Il folletto dello Zoncolan nel WorldTour: Fortunato all’Astana

03.01.2024
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ALTEA (Spagna) – Il folletto dello Zoncolan, che su quel giorno del Giro 2021 ha costruito la seconda parte della sua carriera, è infine approdato nel WorldTour con l’Astana. Alla Eolo-Kometa non potevano dargli di più e forse per tirare fuori da Lorenzo Fortunato più di quello che ha già dato serviva un palcoscenico più alto. Offerte per cambiare squadra erano venute anche prima, ma per gratitudine e in cambio della giusta quotazione il bolognese ha scelto di condividere più a lungo il progetto di Basso. Ora che il ciclo si è chiuso, vederlo sorridere con la nuova maglia del team kazako è il viatico per un nuovo inizio.

«Mi sono trovato subito bene – spiega Fortunato – soprattutto in squadra. E’ un ambiente tranquillo, rilassato e mi sto trovando bene con i compagni e lo staff. Poi siamo in tanti italiani e questo aiuta. Sono contento della mia scelta, negli ultimi tre anni con la Eolo mi sono trovato bene e li ringrazio perché con loro sono cresciuto. Così adesso sono pronto per fare questi due anni nel WorldTour».

Fortunato è professionista dal 2019, è alto 1,70 per 57 chili.
Fortunato è professionista dal 2019, è alto 1,70 per 57 chili.

Due anni a perdere

I primi due anni da professionisti non sono stati indimenticabili, complici un livello non ancora sufficiente e l’arrivo del Covid nella seconda stagione, in cui forse Lorenzo avrebbe potuto fare qualcosa di più.

«Se in quei primi due anni con Scinto – sorride – mi aveste detto che sarei arrivato qua, non ci avrei creduto. Poi sono andato alla Eolo e già dopo la prima stagione sarei potuto andare via, ma ho scelto di rimanere. Sono cresciuto tanto. So quello che devo fare e cosa evitare, so come allenarmi. Sono cresciuto su questi aspetti, so mantenere l’equilibrio, sbagliando sono migliorato e mi sento ogni anno più avanti. Magari sbaglierò ancora qualcosa, ma mi sento più maturo. Mi rendo conto di essere appena entrato in un mondo nuovo. Qui siamo in 30 corridori, c’è più organizzazione. Lo staff è numeroso e il budget più ricco. Ugualmente però l’ambiente è molto familiare, si percepisce che la squadra sia una grande azienda, ma anche che umanamente si riesce a fare gruppo».

Sulle Tre Cime di Lavaredo, all’ultimo Giro, Fortunato con Riccitello
Sulle Tre Cime di Lavaredo, all’ultimo Giro, Fortunato con Riccitello

La cura dei dettagli

Essere più maturo riguarda soprattutto la consapevolezza nell’affrontare il proprio lavoro. La capacità di leggere nei propri bisogni, sfruttando al meglio i mezzi messi a disposizione da una squadra più grande e da quello staff così numeroso.

«Se non sei attento ai dettagli – prosegue Fortunato – ora non vai da nessuna parte. Tutto si è spostato al limite, però io cerco sempre di mantenere l’equilibrio e di stare il più rilassato possibile in base al periodo. Non ha senso finirsi in questa fase della stagione, ma quando arriveremo ad aprile sarà il momento di chiudere i rubinetti. Da quel momento in poi, bisognerà guardare la virgola. Sto lavorando con Luca Simoni, il nutrizionista, per mettere a posto alcune cose che trascuravo. Magari avevo la tendenza di non mangiare troppo oppure di mangiare male. Dopo l’allenamento saltavo il pranzo, invece ora ho capito che è importante mangiare il giusto, a non tirare via con uno yogurt e aspettare la cena. Sto cercando di bilanciare tutto e questo mi aiuta molto. Per questo adesso cerco di tenere un margine per averlo nel resto dell’anno, quando dovrò sparare le mie cartucce».

Abbiamo incontrato Fortunato nel ritiro di Altea della Astana
Abbiamo incontrato Fortunato nel ritiro di Altea della Astana

Più fresco al Giro

Quel che resta da capire è cosa l’Astana si aspetti da lui e cosa lui si aspetti da se stesso. Dopo il 2021 dello Zoncolan e della vittoria alla Adriatica Ionica Race, si è passati prima per la fase della classifica nei grandi Giri, poi per la caccia alle tappe e la classifica (semmai) di conseguenza.

«Rispetto agli anni scorsi – dice Fortunato – cambierò un po’ il calendario. Da me si aspettano solidità in salita, mi hanno preso per quello. Sono sicuro che posso farlo e per questo correrò il Giro d’Italia, uno dei miei obiettivi della stagione, soprattutto le tappe di montagna della terza settimana. Avrò il mio spazio, anche se correrò con un leader come Lutsenko, anche se abbiamo due calendari differenti. Qui ho il mio spazio, mi lasciano fare le mie corse già da inizio stagione, anche corse a tappe minori. Punterò il Giro, poi forse anche un altro grande Giro, con l’obiettivo di andare forte in montagna.

«Il bello è che adesso posso scegliere. A novembre con Mazzoleni, che è il mio preparatore, ci siamo messi a decidere il calendario che più fa al caso mio. Questo paga, vado a correre in base alle caratteristiche mie e della corsa. Con Maurizio mi trovo bene. Ho potenziato la palestra che gli anni scorsi trascuravo per essere più solido e poi per il resto lavorerò in salita. Dopo il Catalunya andrò in altura e poi arriverò al Giro con pochi giorni di gara, voglio essere fresco, una cosa che mi è mancata l’anno scorso. Voglio giocare le mie carte davvero al meglio».

Si apre la caccia ai punti: Battistella debutta in Australia

02.01.2024
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E’ quasi tempo di tirar fuori la valigia. Il 9 gennaio si parte per l’Australia e anche per Samuele Battistella il nuovo anno prenderà il via, con quel filo di malinconia che certamente accoglierà il gruppo dopo l’assurda morte di Melissa Hoskins. Il veneto fa parte del gruppetto di italiani dell’Astana Qazaqstan Team in cerca di riscatto e mandati per questo agli antipodi. Fatta eccezione per Velasco, a ben vedere, tutti gli altri hanno alle spalle stagioni sfortunate da dimenticare.

«E’ stato un inverno tosto – dice – perché avendo finito la stagione tardi, sapere di cominciare dall’Australia non è stata proprio una bella notizia. Però mi sto preparando bene, voglio arrivarci come si deve. Avevo già fatto il Tour Down Under nel 2020 e poco dopo il nostro ritorno, chiusero tutto per il Covid e ce ne andammo in vacanze forzate. Da come mi hanno detto, il modo di correre è cambiato rispetto a quando l’ho fatta io, anche se sperare che non si vada a tutta sembra quasi irrealistico».

Samuele Battistella è nato nel 1998 a Catelfranco Veneto. E’ pro’ dal 2020, è alto 1,80 per 67 chili (foto Astana)
Samuele Battistella è nato nel 1998 a Catelfranco Veneto. E’ pro’ dal 2020, è alto 1,80 per 67 chili (foto Astana)

La serie degli intoppi

Il suo palmares, citando come d’abitudine il mondiale U23 del 2019, vede la vittoria alla Veneto Classic del 2021 (chiusa quest’anno al 6° posto) e due secondi posti alla Vuelta dell’anno successivo. Il 2023 è stato avaro di soddisfazioni, tolto un paio di podi a inizio stagione. C’è bisogno di risalire la china.

«Sicuramente – dice Battistella – la cosa più importante del professionismo è la costanza. Il modo migliore per andare in forma e fare risultati è avere dei periodi senza nessun problema. So che è difficile, a me ne sono capitati molti e questo rende tutto più difficile. Gli intoppi dipendono da tante cose, basta anche che venga fatta una variazione del calendario. Ti ritrovi a correre in un momento in cui dovresti allenarti ed è probabile che ti succeda qualcosa. La squadra mi ha sempre appoggiato, ma certe cose capitano. In questi anni ho fatto dei bei risultati, ma potevo fare molto meglio e cercherò di recuperare quest’anno».

Al Giro di Svizzera, all’indomani della morte di Mader, parlando con Van Aert
Al Giro di Svizzera, all’indomani della morte di Mader, parlando con Van Aert

Sempre per vincere

Probabilmente ci sono corridori che possono permettersi di ragionare in modo ambizioso e altri che farebbero bene a restare con i piedi per terra. Però a volte si ha la sensazione che la necessità di programmare e definire tutto secondo numeri e schemi li distragga dalla voglia di fare sempre risultato. Per questo aver sentito pochi giorni fa il proclama di Ayuso, che cercherà la vittoria in ogni corsa del 2024 è sembrato un gran bel modo di ragionare.

«Quest’anno non penso a obiettivi precisi – sorride Battistella – in ogni gara cui andrò cercherò di fare il meglio possibile, se possibile di vincere. Cercherò veramente di vincere il più possibile quest’anno perché è da un po’ che non ci riesco e questo sta cominciando a darmi fastidio. La cattiveria c’è sempre, l’indole vincente viene a sé, ma è innegabile che dopo tanto tempo senza alzare le braccia, qualcosa perdi. Anche solo in termini di fiducia».

Questa la colorazione della sua Wilier Filante SLR: l’azienda veneta ha fornito diverse livree per la squadra (foto Astana Qazaqstan Team)
Questa la colorazione della sua Wilier Filante SLR: l’azienda veneta ha fornito diverse livree per la squadra (foto Astana Qazaqstan Team)

Nessun grande Giro

Il ragionamento porta dritto a un programma che ricorda quello di Diego Ulissi: nessun grande Giro e solo corse in cui sia possibile fare risultati e punti, per una Astana che non naviga in acque calme della classifica e si sta aggrappando a Cavendish per il suo record, ma deve anche pescare fra i suoi uomini chi sia capace di fare punti in abbondanza.

«Ho fatto in avvio più lavori rispetto all’anno scorso – spiega Battistella – cercando di rientrare prima nella fatica delle corse, anche per abituare la gamba. Mi sarei comunque fermato meno del solito, perché la pausa troppo lunga rende più complicato rientrare nel peso forma. Ma la stagione non deve finire in Australia, per cui ho lavorato per arrivarci bene, ma di sicuro non sarà l’obiettivo principale. Non credo di fare grandi Giri, ma mi concentrerò solo ed esclusivamente su gare di un giorno e brevi corse a tappe. Ho visto che con i mostri sacri che ci sono, anche andare in fuga e fare risultato è sempre meno possibile. In questo modo, senza partire con la classica preparazione per il Giro d’Italia, eviterò di sacrificare delle corse di primavera che si fanno nel periodo dell’altura.

«Preferisco correre, la Liegi è la mia corsa preferita. In altura ci andrò prima delle classiche e poi prima del campionato italiani e durante il Tour de France. Un’altra infine la farò per il finale di stagione che è zeppo di gare italiane di un giorno. Sono sicuro che prima o poi tutto il lavoro che sto facendo verrà ripagato. Ne sono convinto».

Buon anno tricolore da Velasco che sogna il Tour

01.01.2024
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ALTEA (Spagna) – La maglia tricolore non passa inosservata. E se correndo nella pista di Grenchen, Elia Viviani ha pubblicato un post su Instagram definendola la più bella del mondo, Simone Velasco non le è meno attaccato. Lui forse neppure se ne rende conto, ma rientrato dall’allenamento del mattino non faceva che passarci sopra il palmo della mano. Forse per saggiare la consistenza del nuovo tessuto Biemme, forse anche per avere la conferma di essere magro.

Con quella seconda pelle addosso, il campione italiano ha cambiato marcia o forse, volendo rovesciare la prospettiva, l’ha conquistata avendo raggiunto un livello superiore. Comunque sia, il quinto posto di Montreal, seguito dal secondo al Matteotti, il quinto al Pantani e le due top 10 ai mondiali e alla Serenissima Gravel dicono che il bolognese dell’Isola d’Elba sta diventando grande.

«L’anno scorso – conferma – ho fatto una grande seconda parte di stagione con questa maglia, quindi cercheremo intanto di ripartire da dove abbiamo lasciato. La maglia tricolore è sicuramente una spinta e non un peso, perché porti in giro per il mondo la storia e il nome di una Nazione. Ho visto anche io quel post di Viviani e poi io l’ho sognata per tanti anni, anche nelle categorie giovanili e in tante discipline e alla fine è arrivata, forse nel momento più bello».

La tua carriera va avanti per gradini, l’ultimo ti ha portato questa maglia. Quale sarà il prossimo?

Abbiamo visto che posso essere competitivo anche nelle corse vere, quelle dei big. Per cui adesso alziamo un po’ l’asticella per essere competitivi anche con loro. Ora so bene che arrivare alla vittoria con i grandi è sicuramente difficile, però comunque essere lì davanti a giocarsi le prime posizioni è senza dubbio lo step successivo che mi aspetto. E poi, se si vince un po’ di più, è sicuramente meglio.

Come si alza l’asticella? 

In ritiro abbiamo fatto tanto fondo, sfruttando anche l’occasione di essere al caldo, dato che a dicembre il sud della Spagna è appena più caldo di San Marino (sorride, ndr). E’ venuto fuori un bel blocco, un grande volume di lavoro. Poi a casa si recupera un po’ brindando al nuovo anno e sarà già ora di ripartire, perché a gennaio faremo altri due training camp. Uno dal 4 al 12 e il secondo dal 19 al 28. Rispetto ad altri anni, a gennaio saremo belli attivi, prima di tornare nuovamente a casa prima del debutto, che a me toccherà in Portogallo. Di solito all’inizio faccio sempre fatica, ma mi sono meravigliato di me stesso per la velocità con cui ho ritrovato la condizione.

L’Algarve è una di quelle corse piene di campioni…

E infatti sarà un bel un bel banco di prova, per questo voglio arrivarci a posto, pronto per dare tutto, stringere i denti a costo di mordere il manubrio e tirare fuori il carattere.

Simone Velasco è nato a Bologna il 2 dicembre 1995. Pro’ dal 2016, è alto 1,70 per 59 chili
Simone Velasco è nato a Bologna il 2 dicembre 1995. Pro’ dal 2016, è alto 1,70 per 59 chili
La maglia tricolore porta dritta al Giro d’Italia?

Vediamo, sarebbe bello. Però c’è anche il Tour che arriva a Bologna, nella mia città natale. Una tappa che mi piacerebbe correre, però al momento non è nel programma. Nei piani per ora c’è di fare il Giro, poi vedremo in base a come sarà la mia condizione e a quel punto un pensierino potrei anche farcelo.

Le cose cambiano: di te si disse che fossi passato troppo presto, oggi saresti considerato vecchio…

Esatto (ride, ndr), al giorno d’oggi sarei uno che è passato tardi, dato che lo feci al secondo anno da U23. E magari se al tempo si fosse ragionato come oggi, sarei andato direttamente in una grande squadra. Se ripensiamo a quello che ero da junior e ai risultati che ottenevo, al pari di tanti miei compagni di squadra, magari il mio percorso nel professionismo sarebbe stato diverso. Io poi al primo anno da professionista ebbi la sfortuna di una ricaduta di mononucleosi, che mi portai dietro a lungo. E comunque anche allora, quando passi sapendo di essere uno degli U23 più forti a livello internazionale e ti accorgi che nei professionisti non sanno neanche chi sei, la mazzata arriva lo stesso. Però non ho mai mollato e ho continuato a lavorare e alla fine sono arrivati i risultati e ho vinto la prima corsa al primo anno da elite (il Trofeo Laigueglia del 2019, ndr). Il Covid non ha aiutato, ma nelle ultime tre stagioni ho trovato una discreta costanza. Forse siamo sulla buona strada.

La prima vittoria a 24 anni battendo Bagioli e Sobrero: un bello spot sul futuro, no?

Però ormai ero al quarto anno professionista. Il tanto anticipare di adesso magari a livello di risultati immediati può farti guadagnare tempo, poi bisognerà vedere sulla lunga distanza. Perché se fai girare il motore di una macchina giovane sempre a 15.000 giri, quanto può durare? Nel calcio c’è chi a 16 anni gioca in serie A e magari fa qualche partita in Champions League. Il ciclismo è uno sport un po’ diverso, però sembra che si stia andando in quella direzione. Si guarda un po’ meno alla persona e più ai risultati e ai vantaggi economici che può portare un atleta. Lo sport è fatto di cambiamenti e noi dobbiamo sempre essere pronti ad adattarci e tirare fuori il meglio in qualsiasi occasione.

Fra gli amori non sopiti di Velasco c’è il fuoristrada. Qui è 5° alla Serenissima Gravel, dopo il 7° posto ai mondiali
Fra gli amori non sopiti di Velasco c’è il fuoristrada. Qui è 5° alla Serenissima Gravel, dopo il 7° posto ai mondiali
Com’è correre con Cavendish e condividere questo suo sogno?

Il suo arrivo ha cambiato le cose. Mark è un uomo squadra, uno dei grandi campioni di tutti i tempi e quindi anche il fatto che non sia né italiano né kazako ci ha aiutato a legare molto di più. Anche a tavola e nei momenti di relax in cui siamo tutti assieme, si vede il mix giusto per fare grandi cose tutti insieme. Io Cav non lo conoscevo, se non per i suoi risultati. A livello personale mi ha sorpreso. Ho trovato una persona umilissima e pronta a porgere la mano a chi ha bisogno. Ti dà tanti consigli ed è pronto a fare gruppo e a creare il team. Per questo mi auguro che riesca a coronare il suo sogno. Anche se ormai non è più solo un suo sogno, ma il sogno di tutti noi.

Garofoli rialza la testa: «Tempo di togliere il freno a mano»

31.12.2023
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ALTEA (Spagna) – E’ una sorta di buco quello in cui si è infilata da un paio di stagioni la carriera di Gianmarco Garofoli, marchigiano dell’Astana Qazaqstan Team. A pensarci bene, lui è stato il primo ad aver lasciato il Team Dsm, prima di Dainese e di Milesi. La squadra olandese lo aveva preso nel suo devo team e con loro Garofoli ha conquistato l’unica vittoria da quando è under 23: la tappa di Cervinia al Giro di Val d’Aosta del 2021. Passato alla Astana Continental, nell’ordine sono intervenuti un problema cardiaco e due volte il Covid. Si è fermato. E’ ripartito. Poi si è fermato ancora. E finalmente quest’anno, nella prima stagione WorldTour e malgrado una condizione fisica ancora da definire, a partire dal Romandia si sono visti i primi segnali di ripresa.

Garofoli fa parte della stessa infornata di Germani, Milesi e Piganzoli ed ha appena un anno più di Pellizzari. Conoscendo la sua ambizione, c’è da scommettere che morda il freno per recuperare il terreno perduto.

Dicembre è stato un mese più intenso del solito per Garofoli, chiamato a debuttare al Tour Down Under
Dicembre è stato un mese più intenso del solito per Garofoli, chiamato a debuttare al Tour Down Under
Con che spirito hai vissuto il primo ritiro?

Con più consapevolezza. Sicuramente quest’anno sono riuscito a crescere molto mentalmente e mi sento più sicuro di me stesso. Ho le idee chiare su cosa voglio fare e insieme alla squadra stiamo cercando di lavorare al meglio per ottenere il massimo.

Fisicamente a che punto ti trovi?

Sto bene e lavoro per il debutto in Australia. E visto che si tratta di correre a gennaio, dicembre è stato un mese abbastanza intenso. Non so se al Tour Down Under sarò già competitivo, però ci arriverò con una buona condizione. Dal 2024 mi aspetto molto. Voglio iniziare a vedere risultati tangibili, perché non sono qua per giocare e prendere lo stipendio.

Usare la sfortuna come scusante non è il massimo, ma certo te ne sono capitate parecchie…

Gli ultimi due anni sono stati veramente duri. Anche in questa stagione, la mia prima da professionista, non ho avuto un bell’inizio con il Covid a gennaio. Ho ricominciato quasi da zero ad aprile in Sicilia e sono andato abbastanza bene. Da lì sono riuscito a finire l’anno senza grossi intoppi, ma logicamente il salto era piuttosto alto e ne sono uscito molto affaticato. Ma adesso voglio far vedere qualcosa di buono.

Finora la sola vittoria di Garofoli da U23 è venuta a Cervinia nel 2021 in maglia DSM (foto Giro Valle d’Aosta)
Finora la sola vittoria di Garofoli da U23 è venuta a Cervinia nel 2021 in maglia DSM (foto Giro Valle d’Aosta)
Ventuno anni sono pochi per capire che corridore potresti diventare?

Direi proprio di sì, non ce l’ho affatto chiaro. La cosa che invece ho ben chiara è quello che non voglio essere, cioè il corridore che sono stato nel 2023: né carne né pesce. Bisogna cambiare le cose e vediamo dove si fissa l’asticella. Sicuramente darò il massimo per farmi trovare pronto quando sarà il momento.

Cosa ti dà fiducia: i test, le sensazioni?

Soprattutto il modo in cui riesco a gestirmi, la crescita mentale. Logicamente anche il fisico poi ne trae giovamento, perché sono più consapevole di come allenarmi. E’ difficile dirlo a dicembre, non abbiamo fatto chissà quali e quanti test e abbiamo solamente 5-6 settimane di allenamento nelle gambe. Non so dire quale sia realmente il mio livello, ma sarà più alto dell’ultima stagione.

Vedere che i tuoi coetanei cominciano a fare qualche risultato è uno stimolo oppure provoca qualche prurito?

Un po’ brucia, è normale visto che abbiamo corso sempre insieme. Vedere Milesi campione del mondo U23 della crono e con la maglia rossa della Vuelta, oppure Piganzoli che comincia ad arrivare davanti come lo stesso Pellizzari, che è anche marchigiano, mi ha fatto capire che devo togliere il freno a mano. Negli ultimi due anni sono stato bloccato, ora è il momento di cambiare e vedere dove posso realmente arrivare.

Grande fatica al Lombardia, suo primo Monumento. Garofoli è alto 1,80 e pesa 63 chili (nel 2023 era 4 sopra)
Grande fatica al Lombardia, suo primo Monumento. Garofoli è alto 1,80 e pesa 63 chili (nel 2023 era 4 sopra)
Il miglior Garofoli andava bene in salita, in volate ristrette e anche a crono: si lavora su tutto?

Voglio tenermi tutte le mie qualità. Voglio andare forte in salita e a cronometro, non concentrarmi solo sulle volate, anche se quest’anno allo sprint ho fatto un quinto posto nell’ultima tappa del Romandia. Quello non sono io o almeno non sono solo quello. Posso essere brillante nei finali, ma non mi piaceva come andavo in salita. Ero cresciuto troppo di massa, pesavo circa 4 chili più. Quest’anno li ho persi, in salita vado molto più forte e questo aspetto voglio valorizzarlo.

E’ arrivato il momento di fare un grande Giro?

Abbiamo iniziato a parlarne, ma è tutto in ballo. Mi piacerebbe fare il Giro d’Italia, perché se non sarà quello, non penso che per me ci saranno altri Giri durante l’anno. Però voglio andare un passo per volta e il primo obiettivo è presentarmi in buone condizioni alla Tirreno-Adriatico, che passa vicino casa. Lì voglio dare il massimo e chissà che a quel punto non si aprano le porte per il Giro.

Cosa faresti se Amadori ti chiamasse nella sua nazionale U23?

Nella seconda parte di stagione, si potrebbe aprire qualche porta in questo senso, dato che sono all’ultimo anno da under 23. Non sarebbe male provare a fare bene al Tour de l’Avenir o al mondiale: Non li vivrei come una retrocessione, ma come veri obiettivi. Negli ultimi anni, tanti corridori del WorldTour hanno corso il Tour de l’Avenir per vincerlo. Mi viene in mente Carlos Rodriguez, che al primo anno con la Ineos fece secondo. Negli ultimi due anni non sono riuscito a partecipare a certe corse: nel 2022 per la miocardite e quest’anno perché ci sono state diverse difficoltà. Perciò, se sarò competitivo, Marino sa che può chiamarmi. Ci sentiamo, lui mi vuole bene e mi considera uno del gruppo.

Scaroni al bivio: spinge sulla forza esplosiva e si tiene la salita

27.12.2023
5 min
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ALTEA (Spagna) – Il secondo posto alla Arctic Race of Norway brucia ancora. Sarebbe bastato che nell’ultima tappa la squadra avesse lavorato per lui e con l’abbuono il corridore bresciano si sarebbe portato a casa la classifica. Sarebbe stata la ciliegina sulla torta dopo i piazzamenti e la vittoria di Gazzoli. Invece Scaroni è finito sesto, con la netta sensazione tuttavia che qualcosa non abbia funzionato.

«Sicuramente ho voltato pagina – racconta Christian – ma quell’episodio mi ha fatto scattare il clic nella testa. L’anno prossimo, come dice Mazzoleni, vedremo uno “Scaro 2.0”. Quella corsa fa parte del passato, peccato non averla vinta».

Il ritiro si è tenuto ad Altea fino al 20 di dicembre e qui abbiamo incontrato Scaroni (foto Astana Qazaqstan Team)
Il ritiro si è tenuto ad Altea fino al 20 di dicembre e qui abbiamo incontrato Scaroni (foto Astana Qazaqstan Team)
Comincia il secondo anno nel WorldTour, a che punto siamo?

Il percorso di crescita sta andando bene. Ora manca soltanto vincere. Quest’anno ho raccolto tanti piazzamenti, probabilmente troppi. Cerchiamo di aggiustare la mira per il prossimo anno.

Che cosa ti è mancato?

Sicuramente un piccolo gradino. Mi sono trovato spesso a giocarmi le corse in gruppetti ristretti, ma per svariati motivi non ce l’ho fatta. Così ora stiamo lavorando sullo spunto veloce, senza però perdere i valori in salita. Questa è sempre stata la mia paura, però sto facendo un buon lavoro e fra poco parlerà la strada.

In che modo si migliora in volata?

Lavorando sulla forza esplosiva. Abbiamo inserito più palestra rispetto allo scorso anno. E poi, tramite il potenziometro, che utilizziamo per verificare se ci sono miglioramenti, abbiamo visto che ho fatto dei passi avanti. Certamente in gara ci saranno tantissime variabili, ma il lavoro che stiamo facendo dà frutti positivi e in salita non ho perso niente.

Dopo il 2° posto in Norvegia, Scaroni ha centrato il 7° posto alla Coppa Bernocchi. Qui in azione al Lombardia
Dopo il 2° posto in Norvegia, Scaroni ha centrato il 7° posto alla Bernocchi. Qui al Lombardia
Solo palestra?

Soprattutto palestra, poi lavori in bici. Parecchie partenze da fermo oppure lanciate. Seduto oppure in piedi. Abbiamo variato molto, ma sempre pensando alla forza esplosiva. Invece per tenere in salita, si fa tanta… salita. Quindi le Sfr e poi i lavori di soglia molto prima del solito, dato che inizio dall’Australia. In realtà l’ho saputo abbastanza tardi. Ero in vacanza, sono rientrato il 12 novembre e ho iniziato subito ad andare in bici. Magari sono un pelo in ritardo e all’inizio mancherà qualcosa, ma la stagione non finisce in Australia.

Hai fatto qualche volata con Cavendish, giusto per prendere qualche misura?

No, per fortuna Mark per tutto il ritiro è uscito in un altro gruppo (ride, ndr), altrimenti mi avrebbe fatto passare la voglia di fare volate. Ne ho fatta una con Lutsenko, che è veloce e ha la volata lunghissima. Nei primi 100 metri siamo stati affiancati e dopo mi ha sverniciato. Ora ci ridiamo sopra, però ci sono stati dei miglioramenti. Sono motivato, quando faccio le volate con corridori più forti di me, non parto battuto.

Che cosa possiamo aspettarci da questo “Scaro 2.0”?

Oltre che sugli sprint, stiamo lavorare anche sull’aspetto mentale. Parliamo molto e i direttori sportivi mi hanno detto che devo imparare ad assumermi di più le responsabilità, a essere più cattivo. Quest’anno mi sono accorto che in qualche frangente mi è mancata la cattiveria per essere più egoista e questo mi ha fatto perdere delle corse. Abbiamo capito che sono un buon corridore, ma devo provare a fare qualcosa di più. Non voglio essere ricordato come uno che fa solo piazzamenti.

Gli sprint ristretti hanno visto Scaroni in difficoltà, per questo ha lavorato di più sull’esplosività
Gli sprint ristretti hanno visto Scaroni in difficoltà, per questo ha lavorato di più sull’esplosività
Non sei un po’ troppo drastico?

No, voglio salire il gradino che manca, altrimenti sarò un incompiuto per tutta la carriera. E visto che adesso mi sto avvicinando agli anni più importanti in cui la maturazione fisica arriverà al massimo (l’anno prossimo ne avrò 27), voglio raccogliere qualcosa di importante.

Pensi che lo stop della Gazprom ti abbia tolto qualcosa?

Fisicamente no, mentalmente sì. Non dimenticherò mai i momenti passati insieme. Sento spesso Renat (Khamidouline, il team manager della Gazprom-RusVelo, ndr) che ancora adesso mi spiega il punto della causa con l’UCI. Per cui fisicamente ho voltato pagina, mentalmente tutti i corridori, lo staff e la parte dirigenziale sono parte della forza che riesco a ricavare ogni giorno. Da una storia negativa ho tratto qualcosa di positivo, quindi guardo avanti, ma non dimentico.

Programmi per il nuovo anno?

Farò il Giro d’Italia: dei tre è quello più freddo e a me il caldo non piace. Per cui debutterò in Australia, poi Algarve, Parigi-Nizza e un ritiro in altura. Quindi le classiche delle Ardenne e il Giro d’Italia. E’ un programma bello e impegnativo, corse facili non ce ne sono, però la squadra ha bisogno di corridori per le prove WorldTour e io non mi tiro indietro. E’ la mia occasione, se riesco a piazzare una vittoria, potrò dire di aver salito il gradino.

La sua ultima vittoria è stata la tappa di Ascoli Piceno, in volata, alla Adriatica Ionica Race del 2022
La sua ultima vittoria è stata la tappa di Ascoli Piceno, in volata, alla Adriatica Ionica Race del 2022
Tutta la pressione che ti metti è un peso da gestire?

Sono un po’ di anni che convivo con la pressione e diciamo che non l’ho mai sentita più di tanto. A volte anche Mazzoleni e Martinelli percepiscono che non sono tranquillo, però a 26 anni devo imparare a conviverci. Anche perché l’anno prossimo avrò un ruolo abbastanza importante, quindi se non imparo a gestirla adesso, quando ci riesco più?

Ti sei spiegato che cosa non abbia funzionato in Norvegia?

Ho smesso di pensarci, ci ho messo un po’, ma preferisco pensare che sia stata un’incomprensione. In gruppo ci sono tanti corridori, ma non tutti sono uguali. Però ragazzi, davvero preferisco non parlarne più.

Ballerini, Cavendish e gli italiani. E Zanini fa il regista

27.12.2023
5 min
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ALTEA (Spagna) – La compagine italiana dei direttori sportivi dell’Astana Qazaqstan Team ha perso purtroppo Orlando Maini, mentre gli altri ci sono ancora tutti. Nel ritiro di dicembre mancava anche Martinelli, ufficialmente rimasto a casa per fare i programmi. La squadra sta cambiando pelle, lo ha detto anche suo figlio Davide e si sussurra che l’impossibilità di trovargli un ruolo sia stata alla base di qualche malumore. Però intanto c’è una stagione da mettere nel mirino e per Stefano Zanini si annuncia molto interessante. Il ritorno di Ballerini lo ha sorpreso come il più bello dei regali. Il gruppo dei giovani è materiale fertile su cui mettere mani. E poi c’è Cavendish con il suo record al Tour (Mark è con Ballerini al Giro del 2022, entrambi in maglia Quick Step).

Stefano va per i 55, i capelli bianchi si fanno largo, ma la struttura è ancora quella massiccia dell’uomo del Nord e delle volate più energiche. Il ragionamento ha il tono scanzonato di chi ne ha viste tante, ma si capisce che alla base ci sia forte l’esigenza di stabilità, che Martinelli ha assicurato per anni a tutto il gruppo.

Stefano Zanini, classe 1969, ha corso fino al 2007, poi è salito in ammiraglia. E’ all’Astana dal 2013
Stefano Zanini, classe 1969, ha corso fino al 2007, poi è salito in ammiraglia. E’ all’Astana dal 2013
Ballerini ha fatto con voi il primo anno in WorldTour, poi è andato alla Quick Step: ti aspettavi che tornasse?

Avevo sentito qualcosa (ride, i due sono ottimi amici, ndr), mi sa che avevamo anche messaggiato… Ma adesso che è tornato, sono felicissimo. Io c’entro poco negli acquisti, però sono veramente contento, per tutte le gare che ci saranno, ma soprattutto per quelle in Belgio sul pavé. Ci sa fare e gli piace: questa è la grande differenza. Perciò abbiamo già cominciato a lavorare, qualcosina abbiamo provato anche con la neve. Insomma, speriamo che funzioni…

In cosa lo hai trovato diverso? La Soudal-Quick Step gli ha lasciato qualcosa?

Certo, più di qualcosa. Lui l’ha portato qui e adesso noi la sfruttiamo. Grazie, Brama! Arriva con un bagaglio importante di conoscenze, perché in quelle corse una squadra come la Quick Step è sempre stata ad altissimi livelli. Sa come muoversi, dove muoversi, dove risparmiare energie. E pedala bene, mi sembra di rivedere qualcun altro con lo stesso nome che sgambettava sul pavé (dicendolo, la voce ha un tremito, ndr). Perciò dobbiamo sfruttare questa situazione per le gare che abbiamo scelto per lui su in Belgio e farle al 110 per cento. Insomma, anche noi faremo la nostra parte. Dobbiamo essere pronti e preparare tutto per metterglielo a disposizione.

Scaroni e Velasco sono due degli italiani da cui ci si aspetta qualcosa di più (foto Astana Qazaqstan Team)
Scaroni e Velasco sono due degli italiani da cui ci si aspetta qualcosa di più (foto Astana Qazaqstan Team)
L’Astana ha sette italiani in organico, cosa faranno?

Infatti l’italiano finora era la lingua di tutti, anche se adesso sta arrivando tanto inglese. Di italiani che hanno dimostrato qualcosa ce ne sono. Scaroni, a momenti vince in Norvegia. A Battistella è mancato qualcosa, però ha fatto due secondi posti. Credo che ci siano dei corridori in grado di fare buone cose, cui noi metteremo a disposizione tutto quello che abbiamo, ma alla fine è ovvio che devono essere loro quelli che fanno le cose al meglio per arrivare all’obiettivo. Devono focalizzare gli obiettivi e non mollare. Ed essere capaci di riguardare quel che non è andato e trovare le soluzioni, in modo da crescere.

Quanto impatta la presenza di Cavendish e del suo gruppo sul resto della squadra?

Tanto, secondo me, perché è molto carismatico. Ovviamente è un campione, però lo vedo anche come maestro. Qualche giorno fa abbiamo fatto delle prove di volata e alla fine si è messo anche lui a spiegare le cose. Ha parlato con Kanter per migliorare la sua posizione, come mettersi, come fare la volata e non muoversi tanto, in modo da non perdere energia e sprigionare tutto sui pedali. E questo è bello.

Kanter è arrivato dal Movistar Team alla Astana, Zanini racconta come Cavendish lo aiuti con i suoi consigli
Kanter è arrivato dal Movistar Team alla Astana, Zanini racconta come Cavendish lo aiuti con i suoi consigli
Te lo aspettavi così?

E’ solo un anno che si lavora insieme, però sono scoperte che fanno bene a tutti. Quando vedi un campione che fa queste cose, i ragazzi se ne accorgono e l’ambiente cresce.

L’arrivo di Morkov sarà importante?

Sono convinto di sì, anche perché l’ha voluto Mark, si fida di lui e Michael ha una grandissima esperienza, che sicuramente metterà a disposizione di tutti gli altri. Ho già visto un bel gruppo. Alcuni un po’ si conoscevano, però gradualmente tutti si lasciano coinvolgere.

Attorno a Cavendish sta nascendo un grande gruppo: Ballerini ne fa parte (foto Astana Qazaqstan Team)
Attorno a Cavendish sta nascendo un grande gruppo: Ballerini ne fa parte (foto Astana Qazaqstan Team)
Da dove inizierà la tua stagione?

Australia, tanto per cambiare. Poi Algarve, ovviamente l’apertura in Belgio, Strade Bianche, Sanremo, tutto il Nord e poi il Giro. Ballerini andrà in Colombia con Cavendish, poi verrà in Belgio, per l’apertura. Tutta robetta, insomma (ride, ndr), ma dopo la Roubaix staccherà. Non farà il Giro, dopo tre settimane di pavé o stravinci la Roubaix e non senti più nulla, oppure fai anche l’Amstel sulle ali dell’entusiasmo. Ma il Giro proprio no, quest’anno meglio il Tour con Cavendish.

Olimpiadi, Milan, Het Nieuwsblad. I pensieri di Pasqualon

24.12.2023
6 min
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ALTEA (Spagna) – Andrea Pasqualon scherza sull’eta che avanza. «Quattordici stagioni da pro’: ormai tutti mi dicono che sono vecchio! Forse anche per questo mi piace il sole della Spagna». Il bordo piscina dell’Hotel Cap Negret, dove è in ritiro la Bahrain-Victorious, è un invito al relax, alla siesta.

In effetti il tepore è gradevole. Parlare di ciclismo con i campioni è un piacere. E probabilmente lo è anche per loro. Allenamenti non troppo tirati, gare lontane, clima easy… gli ingredienti per raccontare e farsi raccontare ci sono tutti.

Pasqualon (classe 1988) scherza con Mohoric durante il ritiro ad Altea
Pasqualon (classe 1988) scherza con Mohoric durante il ritiro ad Altea
Ma quindi sei vecchio?

Gli anni passano però, e dico la verità, mi sento più tranquillo ora che in passato. Forse perché sono talmente abituato a questa vita che la pressione non la sento più e questa credo sia una grande cosa. Partire senza pressioni appunto, senza assilli o senza dover dimostrare nulla ritengo sia un bel vantaggio, qualcosa che possa fare la differenza.

Anche se sei arrivato solo lo scorso anno, sei un riferimento per la squadra. Prendiamo, per esempio, il traguardo volante del Polonia, che ha consentito a Mohoric di portarsi a casa la corsa. Sappiamo che hai gestito te quel treno e tutta la situazione…

Eh, me lo ricordo anche io! Ho saltato un mondiale per quella volata, pensate un po’. Forse Bennati è ancora un po’ arrabbiato con me per la decisione di restare al Polonia. Però alla fine quando si fa parte di un team e si decide che la priorità deve essere quella, è giusto aver fatto una scelta del genere. E di conseguenza io ho accettato quella di Bennati di mettermi riserva. Certo, ho un po’ di rammarico, perché il mondiale mi sarebbe piaciuto correrlo, ma è andata così. Benna voleva che arrivassi al mondiale fresco come una rosa per dare il massimo e, giustamente, anche lui avrà pensato che facendo tutto il Polonia fossi spremuto. Giusto così dunque: sia da una parte che dall’altra.

Traguardo volante del Polonia: Pasqualon tira lo sprint a Mohoric che, battendo Almeida, si assicura la generale
Traguardo volante del Polonia: Pasqualon tira lo sprint a Mohoric che, battendo Almeida, si assicura la generale
Hai toccato il tasto della nazionale. Il percorso olimpico è buono per te, ci pensi?

E parecchio. Vi dico la verità: l’ho guardato più volte, anche se solo su Veloviewer per ora. Ho osservato questi strappi sparsi qua e là. E’ un percorso bello, per corridori da classiche. Ma per esserci bisogna dimostrare di andar forte. Io penso che un corridore come me, se riesce a fare una primavera fatta bene con Fiandre, Roubaix, Sanremo può sognare di partecipare alle prossime Olimpiadi. E’ una corsa per corridori come Ganna. Pippo dovrà essere il punto di riferimento. Bisognerà costruire una squadra, che poi squadra non è perché ci saranno solo tre uomini, ma dovranno essere tre ragazzi uniti e tutti molto forti.

Tre leader?

No, tre corridori uniti al massimo per una persona sola. E’ inutile portare tre leader, bisogna avere un leader e due uomini che sanno veramente sacrificarsi al massimo per portare a casa il massimo risultato possibile.

Avevi un ruolo particolare, quello di guidare Milan nella volate. Ora Jonathan se ne è andato. Avrai più spazio?

E chi lo sa! Mi è dispiaciuto che Jonny sia andato via, perché avevo lavorato molto con lui e sono sicuro che insieme avremo ancora costruito qualcosa di importante. Ma questa è stata la sua scelta e non ci possiamo fare nulla. Vedremo se avrò più spazio, probabilmente sì. Però il mio compito è proprio quello di prendere per mano i giovani e portarli ad uno scalino superiore. In questo periodo, per esempio, sono molto vicino a Dusan Rajovic, giovane talentuoso. Credo che messo a punto qualcosa di testa, sia molto forte. Ha un bel futuro. Per far crescere i giovani ci servono anche gli esperti, come possiamo essere io o Damiano (Caruso, ndr). E si è visto al Giro: un buon giovane affiancato da un esperto può fare grandi cose.

Pasqualon e Milan, era nata una buona intesa tecnica. I due erano spesso anche compagni di stanza
Pasqualon e Milan, era nata una buona intesa tecnica. I due erano spesso anche compagni di stanza
I quattro secondi posti di Milan al Giro, potevano essere due vittorie e due poi, insomma…

Esatto, poi magari per ottenere ancora di più bisognava impostare un’altra squadra. Una squadra su di lui, ma noi volevamo anche far classifica con Caruso, quindi era difficile portare anche qualche altra persona per il treno. Capisco le scelte di Vladimir (Miholjević, ndr). E infatti abbiamo portato a casa la maglia ciclamino, una vittoria, un quarto posto nella generale, con Damiano che è stato il primo degli umani) e anche la classifica a squadre.

Torniamo a parlare di te. Pasqualon è ancora un velocista, ammesso che tu ti sia mai sentito un velocista?

Bella domanda. Mi sto ancora scoprendo. Negli ultimi anni mi sono sentito più che altro uomo da classiche. Sulle lunghe distanze riesco a dare il meglio di me. Sono un uomo da corse dure, in cui si arriva col gruppetto ristretto. Un velocista puro non mi sento di dirlo. Stiamo parlando di gente che ormai sviluppa 2.000 watt, tanti ne servono per vincere le volate di gruppo. E io i 2.000 watt nelle gambe non li ho. Peso 70 chili, ma questo mi consente di sopravvivere in salita. Di restare attaccato quando ne restano 50 o forse anche 40.

E lo sprinter da 2.000 watt lì non ci resta…

Appunto. Io però nel finale di una Sanremo ci sono, come abbiamo visto quest’anno del resto. Sono stato il primo a prendere il Poggio. Dovevo essere lì: al punto giusto nel momento giusto. E, credetemi, non è facile. Altri 150 corridori vogliono essere lì in quel momento. Però con le giuste tempistiche, con la giusta esperienza ce l’ho fatta. Ma ci sono voluti anni per arrivare a questo. Ora però sono contento. Mi sono ricavato anche io un ruolo in questo ciclismo di altissimo livello.

L’arrivo, che “tira”, dell’ultima Het Nieuwsblad. Si nota Pasqualon al centro con la maglia della Bahrain
L’arrivo, che “tira”, dell’ultima Het Nieuwsblad. Si nota Pasqualon al centro con la maglia della Bahrain
Andrea, hai fatto e rifatto praticamente tutte le gare che offre il calendario mondiale. Ebbene, qual è la corsa o la tappa perfetta per te? E perché?

La corsa che più mi si addice è la Omloop Het Nieuwsblad – replica secco Pasqualon – perché siamo a inizio anno. E’ l’apertura del calendario belga e a me il Belgio è sempre piaciuto.

Ci hai anche corso parecchio, ai tempi della Intermarché…

Quelle corse lassù negli ultimi anni le ho sempre fatte. La Het Nieuwsblad in particolare mi piace perché c’è un po’ di tutto: il pavé, gli strappi, strade e stradine, e soprattutto perché c’è questo arrivo che tira, in cui non si sa mai chi vince. E’ la prima dell’anno, nessuno conosce i valori in campo. C’è grande incertezza sul risultato. Serve una volata di grande potenza, ma al tempo stesso di resistenza. E poi, ragazzi, c’è il Muur… una salita simbolo.

Descrizione perfetta, che sia che sia di buon auspicio per il 2024…

Speriamo!

Ballerini all’Astana: il figliol prodigo verso Roubaix e Tour

24.12.2023
6 min
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ALTEA (Spagna) – Ridacchiando con Zanini e indicando Ballerini, la battuta è scappata spontanea: «Il figliol prodigo è tornato a casa». Ben altro era infatti lo spirito quando Davide lasciò l’Astana per approdare nella squadra che aveva sempre sognato. Alla Soudal-Quick Step c’è rimasto per quattro anni. Ha vinto e fatto vincere. Quando però il contratto è arrivato a scadenza, il corridore di Cantù ha preferito imboccare la strada di casa.

«Sono sempre stato in contatto con Zanini – sorride – anche negli anni che ero in Quick Step. Dietro c’è una grande amicizia, anche se siamo divisi dal basket: lui con Varese e io con Cantù, ma adesso nessuno dei due ha da fare lo spiritoso. Sono contento di essere ritornato e di poter lavorare ancora con lui».

Zanini e Ballerini sono amici di vecchia data: ora lavorano nuovamente insieme all’Astana
Zanini e Ballerini sono amici di vecchia data: ora lavorano nuovamente insieme all’Astana

Quattro anni di più

Tra i fattori che hanno reso il ritorno più gradevole, c’è anche il fatto che all’Astana sia arrivato Vasilis Anastopoulos, con cui Ballerini ha lavorato negli anni in Belgio.

«Rispetto al 2019 sono quattro anni più vecchio – ridacchia – più maturo, suona meglio. Ho tanta esperienza e questa penso sia una delle cose più importanti. Con Vasilis lavoro da quattro anni, mi sono sempre trovato bene. Più lavori insieme a una persona, più riesci a capire quello che ti chiede. Hai più feeling e anch’io piano piano mi sto capendo. Sto crescendo per quanto riguarda il fisico e la consapevolezza. E mentre prima non riuscivo a capire quando ero stanco o quando stavo andando in condizione, adesso ci riesco molto di più. So quando devo tirare il freno e quando posso spingere di più. Queste cose sono molto importanti, mi dispiace di non averle raccolte già da prima».

Vasilis Anastopoulos è approdato all’Astana dopo aver preparato i ragazzi della Quick Step
Vasilis Anastopoulos è approdato all’Astana dopo aver preparato i ragazzi della Quick Step

Treni in costruzione

Nel drappello di corridori che hanno condiviso chilometri e storie alla corte di Lefevere, c’è anche Morkov. Il suo arrivo ha fatto la felicità di Cavendish, ma ha raccolto anche il gradimento di Ballerini.

«Sono contento che anche Michael sia venuto qua con noi – spiega – è un’altra persona che mi ha dato tanto in Quick Step. Con lui ho imparato tutto quello che c’è da sapere sugli sprint. Ero un giovane, mi buttavo nelle volate, ma insieme abbiamo cominciato a provare i treni e le varie tattiche. Stiamo lavorando già molto bene e riusciremo a fare qualcosa di bello. Faccio parte anche io del gruppo Cavendish per il Tour e non vedo l’ora che si cominci a correre. Ogni tanto facciamo anche qualche garetta tra di noi: sono cose molto importanti che secondo me formano un grande gruppo. Ma quando andremo in ritiro in Colombia e cominceremo a provare i primi treni, allora ci renderemo conto di come abbiamo lavorato».

Ballerini Omloop 2021
La più bella vittoria di Ballerini in Belgio è la Omloop Het Nieuwsblad del 2021
Ballerini Omloop 2021
La più bella vittoria di Ballerini in Belgio è la Omloop Het Nieuwsblad del 2021

Wolfpack alla kazaka

Quando si è lavorato a lungo per gli altri, il rischio è di non vedere altri orizzonti. Per questo nel sentirlo parlare così di Cavendish, ci assale la curiosità di capire se fra gli obiettivi di Ballero ci sia anche… Ballero! Perciò la domanda, subdola il giusto, arriva secca: potendo scegliere tra vincere una Roubaix e la famosa tappa del Tour per Cavendish, Ballerini che cosa sceglie?

«Personalmente la Roubaix – dice senza pensarci un istante – perché dalla prima volta che ho visto una ruota muoversi sulla strada, ho pensato a quella gara. E’ una gara del cavolo, più ci sto dentro e più mi rendendo conto che vincerla non è facile e non è solo una questione di condizione fisica. Ci ho puntato moltissimo negli ultimi quattro anni, ma la volta che ci sono andato più vicino è stato proprio il 2019 con l’Astana (foto di apertura, ndr). Deve girare tutto nel verso giusto e io ci metterò del mio perché vada bene. Cercherò di farmi trovare pronto.

«Ho scoperto dei nuovi ragazzi qui in Astana che possono darmi una mano. La cosa principale è il gruppo e ho notato che mentre nel 2019 c’erano tanti gruppetti diversi, ora stiamo cercando di amalgamarci tutti. Sta nascendo il Wolfpack alla kazaka. “Cav” è bravo a fare gruppo, soprattutto quando l’atmosfera diventa pesante. Se ci sono pressioni, magari lui è il primo che sclera, ma sappiamo che ogni sfogo finisce in quel momento. Poi ci sediamo tutti insieme e ne parliamo: solo così si riesce a migliorare, secondo me».

Al Tour del 2021, Ballerini ha lavorato nel treno, ma con Morkov ha anche scortato Cavendish nelle tappe più dure
Al Tour del 2021, Ballerini ha lavorato nel treno, ma ha anche scortato Cavendish nelle tappe più dure

Il Tour dei miracoli

Il ricordo di quel Tour prodigioso del 2021 farà fatica ad andarsene dagli occhi di chi l’ha condiviso accanto a Cavendish, basta ascoltare Ballero per capirlo.

«Non si dimentica – spiega – perché Mark ha avuto una squadra che credeva in lui e piano piano lo sosteneva e lo portava avanti nei momenti critici. Stavamo compatti. Quando si staccava, i velocisti facevano a gara per non stare con noi. Dicevano che saremmo andati fuori tempo massimo, invece siamo sempre arrivati al traguardo. Un paio di volte a pelo, però siamo sempre arrivati. Questo è possibile quando vedi i tuoi compagni di squadra che danno tutto per te. Secondo me ti dà quella cosa in più che ti fa scattare qualcosa nella testa, che ti dà la forza in più per vincere».

Il 5 dicembre, Ballerini è volato in Francia per testare i nuovi materiali sul pavé (foto Instagram)
Il 5 dicembre, Ballerini è volato in Francia per testare i nuovi materiali sul pavé (foto Instagram)

Sopralluogo a Roubaix

Nel frattempo, approfittando del fango e del cattivo tempo, Ballerini e pochi altri sono volati sulle strade della Roubaix per fare un po’ di prove sui materiali. L’arrivo delle ruote Vision lo ha richiesto, al pari del voler saggiare la bici dopo quattro anni sulle Specialized, che sulle pietre fanno egregiamente il proprio mestiere.

«Devo dire che andare è stata un’ottima cosa – dice – anche se il meteo era disastroso. Però la condizione migliore per provare materiali è il tempo brutto, quindi ci è andata bene. Era stato brutto i giorni prima, invece quel giorno non ha neanche piovuto. C’era un po’ di vento, ma abbiamo provato le ruote Vision per la Roubaix e le varie pressioni e vari pneumatici. Devo dire che il feeling c’è ancora, quando vado sul pavé cambia tutto. Diciamo che in gara non ti accorgi dei particolari, li noti di più in allenamento. Devi prenderci la mano, perché quando piove è come essere sulle uova.

«Nel 2019 pedalavamo con l’Argon 18, mentre questa volta abbiamo provato la Filante e rispetto a Specialized non le manca nulla. Devo dire che mi sono sorpreso, non pensavo fosse così valida. Cambiando le ruote, le componenti delle ruote, i copertoni e i tubeless, non è facile metterli insieme, però devo dire che è una grande bici. Ho gonfiato i tubeless a 5,5-5,6. Mi ci trovo bene, ma penso di essere un corridore vecchio stampo, perché preferisco ancora il tubolare. Però si cerca sempre di evolvere sempre di più. All’inizio ero scettico anche sui freni a disco, ma quando li ho provati ho detto: non torno più indietro».

Il genio di Cavendish, la lucidità di Morkov: non manca nulla

21.12.2023
5 min
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ALTEA (Spagna) – Era il 29 giugno del 2021 quando sul traguardo di Fougeres Mark Cavendish vinse la quarta tappa del Tour. Erano passati cinque anni dall’ultima volta e in mezzo il velocista ne aveva passate i tutti i colori. Neanche doveva andarci a quel Tour: riprendendolo come per fargli un favore, Lefevere lo aveva escluso categoricamente. Poi Sam Bennett ebbe problemi a un ginocchio, mentre Mark continuava a vincere corse, così il manager belga decise di dargli fiducia, riaprendo il libro della storia. Fra le prime braccia in cui Cavendish si perse dopo quella prima tappa, ci furono quelle di Michael Morkov, il suo ultimo uomo. Dopo Fougeres, Mark vinse altre tre tappe, ugualmente pilotato dal danese che a Tokyo di lì a poco avrebbe vinto l’oro olimpico della madison.

Perciò, quando si è trattato di affrontare la sfida del record del Tour (avendo già appaiato Merckx a quota 34 vittorie a Carcassonne, foto di apertura con Morkov che lo lancia), Cavendish ha chiesto che l’Astana prendesse proprio il danese. La sua permanenza alla Soudal-Quick Step rischiava di perdere interesse, data la partenza di Jakobsen. E alla fine Vinokourov ha avuto la meglio anche rispetto all’offerta della Ineos Grenadiers, scesa in campo in sostegno di Viviani. I due correranno insieme fino al Tour, partendo da un ritiro e dal Tour Colombia che nel 2019 fu a dir poco balsamico per Alaphilippe.

In ritiro si parla di materiali: qui Morkov con Francesco Sergio, parlando del passaggio da Shimano alle scarpe Nibmb
In ritiro si parla di materiali: qui Morkov con Francesco Sergio, parlando del passaggio da Shimano alle scarpe Nibmb

Morkov ci raggiunge al piano rialzato della hall. Scherzando, dice che parla anche un discreto italiano, ma preferirebbe l’inglese, a meno che il nostro danese non sia migliorato fino a livelli accettabili. Si ride e poi si parte. Morkov ha 38 anni. Gli stessi di Cavendish.

Che cosa significa per te tornare con Mark?

Beh, è emozionante. E’ uno dei migliori velocisti con cui abbia lavorato. L’Astana sta facendo davvero un grande lavoro per sostenere lui e il gruppo di cui faccio parte. Avere un team intero entusiasta del fatto che “Cav” vinca un’altra tappa fa bene a tutti.

E’ solo un ottimo sprinter o anche un buon amico?

A volte è difficile dividere le due sfere. Si può dire che siamo amici, perché lui si è fidato di me al 100 per cento ed è per questo che sono entusiasta di correre di nuovo con lui. Un progetto così non lo vedi spesso nel ciclismo. Il più delle volte, pensando al Tour, le squadre si concentrano sugli scalatori e il velocista deve lottare per trovare posto in squadra. Invece l’Astana sta davvero supportando Mark al 100 per cento e questo vale anche per me.

UAE Tour del 2022, Cavendish ha già saputo che Lefevere non lo porterà al Tour. Morkov è dalla sua parte
UAE Tour del 2022, Cavendish ha già saputo che Lefevere non lo porterà al Tour. Morkov è dalla sua parte
In che modo vi sta sostenendo?

Abbiamo un ottimo calendario, con ritiri e programmi di gara. Ho la sensazione che gli sponsor tecnici spingano al limite per fornirci i migliori materiali. Mi sento davvero fortunato a far parte di questo gruppo.

Ballerini ci ha detto che avete ricreato una sorta di Wolfpack alla kazaka. Ci sono corridori che vengono dalla Quick Step e anche l’allenatore Anastopulos.

E’ importante soprattutto per me che cambio squadra. Vasilis è un grande riferimento, con lui ho già lavorato e anche con Ballerini, che ha contribuito alle vittorie del 2021. Ma ancora più importante è stato capire la vera disponibilità nel prendere nuovi corridori e sposare nuove idee per supportare uno sprinter come Mark

Cosa ricordi dell’ultimo Tour con lui?

Nessuno poteva credere a quello che stava succedendo. E’ stata un’avventura estrema, perché dovevamo andare con Sam Bennett che poi si è infortunato. Mark è arrivato all’ultimo momento e penso che nemmeno lui credesse di poter vincere una tappa. Poi arrivammo al quarto giorno e vinse in modo molto netto. E’ andata avanti così per tre settimane, come in una sorta di sogno che, vincendo gli sprint intermedi, lo ha portato a Parigi con quattro tappe e la maglia verde. Che si faccia la storia oppure no, vincere al Tour è il livello più alto ed è una grande gioia.

Morkov con Lasse Norman Leth nella madison di Glasgow 2023: un quinto posto sulla strada di Parigi
Morkov con Lasse Norman Leth nella madison di Glasgow 2023: un quinto posto sulla strada di Parigi
Che differenze ci sono tra Mark e Jakobsen secondo te?

A essere sincero, sono un po’ deluso dagli ultimi due anni di lavoro con Fabio. Lui mi piace davvero e ho provato a farlo funzionare, ma non ci siamo mai riusciti. Se guardo al passato, Viviani è stato un grande velocista per me, sapeva davvero come utilizzarmi nel miglior modo possibile e abbiamo raggiunto dei grandi successi. Lo stesso con Bennett e Cavendish, il cui talento più grande è la capacità e l’intelligenza nell’usare la sua squadra. Lo ha fatto per tutta la sua carriera, prima con Renshaw. So che lo renderò migliore, ma che lui renderà migliore me.

Dopo il Tour tornerà l’obiettivo olimpico?

Certamente. Lottare per la madison è un grande obiettivo. Il 2021 fu magico anche per questo. Prima vincemmo al Tour, poi andai alle Olimpiadi e vinsi quella medaglia d’oro. Sarebbe un sogno ripetersi, per questo già dalla scorsa stagione lavoro sodo anche in pista. Finito il Tour, ci saranno quasi tre settimane. Ricordo che nel 2021 ero così concentrato sulla pista che il passaggio dalla strada funzionò benissimo e il Tour si rivelò per me la migliore preparazione.

Cavendish agli occhi di Morkov è sereno e molto determinato nella rincorsa al Tour (foto Astana)
Cavendish agli occhi di Morkov è sereno e molto determinato nella rincorsa al Tour (foto Astana)
Che differenze vedi fra il Cavendish di oggi e quello nello stesso periodo nel 2020?

La coincidenza è che anche allora eravamo in questo hotel, perché il Suitopia Suites in cui la Quick Step va da anni, era chiuso per il Covid. Anche allora dividevamo la camera ed è proprio la stessa di adesso. Perciò stare qui mi porta alcuni bei ricordi. Lo vedo meglio oggi, soprattutto sul piano psicologico. Sembra stare molto bene e sembra felice. Penso che ci stiamo godendo il momento con la squadra, non ci sono le pressioni di quella volta e percepiamo il sostegno. In più lo vedo pedalare davvero bene e questo mi dà fiducia.