Search

Cenghialta e il diesse WorldTour: prima dei corridori c’è l’ufficio

27.11.2021
5 min
Salva

I direttori sportivi non staccano e, se lo fanno, non è certo adesso. Dopo averne parlato con Bruno Cenghialta, uno degli uomini di Martinelli alla Astana, il quadro è piuttosto lucido e racconta di una realtà… aziendale in cui guidare gli atleti fa parte del pacchetto, ma non è tutto. Per questo e per il notevole numero di corridori di cui è composto un team WorldTour, è un bene che i direttori abbiano un ristretto numero di atleti con cui lavorare.

Ciascuno ha le sue mansioni extra sportive. C’è chi si occupa dei mezzi. Chi della logistica. Qualcuno del calendario. E qualcuno delle bici. Cenghialta si occupa dell’abbigliamento da gara: dalle scarpe ai caschi, nulla escluso. Anche ora che si lavora per la preparazione in Kazakhstan, c’è da predisporre le nuove divise.

«Si parte il 2 dicembre – dice – si sta un paio di giorni e poi si va in Spagna. Dopo diventa più facile, anche se per modo di dire. Ormai una squadra WorldTour è un’azienda. Cominciò tutto dopo il Team Sky, che ha cambiato le abitudini e costretto gli altri ad adeguarsi. E così bisogna dividersi i compiti. Non è solo guidare la squadra, ognuno di noi ha altre 5-6 mansioni. Anche se dirigere i corridori è l’aspetto prioritario. Perciò dopo che a dicembre s’è fatta la prima consegna dei materiali, si comincia a parlare di corse…».

Gregario di lusso

Cenghialta veleggia verso i sessanta, ma non lo diresti. Sempre tirato, alto, scuro di carnagione e nero di capelli, è stato corridore dal 1986 al 1998 e ha scritto le cose migliori con la maglia dell’Ariostea, quella della Gewiss e anche quella della nazionale. Per mestiere tirava in favore degli altri, ma si portò a casa una tappa al Tour del 1991 e anche un secondo posto all’Amstel. Correva con la stessa serietà che serve per fare il tecnico e infatti da tecnico si è rivelato ugualmente una sicurezza. Raccolse il testimone della Ballan, da cui nacque la Alessio in cui sarebbe dovuto passare professionista Nibali (fu Bruno ad adocchiarlo per primo). Ma la squadra si sciolse ed entrambi – lo Squalo e il vicentino – approdarono alla Fassa Bortolo. All’Astana c’è arrivato dopo l’Acqua e Sapone e il lavoro con Riis alla Saxo Bank. Lui un certo modo di fare ciclismo lo ha visto vincere e lo racconta.

Di programmi si comincia a parlare in ritiro?

Diciamo che Martinelli e Shefer fanno la prima scelta di gare, all’80 per cento. Non puoi prescindere da Giro, Tour e Vuelta. Poi ne aggiungiamo altre per necessità e per scelta. In mezzo ci sono i training camp, che vanno previsti in base ai programmi. Loro due iniziano, poi ci riuniamo, valutiamo e quando è tutto a posto, approviamo. In modo che nel ritiro di dicembre se ne inizia a parlare con i corridori.

Martinelli e Shefer individuano le corse. Mazzoleni (a sinistra) calibra la preparazione
Martinelli e Shefer individuano le corse. Mazzoleni (a sinistra) calibra la preparazione
Può capitare di cambiare qualcosa?

Qualche aggiustamento si fa sempre ed è una delle fasi fondamentali. Come è fondamentale azzeccare la programmazione dei ritiri. L’anno scorso ad esempio abbiamo risentito tantissimo dell’assenza di quello di dicembre, annullato causa Covid. Saltammo una fase importante di lavoro che ci avrebbe permesso di essere più aggressivi nelle prime corse. I preparatori in questa fase sono importantissimi. Alcuni corridori andranno via dal primo ritiro con le date già totalmente definite.

Quindi il ritiro di dicembre per voi non è il classico momento in cui finalmente ci si ritrova e, pur dovendo lavorare, si molla un po’ la tensione…

Noi in ritiro siamo a tutta, la sera arriviamo sfiniti. Seguiamo gli allenamenti, poi di pomeriggio o quando si può facciamo i colloqui individuali con i corridori. Ci facciamo dire cosa hanno fatto fino a quel punto, raccogliamo i dati degli allenamenti, vediamo se ci sono correttivi da fare. Dicembre è fondamentale, perché si costruisce la base forte dell’allenamento e si crea il dialogo con i ragazzi.

E poi è l’unico ritiro in cui ci sono tutti, giusto?

Esatto. Quando faremo il ritiro di gennaio, alcuni saranno già partiti per l’Argentina. E quest’anno va anche bene. Ci sono stati anni, in cui a gennaio partiva il gruppo per l’Australia, mentre quelli della Vuelta a San Juan, poi restavano fuori fino al Tour Colombia. Per questo a dicembre si fanno tutte le foto. Pensate che l’anno scorso al ritiro di gennaio vidi il canadese Perry e poi non l’ho incrociato più sino a fine anno. E ora ha smesso e chissà se lo vedrò mai più.

La Astana 2022 ritrova due talenti di ritorno dopo scelte e parabole diverse: Lopez e Nibali
La Astana 2022 ritrova due talenti di ritorno dopo scelte e parabole diverse: Lopez e Nibali
Per questo lavorate con piccoli gruppi?

E’ l’unico modo. Ogni inizio di settimana, il lunedì o il martedì, facciamo dei meeting in cui li valutiamo e condividiamo le osservazioni con gli altri. E se hanno corso sotto la guida di altri direttori, ognuno riferisce ai tecnici di riferimento, perché siano aggiornati su tutto. In questo modo sai come stanno andando e come aggiornare la preparazione.

Era più facile alla Alessio, dì la verità…

Sono mondi diversi, ora è tutto più impegnativo, ma per contro è più facile calcolare e prevedere. Allora si faceva tutto per coprire al meglio la doppia attività. Poi è arrivata Sky. E adesso ci sono giorni che sei in tutto il mondo e volendo potresti fare di più…

Vlasov studia da capitano, ma si arrende agli americani

23.11.2021
5 min
Salva

Vlasov si trova a Monaco, dove ha spostato la residenza da Andorra. Per il russo, che ha lasciato l’Astana-Premiertech con quattro vittorie e il quarto posto all’ultimo Giro d’Italia (a un minuto e mezzo dal podio), il 2022 sarà l’anno dei grandi cambiamenti. Dalla squadra kazaka è infatti approdato alla Bora-Hansgrohe ed è una delle pedine fondamentali su cui il team tedesco ha scelto di rifondarsi dopo gli anni di Sagan.

La scelta è evidente: da team per le grandi classiche, il cambio di pelle punta dritto sui Giri. Undici nuovi corridori, tutti o quasi (fanno eccezione Bennett, Archbold e Haller, dedicati alle volate) con il taglio del grande scalatore. Da Higuita a Hindley, passando appunto per Vlasov e il promettentissimo (e altrettanto impronunciabile) neoprofessionista belga Cian Uijtdebroeks.

«Si può dire che sia un’altra squadra – conferma il russoundici corridori nuovi sono proprio tanti. Ragazzi di tante Nazioni diverse. Ci siamo visti in Austria per un primo ritiro a ottobre. La sensazione è quella di un team molto organizzato, in cui non si parla italiano come all’Astana. Mi sono trovato bene, ci sono direttori sportivi con cui non ho mai lavorato. Io faccio parte del gruppo di Christian Pomer (ex professionista austriaco classe 1977, ndr)».

Il primo novembre, a Mosca, Vlasov con sua moglie Galina (foto @fh_kristina)
Il primo novembre, a Mosca, Vlasov con sua moglie Galina (foto @fh_kristina)

Un mondo nuovo

Il cambio di squadra, come il cambio di scuola o di posto di lavoro, porta con sé adrenalina e tante incognite. Soprattutto in questi ultimi anni, in cui non si tratta di avere una bici e una maglia diverse, ma di adattarsi a un nuovo mondo, metodi diversi e figure professionali con cui entrare in sintonia.

«Da quello che ho visto a ottobre – dice Vlasov – si cerca di programmare tutto, dalla logistica alle esigenze dei corridori. Abbiamo fatto dei colloqui individuali con i vari specialisti. Io ad esempio ho parlato con il fisioterapista, che mi ha dato esercizi per migliorare negli aspetti in cui mi sento più debole. Normale ginnastica, ma già pianificata. Abbiamo un gruppo di nutrizionisti e per fortuna uno lo conosco perché arriva anche lui dall’Astana. Si chiama Aitor e penso che lavoreremo insieme. Anche il preparatore parla italiano. Piano piano si troverà l’equilibrio, mentre per il programma delle corse si dovrà aspettare il ritiro di dicembre».

Perso il secondo posto sullo Zoncolan, a Sega di Ala un’altra flessione gli è costata il podio
Perso il secondo posto sullo Zoncolan, a Sega di Ala un’altra flessione gli è costata il podio

Leader destinato

Vlasov sarà leader, lo hanno preso per quello. Servirà magari del tempo per arrivare ai livelli dei primi, ma il contratto triennale (come già detto dal nuovo diesse Gasparotto) fa capire che il progetto su di lui è ambizioso.

«Non mi hanno detto direttamente che farò il capitano – riconosce il russo – ma mi hanno fatto capire che punteranno su di me per la classifica generale di una grande corsa a tappe. D’altra parte ho scelto Bora proprio per essere leader, dopo i bei risultati di quest’anno. Ho fatto progressi importanti. Ho dimostrato che posso lottare per il podio, con alcuni punti su cui devo migliorare. In salita sto con i migliori, ma al dunque mi manca il cambio di ritmo. E’ un fatto di potenza e sviluppo fisico, per il quale si tratta di lavorare. E poi c’è la crono, che è molto importante e sui cui devo migliorare tanto».

La crono è un fronte da migliorare. Qui a Tokyo, con un 20° posto al di sotto delle attese
La crono è un fronte da migliorare. Qui a Tokyo, con un 20° posto al di sotto delle attese

America proibita

Su questo aspetto si è messa di traverso la burocrazia. Anche Vlasov sarebbe dovuto volare in California con Aleotti, ma l’ingresso negli Usa per un cittadino russo non è così agevole.

«Alcuni sono già andati in galleria del vento – conferma – sarei dovuto andare anche io, ma quando ho fatto la richiesta di appuntamento per il visto, le prime date utili erano troppo avanti. In Russia non ci sono ambasciate americane aperte, per cui si sta studiando per trovare una galleria del vento in Europa o in alternativa un velodromo in cui fare i test necessari. Intanto mi alleno su strada con la nuova bici e mi trovo benissimo».

Nel 2018 Vlasov ha vinto il Giro d’Italia U23 battendo Stannard e Almeida
Nel 2018 Vlasov ha vinto il Giro d’Italia U23 battendo Stannard e Almeida

Esploratore Vlasov

E poi c’è il cambio di strade. La differenza fra Andorra e Monaco è di clima e di scenari, ma per questo Vlasov ha l’atteggiamento dell’esploratore tipica di ogni ciclista che si rispetti.

«Ho ripreso la bici da poco – dice – e nonostante ci siano tanti corridori, per ora sono sempre uscito da solo. Più avanti magari scriverò a qualcuno che conosco e andremo insieme. Però mi piace andare alla scoperta di nuove strade. Se esci tutti i giorni, piano piano ti spingi su strade nuove e componi la geografia per gli allenamenti. E’ interessante spostarsi verso posti che non si conoscono. Magari d’estate rimpiangerò il fresco di Andorra, ma per adesso qui il clima è ideale per pedalare».

Piccolo volta la pagina e ha tanta voglia di ricominciare

12.11.2021
4 min
Salva

Racconta Andrea Piccolo che quando si faticava a capire quale sarebbe stato il suo futuro in Astana e senza troppi annunci aveva ricominciato a correre con la Viris Vigevano, l’accordo con la Gazprom era già nell’aria. Per questo le corse restanti fra gli under 23, dal secondo posto di Capodarco in avanti (nella foto Scanferla di apertura la vittoria di Collecchio), sono state il modo per riportare in alto la condizione e crescere di livello in vista della prima vera stagione tra i professionisti.

Sul podio di Capodarco, alla prima corsa del 2021, preceduto da Raccani e Tolio
Sul podio di Capodarco, alla prima corsa del 2021, preceduto da Raccani e Tolio

Basta dubbi

C’è poco da girarci intorno: il passaggio precoce di Andrea dalla Colpack alla squadra kazaka, il fatto che non abbia mai iniziato a correre, il problema dei valori sfasati dopo il Giro U23 del 2020 e poi il ritorno fra i dilettanti parlano di qualcosa che non ha funzionato, quantomeno a livello di comunicazione. Ora che tutto sembra finalmente alle spalle e che anche la nazionale, nelle parole del cittì Amadori, ha riaperto le porte agli under 23 professionisti, si può guardare avanti con altra fiducia. Di certo, rispetto alla chiacchierata che facemmo con lui due giorni dopo Capodarco, il tono di voce è molto più sicuro.

Andrea in questi giorni si trova in Romagna dalla sua ragazza, ma la prossima settimana lo aspetta il primo ritiro della Gazprom, come ci ha già raccontato Nicola Conci, per visite e burocrazie varie.

La squadra ha cambiato tanto, dall’organico ai materiali (in arrivo bici Look) fino ai vertici, con l’arrivo di Sedun fra i dirigenti (a lui va piuttosto un grosso in bocca al lupo, perché possa recuperare bene dalla frattura di tibia e perone).

Andrea Piccolo, Rino De Candido, 2° europei strada 2019
Nel 2019 Andrea Piccolo, qui con il cittì Rino De Candido, secondo agli europei strada
Andrea Piccolo, Rino De Candido, 2° europei strada 2019
Nel 2019 Andrea Piccolo, qui con il cittì Rino De Candido, secondo agli europei strada
Soddisfatto di come sono andate a finire le cose?

Direi di sì. Ho corso alla Viris Vigevano sapendo che nel 2022 sarei comunque andato tra i professionisti e quindi questi mesi mi sono serviti per lavorare. L’intera vicenda con l’Astana la definirei abbastanza traumatica, ma rifarei tutto allo stesso modo. I problemi erano di altro tipo e sono risolti.

Dopo questo ritiro sul Garda, a dicembre volerete in Spagna…

A Calpe a dicembre e cominceremo a mettere le basi. Non mi hanno fatto pressioni di alcun tipo, ma ho tanta voglia di fare bene.

Cosa pensi dell’apertura della nazionale U23 ai professionisti?

E’ la cosa giusta. Andavamo a correre e ci trovavamo in mezzo ad altri pro’. Eravamo i soli fuori dal coro e non credo che per qualcuno, per me almeno, sarebbe un disonore essere convocato nella nazionale under 23.

Che cosa ti ha insegnato l’esperienza dell’ultimo anno?

Che devo maturare tanto. Ma anche che nelle squadre siamo dei numeri, difficilmente si va incontro alle difficoltà degli altri. Ogni anno si azzera tutto, almeno nel professionismo.

Andrea Piccolo, Gp FWR Baron, San Martino di Lupari, 2020
Sarebbe dovuto passare professionista alla Astana dopo un solo anno alla Colpack, ma non ha mai corso con i kazaki
Andrea Piccolo, Gp FWR Baron, San Martino di Lupari, 2020
Sarebbe dovuto passare professionista alla Astana dopo un solo anno alla Colpack
Come si riparte con la preparazione?

Per ora in modo tranquillo, la prossima settimana seguendo qualche tabella. La cosa positiva è che dovrei continuare a lavorare con Maurizio Mazzoleni, che mi conosce bene. In attesa di ricevere il programma e il via libera a dicembre, comincio a portarmi avanti.

Si è molto parlato dei problemi per cui l’Astana ha preferito lasciarti libero.

Ma io non ho mai ascoltato troppo quello che si dice in giro, perderei troppo tempo. Quello che conta è che ho voltato pagina.

Che cosa ti sembra della nuova squadra?

E’ un bel progetto. Sono cambiate alcune cose ed è arrivato anche Sedun, che conosco dall’Astana. Per il resto, sarà tutto da scoprire. Cominceremo la settimana prossima.

Basso: i freni a disco, Moscon e il sogno di un grande Giro

11.11.2021
5 min
Salva

Leonardo Basso ha ripreso a far girare il motore fra palestra e bici. Ultima corsa la Coppa Agostoni, la pausa è stata più breve del solito. Un paio settimane, ma in compenso una ripartenza per niente traumatica.

L’aria di cambiamento è frizzante, i prossimi due anni all’Astana sono una sfida diversa per il trevigiano che dalla Zalf passò direttamente al Team Sky e in quel gruppo è rimasto finora.

«Continuo ad allenarmi con quei colori e la mia Pinarello – sorride – un po’ perché il nuovo materiale ci verrà fornito in ritiro e un po’ perché quello che è successo a Higuita fa riflettere. I social sono un coltello a doppia lama, serve concentrazione. Siamo personaggi esposti, usarli con troppa disinvoltura può ritorcersi contro».

Sergio Higuita è stato licenziato un paio di giorni fa dalla EF Education-Nippo perché in un video si è fatto riprendere mentre provava la Specialized della Bora-Hansgrohe con cui correrà il prossimo anno. La consuetudine è che i team… uscenti diano una sorta di nulla osta, altrimenti i corridori non potrebbero neppure partecipare ai primi ritiri della nuova squadra. Evidentemente nel caso del colombiano qualcosa non ha funzionato.

Febbraio 2018, prima stagione da pro’. Dopo il debutto a Mallorca, ecco Basso ad Abu Dhabi
Febbraio 2018, prima stagione da pro’. Dopo il debutto a Mallorca, ecco Basso ad Abu Dhabi
A proposito di Pinarello, tu eri del partito dei freni a disco o dei freni tradizionali?

Se devo uscire da solo, preferisco i freni normali. Ma in gruppo eravamo gli ultimi ad averli e anche se in frenata le prestazioni sono molto elevate, eravamo costantemente a rischio. Quelli con i dischi staccavano all’ultimo momento e se fai parte del gruppo non puoi anticipare la frenata. Per cui ci ritrovavamo a frenare con loro, ma per noi era troppo tardi. Eri sempre in stato di attenzione. E quando siamo passati ai dischi, ci siamo sentiti tutti più sicuri.

Che cosa porti con te di questi quattro anni… britannici?

Sono stati i primi a darmi fiducia. Avevo fatto uno stage alla Trek, ma Sky mi propose un contratto grazie al quale ho vissuto per quattro stagioni in una delle squadre migliori al mondo. Partire dispiace sempre, ma io sono sempre uno che guarda avanti. Cosa mi porto dietro? Il livello altissimo di pianificazione e professionalità. Quando c’è un obiettivo, sono capaci di progettare, ragionare e raggiungerli con un metodo tutto anglosassone.

E’ cambiato qualcosa dagli anni di Froome a quelli di Bernal e Carapaz?

Non nella pianificazione e nel metodo di lavoro. Diciamo però che dal Finestre di Froome c’è stato un cambio di immagine poi ribadito dal Giro del 2020 con le tante tappe vinte e poi dall’ultimo. Ma anche quando eravamo la squadra di Froome, non ho mai avvertito ostilità da parte dei tifosi. Avvertivano l’importanza, mentre per me era fare parte di qualcosa di grande che mi spingeva a fare di più.

Nel 2013 è al secondo anno da U23 e corre nella Zalf in cui debutta anche Moscon (foto Scanferla)
Nel 2013 è al secondo anno da U23 e corre nella Zalf in cui debutta anche Moscon (foto Scanferla)
Che cosa porti in dote all’Astana?

La mia specializzazione è il ruolo di gregario per aiutare i capitani a finalizzare il lavoro. So che all’Astana si parte per vincere ogni corsa, conosco la mentalità di Vinokourov. Per cui darò il mio contributo per il leader, ma se la squadra mi riterrà all’altezza, magari proverò anche a entrare in qualche fuga.

Un passaggio per due, ci sarà anche Moscon…

Con lui c’è un rapporto di amicizia che inizia dagli anni alla Zalf, che con il tempo si è trasformato anche in collaborazione professionale. Mi piace aiutarlo e allenarmi con lui.

Credi che cambiare lo aiuterà a venir fuori?

Ogni cambio porta con sé nuovi stimoli, in ogni ambito lavorativo. Vivo Gianni da vicino e posso dire che ha la fame di sempre, la stessa di quando eravamo alla Zalf. L’ho visto fare palestra la mattina presto in cima allo Stelvio: se non hai voglia non lo fai. Lui ha sempre generato grandi aspettative, che a loro volta generano pressione. E la pressione non è sempre facile da sopportare, l’aspetto mentale è determinante. Alcuni fanno fatica, però poi tornano. Il motore non cambia, si è visto alla Roubaix. Il corridore c’è, mi sarebbe piaciuto vederlo in televisione, invece l’ho sentita alla radiolina, visto che ero anche io là in mezzo. Ora si aggiungono gli stimoli dall’esterno, come i nuovi materiali e i nuovi tecnici. Credo che faremo bene.

C’era anche Basso nella Roubaix in cui Moscon ha sfiorato il colpaccio
C’era anche Basso nella Roubaix in cui Moscon ha sfiorato il colpaccio
Cosa trovi in Astana?

L’ho sempre vista come una squadra di tanti campioni. Armstrong e Contador, poi Nibali e Aru. C’è un anima italiana, sono curioso di vedere come si fonderà con la nostra formazione anglosassone.

Intanto come cambia, se cambia, la tua preparazione?

Fino a quest’anno ho lavorato con Dario (Cioni, ndr) e visto il mio ruolo, ho sempre fatto una preparazione diluita lungo tutto l’anno ed equilibrata. Per ora ho ripreso come negli anni passati, forse dal primo ritiro si vedrà qualche cambiamento. Non si inventa niente, ma voglio vedere i benefici della nuova preparazione.

Programmi?

E’ ancora presto, ma ci chiederanno. E io dirò che vorrei tornare in Belgio, perché lassù mi sono specializzato. E poi mi piacerebbe fare un grande Giro. Ho 27 anni e non ne ho mai corso uno. Voglio vedere se è vero che faccia crescere il motore. Alla Ineos ci sono così tanti campioni e si parte sempre per la classifica generale, che non sono mai entrato nei giochi. Lo ammetto, sarebbe un sogno. E per il resto, porterò la mentalità di sempre. Ogni corsa che fai è la migliore. E serve sempre tanta voglia di fare fatica.

Pallini: «Si torna a casa. All’Astana un ambiente familiare»

02.11.2021
5 min
Salva

Dopo cinque stagioni Vincenzo Nibali torna all’Astana e con lui lo storico massaggiatore, Michele Pallini. Michele e Vincenzo hanno costruito insieme una carriera passo dopo passo e pochissimi, anzi forse nessuno, conosce lo Squalo come il massaggiatore toscano.

Michele si torna a casa?

Sì, diciamo che si torna a casa. La cosa buona è che diminuiscono i tempi di ambientamento per adeguarti ad un nuovo team. Ci sono dinamiche che richiedono sei mesi per adattarsi, ma per me che sono un po’ più vecchio serve un anno! Ma in Astana c’è un’atmosfera che conosciamo già.

Pallini segue Nibali dopo l’arrivo dell’ultima vittoria dello Squalo al Giro di Sicilia
Pallini segue Nibali dopo l’arrivo dell’ultima vittoria dello Squalo al Giro di Sicilia
E non è poco…

È una squadra molto italiana e sottolineo molto. L’ostacolo della lingua, il più grande, si supera facilmente, ci si sente a casa proprio per un aspetto culturale nei modi di fare, nell’alimentazione, in qualsiasi cosa.

Dicevamo sono passati cinque anni e Vincenzo ne ha quasi 37: quanto è vecchio? Quanto è giovane? Quanto può dare?

Può ancora dare un bel po’ fisicamente. Bisogna capire quanto possa dare di testa, quanto possa tenere. Essendo un predestinato molte volte quando non ottieni più i risultati che vuoi ti viene a mancare la terra sotto i piedi e di conseguenza anche la voglia viene meno, gli stimoli e tutto il resto. Semmai dovesse esserci un problema di prestazione questo secondo me dipende da quanto Vincenzo si senta coinvolto nel progetto.

In teoria, Michele, questo è un problema che non dovrebbe esserci visto che Martinelli e Nibali si “annusavano” già dal Giro. Insomma si volevano…

Io alla fortuna ci credo fino ad un certo punto. Se cadi 6-7 volte c’è qualcosa che non va, non è sfortuna, se Martino ha vinto tanti grandi Giri un motivo ci deve essere e secondo me è perché sa coinvolgere tutta la squadra e dà attenzione a tutti i particolari. In questo modo riesce poi ad avere il 110% da ognuno. Non credo quindi che abbia ripreso Vincenzo senza un progetto.

Però sia Martino, che Vinokourov, e forse anche lo stesso Nibali stesso non pensano che possa ancora vincere il Giro…

E sono d’accordo con loro, non credo sia competitivo per vincere un grande Giro. Se poi dovesse uscirci un podio nessuno resterebbe colpito. Vincenzo si aspetta di essere competitivo, che poi lo sia per le tappe o per una top ten o top five vedremo. Questo dipenderà da come si sentirà durante la corsa.

Dagli anni della Liquigas quanti successi condivisi per Pallini (di spalle) e Nibali. Eccoli al Tour del 2014
Dagli anni della Liquigas quanti successi condivisi per Pallini (di spalle) e Nibali. Eccoli al Tour del 2014
Anche perché l’Astana ha preso Lopez, immaginiamo sia lui il capitano per i grandi Giri. Come sarà la convivenza tra Vincenzo e Miguel?

Loro due si conoscono già. Sanno quali sono i rispettivi obiettivi e per me possono convivere tranquillamente. Vincenzo può dare a Lopez quella serenità che gli mancava. Una sua presenza può fargli vivere la corsa senza stress. Sapere che in gara un corridore molto forte può darti una mano ti fa stare tranquillo, non hai l’assillo della posizione in gruppo e magari rischi meno di cadere perché sei più tranquillo. Un po’ quello che succedeva tra Michele (Scarponi, ndr) e Vincenzo. Sai che il più forte è dalla tua parte.

In tanti anni che lo tratti quanto è cambiato il muscolo di Vincenzo?

Fondamentalmente non è cambiato, tuttavia l’anno scorso si era intestardito sul fatto che non avesse troppa forza esplosiva, che non rispondeva bene agli scatti. E così per partire già più brillante ad inizio stagione ha fatto molta più palestra. E ha messo su massa muscolare. Si vedeva anche ad occhio nudo che il volume delle sue gambe era maggiore.

Non sembri essere molto d’accordo su questa scelta, è un bene o un male?

Dipende dai risultati. Se arrivano è un bene. Se non arrivano è un male. Spesso si tende ad imitare gli altri, ma non è detto che quello che fa bene ad agli altri vada bene per tutti. L’anno scorso lui ha voluto fare come voleva, e come sapete c’è stato l’allontanamento da Paolo Slongo.

Nibali e Lopez, il prossimo anno correranno insieme
Nibali e Lopez, il prossimo anno correranno insieme
Prima hai detto che all’Astana c’è un ambiente molto familiare e molto italiano. Lì troverete anche dei tecnici e dei personaggi nuovi. Pensiamo ad Erica Lombardi, dietista della quale molti corridori parlano benissimo, pensiamo a Maurizio Mazzoleni. Anche queste nuove figure saranno uno stimolo per te e Nibali?

Erica è considerata brava perché non impone nulla ma va incontro alle esigenze dei corridori. Se di fronte ha atleti pronti a dare il 120% e che sono disposti a fare sacrifici enormi lei si comporta in un certo modo. Se invece di fronte ha un campione affermato con le sue abitudini è più flessibile. In Ineos l’alimentazione è imposta. C’è un protocollo uguale per tutti: per alcuni va bene e vanno fortissimo e per altri non va bene e i risultati arrivano meno.

E riguardo a Mazzoleni, il preparatore?

Maurizio è cresciuto con Paolo e sa di cosa ha bisogno Vincenzo. Si è parlato con lui e con tutti gli altri che già conoscono il loro indirizzo di massima per questa stagione. Per i programmi veri e propri, si aspetteranno le presentazioni finali di tutte le gare. E con Martino soprattutto si traccerà una linea definitiva.

L’inizio di questa nuova avventura, ti ricorda qualche stagione precedente? Hai un dejà-vu?

Ogni situazione, ogni anno tutto nuovo e ci sono protagonisti diversi. Sicuramente Martinelli ha cercato di ricreare un ambiente sereno per Nibali e per tutta la squadra ed anche per questo è voluto tornare a Montecatini. Forse anche un po’ per scaramanzia. Io ho visto entusiasmo, una sera i ragazzi sono usciti tutti insieme e quando si è più tranquilli si lavora meglio.

EDITORIALE / Hanno provato a mangiarsi la Colpack

02.11.2021
5 min
Salva

Italia, terra di conquista. Il titolo vuole essere ovviamente una provocazione in questo senso, ma è un fatto che dopo i nostri corridori, ora agli squadroni stranieri fanno gola le nostre continental. C’è il WorldTour che comanda e poi ci sono le piccole che non sanno cosa fare. Soprattutto le continental, la Colpack in questo caso.

Si è spinto perché nascessero, ma il calendario è scarso e gli squadroni spesso le aggirano. Così le squadre nate per sviluppare i talenti e lanciarli nel professionismo si ritrovano a volte svuotate di un ruolo effettivo. Se va bene, diventano parcheggio a ore per corridori già promessi (vedi i casi di Tiberi, Piccolo, Ayuso). Altrimenti lavorano sperando di trovarne altri pure buoni e di valorizzarli nel tempo a disposizione. Se però arriva la Bardiani, che apre la sezione under 23 e fa incetta di juniores, la situazione si complica. Se foste il presidente di squadra continental, per quale motivo dovreste continuare a spendere soldi?

Ipotesi Astana-Colpack

Italia terra di conquista. La Alè-BTC-Ljubljana delle donne se la sono comprata gli arabi del UAE Team Emirates. Possono farlo, lo hanno fatto. Anche se il loro contributo allo sviluppo del ciclismo viene meno nel momento in cui, invece di costruire qualcosa di nuovo, hanno preferito preferito comprare quel che già c’era. Sulla stessa strada potrebbe essere la Valcar-Travel&Services, se il presidente Villa troverà un team cui votarsi.

Fra gli uomini, invece, è appena successo che l’Astana si è resa conto di dover rifondare la sua continental, il development team, in cui dall’Olanda arriverà Garofoli. Ci hanno pensato e si sono rivolti alla Colpack-Ballan. D’altra parte Maurizio Mazzoleni è il preparatore di entrambe e c’è un bel filo diretto nel passaggio di corridori. Ma si può fare? Certo, smontando tutto si può…

Ecco gli articoli del regolamento Uci che normano la nascita dei “devo team”
Ecco gli articoli del regolamento Uci che normano la nascita dei “devo team”

Lo stesso pagatore

«The paying agent of a UCI WorldTeam – recita l’articolo 2.16.055 del regolamento Uci – may also manage and be responsible for a UCI continental team as development team. In this case, both teams shall have the same paying agent and share a common identity (at least part of the name and design of the jersey)».

Le due squadre, insomma, la WorldTour e la continental, devono avere lo stesso finanziatore, per come viene definito e descritto dall’Uci. E devono poi condividere la loro identità: almeno una parte del nome e il disegno della maglia.

Si sarebbe trattato di fondere le due squadre, formando la Astana-Colpack. Si sarebbe passato il personale italiano alle dipendenze della società kazaka e si sarebbero fusi i due organici, arrivando a quasi 27 atleti. Il poco tempo a disposizione e qualche perplessità hanno fermato l’operazione.

Patron Colleoni, fidandosi di Bevilacqua (tecnico della Colpack-Ballan) aveva dato il via libera. Ma quando gli è stato comunicato che l’accordo era saltato, avrebbe detto al suo direttore: «Mi hai fatto il più bel regalo di Natale!».

Se il Team Colpack-Ballan fosse stato “devo team” della Astana, oltre a Gazzoli, anche Baroncini sarebbe rimasto nel team kazako?
Se il Team Colpack-Ballan fosse stato “devo team” Astana, oltre a Gazzoli, anche Baroncini sarebbe andato nel team kazako?

L’esempio Lampre

Certo sarebbe bello. La continental li allena, li tempra e poi di tanto in tanto ne manda alcuni a farsi le ossa tra i professionisti. Senza aspettare lo stage, semplicemente perché è la stessa squadra.

Nel 2016 fra la Lampre-Merida e la stessa Colpack fu siglato un accordo di collaborazione tecnica, per cui la squadra WorldTour passava agli under 23 le sue bici Merida e in cambio aveva un’opzione sui suoi atleti. La squadra bergamasca non era un “devo team”, perché non aveva alle spalle lo stesso finanziatore. Eppure in nome di quell’accordo, alla fine dell’anno Ganna, Ravasi, Consonni e Troia passarono nella squadra, che nel frattempo si era trasformata in Uae Team Emirates.

Forse per il cambio di gestione, forse perché le prime stagioni dello squadrone furono piuttosto problematici, soltanto Troia ebbe modo di rimanere, mentre dopo tre anni gli altri passarono altrove.

Nel 2017 Sivakov correva con la Development Team Bmc, ma non passò con loro. Arrivò Sky e se lo portò via (foto Scanferla)
Nel 2017 Sivakov correva con la Development Team Bmc, ma non passò con loro. Sky se lo portò via (foto Scanferla)

Il caso Sivakov

Da qui le domande. Correre nella “devo team” di una WorldTour impegna la squadra madre a far passare i corridori che ha cresciuto oppure no? Se Colpack fosse stata “devo team” di Astana nel 2021, Baroncini sarebbe stato obbligato da un contratto a passare nel team di Martinelli? In che modo la stessa WorldTour viene garantita sulla permanenza dei migliori nelle sue file?

Viene in mente la Bmc Development, gioiellino di organizzazione, agganciata al team di Andy Rihs e Jim Ochowitz. Nel 2017 vinsero alla grande il Giro d’Italia U23 con Pavel Sivakov, per cui era logico aspettarsi che il russo passasse nel team guidato da Valerio Piva e Fabio Baldato. Invece arrivò il Team Sky con i suoi soldi e se lo portò via.

Facile così, forse per questo lo squadrone di Brailsford nemmeno ci prova a crearsi un team satellite: il guaio per loro è che nel frattempo sulla scena sono arrivati attori con più soldi da spendere. Perché il mercato è il mercato, ma se alla fine nemmeno ci si prova a far funzionare il meccanismo per come è stato pensato, allora dove sta il senso di tanto scrivere regolamenti?

Torna Nibali e Tosello riprende la scheda con le misure

29.10.2021
6 min
Salva

Il ritorno, ormai imminente, di Vincenzo Nibali all’Astana-Premier Tech riporta alla luce tutti i suoi più grandi successi vissuti con la maglia del team kazako. Oltre ai colori che tornerà vestire dal 2022, lo Squalo ritroverà gran parte dello staff, salutato nel 2016 con un addio che si è poi rivelato un arrivederci. Tra questi c’è il meccanico della squadra, Gabriele Tosello, nonché il sarto che cucirà la Wilier Triestina su misura addosso a Vincenzo.

“Toso” ha vissuto vittorie e sconfitte dal 2013 al 2016 (in apertura durante l’ultima tappa del Tour vinto nel 2014), per poi ritrovarsi alla vigilia della prossima stagione a rispolverare le misure che conservava dentro il cassetto e rimettere in sella il campione siciliano. Un déjà vu che Gabriele ci racconta con professionalità ed entusiasmo, nel ritrovare il fuoriclasse Nibali di nuovo da assistere tra richieste, consigli e aneddoti.

Sei in Astana dal 2010, Vincenzo lo conosci già?

Certamente. Ero presente al suo arrivo dalla Liquigas nel 2013 e alla sua partenza nel 2016 per la Bahrain-Merida. Nei quattro anni con noi allora la bici utilizzata era Specialized. 

Ora il vostro partner tecnico è Wilier Triestina. 

Sì, il prossimo anno sarà il terzo insieme. La transizione da Argon è stata naturale senza traumi. Wilier è una ditta italiana che sta investendo davvero tanto in ricerca e in materiali, una delle poche se posso dire. Si lavora molto bene perché è condotta a livello familiare, se hai qualche richiesta ti ascoltano, sai con chi parlare. E’ una qualità che si percepisce quando ce l’hai tra le mani, non solo a parole come a volte capita in questo settore. 

Torniamo a Vincenzo, che rapporto ha con la bici?

Lui è uno che ci capisce, è un corridore che saprebbe fare benissimo il meccanico. E’ abbastanza pignolo, se avesse gli tutti attrezzi del mestiere si potrebbe smontare e rimontare la bici. Le piccole riparazioni, le  registrazioni se le fa in totale autonomia. Montarla da zero no, perché non ha l’attrezzatura ma sarebbe in grado. Tranquillamente. 

Che bici gli fornirete?

Quest’anno abbiamo usato due modelli la Wilier Zero SLR per le salite e la Filante SLR, quella un più aerodinamica per le corse veloci. Lui per caratteristiche tecniche sarebbe adatto alla prima, ma conoscendolo vorrà sicuramente anche la Filante. Abbiamo già calcolato per lui, come per altri corridori, di mettere a disposizione entrambi i modelli. Poi c’è chi invece avrà solo uno o l’altro. Ma ad un leader come Vincenzo preferiamo dare tutte le possibilità per coccolarlo e stimolarlo. 

C’è già stato il primo incontro fra Tosello e Nibali?

Ci vedremo verso metà novembre per la consegna della bici, poi ci confronteremo giorno per giorno. Per il momento per contratto non può utilizzare la nostra attrezzatura. Ne approfittiamo per aspettare i gruppi nuovi. Non sappiamo ancora se la prima che riceverà sarà la Filante o la Zero SLR.

Le misure le avete già?

Sì, abbiamo quelle che aveva nel 2016 nel suo ultimo anno in Astana (nella foto sotto, ndr) e abbiamo anche quelle che ha usato ultimamente alla Trek-Segafredo. Saranno da adattare alle geometrie della Wilier, ma si parla di pochi aggiustamenti. E’ rimasto sempre lui. E’ un corridore all’antica, ha le sue misure può giocare con qualche millimetro, ma non si allontana. Naturalmente qualcosina dovremo cambiare passando a un modello nuovo, ma i suoi riferimenti sono quelli da sempre. Poi sarà Vincenzo che ci aiuterà a cucirgli addosso la bici. Tra arretramenti, avanzamenti e spostamenti di sella vari.

Ecco le misure della sua bici del 2016, ripescate da Tosello dal suo archivio. A metà mese, avremo le misure 2022
Ecco le misure della sua bici del 2016, ripescate da Tosello dal suo archivio. A metà mese, avremo le misure 2022
Che taglia ha?

A lui non piacciono i classici fuori taglia. Con un giusto fuori sella lui è sempre stato una taglia L, una 56. Non ha bisogno di aver misure piccole per guidare meglio. Anche perché a lui diciamo che nessuno gli può insegnare qualcosa in termini di confidenza con la bici.

E’ pignolo su qualche componente in particolare?

Sulla sella è molto pignolo. Quando passa a una sella nuova di un’altra marca, ci mette sempre un po’ ad adattarsi. Passa un paio di mesi prima che si trovi a suo agio. A meno che non sia cambiato in questi anni con l’età (scherza, ndr). All’inizio giocherà un po’ con i millimetri, poi se l’aggiusterà da solo come posizione

Per quanto riguarda freni e ruote cosa gli proporrete?

Siamo completamente su freno a disco. Nel bene e nel male. Nel bene per l’innovazione, nel male perché c’è più da lavorare per i meccanici (ride, ndr). In Astana fino al 2016 preferiva una ruota a basso profilo, con profili da 32 millimetri. Con la transizione al freno a disco si è passati a montare ruote con profili più alti da 47/50 millimetri. Ho visto che quest’anno anche lui montava ruote di queste misure, quindi credo che la scelta sarà la stessa. Ovviamente poi la decisione si adatterà in base alle esigenze delle corse, di salita o pianura.

Nel 2016, Tosello prepara per Nibali una Specialized rosa con cui sfilare a Milano
Nel 2016, Tosello prepara per Nibali una Specialized rosa con cui sfilare a Milano
La vostra scelta tra copertoni, tubolari o tubeless quale sarà?

Noi montiamo tubolari Vittoria. Probabilmente l’anno prossimo useremo in qualche gara il tubeless che quest’anno con Corima non abbiamo provato. Abbiamo testato il copertoncino nelle cronometro. Approfondiremo nel corso della stagione il discorso tubeless e copertonicini, perché qualche miglioramento in termini di watt sembrerebbe esserci. Poi si vedrà anche in base anche al tipo di corridore e alla tipologia di corsa, perché magari non tutti si adatteranno. Vincenzo sarà un riferimento anche per queste decisioni

Per la cronometro che bici avrà?

La Wilier Turbine. Quando si parla di cronometro la sua attenzione per i dettagli è totale. Per la bici da strada si riesce a mediare a volte. Sulla crono ogni sua parola va ascoltata con il calibro in mano. Sempre nel senso buono. Non è uno che ti chiede la luna. Le migliorie e gli accorgimenti che indica si rivelano utili anche per capire i materiali. Ha una sensibilità unica. Quello che dice ha dei riscontri effettivi, non dice mai cose a vanvera. Il bello di Vincenzo è che parli con un corridore che si intende di meccanica. Se ti dice una cosa che potrebbe portare ad un miglioramento, bisogna ascoltarlo. Sempre.

Vi aiuta anche nel vostro lavoro?

Sì, quando c’è del materiale nuovo o da testare, è uno dei pochi su cui fare affidamento. Ed è un riferimento per il team e per i compagni anche sotto questo aspetto. 

Maini e Manzoni, il tempo è sempre galantuomo

23.10.2021
4 min
Salva

Se da un lato c’è Vinokourov che richiamando Shefer ha ricomposto il gruppo dei suoi fedelissimi, dall’altra Martinelli ha potuto inserire nell’Astana del prossimo anno due tecnici italiani che ben conosciamo e che potrebbero ricreare nella squadra quel clima di famiglia che la aveva contraddistinta negli anni dei trionfi di Nibali e Aru.

Orlando Maini e Mario Manzoni dal prossimo anno si aggiungeranno appunto al tecnico bresciano, a Zanini, Cenghialta, Fofonov, Shefer e Yakovlev.

Una coppia storica

A quelli di noi con più anni sulle spalle, l’accoppiata Martinelli-Maini riporta alla memoria l’indimenticabile triennio 1997-1999 della Mercatone Uno. Per ricomporre il fantastico trio mancherebbe soltanto Alessandro Giannelli, che da qualche anno è uno delle colonne portanti di RCS nell’organizzazione del Giro d’Italia.

Manzoni ha seguito il Giro di Polonia con il cambio ruote Vittoria. Qui è con Canola, suo corridore alla Nippo-Fantini
Manzoni ha seguito il Polonia con il cambio ruote Vittoria. Qui è con Canola, suo corridore alla Nippo

Mentre Martino dall’ammiraglia seguiva il Panta nella scalata del Galibier, sulla cima del passo Maini lo aspettava per passargli la mantellina. Quel giorno e in tutti quelli prima e dopo, scrissero insieme la storia del ciclismo. Per cui in qualche misura eravamo tutti in attesa che Martinelli riuscisse a coinvolgere l’amico in un suo progetto, dopo che lo stesso era stato messo giù in modo poco elegante quando la Lampre divenne Uae.

«Fra noi non c’è solo amicizia – dice Maini – ma anche un comune modo di lavorare. Ci assomigliamo nell’interpretare le cose, nel mondo del ciclismo sanno che siamo quasi come fratelli. Se siamo liberi, ad agosto ci troviamo per qualche giorno a Cesenatico, c’è un rapporto anche tra le famiglie».

Orlando Maini, che nel 1992 aveva guidato Pantani alla conquista del Giro d’Italia dilettanti, fu parte integrante della Mercatone Uno del Pirata
Maini, che nel 1992 guidò Pantani alla conquista del Giro dilettanti, fu parte della Mercatone Uno del Pirata

Diesse vecchio stampo

Negli ultimi mesi, sia pure avendo rassegnato le dimissioni a fine giugno, Maini ha diretto il team Beltrami-Tsa

«Ho dato le dimissioni – spiega – con l’impegno di arrivare a fine stagione. La mia priorità, prima ancora di essere un direttore sportivo, è di essere un uomo. Sono vecchio stampo, che forse non va neanche più tanto di moda, ma mi piace esserlo. Perciò ho assicurato che avrei finito la stagione con la massima professionalità, perché credo che le persone corrette si comportino così. Dando la possibilità alla squadra di andare avanti e organizzarsi. Le ultime corse che abbiamo fatto sono state quelle di Pozzato, che ci ha invitato e che ha fatto davvero una gran cosa».

Da Vittoria all’Astana

Alla storia di Martinelli e Maini è legato, sia pure indirettamente, anche Manzoni. Vincitore per distacco della tappa di Cava dei Tirreni al Giro del 1997, in televisione la sua impresa quasi non venne mostrata. Alle sue spalle infatti Pantani era caduto per il famigerato gatto del Chiunzi e le telecamere rimasero su di lui, seguito in ammiraglia da Martinelli, e il suo calvario.

Di lui vi abbiamo raccontata a inizio 2021, quando la Bardiani non lo ha confermato. Avevamo raccontato la sua versione e quella di Reverberi, poi avevamo visto il tecnico bergamasco entrare in contatto con la Global6Cycling, continental creata da Manuel Bongiorno e dal suo amico James Mitri. In qualche modo la sua storia ricalca quella di Maini e di altri tecnici discreti, poco amanti della ribalta, ma molto bravi nel rapporto con gli atleti, cui questa discrezione viene a volte rinfacciata come un segno di debolezza.

«Mi hanno chiamato un mese fa – racconta – la scorsa settimana ho firmato. E’ stato un anno difficile comunque, la chiamata di Martino ha migliorato il tutto. Con la continental le cose non sono andate e a un certo punto ho preferito fare un passo indietro. Ma ho avuto quello che mi spettava, niente da dire. Ho lavorato con il cambio ruote Vittoria. Ho fatto qualche corsa con la commissione tecnica della Lega Ciclismo. In un modo o nell’altro è stato un anno di crescita, perché ho vissuto il mio mondo però da altre angolazioni e non sempre è un’esperienza possibile».

Mario Manzoni, Damiano Cunego, Davide Bramati, Giro d'Italia 2016
Manzoni con Damiano Cunego e Bramati al Giro d’Italia 2016, quando Mario era tecnico della Nioppo-Fantini
Manzoni con Damiano Cunego al Giro d’Italia 2016, quando Mario era tecnico della Nioppo-Fantini

La chiamata di Martino

La telefonata gliel’ha fatta Martinelli, che ci piace immaginare come l’architetto che sa esattamente quali elementi inserire nella squadra perché sia bella, funzionale e potente.

«Mi ha chiamato – sorride Manzoni – e mi ha detto: “Avrei bisogno di un aiuto, di un gregario”. Per portare di nuovo la mentalità che lui era riuscito a creare nella squadra di qualche anno fa. Per ricreare un clima di famiglia. Un ambiente costruttivo e competitivo, ma anche familiare e disponibile. Non me la sono tirata neanche un secondo».

Tra gli argomenti di fine ritiro (l’Astana si è ritrovata per le solite formalità da mercoledì a venerdì a Montecatini Terme), giusto ieri è saltata fuori anche la necessità di mettere mano alla squadra continental, in cui arriverà a breve anche Gianmarco Garofoli, uscito dal Team Dsm. La struttura va ricreata e non è peregrino immaginare il coinvolgimento di entrambi con un ruolo di controllo. Ma tutto per ora è fermo su carta. Il prossimo ritiro si farà a dicembre in Spagna e per allora i ruoli saranno tutti definiti.

La Rave SLR della Serenissima Gravel di Lutsenko ai raggi X

23.10.2021
3 min
Salva

Della prima edizione della Serenissima Gravel, la corsa organizzata da Pozzato e vinta da Alexey Lutsenko, vi abbiamo già raccontato. Ora, invece, ci vogliamo concentrare sulla bici del corridore dell’Astana. Quasi per ironia del destino Wilier aveva presentato pochi giorni prima la Rave SLR bici dedicata al Gravel che Alexey ha utilizzato per la Serenissima. A raccontarcela ci pensa Gabriele Tosello meccanico dell’Astana Premier Tech.

La Wilier Rave SLR di Lutsenko che ha vinto la prima edizione della Serenissima Gravel
La Wilier Rave SLR di Lutsenko che ha vinto la prima edizione della Serenissima Gravel

Nessuna rivoluzione più comfort

«Il telaio ha geometrie simili a quelle da strada ci dice Tosello – devo dire che in Wilier hanno mantenuto un assetto molto competitivo. Il carro posteriore e l’avancorsa sono più lunghi per permettere di montare dei copertoni fino a 42 millimetri. La serie sterzo è un po’ più alta, si parla di mezzo centimetro, ma non ha causato problemi di misure, anzi ha fornito più stabilità sull’avantreno così Alexey ha potuto spingere al massimo».

I corridori hanno utilizzato la misura di bici che usano su strada?

Assolutamente, le bici ci sono state consegnate giovedì ed i corridori le hanno provate immediatamente così da darci un primo feedback. Anche perché poi il giorno dopo ci avrebbero già corso, insomma, un battesimo di fuoco.

Come si sono trovati?

Molto bene, il primo impatto è stato subito positivo, la caratteristica di non cambiare le misure ed il posizionamento in sella ci ha avvantaggiato. Per questo abbiamo già chiesto a Wilier di poter utilizzare la Rave SLR anche per Strade Bianche e Parigi-Roubaix per il prossimo anno.

Vi ha particolarmente impressionato allora…

Oltre a non dover cambiare le misure, quel che ci ha colpito maggiormente è la capacità del telaio di assorbire le sconnessione del terreno, il che è un vantaggio enorme. Il peso è maggiore rispetto alla Wilier Zero che utilizziamo tutto l’anno ma alla fine in queste gare il peso non conta.

Passiamo all’assetto, abbiamo visto molti monocorona, ma voi no, perché?

Avevamo la possibilità di provare in anteprima il nuovo Dura Ace a 12 velocità e quindi l’abbiamo colta al volo. Le scelte erano 54-40 o 52-36 per la guarnitura anteriore, mentre il pacco pignone era il classico 11-30, abbiamo optato per la compact (52-36 ndr). La monocorona abbiamo visto che non era la scelta migliore, i corridori sviluppano una velocità troppo elevata per usarla al meglio, diciamo che è più una scelta cicloturistica.

Subito uno stress test per il nuovo Dura Ace…

Diciamo di sì – dice ridendo Gabriele –

I copertoni utilizzati?

La scelta è ricaduta sui Vittoria Terreno, sezione da 35 millimetri. Anche in questo caso c’è stata una novità per noi: abbiamo usato per la prima volta dei tubeless.

Come mai non li avevate mai provati?

Su strada non avevamo la necessità di usarli, invece, su gare del genere sono fondamentali, lo abbiamo visto anche sulla bici di Colbrelli alla Roubaix. Pensiamo di riproporre i Vittoria Terreno in accoppiata al telaio Rave SLR alle prossime Strade Bianche e Roubaix. Magari non sezioni così grandi ma con un 30 millimetri, massimo 32 millimetri, queste da 35 diventerebbero troppo complicati da spingere sui tratti di asfalto.

Alexey Lutsenko in azione sulla nuova Wilier SLR con la quale ha vinto la Serenissima Gravel
Alexey Lutsenko in azione sulla nuova Wilier SLR con la quale ha vinto la Serenissima Gravel
Vi siete “adattati” facilmente?

Per le pressioni ed il montaggio non ci sono stati problemi, abbiamo gonfiato i copertoni a 2,7 o 2,8 bar. La cosa più complicata su cui abbiamo chiesto un piccolo aiuto per i dosaggi è il liquido da inserire all’interno del tubeless.

Lo userete anche in futuro?

La tecnologia e lo sviluppo spingono in quella direzione, ma è anche giusto così, soprattutto in gare con terreno sconnesso. La pressione è più bassa grazie all’utilizzo del liquido ed in più è auto sigillante sulle micro forature…

Per quanto riguarda freni e manubrio?

I freni erano gli stessi di sempre, diametro da 160 millimetri all’anteriore e 140 millimetri al posteriore. Il manubrio era quello da strada.