Pellizotti alla Vuelta: «Una grande esperienza, ma che fatica…»

04.11.2022
7 min
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«Non sono molti anni che ho smesso – riflette Pellizotti – anche se il tempo passa. Cerco sempre di portare la calma e la serenità. Noi direttori sportivi che siamo stati anche corridori sappiamo bene che i corridori sono fra l’incudine e il martello. Così, quando le cose non vanno bene e magari dall’alto vogliono i risultati, si cerca comunque di non trasmettere la pressione ai ragazzi. La cosa peggiore quando le cose non vanno bene è scaricare il peso sulla squadra».

Una buona annata

Franco Pellizotti è reduce dalla trasferta toscana in camper, per seguire sua figlia sui campi del ciclocross. Con il 2022 che sta finendo, anche lui si è fermato per tracciare un bilancio della sua stagione come direttore sportivo e quella dei corridori del Team Bahrain Victorious.

«Se lo scorso anno è stata una stagione ottima – dice – quest’anno è stata buona. Le aspettative erano alte, invece il Tour è andato male e la Vuelta così e così. Se andava male anche il finale di stagione, allora c’era un po’ da preoccuparsi. Invece abbiamo finito bene, quindi quel periodo di buco è stato solo un passaggio a vuoto che ci può stare».

Qui Pellizotti è con Miholjevic, team manager del Team Bahrain Victorious
Qui Pellizotti è con Miholjevic, team manager del Team Bahrain Victorious

Il direttore che cresce

Pellizotti cresce assieme ai suoi corridori. E se un paio di anni fa, era venuto fuori che fosse il loro preferito perché lo sentivano molto vicino, oggi è evidente che l’esperienza lo stia spingendo a salire un altro gradino.

«Ogni stagione imparo qualcosa – racconta – e anche quest’anno ho avuto delle bellissime soddisfazioni. Ho sofferto un sacco alla Vuelta e anche questo mi ha fatto crescere molto. Quando vai alle corse e le vinci, come per esempio con Mohoric alla Sanremo, sembra che non ci sia niente di impossibile. Il problema è quando parti con degli obiettivi e alla fine devi cambiarli. Questo mi ha fatto crescere molto. Quando sono tornato a casa dalla Vuelta, mi sono messo lì e ho fatto un ripasso. Dove potevo aver sbagliato, dove le cose sono andate bene e dove male».

Colbrelli è arrivato al Bahrain ancora tutto da costruire: qui con Pellizotti al Tour del 2018
Colbrelli è arrivato al Bahrain ancora tutto da costruire: qui con Pellizotti al Tour del 2018

Senza Colbrelli

La squadra ha dovuto rivedere alcuni obiettivi in corsa, come succede quando si incontrano sulla propria strada la sfortuna e quel gruppetto di giovani corridori capaci di ogni impresa. Ma non è un mistero che la primavera del Nord fosse uno dei momenti più attesi e invece l’indisponibilità di Colbrelli ha costretto tutti a rivedere le ambizioni.

«E vero, nella campagna del pavé non abbiamo vinto – prosegue Pellizotti – però abbiamo fatto dei buoni risultati. La mancanza di Sonny è pesata molto sulla squadra. Sostituirlo è difficile, perché Sonny è arrivato da noi quando ancora non era nessuno e doveva ancora esplodere. Poi è cresciuto e purtroppo è mancato adesso che doveva raccogliere i risultati migliori. Prendere un corridore già affermato vorrebbe dire puntare su qualcuno che guadagna un milione e mezzo di euro e che può ottenere i risultati che eravamo arrivati a raggiungere con Colbrelli. Non è possibile, perciò stiamo cercando di lavorare con i giovani, cercando di farli crescere e portarli al livello più alto come con Sonny».

Milan può diventare un velocista come Petacchi e muoversi bene sulle strade del Nord
Milan può diventare un velocista come Petacchi e muoversi bene sulle strade del Nord

Talento Milan

E forse l’uomo c’è e si chiama Jonathan Milan, che lascia intuire potenzialità clamorose ed è per tutti quelli che girano attorno alla squadra un foglio bianco ancora tutto da scrivere.

«Secondo me – ammette sorridendo Pellizotti – Milan è un fenomeno. Anche quest’anno è dovuto star fermo parecchio per problemi fisici, ma appena è rientrato, è andato subito forte. Fisicamente è un portento e deve crescere molto di testa, perché è ancora un ragazzino. Magari a differenza di altri della sua età, lui ha margini veramente pazzeschi. C’è da scoprire quale sia il suo limite, perché può vincere delle volate come Petacchi ed essere un corridore da Belgio. Tanti lo paragonano a Ganna, ma lui fa dei tempi veramente impressionanti per la sua età e in bici ci sa andare, perché nelle volate non ha paura e sa limare molto bene».

La vittoria nella Freccia Vallone, il Tour e poi Teuns è passato alla Israel senza troppi annunci
La vittoria nella Freccia Vallone, il Tour e poi Teuns è passato alla Israel senza troppi annunci

Mistero Teuns

Eppure la vittoria in Belgio è arrivata con Dylan Teuns, che si è imposto sul Muro d’Huy e poi però, forse anche misteriosamente, se ne è andato nel cuore dell’estate raggiungendo la Israel, che forse sperava con un colpo di mercato di raddrizzare la classifica e salvarsi dalla retrocessione.

«Teuns ha fatto il Tour – prova a spiegare Pellizotti, ma si capisce che l’operazione sia passata sopra alle loro teste – e dopo non avrebbe dovuto più fare grandi corse. E’ un corridore che a noi costava tanto, penso fosse il secondo più pagato della squadra. Ha fatto dei grandissimi risultati, ha vinto la Freccia Vallone e sicuramente la Israel avrà gli avrà fatto un’offerta che noi non potevamo pareggiare. E quindi c’è stata questa possibilità per lui e anche per noi. Il fatto che sia andato via ad agosto, ha fatto sì che si siano liberati anche cinque mesi del suo stipendio, da investire nei prossimi anni. Non so se pensassero che avrebbe portato in dote i suoi punti o che ne avrebbe fatti tanti dopo il cambio di squadra, ma se così fosse, hanno fatto male i conti…».

L’uscita di scena di Landa al primo arrivo in salita della Vuelta ha costretto il team a reinventarsi la corsa
L’uscita di scena di Landa al primo arrivo in salita della Vuelta ha costretto il team a reinventarsi la corsa

Rammarico Landa

Il rammarico, se rammarico deve esserci, è doppio ed è legato a Landa e a Fred Wright. Allo spagnolo per il Giro e per la Vuelta, finita di fatto al primo arrivo in salita. Quanto al britannico, se fosse riuscito a vincere la settima tappa della Vuelta dopo la fuga con Herrada, avrebbe salvato il bilancio del team in Spagna e ottenuto la benedetta vittoria che ancora gli manca.

«Eravamo partiti per la Vuelta convinti di poter fare classifica – ricorda Pellizotti – invece sul primo arrivo in salita le abbiamo prese e abbiamo dovuto reinventarci la corsa. Ugualmente Mikel ha dimostrato di andare molto forte a fine stagione. Ha gli stessi valori di cinque anni fa, però è anche vero che nel frattempo sono cresciuti dei giovani molto forti, mentre il ciclismo moderno sta andando avanti a velocità pazzesche. E’ chiaro, col senno di poi, che un po’ di rammarico c’è soprattutto per il Giro, nel non averci provato fin dalla prima settimana. Abbiamo aspettato, mentre lui stava già molto bene e Hindley almeno all’inizio è parso sofferente, poi è andato in crescendo. Crediamo ancora in Landa, ma è chiaro che vincere una grande corsa a tappe è molto difficile, perché nel testa a testa contro certi corridori, a cose normali è difficile spuntarla».

Il terzo posto di Wright a Cistierna nel giorno di Herrada, 7ª tappa della Vuelta, è il rimpianto più grande
Il terzo posto di Wright a Cistierna nel giorno di Herrada, 7ª tappa della Vuelta, è il rimpianto più grande

«Wright secondo me è un altro ragazzo eccezionale – prosegue Pellizotti – l’unico suo problema è che ancora non è riuscito a vincere. Alla Vuelta aveva talmente voglia di alzare le braccia, che ha commesso degli errori. Nel giorno della caduta di Roglic non avrebbe vinto, perché comunque Pedersen era in uno stato di grazia incredibile e ha già fatto un grande numero a rimanere in quel gruppetto. Diciamo invece che la vittoria che si è mangiato è stata quella in cui è arrivata la fuga di cinque e ha vinto Herrada della Cofidis. Se Wright vinceva la tappa, la sua Vuelta sarebbe cambiata. Comunque è un ragazzo di cui si sentirà parlare molto».

Progetto Buratti

Le vacanze di Franco Pellizotti prevedono ora altri viaggi in giro per l’Italia, con il camper che ha comprato, fra le date del cross. Ammette di aver scoperto l’ambiente del fuoristrada solo da poco e di esserne rimasto colpito. L’ultima annotazione è sul giovane Buratti, che meriterebbe di passare professionista, per il quale si sta invece pianificando il passaggio nel 2024, dopo un altro anno da trascorrere al Cycling Team Friuli.

«So che non è facile aspettare quando sei convinto di aver meritato di passare – dice – immagino che fare un’altra stagione dopo quella che ha fatto non sia neanche semplice. Cercheremo di trovargli nuovi stimoli affinché quest’anno possa crescere ancora e far sì che quando arriverà tra noi, sia già pronto a correre tra i professionisti».