Un anno di imprese con gli occhi di Bennati

30.11.2022
7 min
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Dopo un paio d’ore di bici a ragionarci su, Bennati si fa vivo al telefono. Gli abbiamo chiesto di parlare delle imprese 2022 che gli sono rimaste negli occhi e il tecnico azzurro si presenta puntuale all’appuntamento con il suo elenco, anticipato nel frattempo con un messaggio.

Il finale di stagione è popolato di famiglia, alcuni impegni ufficiali, qualche pranzo con gli amici di sempre e la bici. A breve a Milano si farà un punto della situazione e poi sarà tempo di programmare il 2023.

Strade Bianche 2022: Pogacar all’attacco da solo per 51 chilometri. Siena conquistata
Strade Bianche 2022: Pogacar all’attacco da solo per 51 chilometri. Siena conquistata

Pogacar a Siena

La prima impresa che merita un pensiero è la vittoria di Pogacar alla Strade Bianche. Era il 5 marzo, lo sloveno ha tagliato il traguardo dopo 51 chilometri di fuga.

«Ero lì a vederla – racconta Bennati – con l’auto nel vivo della corsa. E’ stata un’impresa che solo lui poteva fare, una distanza esagerata. Solo lui o magari Evenepoel. Sono azioni che ti vengono perché non ti rendi conto, a me non è mai capitato. Ti viene da pensare che quelli dietro non andassero così forte e magari è vero che inizialmente, visto anche il vento, non lo hanno inseguito tanto forte.

«Non è stata un’azione come quella di Van der Poel alla Tirreno dell’anno precedente, perché quella volta fu proprio Tadej a voler bene all’olandese. Van der Poel ha dei fuorigiri impressionanti, ma non è tanto calcolatore. Pogacar invece difficilmente sbaglia. Credo però che certe imprese saranno sempre più difficili da fare. Le prime volte chi insegue calcola male i tempi, adesso invece li tieni a tiro e non lasci tanto spazio. C’è da dire che i 184 chilometri di gara della Strade Bianche hanno aiutato, fossero stati 250 forse sarebbe stato diverso».

Sanremo, 19 marzo: Matej Mohoric solleva la bici con cui ha appena stregato la Classicissima
Sanremo, 19 marzo: Mohoric solleva la bici con cui ha appena stregato la Classicissima

La Sanremo di Mohoric

La Sanremo di Mohoric è la seconda impresa del 2022 che Bennati ha messo in memoria, colpito dalla lucidità e dalla forza dello sloveno.

«L’idea di usare il reggisella telescopico – dice il toscano – è stata geniale, però magari avrebbe vinto lo stesso. Non credo che abbia fatto la grande differenza grazie a questo. Ha vinto perché oltre a essersi preso dei grandi rischi, aveva anche tante gambe. Per vincere non poteva che fare a quel modo. Tirare le curve al limite e poi spingere forte. Lui usa abitualmente il 55 o il 56 anche su strada…

«Non è stata una vittoria come quella di Nibali del 2018, perché Vincenzo si era avvantaggiato in salita, con un’impresa di quelle che si vedevano vent’anni fa. Mohoric sapeva che l’unica soluzione era attaccare nella discesa del Poggio, perché non ha la sparata di Vincenzo. Ha scelto il momento. Ha rischiato due volte di cadere. Una volta ha preso una canaletta di scolo e se fosse caduto nell’ultima curva, non so come sarebbe finita. Ma evidentemente era scritto che la Sanremo dovesse finire così».

I quattro italiani del Giro

La terza tappa di questo viaggio nella stagione secondo il “Benna” è composta dalle vittorie di tappa italiane al Giro d’Italia, proprio nel momento in cui si sparava a zero sul ciclismo italiano.

«Visto che non avevamo ancora centrato grossi successi – dice Bennati – sono state quattro vittorie importanti. La prima, quella di Dainese un po’ a sorpresa, ha dato l’attacco. Poi è venuto Oldani, che ha battuto Rota a Genova. Quindi Ciccone a Cogne e Covi sul Fedaia. Da tifoso, mi hanno colpito tutte. Da commissario tecnico, alla vigilia di un europeo veloce come quello di Monaco, la vittoria di Dainese è stata una bella boccata di ossigeno. Certo, anche lui deve fare un salto di qualità per dare delle garanzie, ma la sua vittoria è stata una bella cosa».

Così Zana vince il campionato italiano ad Alberobello. E’ il 26 giugno
Così Zana vince il campionato italiano ad Alberobello. E’ il 26 giugno

Il tricolore di Zana

Il quarto momento è la vittoria di Zana al campionato italiano, anche se il vincitore non era ancora un grosso nome.

«E’ giusto parlarne – dice Bennati – perché la maglia tricolore merita considerazione, allo stesso modo in cui è stato giusto portarlo al mondiale. Filippo era un po’ in calo, ma la corsa che ha vinto è stata bella e importante. Il prossimo anno passa in una WorldTour e deve fare uno step importante in avanti, per capire dove potrà arrivare. Spero che possa fare il Giro e far vedere la maglia tricolore».

Kuss andatura
La vittoria di Vingegaard ha ribaltato i pronostici del Tour, ma Pogacar ci ha messo del suo
Kuss andatura
La vittoria di Vingegaard ha ribaltato i pronostici del Tour, ma Pogacar ci ha messo del suo

Il Tour di Vingegaard

Il Tour di Vingegaard rientra tra i fuori programma meno attesi. «Tutti si aspettavano Pogacar – dice Bennati – invece è stato un bel Tour. Combattuto con tattiche non sempre comprensibili. Penso all’ultima crono di Vingegaard, che forse avrebbe potuto alzare il piede dall’acceleratore e invece stava per finire contro un muro. A volte fare due calcoli può essere utile. Se Pogacar non fosse andato alla caccia di ogni traguardo, avrebbe vinto nuovamente lui. Ma di una cosa sono certo, della sconfitta del 2022 faranno le spese i suoi avversari il prossimo anno.

«Comunque Vingegaard è stato bravo a restare sempre coperto nella prima settimana, non l’hai mai visto. E aveva accanto la Jumbo Visma che ha sempre creduto in lui, presentandosi con un organico impressionante».

Wollongong, 25 settembre: Evenepoel vince il mondiale con un attacco da lontano, come aveva annunciato
Wollongong, 25 settembre: Evenepoel vince il mondiale con un attacco da lontano, come aveva annunciato

Il mondiale di Evenepoel

Il mondiale di Evenepoel è la sesta finestra di Bennati sul 2022 e questa volta il discorso si fa personale, dato che a lottare per lo stesso traguardo c’erano anche i nostri.

«La cosa sorprendente – dice Bennati – è che tutti sapevano quello che avrebbe fatto, cioè partire da lontano. Remco ha sfruttato tutto nei minimi dettagli ed è un peccato che Rota non gli stesse attaccato, perché aveva la gamba giusta per rimanere con lui. Quando ha provato a inseguirlo all’ultimo passaggio sotto il traguardo, gli era arrivato a 50 metri poi ha dovuto rialzarsi. Magari Remco lo avrebbe staccato al giro successivo, perché mettendosi al suo livello lui ti logora. Infatti secondo me Lutsenko ha sbagliato ad aiutarlo, ma se Rota fosse andato con loro, almeno il podio era assicurato.

«Dopo un po’ ho smesso di pensarci. Ho fatto tesoro del buono e messo via quel che non serve. In proporzione, ci ho messo più tempo a dimenticare i mondiali di Doha…».

Grenchen, 8 ottobre: il record dell’Ora di Ganna ha mostrato il carattere del campione piemontese
Grenchen, 8 ottobre: il record dell’Ora di Ganna ha mostrato il carattere del campione piemontese

L’Ora di Ganna

Si chiude con il record dell’Ora di Ganna, che Bennati non ha potuto seguire per l’influenza. Il cittì aveva visto Pippo partire dall’Australia alla volta dell’Europa e del tentativo di Grenchen.

«Nonostante tutto quello che era stato detto alla vigilia – racconta – ero sicuro che ce l’avrebbe fatta. E’ stato un avvenimento importante e per lui il coronamento di un sogno. Dopo la delusione del mondiale, ha dimostrato carattere da grande campione».

Mezz’ora con Caruso: il Giro, i giovani, Milan e Ciccone

23.10.2022
8 min
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Con i suoi 35 anni, Damiano Caruso è l’ultimo italiano ad essere salito sul podio del Giro d’Italia e se quest’anno non ha difeso il piazzamento del 2021 è stato perché la squadra l’ha spedito in Francia. Punto. Lo ha detto anche Cassani, che venerdì l’ha inserito fra gli italiani più concreti per il prossimo Giro. Ma è ancora presto per dire se il prossimo anno sarà diverso e non è neppure questo il motivo per cui l’abbiamo chiamato.

Ci incuriosisce infatti sapere che cosa pensi del percorso del Giro e soprattutto, guardandosi intorno, se abbia visto fra gli italiani giovani qualcuno che in futuro possa puntare a un buon piazzamento. E se, rivedendo la sua esperienza, avere una WorldTour italiana cambierebbe davvero le cose.

Con questa vittoria a Monte Spluga, al Giro 2021 Carusò blindò il secondo posto dietro Bernal
Con questa vittoria a Monte Spluga, al Giro 2021 Carusò blindò il secondo posto dietro Bernal

Un Giro da fughe

«Tre tappe con 5.000 metri di dislivello – dice – due da 4.000. Parecchie sul filo dei 200 chilometri e anche più lunghe. Poi le tre crono, la seconda di 33 chilometri e mezzo. E’ un Giro particolare. Dopo quattro giorni c’è il primo arrivo in salita e dopo altri tre si va a Campo Imperatore, che è bella dura.

«E’ nello stile del Giro fare tapponi duri e lunghi e secondo me è un po’ in controtendenza. Perché alla fine si è visto che le azioni più spettacolari sono venute nelle tappe da 140-150 chilometri. Ce ne sono due di 218 chilometri. Quella di Campo Imperatore sono sei ore di bici con 4.000 metri di dislivello.

«Vedo tante tappe da fuga. Quella di Crans Montana (13ª tappa, ndr) ha l’ultima salita lontana dal San Bernardo e nella valle, che si fa al Romandia, decide tutto il vento che al mattino tira in un verso, il pomeriggio nell’altro. Sono lunghe e non puoi inseguire tutto il giorno. Chi tira? Sarà un Giro per gente che va forte in salita, ma deve andare forte per forza anche a cronometro».

Due tappe vinte per Caruso quest’anno al Giro di Sicilia, corso con la nazionale: a Caltanissetta e sull’Etna
Due tappe vinte per Caruso quest’anno al Giro di Sicilia, corso con la nazionale: a Caltanissetta e sull’Etna
Dicono Evenepoel…

Da lui c’è da aspettarsi di tutto. Se davvero verrà, avrà un bagaglio di esperienza superiore, un anno in più di maturazione e il morale altissimo. Sicuramente sarà uno dei favoriti. Questo ragazzo secondo me è ancora da scoprire, neanche lui conosce i suoi veri limiti. Alla Vuelta grandi cali non ne ho visti. Nelle varie occasioni si è gestito con intelligenza ed è arrivato in fondo in scioltezza. Alla fine l’unico che poteva impensierirlo in salita era Roglic, ma si è autoeliminato.

Si parla anche di lui e di Mas.

Se confermano questi tre nomi, abbiamo già il podio. Se vengono loro, ci saranno tre squadre attrezzate per supportare tre capitani, quindi il Giro comincia a diventare più complicato. Non sarà il classico Giro. Il vero problema secondo me è ostinarsi a voler assomigliare al Tour. Non si deve snaturare, il Giro deve vivere di luce propria. Non devi sempre cercare di fare qualcosa per attirare questo o quel corridore. I corridori a un certo punto capiranno che solo pochi possono vincere il Tour. Se io fossi un corridore di classifica, intanto comincerei a vincere il Giro. Il problema viene dalle squadre, perché purtroppo per loro il Tour vale di più e il ragionamento smette di essere tecnico.

Evenepoel viene al Giro? Secondo Caruso (i due insieme alla scorsa Liegi), troverà un percorso perfetto per lui
Se Evenepoel viene al Giro (i due insieme alla scorsa Liegi) troverà un percorso perfetto per lui
Parliamo un po’ di italiani?

Per adesso non vedo tanti che possano ambire all’alta classifica, però mi piacerebbe cominciare a vederne qualcuno che prova a entrare nei 10. C’è Fortunato, per cui la vittoria sullo Zoncolan è diventata molto pesante. Per i grandi Giri non siamo attrezzatissimi, mentre per le gare di un giorno e i traguardi di tappa secondo me non siamo messi male.

Dopo Nibali sarebbe toccato ad Aru, ma ha smesso anche prima.

Di sicuro non abbiamo l’erede di Nibali, speriamo almeno in un corridore che abbia la voglia di cimentarsi per provare a fare classifica. Noi abbiamo Zambanini, che nel 2022 ha fatto vedere che può tranquillamente fare questo mestiere e farlo bene. Ha bisogno di crescere, non è Pogacar, ma lavora per migliorare. Dobbiamo prendere i buoni corridori che abbiamo e dargli il tempo di maturare. Zambanini secondo me è ha talento e, se farà un percorso di crescita adeguato alle sue potenzialità, un giorno potrà arrivare anche ad ottenere dei risultati sopra la media.

Zambanini è uno di quei corridori che ha bisogno del suo tempo per emergere, ma ha qualità e talento
Zambanini è uno di quei corridori che ha bisogno del suo tempo per emergere, ma ha qualità e talento
Cosa pensi di Ciccone?

“Cicco” è uno di quelli su cui ci sono grandi attese, però forse non è un corridore da Giri. Lui lo pensa perché glielo hanno inculcato dall’inizio. Prendete Formolo: dicevano che fosse un corridore da corse a tappe, il nuovo Ivan Basso. Ti fanno crescere con un determinato obiettivo e ti fanno credere che la strada è quella. Poi in corso d’opera riprogrammarsi non è semplice.

La tua storia in fondo è simile a quella di Ciccone, no?

Non tanto, io mi sono semplicemente disabituato. La mia generazione è stata l’ultima cui dissero, lo ricordo ancora bene: «Tutto quello che hai fatto da dilettante lo devi dimenticare, qui si ricomincia da zero. C’è da fare la gavetta e portare le borracce. E poi, pian piano, se dimostri che hai talento, ti diamo spazio». Invece forse questo è stato deleterio, perché mi sono adagiato sul ruolo che mi avevano assegnato.

Ciccone fa bene a insistere sui grandi Giri? Caruso ormai ha più di un dubbio: «Ma Giulio è fortissimo»
Ciccone fa bene a insistere sui grandi Giri? Caruso ormai ha più di un dubbio: «Ma Giulio è fortissimo»
Avevi davanti Basso e Nibali…

Quando sono arrivato alla Liquigas, per me già era un sogno poter fare il Giro d’Italia con Ivan Basso. Figuratevi se pensavo di fare il leader. La prima volta che mi è stata data l’opportunità di fare classifica fu alla Vuelta del 2014, quando feci nono. Ma non mi fu detto che sarei partito da leader. L’anno dopo invece arrivai ottavo al Giro e partii dall’inizio con quell’obiettivo.

Al Giro del 2012 ci fu un momento chiave.

Forse la svolta di tutta la mia carriera. Il penultimo giorno ero in fuga con Cunego e De Gendt. Eravamo rimasti soli sul Mortirolo, dovevamo scendere e fare lo Stelvio su cui c’era l’arrivo. Invece in fondo al Mortirolo mi fermai letteralmente per aspettare Basso, che era con un gruppetto dietro. Eppure in quel momento ero super contento, perché mi sembrava tantissimo staccarmi per aspettare Ivan che doveva provare a vincere il Giro. Col senno di poi, se quel giorno non mi avessero fermato, magari non avrei vinto la tappa, però si sarebbe aperto un altro scenario.

Quello che succede ad altri italiani in giro per il mondo…

Come fai a valorizzare un talento italiano se va nelle altre squadre, dove ci sono altri grandi campioni? Se ti vuoi inserire nel gruppo, devi fare quello che la squadra ti chiede. O sei un talentuoso e allora già a 22-23 anni dici al vecchietto di andare a tirare per te, altrimenti fai quello che ti dicono. Se vuoi lavorare in questo mondo è così. Prima o poi nascerà un altro Pantani, ma intanto valorizziamo quel che abbiamo. Siamo bravi a buttarci giù, intanto però abbiamo un po’ di certezze come Ganna e anche tanti giovani promettenti a cominciare da Milan.

Forte, Johnny…

Secondo me ancora non ha fatto vedere neanche il 60 per cento della sua forza. Jonathan è una… bestia. Quest’anno al Giro di Croazia mi ha stupito in maniera assurda ed ha ancora margine. Deve ancora cominciare ad allenarsi da professionista, perché per un motivo o per l’altro finora ha giocato e ha avuto un po’ di infortuni.

Alla partenza de lLombardia con Alessandro De Marchi, compagno di Caruso alla BMC
Alla partenza de lLombardia con Alessandro De Marchi, compagno di Caruso alla BMC
Cosa può fare?

Se arriva in condizione ad un grande Giro e soprattutto riesce a controllare la sua foga, con un po’ di esperienza entro 2-3 anni diventerà uno dei velocisti più forti del mondo. Ma può andare bene anche al Fiandre e alla Roubaix, Jonathan secondo me ha dei margini notevoli, è forza bruta. Questo, è un toro.

E ha solo 22 anni

Non ditelo a me. Al Giro di Croazia ero il più vecchio seduto a tavola e un giorno abbiamo festeggiato il compleanno di Santiago Buitrago che faceva 23 anni, poi il suo che ne compiva 22. E io ero frustrato pensando che la settimana dopo a casa ne avrei compiuti 35. 

Milan secondo Caruso non conosce i suoi limiti. Potrebbe davvero diventare uno dei velocisti più forti?
Milan secondo Caruso non conosce i suoi limiti. Potrebbe davvero diventare uno dei velocisti più forti?
Programmi?

Adesso siamo a riposo tranquilli e poi a dicembre si farà il classico ritiro ad Altea e poi un altro a gennaio. Ci sarà il gruppo che torna in Australia, ma io credo che comincerò in Spagna fine febbraio. Comunque in Europa, a noi vecchietti certe trasferte le evitano, con tutti quegli sbalzi di temperatura. Poi vedremo che programma fare, io ho fatto una richiesta, vedremo se sarà accolta. Per ora me ne sto a casa con la famiglia. Oggi ho fatto un giretto sul tardi, qui fa un bel caldo. Giù al mare fanno ancora il bagno.

Un altro Giro per Cicco e il sogno (sfumato) di Ganna

10.08.2022
5 min
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«Abbiamo sondato Ganna – spiega Luca Guercilena – per capire se fosse interessato a un ruolo di leader assoluto, non solo per le crono. Gli abbiamo parlato di classiche e di grandi Giri, in cui andare a caccia di tappe senza dover tirare per un capitano. Ma alla fine ha scelto di prolungare il contratto con Ineos. Massimo rispetto per la sua scelta e per chi lo ha messo nelle condizioni di farla».

Il team manager della Trek-Segafredo risponde da Mentone. In questa fase torrida dell’estate, le sue giornate sono fatte un po’ di mare e di telefono sempre acceso, perché come dice sorridendo, la new generation lavora sempre. La voce per cui Ganna sarebbe finito nello squadrone americano con forte matrice italiana aveva cominciato a girare e ci aveva incuriosito. In precedenza, la Trek aveva provato la carta Nibali senza grosse fortune reciproche e il nome Ganna poteva essere un bel modo per rendere più grande l’italianità del team.

La Trek-Segafredo ha provato davvero a ingaggiare Ganna, proponendogli un ruolo da leader
La Trek-Segafredo ha provato davvero a ingaggiare Ganna, proponendogli un ruolo da leader
Sfumata l’occasione Ganna, si può dire che la squadra 2023 sia fatta?

Più o meno sì. Una volta luglio era il mese delle strette di mano e ad agosto si chiudevano gli affari. Adesso si lavora tutto l’anno, perché nessuno vuole rischiare di firmare un contratto dopo il Tour, quando magari una vittoria può far lievitare il valore dell’atleta. Meglio chiudere prima. E poi si sta diffondendo questa abitudine di firmare contratti lunghissimi.

Che cosa vuol dire?

Innanzitutto che c’è stabilità e questo è un bene. Ma sicuramente questo aprirà le porte del mercato, perché non è detto che un corridore si troverà per forza bene per 5-6 anni nella stessa squadra. E a quel punto, essendo tutti contratti con penali prestabilite, si potrebbe tentare di portarne via qualcuno. Di solito questa opportunità viene a crearsi nelle squadre con tanti leader.

Pedersen è alla Trek dal 2017, ha vinto un mondiale e al Tour 2022 la tappa di Saint Etienne
Pedersen è alla Trek dal 2017, ha vinto un mondiale e al Tour 2022 la tappa di Saint Etienne
Alex Carera ha spiegato che il sistema del ranking potrebbe rendere nulli dei contratti.

E’ vero. Nel contratto si scrive che ha validità finché si rimane nel WorldTour. Questo significa che le squadre che retrocedono potrebbero rischiare di sparire e che l’eventuale retrocessione metterà sul mercato tanti corridori che potrebbero non volere seguire il team nella categoria inferiore.

A parte Ganna, non si siete svenati per inseguire un grosso nome, soprattutto per i grandi Giri.

Due o tre anni fa facemmo la scelta di puntare su corridori U25, che col tempo avremmo selezionato ulteriormente. Pedersen e Stuyven sono i primi frutti di questa politica, come Simmons e Ciccone, che non è giovanissimo, ma fa parte comunque di un processo di formazione. Detto questo, i leader più forti sono già blindati e non conviene strapagarne uno che magari arriva nei primi cinque. Soprattutto se vuoi avere il controllo del budget.

Stuyven è alla Trek dal 2014. Lo scorso anno ha vinto la Sanremo
Stuyven è alla Trek dal 2014. Lo scorso anno ha vinto la Sanremo
C’era Carapaz sul mercato e andrà alla EF-Easy Post…

Carapaz è un atleta forte, ma rientra nella categoria precedente. Per cui, avendo sposato la politica dei giovani, non aveva senso puntare su un atleta di 30 anni che avrebbe impegnato una grande fetta di risorse.

Nel frattempo ci sono degli stagisti molto interessanti.

Abbiamo Vacek e Thibau Nys, ma ci sono in arrivo anche altri nomi da team professional di cui ancora non posso parlare.

Il 2022 ha insegnato qualcosa di più su Ciccone?

Giulio ha dimostrato di poter vincere tappe nei grandi Giri, ma sono convinto che debba fare ancora un tentativo per la classifica. Serve la salute e lui non ne ha avuta molta. Voglio ancora un tentativo tenendo conto delle sue caratteristiche. Quindi senza limitarlo, perché la sua arma potrebbe essere l’imprevedibilità.

Baroncini ha tutto per essere un leader: ha 21 anni, non serve avere fretta
Baroncini ha tutto per essere un leader: ha 21 anni, non serve avere fretta
E intanto Bennati ha convocato Baroncini per gli europei.

Dal mio punto di vista, “Baro” è l’italiano che può guadagnarsi una posizione di assoluto rilievo. Ha fisico e testa. Può diventare un grande leader, sta a lui riuscirci.

Si può dire che il Covid abbia danneggiato anche il 2022?

Assolutamente! E sarà così anche nel 2023. Anche se non ci sono effetti pesanti sulla salute, tanti corridori hanno il sistema immunitario non ancora a posto. Inoltre si tornerà a 30 corridori e questo li metterà ancor più sotto pressione. Però non sono più a favore delle super restrizioni. Bisogna tornare a spingere come nel 2019 e chi sta male resta a casa.

Guercilena, al Giro con l’addetto stampa Paolo Barbieri, è manager della Trek-Segafredo
Guercilena, al Giro con l’addetto stampa Paolo Barbieri, è manager della Trek-Segafredo
Torniamo per un attimo a Ganna, per lui saresti tornato allenatore? Sarebbe stato stimolante dopo Cancellara…

Ci avevo pensato, sarebbe stato perfetto nella nostra squadra. Sono ambizioso, lo siamo tutti e penso che non sarebbe stato male. Però lo capisco, Ineos è uno squadrone. Se ne andrà a 31 anni, la sua carriera ormai ha quei colori.

Le storie della Planche e Vingegaard sulla strada di Tadej

08.07.2022
6 min
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Quassù c’è qualcosa di magico. Forse è la leggenda delle ragazze che 400 anni fa si lasciarono annegare nel lago per sfuggire agli stupri dei mercenari svedesi durante la Guerra dei Trent’anni. Oppure è la storia di destini che si incrociano a La Planche des Belles Filles e raccontano storie di corsa.

Anche in questo giorno caldo di grandi attese mantenute, uomini di valore si sono arrampicati portando con sé ricordi e missioni da compiere. Solo uno è riuscito a mantenere il voto dichiarato ieri dopo la vittoria di Longwy, ma stavolta ha dovuto stringere i denti contro il giovane Vingegaard che già sul Mont Ventoux lo guardò negli occhi senza timori. Anche lui lo ha fissato nel momento di passarlo, si esercita così la pressione del leader. Sugli altri è calato lo stesso silenzio di quel giorno crudele, quando le ragazze di Plancher les Mines scelsero una morte dignitosa per sfuggire a una ben più terribile.

Ritorno sul luogo del delitto

Qui Pogacar spodestò Roglic e chissà se nella sua determinazione di vincere sia passata anche la voglia di dimostrare che non fu per la fortuna. C’era la sua famiglia, c’erano motivazioni speciali, ma per vincere ha dovuto pescare nella tasca dell’orgoglio.

«Da quando è stato annunciato il percorso – ha detto – ho voluto vincere quassù. Vingegaard è stato davvero forte. Ha corso alla grande, ma io non potevo rinunciare. Per Urska al traguardo, per la mia famiglia ai piedi della salita, per la mia squadra che ha lavorato così duramente. Ho dovuto davvero spingere a fondo per superarlo. Questa è una vittoria molto speciale. Anche perché oggi abbiamo lanciato una fondazione per la ricerca sul cancro. Per questo ho indossato per la prima volta queste scarpe speciali».

Vingegaard oggi ha fatto soffrire Pogacar. Non ha paura e riproverà
Vingegaard oggi ha fatto soffrire Pogacar. Non ha paura e riproverà

Un avversario vero

Ma forse stavolta Tadej potrebbe aver trovato un degno avversario. Quantomeno uno che non ha paura di sfidarlo in campo aperto, comunque andrà a finire.

«E’ stato sicuramente un finale brutale – racconta il giovane danese della Jumbo Visma, l’unico a non avere conti aperti con la Planche, ma avendone appena aperto uno – ma penso di poter essere felice. Ci ho provato, ma sono arrivato a 20 metri dalla fine e poi basta. Ero davvero vicino al traguardo e ora spero di stare meglio sulle salite più lunghe. Le gambe hanno risposto bene quindi sono felice».

Pogacar lo ha definito il miglior scalatore al mondo circondato da una squadra fortissima. Il danese sorride e si dirige verso il bus. Per oggi altro da dire non ce l’ha.

Roglic sta tornando. Arriva nella scia di Pogacar e promette battaglia
Roglic sta tornando. Arriva nella scia di Pogacar e promette battaglia

La risposta delle gambe

Roglic ha preferito dire poche parole, lasciando che a dare il suo messaggio fossero le gambe. Il terzo posto a 14 secondi da Pogacar dice che forse le botte dei giorni scorsi si stanno assorbendo e che altre montagne potrebbero diventare sue amiche. Chissà se salendo ha riconosciuto qualche scorcio di quel giorno in cui aveva gli occhi sbarrati e la vita contro.

«Sapevo cosa stava succedendo – ha detto alla partenza – ma non potevo più spingere. Stavo lottando contro me stesso per ogni metro. Oggi non sapevo cosa aspettarmi. Ho abbastanza esperienza dopo le cadute. Ogni spinta del pedale è come un coltello che mi taglia la schiena. Mi fa male la parte bassa, ma non sono qui per piangere, sono qui per combattere».

La Planche questa volta non lo ha respinto e chissà che non cedendo al forcing del giovane connazionale non abbia ritrovato la fiducia che sprofondò con lui nel lago quel giorno.

Ancora una volta nella stessa fuga, Teuns e Ciccone stavolta si arrendono
Ancora una volta nella stessa fuga, Teuns e Ciccone stavolta si arrendono

Teuns e Ciccone, deja vu

Curiosamente nella fuga si sono ritrovati i due uomini che se la giocarono nel 2019. Teuns vincendo la tappa, Ciccone prendendo la maglia gialla.

«Avevo già previsto questo scenario ieri sera – ha detto il belga del Team Bahrain Victorious – sapevo che c’erano buone possibilità che Pogacar volesse vincere oggi e alla fine è andata così. Ho capito presto che non saremmo riusciti ad arrivare alla fine. Se il gruppo ti concede solo un massimo di due minuti e mezzo, sai che hai poche possibilità. Sulla salita finale, Kamna era chiaramente anche il più forte. Ma per me ci sono ancora molte opportunità in questo Tour».

Forse è stato per questo senso di impotenza che Ciccone a un certo punto ha preferito mollare?

«Era una tappa adatta agli attacchi quindi ci ho provato. Il fatto che fosse una salita che aveva già detto qualcosa di importante cambiava poco. Quando sei lì per giocartela, ogni salita più o meno diventa uguale. La fatica è quella, neanche me la ricordavo benissimo».

Teuns è arrivato a 3’52”, Ciccone a 16’30”. Si fa così quando si vuole entrare liberamente nelle fughe. Ma forse l’abruzzese non ha ancora ritrovato la gamba di fine Giro.

Dieci anni dopo, non è più lo stesso Froome. Solo la testa è identica
Dieci anni dopo, non è più lo stesso Froome. Solo la testa è identica

Dieci anni così lunghi

Parlando davanti al bus grazie ai buoni uffici del suo addetto stampa, Chris Froome ieri aveva sorriso ripensando alla salita che nel 2012, giusto 10 anni fa, gli portò la prima vittoria di tappa, in quel Tour di tensioni che fu poi vinto da Wiggins.

«Ho dei bei ricordi del 2012 – ha detto – in quel Tour fu anche la prima occasione per misurare la mia condizione e credo che sarà così anche domani. Mi aspetto che gli scalatori cercheranno di recuperare il terreno perso nella crono, per poi cominciare una rimonta nei giorni successivi. Alcuni dei miei rivali cercheranno di recuperare tempo e di passare all’offensiva sin da domenica».

Ha concluso prevedendo distacchi contenuti fra i primi del Tour. Quei dieci anni non sono stati facili da colmare, ma l’esperienza ha visto giusto. Froome è arrivato a 3’48” da Pogacar, in questo primo Tour senza i legacci dell’infortunio, rincorrendo le sensazioni del campione che fu. Sapremo nei prossimi giorni quanto il tempo avrà scavato a fondo. E per fortuna non ci sarà da aspettare troppo.

Dopo Giro, circuiti e riposo, torna un Ciccone rinnovato

24.06.2022
4 min
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Domenica si corre, il tricolore fa gola. Ciccone ha un bel timbro di voce, rinfrancato dalla tappa vinta a Cogne, ma soprattutto dall’aver ritrovato la salute. Per un po’ è sparito, faceva fatica anche a rispondere ai messaggi.

«Dopo il Giro – dice – ho fatto due giorni di circuiti (nella foto Cycling Stars Criterium in apertura è con Nibali, Cavendish e Ballan, ndr). Poi ho avvertito la necessità di staccare del tutto. Ho riposato per cinque giorni, senza bici. Dopo una corsa come il Giro serve riposo fisico, ma sinceramente avvertivo il bisogno di tornare alle mie abitudini normali. Mangiare qualche piatto sfizioso. Diciamo che in quei pochi giorni non me la sono passata male. Poi ho ripreso in modo serio. Sono rimasto per tutto il tempo a San Marino e adesso sono di passaggio in Abruzzo per andare in Puglia».

Con la compagna Annabruna alla partenza del Giro da Pescara e la promessa (mantenuta) di rifarsi (foto Instagram)
Con Annabruna alla partenza del Giro da Pescara e la promessa (mantenuta) di rifarsi (foto Instagram)

Giro, Tour e niente altura

Non è andato in altura come tutti quelli che poi andranno al Tour, anche se in Francia ci andrà pure lui. E se al Giro il proposito di partenza, poi vanificato dal covid e vari acciacchi, era stato quello di fare classifica, al Tour de France si va per qualche tappa. Come nel 2019, quando tutto sembrava facile e soprattutto possibile.

«Mi piace il programma con Giro e Tour insieme – riflette – e il fatto che il Giro sia andato così e così, con la condizione arrivata alla fine, magari mi avvantaggerà in Francia. C’è di nuovo la Planche des Belles Filles dove presi la maglia gialla, ci sono tante belle salite. Ma onestamente non so se sia un bene o un male il fatto di sapere cosa mi aspetta. Sento addosso quel qualcosa di diverso, ma so anche che non si può abbassare mai la guardia. Correre per le tappe è meno stressante di pensare a una classifica, ma non si può certo dire che il Tour sia una corsa rilassante».

Luca Guercilena, Giulio Ciccone, Tour de France 2019
Ciccone torna al Tour dove nel 2019, nella foto è con Guercilena, conquistò la maglia gialla
Luca Guercilena, Giulio Ciccone, Tour de France 2019
Ciccone torna al Tour dove nel 2019, nella foto è con Guercilena, conquistò la maglia gialla

Obiettivo tricolore

L’umore è buono. Le traversìe di primavera sono alle spalle. La legnata del Blockhaus è stata lavata via dalla vittoria di Cogne e dalle buone sensazioni dei giorni successivi.

«Il Blockhaus – dice – è stato il seguito di un periodo duro iniziato da marzo. Ho smesso di colpo di avere sensazioni buone ed è andato avanti per settimane. Ritrovare la vittoria e tornare al livello migliore mi ha confermato quello che penso di valere. E adesso mi sento sano, sono in forze, una cosa che al Giro non ho mai percepito del tutto. Per questo al campionato italiano ci credo. Anche se non è tanto adatto alle mie caratteristiche, per quello che mi hanno detto. Punto a fare una bella gara, anche se non posso dichiarare obiettivi».

Nessun nemico

Resta da capire – e nel sentirlo si mette a ridere – se abbia finalmente tolto tutti i sassolini dalle scarpe, come cominciò a fare proprio nel giorno di Cogne.

«Mi dispiaceva – dice – ricevere parole quando stavo male. Accetto le critiche se sto bene e non rendo. Non che mi facciano piacere, ma so che ci possono stare. Però le cattiverie quando sai che sono stato male non mi vanno giù. Però, tranquilli… Sono sereno e non ho nessun nemico cui farla pagare. Mi tengo stretto questo morale e le mie gambe. Vado all’italiano e poi finalmente torno al Tour».

Il resto è un recuperare chiacchiere arretrate. Battute su questo e quello. Anche sul fatto che a San Marino abbia scelto di abitare in cima al Titano e non alla Dogana come tutti gli altri. Dice che gli piace farsi tutta quella salita per arrivare a casa e che il clima non è mai stato torrido. E poi alla battuta sul fatto che presto o tardi dovrà sposarsi, il furbo Cicco… Eh, basta così: questo semmai dovrà dirvelo lui! 

Un filo rosso che unisce Cataldo, Ciccone, Nibali e Scarponi

18.05.2022
7 min
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Per il 13° Giro d’Italia della carriera (ha corso anche 2 Tour e 9 Vuelta), Dario Cataldo si è ritrovato in camera con Ciccone, il ragazzino che in un modo o nell’altro ha sempre frequentato la sua casa, di cui proprio a partire dal 2022 è diventato gregario. Inutile dire che sognassero tutti un altro Giro e che il passaggio a vuoto di Giulio sul Blockhaus non fosse stato inserito in alcuna previsione possibile, se non nel cassetto degli incubi, che per scaramanzia ed esigenze di spazio, si tiene sempre ben nascosto.

Dopo il giorno di riposo di Pescara e la… tappaccia di ieri verso Jesi vinta da Girmay, la Trek-Segafredo ha iniziato a riorganizzarsi, spostando le attenzioni verso obiettivi meno alti della classifica generale, ma non per questo meno impegnativi. E Cataldo, che in vita sua le ha viste ormai tutte, è pronto per fare la sua parte. Anche perché la maglia rosa di Lopez è ancora il tesoro di famiglia e difenderla dà un senso diverso alle giornate.

Dopo la crisi del Blockhaus, per Ciccone visita parenti e un bel reset: si va per le tappe
Dopo la crisi del Blockhaus, per Ciccone visita parenti e un bel reset: si va per le tappe
Come ti trovi?

E’ un bell’ambiente. Si riesce a lavorare molto bene, i ragazzi sono tutti affiatati, non si può chiedere di meglio. La maglia rosa l’ho sempre inseguita, sognata per una vita. E adesso la vedo lì che mi passa sempre davanti o ce l’ho accanto. Oppure la vedo poggiata su una sedia. E’ una bella sensazione… 

Intanto però gli obiettivi sono cambiati, andrà in fuga anche Cataldo?

Non ci sto pensando. Sto pensando a fare bene per la squadra, poi se capita, si farà… Comunque se c’è una fuga e visto che abbiamo uomini che devono andarci, se ci sono io, come minimo ci saranno anche loro. Per cui, se non aiuto dietro, aiuterò davanti (ride, ndr).

Fra gli uomini Trek-Segafredo preposti ad entrare in fuga c’è Mollema, che ha già provato verso Potenza
Fra gli uomini Trek-Segafredo preposti ad entrare in fuga c’è Mollema, che ha già provato verso Potenza
Di chi parli?

Mollema c’è già andato vicino. Skjelmose, che in teoria era partito per fare classifica. E’ molto giovane e alla prima esperienza nel Giro, quindi gli era stata data un po’ di libertà, anche se non è andata come si sperava. Comunque adesso è lì e sta dando anche lui una mano a Lopez, ma se troverà qualche occasione, potrà cercare una tappa. Insomma, serve anche gente che dia una mano, per cui non possiamo avere tutti la stessa libertà. Non è una cosa che mi pesa in modo particolare, perché alla fine ero partito per aiutare, quindi mi va bene.

Cosa dici di Lopez?

Era venuto per fare delle tappe, poi una volta presa la maglia ovviamente continua a tenere duro. Sapevamo che lui sarebbe andato forte in salita, su questo non avevamo dubbi (i due sono insieme anche nella foto di apertura durante il giorno di riposo, ndr)

Verso Scalea, Cataldo con Lopez, nel primo giorno in maglia rosa di “Juanpe”
Verso Scalea, Cataldo con Lopez, nel primo giorno in maglia rosa di “Juanpe”
Che cosa è successo a Ciccone l’altro giorno?

Ha avuto la giornata peggiore nella tappa peggiore. Gli fosse successo in una salita di 5 chilometri, magari si staccava da 30 corridori e perdeva un paio di minuti. Insomma, poteva raddrizzarla. Invece in una giornata come quella del Blockhaus purtroppo non ti salvi, perché comunque manca ancora tanto alla fine e se non riesci a difenderti, non riesci a farci nulla.

Ti sei spiegato il perché?

Ricordate il Tour 2015 di Nibali, l’anno dopo averlo vinto? Ebbe una giornata difficile, si staccò da 30 corridori, perse parecchio terreno e giù tutti a parlare della debacle del re del Tour (accadde nella tappa pirenaica di Cauterets, quando Vincenzo arrivò a 1’10” dal gruppo dei migliori, ndr).

Come Ciccone, anche Nibali ebbe una crisi di calore al Tour 2015, pagando a Cauterets. Poi vince a Le Toussuire
Come Ciccone, anche Nibali ebbe una crisi di calore al Tour 2015 a Cauterets
Invece?

Invece aveva avuto una giornata difficile, tanto che qualche giorno dopo vinse a La Toussuire. Di solito capita quando prendi la prima giornata di caldo vero. Il corpo fatica ad adattarsi, ma poi ritorni al tuo stato normale e secondo me per Giulio è stato così. Ha avuto una giornata difficile, ma la condizione c’era, tanto che martedì a Jesi era lì a battagliare. Non penso sia stato un problema psicologico, come si sente in certe analisi. Sinceramente io capisco la sensazione che ha avuto.

Ce la descrivi?

Senti che stai bene, finché inizi a prendere caldo e a sentire che il corpo un po’ soffre. Poi comincia la salita e magari hai il vento da dietro, che quindi ti fa percepire il caldo ancora di più. E’ un po’ come se stessi sui rulli. E’ uno dei primi caldi cattivi dell’anno, non tira un filo d’aria perché quella poca velocità dell’aria è la stessa che stai facendo tu. Insomma, prendi una botta di caldo esagerata. Se in quel momento accelerano, tu esplodi. Non riesci ad andare avanti e non puoi nemmeno gestirla. E’ successo anche a me, è la tipica sensazione di quelle giornate lì. In tanti anni di corse qualche volta l’ho vista. Tanti stanno lì analizzare mille cose, io ce l’ho abbastanza chiara.

Ne avete parlato subito?

La sera in camera. Gli ho detto: «Vedrai che domani stai meglio. Recuperi e martedì sei davanti». Come poi è successo a Jesi e come accadde anche a Vincenzo, che in quel Tour fece quarto, mica decimo. Quindi significa che la condizione ce l’aveva, solo ha avuto una giornata difficile. La fregatura è che in un grande Giro non ti puoi permettere di avere una giornata storta. Almeno non tutti i giorni.

Ha scelto quello giusto…

Se ti capita una giornata come Potenza, che pure era dura, magari ti stacchi negli ultimi chilometri. Gli ho detto che se dopo Passo Lanciano avessimo fatto la Colonnetta di Chieti, che sono 5 chilometri, la prendeva ugualmente sui denti, però la gara finiva prima e perdeva meno tempo. Ma quando hai da fare ancora Roccamorice, ciao!

Hai parlato di Nibali, come lo vedi?

E’ uno che va in crescendo. Non ti fa vedere i fuochi d’artificio da subito, all’inizio sembra sempre che si difenda, poi quando arriva l’ultima settimana tira fuori qualche numero nel momento che meno te l’aspetti.

Pensavi che a Jesi sareste andati così forte?

Si sapeva, dovendo staccare i velocisti. L’hanno fatta subito dura da quando sono iniziati gli strappi e gli ultimi due li abbiamo tirati a manetta. Il penultimo in progressione, l’ultimo a fare lo sbrindellìo. E quindi hanno tenuto duro quelli di classifica, quelli da classiche e i pochi velocisti che hanno cercato di fare la volata.

Cosa hai pensato passando per Filottrano?

Ho visto le sue foto. Quando siamo passati sulla salita davanti al cartello dei – 45 all’arrivo, il gruppo andava bello spedito pensando alla corsa. Però chi c’era quel giorno sa che a sinistra c’è il cimitero. Quindi alla fine chi ha conosciuto Michele, una giornata come quella di Jesi l’ha vissuta in modo diverso

Ciccone e la Trek, sul Blockhaus fra tattiche e sogni

14.05.2022
5 min
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Ciccone è sudato e chiede di andarsi a cambiare. Napoli tutto intorno ha accolto il Giro con una festa calcistica, che già dal mattino in Piazza Plebiscito ha fatto sentire il calore di una città esplosiva e colorita.

L’abruzzese è alla vigilia della tappa delle tappe sulle salite del suo Abruzzo, mentre sul palco si applaude ancora De Gendt. Sull’ultima salita, Lennard Kamna ha attaccato frontalmente la maglia rosa di Lopez, che però si è difeso con sicurezza. Ciccone sorride, marpione e finalmente sereno.

«Sicuramente la tappa sarà bellissima – dice Ciccone – il percorso è durissimo e spettacolare. Visti i ritmi che stiamo portando, voglio essere protagonista. Arriviamo con la maglia rosa in pugno, quindi avremo gli occhi puntati. Sicuramente saremo protagonisti perché per noi è una tappa importante. Vogliamo in primis tenere la maglia e provare l’azione per vincere».

De Gendt Napoli 2022
Thomas De Gendt rivince al Giro dopo 10 anni: al suo attivo anche tappe al Tour e alla Vuelta, sempre in fuga
De Gendt Napoli 2022
Thomas De Gendt rivince al Giro dopo 10 anni: al suo attivo anche tappe al Tour e alla Vuelta, sempre in fuga

La calma necessaria

Stamattina, durante due chiacchiere per caso davanti al pullman della Trek-Segafredo con Luca Guercilena e il dottor Daniele, si ragionava sul fatto che Giulio sia finalmente calmo e in controllo. E del fatto che per trovare la necessaria consapevolezza a Ciccone manchi ormai soltanto un bel risultato, perché quanto a valori e mezzi non ha nulla da invidiare. Ma ora c’è da difendere la rosa e sfruttare semmai qualche occasione.

«Di Lopez – dice l’abruzzese – continuo a parlare da tempo. Ho fatto un mese con lui in montagna, ho corso con lui tante gare l’anno scorso. In salita fa paura, va veramente forte e lo ha dimostrato anche oggi, che provavano ad attaccarlo. Ha le gambe, secondo me si può difendere bene. Non è scontato che perda la maglia. E io per ora sono a sua disposizione. Sta dimostrando che non solo ha preso la maglia, ma va fortissimo. La sta tenendo bene – prosegue Ciccone – noi lo supportiamo e non ci fasciamo troppo la testa. In squadra c’è un bel clima, la viviamo alla giornata. Continuiamo con questo spirito che alla fine ci porterà buoni risultati»

Festival fiammingo

In quella che Lello Illiano ha definito una piccola Liegi, non poteva che vincere un belga. E se a fare fuoco e fiamme sono stati i vincitori della Gand, del Fiandre e di una vecchia Liegi – Girmay, Van der Poel e Wouter Poels – alla fine a vincere è stato il vecchio Thomas De Gendt.

«Di solito quando sono in una fuga di 22 – racconta De Gendt – sono abituato ad avere 21 corridori alla mia ruota. Questa volta ho visto che c’era Van der Poel e ho pensato che toccava a lui. Dopo due anni sfortunati, ho dimostrato che so ancora vincere. Ho trovato questa tappa molto bella. Un circuito come un mondiale, interessante da vedere in un grande Giro, con la gente che ha avuto la possibilità di vederci più volte».

Gabburo mezzo e mezzo

De Gendt ha battuto Gabburo, l’italiano che finora è andato più vicino alla vittoria in questo Giro nato dall’Ungheria. Ieri infatti Formolo si è fermato al terzo posto. Piantato in mezzo al rettilineo, il veronese ha bevuto avidamente mezza borraccia che gli ha bagnato la barba ispida, poi si è messo a raccontare.

«Non ci aspettavamo una partenza così – racconta il corridore della Bardiani-CSF – vista la tappa di domani e quella che c’è stata ieri. Eravamo 22 davanti, io sono riuscito a inserirmi e a portare a casa un bel secondo posto. Sicuramente è un risultato guadagnato, ma anche una vittoria mancata. Avere la possibilità di giocarsi la vittoria non è di tutti i giorni. Io l’ho avuta oggi e un po’ di rammarico c’è.

«Negli ultimi 200 metri – alza lo sguardo al cielo – ho provato a tenere in scia il compagno di De Gendt e mi sono giocato la mia carta. Ma lui è stato più forte. Mi ha fatto un bell’effetto essere davanti con tre corridori WorldTour, sono veramente contento. Duemila e passa metri di dislivelli con questi strappetti, non è stato facile».

Lopez Napoli 2022
Juan Pedro Lopez ha difeso la maglia: chissà che non faccia lo stesso domani sul Blockhaus…
Lopez Napoli 2022
Juan Pedro Lopez ha difeso la maglia: chissà che non faccia lo stesso domani sul Blockhaus…

Strategia Martin, 10 e lode

Ma in mezzo a tanto parlare di classiche, poco si è parlato del fatto che è andata in scena la tensione fra gli uomini di classifica. E se dalla testa del gruppo, Kamna ha provato a scattare per guadagnare su Lopez, nella fuga si è infilato Guillaume Martin, che al Giro c’è venuto per puntare alla classifica. E lui racconta con lo sguardo vispo, essendosi reso conto che stamattina occupava il 28° posto della classifica a 4’06” mentre stasera andrà a cena al 4° posto con un passivo di appena 1’06”.

«Non era una fuga prevista – dice – non volevo stare in gruppo, per non correre rischi e stare lontano dalla bolgia. E’ stata una buona giornata, senza stress e senza sbattermi per la posizione. E’ stata una buona operazione, spero di recuperare bene per essere forte domani. Domani comincia il Giro d’Italia…».

Raduno alle 10 al Centro Atlante. E San Marino si riempie di bici

30.03.2022
5 min
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Che la Repubblica di San Marino abbia un forte legame col ciclismo non si discute. Così come sia diventata negli ultimi mesi la nuova caput mundi del panorama professionistico. La questione della neonata legge speciale sul fisco, chiamata “residenza atipica a regime fiscale agevolato” (con la tassazione al 7%) ha tenuto banco ad inizio 2022 ma da qualche giorno sul Monte Titano ci si dà di gomito per le imprese ottenute dai corridori che abitano lassù. Uno in particolare, Biniam Girmay.

Il 21enne eritreo della Intermarchè-Wanty-Gobert che ha appena conquistato la Gand-Wevelgem è uno dei tanti ciclisti che hanno preso residenza a San Marino, seppur lui con la particolare condizione di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro (rinnovabile annualmente) per un massimo di 11 mesi.

Biniam Girmay Hailu è uno dei residenti nella Repubblica di San Marino
Biniam Girmay Hailu è uno dei residenti nella Repubblica di San Marino

Festa per la Gand

A parlarci di ciò che è avvenuto nel piccolo Stato incastonato nel cuore della Romagna è stato Walter Baldiserra (a destra in apertura insieme ad Adriano Amici del Gs Emilia), presidente della Federciclismo di San Marino, in occasione della terza tappa della Settimana Internazionale Coppi e Bartali, disputata tutta in terra sammarinese. Quel giorno il nome di Girmay era saltato fuori subito dalla nostra chiacchierata.

«Qui a San Marino – raccontava Baldiserra – ci abitano, tra i tanti, i primi due del mondiale U23. Lui, in centro nella parte alta della città, e il campione del mondo Baroncini, che invece sta più a valle, vicino alla Dogana. Pensate che Girmay – prosegue ora il numero uno della Federciclismo sammarinese – quest’inverno in un nostro negozio aveva preso una dozzina di bici da spedire giù in Eritrea dove ha una sorta di scuola-ciclismo. Poi dallo stesso negozio si era fatto prestare dei rulli per due settimane quando ha preso il Covid e non poteva uscire per allenarsi. Si vede spesso qua, si allena molte volte col colombiano Johnatan Canaveral della Bardiani-CSF-Faizanè e non rinuncia mai a fare una foto con chi gliela chiede. E’ un bravo ragazzo, si è inserito bene».

Giulio Ciccone è stato uno dei primi a trasferirsi a San Marino
Giulio Ciccone è stato uno dei primi a trasferirsi a San Marino
Walter tutti questi pro’ si allenano assieme?

Sì. Hanno un punto di ritrovo ed un orario fissi. Centro Commerciale Atlante alle 10, verso valle. Chiaramente se non sono in giro a gareggiare. Nella zona si è sparsa la voce e in poco tempo, soprattutto se il meteo era buono, c’era tantissima gente che si aggregava a loro. Giovani e amatori. Qualche junior o under 23 romagnolo mi ha chiesto se avevo il numero di qualche professionista ma chiaramente non posso darglielo. Vedrete che non avranno difficoltà a incontrarsi sulle nostre strade.

Come la vivete questa situazione per il vostro movimento?

Prima di tutto ci tengo a precisare che questi campioni non potranno mai correre per la nostra federazione, a meno che non cambino alcune regole. Tuttavia per noi è molto importante perché ci dà un po’ di lustro. Inoltre dà un impulso alla nostra piccola federazione, che svolge tutta la sua attività in Italia. Avere pro’ come Ciccone, Fortunato, Fabbro, Boaro e tutti gli altri (quasi una trentina, ndr) crea un indotto economico e ciclistico. Quei soldi che ci entrano, noi li reinvestiamo tutti per i nostri ragazzi.

Lorenzo Fortunato, l’uomo dello Zoncolan, non si è spostato troppo dalla sua Bologna
Lorenzo Fortunato, l’uomo dello Zoncolan, non si è spostato troppo dalla sua Bologna
Quante società avete?

Ne abbiamo tre che fanno attività giovanile per una cinquantina di tesserati complessivi. La Gravity Team, la San Marino Mtb e la Ciclistica Juvenes, che è tornata dopo qualche anno. Con quelle amatoriali saliamo ad undici società per un totale di 650 tesserati totali. Poi non dimentichiamoci che con la nostra federazione è affiliata la A.R. Monex Pro Cycling Team, formazione U23 composta da ragazzi messicani seguiti nella preparazione da Piotr Ugrumov. Grazie a tutto ciò ci piacerebbe avere nuovamente un nostro team U23 perché qua attorno per i nostri ragazzi sarebbe difficile trovare una squadra.

Voi avevate un grande talento che era Michael Antonelli e che purtroppo ci ha lasciato troppo presto. Come avete superato quel momento?

Non è stato per nulla facile, forse non ci siamo mai ripresi. E’ stato un colpo tremendo sia dal punto di vista psicologico che sportivo. Michael è morto nel dicembre 2020, ma pensate che già dopo il suo incidente alla Firenze-Viareggio del 2018 i suoi amici hanno smesso tutti di correre. Michael era una promessa dal sicuro avvenire, un ragazzo splendido. Da junior nel 2017 eravamo stati agli europei in Danimarca dove fece 12° in volata (vittoria di Gazzoli, ndr), pochi giorni dopo che aveva firmato per la Mastromarco per l’anno successivo. Poi sempre assieme siamo stati ai mondiali a Bergen in Norvegia e ancora agli europei U23 nel 2018 in Repubblica Ceca. Ora abbiamo Luca Scarponi, junior del Gravity Team, che si allena con la A.R. Monex.

Michael Antonelli, un grande talento, scomparso purtroppo nel dicembre 2020
Michael Antonelli, un grande talento, scomparso purtroppo nel dicembre 2020
Vi sareste mai aspettati tutta questa attenzione?

No, assolutamente. Fino a qualche anno fa era quasi impossibile venire a stare da noi, nemmeno se eri miliardario. Questa nuova legge statale è stata fatta per agevolare il nostro Stato e le nostre attività. Con tutti questi sportivi di richiamo (ci sono anche i piloti Enea Bastianini iridato nel 2020 di Moto 2 e il giapponese Tatsuki Suzuki di Moto 3, ndr) San Marino ha ripreso un ulteriore slancio, anche sotto l’aspetto turistico. Speriamo che il nostro movimento ciclistico possa giovarsene nei prossimi anni.

Quell’editoriale e la risposta di Guercilena. Bentornato, Luca

19.03.2022
6 min
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L’editoriale del 14 febbraio, in cui si invocava un’ammiraglia più decisa per il soldato Ciccone. Qualche osservazione da parte della Trek-Segafredo dopo averlo letto e la proposta di riparlarne con Luca Guercilena, il team manager, non appena fosse guarito. E alla fine il giorno è arrivato: ieri pomeriggio, alla vigilia della Sanremo. Luca è in splendida forma. Racconta la sua avventura fra ospedali e cure con la luce negli occhi. E poi il discorso finisce al motivo della visita, nel grande hotel di Cardano al Campo che ha ospitato la Trek e l’Arkea-Samsic.

Alla Leopard-Trek Guercilena ritrovò Cancellara, già suo atleta alla Mapei Giovani
Alla Leopard-Trek Guercilena ritrovò Cancellara, già suo atleta alla Mapei Giovani
C’è ancora posto per il direttore sportivo in queste grandi squadre?

E’ fondamentale, perché il numero delle persone è aumentato. Il direttore sportivo deve essere capace di non far pesare sui corridori tutto quanto li circonda. Deve avere una capacità di leadership superiore a prima.

E’ possibile creare un vero rapporto umano?

Da allenatore avevo con gli atleti un rapporto uno a uno. Da diesse il rapporto era migliore di adesso, ma era pur sempre di uno a 25. Oggi da dirigente, dovendo essere il filtro fra proprietà e squadra, quasi mi conviene essere più freddo, perché sono quello che poi dovrà dire i no. 

La figura del direttore sportivo che segue il campione tutto l’anno è sparita?

Se hai un corridore importante per le gare a tappe, serve un diesse dedicato. Ma per come è il calendario, diventa difficile che possa seguirlo tutto l’anno.

Popovych è uno dei diesse di riferimento di Ciccone: parola di Guercilena
Per Guercilena, Popovych è uno dei diesse di riferimento di Ciccone
Parliamo di Ciccone.

Su “Cicco” ci sono Rast e Popovych, che per ora ha chiesto di essere esentato e si sta dedicando alla causa ucraina. Lui soprattutto, parlando meglio l’italiano, è quello che gli garantisce il contatto giornaliero. In questa squadra, in barba alla tecnologia, il direttore fa il giro delle stanze con il programma dell’indomani scritto su un foglietto. Ma a questa volontà si contrappone l’abitudine dei corridori di isolarsi nel loro mondo. 

Non c’è rimedio?

Puoi imporre delle regole, come quella di non venire a tavola con il cellulare. La generazione precedente è cresciuta con il gusto di stare insieme dopo cena, quella attuale con il telefonino in mano. Ciccone dopo cena si ferma ancora al tavolo del personale. Anche Cataldo e Brambilla. In proporzione succede la stessa cosa con i direttori sportivi.

Cioè?

E’ un fatto di carisma, li vedo meno predisposti della generazione precedente. Alcuni hanno corso fino a ieri e hanno le stesse abitudini dei corridori. Ormai si parla su whatsapp, scambiandosi degli audio. Bisognerebbe bilanciare la modernità con la tradizione.

Perché non si spendono soldi per prendere un diesse vincente?

Si preferiscono tecnici cresciuti in casa. Ogni ambiente ha la sua mentalità e avere qualcuno già inserito funziona bene. E’ anche vero che a volte un elemento di rottura servirebbe per avere un beneficio. A differenza del calcio, qui si creano delle relazioni umane strette, valori che condividi, non è solo una questione economica.

Damiano Cunego, Giuseppe Martinelli, Claudio Corti, Giro d'Italia 2020
Nel 2002, Martinelli lasciò la Mercatone Uno e passò alla Saeco, vincendo il Giro con SImoni e Cunego (foto)
Damiano Cunego, Giuseppe Martinelli, Claudio Corti, Giro d'Italia 2020
Nel 2002, Martinelli lasciò la Mercatone Uno e passò alla Saeco, vincendo il Giro con SImoni e Cunego (foto)
Anche Ineos aveva il suo trend, poi è arrivato Tosatto…

Matteo lo vedevi anche quando correva, come lui Bramati: ne abbiamo già parlato. Per fare il diesse è fondamentale avere grande esperienza. Saper parlare senza paura con i capitani e saper motivare i gregari. La capacità di discutere con la dirigenza. Se devo immaginare che una squadra prenda il tecnico da un’altra, non penso che gli farebbe una grandissima offerta. E così, se la differenza di ingaggio è minima, nessuno sceglie di spostarsi.

Martinelli andò via dalla Carrera per la Mercatone Uno, poi passò alla Saeco, infine approdò all’Astana dopo aver lasciato la Lampre…

Di solito il tecnico cambia quando si conclude un ciclo. Il suo potenziale è relativo, perché nel ciclismo si inventa poco. Il bravo diesse è quello che riesce a fare risultato con il corridore meno dotato, piuttosto che con il campionissimo. In ogni caso, la responsabilità principale è del corridore.

Che cosa intendi?

Contador venne qui da solo e in pochi mesi mise insieme il suo gruppo di lavoro. Quando hai atleti di carisma, anche il diesse sembra più forte. Invece oggi si tende a deresponsabilizzare i corridori. Siamo tutti così presi a curare i più piccoli dettagli, che fra poco cercheremo anche qualcuno che pedali al posto loro.

Anche tu lasciasti la Quick Step…

Ma non per soldi, anzi mi toccò pagare la penale a Lefevere. Lo feci perché la Leopard-Trek mi offrì di lavorare come preparatore con corridori da corse a tappe, dopo anni a occuparmi solo di classiche. Non dico che non avrebbe senso fare mercato anche per i tecnici. Se identifico quello che mi permette di fare il salto di qualità, non mi giro dall’altra parte.

Tosatto ha smesso di correre e ha subito ricevuto la proposta del Team Sky
Tosatto ha smesso di correre e ha subito ricevuto la proposta del Team Sky
I diesse non sono tutti uguali…

Non tutti hanno la stessa capacità di leadership, soprattutto per gli ex atleti è difficile rimettersi in ballo. Alcuni non riconoscono i propri limiti. Non tutti sono in grado di essere sulla prima ammiraglia, però magari hanno altre capacità. E’ impossibile trovarne uno che possa fare tutto. Però ricordo che quando cominciai volevo diventare non dico il migliore al mondo, ma comunque volevo diventare bravo. Avevo una grinta incredibile.

Non tutti ce l’hanno…

Servirebbe più fame, ma servono atleti forti attorno a cui costruire il gruppo. E poi servirebbe una formazione diversa. In Italia per i primi due livelli gli si parla di fisiologia e non di management. Per il corso UCI invece ci sono insegnamenti così alti, che se uno non ha le basi, alla fine studi solo per passare l’esame e non per acquisire competenze.

Restiamo sulla grinta…

Una squadra come la nostra per vincere grandi corse deve fare dei capolavori, come la Sanremo 2021 di Stuyven o il Lombardia di Mollema. I diesse devono essere in sintonia. Un altro fattore decisivo è l’affiatamento fra il primo e il secondo. E’ la parte più complicata da assortire. Devono completarsi e andare d’accordo. 

L’intervista con Guercilena si è svolta a Cardano al Campo alla vigilia della Sanremo
L’intervista con Guercilena si è svolta a Cardano al Campo alla vigilia della Sanremo
Quindi concludendo?

Il direttore sportivo è come l’ingegnere di macchina della Formula Uno, che spesso è legato al campione e lo segue se cambia scuderia. Quanti diesse si legano al campione e restano con lui? L’ingegnere è al centro di tutto e coordina il team. Per avere un diesse all’antica che segua i corridori, servirebbe un altro dirigente che si faccia carico di tutte le incombenze extra sportive. E in ogni caso serve il fuoco dentro. Sul fatto che spesso manchi, sono d’accordo con voi…