Consonni: «Quando sprinta Jonny, la bici si contorce»

26.02.2025
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«Alla Valenciana dopo che mi sono spostato ed è scattato Jonathan, prima che passasse il secondo ho dovuto contare fino a cinque. Sapevo che avrebbe vinto». Appena uscito da una sessione dall’osteopata, in seguito ad caduta a suo dire fantozziana in un rifornimento dell’UAE Tour, Simone Consonni ci porta con sé dentro lo sprint. E’ Simone l’apripista, oggi leadout, di Jonathan Milan.

E proprio con il recente UAE Tour possiamo ufficialmente dire che si è aperta anche la stagione delle grandi volate. Nella prova emiratina infatti c’erano tutti i migliori sprinter del pianeta. E tra questi ha brillato proprio Jonathan Milan. Per il velocista della Lidl-Trek due vittorie, altrettanti podi e la maglia a punti, merito anche della sua spalla fedele e sempre più valida: Simone Consonni appunto.

Consonni e Milan: i due oltre che essere compagni sono anche amici. Per Simone avere un buon feeling di squadra è fondamentale per gli sprint
Consonni e Milan: i due oltre che essere compagni sono anche amici. Per Simone avere un buon feeling di squadra è fondamentale per gli sprint
Al netto di questa caduta, come stai Simone? Che ti è sembrato di queste prime corse dell’anno?

Stiamo abbastanza bene. L’abbiamo dimostrato già alla prima tappa della Valenciana con la crono a squadre: prestazione incredibile della squadra, dove abbiamo rifilato un bel gap alla seconda. Abbiamo fatto la ricognizione a gennaio, ci puntavamo e l’abbiamo vinta con 46″ di vantaggio. Questo ci ha dato grande morale per la settimana, culminata con la vittoria di Jonathan nell’ultima tappa.

Ma la prova del nove c’è stata al UAE Tour, dove la concorrenza era spietata…

Esatto. Abbiamo fatto tante cose belle, anche se c’è stato qualche dettaglio da rivedere, specie nelle ultime due volate. Non tutte le ciambelle escono col buco. Nelle ultime due volate la ciambella non ci è proprio riuscita. Noi comunque ci poniamo l’asticella sempre alta, anche quando la competizione è di livello mondiale.

Tu hai un ruolo cruciale nei successi di Milan. E quali sono gli aspetti da migliorare per rendere perfetto il treno?

Io sono l’ultimo uomo, ma il mio lavoro dipende molto da chi mi precede. In tutta la struttura che stiamo costruendo, la cosa fondamentale è il lavoro dei compagni che mi portano nella posizione giusta. Per esempio, il lavoro che fa Edward Theuns è cruciale: ci prepara l’entrata nell’ultimo chilometro e mi lascia in una posizione ideale.

Chiaro: è una catena, in cui il tuo lavoro non dipende solo da te…

E’ così. Se guardiamo la volata della Valenciana, mi hanno portato a 500 metri in testa, io non dovevo pensare a nulla: solo sprintare vicino alle transenne, lasciare spazio a Jonathan e poi lasciar fare lui. Ed è andata bene. Però qual è il problema: è che più ci avviciniamo al traguardo, più ogni errore è difficile da correggere. Ma se arrivi ben preparato a quel momento, anche un piccolo errore si può recuperare. Per arrivarci bene, tutto deve funzionare come si deve prima.

Un occhio avanti e uno indietro: Consonni deve spingere forte ma anche scortare Milan. Spesso comunicano con urlo o con uno sguardo d’intesa
Un occhio avanti e uno indietro: Consonni deve spingere forte ma anche scortare Milan. Spesso comunicano con urlo o con uno sguardo d’intesa
Simone stiamo entrando sempre di più nel discorso dello sprint: raccontaci il momento in cui lanci la volata. E magari capisci se Milan la vincerà, il suo modo di pedalare, la cadenza…

Jonathan ha uno stile inconfondibile. Non è armonioso, ma vedendolo da vicino capisci quanto spacchi la bici a ogni pedalata. Ogni colpo di pedale sembra far male alla bici, ma è proprio questo che lo rende così efficace. Lui è così. A 24 anni ormai è un corridore fatto. Sì, potrà limare qualcosina, ma è quello ormai. Qualcuno dice che dovrebbe cambiare stile, secondo me invece deve rimanere così: quello è il suo modo di essere veloce.

Quando ti sposti cosa succede: cosa vedi? Cosa pensi?

Alla Valenciana, quando mi ha passato ho contato fino a cinque prima di vedere sfilarmi il secondo. Lì ho capito che avevamo vinto. Al UAE Tour invece, con gente come Merlier e Philipsen, fino alla linea del traguardo non potevi mai essere sicuro. Io vedo le volate da una posizione privilegiata. Quando mi sposto, vedo la bici di Jonathan che si contorce. Che le fa male. Ed è bello, fa impressione. Capisci perché lo chiamano il Toro di Buja!

Dal modo in cui sprinta, magari un certo rapporto, certe cadenze, riesci a capire prima se vincerà o meno?

Dipende dalle situazioni. Lui sprinta con cadenze alte, questo gli viene molto dalla pista. Il movimento della testa è sempre quello, non ci sono volte in cui lo fa di più e altre in cui lo fa meno.

Gli sprint sono sempre molto concitati, riuscite a parlare mentre si arriva alla volata? C’è comunicazione tra voi?

Ci parliamo, ci urliamo. Nell’approccio all’arrivo ci diciamo se ci siamo, se bisogna aspettare. Però lui e io siamo diversi. Io sono più razionale, ragiono di più. Lui è più istintivo. A volte ha ragione lui, a volte io. Per esempio, nella seconda vittoria al UAE Tour (vinta per 7-8 centimetri, ndr), lui voleva partire prima, io ho aspettato un po’ di più. Alla fine è andata bene e ho avuto ragione io. Jonny era lungo. Invece nell’ultima volata, quando Merlier ha anticipato, lui voleva che uscissi prima, io ho aspettato e abbiamo perso l’attimo. In quel caso ha avuto ragione lui.

Consonni deve fare uno sprint vero e proprio. Poi si sposta, entra in gioco Milan e a quel punto Simone di gode la scena da dentro (screenshot a video)
Consonni deve fare uno sprint vero e proprio. Poi si sposta, entra in gioco Milan e a quel punto Simone di gode la scena da dentro (screenshot a video)
Come hai detto tu: è un gioco di squadra…

Penso che il nostro lavoro nello sprint sia come una piramide: ognuno che lavora da più lontano. Io sono il penultimo pezzetto della piramide, Jonathan l’ultimo e quando riesce a finalizzare è importante per tutti. Milan è esigente, vuole sempre vincere. Aveva vinto due tappe al UAE Tour, ma voleva anche la terza e la quarta. Questo atteggiamento si trasmette a tutta la squadra e ci spinge a dare sempre di più.

Tu sai sempre quando lui è dietro di te?

Più o meno sì, ma torno al discorso di prima. Molto conta anche come è stata preparata la volata e anche da chi c’è. Con il livello del UAE Tour non è facile neanche se sei messo bene. Io alla fine quando parto devo tenere i 63 all’ora o più, per dire, e fare uno sprint vero e proprio. Ma dietro c’è gente che quella tua botta la tiene bene, che è ancora al 60-70 per cento della propria potenza massima. Perché è così: gente come Milan, Philipsen, Merlier hanno questi margini, quei wattaggi per fare certe volate e alzare ancora la velocità. E quindi anche se lo lanci bene e ti sposti al momento giusto non è detto che si vinca.

Qual è il tuo prossimo impegno, Simone?

Farò la Tirreno-Adriatico. Non farò le classiche di apertura in Belgio: come l’anno scorso del resto. Quando hai in squadra frecce come Pedersen, Stuyven, Simmons e Vacek, è normale. E neanche la Sanremo. Lì il team magari porta Jacopo Mosca, che tira 200 chilometri. Io non sarei utile nel finale. Mi piange il cuore non fare la Sanremo, da italiano mi piacerebbe aiutare Milan, ma bisogna essere onesti con se stessi. Me la guarderò da casa… e spero di poter stappare una bella bottiglia di champagne per la vittoria di Jonathan o di qualche mio altro compagno.