Confronto Giro-Tour. Ce li racconta Longo Borghini

05.08.2022
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«Noi in pratica abbiamo corso la quarta settimana del Tour de France. E’ stato fantastico». Elisa Longo Borghini ce lo dice a metà della nostra chiacchierata mentre, toccando tanti argomenti, ci offre diversi spunti su cui riflettere. D’altronde l’accoppiata Giro-Tour è un tema che tiene sempre banco ed ora anche nel femminile si possono fare confronti.

La trentenne della Trek-Segafredo ha disputato entrambe le gare, chiuse rispettivamente al quarto e sesto posto. E con lei abbiamo voluto approfondire alcuni aspetti e differenze che apparivano lampanti.

L’arrivo di Longo Borghini a La Super Planche des Belles Filles: anche lassù non è mancato il pubblico per il gran finale
L’arrivo di Longo Borghini a La Super Planche des Belles Filles: anche lassù non è mancato il pubblico per il gran finale
Elisa partiamo dal percorso. Cosa hai notato?

Devo dire che ho trovato delle analogie. A parte la crono iniziale del Giro, entrambe le gare hanno avuto tappe che erano posizionate in modo simile. Ed il loro svolgimento è stato progressivo. Dopo le occasioni per le velociste, al Giro la tappa di Cesena rappresentava la prima difficoltà mentre in Francia c’era la frazione degli sterrati. Poi ci sono state alla fine le due tappe ravvicinate di montagna che hanno definito la classifica generale.

Ti è piaciuta questa distribuzione?

Sì, penso che sia stata una buona scelta di entrambi gli organizzatori. Così facendo hanno dato la possibilità di far vestire le maglie di leader a più corridori e, soprattutto al Giro, lasciare spazio alle squadre più piccole di andare in fuga e farsi vedere nelle tappe interlocutorie. Al Tour invece ogni giorno si correva come se fosse una classica e spazio per le formazioni minori ce n’era un po’ meno.

Passiamo all’organizzazione in generale. Sulla sicurezza cos’hai visto?

Abbiamo sempre corso in sicurezza. Diciamo che in Francia hanno curato di più i dettagli e devo fare un plauso a loro. Ad esempio lassù i restringimenti o le isole pedonali erano tutte contrassegnate da una vernice rosa, bella accesa. Addirittura i tombini erano stati messi con gli scoli per l’acqua in senso perpendicolare alla nostra marcia. Mai vista una cosa del genere. Inoltre c’erano i pannelli luminosi che ci indicavano alcuni pericoli o le curve a gomito. Robe che si vedono alle grandi gare maschili e basta. Per quanto riguarda l’assistenza in corsa tutto uguale e regolare sia al Giro che al Tour.

Altri particolari?

Le interviste erano tutte ordinate nella mixed-zone, dove passavamo tutte. Talvolta erano già prenotate un giorno per l’altro attraverso la nostra addetta stampa. La presentazione al podio-firma al mattino avveniva sempre con l’ordine dei nostri dorsali. Le maglie di leader c’erano di diverse taglie, con le maniche corte o lunghe, smanicate, leggere ed estive o più pesanti. Ogni giorno ci davano i numeri di dorsale nuovi. Anche queste ultime due cose non le avevo mai viste prima alle nostre corse.

A livello logistico?

Al Tour abbiamo sempre avuto standard alti per gli hotel. E tutti rigorosamente con l’aria condizionata. Solo in una occasione al Giro non ce l’avevamo e abbiamo sofferto, però il livello è stato quasi sempre buono. In entrambe le gare non abbiamo mai dovuto fare trasferimenti troppo lunghi, né per andare alla partenza né dopo l’arrivo. Massimo un’ora e tre quarti, e questo significa molto. Al Giro ad esempio abbiamo tutti apprezzato il giorno di riposo dopo le tappe in Sardegna quando in realtà magari ci poteva stare una tappa corta.

Parliamo ora del pubblico ed interesse attorno alla corsa…

E’ un confronto impari. Non c’è proprio paragone, Tour batte Giro trenta a zero. Gli organizzatori francesi hanno proprio fatto una vera e propria operazione di marketing partita da lontano. Dal 2014 fino all’anno scorso organizzavano La Course by Tour de France, corsa di un giorno sul percorso degli uomini e con arrivo prima del loro. Le prime tre edizioni si sono fatte sui Campi Elisi in occasione dell’ultima tappa del Tour, proprio come quest’anno per la nostra prima frazione.

Hanno fatto delle prove in pratica.

Esattamente, per loro sono stati dei test. Hanno avuto sempre feedback importanti, investendo sempre più forte ogni anno. Poi quando hanno avuto tutto chiaro, hanno creato il Tour de France Femmes sfruttando il brand maschile. Anche noi, per dire, avevamo la carovana pubblicitaria. Agli sprint intermedi il pubblico era vestito di verde, ai Gpm con la maglia a pois. Uguale alla corsa maschile. E per la corsa femminile hanno fatto anche di più.

Cosa intendi?

Molte settimane prima dell’inizio della gara, ASO (la società organizzatrice dei due Tour, ndr) ha mandato a casa delle atlete più rappresentative una loro troupe per far conoscere meglio le protagoniste. Poi mandava questi filmati sulla loro rete nazionale più volte durante la giornata. Infatti quando passavamo, il pubblico ci riconosceva. Inoltre in ogni sede di tappa, c’era uno striscione ed un cippo celebrativo riguardante alla nostra corsa. C’erano eventi collaterali nei giorni vicini. Insomma tutto simile a quello che vediamo da noi per il Giro d’Italia maschile.

Si riuscirà a ridurre questo gap?

Non so quanto tempo ci vorrà al Giro Donne per arrivare a quel livello. E’ ovvio che non possiamo pensare che lo sarà già l’anno prossimo. Chiunque sarà l’organizzatore (si vocifera Rcs Sport, ndr) non sarà tutto uguale alla Francia. In Italia non dobbiamo pensare di organizzare solo una gara ciclistica ma un evento molto più ampio. Il Tour Femmes lo hanno pubblicizzato proprio così, in modo trasversale. Va detto che loro hanno avuto un bel supporto economico da un grosso marchio come Zwift. Però conta molto anche l’aspetto culturale del Paese stesso. Il Giro sposta milioni di appassionati, il Tour muove tutta una Nazione. La differenza è quella.

Una soluzione potrebbe essere spostare le date del Giro femminile?

Per me sì, andrebbe messo a ridosso della fine del Giro maschile, anche se poi si andrebbe ad accavallare ad altre corse WT come il Women’s Tour. Bisogna parlare con l’UCI. Lasciandolo nella fascia attuale rischi che diventi secondario e che le squadre più importanti mandino solo le giovani e non le capitane. Mi dispiacerebbe molto se il Giro Donne perdesse valore, ci sono molto affezionata. E con questo voglio ribadire il mio totale appoggio agli organizzatori. Se ci mettiamo d’impegno sappiamo fare grandi cose anche noi italiani.

Wiebes batte Balsamo. L’ennesimo capitolo della sfida

28.07.2022
5 min
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Non c’è mai nulla di banale in questo Tour Femmes. La quinta tappa, da Bar-le-Duc a Saint-Dié-des-Vosges, è già nella storia sia per i suoi 175,6 chilometri di gara (la più lunga stagionale e in assoluto per il ciclismo femminile), sia per il successo di Wiebes su Balsamo, all’ennesimo capitolo della loro sfida.

Alle loro spalle Marianne Vos, che mantiene la maglia gialla (ed anche quella verde) incrementando ora a 20” il vantaggio su Silvia Persico, settima al traguardo e sempre seconda nella generale. L’ordine d’arrivo si tinge di altro tricolore italiano grazie al quarto posto di Rachele Barbieri, al sesto di Maria Giulia Confalonieri e all’ottavo di Vittoria Guazzini.

Dicevamo, Wiebes contro Balsamo, una sfida che terrà banco ancora per tanti anni a seguire e che oggi si aggiorna nuovamente a livello statistico. In diciotto occasioni sono finite assieme sul podio di cui già sei volte quest’anno.

Al momento comanda questa particolare graduatoria la ventitreenne olandese del Team DSM con undici primi posti a fronte dei sei della campionessa del mondo della Trek Segafredo. Curiosamente l’unica volta in cui a sorpresa in uno sprint sono finite nell’ordine seconda e terza, è stato alla Dwars door de Westhoek nel 2018 dietro alla vietnamita Thi That Nguyen.

Esulta Lorena Wiebes. Quello della quinta tappa del Tour Femmes è il 17° successo stagionale, il 63° in carriera
Esulta Lorena Wiebes. Quello della quinta tappa del Tour Femmes è il 17° successo stagionale, il 63° in carriera

Lo sprint di Lorena…

Il canovaccio è stato quello che sempre di più si vede nelle gare femminili, sulla falsariga di quelle maschili. Figurarsi poi in una frazione da oltre quattro ore e mezza. Evade la fuga (di quattro atlete in questo caso), il gruppo la tiene sotto osservazione fino a un vantaggio massimo di 4′ prima di recuperare in modo lungo ed inesorabile riprendendo l’ultima fuggitiva ai meno 3. Per gran parte a guidare l’inseguimento c’è stato il Team DSM. Portare la Wiebes per vincere la tappa era una missione.

«Sono molto contenta, perché Franziska (Koch, ndr) ha fatto un grande sforzo controllando la gara fin dall’inizio – racconta Lorena, al secondo sigillo in questo Tour Femmes – Quando le quattro battistrada hanno toccato il massimo vantaggio, lei ha dettato il ritmo del gruppo ed è riuscita a stabilizzare il distacco. È stato uno sforzo incredibile, quindi sono felice di aver ottimizzato il tutto con la vittoria».

«Lo dite voi che sono la migliore velocista al mondo – prosegue la Wiebes, che a fine stagione, malgrado un contratto fino al 2024, dovrebbe lasciare il suo team per passare alla SD Worx – A me non piace dire questo di me stessa. Oggi però mi sentivo bene e sono molto felice della mia prestazione.

«L’obiettivo di questo Tour Femmes per me è la maglia verde (deve recuperare 26 punti alla Vos, ndr) ma dobbiamo cercare di tenere davanti per la generale Juliette (Labous, ndr) che è molto in forma. Oggi la squadra ha fatto un bello sforzo collettivo. Questa è la cosa più importante».

Balsamo seconda nella sesta tappa del Tour Femmes. Poi tanta Italia. Confalonieri (a sx) sesta, Persico settima e Barbieri quarta (a dx)⁹
Balsamo seconda nella sesta tappa del Tour Femmes. Poi tanta Italia. Confalonieri (a sx) sesta, Persico settima e Barbieri quarta (a dx)

E quello di Elisa

Una Wiebes così è difficile per chiunque batterla. Soprattutto se nel finale capitano dei disguidi imprevisti. La Trek-Segafredo negli ultimi chilometri rileva in testa la DSM per impostare la propria volata per Elisa Balsamo. Tira lungo la Van Dijk anche perché prima del triangolo rosso c’è una curva a gomito a destra in leggera discesa che può creare selezione. La campionessa europea la prende davanti e dà un’altra lunga “trenata” prima di cedere il compito a Elisa Longo Borghini sul lato sinistro della strada.

Lì però la piemontese ha una indecisione. Ai 350 metri la strada volge verso destra ma lei imbocca una via di fuga a sinistra. E’ bravissima a restare in piedi e a ritornare nella coda del gruppo principale senza perdere ulteriori secondi e posizioni nella generale.

«E’ stata una tappa molto lunga – spiega la Balsamo appena tagliato il traguardo, forse un po’ condizionata allo sprint dalla manovra errata della Longo Borghini – In gara non c’è stato un ritmo molto alto però alla fine abbiamo cercato di fare del nostro meglio in volata. Ed è andata bene così. Devo ringraziare la mia squadra che ha fatto un ottimo lavoro. Le mie compagne sono state davvero brave a portarmi davanti per la volata».

Longo Borghini a 350 metri dal traguardo della quinta tappa ha imboccato una svolta a sinistra per sbaglio e senza conseguenze
Longo Borghini a 350 metri dal traguardo della quinta tappa ha imboccato una svolta a sinistra per sbaglio e senza conseguenze

Curva sbagliata

«Cosa è successo verso il traguardo? – descrive quell’episodio Longo Borghini – Sono cose che succedono ma è chiaro che è stato un mio errore. Pensavo di dover andare dritto ma non ricordavo infatti che ci dovesse essere una curva a sinistra. Ovviamente non l’ho fatto apposta. Non è colpa di nessuno, solo mia. Per fortuna è andato tutto liscio, anche la Vos ha fatto un grande numero per evitarmi.

«Mi dispiace per tutto il gruppo perché la mia più grande preoccupazione era quella di aver fatto cadere qualcuno. Alla luce di tutto, possiamo farci su una bella risata. Spero che l’abbiate fatta anche voi guardando quel momento».

La sesta tappa, da Saint-Dié-des-Vosges a Rosheim di 128,6 chilometri, ha un profilo mosso anche se sarà l’ultima occasione per le velociste prime delle due tappe di montagna. Attenzione però che la Cote de Boersch (2 km al 4,4%) a meno 9 potrebbe essere il trampolino di lancio per le big della generale e creare più scompiglio del previsto. Perché in questo Tour Femmes non c’è nulla di banale.

Longo Borghini, dal Giro le indicazioni per un bel Tour

14.07.2022
5 min
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Ce lo aveva detto alla vigilia del Giro d’Italia Donne. La classifica non era la priorità. Ce lo ha ripetuto praticamente ogni giorno anche se alla fine il podio della generale lo ha sfiorato per poco. Elisa Longo Borghini esce dalla corsa rosa con un quarto posto e una forma decisamente promettente in ottica Tour de France Femmes, in programma dal 24 al 31 luglio.

La leader della Trek-Segafredo ha corso da donna-squadra, come sempre. Fino alla quinta frazione, quella con arrivo a Reggio Emilia, è stata preziosa nel pilotare Elisa Balsamo a due vittorie allo sprint. Poi è entrata in scena personalmente nelle tappe più adatte a lei. Infinea Padova è tornata a guidare il treno per l’iridata nella volata conclusiva.

Un inizio difficile

Proprio a cavallo della tappa emiliana, Elisa ha vissuto le giornate più difficili dal punto di vista morale. Ventiquattro ore prima a Cesena era arrivata quarta ma staccatissima, al termine di una tappa pazza. Nel finale invece di Reggio Emilia era rimasta coinvolta in una caduta al triangolo rosso che l’aveva un po’ innervosita, nonostante per sua fortuna avesse riportato solo qualche graffio alla gamba sinistra. Pochi istanti dopo, a mente fredda, sbollita l’adrenalina e trasformata in motivazione, è iniziato di fatto un altro Giro per lei.

Se al Passo Maniva ha concesso qualche secondo, nelle due tappe trentine la trentenne ossolana ha chiuso con due terzi posti parziali consecutivi, che la stavano proiettando ad un terzo posto finale. Siamo certi che una grande iniezione di tranquillità e fiducia gliel’abbia trasmessa la presenza del suo nipotino Christian che, sia in partenza sia al traguardo, la andava a rincuorare facendole sentire di meno la fatica e lo stress.

«E’ un mito lui, praticamente il mio agente», ci aveva detto divertita mentre a Rovereto li fotografavamo insieme. Probabilmente le è servito anche questo per decomprimere la tensione. Con lei abbiamo voluto tracciare un bilancio con uno sguardo al Grande Boucle femminile.

Elisa attualmente dove sei?

Il 10 luglio, appena finito il Giro Donne, sono venuta su a Sestriere con Jacopo (il suo compagno Mosca, ndr) per allenarmi e rifinire la condizione. Resterò qui fino al 20, poi farò qualche giorno a casa per salutare i miei genitori e preparare la valigia per la Francia.

Che Giro è stato il tuo?

Non me lo aspettavo così, forse pensavo anche un pochino meno. Mi aspettavo di avere un giorno “off” perché ce l’ho sempre avuto, ma non come a Cesena dove sono stata davvero male. Quella botta di caldo l’ho proprio patita. Sono contenta di come ho reagito. Nel 2020 ne avevo presa una simile ed ero naufragata letteralmente. Stavolta invece sono sopravvissuta (sorride, ndr).

Poi ti sei ripresa…

Sì, anche perché principalmente puntavo a una tappa. Come ho detto dopo l’arrivo di Bergamo, quel giorno volevo la vittoria. Ho attaccato e ho cercato di dare un po’ di spettacolo. Non volevo comunque non provarci più.

Ed hai iniziato una grande rimonta al terzo posto ma non è bastata. Rimpianti?

Sono arrivata a 49” dal podio, però non ho rammarichi perché alla fine ho provato a centrarlo alla penultima tappa. Il distacco era semplicemente troppo ampio. Non sono riuscita a guadagnare tutto quello che avrei dovuto anche se “Mavi” sembrava veramente in crisi. Ovviamente a Cesena ho perso tanto. E’ stato qualcosa che non poteva essere controllato da me. Così è andata e così va bene.

Quella ricerca del podio nella penultima frazione è stata fraintesa da tanta gente che seguiva la corsa. Pensavano che stessi aiutando la Van Vleuten. Come l’hai presa questa situazione?

Ho ricevuto qualche messaggio un po’ critico sui social, ma non ci do peso, li ignoro. Io so cosa sto e stavo facendo. Penso che chi capisca di ciclismo sappia perfettamente che io stavo tirando a tutta perché stavo cercando di prendere il terzo posto nella generale. Era evidente e chiaro. Ho parlato con Marta (Cavalli, ndr), la seconda in classifica, dicendole che dovevamo darci una mano. Se avessimo ripreso la Faulkner lei si sarebbe presa la tappa ed io magari sarei riuscita a salire sul podio. Certo, per lei era impossibile recuperare più di 2′ alla Van Vleuten negli ultimissimi chilometri, ma avevamo interessi comuni di tirare a tutta nel finale.

Visto come sei uscita dal Giro, con che obiettivo vai in Francia?

Al Tour spero di poter fare bene, si parte sempre con quell’idea. Poi magari ti prepari al massimo e non ce la fai. Pazienza, può succedere. L’importante è dare il massimo. Andrò per fare classifica. Come squadra saremo decise, come avete visto anche al Giro Donne. Saremo determinate, con un piano ben preciso, però sorridenti. Che è quello che ci contraddistingue e che per me ci rende proprio una squadra.

Si deciderà tutto all’ultima tappa alla Super Planche des Belles Filles?

No, secondo me il Tour non si deciderà lassù. Le più forti verranno fuori già alla quarta tappa a Bar-Sur-Aube. Quel giorno ci saranno cinque côte e quattro settori di strade bianche particolarmente lunghi o ondulati. Oppure anche il giorno prima sui Vosgi, a Le Markestein, dove ci saranno tre gpm e tanti chilometri di salita. Come si dice spesso nel ciclismo, credo che sulla Planche des Belles Filles il Tour si potrà perdere anziché vincerlo.

Van Vleuten indistruttibile, ma per Cavalli i consigli della Luperini

08.07.2022
6 min
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Più forte delle avversarie, più forte delle avversità. Annemiek Van Vleuten vince ad Aldeno l’ottava tappa del Giro d’Italia Donne, nonostante una caduta in discesa a 85 chilometri l’ora quando ne mancavano 5 al traguardo. Per merito e fortuna sua, non ne approfitta Marta Cavalli, lanciata al suo inseguimento, che finisce dietro alla maglia rosa della Movistar di 59” mentre completa il podio di giornata una sempre più combattiva Longo Borghini. La cremonese della FDJ Nouvelle Aquitaine ora è seconda nella generale a 2’13” dopo la crisi di Mavi Garcia (sesta all’arrivo a 3′) che scala alle sue spalle.

Al tredicesimo sigillo nella corsa rosa, la Van Vleuten si è presa un rischio pazzesco che per un attimo le ha riproposto gli spettri di Rio 2016 quando per un episodio simile perse le Olimpiadi rischiando la vita.

«E’ stata una tappa dura – commenta la 35enne olandese che ha riportato solo dei graffi sul braccio destro – oggi volevo fare ancora di più la differenza. Avevo un buon vantaggio sulla Cavalli che era diventato anche più grande prima di fare uno stupido errore in discesa. Non era necessario affrontarla così al limite. Sono un po’ delusa per questo e chiedo scusa a mia mamma che a casa si sarà presa un bello spavento. Comunque sto bene, sono felice anche per aver rafforzato la mia maglia rosa. Non vedo l’ora di affrontare la tappa regina di questo Giro Donne. Sarà molto bella».

Parla Luperini

Contando la frazione finale di Padova come ultima occasione per le velociste, per la Cavalli c’è ancora la giornata di domani per provare a fare saltare il banco. Suo padre Alberto la sorregge e la conforta appena dopo l’arrivo (foto di apertura). Dopo una grintosa rimonta, le sono mancati cinquanta metri nel finale dell’ultimo gpm per prendere la ruota della Van Vleuten e poi provare a tentare qualcosa. Papà Alberto dice che l’olandese bisogna batterla sul campo, nel testa a testa, e non per una caduta. Di questo stesso avviso è anche Fabiana Luperini, che aveva premiato la 24enne di Cremona alla Freccia Vallone.

Freccia Vallone Donne 2022, Cavalli premiata da Luperini che l’ha vinta nel ’98, 2001 e 2002
Freccia Vallone Donne 2022, Cavalli premiata da Luperini che l’ha vinta nel ’98, 2001 e 2002

«Ha ragione suo padre – esordisce la 48 enne ex vincitrice di 5 Giri e 3 Tour con tre doppiette consecutive dal ’95 al ’97 – non è mai bello campare sulle disgrazie altrui. Era capitato anche a me ad una corsa a tappe. Non volli indossare la maglia. Detto questo al momento Van Vleuten è superiore a tutte le altre anche se non è più al livello di prima. Sembra sempre al limite ma ci sta, va per i 40 anni. Anzi, avercene di atlete di quell’età che vanno così forte. Adesso se fossi in lei controllerei le avversarie senza rischiare nulla, specie dopo oggi. Però se non si sente ancora sicura, state certi che attaccherà ancora per evitare di essere attaccata in discesa visto che si sa che non è un drago a guidare la bici».

La caduta dell’olandese potrebbe influire sulla sua serenità. «A livello psicologico – prosegue la “Pantanina”, come veniva chiamata Fabiana – può risentirne visto che è stato un capitombolo banale benché non troppo rovinoso. Le è andata bene ma potrebbe aver azzardato così tanto perché per me sta già pensando al Tour de France Femmes. Ed è un attimo rovinare tutto se non resti concentrata. In ogni caso il Giro è suo a meno di un suo crollo clamoroso».

Nei panni di Marta

A questo punto la Luperini se fosse la Cavalli come avrebbe preso la giornata di oggi?

«Marta non deve preoccuparsi di nulla – ci confida – perché ha già fatto una stagione straordinaria. Comunque vada lei è al top, è giovane ed il futuro è dalla sua parte. D’altronde deve pensare che Van Vleuten smetterà l’anno prossimo e lei è la sua erede. Chiudere sul podio al Giro è una bella soddisfazione considerando che il livello si è alzato tanto e che sono andate forte con un clima difficile».

Giro d’Italia del 1998. Quarto successo per Luperini su Linda Jackson e Barbara Heeb
Giro d’Italia del 1998. Quarto successo per Luperini su Linda Jackson e Barbara Heeb

E cosa farebbe la Luperini se fosse seconda nelle generale a più di due minuti con ancora una frazione di montagna da sfruttare?

«Bisogna vedere innanzitutto – analizza – come recuperano sia Marta che Van Vleuten. Ma al netto di questo, per come sono fatta, io punterei alla vittoria di tappa. Annemiek è forte ma è una signora, non un cannibale. Secondo me se dovessero arrivare assieme lascerebbe il successo a Marta.

«E’ anche vero in ogni caso che solo in gara vedi come stai tu e la tua rivale. A quel punto se la Cavalli dovesse intuire problemi dell’olandese sono sicura che proverebbe il tutto per tutto, grazie al supporto di una squadra decisamente superiore a quella della Movistar. Sarà difficile staccare l’olandese ma non è impossibile».

Longo Borghini si disseta. Per lei un bel terzo posto ed una condizione in crescita
Longo Borghini si disseta. Per lei un bel terzo posto ed una condizione in crescita

L’appoggio della Longo

Magari la Cavalli potrebbe collaborare con Longo Borghini che oltre ad avere una condizione in crescita vuole portare a casa una tappa.

«Potrebbe nascere un’alleanza fra loro due – chiude il suo pensiero la Luperini – anche se non so che rapporti abbiano. Però hanno interessi comuni e già nella prima discesa di oggi la Trek-Segafredo aveva fatto il vuoto e la Van Vleuten era staccata. Sarebbe bello vedere la vittoria di Elisa e Marta che magari conquista la maglia rosa. Difficile onestamente, ma non impossibile».

La nona e penultima tappa del Giro Donne andrà da San Michele all’Adige a San Lorenzo Dorsino, per 112,8 chilometri di gara. Solo salita e discesa con tre gpm ufficiali (Fai della Paganella, Passo Duron e Passo Daone) ed un totale di 3500 metri di dislivello. Chi ha gambe e coraggio non può più nascondersi.

Da Santini una divisa speciale per la Trek-Segafredo al Tour

08.07.2022
4 min
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Il Tour de France è da sempre la vetrina ideale per quelle aziende che decidono di presentare in anteprima mondiale le loro ultime novità. A volte si tratta di nuovi modelli di biciclette, altre volte di accessori o di nuove divise. In occasione della presentazione ufficiale delle squadre alla vigilia della partenza del Tour, molti team hanno fatto sfoggio dei nuovi kit, alcuni anche decisamente stravaganti, che proprio in questi giorni possiamo ammirare nel corso delle lunghe dirette televisive. Non fa eccezione la Trek-Segafredo. I ragazzi del team americano stanno gareggiando indossando una particolare divisa disegnata per loro da Santini, partner tecnico della squadra.

Per uomini e donne

La nuova divisa che stanno indossando gli uomini della Trek-Segafredo sarà la stessa che utilizzerà la formazione femminile impegnata a fine luglio nella prima edizione del Tour de France Femmes avec Zwift. Il nuovo kit  presenta un design che fonde le scelte cromatiche del team uomini con quello donne.

Il nuovo visual crea infatti un intreccio orizzontale tra il rosso della formazione maschile e il blu di quella femminile, che rimangono separati ad indicare la diversità delle due identità, ma che si fondono al centro a rappresentare la parità tra i due generi. Il messaggio che Trek-Segafredo e Santini vogliono lanciare è molto chiaro: all’interno del team le due formazioni maschile e femminile hanno la stessa importanza e valore.

Parola ai protagonisti

A raccontare come è stato il primo impatto di fronte alla nuova divisa sono due atleti di riferimento per entrambe le formazioni. Elisa Longo Borghini e Toms Skujiņš.

«Non ho alcun dubbio nel dire che questo kit, con questi colori e queste grafiche – esordisce la vincitrice della Roubaix femminile – è uno dei più belli che Santini abbia mai creato per il Team Trek-Segafredo. C’è un dettaglio che, più di ogni altra cosa, mi piace: il bellissimo gioco di sfumature dal blu al rosso. Un mix di colori che, oltre ad essere super cool, è particolarmente simbolico per una squadra come la nostra. Rappresenta l’unità di intenti tra le due formazioni che portano avanti gli stessi colori, valori e obiettivi. Questo kit è un’opportunità per ribadire che noi, in Trek-Segafredo, siamo una squadra sola».

Alle parole della Longo Borghini fanno eco quelle del lettone Toms Skujiņš che racconta l’emozione provata la prima volta che ha visto la nuova divisa.

«Scoprire il kit speciale per il Tour de France è stata una bella sorpresa. Mi piace l’idea – dice – che i design dei completi maschile e femminile vengano combinati insieme e trasformati in un solo kit. Dopo così tanti anni di assenza del Tour de France Femmes, è bello festeggiare il suo ritorno correndo con divise abbinate. Mi piace che il design utilizzi colori che non vediamo spesso in gruppo, il che significa che il kit dovrebbe risaltare. E’ sempre bello avere qualcosa di speciale per il Tour, perché dà una carica in più. Non vedo l’ora di sfruttare al meglio le tre settimane al Tour, e di seguire poi la gara femminile, tutti con indosso la stessa divisa».

Ecco la nuova divisa

Andiamo allora a scoprire la nuova divisa della Trek-Segafredo protagonista in questo mese di luglio sulle strade di Francia. Il kit è composto da una maglia realizzata con due tessuti eco-sostenibili di produzione italiana: Ecofabric RECY by Corno, un tessuto prodotto con filati riciclati derivanti dal recupero di materiali usati o dispersi nell’ambiente, e il Native Ecoknit di Sitip realizzato anch’esso con fibre e filati riciclati e senza l’utilizzo di sostanze chimiche inquinanti. Una scelta aziendale condivisa dal team, per ridurre il consumo di risorse naturali e la dipendenza da energie non rinnovabili. 

La divisa, nella sua versione maschile e femminile, è già disponibile nei migliori negozi ciclo e naturalmente sul sito ufficiale Santini.

Santini

A Bergamo trionfa la Vos, ma Persico sfiora il colpaccio in casa

06.07.2022
6 min
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Passa il tempo, però Marianne Vos non passa mai di moda. La fuoriclasse della Jumbo-Visma mette il sigillo nella Sarnico-Bergamo, sesta tappa del Giro d’Italia Donne battendo Kopecky e la bergamasca Persico in un gruppetto ristretto di undici atlete. E a distanza di dieci anni la 35enne olandese va a migliorare il secondo posto ottenuto dietro Emma Johansson nella stessa identica frazione di quell’edizione della corsa rosa.

«Sto ancora cercando di riprendere fiato – spiega Vos, al trentaduesimo successo nel Giro Donne – perché ho fatto diversi sprint nel finale. Prima per andare in testa al gruppo, poi per prendere davanti l’ultima salita ed infine la volata conclusiva. E’ stata una tappa abbastanza difficile, ma è stato davvero bello prendermi questa vittoria. Il team si è comportato molto bene, cercando di aiutarmi. Non mi aspettavo due vittorie in questo Giro, ma quando si vince ci si pone sempre un nuovo obiettivo. Posso dire di essere molto soddisfatta».

Proprio sull’ultima difficoltà altimetrica di giornata – la Boccola, ovvero Bergamo Alta – c’è l’allungo deciso di Longo Borghini. Sulla ruota dell’ossolana della Trek-Segafredo si incollano la Vos e Mavi Garcia e sembra l’azione giusta. Invece no. Le tre non trovano l’accordo. I loro 12” di vantaggio ai -2 dalla fine crollano in un baleno e le più immediate inseguitrici rientrano. La Faulkner parte secca sul lato sinistro della strada (che tende a scendere), ma si ritrova a tirare lo sprint a tutte le altre, anziché alla sua compagna Spratt. Persico intuisce che c’è spazio per fare il colpaccio in casa, ma figuratevi se una come la Vos si lascia sfuggire situazioni del genere.

Silvia profeta in patria

Il boato che il pubblico di Bergamo ha tributato alla Persico quando è salita sul terzo gradino del podio è di quelli da pelle d’oca. Lei ci teneva nonostante al mattino mascherasse più o meno bene un po’ di tensione.

«Conoscevo ogni buca di queste strade – racconta la 25enne della Valcar-Travel&Servicema sulla Boccola ero un po’ attardata. Sull’ultima discesa ne ho approfittato prendendo la scia della Van Vleuten (sempre in maglia rosa, ndr) che stava rientrando. Sentivo la gara perché questa tappa la volevo dal primo giorno. Sono contenta di come è andata. Voglio ringraziare tutte le persone che sono venute a fare il tifo per me e la squadra.

«Dopo questo bel podio – prosegue – vorrei prendermi qualcosa di più. C’è ancora tempo per una vittoria in questo Giro, sperando comunque che arrivi il prima possibile. Domani c’è l’arrivo in quota sul Maniva. Avevo fatto una ricognizione, è una salita lunga e dura. In ogni caso ci proverò. La nazionale? Finché non vestirò la maglia, non do nulla per sicuro e quindi continuerò a lavorare come sempre».

Kopecky fiduciosa

In seconda posizione ha chiuso Kopecky, che ristabilisce parzialmente il bilancio fin qui opaco del suo Giro. Prima di sentirla mentre è sui rulli a defaticare, Elena Cecchini ci anticipa che il morale della sua compagna è salito un po’ di più e che ora con questo piazzamento in squadra c’è una maggiore serenità.

«Penso che tutti fossero al limite sull’ultima salita – ci dice la 27enne belga della SD Worx – poi allo sprint una della BikeExchange è partita a sinistra lanciando praticamente Marianne. Io però non avevo una velocità abbastanza alta per prenderla e passarla. Ci riproverò ancora al prossimo sprint. Il traguardo di Padova e quelli del Tour de France Femmes sono adesso i miei principali obiettivi. Oggi ho avuto buoni riferimenti riguardo la mia condizione. Rispetto al primo giorno sento di stare meglio. Ho fiducia nei prossimi giorni»-

Kopecky si è infilata il gilet refrigerante per defaticare nel post tappa
Kopecky si è infilata il gilet refrigerante per defaticare nel post tappa

Longo show

A giudicare dalla grinta con cui ha attaccato lo strappo di Bergamo Alta, Elisa Longo Borghini non ha risentito minimamente della caduta patita il giorno prima a Reggio Emilia. Anzi, sembra quasi che avesse voglia di scaricare sui pedali quel tipo di frustrazione.

«Ci tenevo tanto a questa tappa perché questo è il finale del Lombardia – commenta la trentenne della Trek-Segafredo – e personalmente spero che un giorno si possa correre l’edizione femminile di questa classica. E magari staccarle tutte senza portarmi dietro la Vos (dice sorridendo, ndr). Oggi la squadra ha lavorato alla grande per me, ho avuto un treno di campionesse al mio servizio. Avrei voluto davvero vincere ma c’è sempre qualcuno che mi rovina i piani.

«Eravamo in tre ad un certo punto ,ma ognuno ha le proprie tattiche e il suo modo di correre. Credo che Marianne abbia pensato a qualcosa di diverso rispetto a me e Mavi Garcia. Magari se non ci fosse stata la spagnola, non avrebbero chiuso visto che lei poteva prendere la maglia rosa. Queste però sono le corse e bisogna prenderle così come sono. Peccato».

Elisa Longo Borghini ha infiammato il finale di tappa sulla Boccola. Meritava qualcosa in più
Elisa Longo Borghini ha infiammato il finale di tappa sulla Boccola. Meritava qualcosa in più

Partita ancora aperta

Se conosciamo un minimo Elisa sappiamo che nelle prossime tre tappe di montagna, lei ci riproverà. Tenterà di sicuro di andarsi a ritagliare il suo spazio.

«Noi abbiamo sempre detto che avremmo puntato alle tappe – conclude Longo Borghini, sempre quarta a 5′ nella generale – e questa l’avevamo cerchiata in rosso. Non è finita qua però. Spero di aver dato spettacolo oggi, probabilmente anche verso quello spettatore col quale ho preso il mio rischio per non perdere le ruote nelle curve in discesa (scherza, ndr).

«A Cesena ho avuto una battuta d’arresto per un colpo di caldo. Sono stata male ma sono ugualmente contenta di come ho combattuto e reagito in quel frangente, memore anche di quello che avevo avuto nel 2020 (seconda tappa, ndr). Stavolta sono rimasta e sono arrivata al traguardo meglio».

Domani il menu della settima tappa prevede l’arrivo in quota la Passa Maniva al termine di una scalata ufficialmente lunga 10 chilometri (al 7,8% e punte al 13%) anche se la strada inizia a salire molto prima. In cima sapremo se il Giro Donne si è riaperto o meno.

Cavalli, tensione alle spalle. Inizia un altro Giro

03.07.2022
4 min
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C’è un termine in inglese – hectic – che abbiamo sentito molto in queste prime tre giornate del Giro Donne. Significa frenetico, ma quando lo pronunciano le atlete, anche le italiane, specie a fine tappa, sembra che assuma un contesto ancora più teatrale. Alla vigilia della quarta frazione, Marta Cavalli (in apertura foto Thomas Maheux) sembra quasi benedire il sopraggiungere dell’impegnativo percorso che si snoderà attorno a Cesena.

Per la 24enne della Fdj Nouvelle Aquitaine Futuroscope – attualmente tredicesima nella generale a 27” dalla maglia rosa Elisa Balsamo – è stato un pomeriggio tranquillo.

«Sì, ho fatto una sgambata di circa due ore scarse sul mezzogiorno – dice – sia per defaticare e non perdere il ritmo, sia per non perdere nemmeno l’abitudine a pedalare a quell’ora».

Cavalli è capitana al Giro Donne. Al Tour dovrebbe essere la spalla di Ludwig
Cavalli è capitana al Giro Donne. Al Tour dovrebbe essere la spalla di Ludwig

Direzione Romagna

Già, perché la domenica del Giro Donne non è un giorno di riposo, quanto più di trasferimento. Il rientro dalla Sardegna è diviso in due modalità. Volo charter da Olbia a Forlì al sabato sera per le atlete, traghetto notturno su Livorno o Genova per i mezzi delle 24 formazioni. Non appena ci si ricompatta in hotel (a Brisighella nel caso della Cavalli), ecco che si esce per fare il classico sciogli-gamba.

Da domani sostanzialmente è come se iniziasse un’altra corsa. Giornate facili non ce ne sono state nemmeno in Sardegna – ne leggerete il motivo – ma dalla Romagna in poi si farà ancora più serio. Con la Cavalli abbiamo voluto guardare avanti e capire cosa dovremo aspettarci.

Marta innanzitutto come va?

Bene direi. Ho stemperato un po’ di tensione, anche se ne avrò dell’altra nei prossimi giorni. In Sardegna avevo chiesto di non dire nulla di ufficiale perché volevo restare un po’ più serena fino all’ultimo e restare concentrata sulle prime tappe. Così è stato, grazie. Ora mi sento meglio e sono pronta per le prossime tappe.

Per Cavalli ora iniziano le tappe con salita, dove si sente più a suo agio (foto Thomas Maheux)
Per Cavalli ora iniziano le tappe con salita, dove si sente più a suo agio (foto Thomas Maheux)
Com’è stato questo inizio di Giro Donne?

Difficile, è stata una partenza critica per una serie di motivi. A crono volevo limitare i danni e sono riuscita nel mio intento, malgrado sia partita nel secondo blocco quando il vento ha cambiato direzione, ma non intensità. Ho preso 10” da Longo Borghini e Van Vleuten (che erano partite nel primo blocco, ndr) che è un distacco ancora soddisfacente, visto che a cronometro sono meno forte di loro. Poi le due tappe in linea erano piatte ma molto ventose, quindi poteva essere facile prendere altri secondi se si fosse spaccato il gruppo.

Come hai gestito queste situazioni?

Gli arrivi di Tortolì ed Olbia erano caotici. Mi sono dovuta buttare in volata in entrambe le circostanze, proprio per non restare troppo dietro e magari finire attardata per colpa dei ventagli. E’ vero, vento ne ho preso tanto sul Ventoux, ma in salita, dove si è anche soli, è diverso che su strade con 140 ragazze che vogliono stare davanti. Comunque con la squadra abbiamo lavorato bene nonostante questo stress. Ci avrebbe fatto piacere centrare una vittoria ma va bene così per il momento.

A questo punto potremmo dire: meno male che arriva la tappa di Cesena…

Sì, non mi dispiace essere tornata in Continente dove possiamo conoscere meglio certe insidie, come caldo e vento. E come i percorsi più vallonati in cui mi sento più a mio agio. C’è ancora un po’ di pressione perché arrivano le tappe difficili, però domani credo che sulle prime salite mi sentirò un po’ più leggera. In ogni caso la quarta tappa non deciderà tanto ma, almeno a me, darà delle indicazioni.

Dopo l’arrivo di Reggio Emilia ci saranno quattro giorni senza respiro.

La tappa di Bergamo non è da sottovalutare, ma non credo possa creare scossoni. Il giorno dopo al Passo Maniva secondo me ci sarà un primo solco sensibile per la classifica. Poi le tappe trentine definiranno le varie posizioni della generale.

In questi giorni in Sardegna chi delle tue rivali ti è sembrata più in forma?

Annemiek (la Van Vleuten, ndr) l’ho vista più magra del solito ed anche lei, come me, per non perdere secondi si è buttata negli sprint. Longo Borghini ha una buona condizione. Ha lavorato tanto per la Balsamo, ma la sua forma è compatibile per fare classifica. Poi ci sono alcune gerarchie da definire. Fisher-Black e Vas della SD Worx possono fare bene così come la Faulkner, che potrebbe anche riprendersi la maglia rosa. Vanno tutte tenute d’occhio, io sono pronta.

Leggerezza Longo: «Tricolore per le Fiamme, Giro per le tappe»

24.06.2022
5 min
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Così serena forse Elisa Longo Borghini non la è mai stata, quantomeno in vista degli imminenti appuntamenti che la attendono. Chiacchierando con lei si ha quasi l’impressione che voglia ridurre il peso delle vittorie conquistate per poterne ottenere altre. Ed infatti mercoledì – a San Giovanni al Natisone, in Friuli – ha rispettato questa nostra sensazione centrando il suo sesto titolo tricolore a cronometro, il nono contando anche quelli in linea, davanti a Guazzini e Cavalli per un podio tutto delle Fiamme Oro.

La trentenne di Ornavasso in questi giorni manterrà la divisa del corpo militare per il campionato italiano in linea di domenica a San Felice sul Panaro, poi tornerà a vestire i colori della Trek-Segafredo per il Giro d’Italia Donne (dal 30 giugno al 10 luglio) e Tour de France Femmes (dal 24 al 31 luglio). Alla vigilia del tricolore in linea abbiamo voluto sentirla per sapere come sta e che obiettivi si è prefissata nel prossimo mese.

Elisa che anno è stato con il verde-bianco-rosso addosso?

Da giugno della passata stagione a questo, è stato un anno particolare. Più o meno positivo… ma non al covid per il momento (sorride, ndr). Battute a parte, il primo ricordo è quello di aver portato il tricolore dentro al velodromo di Roubaix lo scorso aprile. E’ stata una grande emozione. Penso anche al Trofeo Binda del 2021 visto che avevo vinto il campionato italiano anche nel 2020. Diciamo che è stata una cosa continuativa, come se unissi due anni in uno. Il 2021 è stata una delle migliori annate. Per il resto peccato solo per la brutta sinusite di inizio stagione che ha compromesso la prima parte, ma ora sto bene.

Lo abbiamo visto al Women’s Tour. Una tappa conquistata e la generale vinta per 1” grazie all’abbuono del terzo posto in volata nell’ultima frazione dietro la Wiebes. Merito degli sprint che fai in allenamento col tuo fidanzato Jacopo Mosca?

Sì, di quelli che facciamo ai cartelli (ride, ndr). Noi due quando usciamo in bici ci alleniamo, ma soprattutto giochiamo, ci divertiamo. Però lui, dopo che mi ha visto fare qualche volata, si chiedeva come potessi fare quarta su cinque, indipendentemente dalle avversarie. E così, visto che ha fatto anche un po’ di pista, mi ha dato qualche suggerimento. In Gran Bretagna ero quasi disperata perché volevo vincere la corsa. Così ho messo in pratica ciò che Jacopo mi ha insegnato.

Ripensando alle tante volate ristrette del passato, ad esempio quella dei mondiali 2020 per il secondo posto, ora ti senti più sicura?

Intanto devo dire che quella del Women’s Tour è stata praticamente una volata di un chilometro. Avevo condizione e ho avuto una grande squadra che mi ha tenuta davanti tra le tante curve e rotonde. Però mi ha dato qualche certezza in più. Prima le perdevo perché ci arrivavo stanchissima, dopo aver dato tutto e non sapevo come impostarle. Nella volata secca non ho speranze di vittorie contro sprinter pure, ma adesso sono più consapevole che mi ci posso buttare se la situazione lo richiede. Come appunto in Inghilterra.

Elisa Longo Borghini, Annemiek Van Vleuten, Imola 2020
Imola 2020: Longo Borghini è battuta da Van Vleuten nello sprint per il 2° posto. L’azzurra ora è migliorata nelle volate ristrette
Elisa Longo Borghini, Annemiek Van Vleuten, Imola 2020
Imola 2020: Longo Borghini è battuta da Van Vleuten nello sprint per il 2° posto.
Il campionato italiano di domenica è tutto piatto e sulla carta è roba da velociste. Tu però potresti centrare la decima maglia e la quarta doppietta…

Sarebbe bello, ma credo sia davvero impossibile. Lo affronterò con estrema leggerezza e con tanta voglia di mettermi al servizio delle mie compagne. Dobbiamo ancora parlare della tattica, ma lavorerò per Rachele Barbieri che dovrebbe essere la capitana designata e che oltretutto correrà sulle strade di casa. In seconda battuta c’è anche Martina Fidanza, poi vedremo come saremo messe.

Poi ti vedremo al Giro Donne e Tour Femmes per la classifica?

Arrivo ad entrambe le gare consapevole di avere una buona condizione, ma affronterò anche il Giro con leggerezza. Dove e se potrò, mi limiterò a puntare solo alle vittorie di tappa. Niente classifica al Giro, mentre invece la farò al Tour.

Come mai questa decisione?

Vorrei godermi il Giro, inteso sia come corsa che come manifestazione in senso generale. Sentire meglio il calore del pubblico, ad esempio. Finora tutte queste cose non le ho mai potute fare per un motivo o l’altro. C’era sempre da curare la generale (quinta nel 2014, seconda nel 2017 e terza nel 2020, ndr), ero sempre concentrata su qualcosa. Insomma, vorrei correre a cuor leggero e vedere cosa dirà la strada in queste due gare.

Quella alla Black Mountain al Women’s Tour 2022 è stata per Longo Borghini la 40ª vittoria in carriera
Quella alla Black Mountain al Women’s Tour 2022 è stata per Longo Borghini la 40esima vittoria in carriera
Torniamo ad un nostro quesito della scorsa primavera. Nel femminile secondo te si possono disputare Giro e Tour per vincerli entrambi?

Sinceramente penso proprio di sì. Si può essere competitivi e fare classifica sia in Italia che in Francia. I nostri grandi Giri a tappe sono corse di 8/10 giorni, non di tre settimane come quelle maschili. E’ fattibile, però per me bisogna essere molto forti di testa oltre che avere una buona gamba.

Se non dovessi vincerlo tu, cosa ti senti di dire a chi conquisterà il campionato italiano?

Innanzitutto le farò i complimenti. Poi le dirò di cercare di godersi la maglia tricolore e di onorarla il più possibile, in ogni gara. Tutti lo sanno, io sono sempre stata molto orgogliosa di indossarla, al pari di quella azzurra della nazionale, per me una seconda pelle. Questa è l’unica raccomandazione che mi sento di fare.

Quanto incidono due chili? Ne parliamo con Pino Toni

23.06.2022
5 min
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Due chili. Sono tanti? Sono pochi? E nel ciclismo dei marginal gains sono da considerarsi ancora margini appunto, o sono qualcosa di fondamentale? Tutto nasce da un’intervista fatta con Paolo Slongo, preparatore della Trek-Segafredo e di Elisa Longo Borghini, il quale ci aveva detto tra le altre cose che la sua atleta aveva vinto perché era scesa di due chili. 

E allora con un altro preparatore molto attento agli aspetti tecnici, Pino Toni, andiamo a vedere quanto incidono davvero due chili. Un discorso che con il toscano si fa subito interessante.

Dopo l’ottimo lavoro in altura, Elisa Longo Borghini ha limato il suo peso e ha vinto in salita (per di più allo sprint)
Dopo l’ottimo lavoro in altura, Elisa Longo Borghini ha limato il suo peso e ha vinto in salita (per di più allo sprint)

La testa conta

«I chili in più e in meno – spiega Toni – vanno sempre valutati per ogni ragazzo e ogni ragazza. Per qualcuno possono incidere più di altri. Chiaro, il rapporto potenza/peso resta centrale per tutti, ma su alcuni soggetti non puoi “limare” troppo».

«Per un atleta forte come la Longo, ma più in generale per le donne direi, da una parte me ne frego del peso. Lo dico sempre anche a Marta Bastianelli (che il coach segue da anni, ndr): se tu sei forte, stai bene e hai lavorato correttamente sei vincente lo stesso. Chiaramente in relazione ad un peso non ottimale ma pur sempre nei limiti.

«Il problema semmai è che quei due chili in più possono incidere sulla determinazione, sulla testa dell’atleta».

«Faccio un esempio pratico e molto semplice. Tante volte, e per le donne vale ancora di più, il corridore vede la sua gamba meno definita ed è meno convinto. Poi basta che un uomo si veda una vena nell’interno coscia o una donna veda più definita la zona della rotula, che all’improvviso entrambi si sentono bene con il loro corpo. E capita spesso».

«Nel caso specifico, non conosco Elisa Longo Borghini, ma vedo che è potente e che non ha paura di correre, di attaccare. Magari quei due chili la limitavano un po’ nelle salite lunghe e, ripeto, anche nella testa. Ma direi che nel complesso è andata forte perché stava bene. E quando si sta bene il peso va via da solo».

Aspetto, quest’ultimo, che lo stesso Slongo ha confermato in quell’articolo. «Elisa ha perso due chili senza fare chissà cosa», aveva confidato il tecnico veneto.

Quando un’atleta sta bene, è cosciente del suo senso di autoefficacia, come direbbe la psicologa Elisabetta Borgia, anche il peso scende “da solo” o più facilmente. In pratica s’innesca un circolo virtuoso.

Kittel, mostro di potenza, per lui due chili incidevano meno rispetto ad uno scalatore
Kittel, mostro di potenza, per lui due chili incidevano meno rispetto ad uno scalatore

Quei 7 watt 

Ma staccandoci dall’esempio relativo alla Longo, quanto incidono due chili? Roglic sarebbe Roglic con due chili in più? Probabilmente no.

«Dipende che chili sono – dice Toni – e di quale soggetto parliamo. Sono chili sugli arti superiori? Quanto è grande l’atleta? Che tipo di corridore è? In un uomo variano molto per il tipo di corsa che deve fare. Un Kristoff o un Kittel, che superano i 1.600 watt contano meno, tanto al primo “cavalcavia” si staccano. Per un Roglic non è così».

In uno scalatore, che in partenza pesa meno di uno sprinter, due chili si sentono sicuramente di più. E poi non è facile dimagrire e non perdere neanche un briciolo di massa magra, cioè di muscoli. Non a caso tante volte lo sprinter rinuncia ad essere super tirato. Lo stesso Petacchi ci disse che volutamente non scendeva al di sotto di un certo peso per essere efficiente in volata.

«Sulla classica salita ipotetica di 10 chilometri al 10% ogni chilo in più influisce il 6% in termini di  tempo di scalata – riprende Toni – Un chilo in più sul corpo corrisponde a circa 7 watt in meno (due chili, 14 watt, ndr). Ho specificato sul corpo perché se si parla di masse rotanti il tutto va moltiplicato per quattro.

«Se, infatti, il telaio di una bici pesa un chilo di più, è più o meno come avere un chilo in più addosso. Mentre per perdere la stessa energia basta che una ruota pesi 250 grammi in più».

Gli africani sono più leggeri degli europei (Kipchoge, maglia bianca, nel test Ineos per la maratona sotto le 2 ore)
Gli africani sono più leggeri degli europei (Kipchoge, maglia bianca, nel test Ineos per la maratona sotto le 2 ore)

Saper limare

«La reazione alla perdita di peso, varia da atleta ad atleta. Sostanzialmente c’è un bilancio tra forza motrice e zavorra.

«In fisiologia si fanno dei test di biompedenziometria. Ci sono bilance che specificano ogni aspetto del peso: quantità di acqua, muscoli, ossa… Pensate che oggi si analizza la densità ossea. E valutando questa densità puoi capire con più precisione quanto puoi “limare” sul quel soggetto, perché già una piccola differenza nell’insieme dello scheletro incide».

«Lo scheletro è quasi il 20% del peso del corpo umano. Una percentuale importante. Conoscendone l’esatto peso si sa quanto si può far dimagrire quell’atleta. Per esempio, se si prendono un uomo caucasico e un uomo kenyano con le stesse misure antropometriche quello kenyano pesa circa 3 chili in meno. Non è poco a certi livelli».

«Il corpo umano è una macchina perfetta e nella sua formazione incide ogni aspetto, ogni fattore. E uno di questi fattori è l’altura. Chi vive in quota ha una densità ossea leggermente inferiore, perché deve sopportare una colonna d’aria minore. Pertanto il suo scheletro ha una rigidità ottimale per quel peso dell’aria. 

«Ma se si si porta un corridore colombiano, che di solito vive in quota, al livello del mare, alla lunga la sua densità ossea diventerà come quella di un caucasico che già ci vive».

Due chili quindi contano, ma conta di più sapere che chili sono: soggetto, struttura ossea, tipologia del corridore, bilancio muscolare fra arti superiori e inferiori, velocità con cui si è perso peso…