Roberto Miodini, Gregorio Ferri

Beltrami fa da sé con Miodini e Maini alla guida

21.11.2020
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A un certo punto è sembrato che il Team Beltrami stesse per diventare vivaio italiano della Cofidis. Una sorta di academy in collaborazione con i marchi italiani che supportano il team francese e con la supervisione di Damiani. Poi un po’ il Covid, un po’ la perplessità dei francesi che probabilmente il vivaio l’avrebbero visto più volentieri in Francia e un po’ probabilmente anche per la necessità di pagare le bici De Rosa, il team manager Stefano Chiari ha rimesso i piedi per terra.

«Ho preferito mantenere la nostra identità – dice Chiari – anche per evitare che se un domani la collaborazione finisse, possiamo trovarci a piedi. E visto che Beltrami ci sostiene da cinque anni e di questo gli siamo tutti grati, siamo rimasti fedeli alle nostre bici. Cofidis seguirà i ragazzi che avranno tutto l’interesse ad andar forte e intanto siamo sicuro che per i prossimi due anni saremo continental. E poi si vedrà, magari potremmo anche crescere…».

Filippo Baroncini, Vicenza-Bionde 2020
Filippo Baroncini nel 2020 ha vinto la Vicenza-Bionde (foto Scanferla)
Filippo Baroncini, Vicenza-Bionde 2020
Per Baroncini, la Vicenza-Bionde (foto Scanferla)

Juniores a tutta

Due anni di continental, dunque, per il team che resta emiliano e ha sull’ammiraglia Maini e Miodini, con la stessa idea di far crescere i ragazzi senza perdere di vista i capisaldi del ciclismo.

«Succede che adesso gli juniores siano preparatissimi a livello tecnologico – dice Maini – per cui la categoria diventa un vero spartiacque. Al punto che quelli che hanno cominciato più tardi o vengono da squadre meno organizzate hanno più margini di miglioramento. Noto che alcuni arrivano già con un ruolo cucito addosso e questo blocca la progressione. Purtroppo in certi ambienti ci riempiamo la bocca con il numero delle vittorie, ma di fatto quelli che sono diventati grandi corridori, da ragazzi non mietevano successi. Poi ci sono le eccezioni, come Tiberi. Ha fatto il salto di categoria, ha dimostrato di reggere bene e passerà professionista. Chapeau!».

Ruoli precisi

Quello che non funziona semmai è un ritorno al passato sul tema dell’approssimazione e della serietà nel fare le cose.

«Quando arrivano al professionismo – ancora Maini – devono avere ben chiaro che nelle squadre ci sono ruoli definiti e da rispettare. Il direttore sportivo. Il manager. Il medico. Il nutrizionista. Il preparatore. L’addetto stampa. Ognuno ha la sua area di competenza e a loro il corridore deve far riferimento. E’ fondamentale. Invece ancora adesso capitano incidenti di percorso per degli integratori, causati dall’ignoranza o dalla sapienza di qualche ignorante. Se mia figlia ha la febbre, posso darle un’aspirina. Ma se la febbre l’ha un corridore, deve pensarci il medico. E’ un esempio banale, ma noi dobbiamo insegnare questo».

Numeri e cuore

La continental deve insegnare questo e insieme deve proporre un’attività che faccia crescere il livello affinché il gap con i professionisti si riduca.

«Abbiamo tanti strumenti – dice Maini – e che ci fanno crescere. Mi piace guardare i corridori negli occhi, lavorare sulle motivazioni, avendo però consapevolezza dei loro valori. Però gli dico sempre che i numeri poi vanno confrontati con l’asfalto».

Orlando Maini
Orlando Maini, direttore sportivo assieme a Miodini
Orlando Maini
Maini è uno dei tecnici del team

Gli schiaffoni

Sullo stesso tema interviene Roberto Miodini, direttore sportivo di lungo corso anche alla Carmiooro e poi all’Androni (nella foto di apertura è con Gregorio Ferri).

«L’anno scorso partimmo da Besseges – ricorda – con 8 squadre WorldTour. Andò anche bene, perché facemmo un 10° posto con Parisini nella terza tappa. E il nostro primo obiettivo resta fare attività fra i pro’, dove ci faranno andare. Tutte le gare italiane e all’estero quando si potrà. L’anno scorso sono state 35 giornate di gara. Non tutti i ragazzi capiscono che è più importante prendere schiaffi tra i pro’ che vincere il Circuito di Calvatone. Non sono quelle vittorie a dirti chi sei. Il limite dell’attività dei dilettanti in Italia è che ci sono poche corse a tappe. Per come la vedo io, la corsa a tappe è la più bella scuola per ragazzi dotati di motore. Perché impari a gestirti, a recuperare, a mangiare, a tener duro. Mica è per caso che tutti i giovani che all’ultimo Giro d’Italia dei pro’ sono andati forti, negli anni precedenti hanno fatto quasi solo corse a tappe…».

Le biciclette sono state consegnate tutte, anche quelle da crono. Ci sarà a breve un meeting su Zoom cui parteciperà anche Damiani. E poi, Covid e restrizioni permettendo, sarà tempo di ricominciare.