«Il mio amico Sante»: con Vigna, ricordando Gaiardoni

17.12.2023
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Nel 1959 Milano era piena di prati. «Si poteva andare in bicicletta – ricorda Marino Vigna – io addirittura andavo a fare le volate in Viale Certosa, che adesso non ci passano neppure più i pedoni». In questa città, che aveva nella Torre Brera il grattacielo in cemento armato più alto al mondo e con i suoi 116,5 metri era diventato il simbolo della rinascita dopo la Guerra, in un giorno del 1959 arrivò Sante Gaiardoni, ciclista veneto di vent’anni (foto Repubblica in apertura).

Vigna, a sinistra, con Testa e Arienti: tre del quartetto di Roma. Il quarto, Vallotto, se ne andò nel 1966 per una leucemia
Vigna, a sinistra, con Testa e Arienti: tre del quartetto di Roma. Il quarto, Vallotto, se ne andò nel 1966 per una leucemia

Un veneto a Milano

Il Vigorelli era il centro del mondo, in una città che respirava ciclismo. L’anno precedente proprio nella pista milanese, Ercole Baldini aveva vinto il Giro d’Italia, coprendo con la maglia rosa quella (ideale) di campione olimpico conquistata a Melbourne 1956. Mancava appena un anno ai Giochi di Roma.

«Di Sante Gaiardoni sono stato più che amico – racconta Vigna – iniziai a seguirlo quando arrivò a Milano e corremmo insieme alla Azzini. Aveva vent’anni e anche io, quando vinsi le Olimpiadi, ne avevo 21. Fra noi ci creò subito un bel feeling, mi incaricai di fargli da guida in una città in cui non conosceva nessuno, ma grazie al suo carattere fece presto a riempirsi di amici».

Gaiardoni arrivava da Villafranca di Verona. Era figlio di contadini e straripava di forza fisica. Ai Giochi del Mediterraneo di Beirut vinse l’oro nella velocità e nel chilometro, mettendo in discussione la supremazia di Gasparella.

Campionati del mondo 1963 a Rocourt, Sante Gaiardoni conquista il secondo oro (foto Anefo)
Campionati del mondo 1963 a Rocourt, Sante Gaiardoni conquista il secondo oro (foto Anefo)

Il rione dei ciclisti

Vigna ha da poco compiuto 85 anni, Gaiardoni se ne è andato il 30 novembre a 84. Il ciclismo lo aveva un po’ messo ai margini e di questo era rimasto male. Ma in quei giorni così lontani, alla vecchiaia non si pensava:f il mondo era una torta da mangiare con gioia e avidità.

«Ci ritrovammo a vivere tutti nello stesso rione – ricorda Vigna – c’erano più corridori in quell’angolo di Milano che nel resto della Lombardia. Io abitavo in via Piero della Francesca, a 500 metri c’era Maspes e, allargando il cerchio, anche altri. Eravamo nati e cresciuti in quelle strade, alcuni erano figli di negozianti, altri avevano l’azienda e anche Sante venne ad abitare in zona. Non l’ho mai sentito lamentarsi per la lontananza dal Veneto. Un po’ perché dopo un anno vennero a vivere a Milano anche i genitori e le sorelle. Un po’ perché aveva un carattere gioviale, era sempre allegro. Si fece presto tanti amici, come Manari, che lavorava alla Polizia Stradale…».

Gaiardoni vinse due mondiali della velocità. Qui al secondo posto il grande Antonio Maspes (foto Anefo)

La lunga lista dei P.O.

La Federazione del presidente Rodoni aveva divulgato l’ampia lista dei Probabili Olimpici e dentro c’erano finiti anche Vigna e Gaiardoni. La Azzini era una grande squadra e la curiosità di Marino, mai più risolta, verteva sul perché mai Gaiardoni non avesse scelto di correre con la Padovani, in cui avrebbe trovato Bianchetto e Beghetto: altri due eroi di Roma 1960.

«Eravamo andati a fare la visita a Padova – ricorda ancora Vigna – ma io non avrei mai pensato di poter partecipare alle Olimpiadi. Sante invece era già più forte di me e qualche sicurezza l’aveva, ma neanche tanto a ripensarci, perché Gasparella lo faceva penare. Invece fra il 1959 e l’inizio del 1960 feci davvero un bel salto di qualità e così nel mese di aprile, anche io iniziai a pensarci seriamente. Anche perché la prima volta che al Vigorelli misero contro i quartetti del Veneto e della Lombardia, vinsero loro con il record del mondo. E quando poi facemmo lo spareggio a Roma, vincemmo noi e facemmo ugualmente il record. Per Sante, il fatto di andare alle Olimpiadi nella velocità venne fuori quell’anno. Andammo a Parigi a fare il Grand Prix e lo vinse. Al Vigorelli si faceva il mercoledì dei dilettanti e corremmo un’americana così forte che vincemmo dando un giro a tutti».

Nel 1963, Gaiardoni sposò la celebre cantante Elsa Quarta, che per stare con lui interruppe l’attività (foto FCI)
Nel 1963, Gaiardoni sposò la celebre cantante Elsa Quarta, che per stare con lui interruppe l’attività (foto FCI)

L’oro di Roma

Roma nel 1960 si mostrò bella come mai più in seguito. Il velodromo era un monumento alla velocità e alla bellezza, circondato da pini e realizzato sul progetto di Ligini, che nell’assegnazione aveva preceduto Antonio Nervi, figlio di Pier Luigi.

Il 29 agosto era di lunedì e Vigna corse l’inseguimento a squadre con Arienti, Testa e Vallotto, con il tempo di 4’30”900 che gli valse l’oro. Alle spalle degli azzurri si piazzarono i tedeschi, staccati di 4”380, poi l’Unione Sovietica e la Francia.

Nello stesso giorno, Gaiardoni vinse l’oro della velocità, lasciandosi dietro l’indiano Rimple e l’australiano Baensch. Tre giorni prima aveva già vinto il chilometro da fermo, battendo il tedesco Gieseler e il sovietico Vargashkin.

«Quel lunedì sera – ricorda Vigna – festeggiammo, ma neanche tutti insieme. Erano arrivate le varie società e ci ritrovammo in un bar dell’Eur, lungo lo stradone che porta a Roma. Il giorno dopo invece ci accompagnarono al Villaggio Olimpico e ripartimmo quasi tutti. Sante invece rimase ancora e riuscì a viversi l’atmosfera delle Olimpiadi».

Il velodromo olimpico di Roma è stato demolito nel 2008: era inutilizzato dal 1968 (foto Artribune)
Roma, il velodromo è stato demolito nel 2008. Era inutilizzato dal 1968 (foto Artribune)

Il velodromo demolito

Di quei giorni restano le foto in bianco e nero di ragazzi pieni di sogni. Gli eroi sono tutti giovani e belli, recita la canzone, e anche se gli anni hanno increspato la pelle, nello sguardo di chi resta c’è ancora il lampeggiare di allora.

«Quando demolirono il velodromo di Roma – racconta Vigna – io piansi. Tornai a vederlo prima che lo facessero esplodere. Ricordo che il Comune era riuscito a scongiurarne la demolizione, ma ormai lo avevano minato e preferirono distruggerlo che rischiare di togliere gli esplosivi. Fu un peccato, aveva una foresteria in cui, quando divenni tecnico della pista, tenevo i corsi per direttori sportivi. Con Gaiardoni rimasi sempre in contatto. Venne ad abitare a Buccinasco e aprì il suo negozio. Continuavamo a frequentarci con le famiglie. Aveva tante cose da fare, al punto che un anno decise di candidarsi come sindaco di Milano. Ci credeva, ma vinse la Moratti e lui rimase male perché prese pochi voti. Io nemmeno votavo a Milano, altrimenti avrei potuto appoggiarlo».

Nel 2010 all’EICMA di Milano, Gaiardoni viene premiato con gli altri olimpionici di Roma
Nel 2010 all’EICMA di Milano, Gaiardoni viene premiato con gli altri olimpionici di Roma

Un eroe dimenticato

Quando Sante Gaiardoni se ne è andato, sua figlia Samantha ha chiamato Vigna, chiedendogli di chiamare i giornalisti affinché ricordassero suo padre. Marino fa una pausa. L’amico si era defilato, quando erano insieme quasi mai parlavano di ciclismo, ma di fatto il ciclismo fino a quel momento aveva fatto poco per ricordarlo. La gente quasi non si ricordava più di lui.

«Ebbi questa sensazione e ci rimasi male – racconta – quando lavorando in Bianchi, mi resi conto che nessuno sapeva chi fosse. E allora ho cercato di chiamare qualche amico e sono convinto che sui giornali il ricordo di Sante sia stato fatto bene. Alla fine lo hanno salutato in tanti con begli articoli e sono contento, perché se lo meritava. Sante Gaiardoni è stato un doppio campione olimpico, perderlo è stato un duro colpo. Beppe Conti mi ha invitato in RAI per ricordarlo a Radio Corsa e ci sono andato volentieri. Io sto bene, porto i miei anni e riesco ad essere presente a vari eventi, anche se non vado più troppo lontano. Ad esempio non sono riuscito ad andare a Forlì per ricordare Baldini, troppa strada e in poco tempo. Le cartucce sono sempre meno (sorride, ndr), bisogna usarle con attenzione».

Consonni e Milan allo stesso tavolo: lo sprint è già lanciato

17.12.2023
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CALPE (Spagna) – Simone Consonni e Jonathan Milan sono già insieme. E’ come se il loro lungo sprint fosse già partito. Se il feeling che abbiamo potuto notare da fuori sarà quello che vedremo in corsa e nelle volate, ne vedremo delle belle. Il “vecchio”, con due virgolette grosse così, e il giovane. L’apripista e lo sprinter. Il corridore scaltro e la “centrale nucleare” di watt. Questa coppia “made in Italy” già ci piace. E tanto.

I due si sono ritrovati alla Lidl-Trek. O meglio, la squadra americana e Luca Guercilena in particolare li hanno voluti mettere insieme. Cosa che in qualche modo abbiamo fatto anche noi riunendoli allo stesso tavolo. Anche se spesso mantenere la serietà non è stato facile!

Ragazzi, insomma oltre che in pista si corre insieme anche su strada… Chi comincia?

MILAN: «Prima i più vecchi!».

CONSONNI: «Ecco! Per me è un onore entrare in una squadra come questa. Vengo da quattro anni in Cofidis, dove ho imparato tanto e fatto tanta esperienza e devo ringraziare veramente tutto lo staff francese. Ma ora si riparte con nuove ambizioni. È tutto nuovo dalla A alla Z. Bello! Mi sento come un neopro’. Ho trovato una squadra incredibilmente organizzata e grande. Pensate che solo di atleti, tra noi, le donne e il devo team siamo più di 60. Dobbiamo girare con la targhetta di riconoscimento per imparare a conoscerci». 

MILAN: «Anche io sono felice di essere qui. Di aver ritrovato Simone. Ci aspetta un bel lavoro».

Fate le prove su strada per la pista o solo per la strada? Nel senso che siete compagni anche su pista. Due campioni olimpici.

MILAN: «Ormai sono un po’ di anni che ci conosciamo. Nei primi giorni siamo stati più impegnati per visite, interviste, foto… che per gli allenamenti. Io ho iniziato a lavorare da poco e molto lentamente. Nei prossimi giorni inizieremo magari a provare qualche treno, ma lo faremo soprattutto a gennaio, facendo qualche lavoro con la squadra. Insomma prendere un po’ di sintonia come in pista».

CONSONNI: «Per quanto mi riguarda, dopo anni in cui alterno la carriera di sprinter e apripista sono arrivato qui che ancora non avevo capito bene cosa potevo fare, ma alla Lidl-Trek potrò sfruttare il mio ruolo di velocista per Jonny».

Dal basso: Milan e Consonni sono due perni del quartetto. Avere questo feeling su pista è un punto di partenza favorevole per la strada
Dal basso: Milan e Consonni sono due perni del quartetto. Avere questo feeling su pista è un punto di partenza favorevole per la strada
Quali programmi vi aspettano?

MILAN: «Giusto qualche giorno fa abbiamo avuto insieme un meeting con Marco Villa, per tracciare una linea fra altura, ritiri e combinare al meglio gli obiettivi e arrivarci al massimo. Io inizierò con la Valenciana, quindi Tirreno, Sanremo. E queste le faremo insieme. Nel mezzo ci saranno le classiche. Non so se Simone le farà tutte. Ma spesso saremo insieme. E chiaramente saremo al Giro d’Italia».

CONSONNI: «Non dimentichiamo che è l’anno olimpico, pertanto anche sul fronte della pista sarà una stagione piena di appuntamenti. Già stamattina ho visto Josu (Larrazabal, capo dei coach della Lidl-Trek, ndr) che parlava con Villa e questo va bene. L’attività su pista va bene per la strada e viceversa, però negli ultimi anni il problema più grosso è il tempo. Ormai si corre sempre e il corpo, e soprattutto la mente, hanno bisogno di riposo. E’ importantissimo in questo periodo fare un planning chiaro per poi essere competitivi al 100 per cento e capire quando invece si può tirare il fiato. Cercherò di stare dietro a questo ragazzone! Non sarà facile né fisicamente, né mentalmente. Ma ci divertiremo dai». 

Abbiamo parlato di sintonia: il fatto che correte insieme su pista vi può aiutare in qualche modo? O trovarsi su strada è totalmente un’altra cosa?

MILAN: «Non è facile creare una sintonia, ma certo partendo dalla pista, che facciamo insieme, siamo un passo avanti. Io sotto questo punto di vista sono parecchio ottimista. Simone ha esperienza. C’è un bel confronto».

CONSONNI: «La pista è una cosa e la strada è un’altra: l’ho già visto con Elia (Viviani, ndr). Ho già fatto in passato questo lavoro e posso solo cercare di farlo bene anche l’anno prossimo. E infatti quando ci hanno proposto questa cosa, io l’ho accettata super volentieri. Sono un buon velocista, ho fatto i miei bei piazzamenti. Purtroppo non è ancora arrivata una tappa al Giro, quindi ho deciso di sposare appieno questa nuova avventura. E riavvolgendo il nastro, le mie migliori prestazioni le ho fatte proprio da da ultimo uomo. Ecco perché sono concentrato, orgoglioso e fiero di un ruolo così importante. Probabilmente per me sarebbe stato più facile rimanere in Cofidis a fare il mio piazzamento. Qua
invece la squadra e Jonathan hanno altre aspettative su di me. Ed io stesso ne ho».

Giro 2023, Caorle: Milan (a destra) è 2°; Consonni (al centro, maglia rossa) 5°. Unire due sprinter così può fare la differenza
Giro 2023, Caorle: Milan (a destra) è 2°; Consonni (al centro, maglia rossa) 5°. Unire due sprinter così può fare la differenza
Questo è il primo anno che lavorate insieme su strada: sarà più un anno per prendere le misure, perché comunque il focus sono le Olimpiadi, oppure full gas sin da subito?

MILAN: «Come diceva Simone, questo è un anno importante. Primo, perché siamo in una squadra nuova e vogliamo far vedere le nostre potenzialità. Crediamo al progetto che questa squadra vuole vuole portare avanti. Secondo, perché abbiamo anche le Olimpiadi. Credo che nel complesso sarà un anno di cambiamento importante: sarà fondamentale lavorare al meglio, pianificare ogni data fra corse e ritiri». 

Pista e strada. Simone è uno dei più esperti nella madison, Jonathan decisamente meno, ma per assurdo lavorare insieme in questa specialità potrebbe agevolare il vostro feeling anche su strada?

CONSONNI: «Di base sì. Se guardiamo come si stanno evolvendo gli sprint, le velocità sono sempre più alte. Anche l’aspetto della pericolosità è aumentato vertiginosamente. A volte ci sono anche dieci velocisti al top, più qualche outsider e per ognuno di questi velocisti ci sono tre o quattro atleti che devono aiutarli. Quindi le velocità e la bagarre nei finali è sempre più elevata. Avere il feeling con con i compagni e col compagno sprinter è la chiave. A livello di prestazioni fisiche non dico che i top, velocista e leadout, sono alla pari, ma quasi e quindi vincere spesso dipende esclusivamente dal posizionamento. In tal senso con la madison sicuramente trovi un feeling superiore col compagno. La madison penso sia la disciplina dove è richiesto il feeling più alto col compagno».

MILAN: «Il problema è che io di madison in corsa non ne ho mai fatte. Non ho mai dato dei veri cambi. Ci sarebbe molto da lavorare. Però immagino darebbe un bel po’. Già è difficile essere preparati per il quartetto, con la strada che ti prende il 70-80 per cento del tempo».

CONSONNI: «Magari Jonny potrebbe lavorarci per Los Angeles 2028! Io ho un pensiero: a livello di prestazioni si potrebbe avere una super madison con Ganna e Milan. Ma poi questa specialità richiede anche altro».

Van Der Poel, la “prima” diventa uno show impressionante

16.12.2023
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Van Aert chiama, Van Der Poel risponde. A pochi giorni dalla vittoria di Essen del campione belga della Jumbo-Visma, anche l’iridato dell’Alpecin Deceuninck esordisce nel ciclocross vincendo. Anzi dominando, perché a Herentals (proprio nella casa del rivale, assente perché in ritiro prestagionale con la squadra in Spagna) VDP non ha lasciato che le briciole ai rivali, mostrando una superiorità imbarazzante sul resto della compagnia.

L’iridato ha stroncato il gruppo sin dalle prime battute, dimostrando una potenza clamorosa (foto Eurosport)
L’iridato ha stroncato il gruppo sin dalle prime battute, dimostrando una potenza clamorosa (foto Eurosport)

«Supremazia imbarazzante»

E’ proprio così, “imbarazzante” che definisce la gara Luca Bramati, che l’ha seguita con grande attenzione sugli schermi di Eurosport e subito dopo la sua conclusione tradisce dalla voce lo stupore per quel che ha visto.

«E’ stata una bella gara… per il secondo posto. Così la si può sintetizzare – spiega il bergamasco – perché l’olandese ha messo in chiaro la differenza di potenza con pochissime pedalate. Il campione europeo Vanthourenhout ha provato a tenerlo per i primi 500 metri ed è saltato del tutto, poi ci ha provato Iserbyt, ma a metà primo giro ha mollato e per tre tornate ha sofferto lo sforzo. Non c’era proprio partita, ma anche se la gara è diventata un monologo, ha detto molto…».

Bramati mette l’accento sull’immagine fisica stessa del corridore: «Le telecamere di Eurosport si sono soffermate spesso sulla sua pedalata: VDP ha delle gambe impressionanti, che non ho mai visto a quel livello e mi confermano le impressioni che mi confidava mio cugino Davide (il diesse della Soudal QuickStep, ndr) che lo ha incrociato spesso in questi giorni a Calpe e aveva notato carichi di lavoro spaventosi che Van Der Poel sta facendo già da tempo, chiaramente non pensando solo al ciclocross ma guardando più in là, verso la strada e il suo doppio impegno olimpico considerando anche la mtb».

Nel fotogramma della telecronaca di Eurosport emerge la potenza e l’agilità di VDP, anche nella corsa
Nel fotogramma della telecronaca di Eurosport emerge la potenza e l’agilità di VDP, anche nella corsa

La sfida non c’è stata

A questo punto non si può più parlare neanche di rassegnazione da parte degli avversari: «No, è una presa d’atto, sanno che contro uno del genere non si può nulla, se non c’è un intervento esterno come una caduta. Anzi, a Herentals Van Der Poel a ogni giro guadagnava manciate piene di secondi, poi è scivolato a metà gara e da allora è andato avanti con grande circospezione, spendendo la metà di quel che poteva, infatti guadagnava molto meno».

La gara di Herentals, valida per l’H2O Badkamers Trofée, era la prima occasione in cui si ritrovavano insieme almeno due dei “tre tenori”, nel caso VDP e Pidcock, ma non si può certo parlare di una sfida fra loro due perché il britannico, per ragioni di ranking, è stato costretto a partire quasi dal fondo e per più di metà gara ha dovuto pensare ai tantissimi sorpassi da effettuare.

Per Pidcock una prima parte di gara tutta in rimonta, ma anche lui si è mostrato ampiamente superiore a tutti
Per Pidcock una prima parte di gara tutta in rimonta, ma anche lui si è mostrato ampiamente superiore a tutti

L’esordio di Pidcock

«Tom ha fatto una bellissima gara – è il giudizio di Bramati – il suo secondo posto finale di fronte a Vdp non lo sminuisce minimamente. Non si può parlare di sfida e in questa occasione non credo neanche ci sarebbe stata se fossero partiti alla pari, troppa la potenza dell’olandese. Il corridore della Ineos però ha corso con grande intelligenza, si è gestito nei primi giri riguadagnando con calma. Poi ha badato a Iserbyt, Van Der Haar e Mason e nel giro finale ha espresso la sua maggiore potenza sui tre. Una grande prestazione anche la sua».

L’impressione è che i due abbiamo comunque grandi margini di crescita, sia nella prestazione fisica, ma ancor più dal punto di vista tecnico: «E’ indubbio e ho l’impressione che lo sappiano entrambi – prosegue Bramati – anche per questo VDP dopo lo scivolone ha scelto una condotta più controllata. C’è da lavorare sul piano della guida anche perché non tutti i percorsi esaltano la potenza come quello di Herentals. C’è però un aspetto da sottolineare a proposito del vincitore: nella principale salita del circuito, quella dove tutte le ragazze scendevano di bici e anche gli uomini hanno sempre faticato a restare in sella, lui saliva con il 50 davanti…».

VDP nelle interviste dopogara ha espresso tutta la sua soddisfazione per un esordio molto promettente
VDP nelle interviste dopogara ha espresso tutta la sua soddisfazione per un esordio molto promettente

VDP-Van Aert, la vigilia di Natale

«Questo è un dato che dice tutto della superiorità fisica che può mettere in campo – continua nella sua disamina Bramati – sinceramente non so se Van Aert sia allo stesso livello. E’ chiaro che una vittoria come quella odierna esalta ancor di più la prima sfida che vedrà impegnati tutti e tre, la vigilia di Natale ad Anversa».

Davanti ai microfoni Pidcock, pur soddisfatto della sua prima prestazione sui prati giudicandola anche oltre le sue aspettative della vigilia, ha confermato che per quest’anno i mondiali non sono nel suo programma, allineandosi così all’idea di Van Aert. Dopo un dominio così schiacciate, verrebbe da pensare che il titolo mondiale di ciclocross 2024 sia già virtualmente assegnato, ma Bramati mette in guardia.

«Il percorso di Tabor – dice – è molto diverso, soprattutto se sarà ghiacciato. Allora potrebbe diventare più difficile di quello di Vermiglio. In Repubblica Ceka conteranno altri aspetti oltre alla potenza: la guida, l’equilibrio, anche la calma. Io dico che Van Der Poel sarà nettamente il favorito, ma la corsa se la dovrà giocare».

Il podio finale con VDP, Pidcock secondo a 27″, terzo Van Der Haar a 28″, ora leader del circuito (foto Eurosport)
Il podio finale con VDP, Pidcock secondo a 27″, terzo Van Der Haar a 28″, ora leader del circuito (foto Eurosport)

Qualcosa di unico

Resta comunque la sensazione che in nessuno sport, neanche nel tennis al tempo dei “big four” Djokovic, Nadal, Federer e Murray, ci sia mai stato uno strapotere tale da parte di pochissimi corridori, capaci appena entrano in gioco, senza nessun passaggio intermedio, senza alcun prologo agonistico, di dare scacco matto a chi la stagione l’ha affrontata tutta crescendo gara dopo gara. E solo il tempo potrà dire se questo per la disciplina è un bene…

Ottimismo, grinta, idee chiare: Balsamo si lancia verso il 2024

16.12.2023
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CALPE (Spagna) – Le ombre si allungano su Calpe. La piscina che fino a poco fa era baciata dal sole e dove c’era persino qualche tedesco in costume, adesso è ben meno luminosa. L’ambiente però è calmo e rilassante. Ed è qui che incontriamo Elisa Balsamo.

La campionessa della Lidl-Trek racconta della stagione che verrà con il suo proverbiale self-control, ma anche la sua determinazione. Concetti chiari e tanta grinta fra le righe.

Per Elisa Balsamo (classe 1998) anche lavori a secco, come questi di equlibrio e coordinazione (immagine da Instagram)
Per Elisa Balsamo (classe 1998) anche lavori a secco, come questi di equlibrio e coordinazione (immagine da Instagram)

Grinta Balsamo

Le stagioni da professionista per Balsamo sono otto (con quella in arrivo). Otto anni di successi enormi, su tutti il titolo iridato a Leuven nel 2021. Dopo quell’anno passò dalla Valcar all’attuale team. Un ulteriore step.

Ma l’ultima stagione non è stata eccezionale, colpa principalmente dell’incidente avuto alla Ride London. Una brutta caduta che ha scombussolato i piani, procurato danni al volto (doppia frattura della mandibola), e messo a dura prova il piglio di Elisa, la quale però non ha mai mollato, neanche un secondo.

Lo testimonia anche il fatto di come abbia ripreso gli allenamenti in Spagna e anche prima. Elisa aveva voluto concludere comunque la stagione. All’inizio sembrava quasi una “forzatura”, visto il lungo rincorrere, ma in qualche modo era anche una scelta fatta in ottica 2024: correre era necessario. Le avrebbe consentito di arrivare allo stacco invernale con le giuste tempistiche e le giuste quantità di fatica.

E comunque, nonostante non fosse super, Balsamo in questo finale di stagione è anche tornata al successo: una tappa del Simac Ladies Tour.

Nonostante l’infortuno occorsole a fine maggio, Elisa ha onorato gli impegni in azzurro sia ai mondiali che agli europei (in foto)
Nonostante l’infortuno occorsole a fine maggio, Elisa ha onorato gli impegni in azzurro sia ai mondiali che agli europei (in foto)
Elisa, partiamo proprio da qui: dopo l’anno difficile che hai avuto come ti senti?

Ho recuperato e sto ancora sistemando qualcosina, come gli ultimi denti che in realtà sono l’unica cosa che mi sono un po’ trascinata. Però sono contenta, ho avuto la fortuna di incontrare dei dottori veramente pazzeschi, quindi mi sento bene.

In effetti non ci sono quasi segni sul volto…

Anche la preparazione è iniziata in modo positivo. Sto cercando di ricreare la base che, appunto, proprio a causa della caduta mi era un po’ mancata nel finale di questa stagione, perché il tempo stringeva e quindi non c’è stato molto tempo per allenarsi in modo preciso.

Guardandola col bicchiere non mezzo pieno ma pienissimo, possiamo dire che hai perso del tempo, ma sei più fresca per la stagione che verrà?

Eh – sospira Balsamo – ormai quel che è passato è passato e non si può cambiare, bisogna solo giustamente cercare di tirarne fuori gli aspetti positivi. Sì, potrebbe anche essere, perché no? Sinceramente non ci avevo pensato, ma mi fa piacere avere davanti qualcuno che mostri ottimismo, quindi accetto volentieri questa ipotesi. Anzi dico che ci spero. Per affrontare una stagione come quella che si presenta bisogna avere tanta energia positiva, perché sarà molto impegnativa.

Di energie mentali, ormai ne spendete tantissime. Ce lo spiegava tempo fa anche la vostra mental coach, Elisabetta Borgia, e questo vale soprattutto per voi leader, che siete chiamate a grandi prestazioni, responsabilità, viaggi…

Sotto questo punto di vista il riposo mentale è stato relativo. Riprendersi da un infortunio grave non è facile. Non è facile fisicamente e neanche mentalmente perché noi atleti non accettiamo di rimanere sdraiati a letto o seduti sul divano, vogliamo tornare subito ai nostri livelli e soffriamo quando vediamo che facciamo fatica. Anche per questo esistono le vacanze. Da parte mia penso di aver recuperato bene nelle tre settimane in cui sono stata senza bicicletta.

Balsamo con il cittì delle donne, Sangalli: li aspetta un anno in cui ogni cosa andrà calibrata con precisione
Balsamo con il cittì delle donne, Sangalli: li aspetta un anno in cui ogni cosa andrà calibrata con precisione
Più o meno hai già una traccia del tuo programma?

Sì, mi piace procedere poco per volta, quindi so che inizierò con l’europeo su pista a gennaio: c’è dunque subito un appuntamento molto importante. Poi sempre in pista, parteciperò alla Coppa del mondo di Milton. Su strada invece voglio dedicarmi alle classiche di primavera, che sono un grande obiettivo della stagione. Sono le mie gare preferite e le più belle in calendario.

E poi in estate c’è quell’appuntamento a Parigi. Tra l’altro su un percorso, mosso ma veloce, che ti dovrebbe piacere…

Eh sì! Aspettiamo di andarlo a vedere prima, immagino ci andremo dopo le classiche di primavera. Quest’anno va tutto conciliato al meglio. E anche incastrare questi momenti non è scontato.

Specie per te che fai sia strada che pista…

A questo penserà Sangalli. La squadra è fondamentale per cercare di trovare il miglior equilibrio possibile. Quello delle Olimpiadi, più che un obiettivo, è un sogno, sia parteciparvi che ottenere di più.

Sulla tua partecipazione non ci dovrebbero essere grossi dubbi…

Un’Olimpiade è sempre qualcosa di speciale e non c’è nulla di scontato. Su pista siamo andate a Tokyo, adesso cerchiamo di finire bene il percorso di qualificazione così da andare a Parigi con grande determinazione. Ma fra strada e pista bisognerà essere capaci di prendere la decisione migliore. Vale a dire se optare per una, per l’altra o per entrambe. Ma questo non si può sapere adesso bisognerà aspettare quando saremo lì. Per ora pensiamo a lavorare bene.

Laboral: niente WorldTour, ma gli obiettivi non mancano

16.12.2023
6 min
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Ce lo aveva anticipato Cristina Tonetti quasi un mese fa che la sua Laboral Kutxa Fundacion Euskadi era uno dei tre team in lizza per diventare WorldTour. In base all’esito, gli spagnoli avevano previsto due calendari differenti, ma purtroppo per loro la risposta arrivata dall’UCI è stata negativa.

La licenza nella massima categoria per il biennio 2024-2025 l’hanno ottenuta l’AG Insurance Soudal-Quick Step e la Ceratizit WNT, per cui i tempi ormai erano maturi per salire. La formazione belga e quella tedesca rilevano di fatto la Liv Racing TeqFind, confluita nella Jayco Alula, e la EF Education, che ha chiuso la società per i grossi problemi finanziari di Tibco e Silicon Valley Bank, rinascendo poi dalle proprie ceneri grazie a Cannondale (secondo nome) e ripartendo dalle continental. Ma in casa Laboral come avranno preso la notizia? Ne abbiamo parlato con Debora Silvestri (in apertura in primo piano, foto Laboral), approdata nella squadra basca lo scorso maggio, dopo aver vissuto la pessima e temporanea apparizione della Zaaf Cycling. Con la venticinquenne veronese di Castel d’Azzano è stata anche l’occasione per approfondire altri temi.

Silvestri ha doti da scalatrice. Nel 2024 vuole essere la spalla fidata della leader Santesteban, ma anche ritagliarsi spazio personale
Silvestri ha doti da scalatrice. Nel 2024 vuole essere la spalla di Santesteban, ma anche ritagliarsi spazio personale
Debora, quanto ci speravate nella licenza WorldTour?

Ovviamente noi atlete avremmo voluto fare il grande salto, così come i nostri dirigenti. Però loro non sono rimasti sorpresi del tutto. Da una parte si aspettavano questo verdetto perché sono consapevoli della crescita che bisogna fare. Dall’altra avevano fatto la richiesta per far sapere all’UCI che c’è anche la Laboral come squadra all’altezza. Penso che la dirigenza farà un tentativo nel 2025 per chiedere la licenza ProTeam qualora dovesse esserci la nuova riforma di cui si parla.

Cambia qualcosa per voi adesso?

Sicuramente il calendario. I nostri tecnici avevano preparato questi due diversi programmi di gare. Fossimo diventati WT saremmo andati in Australia per il DownUnder e poi tutta la campagna del Nord. Invece partiremo con un più calma a fine gennaio da Maiorca. La prima parte di stagione andrà in base al grado di condizione di noi ragazze e agli inviti che riceveremo per correre. Ciò che non cambierà saranno gli obiettivi. Ora siamo in ritiro ad Altea (fino al 19 dicembre, ndr) e quando abbiamo saputo la notizia, ci hanno detto subito che la voglia di fare e migliorarsi sarebbe stata la stessa. Sapevamo comunque che avremmo dovuto farci trovare pronte.

Che differenze hai notato a correre in una continental italiana ed una straniera?

Non troppe per la verità, ma piuttosto importanti. Principalmente è una questione di mentalità e budget. Per ciò che ho visto, all’estero c’è un investimento economico superiore all’Italia. Si ragiona in prospettiva WorldTour. La squadra viene vista come una azienda, tant’è che un budget più alto ti permette di avere anche uno staff più ampio e un numero maggiore di mezzi. In Italia la squadra è vissuta di più come una famiglia, che tuttavia è una cosa positiva. L’atleta si sente come a casa e può crescere con più calma. A livello di professionalità invece non ho notato grandi differenze. Bravi tecnici, meccanici o altre figure le ho trovate sia in Italia che fuori. Per quello che mi riguarda devo dire che in Laboral comunque si respira un’aria famigliare nonostante siano coinvolti sponsor molto grossi.

Ad inizio 2023 però sei rimasta vittima della cattiva gestione della Zaaf Cycling. Com’è andata tutta quella vicenda?

E’ vero, è stato un brutto periodo. Arrivavo da un 2022 difficile, in cui a giugno ero stata investita da una moto mentre scendevo dallo Stelvio. Avevo trovato questa squadra spagnola tramite il mio procuratore e inizialmente sembravano avere un gran bel progetto (c’era anche Emanuela Zanetti, ndr). Abbiamo iniziato a correre dall’Australia, poi dopo il UAE Tour a metà febbraio sono iniziati i problemi. Il primo stipendio tardava sempre di più ad arrivare, mentre i dirigenti ci dicevano che erano solo intoppi burocratici per il trasferimento di fondi da una banca estera all’altra. Col passare dei giorni a noi atlete la storia puzzava sempre di più.

Cosa avete fatto?

Abbiamo continuato ad allenarci perché sapevamo di avere le iscrizioni garantite fino a fine aprile, ma a metà marzo ci eravamo attivate col CPA (l’associazione ciclisti professionisti internazionale, ndr). Chiedevamo di mediare questa situazione assurda. Fra noi compagne di squadra c’è stata molta solidarietà, poi Audrey (Cordon-Ragot, ndr) ha deciso di denunciare pubblicamente ciò che stavamo vivendo. E’ stato un bene per tutte noi. La Laboral mi ha chiamata a maggio e mi ha messo subito a mio agio. Sembrava che corressi con loro da sempre e gliene sono molto grata.

Prima della Roubaix, Silvestri abbraccia Cordon-Ragot, appena passata alla Human. A inizio 2023 hanno vissuto assieme l’esperienza della Zaaf Cycling
Prima della Roubaix, Silvestri abbraccia Cordon-Ragot, appena passata alla Human, dopo la brutta esperienza della Zaaf Cycling
Siete riuscite a prendere quegli stipendi arretrati?

Ad oggi ancora no. Con l’UCI avevamo avviato la procedura per ricevere quei quattro mesi di stipendi tramite la fidejussione che era stata versata. L’iter però pare sia piuttosto lungo. Solo dal prossimo marzo potremo prendere i soldi, quando verrà accertato da tutti gli organi interessati che noi ragazze non abbiamo mai ricevuto alcun pagamento in precedenza.

A livello morale ti è pesata questa situazione?

Inizialmente sì, ma non ad un certo non ci ho più voluto pensare. Anzi, chiusa una porta, mi si è aperto un portone (dice sorridendo, ndr). Con la Laboral sono riuscita a fare una bella seconda parte di stagione, togliendomi qualche soddisfazione. Alla Kreiz Breizh ero nella fuga giusta con altre tre ragazze, ma sono caduta negli ultimissimi metri sbagliando una curva sul bagnato. Peccato perché mi stavo giocando la vittoria (chiuderà quarta e successo di Vettorello, ndr).

Silvestri è approdata nel team basco a maggio 2023. Si è sentita subito a suo agio (foto Laboral)
Silvestri è approdata nel team basco a maggio 2023. Si è sentita subito a suo agio (foto Laboral)
Anche se la Laboral e Debora Silvestri non sono passate nel WT, che obiettivi avete per il 2024?

La squadra ha fatto una campagna acquisti importante. Fra le tante, sono arrivate due corridori forti come Lourdes Oyarbide dalla Movistar e Ane Santesteban dalla Liv Alula Jayco, che possono essere protagoniste in tante gare dure. Personalmente io voglio continuare a crescere e vorrei entrare in sintonia proprio con Ane. Lei sarà la nostra leader sulle Ardenne o nelle gare a tappe e a me piacerebbe ritagliarmi un ruolo di appoggio per lei. Poi se ci sarà spazio anche per me, non avrò paura a prendermi le mie responsabilità.

Nencini, nuovo contratto dopo un anno difficile

16.12.2023
5 min
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Solitamente quando si annuncia un nuovo contratto, sia pure per una continental che è pur sempre la porta di accesso al ciclismo più grande, l’elemento distintivo nel racconto è il sorriso. Ma non è il caso di Tommaso Nencini. Certamente non per colpa della Zalf, anzi, l’approdo del toscano è un passo importante per la sua carriera. Tuttavia avrebbe voluto arrivarci in maniera molto diversa.

Per sua stessa ammissione, il 2023 non è stato un anno fortunato. Quella che doveva essere la stagione della consacrazione è diventata l’anno delle occasioni sfumate, con piazzamenti che hanno lasciato l’amaro in bocca, ma soprattutto lo zero nella casella delle vittorie. E questo lo ha molto amareggiato.

«Non è stato un anno positivo – racconta il nipote d’arte, suo nonno Gastone ha fatto la storia negli anni Sessanta – questo è certo. Dopo due annate buone, sia io che il mio team ci attendevamo il salto di qualità che non si è visto. Sono partito forte, nei primi due mesi sono arrivati molti buoni risultati come alla Firenze-Empoli e al GP Possenta, poi si è inceppato qualcosa».

Prima gara e subito un 2° posto alla Firenze-Empoli, vinta l’anno prima (foto Italiaciclismo)
Prima gara e subito un 2° posto alla Firenze-Empoli, vinta l’anno prima (foto Italiaciclismo)
Ti sei fatto un’idea di che cosa è capitato?

Un insieme di cose. Fisicamente sono calato, ho cercato disperatamente di recuperare non mollando e questo è stato un errore. Vedevo che la vittoria non arrivava e più il tempo passava, più mi prendeva la frustrazione. Questo ha inficiato un po’ anche i rapporti con la squadra, così la situazione è andata peggiorando. Alla fine qualche segnale di ripresa c’è stato, l’ultimo podio è arrivato a fine settembre. Ma non può certo bastarmi…

Eppure è arrivato il contatto con la Zalf…

Provini conosce bene Faresin, hanno lavorato insieme. Si è reso conto che i rapporti con il team erano andati deteriorandosi per qualche incomprensione e che non c’era più spazio per un futuro insieme. Così è stato molto corretto con me e ha cercato di capire se potevo trovare spazio alla Zalf. Alla fine la cosa è maturata e ne sono stato molto contento.

Il 2022 aveva avuto ben altro sapore, con vittorie nel finale di stagione a Livraga (nella foto Rodella) e Pretola
Il 2022 aveva avuto ben altro sapore, con vittorie nel finale di stagione a Livraga (nella foto Rodella) e Pretola
Anche questo ha favorito la tua ripresa nel finale di stagione? In base alle tue parole s’intuisce come il problema sia stato soprattutto mentale…

Sì, vedere che mi cercava una squadra prestigiosa, con tanti corridori vincenti, mi ha ridato entusiasmo, la forza di mostrare qualcosa in più rispetto a prima anche se non ero al meglio. Non lo posso negare, quando ho visto che non andavo, la mancanza di successi dopo due anni di vittorie, mi sono buttato giù. Ne ho fatto un’ossessione. La testa incide molto, questa è una cosa che ho imparato.

Analizzando quel che è successo, dove pensi di aver sbagliato?

Nell’inseguire la vittoria a tutti i costi. Quando ho visto che la condizione iniziava a scendere, dovevo fermarmi, pensare a ritrovare la forma, invece ho tirato diritto con testardaggine. Per questo dico che il problema era diventato soprattutto mentale. Se avessi usato la testa e mi fossi fermato, sarebbe stato meglio, invece non facevo altro che pensare alle fughe riprese nel finale o ai piazzamenti che non erano vittorie.

Nencini, classe 2000, è un ragazzo dal grande potenziale. Quest’anno è entrato per 11 volte nella top 10
Nencini, classe 2000, è un ragazzo dal grande potenziale. Quest’anno è entrato per 11 volte nella top 10
Questa stagione ti ha comunque detto di più sul tuo conto?

Sicuramente sono un corridore abituato a partire forte, i primissimi mesi mi vedono spesso protagonista. Quindi è su quelle gare che devo puntare e poi capire quando arriva il momento di staccare la spina, prendere un periodo di riposo e ripartire verso la seconda parte di stagione. Devo imparare a gestirmi meglio.

Secondo te c’è stato un problema di preparazione e da questo punto di vista come ti regolerai con la Zalf?

Problemi da quel punto di vista non ce ne sono stati, io sono abituato a seguire quello che mi viene detto. Ora mi affiderò in toto ai preparatori del team, mi fido di loro. Se non arriveranno risultati vedremo di modificare quanto necessario per arrivare all’obiettivo. Io intanto già ho ripreso a lavorare da un mese abbondante e non nascondo che l’ho fatto con un entusiasmo nuovo per sfruttare appieno questa seconda possibilità.

Nencini ha avuto anche una convocazione in nazionale, per il Circuit des Ardennes (foto Instagram)
Nencini ha avuto anche una convocazione in nazionale, per il Circuit des Ardennes (foto Instagram)
Perché seconda?

Non posso negare che io speravo tanto in un contratto da professionista, ma con la stagione che ho avuto, ho visto quel sogno infrangersi. Anche quello mi ha buttato giù, poi è arrivato il contatto con la Zalf, una porta che si è riaperta. E’ chiaro che la speranza è sempre quella del contratto che ti cambia la vita da corridore, ma bisogna guadagnarselo e io farò di tutto per riuscirci.

Prendendo te, un team che cosa deve aspettarsi?

Non un campione, lo so, ma sicuramente uno che si prodiga per la squadra, che può lavorare per gli altri, ma che poi, al momento che serve, può anche tirar fuori la zampata. Non sono certo un fenomeno, ma ho qualche freccia al mio arco e comunque possono essere molto utile. Ora intanto lo capiranno alla Zalf e sapranno come utilizzarmi.

Pellizotti si gode la Bahrain della “giovine Italia”(e non solo)

16.12.2023
6 min
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ALTEA (Spagna) – Quanti progetti, quante novità per la Bahrain-Victorious. Un mercato più forte sia in uscita che in entrata, tre contro sei, che però ha portato diverse novità: nuovi ruoli, atleti con altri obiettivi e responsabilità. Un corposo rimescolamento di cui parliamo con Franco Pellizotti. 

Il direttore sportivo friulano si siede con noi per parlarne. Ormai è sera, quasi ora di cena. Anche oggi i ragazzi si sono allenati sodo, hanno sbrigato i massaggi e tutto sembra procedere nella tranquillità della routine. Routine che in questi casi è sinonimo di buon lavoro.

Franco Pellizotti (classe 1978) è uno dei direttori sportivi della Bahrain-Victorious
Pellizotti (classe 1978) è uno dei direttori sportivi della Bahrain-Victorious
Franco, abbiamo notato un bel gruppo, un gruppo collaudato. Due partenze importanti, come quelle di Landa e Milan, ma nel complesso siete stati forse la WorldTour che ha cambiato meno. Sono arrivati tre giovani: Bruttomesso, Pickering e Traen…

Dal mio punto di vista, la partenza che ci farà più soffrire è quella di Jonathan Milan. Mikel ci ha dato tanto e può dare ancora molto, però da quel punto di vista siamo ben coperti con Pello Bilbao che sta dimostrando di crescere anno dopo anno. Mi sembra che lui abbia trovato la propria dimensione. E poi abbiamo giovani come Santiago Buitrago, che presto farà il salto di qualità. E quindi dico che Jonathan è quello ci mancherà di più, anche perché a differenza di Landa era più giovane e ci si poteva lavorare in ottica futura.

E gli innesti, soprattutto quelli italiani?

Come avete detto, siamo un bel gruppo. Gli innesti diciamo che sono stati tre più due, per i due mi riferisco ad Antonio Tiberi e a Nicolò Buratti, inseriti nel corso dell’anno. Nicolò mi ha colpito molto per come si è inserito. Bravissimo. Quando parti così, sono convinto che è tutto più facile. Se ti arrivano dieci corridori nuovi, devi iniziare a lavorare da zero, devi conoscerli e loro devono conoscere la squadra. Così invece il gap è molto piccolo. Il terzo italiano è Alberto Bruttomesso, che è arrivato adesso.

Quest’anno dovrai fare anche tu da chioccia! E’ arrivato anche Sonny Colbrelli come diesse…

Sonny si sta integrando bene già di suo. Qui è di casa. Chiaro che quando passi “di qua” ti accorgi che c’è molto da fare. Ma vedo che si sta rimboccando le maniche benone e con voglia.

Buratti (classe 2001) è stato inserito la scorsa primavera. E’ passato dal CTF alla Bahrain in aprile. Il suo esordio? Alla Freccia del Brabante (foto @charlylopezph)
Buratti (classe 2001) è stato inserito la scorsa primavera. E’ passato dal CTF alla Bahrain in aprile. Il suo esordio? Alla Freccia del Brabante (foto @charlylopezph)
La colonia italiana alla Bahrain resta forte. Oltre ai più esperti Caruso e Pasqualon avete un manipolo di ragazzini italiani…

Collaboriamo con il CTF. Crediamo molto nei ragazzi italiani, a differenza magari di tanti che pensano che in Italia il livello sia basso…

Beh, molto dipende dall’attività under 23 che si fa. Al CTF l’obiettivo non è il circuito del martedì, con tutto il rispetto per questa tipologia di gara…

Esatto e per questo abbiamo deciso di lavorare con loro. I ragazzi che escono dal CTF hanno già una certa disciplina quando arrivano da noi. Si vede che hanno una certa impostazione professionale. Alberto Bruttomesso è un ragazzo molto giovane, per esempio, è molto acerbo ma ha anche ampi margini. 

Cosa significa che è più acerbo?

Che deve crescere, soprattutto fisicamente. Sono convinto che tra i dilettanti non si è spremuto per niente. E questo è buono. Anche a vederlo in bicicletta: ha un bel fisico, però se messo vicino ad un atleta che è pro’ da un po’ di anni, noti che deve ancora crescere, che deve formare la gamba. Secondo me lui stesso deve capire fin dove può arrivare. Quest’anno ha vinto molte volate, ma credo che lavorandoci bene, possa ottenere qualcosa in più anche in corse non solo per velocisti.

E Zambanini?

Zamba” è cresciuto parecchio in queste due stagioni. Ha completato due grandi Giri. Anche in questo caso c’è molto da scoprire. Ha fatto un primo anno secondo me al di sopra delle aspettative e un secondo in cui invece si è trovato sempre a rincorrere, soprattutto per motivi di salute. Lui lo scatto lo deve fare soprattutto mentalmente: è un ragazzo molto timido. Si abbatte facilmente e questo un po’ lo penalizza. Se riusciamo a trovare il giusto equilibrio, può dare veramente tanto.

Non solo crono: Tiberi va (e deve andare) forte anche in salita se vuol puntare al Giro. Ma Pellizotti non ha dubbi: emergerà
Non solo crono: Tiberi va (e deve andare) forte anche in salita se vuol puntare al Giro. Ma Pellizotti non ha dubbi: emergerà
Poi c’è Tiberi con questo Giro d’Italia all’orizzonte…

Antonio è giovane, ma ha già parecchia esperienza. Lui non lo scopriamo adesso. E’ passato professionista con molte aspettative. E’ arrivato a metà anno, i primi mesi gli sono serviti per integrarsi con la squadra, con l’allenatore nuovo. E non era facile nel pieno della stagione. Ha fatto un’ottima Vuelta, anche se ha avuto alti e bassi, legati ad alcuni problemi alla schiena. E infatti stiamo lavorando anche su questo. Mi diceva che era una questione che si portava dietro da un po’. E infatti appena si è conclusa la stagione abbiamo iniziato a lavorarci su con i nostri fisioterapisti, per rinforzare un po’ la catena posteriore, l’elasticità. Ai tifosi italiani Antonio potrà dare grandi soddisfazioni.

Parlando più in generale della squadra, Franco, in questo ritiro sentivamo parlare di gruppi. Li avete divisi in corridori da corse a tappe e in corridori da classiche?

Qui c’è il gruppo che dovrà partire in Australia e quelli che invece partiranno un po’ dopo. I primi sono più avanti e magari messi assieme porterebbero i secondi a spingere un po’ troppo.

Da chi possiamo aspettarci belle cose?

Per il Belgio, e non solo, c’è Matej Mohoric, che è il nostro faro. Ma penso anche a ragazzi come Nikias Arndt, nel fiore degli anni, che quest’anno potranno mettersi in mostra. Poi c’è Pasqualon, che ha un’esperienza grandissima e potrà essere decisivo sia per se stesso, che per la Bahrain-Victorious. Quest’anno era al primo anno con noi e si è trovato molto bene, così come noi ci siamo trovati benissimo con lui. E poi i soliti nomi, le certezze: Pello, Damiano… Ah, per il Belgio mi ero dimenticato Fred Wright. Sono già due anni che entra nella top 10 al Fiandre. E’ caduto alla Roubaix, quando era messo bene. Questo ragazzo ha dei numeri veramente importanti. Lo stiamo aspettando. Se dovesse presentarsi alle gare con la giusta condizione fisica e mentale potrebbe andare molto forte. E per me non sarebbe una sorpresa.

Non solo giovani: Pellizotti può contare anche su due esperti quali Damiano Caruso e Andrea Pasqualon
Non solo giovani: Pellizotti può contare anche su due esperti quali Damiano Caruso e Andrea Pasqualon
Con un Giro che parrebbe non avere dei super big, Santiago non potrebbe pensare in grande?

Certo, a parte le due cronometro, ci sono anche molte salite. Ogni anno è cresciuto ed è arrivato il momento di pensare alla classifica generale. Per ora abbiamo delle long list, ma al Giro abbiamo già  Damiano e Antonio. E noi dobbiamo essere coperti anche al Tour e alla Vuelta.

Con tanti corridori non è facile fare le formazioni e farli ruotare tutti?

No! Siamo in 27 per essere precisi. Mi ricordo ai miei primi anni da pro’: una squadra era formata da 16 corridori e si riusciva a fare tutto il calendario lo stesso. Okay, il ciclismo è cambiato però è anche vero che le squadre sono più grandi in tutto, ma per assurdo in certi momenti avresti bisogno di qualche corridore in più fra le tante gare, i malanni, gli acciacchi… 

Per curiosità, ma in un anno un direttore sportivo riesce a dirigerli tutti almeno una volta?

No, sembra strano ma è così. Tanti corridori li vedi qua e poi li rivedi ancora qui, ma il prossimo anno…

Un test sul Col de Rates e la stagione di Zana può iniziare

15.12.2023
6 min
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ALTEA (Spagna) – Quando spunta dalla curva, una delle ultime del Col de Rates, Filippo Zana ha il fiatone. Però è ancora lucido. Il dottor Luca Pollastri e il preparatore Marco Pinotti lo aspettano per il prelievo del sangue, dal lobo dell’orecchio. Una puntina, nulla più più. Quanto basta per valutare la quantità di acido lattico che il veneto ha accumulato nei 6′ di sforzo.

La Jayco-AlUla ha scelto il versante di Parcent per questo test incrementale. Si finisce un chilometro scarso prima dello scollinamento. Coach Pinotti ha scelto questo punto perché la salita è più regolare e c’è un comodo spiazzo, tra l’altro anche panoramico, dove parcheggiare le ammiraglie. 

E’ dunque in questo contesto che Zana sta preparando la stagione che verrà. Certi dati, chiaramente restano segreti, ma le sensazioni sembrano buone. E il volto di Filippo non fa che assecondare le nostre sensazioni.

Filippo Zana (classe 1999) col Pirata. Il ritiro del veneto durerà in tutto 13 giorni
Zana (classe 1999) col Pirata. Il ritiro del veneto durerà in tutto 13 giorni
Filippo, se ti dovessi paragonare a un anno fa come stai? Dodici mesi fa c’era uno Zana che approdava al WorldTour, adesso?

Credo di essere più motivato. E sicuramente più consapevole di aver lavorato bene, di essere riuscito a togliermi delle soddisfazioni. Di aver raggiunto degli obiettivi e di averne fissati altri, forse ancora più alti.

Quali sono questi obiettivi ancora più alti?

Penso alla Strade Bianche. Stavolta spero di far bene fino in fondo, di essere protagonista, visto che l’anno scorso è andata abbastanza bene. Ero davanti, ma nel finale mi sono mancate un po’ le gambe. Poi ci sarà il Giro d’Italia dove darò una mano ad Eddie Dunbar, con la speranza di essere ancora più pronto.

Quindi non ci sarà Simon Yates al Giro?

In teoria no, poi vediamo. Siamo ancora a dicembre, ma dovrebbe essere questo il nostro programma.

Credevamo che non andando al Tour, come avevi paventato, saresti stato il capitano e che stessi lavorando “sull’operazione Giro”?

No, credo sia ancora presto. Intanto diamo supporto ad Eddie…

Come nel 2023, Zana aiuterà Dunbar al Giro, con la sensazione che entrambi saranno più forti e consapevoli
Come nel 2023, Zana aiuterà Dunbar al Giro, con la sensazione che entrambi saranno più forti e consapevoli
Parliamo del tuo lavoro qui in Spagna. Cosa stai facendo in questo ritiro?

Viste anche le temperature che ci sono qui, specie nella prima parte della settimana (oltre 25 gradi, ndr), stiamo facendo un bel po’ di ore che servono come base. A casa con certe temperature riesci a fare un po’ meno. Credo che alla fine in questa dozzina di giorni di allenamento faremo 40 ore più o meno. Che corrisponderanno immagino a 1.000-1.200 chilometri.

Ti abbiamo visto fare quel test, di cosa si trattava?

Abbiamo fatto un primo test del lattato. Un test utile per vedere più o meno i valori su cui lavorare. E’ noto che fare un test adesso, a inizio stagione, non è come farlo magari prima del Giro, quando si è in forma. Ma proprio per questo è utile, perché ti dà i giusti valori per allenarti. E’ molto importante avere questi riferimenti per riuscire a lavorare al meglio. 

E rispetto all’anno scorso i numeri sono migliorati?

Un po’ sì, ma a dire il vero mi sento anche meglio dell’anno scorso. Mi sento meglio in generale. Sono contento di come abbiamo iniziato.

Col peso come va? A prima vista sembri già molto magro, ma tu non fai testo!

In effetti sono messo già bene… senza volerlo. Non ho fatto niente di particolare. Ho sgarrato quando volevo sgarrare. E poi ho anche più muscolo rispetto a dicembre dell’anno scorso. 

Come in corsa, anche in ritiro, Filippo ha prestato grande attenzione all’alimentazione
Come in corsa, anche in ritiro, Filippo ha prestato grande attenzione all’alimentazione
E’ una tua valutazione o lo dicono gli strumenti?

Lo dice il test della Bia. Da questa riesci ad estrapolare la quantità di massa magra, la percentuale di muscolo. 

Conosci la tua percentuale di grasso?

Varia un po’ nel corso dell’anno. Per esempio quest’anno prima del Giro era al 6 per cento, poi è risalita un po’, specie dopo la frattura della clavicola, ma alla Vuelta era di nuovo al 6 per cento. Adesso sarò un poco di più, ma va bene. Diciamo che abbiamo individuato un peso ideale e quando devo andare forte lo devo raggiungere.

Hai lavorato in palestra in questo periodo?

Sì, sì, come l’anno scorso del resto. La palestra è stata una parte fondamentale del mio allenamento. L’ho mantenuta per tutto l’anno, anche durante le corse. Facevo un richiamo a settimana. Mentre in questa fase arrivo anche a tre sedute. Mi trovo bene e quindi penso che continuerò a lavorarci. Faccio lavori con il bilanciere, la pressa, esercizi a corpo libero anche per lavorare sul core.

Avete un preparatore specifico per la palestra?

Un po’ di esercizi me li dà la squadra. E poi anche i fisioterapisti ci danno degli esercizi specifici. In questo modo possiamo lavorare anche sui punti deboli.

Solo parte della Jayco-AlUla è venuta in ritiro. Ma per gennaio saranno al completo
Solo parte della Jayco-AlUla è venuta in ritiro. Ma per gennaio saranno al completo
Fare la base, cosa che sentiamo spesso: a che intensità pedali?

Sostanzialmente Z2, che diventa una Z3 in salita. Io lo chiamo “il lungo”, alla vecchia maniera. E’ quell’intensità in cui hai la gamba in tiro, ma non fai tanta fatica da produrre acido lattico. E’ anche un’andatura ideale per bruciare i grassi.

A proposito di grassi, una volta in ritiro non si mangiava in bici, o lo si faceva molto poco. Adesso invece vediamo che molti ragazzi hanno una tabella di carbo da ingerire anche in questa fase. Vale anche per te?

Per tutto il ritiro, in bici e non, abbiamo la tabella alimentare: colazione, pranzo, cena e bici. Ed è importante per riuscire a sostenere i carichi e a stare bene al tempo stesso, tanto più che io non ho bisogno di dimagrire, ma devo solo mantenere. 

In bici opti per un’alimentazione solida o liquida?

Un po’ di tutto. Abbiamo barrette, gel, rice cake, paninetti e anche dei dolcetti che ci fa la squadra, molto graditi per variare un po’ dal resto della stagione. In più abbiamo anche i carboidrati nelle borracce. 

Con la bici come va invece? Dopo un anno la senti tua del tutto?

Con Giant mi sono trovato veramente bene. Una gran bici. Poi tutto continua ad evolversi, continuano ad arrivare cose nuove. Bisogna ringraziare anche Marco Pinotti per questo: lui è fissato sui materiali e sull’aerodinamica in particolare. Fa evolvere la squadra ed è fondamentale al giorno d’oggi.

Finché è stato campione italiano, Zana ha utilizzato una Propel tricolore. Quest’anno il veneto ha optato per un manubrio più stretto
Finché è stato campione italiano, Zana ha utilizzato una Propel tricolore. Quest’anno il veneto ha optato per un manubrio più stretto
Preferisci la TCR o la Propel?

Quest’anno ho usato soprattutto la Propel, ma so che c’è qualche novità in arrivo. A quel punto vedremo quale userò. Per ora vado ancora con la Propel.

Hai ritoccato qualcosa?

Ho cambiato il manubrio. L’ho messo più stretto. Prima era da 42 centimetri ora è da 39: è una misura che ha fatto Giant per il nostro manubrio che è un semintegrato. Lo sto provando proprio in questi giorni in ritiro. Per ora mi trovo bene, l’aerodinamica ne guadagna. In pianura e in salita, anche quando mi alzo, non sento grandi differenze, vediamo un po’ come va in discesa. Ma prima di giudicare mi serve qualche giorno.

Cambiando il manubrio, hai toccato anche un po’ la posizione della sella, dell’attacco o magari le tacchette?

No, tutto uguale. Gli angoli non cambiavano.

Con quanti chilometri hai finito la scorsa stagione?

Sui 30.000 chilometri.

Stai utilizzando le corone 54-40?

Sì, sempre quelle. Mi ci sono trovato bene durante tutto l’arco dell’anno e non le ho mai cambiate.

Corratec: sei profili da rilanciare nel 2024

15.12.2023
6 min
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La Corratec-Selle Italia nell’inverno ha costruito, come nella storia per bambini della cicala e la formica. Il team di Francesco Frassi ha svolto il ruolo della formica, ha raccolto pian piano i frutti di un lavoro lungo. Tante le novità in vista del 2024, arrivate una per una, pensate e ponderate in base alle esigenze del team. Come abbiamo appena visto, la recente novità ha il nome di Mark Padun, scalatore arrivato dalla EF Education-Easy Post. E a sentir parlare Frassi non sembrerebbe essere finita qua la campagna acquisti della Corratec-Selle Italia

Quando chiamiamo, il diesse toscano si trova davanti al computer e sta stilando le prime bozze di calendario. Ci sono delle wild card da attendere che potrebbero cambiare alcuni programmi, ma a grandi linee è tutto pronto. Parlando di calendari e ritiri è facile far virare il discorso verso i nomi che hanno incuriosito gli addetti ai lavori. Per comodità ne abbiamo evidenziati sei, ma come ammette lo stesso Frassi ce ne sarebbero altri di cui si potrebbe parlare.

Mareczko alla prima semitappa della Coppi e Bartali del 2021 mette in riga Cavendish
Mareczko alla prima semitappa della Coppi e Bartali del 2021 mette in riga Cavendish

La freccia Mareczko

I nomi sui quali ci concentriamo sono quelli di Jakub Mareczko, Niccolò Bonifazio, Kristian Sbaragli, Valerio Conti, Mark Padun e Alessandro Monaco. 

«Andiamo in ordine partendo dai velocisti – suggerisce Frassi – quindi parliamo di Mareczko. Lui lo conosco bene, da quando eravamo in Vini Zabù, nel 2021. Abbiamo passato tanto tempo insieme, tra cui un ritiro a Livigno nel quale ci siamo conosciuti molto bene. Conosco le sue potenzialità, è uno dei corridori più esplosivi che c’è al mondo. Proprio nell’anno alla Vini Zabù riuscì a battere Cavendish in una volata secca. Lo stesso che vinse quattro tappe al Tour pochi mesi dopo. Mareczko nei percorsi pianeggianti può battere chiunque, davvero. Arriva da un periodo difficile dove non ha corso tanto, ma le qualità ci sono, ci sono sempre state».

Frassi ha ancora negli occhi l’azione di Bonifazio alla Parigi-Nizza del 2020 quando anticipò i velocisti
Frassi ha ancora negli occhi l’azione di Bonifazio alla Parigi-Nizza del 2020 quando anticipò i velocisti

Il funambolo Bonifazio

Uno degli arrivi annunciati verso fine stagione dalla Corratec è quello di Bonifazio. Corridore diverso da Mareczko, meno velocista e più fantasioso. 

«Ci stiamo conoscendo – dice Frassi – capirò lavorandoci insieme che carattere ha. Però fin da subito mi ha dato l’idea di essere uno che mette tanta dedizione nel ciclismo. E’ uno che non ha paura e sa quel che deve fare. L’ho visto al Giro, dal quale è uscito in crescendo, ma da lì in poi ha corso poco. A mio avviso uno come lui ha bisogno di correre, se avesse sfruttato quel periodo avrebbe potuto cogliere qualcosa di importante. Bonifazio è uno che inventa azioni belle e che vince su tanti terreni diversi. La tappa che vinse alla Parigi-Nizza del 2020, anticipando i velocisti ancora me la ricordo. Un corridore capace di queste azioni va tenuto e gli deve essere data la possibilità di provare, e con noi ce l’avrà».

Quest’anno Sbaragli ha corso il mondiale di Glasgow, andando in fuga e conquistando il 34° posto
Quest’anno Sbaragli ha corso il mondiale di Glasgow, andando in fuga e conquistando il 34° posto

L’esperto Sbaragli

Kristian Sbaragli, ad ora, è il più “anziano” del team Corratec. La sua figura si sposa con quella di Bonifazio e Mareczko. Anche lui non è un velocista puro, ma è in grado di trovare spunti interessanti. 

«Lui – riprende Frassi – ha sfruttato la gamba che si è trovato dopo il Giro e per poco non vinceva l’italiano. E’ un gran corridore che ha vinto una tappa alla Vuelta contro Degenkolb appena un paio d’anni dopo essere passato professionista. Poi è andato in Alpecin e ha avuto poco spazio. Parlandoci al campionato italiano quest’anno mi ha confermato che era da tanto che non si giocava una vittoria. Sono situazioni in cui devi trovarti, sbagliare, imparare e ripetere. Con noi sono sicuro che avrà tante occasioni e potrà riprendere la mano. In più la sua età gli permette di essere un valore aggiunto in professionalità ed esperienza. Ha un carattere che crea subito gruppo, mi ha dato subito una bellissima impressione».

Per Valerio Conti un primo anno alla Corratec molto sfortunato, ma i segnali di fine 2023 sono incoraggianti
Per Valerio Conti un primo anno alla Corratec molto sfortunato, ma i segnali di fine 2023 sono incoraggianti

Conti ci riprova

Valerio Conti non rappresenta esattamente una delle novità per la Corratec. Lui corre con Frassi già dalla scorsa stagione, e dopo un anno poco fortunato avrà la possibilità di riprovarci. 

«Ha un grande valore – ci conferma il diesse – prima del Giro andava davvero forte. Poi quella caduta lo ha messo fuori gioco. Mi ha colpito la sua mentalità dopo l’infortunio, è rimasto con noi al Giro, chi ha dato una mano e non ha perso la motivazione. Una volta rientrato a luglio si è rotto nuovamente il bacino ed è stato fermo fino a settembre. Le ultime corse dell’anno però ci hanno sorpreso: è rientrato e ha fatto 12° al Giro della Toscana e 13° al Matteotti. Lo abbiamo portato in Cina e al Tour of Hainan è arrivato quinto in classifica generale. Insomma, meritava la riconferma e sono contento che sia rimasto con noi».

Mark Padun nel 2021 ha stupito tutti con una doppietta al Giro del Delfinato, Frassi spera di riportarlo a quei livelli
Mark Padun nel 2021 ha stupito tutti con una doppietta al Giro del Delfinato, Frassi spera di riportarlo a quei livelli

Padun: scalatore puro

Il corridore ucraino è uno dei tasselli che mancava alla Corratec. Uno scalatore puro, in grado di potersi mettere in luce nelle corse a tappe e non solo.

«Ci mancava davvero – conferma Frassi – lui è uno che in salita può andare davvero forte. Lo ha dimostrato, appena due anni fa al Giro del Delfinato ha messo in fila due tappe incredibili. Ha lasciato sulla strada Vingegaard, Porte, Haig, Kuss… Anche all’Adriatica Ionica Race ha vinto sulle Tre Cime di Lavaredo. Quest’anno è andato bene alla Settimana Internazionale Coppi e Bartali, tirando per la vittoria di Healy nella terza tappa. Ha 27 anni e può fare ancora tanto, per il ciclismo di ora può essere considerato vecchio, ma non è in calo. Numeri e test parlano di qualità eccellenti, starà a noi tirarle fuori. A me piace fare questo tipo di lavoro: trovare la chiave giusta per dare motivazione ai miei ragazzi».

Monaco torna tra i professionisti dopo due anni, per lui un’occasione da valorizzare (foto Instagram)
Monaco torna tra i professionisti dopo due anni, per lui un’occasione da valorizzare (foto Instagram)

Il ritorno di Monaco

Alessandro Monaco torna nel mondo del professionismo dopo un’assenza durata due anni. Ha assaggiato il mondo dei grandi in Bardiani, è tornato indietro e non si è lasciato abbattere, conquistando nuovamente spazio nei professionisti.

«Nelle categorie giovanili – conclude il diesse – era considerato un talento. Ha avuto questo problema all’arteria iliaca e io per primo so quanto questo infortunio può compromettere la prestazione. Monaco ha avuto la determinazione, quando ha fatto un passo indietro, di tornare. Non si è mai abbattuto ma ha lavorato molto e in maniera solida. Vediamo se le doti che ha dimostrato di avere possono uscire nuovamente, è un corridore con senno. Una cosa che mi ha colpito è il fatto che studi. Per me questo è sinonimo di grande concentrazione, caratteristica importante nel ciclismo. E’ risalito e tocca a lui dimostrare se può fare il corridore».