In Italia era notte quasi alta quando a Montreal il gruppo si è sfidato per tutto il giorno sotto la pioggia, consegnandosi (dopo 227 chilometri e 17 giri del circuito che nel 2026 ospiterà i mondiali) allo sprint fra Adam Yates e Pavel Sivakov. Alle loro spalle, quinto e indomito, Simone Velasco ha provato fino all’ultimo a vincere, sprecando forse troppo. Con il contratto appena rinnovato, il campione italiano ha disputato probabilmente la classica WorldTour più bella da quando è professionista. E soprattutto ha ritrovato il fastidio di perdere, quello che si sopisce quando si va alle corse rassegnati. Invece mentre è sul lettino dei massaggi fra le mani di Michele Pallini, già uomo di fiducia di Vincenzo Nibali, a tratti il tono è seccato. Voleva vincere, non ci è riuscito.
Diciamo che se non vi fossero scappati Yates e Sivakov, si poteva pensare di riuscirci?
L’errore è stato farmi trovare un po’ indietro sulla salita quando sono partiti. Sono risalito, ma mi sono mancati quei 50 metri finali per prenderli. Comunque sia le gambe erano buone e nell’ultimo giro magari ho sprecato un po’ troppo. Mi sono fatto prendere un po’ dall’euforia, mentre potevo essere magari più furbo. E comunque il quinto posto qui a Montreal, con questo parterre, penso che sia un ottimo risultato.
L’euforia perché pensavi di rientrare?
Sinceramente volevo vincere. Ho detto: «Ci provo, magari davanti si guardano un attimo». Sivakov ha corso all’arrembaggio, tirando sempre. Ho pensato che magari agli ultimi 300 metri si sarebbero fermati. Invece loro sono andati e io ho fatto la maggior parte del lavoro per chiudere su Aranburu e poi O’Connor, per cui quando è stata ora di partire sono rimasto sulle gambe.
La miglior classica WorldTour fatta finora?
Sì, a livello di corse di un giorno, sicuramente. Oggi avevo delle belle gambe, questa è un’ottima cosa per il finale di stagione. Da quando ho vinto l’italiano, ho sbloccato qualcosa nella testa. Mi sono accorto che sono tornato ad essere quello che ero anche da dilettante e da juniores. Quindi sono fiducioso per tutto ciò che rimane del calendario.
Quando rientrate in Europa?
Voliamo domani e sarò subito alla Sabatini (14 settembre, ndr) e poi farò il Pantani e il Matteotti con la nazionale. A quel punto valuteremo se farò anche la Adriatica Ionica Race o se saltiamo direttamente fino all’Agostoni, per fare poi tutto il finale italiano.
Ti abbiamo visto al mondiale, come sei arrivato a questa condizione?
Innanzitutto, dopo l’italiano, come da programma ho fatto una settimana di stacco. Sono andato a casa all’Elba a festeggiare un po’ e mi è servita per ricaricare le pile, soprattutto a livello mentale. Poi sono andato a lavorare bene in altura, al passo Costalunga con la famiglia, per farmi trovare pronto subito alle corse in Spagna, quando è stata ora di tornare a correre. Ho cercato di fare un buon mondiale in supporto ai due capitani e successivamente ho fatto un altro breve stacco in vista del finale di stagione. Mi era venuto in mente di tornare in altura, però alla fine abbiamo optato per correre. Saltare la Vuelta e fare queste gare di un giorno e sembra che sia stata la scelta giusta.
Che cosa si è sbloccato all’italiano?
In realtà, già dopo che mi è nata la bimba, ho ritrovato tanta più consapevolezza in me stesso e ho lavorato bene durante l’inverno. Ho vinto subito alla Valenciana, mentre di solito a inizio stagione ho sempre bisogno di un po’ per ingranare la marcia. Quest’anno invece mi son fatto trovare subito pronto. Proprio alla Valenciana ho preso il Covid e quindi mi sono dovuto fermare e magari tirare un po’ il fiato mi ha permesso di fare una bella primavera fino al Giro.
A quel punto?
A quel punto ho fatto il Giro di Svizzera e poi ho recuperato bene fino all’italiano e ci sono arrivato consapevole e rilassato della gamba che avevo. Ho fatto bene nella crono e ho vinto su strada. Avevo con me la mia bimba e la mia compagna, quindi ero bello sereno e questo sicuramente mi ha aiutato a dare il massimo.
Il rinnovo del contratto?
Qui in Astana, ho trovato subito il mio posto. Sono migliorato molto e ora posso guardare avanti, puntando a qualcosa di più grande e ambizioso. Il tricolore è stato un sogno che si è avverato, per questo ora voglio puntate a traguardi più importanti. Magari questo quinto posto è il segno che qualcosa si sta muovendo.