Johannessen e Tiberi, storia di scelte diverse

08.02.2022
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Entrano nella stessa inquadratura: uno bello a fuoco davanti con il braccio destro alzato, l’altro dietro, ancora ingobbito, a strappare il terzo posto di giornata. Tobias Johannessen, norvegese di 22 anni, vincitore dell’ultimo Tour de l’Avenir, neoprofessionista. Antonio Tiberi, italiano di 20 anni, campione del mondo juniores della crono nel 2019, secondo anno da professionista. Succedeva sabato, merita un approfondimento.

E’ l’eterna disputa fra educatori sull’opportunità o meno di andare a scuola un anno prima. E siccome non se ne viene a capo e a seconda dei casi la “primina” è un vantaggio o una condanna, anche il beneficio di anticipare o meno il passaggio al professionismo resta legato ai casi e se ne potrà parlare a pensione raggiunta. I due sono entrambi lì, sulla cima del Mont Bouquet, salita di 4,6 chilometri con dislivello di 437 metri e pendenza media del 9,5 per cento, dalla cui cima si vedono le torri di Avignone. E questo è un fatto.

L’Etoile de Besseges ha inaugurato la seconda stagione da pro’ di Antonio Tiberi
L’Etoile de Besseges ha inaugurato la seconda stagione da pro’ di Antonio Tiberi

Poca strada

Tobias Johannessen ha scoperto il ciclismo su strada solo la scorsa stagione perché, fino ad allora, con il fratello gemello Anders (7° al Tour de l’Avenir), passava il tempo lungo i fiordi norvegesi in mountain bike (ha vinto il bronzo ai mondiali juniores 2016) o la bici da ciclocross.

«Le strade di casa sono piuttosto pianeggianti – spiega – e abbiamo imparato ad andare in salita grazie alla mountain bike lungo i sentieri non asfaltati. Tuttavia non so ancora che tipo di corridore sono veramente. Questo è quello che devo cercare di scoprire. E’ solo il mio secondo anno su strada e tutte queste gare sono nuove per me».

Alla fine, Johannessen ha conquistato la maglia dei giovani e il 3° posto
Alla fine, Johannessen ha conquistato la maglia dei giovani e il 3° posto

Buone sensazioni

Antonio Tiberi al confronto mastica strada e chilometri da tempo, pur essendo dei due il più giovane: nato nel Lazio, formato in Toscana e arrivato nel WorldTour con la Trek-Segafredo dopo un assaggio di under 23 con il Team Colpack. In Italia si fa presto ad appendere etichette e già nei suoi confronti c’è chi ne ha confezionate alcune troppe frettolose. Il ragazzo è giovanissimo e avendo scelto di anticipare tutto, sta ora facendo i passi giusti.

«Sono molto soddisfatto del risultato di oggi – ha confermato dopo il traguardo – ma soprattutto delle sensazioni che ho avuto. Ho sentito un salto di qualità tangibile rispetto alla scorsa stagione, mi sentivo perfettamente a mio agio tra i big. Era una sensazione che mi era mancata l’anno scorso e averla nella prima gara dell’anno mi dà grande fiducia per i prossimi appuntamenti».

Ai 400 metri, Tiberi, che era da poco rientrato, ha provato ad andarsene da solo
Ai 400 metri, Tiberi, che era da poco rientrato, ha provato ad andarsene da solo

Più solido

Innegabile che, malgrado la minore esperienza, i due anni in più diano a Johannessen una diversa consistenza fisica. Al Tour de l’Avenir si è mangiato con astuzia e classe un predestinato come Rodriguez e il nostro Zana. La sua squadra, la professional danese Uno-X, è sponsorizzata da una compagnia che distribuisce benzina low cost e punta a salire nel WorldTour a partire dal prossimo anno. Ad ora sogna e pensa di meritare l’invito al Tour de France, che parte proprio dalla Danimarca. Anche se, a rigor di logica, ASO darà la precedenza alle francesi TotalEnergies e B&B Hotels.

«Avevo visto che era una bella salita per me – ha detto Johannessen dopo il traguardo – sapevo che avremmo dovuto attaccare per vincere. Questa corsa è stata una bella esperienza. A parte aver perso terreno il primo giorno, poi sono arrivato per due volte terzo e alla fine ho vinto».

Mentalità vincente

Tiberi continua a crescere per gradi, convinto in modo coerente del percorso scelto. Un terzo posto lo aveva centrato anche nel 2021 nell’impronunciabile arrivo in salita di Gyöngyös-Kékestető al Giro di Ungheria, che poi gli era valso anche lo stesso piazzamento sul podio finale.

«Il nostro obiettivo per la giornata – ha detto al traguardo – era aiutare Skujins a rimanere tra i primi dieci in classifica. Quando siamo arrivati ai piedi della salita finale, le mie sensazioni erano ancora molto buone e mi sono detto: “Proviamoci!”. Ero in mezzo al gruppo e mi è costato del tempo per recuperare. Quando sono arrivato davanti, ho avuto solo un momento per respirare prima di saltare sulle ruote di Johannessen e Vine. A 400 metri, sull’ultima rampa dura, ho dato il massimo, cercando di andare in solitaria per vincere. Non ha funzionato, ma sono comunque molto contento. L’Etoile de Besseges è stato un crescendo per me. Giorno dopo giorno mi sono sentito sempre meglio. Domani c’è la cronometro, la mia specialità: un’altra occasione per fare bene». 

Alla prossima

E la crono infatti ha sorriso più all’italiano, 10° a 23″ da Ganna, che al norvegese, 15° a 34″. I due ora proseguiranno lungo il calendario deciso per loro dai rispettivi tecnici, ma non mancheranno occasioni prossime di confronto. E se la stampa francese è convinta che la Norvegia abbia trovato in Johannessen un uomo da affiancare ai giovani prodigi che ad ora spopolano nel ciclismo, perché non dovremmo pensare di averne uno quasi pronto anche noi? Due anni di differenza a questi livelli non sono esattamente uno scherzo…