Quando Valerio Agnoli parla di Vincenzo Nibali la voce si fa più vivace, come se si accendesse un interruttore. D’altronde hanno corso gomito a gomito per 12 stagioni, dal 2008 in Liquigas passando per Astana e Bahrain. I due oltre ad essere stati compagni di squadra sono tuttora ottimi amici. Si sentono spesso, un messaggio, una chiamata e… qualche pedalata insieme.
«Quando viene a Fiuggi dai suoceri ci vediamo sempre, quasi tutti i giorni – inizia Valerio – e spesso andiamo in bici. Lui ha il suo ritmo… andante (ride, ndr), una delle ultime volte che siamo usciti insieme, a ottobre, abbiamo fatto due ore di gravel e per stargli dietro sono andato a 175 battiti medi…»
Nibali ed Agnoli hanno corso per la prima volta insieme in Liquigas nel 2008: qui al Giro del 2010 Nibali ed Agnoli hanno corso per la prima volta insieme nel 2008: qui al Giro 2010
«A Natale è stato qui, mi ha detto che vuole portarmi a fare laCape Epic (una corsa in mountain bike in Sud Africa che si corre a coppie, ndr). Gli ho risposto che mi aggrappo tranquillamente con le mani alla sella e lui mi trascina».
Vi sentite spesso?
Ci siamo sentiti dieci minuti fa. Mi ha mandato il link per una corsa gravel in Sardegna… Calcolate che siamo stati testimoni di nozze l’uno dell’altro, è un rapporto che è sempre andato oltre la bici.
Ecco, aiutaci a capire cos’è la bici per Vincenzo…
Tutto ciò che gira intorno alla bici per lui è passione: dal cambiare una ruota al sistemare i pedali. Lui è un perfezionista, cura tutto nei minimi dettagli. Quando correvo e dovevo montare delle tacchette, chiedevo a lui (ride di nuovo, ndr).
Hanno continuato in Astana, qui festeggiano la vittoria del Giro d’Italia 2013 insieme ai compagni ed allo staff Hanno continuato in Astana, qui festeggiano la vittoria del Giro d’Italia 2013
Cosa spinge Vincenzo a continuare a questi livelli rilanciandosi sempre in sfide nuove?
Oltre alla sua passione immensa per la bici, ha quel dono innato che hanno solamente i fuoriclasse. Ci sono pochi corridori che hanno questa cosa:Contador, Froome, Valverde… Sono in eterna sfida con se stessi prima che con gli altri.
Quanto è stato difficile stare accanto a lui in questi anni?
Devo dire che ci siamo accettati, pregi e difetti. La cosa bella che c’è in un rapporto di amicizia è l’accettare l’altra persona per quella che è. Personalmente quando c’era da parlare o anche da discutere io mi ci mettevo, poi amici come prima. Ma è importante far valere le proprie ragioni.
Sono diventati molto amici negli anni, tanto da diventare testimoni di nozze l’uno dell’altro Sono diventati molto amici negli anni, tanto da diventare testimoni di nozze l’uno dell’altro
Voi avete corso insieme in Astana, dal 2013 al 2016, cosa lo ha spinto a tornare?
L’ambiente. Negli anni che siamo stati lì, ci siamo trovati bene con tutto lo staff, ma soprattutto con Vinokourov e poi con “Martino” (Giuseppe Martinelli, ndr). Lui, secondo me, ha giocato un ruolo chiave per il ritorno di Vincenzo. E’ tornato per continuare e concludere un progetto di vita iniziato anni fa.
E con i compagni come si trova?
Mi ha già parlato in maniera positiva del rapporto che ha con loro. Ha detto che se anche li conosce da poco, ride e scherza con Moscon e anche con Boaro.
Male non stava, ma non mi sembrava molto sereno. In un ambiente così ci sono tante pressioni, ma Vincenzo è abituato. Non so, detto sinceramente, come mai non abbia continuato. Onestamente in una persona come Nibali ci avrei investito. Anche lo sponsor, Segafredo, avrebbe avuto piacere a continuare con lui…
Il loro legame si è consolidato anche al di fuori della bici Il loro legame si è consolidato anche al di fuori della bici
Le dinamiche in una squadra sono tante e delicate…
Assolutamente, poi il corridore va seguito con attenzione, ricordandosi dapprima che è un essere umano. Quando a inizio stagione fai un programma, il corridore si immedesima in quello. Se inizi a cambiargli delle cose perché secondo te non rende come deve, ne risente. E’ difficile ricalibrare gli obiettivi ed avere nuovi focus.
L’ultima vittoria al Giro di Sicilia, da amico, come l’hai vista?
Per lui è stata una scarica di super felicità, vincere è sempre bello per tutti, pensate per uno che è sempre stato abituato a farlo… Era l’iniezione di fiducia che gli serviva per rilanciarsi e approcciare la nuova stagione nel modo giusto. Appena superata la linea del traguardo mi ha mandato lo screen del ciclocomputer per farmi vedere i watt sull’ultima salita: 400 watt medi (sull’ultima salita della quarta tappa, Nibali ha ottenuto il KOM con una Vam di 1.700 m/h, ndr).
Insomma, per come ce lo hai descritto dopo quella vittoria avrebbe voluto incominciare la nuova stagione subito.
Per come è fatto lui, quella vittoria gli ha dato un morale incredibile per iniziare il 2022 e sono sicuro che ci farà vedere belle cose.
Vincenzo e Valerio hanno corso insieme anche in Bahrain fino al 2019, anno del ritiro di Agnoli Vincenzo e Valerio hanno corso insieme anche in Bahrain fino al 2019, anno del ritiro di Agnoli
Vincenzo ha mosso una generazione di corridori e di tifosi.
Tanti giovani si sono ispirati a lui, ma anche gli appassionati gli vogliono bene. Questo perché è una persona gentile e alla mano, si è creato da solo. Noi che veniamo da giù avevamo poche opportunità per andare a correre, l’unica soluzione era fare trasferte chilometriche in Toscana, Veneto… Se ami davvero questo sport, non le vivi come delle difficoltà, ma come delle opportunità per far vedere quanto vali e lui lo ha ampiamente dimostrato.
Tu che lo hai visto da vicino, in cosa è cambiato di più negli anni?
E’ diventato più metodico, più perfezionista. Se quando era giovane era al 99 per cento ora è arrivato al 101. Mentalmente ha imparato a non staccare mai, cura sempre tutto nei minimi particolari.
Samuele Battistella entra da quest’anno nella ampia squadra di atleti e testimonial Sidi. Il giovane corridore di Castelfranco Veneto, classe 1998, è stato campione del mondo U23 nel 2018 e corre dal 2021 nel team Astana Qazaqstan, con cui l’anno scorso ha vinto la bellissima prima edizione della Veneto Classic. Di recente ha visitato il quartier generale Sidi di Maser per conoscere nel dettaglio la produzione artigianale con cui vengono realizzate le calzature del marchio veneto.
Samuele Battistella ha chiuso la stagione con la splendida vittoria alla Veneto ClassicBattistella ha chiuso il 2021 vincendo la Veneto Classic
Una visita graditissima
«Quella che ci fatto Battistella – ha dichiarato Rosella Signori, la figlia del fondatore Dino – è stata davvero una bellissima sorpresa. Non posso negare che le visite di tutti gli atleti che sponsorizziamo e supportiamo tecnicamente durante l’intera stagione mi riempiono di gioia e orgoglio.
«Come succede in questi casi – continua Rossella – una giornata lavorativa si è trasformata in festa, ed aver avuto in sede Samuele è stato davvero un graditissimo regalo. Abbiamo passato un bel momento assieme a questo giovane, promettente e piacevole ragazzo. E devo ammettere che si è anche comportato bene in produzione! Siamo contenti che abbia acquisito maggiore conoscenza del prodotto. Sono convinta che entrambi faremo tesoro di questa giornata, come di tutti i confronti tecnici che inevitabilmente e fortunatamente si creano in occasione di incontri come questo».
Battistella all’interno dei laboratori di Sidi Battistella all’interno dei laboratori di Sidi
Una volta entrato all’interno dello stabilimento Sidi, Battistella si è letteralmente “tuffato” nel mondo della produzione artigianale di calzature per ciclismo. Si è messo al collo il grembiule realizzando passo dopo passo alcuni dei procedimenti che rientrano nei canoni specifici della manifattura produttiva delle calzature Sidi. Guidato dagli artigiani e da alcuni dipendenti Sidi di lungo corso, Battistella ha avuto l’opportunità di lavorare sulle sue proprie scarpe. In questo modo è riuscito ad apprendere in prima persona l’attenzione al dettaglio e la meticolosità che rendono unico ciascun paio di calzature Sidi…
Artigiano per un giorno
«E’ stato davvero incredibile – ha dichiarato Battistella – non avevo mai visto così da vicino la produzione di una grande azienda di calzature per il ciclismo. E’ stato veramente bello osservare con quanta esperienza venga affrontato ciascun passaggio. Il risultato di questo lavoro è sotto gli occhi di tutti, ma ciò che rende questo brand speciale è proprio il cosiddetto dietro le quinte. La storia, la tecnologia e il tempo che richiede la realizzazione qualitativa di un vero prodotto fatto a mano in Italia».
Calco del piede di Samuele Battistella che aiuta gli artigiani di Sidi a realizzare le scarpe per il corridore dell’Astana Calco del piede di Samuele Battistella che aiuta gli artigiani di Sidi a realizzare le scarpe per il corridore dell’Astana
«Le scarpe rappresentano una delle componenti fondamentali per un ciclista – ha proseguito il corridore – richiedendo una perfezione ed una cura che definirei da… orologiaio. Questa azienda è certamente un punto di riferimento per l’alta qualità nel proprio settore ed è emozionante vedere quante personalità del ciclismo e del motociclismo hanno scritto pagine gloriose di sport indossando queste scarpe. Una motivazione in più per i giovani corridori come me».
Il giovane corridore veneto ha inoltre colto l’opportunità per visitare il piccolo museo di Dino Signori: un luogo molto caro al fondatore della Sidi e davvero “colmo” di innumerevoli ricordi dei grandi campioni che hanno corso e vinto indossando ai propri piedi Sidi.
Un derby tutto siciliano. In rigoroso ordine alfabetico, ecco i protagonisti del confronto nella mitica formula dell’intervista doppia: Vincenzo Nibali e Giovanni Visconti. Amici, qualche volta anche “nemici”, compagni di squadra, corridori di classe ed entrambi con una tifoseria ben definita.
Le loro sfide sono iniziate da bambini, quando forse neanche sapevano cosa fosse il professionismo. Oggi sono due dei veterani del gruppo.
Corridori internazionali, ma restano sempre un messinese, Nibali, e un palermitano, Visconti. Come dire un pisano e un livornese, un laziale e un romanista. Ecco quindi una lunga serie di domande, alcune anche extraciclistiche, rivolte al corridore dell’Astana Qazaqstan e a quello della Bardiani Csf Faizanè.
Giovanni Visconti, classe 1983, è oggi nella fila della Bardiani. Il palermitano ha esordito tra i pro’ nel 2005
Vincenzo Nibali, classe 1984, è tornato all’Astana. Anche il messinese ha esordito tra i pro’ nel 2005
Giovanni Visconti, classe 1983, è oggi nella fila della Bardiani. Il palermitano ha esordito tra i pro’ nel 2005
Vincenzo Nibali, classe 1984, è tornato all’Astana. Anche il messinese ha esordito tra i pro’ nel 2005
Si presenti…
NIBALI: Vincenzo Nibali, nickname Squalo.
VISCONTI: Giovanni Visconti.
Professione?
NIBALI: Ciclista professionista
VISCONTI: Ciclista.
E se non fossi stato un ciclista cosa avresti voluto fare?
NIBALI: Domanda da un milione di dollari! Non lo so neanch’io. Forse meccanico o forse sarei entrato in un Corpo di Stato. A Messina, città di mare, c’è il nautico e mi ispirava. Mio cugino si era iscritto lì. Magari sarei entrato in marina.
VISCONTI: Non ne ho idea. Da bambino quello che mi passava per la testa: fruttivendolo, camionista. Ma dagli otto anni in poi c’è stata la bici e sin da subito sono cresciuto con questa convinzione.
Il primo ricordo che ti lega alla bici?
NIBALI: Ho l’immagine di mio papà che ancora correva. Mi ricordo che stava lavorando su una Colnago, in particolare stava montando i famosissimi freni Campagnolo Delta. Teneva la bici ferma su uno di quei rulli con le ventoline piccole.
VISCONTI: Ho il ricordo della prima gara. Arrivai ultimo, fui battuto persino da una bimba. Mio papà mi prese di nascosto durante la Comunione di mia sorella. Di fatto scappammo da casa! Ricordo che andai a correre con questa biciclettina, una Olmo bianca e azzurra.
Il primo ricordo che hai di Vincenzo/Giovanni?
NIBALI: Me lo indicarono in una gara in Sicilia. Fu il mio compagno di allora Carmelo Materia. Noi eravamo allievi di primo anno e Giovanni di secondo. Carmelo mi disse: vedi, quelli sono i cugini Visconti e vanno fortissimo.
VISCONTI: Io ero junior di primo anno, lui era allievo di secondo e si iniziava a parlare di questo Nibali. Lo andai a vedere al campionato italiano a Palermo. Vincenzo era in fuga da solo. Fu ripreso e poi scattò ancora.
Preferisci una donna in leggins o in minigonna?
NIBALI: Minigonna.
VISCONTI: Jeans! Leggins dai…
Dopo le battaglie nelle categorie giovanili, specie in Sicilia, eccoli protagonisti anche tra i pro’ (qui il Giro 2008)Dopo le battaglie nelle categorie giovanili, specie in Sicilia, eccoli protagonisti anche tra i pro’ (qui il Giro 2008)
Piatto preferito…
NIBALI: Pizza ma non non so quale, dipende dal menu. Difficilmente prendo la stessa.
VISCONTI: Pizza, in questo momento crudo e gorgonzola.
Il tuo allenamento preferito
NIBALI: La modalità esploratore c’è?! Magari in Mtb.
VISCONTI:Sono i 20”-40”. E’ un esercizio che mi fa fare sempre i miei migliori 10′. E li miglioro durante l’anno. Diventano un po’ il metro per la condizione in base ai watt finali che faccio. I test non mi piacciono, ma approfitto proprio di questi 10′ per ricavarne una Ftp, soprattutto nei primi mesi dell’anno. Tolgo il 10% e viene fuori un dato valido.
Ancora donne: more o bionde?
NIBALI: Non bionde…
VISCONTI: More!
Il giorno in cui hai fatto più fatica?
NIBALI: Vuelta del 2018: avevo un fortissimo mal di schiena. Mi sentivo il Van der Poeldella situazione! Non volevo abbandonare la Vuelta per cercare di arrivare bene al mondiale.
VISCONTI: Volta Catalunya 2006. Quel giorno stavo malissimo. Arrivai ultimo, al limite del tempo massimo, staccato quasi di un’ora. Si arrivava ad Andorra. Ero già indietro e vidi il cartello d’inizio salita, pensai: adesso smetto.
La volta che avresti tirato una borraccia a Vincenzo/Giovanni?
NIBALI: Io non ho mai tirato la borraccia a lui, era Giovanni che la tirava a me! Io lascio fare. In questi casi sorrido e faccio arrabbiare ancora di più chi è di fronte a me. Una volta Giovanni era arrabbiato e io gli ridevo in faccia.
VISCONTI: Mondiale di Melbourne. A due giri dalla fine eravamo in fuga in quattro: Boonen, lui, io e un altro che non ricordo chi fosse. Io stavo mangiando, Vincenzo mi chiedeva il cambio ma io non glielo davo. E lui insisteva. Gli avrei tirato il panino più che la borraccia! Ma nei primi anni c’era più competizione tra noi, lui pensava che io mi stessi risparmiando.
La volta che invece vi siete aiutati?
NIBALI: Al mondiale di Firenze. Lui andò in fuga e fu un gran bell’aiuto.
VISCONTI: Al Trofeo Pantani in cui si fece vincere Ulissi. Facemmo 50-60 chilometri in tre e andammo davvero d’accordo. Diego stava attraversando un brutto momento personale e senza neanche troppo accordarci gli lasciammo la vittoria.
Cenetta elegante romantica o avventura wild?
NIBALI: Avventura dai…
VISCONTI: Avventura.
Quel famoso Memorial Pantani 2015, Ulissi tra Visconti e NibaliQuel famoso Memorial Pantani 2015, Ulissi tra Visconti e Nibali
Cosa pensi del grande volume di attività di Van der Poel e Van Aert?
NIBALI:Van der Poel ha finito l’anno oltre i 30.000 chilometri mi sembra, lo ha messo su Strava. Anche io ne ho fatti 32.000: non mi stupisce. Sicuramente lui fa più gare di me col fatto della Mtb e del cross, ma in quanto a giornate di allenamento siamo lì. Piuttosto mi colpisce il fatto che alla sua età io non facevo quel volume di lavoro. Mi allenavo molto poco. Spesso restavo a dormire quando gli altri si allenavano e vincevo lo stesso. E non lo dico io…
VISCONTI:Inizialmente mi piaceva tantissimo vederli sempre attivi, adesso meno. Con certi ritmi così elevati mi chiedo quanto possano durare. Non so se sia giusto. Magari si bruciano qualche anno di carriera.
Come hai vissuto la sconfitta di Roglic nella famosa crono del Tour di due anni fa? Ti sei immedesimato?
NIBALI: Non mi ha fatto molta impressione. Anche al Giro io l’avevo battuto nella crono finale quando lui invece era dato per favorito a Verona e tutti si preoccupavano. Come non andò fortissimo l’anno precedente sempre nell’ultima a crono del Tour: fu quarto. In pochi ricordano questi numeri.
VISCONTI: Sì, un po’ mi sono immedesimato. Roglic mi è simpatico. E’ un corridore presente da gennaio ad ottobre e non va alle corse per fare numero. In quel Tour ha avuto una giornata storta, che poi storta non è stata visto che non è sprofondato. Il problema è che la sua giornata di “crisi” ha coinciso con quella di gloria di Pogacar.
Dumoulin che lascia e che torna: cosa ne pensi?
NIBALI: È stato tanto assurdo l’abbandono improvviso quanto il suo ritorno. Ma entrambi ci potevano stare.
VISCONTI: Ci può stare. A questi livelli ci vuole la segretaria per fare il corridore con tutti gli impegni che ci sono e tutte le cose che si hanno in testa. Quindi ci sta che abbia avuto un momento di crisi. Beato lui che ha avuto la fortuna di poter mollare e riprendere, mentre altri restano soli.
La squadra del cuore…
NIBALI: Non sono un super tifoso di calcio, un fedelissimo, ma comunque Milan.
VISCONTI: Milan.
Il corridore che ti ha colpito di più tra quelli con cui hai corso?
VISCONTI:Valverde! Sarà che sono stato suo compagno di squadra e di stanza, che è in gruppo da anni… Ma tu vedi che Alejandro è fatto per la bici. Si migliora ogni anno. Gli dicevo che aveva il cervello a forma di bici! Se gli dai un pallone fa ridere, mentre vincerebbe anche con una bici in acciaio che pesa 3 chili di più.
Che differenza c’è tra i neopro’ di adesso e quelli dei vostri tempi?
NIBALI: Si sono accorciati i tempi di crescita dell’atleta. Si può avere il talento che raccoglie subito, ma si rischia anche di perdere quello che ha bisogno di più tempo per emergere. Si rischia di perderlo involontariamente. Gli dicono: aspettiamolo, ma intanto passano gli anni e finisce nel dimenticatoio.
VISCONTI: Io dico che non sono più neopro’. Sono neoprofessionisti da juniores. E quando passano hanno subito le carte in regola per battagliare in testa.
A casa sei ordinato? Katy (moglie di Giovanni)/Rachele (moglie di Vincenzo) vi sgridano!
NIBALI: Mi piace essere ordinato. Se c’è qualcosa voglio trovarla dove penso che sia. A casa ho delle “zone off limits” tutte mie. Come lo spazio per la bici o, soprattutto, la mia officina. Tutti i miei ferri sono molto ordinati.
VISCONTI: Mi sgrida! Non sono proprio disordinato, ma non piace mettere a posto.
Nibali alla Sanremo, la vittoria “secca” che lo ha emozionato di più
Giro 2013, Visconti trionfa a Vicenza dopo un’azione splendida per forza e tattica. Uno dei migliori giorni della sua carriera
Nibali alla Sanremo, la vittoria “secca” che lo ha emozionato di più
Giro 2013, Visconti trionfa a Vicenza dopo un’azione splendida per forza e tattica. Uno dei migliori giorni della sua carriera
Cosa altro ti piace oltre la bici?
NIBALI: Le auto, le moto ma un po’ di meno, in generale i motori. Mi piace viaggiare, anche se di questi tempi è una roba assurda. E mi piace il cibo!
VISCONTI: Ho delle passioni semplici: camminare nel bosco, andare a funghi e la pesca. Tutte cose tranquille che vanno contro il mio carattere focoso da “terrone”. (Mi raccomando scrivi terrone!)
Dinamiche in gruppo: cosa ti piace oggi e cosa ti fa arrabbiare rispetto a 15 anni fa?
NIBALI: Cosa mi piace di oggi: niente! Quello che manca è che non c’è più un senso di rispetto. Un po’ quello che diceva Dario Cataldo nel vostro articolo.Non esiste più la sosta parenti, per esempio. La gara è gara dal primo all’ultimo chilometro. A volte vedi dei leader che scattano a 120 chilometri dalla fine, ma poi il gregario non serve più a nulla. Sono energie buttate al vento. E per quanto puoi fare queste azioni? Non per 10 anni.
VISCONTI: Mi piace che livello si sia alzato e che ci sia questa cura dei particolari grazie ai team WorldTour e anche a qualche professional. Oggi un corridore è un professionista a tutti gli effetti. Non mi piace invece il modo di correre. Per me è troppo schematico e riflette allo stesso tempo la ricerca di questa perfezione. Sembra un ciclismo telecomandato.
La sconfitta più bruciante?
NIBALI: La Liegi (2012, ndr).
VISCONTI:Ho vinto tre campionati italiani, ma ne ho anche persi due. Poteva essere una cinquina storica. Il primo è quello perso quando vinse Simeoni, che andò via nel finale e non era tra i favoriti. Il secondo italiano è quello vinto da Viviani. L’ho perso per un errore di squadra, un’incomprensione con Pozzovivo.
E la vittoria più bella?
NIBALI: Se penso ad un giorno secco: la Sanremo. Il giorno in cui sono andato più forte in assoluto invece è stato il secondo Lombardia che ho conquistato.
VISCONTI:Il primo italiano non lo potrò mai scordare. Fu programmato al dettaglio e tutto andò secondo i piani. Ma l’azione più bella fu nella vittoria della tappa di Vicenza al Giro del 2013.
L’allenamento più lungo che hai mai fatto?
NIBALI: Emirati Arabi, ero con Lars Boom. Dopo la gara, che era di quasi 200 chilometri, ne abbiamo aggiunti altri 120-130 e abbiamo finito a circa 320 chilometri. Lui mi diceva: allenamento buono per Sanremo!
VISCONTI: Fu nei primi mesi dopo il Covid quando ci liberarono. Feci una lunghissima distanza con Lorenzo Fortunato: 270 chilometri. Andammo verso l’Appennino, il Passo della Colla… Sì finì talmente tardi che gli dissi: vado a prendere il sushi e poi torni a casa. Si era fatta ora di cena! Facemmo nove ore.
Per Giovanni non una stagione da ricordare, ma almeno si è ritrovato
Anche per Nibali non un anno esaltante, però ha chiuso bene con la vittoria proprio in Sicilia
Per Giovanni non una stagione da ricordare, ma almeno si è ritrovato
Anche per Nibali non un anno esaltante, però ha chiuso bene con la vittoria proprio in Sicilia
Ti passa mai qualche canzone per la testa mentre sei in bici? Magari anche in gara…
NIBALI: Una volta capitava anche in corsa, ora no. In gara devi essere attivo tutto il tempo. In allenamento invece può succedere.
VISCONTI: Sì, canto sempre ma non mi viene in mente quale canzone. Cambiano sempre un po’ in base al momento.
L’obiettivo principale di questa stagione?
NIBALI: Non mi sono prefissato un singolo obiettivo.
VISCONTI:Sentirmi bene e godermela, penso di meritarmelo… Non voglio vivere un anno con la nausea come quello appena passato. Voglio divertirmi, poi tutto viene da sé. Adesso sono tornato a fare la fatica quella bella.
Ti è mai passato per la mente di smettere?
NIBALI: Qualche volta sì, ma era dettato più da un momento di rabbia che da una voglia di lasciare tutto vera e propria. Ero stanco dell’ambiente.
VISCONTI: L’anno scorso sicuramente. Ho passato momenti duri e non so come ho fatto a continuare. Ho pensato davvero che non sarei più stato a certi livelli. Alla Settimana Internazionale Italiana in Sardegna durante la terza tappa rimasi staccato dal gruppo. Mi fermai su una salita, non c’era più nessuno e chiesi a un massaggiatore di portarmi via. In quel momento ho pensato davvero di smettere. La squadra mi è stata vicino, mi ha fatto fermare del tutto per un lungo periodo e ho potuto “rimentalizzarmi”. Adesso sto rinascendo.
E infine la domanda delle domande: ma è arancino o arancina?
NIBALI: Per par condicio dico entrambi. La Sicilia è divisa a metà in tal senso. Anzi, in tre quarti di regione si dice arancino e in un quarto dice arancina. A Messina, e più giù a Catania, si dice arancino al ragù. A Palermo arancina con la carne, ma il prodotto è uguale.
VISCONTI:Si dice arancina, punto! Perché sono a forma di arancia, il frutto, non di arancio, l’albero.
Daniel Savini è passato giovanissimo alla Bardiani e sta maturando gradualmente. Non ha fatto la Sanremo per una caduta. Ma ora vuole cominciare a vincere
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
VENITE SU BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute
Qualche giorno fa abbiamo parlato con Cenghialta del grande lavoro che si svolge in occasione del ritiro pre-stagionale: colloqui con i corridori, foto ufficiali, prove di vestiario… Ma in tutto ciò un ruolo importante lo gioca il preparatore centrale, il “chief coach” come si usa dire oggi.
«In Astana siamo tre preparatori, Notari, Cucinotta ed io – dice Mazzoleni – abbiamo suddiviso i ragazzi in tre gruppi principali. Ed ognuno tiene sotto controllo il suo. Poi ci sono anche Aurelio “Yeyo” Corral, che è il responsabile dei materiali e della crono e viene dalla UAE, e Marino Rosti che segue la parte posturale e mental coach del lavoro. Lui è una figura molto importante ed esegue spesso sedute individuali».
L’Astana si sta allenando ad Altea, in Spagna (foto Instagram)L’Astana si sta allenando ad Altea, in Spagna (foto Instagram)
Non solo chilometri
Il capo allenatore è un vero collettore del team, quasi al pari del primo diesse, in questo caso Giuseppe Martinelli. In questa fase dell’anno in particolare Mazzoleni deve raccogliere e coordinare moltissime informazioni tanto con i corridori quanto con il personale. Impossibile impostare il lavoro sul posto. Di fatto Maurizio parte col “foglio” già scritto.
«Tutto è programmato già prima del via – spiega il tecnico – allenamento ed extra allenamento. Questo training camp è il più importante dell’anno in quanto è l’unico in cui si è davvero tutti insieme. A parte il briefing del mattino del primo giorno, poi ognuno ha un suo programma individuale, perché okay l’allenamento al mattino in gruppo, ma poi al pomeriggio c’è chi ha la visita di idoneità, chi deve andare dal nutrizionista, chi ha un test biomeccanico…
«E’ davvero tantissimo il lavoro da fare e infatti lo dico sempre ai ragazzi: non subite il training camp ma sfruttatelo. È il momento dell’anno in cui avete a disposizione moltissime figure professionali per lavorare in un certo modo, per risolvere i dubbi sul campo. Parlate a lungo anche coi meccanici, gli dico.
«Avere il supporto reale è un valore aggiunto, perché poi già quando si è alle corse si è più concentrati sulla prestazione del momento. Insomma sarebbe errato pensare al ritiro solo come un grande volume di allenamento in bici. I tempi vanno sfruttati al meglio. Una volta si “perdeva tempo” con i giovani per farli ambientare, oggi invece un Gazzoli della situazione e già formato. Non devo stare a spiegargli i file o come funzionano certi strumenti».
Martinelli, Mazzoleni e Cenghialta a colloquioMartinelli, Mazzoleni e Cenghialta a colloquio
Il test è una… foto
Non solo per il grande volume di allenamento, la parte in sella ha un peso specifico molto importante a partire dai test.
«Noi – riprende Mazzoleni – ne facciamo uno già nei primi giorni. E una… foto di come bisogna lavorare, non una valutazione fine a se stessa. Questo test scandisce i ritmi di allenamento degli atleti. Io poi, così come gli altri preparatori, vado in ammiraglia. In questo modo ho l’occasione di vedere dal vivo tante più cose che non vedrei con i soli file da remoto o parlando al telefono con l’atleta. In ammiraglia viaggiano sempre un diesse, un meccanico e appunto un preparatore. E’ la stessa “formazione” che si ha quando si va in altura».
In ritiro si fa gruppo e si affinano anche molte dinamiche che poi ci si ritrova in corsaIn ritiro si fa gruppo e si affinano anche molte dinamiche che poi ci si ritrova in corsa
Ritmi serrati
Tempi scanditi, grande intensità di lavoro non tanto in bici, ma nel complesso. E’ questo il momento più importante dell’anno per gettare le basi del lavoro, anche dal punto di vista logistico. Lo stesso Cenghialta ci disse che non aver fatto il raduno a dicembre l’anno scorso si è sentito, ha inciso negativamente sul resto della stagione.
Mazzoleni, per esempio, di buon mattino, analizza i file del percorso e dà ancora uno sguardo al report della giornata precedente. Se poi è in altura, segue il risveglio muscolare a digiuno dei ragazzi. Altrimenti, come in questo caso in Spagna, terminata la colazione, in attesa che i ragazzi siano pronti, verifica i mezzi e le scorte dell’allenamento con meccanico e massaggiatore. E poi salta in ammiraglia. Spesso salta il pranzo o mangia al rientro al volo. Poi passa al lavoro d’ufficio, quindi va a cena.
In ritiro si hanno a disposizione molte figure: dal massaggiatore al nutrizionista, dal mental coach allo psicologo (foto Righeschi)In ritiro si hanno a disposizione molte figure: dal massaggiatore al nutrizionista, dal mental coach allo psicologo (foto Righeschi)
Pomeriggio delicato
E a proposito di… ufficio, in questa fase rientra il colloquio con i diesse, passaggio a dir poco importante del lavoro del preparatore in ritiro.
«Questa seconda parte della giornata – dice Mazzoleni – serve per stilare il calendario gare con i diesse, programmi che abbracciano un arco temporale di almeno seimesi, ma in qualche caso arrivano fino ad ottobre. Chiaramente possono subire delle variazioni ma per l’80-90 per cento vengono confermati. E questo è molto importante ai fini della prestazione. E’ importante per il corridore e per il coach che lo segue ed è importante perché sono frutto di un ragionamento sulla performance (preparatore) e tecnico (diesse) ben preciso.
«A questo punto si parla con l’atleta, si ascoltano i suoi feedback ed eventualmente si fanno delle modifiche, ma generalmente il corridore accetta la decisione dello staff tecnico, perché è una decisione logica e fatta al fine di farlo andare forte. Un buon tecnico capta la volontà del corridore già prima di tirare giù il programma».
Tante ore di ammiraglia, tante ore di scrivania, ma un preparatore quando riposa in ritiro? «Per riposare – conclude Mazzoleni – basta la notte! Il training camp di dicembre è e deve essere un momento proficuo per tutto l’anno».
Erano i primi anni Ottanta quando il cardiofrequenzimetro ha fatto il suo esordio nel ciclismo. In questi quarant’anni sono nati strumenti nuovi e sempre più precisi ed accurati. Il misuratore di potenza è uno di questi, il suo successo sembrava potesse relegare in cantina il “vecchio” cardiofrequenzimetro…
Invece è ancora qui, anzi i corridori, ad eccezione di rari casi, lo usano tutt’ora e anche i preparatori non lo hanno abbandonato. Il suo ruolo è diventato più di appoggio, quasi secondario. Abbiamo voluto chiedere a Claudio Cucinotta, dal 2019 preparatore atletico del team Astana, come viene utilizzato e se ha ancora senso saper usare questo strumento.
Claudio Cucinotta è oggi uno dei preparatori dell’AstanaClaudio Cucinotta è oggi uno dei preparatori dell’Astana
Claudio, com’è cambiato il ruolo del cardiofrequenzimetro negli anni?
Fino a 10 anni fa era lo strumento più usato per monitorare le performance durante gli allenamenti. C’era già il misuratore di potenza ma non era così utilizzato come ora.
E ora?
Sono pochissimi i corridori che non lo usano più, personalmente non ne conosco. Anche se lo strumento principale su cui basare gli allenamenti è il misuratore di potenza.
Allora come si usa?
Mettiamola così: il misuratore di potenza è uno strumento di monitoraggio esterno, il cardiofrequenzimetro è uno strumento per il monitoraggio interno.
La fascia cardio trasmette i dati in tempo reale al ciclocomputer La fascia cardio trasmette i dati in tempo reale al ciclocomputer
Spiegati meglio…
Se ti dico di fare una ripetuta a 300 watt ti do un valore che è uguale per tutti. Ma come risponde il tuo cuore a quello sforzo è soggettivo, puoi fare quella ripetuta a 150 pulsazioni o 170… E’ una cartina tornasole.
Non tutti hanno le stesse pulsazioni però.
Come detto è un dato soggettivo che serve per conoscere come risponde il proprio corpo a determinati sforzi.
Quindi è importante usarlo già da ragazzi?
Assolutamente, già negli juniores deve essere parte integrante dell’allenamento…
Come si impara a conoscere il cuore?
Ci sono tanti modi e tanti fattori da considerare: l’allenamento, la stanchezza, il riposo, la disidratazione…
Manteniamo l’esempio dei 300 watt di prima, un cuore riposato come reagisce?
Ora gli atleti sperimentano il cuore che “sale” all’impazzata. Dopo un periodo di inattività non sono allenati a livello cardiovascolare e quindi i battiti salgono subito. Invece, se l’atleta è in un picco di forma lavora al massimo della sua capacità cardiaca e riesce a sostenere potenze maggiori con la stessa frequenza cardiaca.
Come mai quando il fisico è stanco il cuore rimane più basso di battiti?
E’ una questione di range cardiaco. Prendiamo un corridore in forma ottimale: ha una frequenza cardiaca a riposo di 50 battiti e massimale di 190. Il suo range cardiaco è 140 battiti. Se, al contrario, questo corridore è stanco i suoi battiti a riposo saranno 60, mentre quelli massimali 180. Il suo range cardiaco si è abbassato a 120 battiti.
Questo perché il cuore è un muscolo e si stanca?
Esattamente, se il mio cuore è stanco per mantenere le funzioni vitali farà più fatica, ecco spiegata la frequenza cardiaca a riposo che si alza. Ugualmente non potrà fornirmi la sua massima efficienza e per questo non arriverà al massimo delle pulsazioni.
Il cardiofrequenzimetro è uno strumento utile se usato in supporto ad altri dispositivi, come il misuratore di potenzaIl misuratore di potenza fornisce dati utili se relazionati a quelli del cardiofrequenzimetro
Essendo uno strumento di monitoraggio è più utile nelle gare a tappe o in quelle di un giorno?
Nelle gare a tappe è importante perché tieni sotto controllo giorno dopo giorno la frequenza cardiaca. Capisci dai valori se hai riposato bene, se sei in forma. Alla terza settimana si è stanchi ed il cuore fa fatica, ma non è uguale per tutti. C’è chi risponde meglio e chi soffre di più.
Può essere un modo per capire se un corridore è da grandi giri o da corse di un giorno?
Certo, se un corridore si accorge che il suo range cardiaco rimane pressoché uguale, vuol dire che ha un fisico predisposto a supportare determinati sforzi.
E per le gare di un giorno?
Quando si affrontano queste corse, è magari più utile all’inizio per capire se quel giorno sei nei valori corretti. Poi quando la corsa si accende non guardi più nulla, neanche la potenza, altrimenti ti verrebbe da rallentare, sei quasi sempre fuori soglia.
In conclusione?
Se mi chiedessero di scegliere il dispositivo migliore con cui allenarsi direi il misuratore di potenza. Ma allo stesso tempo vi direi che non bisogna scegliere, si deve imparare a conoscere il proprio fisico. E il cardiofrequenzimetro aiuta a farlo.
In occasione del ritiro di Nibali, Aru ricorda i 4 anni all'Astana. Da quando erano amici a quando divennero rivali. Aneddoti da una rivalità mai sbocciata
La capitale ha smesso di chiamarsi Astana nel 2019, quando il presidente Nursultan Narzabaev si è dimesso e le è stato dato il suo nome: Nur-Sultan. Due giorni fa nel velodromo della città si è svolta la presentazione dell’Astana Qazaqstan Team e per Vinokourov è stato davvero un ritorno a casa dopo mesi di… esproprio da parte della compagine canadese che sembrava dovesse rilevare la squadra. E proprio per questo viaggio da mille e una notte, durato due giorni ma pieno di colori, voci ed emozioni, bici.PRO ha nominato un inviato d’eccezione – Simone Velasco – che per noi ha scattato foto e immagazzinato ricordi.
«Un freddo cane – esordisce ridendo – ci siamo ibernati. Abbiamo fatto solo 500 metri fuori dall’hotel, con 10-12 gradi sotto zero. E ci hanno detto che non era neanche freddissimo. Ma è stato un bellissimo evento, organizzato molto bene. Peccato non aver potuto visitare la città, ma non c’era davvero tempo. Ci hanno detto che le stagioni migliori sono primavera e autunno, perché d’estate si arriva a 45 gradi. Se penso a quanti corridori kazaki forti ci sono, si vede che lavorano proprio bene, nonostante un clima del genere…».
Velasco e Riabushenko, rivali per una vita, grandi amici e ora compagni di squadra
Anche Nibali in coda per l’imbarco. Il siciliano conosce bene viaggi di questo tipo
Si parte da Milano. Velasco festeggia il suo compleanno in volo: 26 anni, tanti auguri
A Francoforte si sono ritrovati tutti e ora si vola verso Nur-Sultan: dal 2019 la capitale si chiama così
Velasco e Riabushenko, rivali per una vita, grandi amici e ora compagni di squadra
Anche Nibali in coda per l’imbarco. Il siciliano conosce bene viaggi di questo tipo
Si parte da Milano. Velasco festeggia il suo compleanno in volo: 26 anni, tanti auguri
A Francoforte si sono ritrovati tutti e ora si vola verso Nur-Sultan: dal 2019 la capitale si chiama così
Da dove sei partito?
Da Milano. Sono andato su un giorno prima per stare a cena con la mia ragazza. Il 2 dicembre è stato il mio compleanno e praticamente l’ho passato in volo (ride, ndr). Quando siamo atterrati era già passata mezzanotte, quindi non ho nemmeno potuto brindare. Da Milano a Francoforte e poi sei ore fino a Nur-Sultan.
Hai corso alla Gazprom-RusVelo, che differenze si notano fra russi e kazaki?
Completamente differenti. A livello caratteriale, i kazaki sono molto più aperti, direi occidentali, anche se geograficamente non lo diresti. Molto ospitali e poi, cosa che mi ha colpito molto, parlavano tutti l’inglese e anche bene. Fra i russi che ho conosciuto, solo quelli che hanno fatto qualche esperienza di lavoro all’estero sono così. Forse in comune c’è solo la vodka…
All’arrivo il quadro è chiaro: dieci gradi sotto zero e neve
Sullo sfondo la gigantesca sfera di Nur Alem, centro dell’Expo 2017
All’arrivo il quadro è chiaro: dieci gradi sotto zero e neve
Sullo sfondo la gigantesca sfera di Nur Alem, centro dell’Expo 2017
Nelle foto che ci hai mandato, si vedono neve e tante bici…
Ci puntano molto, anche a livello paralimpico. Con noi c’erano anche degli atleti ipovedenti che sono stati celebrati con tutti gli onori. Da quando Vinokourov ha vinto le Olimpiadi, la bici è un punto fermo della società. E lui lassù è una star, lo conoscono tutti. Abbiamo fatto un giro in un centro commerciale di uno sponsor e l’autografo e i selfie li chiedevano solo a lui.
Dove si è svolta la presentazione?
In un velodromo molto moderno, attorno al quale hanno creato un polo sportivo in cui c’è praticamente tutto. E’ stato bello però rendersi conto che il ciclismo sia centrale e davvero, visto il clima, sono riusciti a impostare un gran lavoro.
Dalla vittoria olimpica di Vinokourov a Londra, la bicicletta ha conosciuto un boom
La presentazione della squadra è stata raccontata nel Paese come un grande evento
Ci si avvia all’interno del velodromo: la presentazione sta per iniziare
In piena emergenza Covid, le misure restrittive sono evidenti: non è ammesso pubblico
Dalla vittoria olimpica di Vinokourov a Londra, la bicicletta ha conosciuto un boom
La presentazione della squadra è stata raccontata nel Paese come un grande evento
Ci si avvia all’interno del velodromo: la presentazione sta per iniziare
In piena emergenza Covid, le misure restrittive sono evidenti: non è ammesso pubblico
Che tipo di pubblico hai visto alla presentazione?
Purtroppo c’erano parecchie restrizioni Covid, per cui c’erano solo sponsor e autorità. Poi invece ci siamo spostati alla cena di gala, all’Hilton, e lì c’era qualcuno di più. E’ stata molto bella anche quella.
Come siete stati accolti?
Mi ha impressionato quanto fossero curiosi e le domande che facevano. Mi sono sentito accolto come uno di loro. Parlando con Shefer, che ho avuto l’anno scorso alla Gazprom, è venuto fuori che è un tratto comune dei kazaki e che in realtà non abbiamo visto niente.
Stesso clima in squadra?
Ne parlavo con Moscon in aeroporto. Sembra di essere tornati al clima della Zalf, quando correvamo insieme. E’ un po’ di tempo che non vedevo una squadra così, sono convinto che verranno fuori grandissime cose.
La presentazione si è svolta con grande sfarzo nel velodromo della capitale
La squadra e i tecnici sul palco: il secondo da sinistra è Velasco
Una frusta tradizionale per tutti i corridori, prima della cena di gala
Tutti a tavola, questa volta con sponsor e tifosi d’eccezione
Il volo di ritorno all’alba, dopo un paio d’ore di sonno. Destinazione Spagna
La presentazione si è svolta con grande sfarzo nel velodromo della capitale
La squadra e i tecnici sul palco: il secondo da sinistra è Velasco
Vinokourov è stato il perfetto padrone di casa e in patria è ancora una vera star
Una frusta tradizionale per tutti i corridori, prima della cena di gala
Tutti a tavola, questa volta con sponsor e tifosi d’eccezione
Il volo di ritorno all’alba, dopo un paio d’ore di sonno. Destinazione Spagna
Chi è il corridore con la mascherina accanto a te sull’aereo?
E’ Riabuschenko. Abbiamo fatto tutte le categorie giovanili da rivali, siamo amici, ma non avevamo mai corso insieme. Alla fine ci siamo riusciti.
In definitiva che esperienza è stata?
Bellissima per la conoscenza culturale, mi è piaciuto molto. Il viaggio in sé è stato stressante, ma per fortuna ora avremo 15 giorni di lavoro tranquilli e pensando solo alla bici. E’ vero che l’Italia non ha una squadra WorldTour, ma questa è davvero la più italiana. Dieci corridori italiani, cinque direttori, i preparatori. Tutti i corridori parlano italiano. Solo Dombrowski non ci riesce ancora, ma lo capisce benissimo. Sono convinto che imparerà presto anche lui.
Simone Velasco e Gianni Moscon (in apertura, foto Scanferla) si rincontreranno all’Astana nella prossima stagione. I due avevano già corso insieme alla Zalf Euromobil Desirée Fior. Da allora hanno fatto tanta strada e percorso tanti chilometri in gruppo sempre fianco a fianco ma con maglie di colore diverso. Luciano Rui era, ai tempi come ora, il direttore sportivo della Zalf ed ha visto i due ragazzi crescere. Abbiamo così chiesto a chi li ha lanciati nel mondo del professionismo cosa potranno fare una volta ricongiunti nella nuova squadra.
“Ciano” Rui storico diesse della Zalf ha guidato Velasco e Moscon nel 2014 e 2015 (foto Scanferla) “Ciano” Rui diesse della Zalf ha guidato Velasco e Moscon nel 2014 e 2015 (foto Scanferla)
Tanto amici quanto diversi
«Gianni e Simone – esordisce Luciano, detto “Ciano”, Rui – sono due caratteri completamente differenti. Il primo è timido e serio, un vero montanaro amante della natura e silenzioso. Simone, invece, è il classico uomo di mare: ha un carattere acceso è un vero guascone». Che poi prosegue: «Hanno corso con me (alla Zalf, ndr) per due anni, nelle stagioni 2014 e 2015. Poi Simone è passato professionista con la Bardiani mentre Gianni con la Sky».
Come erano arrivati alla Zalf?
Velasco è arrivato da noi con l’etichetta di ragazzo prodigio e pieno di belle speranze. Mentre Moscon arrivava da una squadra più piccola e si era messo meno in mostra. La sua è stata una crescita più graduale.
Che primo ricordo ha di loro?
Era il primo anno da under 23 e correvamo a Vittorio Veneto. Diluviava, veniva giù davvero forte. Gianni e Simone sono spuntati da soli sul rettilineo d’arrivo e con un gesto molto bello Velasco ha lasciato la vittoria al compagno.
Perché?
Simone quell’anno aveva già vinto mentre quella a Vittorio Veneto è stata la prima vittoria nella categoria per Gianni. Che quella stagione vinse un’altra corsa mica da ridere: il Piccolo Lombardia.
Il secondo successo per Gianni Moscon al suo primo anno da Under 23 è stato al Piccolo Lombardia (foto Scanferla) Nel 2014 Moscon vinse anche il Piccolo Lombardia (foto Scanferla)
Magari Moscon quest’anno ricambierà il gesto.
I due sono due corridori intelligenti e guardano l’interesse della squadra prima del loro…
E l’anno successivo?
Hanno corso meno insieme, anche perché hanno fatto un calendario differente. Gianni ha corso il Giro delle Fiandre U23 dove ha fatto secondo e il mondiale di Richmond dove è arrivato quarto (dove fece secondo Consonni alle spalle di Ledanois). Velasco ha corso di più in “casa”, ha vinto Coppa della Pace e Ruota d’Oro. Si è piazzato secondo a Poggiana e a Capodarco.
I due quindi anche se diversi vanno d’accordo…
Velasco ha un carattere molto inclusivo, soprattutto quando era più giovane. Sa essere amichevole anche ma rispettando il carattere degli altri, quando erano con me alla Zalf sono sempre andati d’accordo grazie a questa dote di Simone.
L’anno delle risposte
«Arrivano da due squadre diverse – dice Rui – e da anni vissuti in maniera opposta. Moscon viene da una squadra fatta di corridori con la “c” maiuscola ed è riuscito comunque a mettersi in mostra. Simone è alla sua prima esperienza in una squadra World Tour dovrà prendere le misure ed imparare a correre sotto i riflettori. E’ l’anno della raccolta per Gianni e della pesca a strascico per Simone, bisogna raccogliere i frutti del lavoro fatto fin’ora».
Simone Velasco, Coppa Cicogna 2015(Foto Scanferla)Simone Velasco, Coppa Cicogna 2015(Foto Scanferla)
Caratteri tanto diversi che li hanno portati nella stessa squadra, scelta giusta?
Penso che l’Astana sia la squadra adatta alle caratteristiche di entrambi. Velasco è un corridore che può andare a caccia di tappe nei grandi Giri e di qualche semi-classica. Gianni sarà il protagonista nelle classiche senza ombra di dubbio e senza il timore di ricevere i classici “ordini di scuderia”.
Moscon ha il carattere da leader?
Già quando correva con noi aveva il carattere giusto, silenzioso ma deciso. Quando prendeva una scelta la portava fino in fondo.
Velasco?
Per lui mi aspetto un anno di transizione dal punto di vista del carattere, correre in gruppo con la stessa casacca di Nibali è oro colato per lui. Sicuramente darà una mano a Vincenzo Nibali nelle corse a tappe ma è un corridore che il “giorno libero” lo sa cogliere.
Che sensazione prova nel rivederli insieme?
Sono contento, vuol dire che come squadra qualcosa di giusto lo facciamo – ci dice ridendo – abbiamo creato dei grandi uomini e corridori che sono il patrimonio del ciclismo italiano.
Stage alla Vuelta Burgos per Simone Raccani. La Quick Step lo ha chiamato, ma il bel sogno si è infranto il terzo giorno. I suoi ricordi. E le prospettive
Nella vittoria tricolore di Velasco c'è lo zampino di Giuseppe Martinelli. Lo abbiamo incontrato. La sua saggezza, l'orgoglio e una punta di amarezza. Perché?
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
VENITE SU BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute
Vincenzo Nibali ha detto che vuole esordire alla Parigi-Roubaix e in altre classiche del Nord come il Fiandre che non ha mai disputato. L’asso siciliano ha un buon rapporto con le pietre e in generale quando il terreno è sconnesso, ma certo la Roubaix… è la Roubaix. Specie se dovesse capitarne una come quella di quest’anno.
E si sa che l’allestimento tecnico per questa gara è fondamentale. Gabriele Tosello, capomeccanico dell’Astana, già sta pensando (e neanche poco) alla bici che i suoi ragazzi useranno nella classica francese e in particolare alla bici di Nibali.
Colbrelli (a destra) ha dimostrato che esordire con materiale e setup che puntano a comfort e sicurezza di guida sia la scelta giustaColbrelli (a destra) ha dimostrato che esordire con materiale e setup che puntano a comfort e sicurezza di guida sia la scelta giusta
Assaggi di Nibali e di classiche
Il “Toso” già aveva messo le mani sulla bici che nel 2014 mise le ali a Nibali proprio nella frazione delle pietre al Tour. E memore di quella esperienza sa come muoversi.
«Non ho parlato direttamente con Vincenzo – dice Tosello – riguardo alla Roubaix, ma abbiamo fatto un discorso più in generale con il team per capire cosa servirà per le classiche del Nord».
«Quello che però posso anticipare è che vedremo in corsa la nostra gravel, la Wilier Rave Slr. E’ davvero molto probabile un suo utilizzo. L’alternativa è la 0 SLR, mentre la Filante è troppo rigida. Sceglieremo i materiali definitivamente nel secondo ritiro, quello di gennaio, quando avremo i gruppi e tutto il resto. L’idea è di arrivare alla ricognizione con le due bici disponibili per corridore».
La Wilier Rave che ha vinto la prima edizione della Serenissima Gravel e che esordirà nelle classiche del NordLa Wilier Rave che ha vinto la prima edizione della Serenissima Gravel e che esordirà nelle classiche del Nord
Una gravel modificata
E questa è già una notizia che mette l’acquolina in bocca: una gravel alla Roubaix.
«L’idea – riprende Tosello – è di utilizzare questa bici. E dipenderà anche da Wilier. Di certo non sarà settata come quelle che abbiamo visto alla Serenissima Gravel. Niente monocorona o ruote da fuoristrada. Monteremo una doppia corona, potrebbe essere un 54-44 o 54-46 e dietro la nuova cassetta Shimano 11-30. Non credo proprio che useremo il pignone da 34. E a richiesta del corridore monteremo il doppio comando, il bottoncino cioè nella parte alta del manubrio».
«Per quanto riguarda le gomme noi abbiamo Vittoria. Posso dire già che non monteremo i tubeless, ma i tubolari, perché le nostre ruote per quel tipo di gara in versione tubeless non sono come le vorremmo. Mentre sono ottime per i tubolari. Quindi ci orienteremo sui Vittoria Corsa da 28 millimetri, forse anche 30».
Tosello al lavoro sulle bici. Ogni millimetro può fare la differenza e lui lo sa beneTosello al lavoro sulle bici. Ogni millimetro può fare la differenza e lui lo sa bene
Posizione quasi identica
A questo punto se Nibali dovesse scegliere la gravel, s’innescherebbe il “problema” della posizione. Perché le geometrie sono differenti rispetto alla bici da strada.
«Vero – dice Tosello – le geometrie sono differenti ma le quote del corridore vanno riportate. L’unica differenza che quasi certamente non riusciremo a colmare è all’anteriore. Ma perché è proprio la tipologia di bici (e di guida) che lo richiede. Nibali e gli altri saranno più alti di 4-5 millimetri con il manubrio. Lo abbiamo visto alla Serenissima».
«La Rave, in quanto gravel, ha un passo più lungo e a fare la differenza è soprattutto l’avantreno. E’chiaramente una bici più lenta, ma è più guidabile e confortevole. Noi contiamo di averla per le prime classiche del Belgio, vedi E3 Harelbeke, e magari anche per la Strade Bianche».
Nel 2014 Nibali costruì il suo successo al Tour sul pavè: tubolari da 28 mm, doppio nastro e piccole modifiche alla posizioneNel 2014 Nibali costruì il suo successo al Tour sul pavè: tubolari da 28 mm, doppio nastro e piccole modifiche alla posizione
L’esperienza del 2014
Come accennato, Tosello si prese cura della bici che all’epoca accompagnò Nibali nella cavalcata del Tour e quindi anche della bici che usò sulle pietre.
«Ricordo che lavorammo molto per quella frazione – conclude Tosello – alzammo di 5 millimetri il manubrio, come dovrebbe accadere con la gravel, e abbassammo la sella di 3 millimetri, giusto per farlo stare un pelo più comodo.
«Ma la scelta che più ci preoccupava erano le gomme. Soprattutto la pressione. Alla fine optammo per 4,7 bar sia all’anteriore che al posteriore. Vincenzo utilizzò un tubolare da 28 millimetri che per l’epoca era un bell’azzardo che solo la Lotto-Jumbo e pochissimi altri fecero. Insomma, eravamo partiti per quella tappa con l’idea di non rischiare nulla, di limitare i danni e invece… Non abbiamo vinto ma abbiamo preso un grande vantaggio».
«Se conosco Nibali e viste quelle modifiche, che con la gravel non servirebbero, per me lui sceglierà questa bici per la Roubaix. Se dovesse utilizzare la Slr 0 abbasserebbe un po’ la sella come all’epoca.
«Il nastro manubrio? Doppio. Qualcuno mette anche il triplo nastro, ma non credo sia il caso di Vincenzo. Non è così grande. Lo fanno coloro che hanno le mani più grandi anche perché avrebbe difficoltà nell’impugnare il manubrio. Se proprio ce ne dovesse essere la necessità oltre al doppio nastro utilizzerebbe dei guantini più imbottiti».
Prosegue il viaggio nei giorni dello Squalo, con la vittoria del Giro 2013. Quello delle Tre Cime di Lavaredo. Di Wiggins. Della neve. E della prima rosa
Abbiamo incontrato Vanotti per farci dire come sarà secondo lui il 2022 dell'amico Nibali. Le idee chiare: è un capitano! Punti su Giri e certe classiche
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
VENITE SU BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute
Dopo sei anni di professionismo Simone Velascoapproda nel WorldTour. L’elbano ne ha fatta di gavetta e dopo queste due stagioni alla Gazprom-RusVelo eccolo giungere alla corte dell’Astana. La sua soddisfazione traspare già dal tono della sua voce.
In più arriva in un team che sembra essere super attrezzato per il 2022. I turchesi hanno fatto una campagna acquisti mica da ridere. Bastano tre nomi: Nibali, Moscon e Lopez. Gli obiettivi da perseguire di conseguenza non possono che essere importanti.
Velasco nella polvere dell’Adriatica Ionica Race, Simone con i suoi passati da biker è un ottimo pilotaVelasco nella polvere dell’Adriatica Ionica Race, Simone con i suoi passati da biker è un ottimo pilota
Un altro ciclismo
«E’ una bella soddisfazione – dice Velasco – passo in una grande squadra. Una squadra che si è rinforzata molto, anche nella sua componente italiana come ho potuto constatare nei tre giorni passati insieme a Montecatini».
Simone è rimasto colpito da questo primo suo approccio con il WorldTour. Parla di livello alto e cura dei dettagli.
«C’è un’organizzazione enorme e si dà attenzione ad ogni particolare. Per esempio, come mi hanno preso le misure per l’abbigliamento, al millimetro… Si vede che si parla di altri budget rispetto alle professional. E’ un’altro ciclismo e questo per me è motivo di orgoglio e uno stimolo per dare il 110%».
Velasco fa sua la 3ª frazione del Tour du Limousin. E’ la terza vittoria da pro’ dopo il Laigueglia 2019 e una tappa alla Coppi e Bartali 2019Velasco fa sua la 3ª frazione del Tour du Limousin. E’ la terza vittoria da pro’ dopo il Laigueglia 2019 e una tappa alla Coppi e Bartali 2019
Il posto di Velasco
E in questo “altro ciclismo” Simone Velasco ci può stare? Che ruolo potrà avere? Simone è un combattente, ha un buono spunto veloce, tiene abbastanza in salita…
«Ci arrivo dopo sei stagioni da pro’ e conosco certe dinamiche e certi ambienti. Spero di poter dire la mia e non sfigurare. Cercherò di dare il mio contributo per i capitani e quando avrò le mie possibilità farò di tutto per sfruttarle al meglio».
In questi grandi team si tende a dividere i corridori in gruppi: i “giovani”, quelli da corse a tappe, quelli delle classiche. Oppure il “gruppo Tour” o il “gruppo Giro”. In linea di massima Velasco sarà nel drappello di Lutsenko, ma prima bisogna avere un calendario definitivo.
«Indicativamente dovrei essere con Alexey – conferma Velasco – per le classiche e questa tipologia di gare, ma per i programmi bisognerà aspettare il ritiro di dicembre anche perché poi da lì gestiremo la preparazione. Ho parlato con i diesse e con i preparatori, tra cui Cucinotta che già mi seguiva. Claudio sa che io sono un po’ “alternativo” e voglio metterci del mio. Vedremo… Vedremo a dicembre, ripeto.
«Ci sarà anche Shefer che sarà il supervisore e ne sono contento. Con lui ho avuto modo di collaborare già lo scorso anno alla Gazprom. Tra l’altro quando ho vinto la tappa al Limousin c’era lui in ammiraglia. E c’è anche “Maio” (Orlando Maini, ndr). Stando io a Bologna negli anni degli studi spesso mi ha fatto fare dietro motore».
Per Simone un bel calice di rosso con gli amici
«Batterie ricaricate al 100% nei paesaggi del Monferrato», ha detto Simone
Nelle cantine di Sobrero
Per Simone un bel calice di rosso con gli amici
«Batterie ricaricate al 100% nei paesaggi del Monferrato», ha detto Simone
Nelle cantine di Sobrero
Già integrato
Insomma Velasco trova già un ambiente familiare. Pare essersi integrato subito. Poi lui è un ragazzo che tende a farsi volere bene in gruppo. Pensate che dopo una breve vacanza in Grecia al rientro con alcuni amici se ne è andato nella Langhe e nel Monferrato e indovinate dove? Da Sobrero…
«Eh sì – racconta Simone – siamo andati ad assaggiare del buon vino: Barolo, Barbaresco, Nebbiolo… e siamo stati ospiti di Matteo. Di questi tempi si può fare».
«Sono arrivato all’Astana grazie al mio procuratore, Luca Mazzanti. Lui ha avuto un contatto con Martinelli. Il quale a sua volta ha chiesto a Cucinotta un parere su di me. E quando è arrivato il suo benestare ed è arrivata l’offerta non ci ho pensato due volte: ho colto la palla al balzo. Passare nel WorldTour credo sia il sogno che ogni ciclista abbia da bambino».
Eccolo con Conti. Anche Valerio è passato all’AstanaEccolo con Conti. Anche Valerio è passato all’Astana
Tra capitani e amici
Un sogno che però chiamerà Velasco ad un grande lavoro, a grandi responsabilità. Quando corri con gente come Nibali, Moscon, Lutsenko, Lopez non è facile.
«Però è anche uno stimolo. Con Gianni Moscon non c’è stato neanche bisogno di parlarci. Con lui siamo amici e sappiamo tutto l’uno dell’altro. Abbiamo corso insieme alla Zalf e due volte addirittura siamo arrivati insieme: una volta primo lui e secondo io e una volta il contrario. E’ stato bello ritrovarci insieme dopo tanti anni. Possiamo raggiungere grandi risultati. Gianni, lo abbiamo visto, è fortissimo e all’Astana potrà fare bene. Avrà lo spazio che merita. Alla Ineos-Grenadiers ha dovuto tirare anche quando stava bene».
«Con Nibali ho avuto modo di parlare in questo primo mini-ritiro. Lo conoscevo già e sono convinto che le cose andranno bene. E lo stesso con Lutsenko, anche se lui lo conoscevo meno. Ci parlai una volta nella conferenza stampa della Coppa Sabatini che lui vinse e in cui io feci terzo. Però un mio ex compagno mi ha detto: vai con Lutsenko, quando esci con lui in allenamento fatti il segno della croce. Mi ha raccontato che quando si allenavano insieme a Tarragona, in Spagna, lui andava via fisso a 45 all’ora. Mi diceva che faceva dietro motore in pratica!».
«E poi ci sono tanti altri ragazzi con cui mi sono trovato bene ed è stato un piacere rivederli. Per esempio Riabushenko. Con lui ci conosciamo da quando eravamo juniores, ci rispettiamo, ma non siamo mai riusciti ad essere compagni di squadra. E infatti ce lo siamo detti: finalmente corriamo insieme.
«Oppure Dombrovsky, davvero un bravo ragazzo. Lui è americano e io adoro gli States. Gli ho fatto un sacco di domande sul suo Paese ed è stato anche un modo per rispolverare l’inglese. E ancora Valerio Conti. Lui è già il comico del gruppo».
Simon Pellaud, passa dall'Androni alla Trek. Rientra nel WorldTour. Spirito selvaggio, fughe, ma anche sacrificio e consapevolezza che potrà essere un ottimo gregario
Conci e Fedeli hanno firmato. Canola andrà da solo. Carboni, Malucelli e Scaroni hanno trovato uno sponsor. Inizia la trasferta tricolore dei 4 Gazprom