Se inizialmente qualcuno fu contrario al fatto che il Cycling Team Friuli diventasse team di sviluppo per la Bahrain Victorious, quello fu sicuramente Roberto Bressan. Poi, vista la convinzione dei suoi collaboratori, anche il grande capo fece un passo indietro, accettò la novità e si mise a studiare la situazione.
La sua squadra non è un vero e proprio “devo team”, perché per esserlo dovrebbe avere la stessa amministrazione e gli stessi finanziatori. Nonostante ciò, il rapporto che si è creato è strettissimo e simbiotico. Gli stessi materiali e un kit con grafiche comuni. Andrea Fusaz è passato dall’essere preparatore dei ragazzi della continental a lavorare in pianta stabile per la WorldTour. Per sostituirlo, ex corridori del CTF si sono laureati in Scienze Motorie e ora sono entrati nell’organico come tecnici. La filiera funziona. Così siamo tornati dal manager di Udine, per farci raccontare se nel frattempo abbia cambiato opinione.
«Proverei ad ampliare il discorso – dice – parlando prima di tutto del senso delle devo team. Oggi ne hanno uno ben preciso, perché il ciclismo cambia continuamente. E se adesso vuoi fare ciclismo ad alto livello, devi diventare una devo team. La Colpack è l’eccezione che riesce ancora a fare le cose da sé, ma probabilmente hanno una forza economica che altri non hanno. Io non riuscirei a fare quello che faccio senza la Bahrain».
Fino a due anni fa ci riuscivi, cosa è cambiato?
Non girano abbastanza soldi. D’altronde lo vedete quali sono le squadre più forti. La Jumbo, la Quick Step, la Lotto. Hanno tutto il meglio, anche quello delle devo team è diventato un piccolo WorldTour. Sono di un altro mondo e i corridori più forti fanno la fila per essere con loro.
Quindi alla fine hai cambiato idea?
Una volta che entri nell’ordine delle idee, non puoi farne a meno. Noi non siamo una devo, lo siamo per metà. Io sono titolare della mia società, loro mi sponsorizzano e abbiamo le stesse bici. Non ci vedono più come una squadra dilettantistica, c’è un rapporto strettissimo. Se abbiamo bisogno di parlare con un loro preparatore, ci mettiamo in contatto. Mi danno i corridori che vogliono, però alla fine la società resta mia.
Qual è il vantaggio?
Siamo cresciuti. Stiamo allargando la base dei preparatori, dei massaggiatori, dei corridori che acquisiscono una mentalità diversa. Sanno che hanno delle possibilità, quindi sono anche più stimolati. Siamo CTF, ma alla fine siamo come una WorldTour, quindi il progetto funziona. Io avevo le mie perplessità all’inizio, ma se non l’avessi provato, non ci sarei mai arrivato.
Che cosa servirebbe per migliorare ancora?
Se avessi più soldi, farei un’attività ancora più importante e terrei più corridori. Ho una schiera di friulani che vorrei prendere, ma non posso per budget e per politica. Il ragionamento del Bahrain è condivisibile: vogliono una base più ampia e internazionale. La mia è più una mentalità italiana, ma quando ti ritrovi dei corridori così forti in Friuli, non puoi non prenderli.
E chi li prende? Può essere il ruolo delle piccole squadre U23 che non sono continental?
Per come la vedo io, le squadre dilettantistiche italiane non agganciate a nessuno sono spacciate. Per come è strutturato il ciclismo internazionale, in questo momento non ha nemmeno più senso che esista la categoria under 23. Sarebbe meglio allungare di un anno la categoria juniores e poi passare direttamente alla continental. Ormai chi può fare bene nelle gare internazionali? Solo una squadra strutturata, per cui le squadre più piccole come quelle toscane che attività possono fare?
E allora chi li prende questi corridori friulani?
Due sono andati alla Fior, mentre i 3-4 più importanti hanno già i procuratori. Se ne chiamo uno e gli chiedo di darmi un suo corridore friulano, lui in cambio mi chiede due anni nella continental e poi il contratto WorldTour. Ma come è possibile far firmare un contratto WorldTour, se ancora non si è visto di che corridore parliamo? Secondo me è esagerato quello che attualmente chiedono i procuratori. Bruttomesso è migliorato tanto, finisce le corse a tappe, ma probabilmente neanche lui è pronto per la WorldTour.
Come è andato il 2023?
Abbiamo avuto parecchi problemi, ma è vero che fare il confronto con la squadra di tre anni fa sarebbe difficile. Jonathan Milan faceva la differenza, anche Aleotti. Abbiamo vinto un sacco di gare, però nel 2023 mi sarei aspettato qualcosa di più. Per contro abbiamo trovato Skerl che diventerà un corridore di peso. Il prossimo anno si ricomincia un ciclo. A parte Brian Olivo, Andreaus e Skerl, avremo tutti primi anni.
L’obiettivo è ancora vincere oppure, avendo dietro la WorldTour, si può correre con meno pressione?
E’ cambiato il modo di pensare, perché la Bahrain non ti dà la pressione immensa che prima dovevi mettere ai corridori. Vedono che se fanno qualcosa di buono, hanno lo spiraglio. Nessuno parla di De Cassan, ma correndo con noi, si è ricavato la possibilità di passare professionista, anche se non al Bahrain. Non gli abbiamo mai dato pressione, è arrivato bene nelle gare giuste e ha trovato il suo posto. L’importante è lavorare come Dio comanda, solo facendo così si tirano fuori dei corridori.