo e prendendo appunti, è parso di avere al telefono Francesco Moser. Stesso timbro di voce, stessa assenza di fronzoli, quasi lo stesso dialetto. La tipica concretezza dei trentini delle valli, abituati a fare i conti con la durezza della terra.

Da quest’anno e fino al 2023, Moscon vestirà la maglia dell’Astana Qazaqstan Team
Da quest’anno e fino al 2023, Moscon vestirà la maglia dell’Astana Qazaqstan Team
Dunque la nuova squadra?

Alla fine non è cambiato tanto. Si lavora bene e con una mentalità più italiana. Che cosa significa? Che per allenarsi si sfrutta di più il gruppo, ad esempio ricorrendo molto alla doppia fila. La mentalità anglosassone prevedeva invece che ognuno avesse la sua tabella e svolgesse il lavoro, senza guardare quel che facessero gli altri.

Cos’altro prevede il tuo calendario?

Le classiche fino alla Liegi, poi il Tour. Il fatto che la Roubaix sia stata posticipata rende più semplice legarla alla Liegi, anche se salterò la Freccia Vallone. Invece dopo la Strade Bianche, ci saranno Tirreno e Sanremo.

Pensi ancora alla Roubaix dello scorso anno? Per qualcuno l’avresti vinta tu…

Senza quelle cadute, può darsi e sarebbe stata la ciliegina sulla torta. Per un po’ è andato avanti il giramento di scatole, ma ormai non ci penso più. Ogni anno si azzera tutto, anche Colbrelli che l’ha vinta riparte da zero. E’ vero che abbiamo trovato condizioni proibitive, ma qualunque sia il meteo, quella è una corsa in cui si deve combattere e prendere quel che viene.

Per tutto il 2022, Moscon utilizzerà la Wilier Filante, intervenendo di volta in volta su ruote e gomme (foto Instagram)
Per tutto il 2022, Moscon utilizzerà la Wilier Filante, intervenendo di volta in volta sulle gomme (foto Instagram)
Sai già con quali materiali la correrai?

Non ancora. Nel senso che la Wilier Filante è una bella bici, le differenze con la Pinarello sono davvero minime. Invece approfondiremo i dettagli proprio nei prossimi giorni andando lassù per le prime corse. Non è che serva poi tanto, servono soprattutto le gambe. E poi la differenza si fa con le gomme, scegliendo fra tubolari o tubeless.

La Filante va bene com’è?

Non serve cercarne una che ammortizzi più di altre. L’anno scorso ho corso con la Dogma F, la bici più rigida che avessimo, con i tubeless che però ne compensavano la durezza. E così userò la Filante, come per tutte le altre corse. Ho a disposizione anche altri modelli, ma non credo che mi metterò a cambiare.

Vedremo un Moscon d’attacco come quello del Tour of the Alps?

Partirò con la mentalità per vincere, ma anche quella è legata alla condizione. Quando stai bene, puoi esprimerti al livello che preferisci. E lo stesso devono stare bene i compagni che ti accompagnano. Io farò un programma quasi parallelo a quello di Leonardo Basso e anche Davide Martinelli sarà con noi. La squadra ha certamente una propensione più spiccata per i Giri, ma se hai gambe vai forte anche nelle classiche.

L’abbraccio con Bernal al Giro del 2021: l’incidente di Egan lo ha colpito molto
L’abbraccio con Bernal al Giro del 2021: l’incidente di Egan lo ha colpito molto
Sei nel gruppo di Zanini per il Nord?

Alle classiche ci sarà Zazà, anche se il mio tecnico di riferimento resta Martinelli. Devo dire che è bello poter lavorare parlando italiano. Di là per fortuna ha preso piede Tosatto, ma la mentalità della squadra resta inglese. Hanno un approccio diverso. Noi italiani invece abbiamo una mentalità che dal loro punto di vista può essere negativa, ma alla fine ci permette di tirare fuori ugualmente dei grandi risultati.

Si era parlato di Ineos e alimentazione, come va con i consigli di Erica Lombardi?

Lavoriamo a stretto contatto. Non ha apportato grandi cambiamenti, parliamo molto e mi dà consigli. Diciamo che stiamo facendo una sorta di formazione, aggiungendo qualche utile integrazione al mio bagaglio di esperienza. Dopo tanti anni si può pensare di sapere già tutto, con lei riuscirò a migliorare senza stravolgere la mia dieta.

Moscon debutterà domani alla Omloop Het Nieuwsblad in cui nel 2021 si mise in evidenza attaccando nel finale
Debutto domani alla Omloop Het Nieuwsblad: nel 2021 attaccò nel finale
L’importante è guadagnare…

Un po’ sull’allenamento, un po’ con la nutrizione. E’ tutto curato nei dettagli, poi vedremo i risultati. I marginal gains sono importanti se prima si sono raggiunti i big gains. Se mancano le basi, se si perdono di vista i fondamentali, con i dettagli ci fai poco.

Domani si corre in Belgio, differenze dallo scorso anno?

Non si faranno più i tamponi, che mi pare già un bel passo avanti. Non sono un medico, non so dire come ha fatto Van Aert se sia giusto non imporre più le quarantene. Il Covid me lo sono preso prima della stagione che comunque è tanto lunga. Speriamo che alla fine sarà stato un male che non è venuto per nuocere…

Martinelli: «Lopez? Si vedrà se è carne o pesce»

21.02.2022
6 min
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Non solo Vincenzo Nibali, l’Astana Qazaqstan quest’anno ha visto un altro grande ritorno, quello di Miguel Angel Lopez. E il colombiano, per tutti Superman, è un corridore mica da poco. Adesso è uno degli scalatori più forti in gruppo, in grado di sfiorare il podio al Tour e di salire su quello del Giro e della Vuelta.

Di questo ritorno avvenuto, forse un po’ in sordina, parliamo con Giuseppe Martinelli, il “diesse dei diesse” in casa Astana.

Giuseppe Martinelli è il direttore sportivo dell’Astana Qazaqstan dall’ormai lontano 2010
Giuseppe Martinelli è il direttore sportivo dell’Astana Qazaqstan dall’ormai lontano 2010
“Martino”, il figliol prodigo è tornato a casa…

La verità è che Miguel non sarebbe voluto andare via. Fu una scelta economica, perché noi per il 2021 avevamo un budget ridotto e togliendo lui ci siamo “aiutati”. Ma, ripeto, non c’era l’intenzione di mandarlo via. Non a caso Miguel all’inizio aveva firmato un contratto di un solo anno con la Movistar, poi durante il Tour de France lo estese ulteriormente di una stagione.

Fino a quella scenata della Vuelta, con la telefonata a bordo strada ripresa dalla tv…

Quello fu un caso loro in Movistar, ma quando Vinokourov ha capito che c’era la possibilità di riprenderlo è partito subito visto che lì gli equilibri si erano rotti. Non so se si sarebbe potuto rimediare, ma Vino ha preso la palla al balzo: una telefonata con Giovanni Lombardi (il procuratore di Lopez, ndr) e in quattro e quattr’otto è stata cosa fatta.

Dopo questo lasso di tempo lontano da voi, è cambiato?

Devo dire di sì. L’ho visto molto motivato. Prima che lasciasse l’Astana, da noi era un po’ cullato. Era arrivato nel nostro gruppo da piccolo colombiano, uno dei tanti scoperti quasi per caso. Lo andammo a vedere Vinokourov ed io al Tour dell’Avenir, che poi vinse. Io dissi a Vinokourov di “parcheggiarlo” in qualche continental, ma lui, per fortuna, lo volle subito coi professionisti. Essendo molto giovane, è stato coccolato, riverito… Quando voleva andare a casa in Colombia gli dicevamo: vai. Invece cambiando ambiente è cresciuto. Se sia stato bravo lui o la squadra questo non lo so, ma di certo è più grande di quando è andato via.

Lopez (al centro) nel giorno dell’abbandono della Vuelta 2021 e la conseguente rottura con la Movistar
Lopez (al centro) nel giorno dell’abbandono della Vuelta 2021 e la conseguente rottura con la Movistar
Insomma questa esperienza alla Movistar gli ha fatto bene…

Io lo dico sempre ai miei corridori: passare tanti anni in una squadra è bello, significa che stai bene, ma serve anche fare esperienze al di fuori del proprio orticello.

E fisicamente è migliorato ancora?

I numeri Miguel ce li ha sempre avuti. La sua è stata un’escalation nella quale è andato sempre a migliorare, poi ad un certo punto si è stabilizzato. Quest’anno mi aspetto il massimo da lui. A dicembre, quando gli ho dato i suoi programmi, gli ho detto subito che sarebbe stato il capitano al Giro d’Italia. Ma gli ho detto anche che vogliamo che vinca qualcosa prima. Che non pensasse solo al Giro. Deve arrivare alla corsa rosa con qualcosa in tasca. E devo dire che è partito bene. A Murcia ha attaccato, e in questi giorni alla Ruta del Sol sta facendo bene (ha concluso terzo nella generale, ndr). Ha finito delle tappe con i crampi, questo significa che ha spinto, che ha dato tutto.

Ha capito il messaggio…

Ha capito che vogliamo il risultato “senza se e senza ma”. Al Giro avrà una squadra a disposizione. Deve arrivare alle gare con la condizione giusta per lottare, per vincere. Non è più il tempo di crescere, di stare tranquillo, di andare al Giro per vincere una tappa. No, ha 28 anni ed è arrivato il momento per lui di dimostrare se è carne o pesce.

E secondo te Lopez come l’ha presa? Come ha reagito di fronte a questa responsabilità?

Per me ha reagito bene. Come ho detto prima, mi sembra più responsabile. Nel team abbiamo gente come Nibali, Moscon, De La Cruz, ma tocca anche a lui tirare fuori le castagne dal fuoco. A volte saranno “cavoli” suoi tirarsi fuori dai momenti difficili. Credo lo abbia capito… Sa che non ci accontentiamo, sa che deve vincere.

Lopez e Nibali hanno già corso insieme e si sono ben integrati
Lopez e Nibali hanno già corso insieme e si sono ben integrati
Dici questo perché lo hai visto da come si è comportato in ritiro?

Dico questo perché adesso ha l’età giusta e tutte le potenzialità per fare il massimo. Prima c’era sempre qualcosa che lo limitava. Lui i numeri li ha davvero.

Quando dici “qualcosa che lo limitava” intendi qualche caduta di troppo, un buco preso in gruppo, qualche distrazione?

Esatto, gli errori che non fa chi vince oggi. Le corse non si vincono a caso e nulla è lasciato al caso. Se andiamo a vedere, negli ultimi tre anni chiunque abbia messo il sedere sulla sella in gara lo ha fatto per competere, non più per prepararsi come si faceva una volta.

Martino, andrete a vedere qualche tappa del Giro. Magari gli hai raccontato di qualche aneddoto col Panta sul Fedaia?

E’ sempre più difficile fare delle ricognizioni, siamo sempre in giro, tra alture, ritiri, corse. Non c’è tempo. Del Fedaia non gli ho detto nulla, per ora abbiamo degli obiettivi e al Giro ci penseremo al momento giusto.

Giro 2018: Lopez è sul podio alle spalle di Froome e Dumoulin. Stavolta Martinelli sa che può ottenere di più
Giro 2018: Lopez è sul podio alle spalle di Froome e Dumoulin. Stavolta Martinelli sa che può ottenere di più
Che programma farà Lopez?

La sua prima parte di stagione arriva fino alla Tirreno-Adriatico. Poi andrà a casa in Colombia e tornerà per il Tour of the Alps.

Ma in generale senza tanta crono ti sembra un Giro adatto a lui?

Bisogna stare attenti, altroché. Già in Ungheria ci sono tappe che sulla carta sono facili ma, come sapete bene, l’insidia è sempre dietro l’angolo. C’è chi vuole attaccare, tutti sono freschi… Sono tanti anni che sono nel ciclismo e al di là della tecnologia, lo vedo da me che tutti vanno forte. Oggi un corridore che si stacca è perché ha finito di fare il suo lavoro, perché nei giorni successivi deve svolgere altri compiti e si risparmia. Non si stacca perché non ce la fa. Se tutti andassero al 100% si andrebbe ancora più forte. 

C’è un uomo di riferimento che affiancherà Lopez?

Harold Tejada. Lui è un po’ un incompiuto, ma ha i numeri per essere forte in salita. Quest’anno è importante anche per lui per capire davvero chi è. Per ora mi sembra stia andando meglio. E’ colombiano come Lopez, stargli vicino magari sarà uno stimolo anche per lui. 

E invece con Nibali e con gli altri big, come si troverà Lopez?

No, no… Vanno d’accordo. Non dimentichiamo che con Vincenzo si conoscevano già. Erano entrambi in Astana. Lopez è un bravissimo ragazzo. Magari da fuori può sembrare “spigoloso”, ma in realtà è molto tranquillo.

Fra passato e futuro, il Nibali 2022 secondo Vanotti

16.02.2022
5 min
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A chiudere gli occhi e ricordare il primo Nibali in Astana, viene in mente lui, scortato da Alessandro Vanotti e Michele Scarponi. Oggi che Vincenzo è tornato alla corte di Vinokourov quei due ci sono ancora: Michele, lo osserva da una dimensione superiore, Alessandro rimanendo in contatto costante e ricoprendo il ruolo che ha sempre svolto: tenere alto il morale del suo capitano.

Incontriamo Alessandro Vanotti in un bar del centro di Brembate Sopra – paese in provincia di Bergamo dove oggi abita – nel giorno di San Valentino e scopriamo un uomo fortemente innamorato del ciclismo, anzi della bicicletta.

Alessandro, cosa potrà fare Nibali quest’anno?

Vincenzo non deve snaturarsi. Credo che debba continuare a puntare a fare bene nei grandi Giri, nelle brevi corse a tappe e nelle classiche dove ha dimostrato di saper andare forte: Lombardia, Sanremo, Liegi. E poi deve avere un programma certo, condiviso con la squadra, che sia rispettato fino alla fine: ha bisogno di programmazione.

Pensi potrà puntare a fare classifica al Giro o al Tour?

Dipenderà dalla condizione con la quale arriverà a ridosso dei grandi eventi e a quel punto lui e la squadra dovranno essere bravi a ragionare. Si potrebbe pensare di partire senza grandi aspettative per poi ritrovarsi a metà corsa in lizza per la classifica. Oppure lasciar perdere, risparmiare energie per investirle al grande Giro successivo.

Nel magico 2014, accanto a Vanotti anche l’allegria, la testa e le gambe di Michele Scarponi
Nel magico 2014, accanto a Vanotti anche l’allegria, la testa e le gambe di Michele Scarponi
Si era parlato di togliersi qualche sfizio, tipo correre la Roubaix…

Non scherziamo: con quali aspettative? Io penso che Vincenzo una corsa come la Roubaix possa correrla l’anno in cui deciderà di smettere. Farlo adesso, come fece Wiggins a suo tempo, sarebbe solo un grande rischio.

Lo vedi ancora nelle vesti di capitano o ormai il suo ruolo è di insegnare ai giovani compagni?

Nibali è un capitano! Può ancora vincere tappe importanti e togliersi soddisfazioni. E’ chiaro però che avere lui in squadra è come avere Ibrahimovic nello spogliatoio, può insegnare tantissimo ai giovani, può trasmettere insegnamenti tecnici e mentali che derivano dalla sua esperienza, sia in gara che nei ritiri.

Si capisce che Astana è una famiglia per come si è trattati durante le visite in Kazakhstan
Si capisce che Astana è una famiglia per come si è trattati durante le visite in Kazakhstan
Il suo ritorno in Astana, cosa significa?

Che aveva bisogno di ritrovare un ambiente famigliare. Ha fatto bene a fare le esperienze che ha fatto, ma l’ambiente solido che si crea in quel team è unico. Mi ricordo quando andavamo in Kazakhstan per la presentazione. In quel momento capisci quanto ci tengano, ti sembra quasi di correre per la maglia della nazionale, sei portato naturalmente a dare tutto.

Chi sarà l’uomo chiave?

Michele Pallini, sicuramente. E’ quello che lo conosce da più tempo e il suo ruolo di massaggiatore è cruciale, non solo per l’aspetto fisico, ma anche mentale. Toccandogli la gamba capisce subito se c’è qualcosa che non va.

Vanotti non concluse il Giro 2013 per la frattura di un braccio, ma seguì la squadra sino in fondo
Vanotti non concluse il Giro 2013 per la frattura di un braccio, ma seguì la squadra sino in fondo
Dietro al suo ritorno c’è la volontà di Martinelli. Cosa ci puoi dire di lui che ancora non sappiamo?

E’ il Nibali dei direttori sportivi. Quello che ancora oggi, se gli telefoni perché hai bisogno, viene a casa tua, ti ascolta e ti parla. Martinelli è quel direttore sportivo che quando arriva in ritiro lo senti, ti dà sicurezza.

Vi sentite ancora molto con Vincenzo, come sta in questa primissima parte di stagione?

Sereno. E tranquillo. Maturo, equilibrato, sta sfruttando le conoscenze che ha acquisito in tutti questi anni da professionista.

Quando vi sentite, gli dai ancora qualche consiglio?

Quando ci sentiamo non parliamo mai di ciclismo. Ridiamo e scherziamo, facciamo battute, serve per stemperare la tensione. Prima del Covid ci vedevamo molto più spesso e allora, uscendo in bicicletta insieme, mi capitava ancora di sentirmi il suo gregario e gli davo qualche parere. Dopo tanti anni insieme, capisco dalla sua pedalata se sta bene o no. Ricordo quando vinse la Sanremo: dalla tv lo vidi sulla Cipressa e dissi che avrebbe vinto.

Quando scenderà dalla bicicletta, lo vedi direttore sportivo?

No, lo vedo meglio come manager di una grande squadra. Uno capace di trascinare i giovani e attirare sponsor. E’ ancora l’italiano più conosciuto, ha vinto tutto. E’ una figura che serve, come Tosatto, come Bennati. Non pensiamo che oggi i preparatori contino più dei corridori, che i numeri servano più dell’esperienza.

EDITORIALE / Un’ammiraglia più decisa per il soldato Ciccone

14.02.2022
4 min
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Direttori sportivi (bravi) si nasce. Allo stesso modo in cui sono pochi i campioni capaci di centrare determinate corse, il numero dei tecnici che nella storia li hanno guidati dall’ammiraglia si riduce a un elenco ristretto. Il ciclismo moderno ha riscritto gli incarichi, ma è palese che in alcuni team questa figura manchi. E di conseguenza gli atleti rischiano di ritrovarsi con un pugno di mosche perché l’ambiente squadra in cui si muovono non è all’altezza delle loro possibilità.

Il modello Mercatone Uno sarebbe davvero irripetibile? Crediamo di no. E’ quello che accade regolarmente e da sempre nel calcio. E quando in quel giorno di novembre del 1996 ci ritrovammo all’Hotel Monti del Re di Dozza ad ascoltare il vecchio e mai abbastanza rimpianto Luciano Pezzi, le sue parole scolpirono una verità.

Nella Mercatone Uno del 1997, Pezzi volle Pantani capitano, però Martinelli leader della squadra
Nella Mercatone Uno del 1997, Pezzi volle Pantani capitano, però Martinelli leader della squadra

Rivoluzione Pezzi

«Il vero capo è il direttore sportivo – disse aprendo una riflessione enorme – il vero capo di questa squadra è Martinelli, la sua forza è il gruppo. Con Gimondi ero io il leader, Felice era il capitano: i ragazzi devono capirlo. E’ per questo che Martinelli ha avuto carta bianca. Sarà lui a fare la squadra, a parlare con i corridori in caso di malumori o problemi. Il capitano invece dovrà pensare a correre, seppure in sintonia col direttore e le sue scelte.

«Martinelli non lo conoscevo, perciò l’ho convocato. Quando un’azienda deve assumere qualcuno, vuole prima capire di che pasta sia fatto, no? Non si trattò di un colloquio formale, ma ugualmente lo trovai preparatissimo. Signori, pensai, questo è il numero uno. In più ha delle finezze che mi commuovono. Sono segnali davvero importanti per noi che siamo appena agli inizi. Ed è grazie a ciò che la Mercatone Uno e il sottoscritto sono veramente tranquilli».

Sulla punta delle dita

Al UAE Team Emirates, Pogacar ha Hauptman, di cui si fida da una vita, e un pool di tecnici presi dalle prime ammiraglie di altre squadre e calati nella parte: l’unione fa la forza, Tadej fa il resto.

Roglic, Vingegaard e Dumoulin non possono contare su ammiraglie altrettanto efficaci e infatti, quando lo scontro è elevato, gli è capitato di perdersi.

Il Team Ineos Grenadiers ha vinto il Giro d’Italia con Tao Geoghegan Hart e poi con Bernal perché alla guida c’era Tosatto: se fossero stati diretti da un britannico tutto watt e schematismi, avrebbero lasciato ad altri almeno una maglia rosa.

La Quick Step-Alpha Vinyl ha corridori vincenti, ma il carisma di Peeters e di Bramati fa sì che siano sempre affiatati e motivati. Il Wolfpack non è per caso.

La Movistar ha regalato corse per anni, malgrado campioni come Quintana, Carapaz, Valverde e Landa, in nome di gestioni ancora da capire sull’ammiraglia.

L’Astana di Martinelli, dopo due anni in cui ha fatto il possibile con quello che aveva, vale a dire Vlasov e Fuglsang, è il team dei due Giri e un Tour vinti con Nibali, la Vuelta di Aru e vari altri podi. Martino è ancora una garanzia e non crediamo sia per caso che Vincenzo abbia scelto di tornarvi.

Il tris Vinokourov, Nibali e Martinelli (foto 1993) si è ricomposto: Martino è al centro delle operazioni
Il tris Vinokourov, Nibali e Martinelli (foto 1993) si è ricomposto: Martino è al centro delle operazioni

A casa di Ciccone

E poi c’è la Trek-Segafredo di Ciccone, da cui nasce questa riflessione. L’abruzzese, che ci sta molto a cuore, correrà il Giro e poi il Tour. Da un paio di stagioni viene indicato come incostante e di difficile gestione. Ma chi lo gestisce? Con quale direttore sportivo ha il rapporto stretto di fiducia che gli permetterebbe di sentirsi davvero guidato? Sarebbe interessante vederlo in mano a un tecnico dei precedenti. Capire in che modo gli verrà creata attorno la squadra, con quali uomini e quali possibilità correrà in Italia e poi in Francia.

I direttori sportivi attualmente in organico alla squadra americana sono bravissime persone, scrupolose, devote e puntuali, ma che hanno fatto le loro cose migliori in appoggio ad altri. E quando sei gregario, con la pur grande nobiltà insita nel termine, non riesci ad avere una gestione da capo della squadra.

Forse fra tante manovre di mercato, a costo di spendere una fortuna e contravvenendo alla regola balzana che non vuole un uomo al comando, Luca Guercilena, cui auguriamo di tornare presto in gruppo, dovrebbe investire su un direttore sportivo che gli dia la tranquillità raggiunta a suo tempo da Pezzi con Martinelli. Bramati oppure Tosatto? Perché no. In questo modo la società, Ciccone e dopo di lui Tiberi, Baroncini e l’intera squadra potrebbero andare in corsa sicuri di avere sulla plancia un vero leader. E Ciccone potrebbe preoccuparsi “solamente” di fare il capitano…

Moscon ritrova la fiducia, il sorriso e… l’italiano

05.12.2021
5 min
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C’era anche Moscon ieri sul volo di rientro dal Kazakhstan alla Spagna e nella valigia, oltre allo stupore per gli scenari mai visti prima, Gianni portava un carico di entusiasmo tutto nuovo, fresco, leggero. Dopo il 2021 delle vittorie di primavera, del Giro corso in grande supporto di Bernal e la Roubaix sfuggita di mano per sfortuna e forse per qualche errore tecnico, il trentino ha voltato pagina. Te ne accorgi da tante spie. Dal tono di voce. Dalla rapidità con cui risponde ai messaggi. Dal fatto di essere uscito da un cono di luce non suo. Si riparte e non da zero. E ha ragione Velasco quando dice che gli sembra di trovarsi nella Zalf in cui corsero assieme.

«Sei anni nel gruppo Ineos sono tanta roba – dice Moscon –  ma non ho nessuna nostalgia. Si chiude un ciclo. Resto in contatto con gli amici, non è un addio. L’ambiente è sempre quello del ciclismo. Ma nella nuova squadra respiro tante sensazioni positive. Sembra davvero lo spirito di quando eravamo dilettanti, l’entusiasmo di quando ogni cosa ti sembra nuova. Credo che l’Astana sia più a misura mia, un ambiente familiare. La forte componente italiana fa la differenza. E vedo in tutti la voglia di tornare a essere una grande squadra».

Moscon ha ritrovato l’equilibrio in una squadra a misura d’uomo e nella sua campagna (foto Instagram)
Moscon ha ritrovato la serenità in una squadra a misura d’uomo (foto Instagram)

Un viaggio impegnativo

Il viaggio è stato impegnativo, come ha raccontato Velasco. Sei ore di volo da Francoforte e cinque ore di fuso guadagnate. Sono sbarcati alle quattro del mattino, la seconda notte sono andati a dormire tardi e il volo di rientro era all’alba. Hanno dormito a dire tanto per due ore, recuperando semmai in aereo. Alle tre del pomeriggio di ieri sono arrivati in Spagna e sono usciti a fare un giretto in bici, per resistere alla tentazione di addormentarsi.

Che effetto ti fa essere in una squadra in cui si parla italiano?

Molto bello, è un valore aggiunto che ti fa sentire a casa. E’ quello che cercavo.

Si poteva cambiare prima?

E’ stato giusto fare sei anni, che per vari motivi sono stati proficui. Ma era arrivato il momento di cambiare, di rimettersi in gioco in una squadra che ha voglia di riscatto. Mi volevano da sempre, avevamo già parlato altre volte. Quando però si sono fatti sotto quest’anno, erano davvero determinati e mi hanno proposto un bel progetto. Trovo un ambiente in cui credono in me al 100 per cento ed è motivante rispetto a quando questa fiducia non era più al massimo.

Le cadute di Roubaix hanno fatto più male al morale o al fisico?

Al morale, al fisico non mi sono fatto niente (ride, ndr). Esco comunque da una stagione positiva. Con tre vittorie, sono tornato ai miei livelli dopo due anni difficilissimi. Il 2020 è stato un buco nero. Peccato per lo scafoide rotto a Kuurne a marzo, sarebbe stata una stagione anche migliore. Era importante fare un buon anno e mi ha dato tanta fiducia.

Quando hai deciso per Astana?

Sarà stato metà agosto, ma non mi ha distratto né mi ha dato motivazioni diverse. Corro innanzitutto per me stesso, per dare il massimo, a prescindere dalla maglia che indosso. E comunque la Ineos è sempre stata corretta nei miei confronti, era giusto dare il massimo sino alla fine.

Come si è svolta la trattativa?

Se ne è occupato Lombardi, che mi aggiornava passo dopo passo. Quando poi abbiamo preso la decisione, mi sono sentito con Vinokourov e Martinelli e a fine settembre ho firmato il contratto.

Settimo ma protagonista alla Coppa Sabatini: con lui c’è Valgren, che vincerà
Settimo ma protagonista alla Coppa Sabatini: con lui c’è Valgren, che vincerà
Che cosa potrà darti Martinelli?

Sicurezza, esperienza e fiducia, che è importantissima perché il corridore dia il massimo. Sto notando una cosa molto positiva e cioè che ci seguono passo dopo passo anche negli allenamenti. Se c’è da correggere qualcosa, te lo fanno notare in tempo reale ed è il segreto del successo. Se invece ti viene dato un programma e devi seguirlo da solo, può capitare che ti allontani dalla linea e arrivi in corsa che non vai come dovresti.

Cosa ti pare del gruppo dei corridori?

Giovani ed esperti, un bel mix, con Vincenzo (Nibali, ndr) che è un riferimento per tutti. Con lui ho un bel rapporto, ci conosciamo da diversi anni. Un’amicizia nata nel ciclismo, ho sempre avuto molta stima nei suoi confronti. Allenarsi con lui, per me che sono cresciuto guardando le sue gesta, non ha prezzo

Attento a come parli, potrebbe pensare che tu gli stia dicendo che è vecchio…

Non è quello (ride, ndr), il fatto è che ha sempre vinto tanto. Quando io ero junior, lui aveva già vinto la Vuelta. Al mio primo anno da under 23, ha vinto il Giro. E’ sempre stato un riferimento.

Con Nibali sempre un buon rapporto: qui al Giro dell’Appennino, nel 2018 leader insieme a Innsbruck
Con Nibali sempre un buon rapporto: qui al Giro dell’Appennino, nel 2018 leader insieme a Innsbruck
Con chi dividi la camera in ritiro?

Con Leonardo Basso, che è un altro valore aggiunto per la squadra. Sa fare il suo lavoro ed è un amico giù dalla bici.

Hai già un’idea di programma o delle corse che vorresti fare?

Ne ragioneremo qui in Spagna. In assoluto direi le classiche e poi uno o due Giri in supporto del leader e pensando alle tappe. Ma è tutto in fase di lancio. Ho iniziato da un paio di settimane a pedalare sulla nuova bici e qui ne approfitteremo per sistemare le misure. Si deve assettare tutto, per essere pronti a correre all’inizio dell’anno.

Cenghialta e il diesse WorldTour: prima dei corridori c’è l’ufficio

27.11.2021
5 min
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I direttori sportivi non staccano e, se lo fanno, non è certo adesso. Dopo averne parlato con Bruno Cenghialta, uno degli uomini di Martinelli alla Astana, il quadro è piuttosto lucido e racconta di una realtà… aziendale in cui guidare gli atleti fa parte del pacchetto, ma non è tutto. Per questo e per il notevole numero di corridori di cui è composto un team WorldTour, è un bene che i direttori abbiano un ristretto numero di atleti con cui lavorare.

Ciascuno ha le sue mansioni extra sportive. C’è chi si occupa dei mezzi. Chi della logistica. Qualcuno del calendario. E qualcuno delle bici. Cenghialta si occupa dell’abbigliamento da gara: dalle scarpe ai caschi, nulla escluso. Anche ora che si lavora per la preparazione in Kazakhstan, c’è da predisporre le nuove divise.

«Si parte il 2 dicembre – dice – si sta un paio di giorni e poi si va in Spagna. Dopo diventa più facile, anche se per modo di dire. Ormai una squadra WorldTour è un’azienda. Cominciò tutto dopo il Team Sky, che ha cambiato le abitudini e costretto gli altri ad adeguarsi. E così bisogna dividersi i compiti. Non è solo guidare la squadra, ognuno di noi ha altre 5-6 mansioni. Anche se dirigere i corridori è l’aspetto prioritario. Perciò dopo che a dicembre s’è fatta la prima consegna dei materiali, si comincia a parlare di corse…».

Gregario di lusso

Cenghialta veleggia verso i sessanta, ma non lo diresti. Sempre tirato, alto, scuro di carnagione e nero di capelli, è stato corridore dal 1986 al 1998 e ha scritto le cose migliori con la maglia dell’Ariostea, quella della Gewiss e anche quella della nazionale. Per mestiere tirava in favore degli altri, ma si portò a casa una tappa al Tour del 1991 e anche un secondo posto all’Amstel. Correva con la stessa serietà che serve per fare il tecnico e infatti da tecnico si è rivelato ugualmente una sicurezza. Raccolse il testimone della Ballan, da cui nacque la Alessio in cui sarebbe dovuto passare professionista Nibali (fu Bruno ad adocchiarlo per primo). Ma la squadra si sciolse ed entrambi – lo Squalo e il vicentino – approdarono alla Fassa Bortolo. All’Astana c’è arrivato dopo l’Acqua e Sapone e il lavoro con Riis alla Saxo Bank. Lui un certo modo di fare ciclismo lo ha visto vincere e lo racconta.

Di programmi si comincia a parlare in ritiro?

Diciamo che Martinelli e Shefer fanno la prima scelta di gare, all’80 per cento. Non puoi prescindere da Giro, Tour e Vuelta. Poi ne aggiungiamo altre per necessità e per scelta. In mezzo ci sono i training camp, che vanno previsti in base ai programmi. Loro due iniziano, poi ci riuniamo, valutiamo e quando è tutto a posto, approviamo. In modo che nel ritiro di dicembre se ne inizia a parlare con i corridori.

Martinelli e Shefer individuano le corse. Mazzoleni (a sinistra) calibra la preparazione
Martinelli e Shefer individuano le corse. Mazzoleni (a sinistra) calibra la preparazione
Può capitare di cambiare qualcosa?

Qualche aggiustamento si fa sempre ed è una delle fasi fondamentali. Come è fondamentale azzeccare la programmazione dei ritiri. L’anno scorso ad esempio abbiamo risentito tantissimo dell’assenza di quello di dicembre, annullato causa Covid. Saltammo una fase importante di lavoro che ci avrebbe permesso di essere più aggressivi nelle prime corse. I preparatori in questa fase sono importantissimi. Alcuni corridori andranno via dal primo ritiro con le date già totalmente definite.

Quindi il ritiro di dicembre per voi non è il classico momento in cui finalmente ci si ritrova e, pur dovendo lavorare, si molla un po’ la tensione…

Noi in ritiro siamo a tutta, la sera arriviamo sfiniti. Seguiamo gli allenamenti, poi di pomeriggio o quando si può facciamo i colloqui individuali con i corridori. Ci facciamo dire cosa hanno fatto fino a quel punto, raccogliamo i dati degli allenamenti, vediamo se ci sono correttivi da fare. Dicembre è fondamentale, perché si costruisce la base forte dell’allenamento e si crea il dialogo con i ragazzi.

E poi è l’unico ritiro in cui ci sono tutti, giusto?

Esatto. Quando faremo il ritiro di gennaio, alcuni saranno già partiti per l’Argentina. E quest’anno va anche bene. Ci sono stati anni, in cui a gennaio partiva il gruppo per l’Australia, mentre quelli della Vuelta a San Juan, poi restavano fuori fino al Tour Colombia. Per questo a dicembre si fanno tutte le foto. Pensate che l’anno scorso al ritiro di gennaio vidi il canadese Perry e poi non l’ho incrociato più sino a fine anno. E ora ha smesso e chissà se lo vedrò mai più.

La Astana 2022 ritrova due talenti di ritorno dopo scelte e parabole diverse: Lopez e Nibali
La Astana 2022 ritrova due talenti di ritorno dopo scelte e parabole diverse: Lopez e Nibali
Per questo lavorate con piccoli gruppi?

E’ l’unico modo. Ogni inizio di settimana, il lunedì o il martedì, facciamo dei meeting in cui li valutiamo e condividiamo le osservazioni con gli altri. E se hanno corso sotto la guida di altri direttori, ognuno riferisce ai tecnici di riferimento, perché siano aggiornati su tutto. In questo modo sai come stanno andando e come aggiornare la preparazione.

Era più facile alla Alessio, dì la verità…

Sono mondi diversi, ora è tutto più impegnativo, ma per contro è più facile calcolare e prevedere. Allora si faceva tutto per coprire al meglio la doppia attività. Poi è arrivata Sky. E adesso ci sono giorni che sei in tutto il mondo e volendo potresti fare di più…

Garofoli, purosangue nelle mani di “Martino” e dell’Astana

23.11.2021
4 min
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Gianmarco Garofoli ha appena 19 anni, ma è già una “vecchia” gloria. Il marchigiano di Castelfidardo lo abbiamo imparato a conoscere in questa stagione: dal Giro U23 all’Avenir, dal Val d’Aosta agli assaggi di professionismo con la sua (allora) Development Team Dsm.

Già, allora. Garofoli infatti passerà nella fila della neonata Astana Qazaqstan Development Team. A volerlo, e non con poca voglia, è stato Giuseppe Martinelli. Ma forse sarebbe meglio dire che si sono incontrati.

Garofoli ha esordito con la Dsm quest’anno. Spesso si è messo a disposizione della squadra, soprattutto al Giro U23 (foto Team Dsm)
Garofoli ha esordito con la Dsm quest’anno. Spesso si è messo a disposizione della squadra, soprattutto al Giro U23 (foto Team Dsm)

Astana nel destino

«Con Martinelli – racconta Garofoli – ho un buonissimo rapporto. Ci conosciamo sin da quando ero uno juniores tanto che già a quei tempi feci un ritiro con l’Astana a Calpe. Ma poi optai per il Development Team Dsm.

«Questa stagione, la mia prima tra gli under 23, è stato un bell’anno alla fine, però già all’Avenir ho iniziato a pensare di cambiare. C’erano delle distanze culturali tra me e la squadra, se così si può dire. La scuola italiana è molto diversa dalla loro. E così ho chiesto aiuto anche a Martino. Si è presentata l’occasione della loro continental e ne ho approfittato».

Secondo al Val d’Aosta, Garofoli festeggia con suo fratello Gabriele
Secondo al Val d’Aosta, Garofoli festeggia con suo fratello Gabriele

Investimento all’estero

Garofoli non rinnega l’anno passato all’estero. Anzi… Soprattutto per chi come lui vuole fare il corridore di alto livello è stato un vero investimento. Al pari di uno studente universitario che fa l’Erasmus. Oggi un’esperienza così è quasi imprescindibile.

«Vero – riprende Garofoli – mi ha fatto bene. Ho imparato l’inglese, ho imparato ad essere più autonomo e in generale a svolgere il mio lavoro da ciclista professionista. Comunque è un bell’ambiente per crescere».

 

«Sono stato più io che da italiano ho avuto qualche difficoltà. Pensandola in ottica futura, queste incompatibilità potevano emergere più spesso: allenamenti, gare da fare… Tanto che anche loro, in Dsm, alla fine sono stati d’accordo nel cambio di squadra».

Ancora Giro della Valle d’Aosta: il marchigiano ormai stremato in prossimità di Cervinia. Una vera impresa d’altri tempi
Ancora Giro della Valle d’Aosta: il marchigiano ormai stremato in prossimità di Cervinia. Una vera impresa d’altri tempi

Giro e Tour

Martinelli non vede l’ora di lavorare con Garofoli. Martino e i giovani sono un connubio sempre più imprescindibile. Il tecnico bresciano prima di altri ci aveva parlato dell’importanza di avere un vivaio. Di ragazzi da “plasmare”. Di Garofoli Martinelli conosce anche la famiglia e sa bene i valori extra ciclistici del ragazzo. Valori sui quali poter lavorare con una certa serenità.

«A 18 anni – dice Garofoli – scelsi a scatola chiusa la Dsm Development. Vedevo questo team straniero come un’opportunità grandiosa, una motivazione… come di fatto è stata. Firmai per due anni pensando ad un certo periodo di maturazione. Me ne è bastato uno, ne sono convinto».

«Adesso con l’Astana è come tornare un po’ a casa. Un altro ambiente. C’è Mazzoleni con il quale ho lavorato in passato e molti italiani. Farò qualche gara WorldTour. Magari quelle meno importanti e farò con la Development le corse maggiori. E poi ho un sogno. Fare Giro e Tour. E farli bene…

«A me piace correre in un certo modo. Nella tappa che ho vinto a Cervinia (noi c’eravamo, ndr) ho faticato tantissimo nel finale. Mi dicevano: “se fossi partito nell’ultima salita anziché a 70 chilometri dall’arrivo avresti guadagnato di più”. Ma a me non importava. Io volevo dare spettacolo. Per me il ciclismo è anche questo».

E se ci dovesse riuscire anche nei pro’… Una cosa è certa, Martinelli avrà pane per i suoi denti con questo ragazzo, un vero purosangue.