Che fine ha fatto CamillaAlessio? Ce lo chiedevamo a proposito dell’evoluzione delle giovani azzurre dell’ultimo quinquennio, sottolineando come sia andato perso un talento autentico, testimoniato dai risultati fra juniores e U23. Della ragazza di Cittadella si erano perse le tracce nel 2022, dopo la sua prima stagione alla Ceratizit dove aveva assaggiato il WorldTour. Si sapeva di problemi fisici che l’avevano frenata, tanto che aveva evidenziato come, se non ne fosse venuta a capo, avrebbe smesso. E’ evidente che una soluzione nell’immediato non sia stata trovata.
Una carriera, quella della Alessio, durata fino al 2022, poi ha dovuto arrendersi ai problemi di stomacoUna carriera, quella della Alessio, durata fino al 2022, poi ha dovuto arrendersi ai problemi di stomaco
La bici per amica
La carriera ciclistica è stata quindi messa alle spalle, ma Camilla è rimasta nell’ambiente e la bici non l’ha minimamente abbandonata.
«E’ una mia fedele compagna – afferma mentre è ancora alle prese con i fastidi dei mali di stagione con i quali ha convissuto nel passaggio dell’anno – appena posso torno a pedalare ma senza impegno. I problemi gastrici ora sono più sotto controllo: mi era stata riscontrata un’ulcera allo stomaco che si aggravava quand’ero sotto sforzo. Dopo un anno e mezzo che ho smesso ho finalmente trovato l’equilibrio per tenerla a bada, ma appena salgo di livello come sforzi fisici torna a farsi sentire. Quindi l’agonismo l’ho lasciato, a malincuore».
La Alessio oggi, in bici solo per diletto, quando il lavoro alla Selle Royal glielo consenteLa Alessio oggi, in bici solo per diletto, quando il lavoro alla Selle Royal glielo consente
Che cosa fai ora?
Quando gareggiavo, continuavo parallelamente i miei studi in scienza della comunicazione. Appena mi sono ritirata, la Ceratizit mi ha offerto uno stage lavorativo nel settore marketing, poi ho seguito per 18 mesi il settore della Wilier Triestina e ora sono alla Selle Royal, sempre nel settore marketing.
Quindi non ti sei allontanata dal tuo mondo…
Non avrei mai potuto, devo anzi dire grazie al ciclismo perché ha schiuso le porte della mia carriera lavorativa anche se non è stata quella che sognavo da bambina. Ma per me è stato importante rimanere nell’ambiente.
Che cosa ti ha lasciato la tua breve eppure importante carriera, considerando i risultati ottenuti soprattutto nelle categorie giovanili?
Ci riflettevo proprio in questi giorni di festa, mentre trascorrevo del tempo con le mie amiche tutte fuori dal mondo ciclistico. Il mondo delle due ruote mi ha trasmesso un grande senso di praticità, di connessione con la natura: c’è gente che esce con la pioggia magari un paio di volte nella vita, chi fa la vita del corridore invece non si cura di pioggia o freddo, se deve allenarsi o correre, va. E’ un legame tutto particolare con l’ambiente in cui viviamo, che t’impone di non piangerti addosso ma di adattarti a quel che ti circonda e questo serve in ogni ambito della vita.
Agli europei di Trento 2021 Camilla (a destra) ha contribuito all’oro della Zanardi fra le U23Agli europei di Trento 2021 Camilla (a destra) ha contribuito all’oro della Zanardi fra le U23
Guardandoti indietro, l’esperienza del WorldTour com’è stata?
Bella e bruttissima allo stesso tempo. Affrontavo un calendario completo, diciamo che avevo toccato la punta del mio sogno, ma non ero io, non ero più quella degli esordi, delle presenze in nazionale. Il fisico mi stava tradendo e non potevo dare quello che volevo. Ogni gara era una sofferenza, spesso mi fermavo. Era il mio ambiente, ma progressivamente mi stavo rassegnando al mio destino.
Le tue stagioni in azzurro avevano lasciato presagire per te un grande futuro. C’è una gara in particolare, fra quelle vissute con la nazionale, che ricordi con particolare piacere?
Gli europei disputati a Trento e non sono perché correvamo in casa. E’ stata una bellissima esperienza, ricordo che quando ero con la nazionale, affrontavamo la tensione della vigilia, poi le gare al massimo livello, pensavo «Questo è quello che voglio fare nella mia vita». E’ stata una bellissima esperienza, avevo preso slancio.
La veneta di Cittadella ha sempre avuto un rapporto molto stretto con i tifosi che la riconoscevanoLa veneta di Cittadella ha sempre avuto un rapporto molto stretto con i tifosi che la riconoscevano
Tu hai vissuto il ciclismo al suo massimo livello, che cosa consiglieresti a chi oggi si appresta ad affrontare quel che hai affrontato tu?
E’ una bella domanda. Quello ciclistico è un mondo difficile, ma che semplifica molto le cose, nel senso che sei parte di un ambiente con regole certe, forse anche dure per certi aspetti, dove vige la legge del sacrificio. Ma hai le spalle sempre coperte, c’è chi pensa a ogni tua esigenza. La vita di ogni giorno diventa così più fluida, più protetta. Io penso che una ragazza debba innanzitutto godersela, divertirsi e trarre da quello la spinta per andare avanti, avendo però l’accortezza di non dimenticare che c’è tutta una vita anche al di fuori e che tutto va vissuto con calma, contestualizzandolo.
Un podio sfiorato a cronometro per Camilla agli europei del 2019Un podio sfiorato a cronometro per Camilla agli europei del 2019
Ma la voglia di pedalare ti è venuta meno?
Scherziamo? La bici non l’ho mai lasciata, d’inverno nei weekend facciamo spesso uscite con i miei amici, d’estate anche un paio di allenamenti a settimana e poi di nuovo sui pedali nel fine settimana. Ma sempre in maniera tranquilla, scegliendo itinerari sempre diversi fra il Trevigiano e il Vicentino. L’agonismo fa parte del passato, mettermi alla prova nelle Granfondo non avrebbe senso, risveglierei i problemi fisici che ho. Per me ora la bici è solo divertimento puro…
Vittoria Guazzini d'oro ed Elena Pirrone di bronzo agli europei crono U23. Per la toscana, la ricompensa dopo Tokyo. Per la bolzanina ritorno alla luce
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Il mondo del ciclismo giovanile è in costante evoluzione, con ragazzi che passano rapidamente dalla categoria juniores al professionismo. Ma cosa chiedono davvero i giovani atleti quando si affacciano a una squadra professionistica? Quali sono le loro curiosità, le domande che pongono? Alla fine il rischio di trovarsi spaesati in un mondo che conoscono poco aumenta rispetto a qualche tempo fa quando si passava con le spalle leggermente più grosse.
Ne abbiamo parlato con Mirko Rossato, direttore sportivo della VF Group-Bardiani, un esperto che lavora a stretto contatto con i giovani. Parlando con lui sono emerse in particolare tre tematiche principali: la tattica di gara, gli allenamenti e l’alimentazione. Ma esplorando i dubbi più comuni e le sfide che i ragazzi affrontano in questo delicato passaggio di carriera spuntano anche altre sfumature.
Rossato a colloquio con i suoi atletiRossato a colloquio con i suoi atleti
Mirko, dunque, quali sono le domande, gli argomenti più frequenti dei giovani quando arrivano in squadra?
I ragazzi oggi arrivano già abbastanza preparati, soprattutto grazie alla categoria juniores dove già si parla di wattaggi, di alimentazione e di allenamenti. Tuttavia, il salto al professionismo o al dilettantismo di alto livello li porta nuove sfide e nuovi confronti. Spesso chiedono come si corre e come affrontare le gare.
Cosa chiedevano?
Nei primi anni, anche ragazzi bravi come Martinelli, Pellizzari o Pinarello avevano mille dubbi sulla distanza, sull’approccio alla corsa e su come affrontare le differenze rispetto alla categoria precedente, sullo stare in gruppo…
Regnano dei dubbi insomma…
Certo. Un’altra caratteristica comune che hanno oggi i giovani è il desiderio di avere tutto subito: non si fermerebbero mai per un giorno di recupero, temendo di perdere tempo. In questo, il mio ruolo è anche quello di tenerli calmi e far capire loro che la stagione è lunga.
La tattica in corsa è uno dei primi dubbi dei ragazzi che da juniores si ritrovano tra i grandi (photors.it)La tattica in corsa è uno dei primi dubbi dei ragazzi che da juniores si ritrovano tra i grandi (photors.it)
Sei quasi uno psicologo: come gestisci le insicurezze dei giovani?
Serve dare loro sicurezza e certezza che quello che dici si concretizza. E dirlo con convinzione. Ho vent’anni di esperienza con i giovani e quando affermo: «Stai tranquillo, ci arriviamo», è perché so che possiamo raggiungere gli obiettivi prefissati. I ragazzi di oggi sono svegli e capiscono subito se c’è indecisione nelle risposte. Se percepiscono dubbi, si perde subito la loro fiducia. Bisogna essere chiari e decisi, trasmettendo sicurezza in ogni aspetto del loro percorso.
Hai detto che sono preparati, ma entrando nel dettaglio, cosa chiedono riguardo agli allenamenti?
Confrontano spesso i loro valori con quelli necessari per essere competitivi ai livelli più alti. Grazie agli strumenti moderni, possiamo capire fin da subito se un ragazzo ha le qualità per emergere e, con il lavoro giusto, raggiungere i valori necessari. Le domande più frequenti riguardano i watt per chilo, i watt alla soglia e i numeri dei campioni. Cosa mangiano.
Insomma vogliono sapere i numeri?
Sì, ma d’altra parte oggi si ragiona così. Chiedono ad esempio: «Quanti watt per chilo ha Pogacar? E Pedersen? E Merlier? E quanti ne avevano prima?». Tuttavia, io sottolineo sempre che i numeri sono importanti, ma senza fantasia, grinta e mordente in corsa non si va lontano.
E sull’alimentazione?
Sull’alimentazione chiedono moltissimo. Durante i ritiri, organizziamo riunioni con il nostro nutrizionista per rispondere alle loro domande e spiegare l’importanza di una corretta alimentazione. Gli diamo indicazioni su cosa mangiare prima e dopo gli allenamenti, in base al tipo di lavoro che svolgono. Questo progetto va avanti da due anni e continueremo a svilupparlo, perché una buona alimentazione e la consapevolezza di essa sono fondamentali per affrontare una stagione al meglio.
Gli incontri dei ragazzi con lo staff medico-sportivo stanno dando ottimi risultati in termini di formazione e informazioneGli incontri dei ragazzi con lo staff medico-sportivo stanno dando ottimi risultati in termini di formazione e informazione
Cosa ti fa arrabbiare invece?
Quello che mi fa arrabbiare è quando mollano facilmente durante una gara. Quando sento dire: «Vabbè oggi era una giornata no» e si fermano. Essendo giovani, spesso si aspettano grandi cose, e al primo segnale di difficoltà decidono di fermarsi. Non accetto questo atteggiamento. Voglio che finiscano le gare, anche se arrivano in ritardo, perché ogni corsa conclusa contribuisce al loro miglioramento. Insistere è importante.
Perché?
Perché è un’attitudine e perché passi dal fare gare più lunghe e questo ti serve per aumentare la resistenza, prendere confidenza con il chilometraggio. Ho visto ragazzi come Pellizzari o Pinarello fare progressi enormi in soli sei mesi, passando dal prendere distacchi significativi a essere competitivi con i migliori della categoria. Sulla distanza so che ci possono arrivare.
I pro’ invece parlano spesso anche di materiali, fanno confronti. Anche per i tuoi giovani è argomento di discussione?
Per fortuna, no. Anche perché abbiamo bici De Rosa, ruote e gruppi che soddisfano pienamente le esigenze dei ragazzi. Non ci sono lamentele e sono soddisfatti del materiale fornito. Questo ci permette di concentrarci su aspetti più importanti, come la preparazione e la tattica.
Si è corso il Giro del Friuli in tre tappe. Unica vittoria italiana (e maglia degli scalatori) per Matteo Zurlo. E la Bardiani ha corso per fare la gamba
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Stimoli, aspettative, incognite. Quando si cambia squadra bisogna tenere conto di tanti aspetti per non fare salti nel vuoto. Non l’ha fatto sicuramenteChiara Consonni quando ha detto di sì alla proposta della Canyon-Sram Zondacrypto aiutata anche da Soraya Paladin, che per lei è stata una perfetta “insider” cui chiedere consigli prima della firma (in apertura foto Saskia Dugon).
La trevigiana è nel team tedesco dal 2022 e si era ambientata subito, diventando la compagna di squadra ideale che tutte vorrebbero sia in gara che fuori. Zero polemiche e tanto lavoro prima per le altre e poi per sé. Così l’esperienza di Paladin è diventata preziosa anche per la velocista bergamasca ancor prima di vestire la stessa maglia. Abbiamo approfondito il discorso, guardando anche come cambierà la fisionomia della squadra.
Paladin è alla quarta stagione nella Canyon e la sua esperienza è stata preziosa nella scelta di Consonni (foto Pohlmann)Paladin è alla quarta stagione nella Canyon e la sua esperienza è stata preziosa nella scelta di Consonni (foto Pohlmann)
Soraya come sono iniziate le chiacchierate con Consonni?
Ne abbiamo parlato assieme alle prime voci di mercato. Era estate, eravamo durante il Giro Women. Avevo capito che a Chiara piaceva molto la nostra squadra, ma allo stesso tempo era preoccupata perché si sarebbe trovata in un ambiente nuovo dopo tanto tempo. In UAE c’era una buona parte del blocco Valcar in cui è cresciuta ed aveva sempre un punto di riferimento tra compagne o staff. Alla Canyon invece, a parte me non conosceva nessuno e temeva di trovarsi spaesata.
Cosa le hai detto?
L’ho tranquillizzata subito dicendole che l’avrei aiutata certamente ad inserirsi e che comunque si sarebbe inserita molto bene anche da sola. In quel periodo al Giro Women avevo sondato il terreno in squadra e tutte le compagne erano contente di un suo eventuale arrivo. Ricordo che più di tutto avevo detto a Chiara che uscire dalla propria comfort zone l’avrebbe aiutata a crescere tanto. E considerando che ha solo 25 anni, ne sono estremamente convinta.
Paladin è sicura, Consonni alla Canyon potrà crescere fuori dalla propria comfort zoneOro e bronzo. Consonni nella Canyon troverà l’altra velocista Van der Duin, battuta nella madison olimpicaPaladin è sicura, Consonni alla Canyon potrà crescere fuori dalla propria comfort zoneOro e bronzo. Consonni nella Canyon troverà l’altra velocista Van der Duin, battuta nella madison olimpicaChiara Consonni ha firmato un biennale con la Canyon//Sram zondacrypto (foto Pohlmann)
Alla fine tra i diesse è arrivato “Capo” Arzeni. Secondo te questo agevolerà ulteriormente Consonni nell’inserimento?
Quando ho parlato con Chiara all’inizio, non si sapeva ancora nulla dell’ingaggio di Arzeni. Certamente la sua presenza la farà stare meglio o più al sicuro rispetto alle sue aspettative iniziali. Però bisogna fare attenzione perché da noi ci sono delle gerarchie da rispettare e persone a cui rendere conto.
Di sicuro andate a rafforzare il reparto delle velociste, che era forse il vostro punto debole.
Assolutamente sì. Premetto però che non è che noi non fossimo soddisfatti delle nostre sprinter, è solo che alcune si erano adattate in volata o non avevano vinto quanto Chiara in carriera. Ad esempio avevamo già Maike Van der Duin che è giovane e sta crescendo bene. A Parigi ha conquistato il bronzo olimpico nella madison vinta propria da Chiara e Guazzini. Credo che questo risultato le abbia fatto capire le sue potenzialità. Secondo me Maike e Chiara possono imparare l’una dall’altra oltre che aiutarsi in corsa. Mi sento di dire che ora per le volate siamo ben coperte, abbiamo colmato un gap con la concorrenza.
Soraya Paladin ha fatto parte del team che ha conquistato il Tour Femmes con NiewiadomaSoraya Paladin ha fatto parte del team che ha conquistato il Tour Femmes con Niewiadoma
L’arrivo di una velocista significa anche organizzare un treno. Ne avete già parlato in squadra?
Ancora non in modo dettagliato, ma abbiamo già in mente quali potrebbero essere i ruoli. Una delle più contente dell’arrivo di Chiara è stata Chloé (Dygert, ndr), che si difende bene in volata e si è dovuta adattare, ma non è una velocista. Parlando con lei nel ritiro di dicembre in Algarve, mi ha detto si sentirebbe adatta a fare da leadout a Chiara, sfruttando anche le sue doti a cronometro.
E il compito di Soraya Paladin diventerebbe ancor più quello di regista?
Mi piace il ruolo che la squadra mi ha assegnato in questi anni. Quello di “equilibratrice” nell’economia della corsa. Nelle volate l’idea sarebbe quella di dirigere le operazioni fino ai 500 metri al massimo, poi spazio alle atlete che sono più esperte per quei frangenti. Anche a me è capitato di buttarmi in volata in certe corse, ma il caos degli ultimi metri non mi piace. Bisogna essere capaci di stare là in mezzo, altrimenti si combinano solo guai.
Di conseguenza per te potrebbero aprirsi situazioni diverse?
Certo, ora che abbiamo una velocista di alto livello come Chiara ed una in crescita come Maike, posso puntare ad azioni da lontano o anche attacchi nel finale. Così facendo loro possono restare coperte in gruppo e sfruttare le circostanze, mentre prima si doveva sempre fare di necessità virtù. Tuttavia in questo ciclismo femminile che sta cambiando tanto, è difficile trovare i propri spazi. Quindi prima di tutto vorrei che vincessimo tanto come squadra, poi eventualmente guarderò le mie occasioni.
Oltre a Consonni, alla Canyon è arrivata un’altra big come Cecilie Ludwig ad alzare il livello per le classiche (foto Pohlmann)Dopo il ritiro in Algarve, la Canyon andrà in Spagna per finalizzare la preparazione alle gare di fine gennaio (foto Pohlmann)Oltre a Consonni, alla Canyon è arrivata un’altra big come Cecilie Ludwig ad alzare il livello per le classiche (foto Pohlmann)Dopo il ritiro in Algarve, la Canyon andrà in Spagna per finalizzare la preparazione alle gare di fine gennaio (foto Pohlmann)
Quanto incide ora nella vostra squadra la presenza di una velocista come Consonni?
Ora siamo siamo più complete e più competitive. Speriamo di poter raccogliere più risultati possibili tra velociste e scalatrici. Prima erano sempre le seconde a farlo e a lunga andare può diventare stressante perché sono sempre chiamate a risolvere loro la situazione. Invece così pensiamo che anche i piazzamenti possano aiutarci a trovare poi le vittorie. Il successo al Tour Femmes con Kasia(Niewiadoma, ndr) ci ha dato più morale e consapevolezza. Adesso non solo vorremmo vincere più gare possibili, ma diventare una formazione di riferimento.
A proposito di questo, il mercato femminile mai come quest’anno è stato in fermento e sulla carta sembra esserci più equilibrio rispetto al passato. Cosa ne pensi?
In effetti il 2025 ha portato a tanti mescolamenti. Sarà strano ad inizio anno vedere in gruppo tutti questi cambiamenti. Alcuni team secondo me potrebbero metterci più del dovuto a carburare anche se hanno preso atlete forti. Noi della Canyon siamo andati in controtendenza perché siamo quasi rimaste le stesse. Oltre a Chiara, l’altra big che è arrivata è Ludwig che alza ulteriormente il nostro livello. Il nostro progetto dura da tanti anni. Era partito con giovani interessanti che ora sono delle realtà come Bradbury o Niedermaier. Sotto il punto di vista dell’amalgama di squadra, penso che noi potremmo partire avvantaggiate rispetto alle altre formazioni.
Il mercato femminile ha mescolato le carte portando equilibrio. La Canyon ha cambiato poco, ma in modo mirato (foto Pohlmann)Il mercato femminile ha mescolato le carte portando equilibrio. La Canyon ha cambiato poco, ma in modo mirato (foto Pohlmann)
Il tuo programma gare è già stato pianificato?
Sì, una parte, prima però dall’8 al 22 gennaio andremo in ritiro in Spagna. A differenza dei dieci giorni in Algarve dove abbiamo fatto distanza e fondo, in quelle due settimane faremo una preparazione specifica mirata alle prime corse. Io dovrei iniziare a correre a Mallorca a fine gennaio, poi UAE Tour, Omloop Nieuwsblad e tutto il calendario delle classiche tra quelle del Nord e le italiane. Insomma, manca poco al via del 2025.
Balsamo, Kool e Vos. Terzo sprint, solito podio degli altri. L'iridata in carica fa il bis al Giro Donne e intanto dietro c'è chi vuole inserirsi fra le tre
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Oldani è di buon umore e quando gli diciamo che la nuova maglia della Cofidis piacerà sicuramente ai tifosi della Roma, la guarda e sorride. I nuovi colori, con il giallo e il rosso, danno alla divisa un tocco vivace e sbarazzino. Quasi il segno di un nuovo inizio nelle forme e nella sostanza. L’arrivo di Mattia Michelusi e del suo staff fra i preparatori e l’adozione di nuove ruote e nuovi materiali ha rinfrescato l’approccio degli atleti e il cambio di marcia, per ora nell’attitudine, si percepisce chiaramente.
«Sono a casa fino a martedì- dice Oldani, che il 10 gennaio compirà 27 anni – poi martedì vado in ritiro a Denia con la squadra. L’inverno sta andando bene, tutto tranquillo. Quello che sta cambiando in squadra ci voleva proprio, sul fronte della prestazione e dei materiali. E’ quello che effettivamente fa la differenza nel ciclismo moderno. Secondo me l’anno scorso alcuni risultati sono dipesi anche da questo. Con Mattia per quello che ho potuto vedere finora, abbiamo un’altra marcia. Un’altra mentalità, un’altra voglia di fare».
La squadra francese ha scelto il velodromo di Roubaix per le foto di inizio anno, approfittandone per test su posizioni e materiali (foto Team Cofidis)La squadra francese ha scelto il velodromo di Roubaix per le foto di inizio anno, approfittandone per test su posizioni e materiali (foto Team Cofidis)La Cofidis ha scelto il velodromo di Roubaix per le foto di inizio anno, approfittandone per test su posizioni e materiali
Hai cambiato anche tu preparatore?
Non sono direttamente con Michelusi, ma con Luca Quinti, però con la coordinazione di Mattia. C’è un lavoro coeso di tutti i preparatori interni alla squadra. Mi sto trovando molto bene. Lavoriamo più in linea con le moderne metodologie, la squadra ha preso una decisione corretta.
Il tuo 2024 era partito con grandi attese, poi un infortunio e un continuo rincorrere…
E’ stato sicuramente un anno molto molto complicato, è inutile nasconderci. Sono stato molto sfortunato e penso che questo lo abbiano visto tutti. Cadute e una serie di vicissitudini che hanno portato a una stagione molto travagliata. Nel male sicuramente ho imparato qualcosa, perché non mi era mai successo di iniziare la stagione con una frattura, in questo caso dello scafoide.
Che cosa hai imparato?
A gestirla oppure come si sarebbe dovuta gestire. Non mi era mai successo e non ho avuto la freddezza, né io né chi mi era vicino, di prendere il tempo giusto. Avremmo dovuto capire che non saremmo riusciti a ripresentarci bene alla Tirreno, alla Sanremo e agli appuntamenti che ci eravamo dati. Io da corridore mi sono fatto prendere dalla voglia di fare: stavo già bene, ho avuto troppa fretta di rientrare. E alla fine l’ho pagata per metà stagione. Ho capito che l’importanza delle basi nella preparazione è fondamentale. Una cosa su cui mi sono concentrato molto quest’anno.
L’intervento sullo scafoide rotto da Oldani il 28 gennaio è stato eseguito dall’equipe del dottor Loris Pegoli L’intervento sullo scafoide rotto da Oldani il 28 gennaio è stato eseguito dall’equipe del dottor Loris Pegoli
In che modo rientrare troppo in fretta ti ha danneggiato?
Facevo un giorno molto bene, diciamo alle stelle, e i cinque successivi alle stalle. Diventava complicato far combaciare il momento giusto con le stelle, per cui per la maggior parte delle volte ero alle stalle (sorride, ndr). Ne soffrivo sia mentalmente sia fisicamente. Poi è stato tutto un rincorrere, aggiungere corse, continuare ad avere sfortune, ricadere, rincorrere di nuovo. Anche il Giro d’Italia non era programmato, si è inserito poco prima.
Non era nei programmi?
C’è entrato un mese prima, più o meno. Avrei voluto prepararlo, poi è stato aggiunto il Romandia e ci sono arrivato che ero già a mezzo e mezzo. In Svizzera ho preso freddo, sono arrivato alla partenza da Torino che non andavo. Mi sono ammalato, altre vicissitudini. Per fortuna dopo il Giro sono stato bravo. Non sono andato al Tour, ma sono riuscito a resettarmi mentalmente e fisicamente. Sono stato per tre settimane in altura, mi sono allenato molto bene e quando sono tornato, ho fatto un mese abbondante senza uscire dai primi 10. Sono ritornato lo Stefano di sempre.
La Cofidis ti aveva preso perché portassi risultati e punti: si riparte con gli stessi obiettivi?
Di sicuro le mie ambizioni non cambiano. Penso che con il supporto giusto del preparatore e i nuovi materiali, posso tornare a dimostrare di avere le qualità che servono. Forse sono un po’ diminuite le attese, ma va bene così. Sarà uno stimolo per dimostrare quello che valgo. Ho un bel programma, ne sono soddisfatto. L’unica corsa che non farò e un pochino mi dispiace è la Sanremo, ma bisogna ammettere che per un corridore come me è una corsa chiusa. Però farò Mallorca, Valencia, Laigueglia, Murcia, Almeria, la Tirreno, poi il Cataluyna. Tante corse con percorsi selettivi e la possibilità di arrivare a sprint ristretti.
Al Tour de l’Ain sono arrivati i migliori risultati di Oldani: 3° in classifica e maglia a punti (foto Instagram/Getty Images)Al Tour de l’Ain sono arrivati i migliori risultati di Oldani: 3° in classifica e maglia a punti (foto Instagram/Getty Images)
Hai parlato spesso di materiali, quello che salta agli occhi è che avete cambiato ruote e userete finalmente pneumatici tubeless…
Quando sono arrivato dalla Alpecin, ho cercato di portare la mia esperienza. Ma visti i risultati che avevo, mi sono rimboccato le maniche e ho pensato solo a pedalare. Quest’anno la prima cosa di cui si è parlato è stato proprio questa svolta tecnica e io sono super felice, perché usavo i tubeless già in Alpecin. Avremo le gomme Vittoria che ho usato anche alla Lotto e sono prodotti eccezionali, hanno un grip e una scorrevolezza notevoli che permetteranno di andare forte e risparmiare energie. Le ruote sono le Bora Campagnolo, che sono rigide, aerodinamiche e scorrevoli. Sono molto felice, l’abbiamo provata e la bici è svoltata completamente.
Il telaio resta lo stesso?
Sì, è sempre stato un bel telaio che forse non rendeva al meglio, mentre ora è molto più performante. Davvero una svolta.
Ben O’Connor, che ha trascorso quattro anni in una squadra francese ha raccontato di aver dovuto imparare per forza il francese: come procede il tuo inserimento in squadra?
Ho un bel rapporto con tutti e anche io sto imparando il francese. Non lo parlo fluentemente però mi faccio capire. Mi è capitato anche di intervenire bene durante il meeting. A livello tecnico, riesco a spiegarmi, quindi dinamiche di corsa e vari aspetti del ciclismo. Per il resto della conversazione sono un po’ impacciato perché ci sono parole che si usano un po’ meno, ma piano piano ci arrivo. La squadra sta diventando un po’ più internazionale, però anche Michelusi e lo staff performance ci spingono ad andare nella direzione del francese. Se proprio è necessario ci si sforza di usare l’inglese, ma se fai capire che vuoi imparare il francese, non ti dicono di no…
La Cofidis correrà ancora con telaio Look 975 Blade RS, ma equipaggiato con Campagnolo (foto Team Cofidis)La grossa novità, oltre alla trasmissione, sono le ruote Bora Ultra WTO, con tubeless Vittoria (foto Team Cofidis)La bici da crono è la 796 Monoblade RS, ugualmente con gruppo Super Record Wireless (foto Team Cofidis)La Cofidis correrà ancora con telaio Look 975 Blade RS, ma equipaggiato con Campagnolo (foto Team Cofidis)La grossa novità, oltre alla trasmissione, sono le ruote Bora Ultra WTO, con tubeless Vittoria (foto Team Cofidis)La bici da crono è la 796 Monoblade RS, ugualmente con gruppo Super Record Wireless (foto Team Cofidis)
I direttori sportivi parlano francese?
Alcuni anche inglese, alcuni solo francese. L’anno scorso ad esempio al Tour de l’Ain si parlava solo francese. Ero secondo in classifica generale e la comunicazione era importante e abbiamo faticato un po’. Però alla fine è andata bene, ci siamo arrangiati e le cose si dicevano. Quello che conta ora è fare una buona base, avere una buona preparazione e i materiali giusti. Adesso sta a me, lingua o non lingua. Voglio far vedere che Oldani sa ancora fare il suo mestiere.
Il test di un tubeless di alta gamma è anche una sorta di apertura verso la stagione delle competizioni, quando il piacere di gareggiare collima con il mettere alla prova gambe e materiali. Schwalbe Pro One è il tubeless da gara dell'azienda tedesca.
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Dopo un lungo periodo di silenzio Alessio Delle Vedove ha tolto il velo sulla stagione 2025. Il veneto di Mirano, che tra poco più di un mese compirà ventuno anni correrà nel devo team della XDS Astana Team. Messa alle spalle l’esperienza con la Intermarché-Wanty è ora di concentrarsi su questa nuova avventura. Le feste sono trascorse serenamente, in compagnia della fidanzata, tra Milano e la Valle d’Aosta. Nei prossimi giorni sarà tempo di chiudere nuovamente la valigia per partire alla volta del secondo ritiro stagionale.
«Sto andando in stazione a prendere il treno – ci racconta subito – tra poco sarò a casa. Durante queste vacanze ho pedalato, con calma e tranquillità. Nonostante fossi in posti di montagna non faceva nemmeno troppo freddo, si stava sui cinque o sei gradi».
Nella XDS Astana Development Team i ragazzi italiani sono sei sui sedici totaliNella XDS Astana Development Team i ragazzi italiani sono sei sui sedici totali
Il nuovo mondo
Un italiano nel devo team kazako, il sesto sui sedici ragazzi che ne vanno a comporre la rosa. Si fa presto a chiedere come sia stato per Delle Vedove, ragazzo italiano cresciuto negli ultimi due anni in Belgio, tornare a respirare aria di casa.
«Mi sono trovato subito bene – ci dice – è vero che il clima qui è familiare, disteso. La squadra mi piace molto, nel primo ritiro eravamo tutti insieme nella stessa struttura. Solo durante gli allenamenti eravamo divisi. Anche a tavola mi è capitato spesso di trovarmi seduto accanto a corridori del team WorldTour. Una cosa che in Intermarché difficilmente accadeva, la divisione era più netta. Cambiare lingua e passare dal belga all’italiano è bello. La comunicazione è più facile e diretta, anche dopo cena capita di restare a parlare e scherzare. Mentre in Intermarché si tornava subito in stanza».
Delle Vedove arriva nel team kazako dopo due anni con la formazione di sviluppo dell’Itermarché (Photo Gomez)Delle Vedove arriva nel team kazako dopo due anni con la formazione di sviluppo dell’Itermarché (Photo Gomez)
Conoscevi già qualcuno?
Negrente e Romele. Con loro ho corso spesso insieme da juniores. Nel ritiro di dicembre ero in stanza con Negrente. Ci siamo confrontati tanto, abbiamo parlato di molte cose. Arrivo in un momento in cui mi sento in vena di nuove esperienze e con tante motivazioni.
Quali sono gli stimoli che ti muovono?
In generale l’aria che si respira in squadra. E’ arrivato lo sponsor nuovo e si vede la qualità maggiore dei materiali e la cura dei dettagli. Sono stato un’ora e mezza a fare dei plantari e ho speso lo stesso tempo per sistemare la posizione in bici.
Il corridore veneto ha corso tanto nel Nord Europa (foto Flanders Tomorrow Tour)Il corridore veneto ha corso tanto nel Nord Europa (foto Flanders Tomorrow Tour)
Come arrivi in questo nuovo anno?
Il 2024 non è stato il migliore, ma ho imparato tanto. Non si scoprono cose nuove solo quando si vince, ma anche quando si perde. Vedo i miei valori aumentati e voglio partire da questa cosa.
Il contatto con Astana quando è avvenuto?
A luglio. Mi cercavano da un po’. Ne ho parlato con il mio procuratore e avevamo pensato che potesse essere una bella occasione. Poi anche in Intermarché mi sono trovato bene, non lo posso negare. Ma la scelta è arrivata per il gusto di provare e vedere qualcosa di nuovo.
Delle Vedove vorrebbe tornare in Belgio per correre le classiche U23 da protagonistaDelle Vedove vorrebbe tornare in Belgio per correre le classiche U23 da protagonista
Per questo hai corso poco nella seconda metà della scorsa stagione?
Può essere. Ho terminato le gare a settembre, non l’ho scelto io però me ne sono fatto una ragione. Nonostante non corressi più ho comunque continuato ad allenarmi fino al 20 ottobre, concentrandomi su di me. Grazie al preparatore ho messo insieme un bel blocco di lavoro e sento che ha dato i suoi frutti.
Come ti senti in vista del 2025?
Più maturo, sento di stare facendo i passi giusti sia in gara che fuori. In vista della stagione sono fiducioso, correrò subito con i professionisti in Spagna, poi forse all’AlUla Tour. Al di là di tutto tornerò a correre in Italia, mi era mancato. Mi piacerebbe correre il Giro Next Gen, ma vedremo come andrà la selezione.
Che aria si respira in squadra, vista anche la classifica UCI?
Un po’ si capisce che ci sono dei pensieri a riguardo, d’altro canto siamo in un momento in cui vedo tutti concentrati per fare le cose al meglio.
Nel suo primo anno da U23 ha vinto tre corse, tutte nel Nord Europa (foto DirectVelo)Nel suo primo anno da U23 ha vinto tre corse, tutte nel Nord Europa (foto DirectVelo)
A livello atletico c’è stato qualche cambiamento?
In bici no. I lavori e gli allenamenti che si fanno sono sempre gli stessi, non ho visto cambiamenti nemmeno sull’intensità. La cosa diversa è la cura della palestra, dove sto facendo più ripetute sulla parte alta. Infatti fisicamente mi sento meglio, più definito. Anche nella pedalata mi sento più stabile, con più forza nella parte della schiena.
Prossimi appuntamenti?
Tra poco partiremo per il secondo ritiro, sempre in Spagna. Non vedo l’ora, anche perché poi inizieremo a correre!
La prima volta che parlammo con Tommaso Lupi, CT della nazionale di BMX, fu a febbraio 2021 nel velodromo di Montichiari. Dato che i giganti mondiali della velocità hanno trascorsi nella BMX, si era pensato di prendere le misure ai nostri azzurri. Alla fine infatti Matteo Tugnolo saltò il fosso e passò alla pista, conquistando il Team Sprint agli europei di Anadia del 2023. Erano anche i giorni della rincorsa alle Olimpiadi di Tokyo, cui l’Italia arrivò grazie al crescendo di Manuel Fantoni.
Oggi, dopo aver guidato la nazionale anche alle Olimpiadi di Parigi, Tommaso Lupi ha deciso di dare le dimissioni (in apertura foto @navadanet). Una scelta personale e non di rottura, come egli stesso tiene a precisare. Tuttavia lo abbiamo sentito per capirne le ragioni.
Il risultato di Bertagnoli alle Olimpiadi di Parigi è storico per l’Italia: finale mancata di un soffioIl risultato di Bertagnoli alle Olimpiadi di Parigi è storico per l’Italia: finale mancata di un soffio
Iniziamo da un bilancio della tua gestione?
Per il mio carattere è positivo, ma non come volevo. Abbiamo fatto tante cose, vissuto una bella crescita, ricostruito la struttura di lavoro e di questo sono molto contento. Nel 2017-2018 ero collaboratore tecnico del CT Francesco Gargaglia. Avevo un mio team privato, con solo due atleti, totalmente supportati da noi. Il team viveva di sponsorizzazioni come le realtà più grandi. Tutto nasceva dalla mia grande passione per MotoGP e la Formula 1. Mi dissi: perché non proviamo a portare qualcosa di simile nel BMX italiano?
La nazionale quando arriva?
Dopo la formazione federale del 2017 e 2018, fondamentale per capire come funzioni la macchina, nei primissimi giorni del 2019 mi hanno chiesto di prendere in mano il settore. Da un lato ero preoccupato della responsabilità, dall’altro piacevolmente sorpreso dalla fiducia. La prima riunione si è fatta a Verona. Abbiamo presentato il progetto che in parte era già stato impostato dal CT precedente. Da quello siamo partiti e abbiamo costruito la stagione partendo dai training camp invernali.
Se non ci fosse stato il Covid e le Olimpiadi si fossero fatte nel 2020, avresti avuto un anno e mezzo per prepararle?
Ricordo di aver perso qualche chilo. Ero più giovane e inesperto, in un mondo dove l’età media era molto più alta. Un conto era fare il collaboratore, ben altro decidere, muoversi tra gli uffici, le autorizzazioni, le richieste e ovviamente seguire il budget. La pressione cresce, ma è stata una scuola sul campo, come piace a me. Una gestione in cui ti devi scontrare con mentalità differente dalla tua, renderti conto che una decisione deve passare per dieci uffici differenti. Non ti puoi aspettare le tempistiche di un team privato, devi adattarti e muoverti con mesi di anticipo.
Febbraio 2021, il gruppo della BMX a Montichiari provando le discipline veloci della pistaFebbraio 2021, il gruppo della BMX a Montichiari provando le discipline veloci della pista
Che cosa rimane del progetto BMX/velocità?
Si è arenato, credo che in pochissimi ci abbiano creduto. Non è stato percepito come qualcosa di interessante, io al contrario sono spesso in pista perché continuo a crederci. Probabilmente ad alcuni non piaceva, ci può stare che un atleta sia indirizzato esclusivamente sulla BMX o su altre discipline. Sarà una coincidenza, però all’estero vedo diversi atleti che in questo inverno post Olimpiadi si stanno approcciando al velodromo. Qui non ha preso piede come pensavo. Quando ci vedemmo la prima volta in velodromo, c’era ancora un bel gruppo. Ero io che convocavo, quello era il progetto: dentro o fuori.
Detta così non suona benissimo…
Ovviamente non abbiamo obbligato nessuno. Se uno aveva i propri programmi e non ci credeva, okay. Ma chi iniziava, avrebbe dovuto seguire i vari step. Ecco perché avevamo ipotizzato una tipologia di allenamento in base ai giorni della settimana e ai programmi personali. Quando poi Ivan Quaranta ha avuto la delega, abbiamo alzato il ritmo. All’inizio mi ero rapportato con Villa, che però chiaramente aveva un focus quasi totale sull’endurance. Con Quaranta e la collaborazione con Bragato, siamo riusciti a impostare un’idea di lavoro e poi l’operatività.
Il primo ciclo olimpico è durato un anno e mezzo, il secondo tre: si poteva fare diversamente oppure è andato tutto come doveva andare?
Il 2019-2021 con il Covid di mezzo è stato veramente una corsa contro il tempo. C’era da prendere in mano un progetto avviato, una squadra da bilanciare fra atleti molto esperti e altri che erano appena entrati. A livello di punteggio i veterani hanno combattuto sino alla fine, quando grazie a Fantoni e le due finali di Coppa del mondo a Bogotà abbiamo confermato la qualifica per Tokyo. In quel biennio siamo andati a cercare punti anche a una singola gara C1 in Thailandia. Abbiamo grattato tutto quello che si poteva, è stato un periodo tosto, ma anche elettrizzante. Forse sono stati fatti degli errori di valutazione, magari era meglio puntare su altre tipologie di gare e rinunciare a una World Cup, che però ha punti più pesanti. Ci abbiamo sempre creduto e rientrando dalla Colombia avevamo addosso la sensazione di esserci qualificati.
Dopo le ottime prove in Colombia, Fantoni conquistò un posto per TokyoDopo le ottime prove in Colombia, Fantoni conquistò un posto per Tokyo
Sono stati cinque anni di risultati in crescendo?
Già nel 2020 abbiamo cominciato a fare podi e vittorie in Coppa Europa con gli juniores e podi sfiorati con gli elite, dove comunque abbiamo sempre faticato di più perché è la top class. Risultati arrivati anche grazie alla collaborazione con il Team Performance di Bragato. Ricordo un giorno d’estate che ci sedemmo su una panchina a Padova e gli chiesi di fare una fotografia scientifica di questo modello di prestazione, perché partendo da quello, avremmo potuto dare una linea di lavoro. Gli atleti hanno sempre avuto libertà di lavorare con i propri preparatori, ma l’idea era almeno di dare un’impronta. Credo che questa collaborazione abbia portato i suoi frutti. Per esempio con Tugnolo, che per noi era un top rider giovane, che ha dato il suo contributo anche per i risultati della pista.
Poi ci sono state le prestazioni di Fantoni che hanno aperto la porta ai più giovani…
Due settimane dopo Tokyo eravamo già a Papendal e abbiamo vinto il mondiale juniores con Radaelli negli juniores, con Tugnolo al quarto posto, ma poteva essere tranquillamente un podio. Nel 2022 abbiamo preso un bronzo juniores con Fendoni agli europei di Dessel, nello stesso posto dell’argento di Gargaglia, Sciortino e Fantoni del Team Time Trial. Poi mi piace anche sottolineare le prove di Francesca Cingolani fra le U23, atleta argentina con passaporto italiano che abbiamo accolto in maglia azzurra. Ci è sfuggita di un soffio la qualifica olimpica, ma lei ha continuato a fare podi nelle World Cup. E poi è venuto il bronzo di Frizzarin ai mondiali di Glasgow 2023. Tra l’altro mi ricordo la scena…
Quale scena?
C’erano anche Dagnoni, Amadio e il segretario generale. Le tribune erano sulla linea di arrivo e si sono visti il colpo di reni al fotofinish con cui Frizzarin ha preso il bronzo. Quel giorno era passato a salutarci anche Ganna e si era messo sui rulli a pedalare con la BMX. Nel 2024, abbiamo avuto una semifinale nella World Cup Elite in Nuova Zelanda, quindi le prestazioni di Martti Sciortino, attuale campione italiano e riserva olimpica a Parigi. Un altro argento del Team Time Trial elite a Verona con Gargaglia, Sciortino e Fantoni. E poi ovviamente la ciliegina delle Olimpiadi di Parigi.
Agli europei di Verona del 2024, argento azzurro nel Team Relay con Fantoni, Sciortino e Bertagnoli (foto Matteo Gerolimon)Agli europei di Verona del 2024, argento azzurro nel Team Relay con Fantoni, Sciortino e Bertagnoli (foto Matteo Gerolimon)
Un gran risultato?
Il migliore di sempre per il BMX italiano. Un nono posto e la finale olimpica sfiorata per soli due punti da Pietro Bertagnoli, che arrivava da un percorso di grandi infortuni, ma non ha mai mollato. Ha sempre investito anche privatamente per rientrare in squadra e ha chiuso il 2024 con un’Olimpiade che ci ha fatto veramente sognare.
Allora perdona: perché dimettersi e non pensare a Los Angeles?
Ho bisogno di stimoli e la certezza di portare avanti i miei progetti. Non pretendo di fare tutto come voglio, perché nel mondo del lavoro non è così. Però ho bisogno della grinta che mi fa svegliare la mattina sapendo di avere i miei programmi ed essere tranquillo nel lungo termine come posizione lavorativa. Purtroppo sono mancate entrambe le cose. Ho tante idee, sto sviluppando nuovi progetti in ambito sportivo, come consulenza, supporto e organizzazione. Un ruolo che, pur non avendo nessuna esclusiva con la Federazione, non avrei potuto portare avanti.
Perché?
Un po’ per etica professionale e per il tempo che non avrei avuto. Accettando di fare il cittì, ho tagliato le mie collaborazioni private del 90 per cento. Quando vesti quella maglia, è importante non avere alcun tipo di condizionamento. Non sarebbe stato rispettoso nei confronti dei ragazzi continuare con meno energia. E’ importante essere al 100 per cento del focus, della lucidità, dell’energia. E poi non nascondo che a livello anche di posizione lavorativa avrei voluto qualcosa in più.
Francesca Cingolani ha mancato la qualifica olimpica davvero per poco (@navadanet)Francesca Cingolani ha mancato la qualifica olimpica davvero per poco (@navadanet)
La BMX ti è parsa un settore tenuto in considerazione?
Con la gestione attuale, è stata rivista e rinforzata. C’è stata una maggiore esposizione. Il presidente è venuto con me di fronte a istituzioni o politici di vari Comuni per provare a sviluppare dei progetti. Purtroppo sappiamo che quando lavori con le Istituzioni, non c’è niente di facile. Il mio obiettivo era anche quello di sviluppare degli impianti in Italia. Siamo arrivati molto vicini ad averne uno in Veneto e uno in Toscana, però purtroppo non abbiamo concluso per volontà non nostre. Ovviamente nei miei sogni ci sarebbe una Federazione che investa nella BMX anche sul territorio, a livello di tesseramento e promozione, non solo sulle nazionali. Anche perché in tanto parlare di sicurezza, la BMX e la pista sono fra i pochi posti davvero sicuri.
E’ stato fatto un tentativo di tenerti?
Io ero abbastanza deciso, dico la verità, però nel mondo del lavoro è giusto sedersi a tavolino e parlarne. A Dagnoni ho detto che, a prescindere dalle mie dimissioni da cittì, sono disponibile per altri ruoli in Federazione. Non mi tiro indietro, se ci sono le condizioni parliamone. E nel frattempo vorrei essere libero di muovermi. Sto ricostruendo un gruppo di lavoro privato per quanto riguarda la preparazione, non solo BMX ma anche pista e qualcosa di ciclismo. Sto facendo diversi meeting per consulenze sportive anche all’estero. Vedo un futuro di grande lavoro, come piace a me nel mondo dello sport o nel mondo corporate. Ho parlato per consulenze con persone che hanno aziende di tutt’altro settore, ma per scaramanzia altro non dico. Ma la BMX sarà sempre parte di me.
Incontro a Calpe con Manlio Moro, appena passato al Movistar Team. Fra gli obiettivi 2024, la strada e le Olimpiadi su pista. Come si fa per conciliarli?
Con l’inizio del nuovo anno, i roster delle squadre sono ormai definitivi e gli atleti che mostrano le nuove divise sui social stanno accendendo ulteriormente l’interesse. E’ quindi già un primo momento della stagione per tracciare un bilancio: quello del ciclomercato.
Per comprendere meglio gli equilibri attuali e futuri del panorama ciclistico, abbiamo chiesto un parere all’ex campione del mondo Alessandro Ballan. L’iridato di Varese 2008 ha passato al setaccio le operazioni di mercato delle principali squadre, evidenziando rinforzi strategici, partenze illustri e l’impatto generale di queste mosse (tutte le foto dell’articolo provengono dai rispettivi team).
Simon Yates è passato alla concorrenza, rispetto al fratello Adam, che corre invece per la UAE EmiratesSimon Yates è passato alla concorrenza, rispetto al fratello Adam, che corre invece per la UAE Emirates
Alessandro, partiamo dalle squadre grandi. Senza dubbio la UAE Emirates aveva poco da rinforzarsi, eppure in qualche modo c’è riuscita. Ha preso Torres, che era già suo, e Narvaez dalla Ineos-Grenadiers…
Sì, però ha perso Hirschi(nella foto di apertura, ndr). Lo svizzera era una bella pedina, importante. Hirschi è uno di quei corridori che non hanno ancora potuto fare una stagione a pieno regime, complici i problemi fisici e la presenza ingombrante di Pogacar. Da un lato la UAE si rinforza con giovani molto interessanti, ma dall’altro perde un corridore pronto e di grande valore. Hirschi per me è stato uno dei movimenti più importanti del ciclomercato, anche perché il Tudor Pro Cycling Team, con lui e Julian Alaphilippe, si è notevolmente rinforzato.
La Tudor, quindi, si sta strutturando per un ruolo da protagonista?
Esatto, sta crescendo bene. Sono sempre più pronti per fare un grande salto.
Parlando di Hirschi, per esempio, Piva sosteneva che, per la Sanremo, a Pogacar servirebbe una seconda punta vera, un capitano alternativo che potrebbe vincerla. Forse Hirschi rappresentava proprio quel profilo…
Può starci, anche se avere due galli nello stesso pollaio non è mai facile. Poi è anche vero che in UAE Emirates sono tutti galli! Ma con Pogacar è così, lui la fa da padrone e può creare gerarchie.
Passiamo alla Visma-Lease a Bike. La squadra ha puntato molto sulla costanza dei suoi uomini e hanno aggiunto Simon Yates. Basterà per ridurre il gap con la UAE?
Diciamo che l’anno scorso, il 2024, è stato un po’ di transizione per loro, soprattutto dopo aver perso Roglic, una pedina fondamentale per i grandi Giri. Con Simon Yates, la Visma si rinforza, ma non torna ai livelli di due anni fa. Al netto della Vuelta 2018, Yates non ha mai brillato sulle tre settimane negli ultimi anni, quindi lo vedo più come uomo per le corse a tappe di una settimana e gregario di lusso per Vingegaard nei grandi Giri.
Tratnik dalla Visma alla Red Bull: un colpo poco pubblicizzato ma di grande sostanza in favore di RoglicTratnik dalla Visma alla Red Bull: un colpo poco pubblicizzato ma di grande sostanza in favore di Roglic
Quindi tra UAE e Visma chi è stata più brava in questa sessione di ciclomercato?
Direi pari. La UAE ha preso giovani interessanti ma ha perso Hirschi, mentre la Visma ha aggiunto Yates. Sono operazioni che si compensano.
Tra le big, la Red Bull-Bora ha cambiato parecchio. Come valuti questa trasformazione?
La Red Bull-Bora si è spostata da una struttura incentrata quasi del tutto sui grandi Giri verso un approccio che guarda anche alle classiche con Moscon, Van Gils, Pithie, Lazkano…. Resta comunque una squadra formidabile, una delle top cinque. Giulio Pellizzari è un acquisto interessante per completare la squadra intorno a Roglic, che tra l’altro si è ripreso il suo amico e ottimo corridore Tratnik. Sarà importante vedere come si muoveranno nei programmi stagionali, specialmente se come hanno detto cercheranno di adattarsi ai piani della UAE e di Pogacar (cercare anche corse che non farà Tadej, ndr).
E le altre squadre?
Non ho visto passaggi così importanti da cambiare gli equilibri a dire il vero. Molti scambi, tanti giovani, ma la base per me resta quella.
Sembrava impossibile che Lutsenko lasciasse l’Astana. Sarà curioso vederlo lontanodalla sua “comfort zone” che era appunto il vecchio teamSembrava impossibile che Lutsenko lasciasse l’Astana. Sarà curioso vederlo lontano dalla sua “comfort zone” che era appunto il vecchio team
Passando alle professional, almeno le più grandi, alcune squadre stanno crescendo in modo significativo. Tu stesso hai parlato della Tudor. La Q36.5 ha ingaggiato Pidcock. La Israel si è mossa bene…
Israel-Premier Tech ha costruito una squadra solida con un livello medio molto alto, anche se manca un campione assoluto. Hanno preso Lutsenko, Hirt e si sono ritrovati molti giovani dal devo team: uno su tutti Blackmore, vincitore del Tour de l’Avenir. In più hanno Gee, Fuglsang, Woods, Strong… Queste mosse riducono il gap con le WorldTour. E poi possono gestire il loro calendario. A tal proposito mi chiedo se convenga essere nel WorldTour.
E qual è la risposta?
Oggi, molte squadre trovano più vantaggi nello status di professional. Possono scegliere le gare e risparmiare risorse, pur avendo ottimi corridori. Per esempio, squadre come Cofidis devono affrontare costi elevati per rispettare gli obblighi del WorldTour, mentre una professional può gestire tutto con maggiore flessibilità. Ha meno vincoli, anche sul numero dei corridori. Io ricordo il primo anno alla Bmc. Con Evans, me, Hincapie, Van Avermaet, Kristoff: avevamo la certezza di fare le grandi classiche e i grandi Giri, ma al tempo stesso più libertà. Quel team funzionò molto bene quell’anno (era il 2010, ndr). Loro sono state le più attive sul mercato.
Con 21,9 anni di età media, la VF Group-Bardiani è la squadra più giovane tra WT e professionalCon 21,9 anni di età media, la VF Group-Bardiani è la squadra più giovane tra WT e professional
Chi è in ballo tra WT e professional è l’Astana-Qazaqstan che infatti ha operato una vera e propria rivoluzione: 14 corridori via e 14 corridori arrivati. Come valuti la loro situazione?
Hanno cambiato molto, ma vengono da una stagione deludente. L’ingresso dello sponsor cinese potrebbe portare stabilità, ma hanno perso pedine importanti come Lutsenko e Cavendish. Senza la vittoria di Cav al Tour quest’anno avrebbero fatto davvero pochissimo. Sono corridori buoni, anche Ulissi ti dà garanzia di un certo numero di punti e alcuni tipi di vittorie, ma l’unico su cui puntare davvero, l’unico che potrebbe spostare gli equilibri è Bettiol… sperando che abbia un anno di grazia.
Chiudiamo con le tre italiane: VF Group-Bardiani, Polti-VisitMalta e Vini Fantini, per loro un mercato davvero più piccolo. Ce la faranno?
Reverberi punta sui giovani e ormai cerca di costruirseli in casa, come il Giulio Pellizzari che abbiamo visto all’ultimo Giro d’Italia per esempio, cerca talenti da lanciare. Anche Polti e Vini Fantini faticano a causa di budget ridotti. In generale, quello delle italiane è un mercato che si appoggia sui giovani, o qualche corridore di esperienza, ma non possono fare molto altro.
Lo vediamo…
Il vero problema in Italia è la crisi delle categorie giovanili. La chiusura di squadre storiche dilettantistiche come la Zalf dovrebbe far riflettere. Servirebbe un altro sistema anche fiscale. E forse si avrebbe anche una WorldTour: magari una squadra italiana di prima fascia su 30 corridori ne avrebbe 15 italiani. Quindici corridori italiani di spessore.
Era stata molto chiara, Giorgia Bronzini, nel tracciare il profilo di Carlotta Cipressi come nuovo acquisto per la Human Powered Health. Per la forlivese significa approdare al circuito maggiore per una strada diversa da quella preventivata, dopo due anni al devo team della Uae. Un cambiamento di rotta che non l’ha particolarmente scossa, anzi. Troppo l’entusiasmo per il salto di categoria che per molti versi chiude un 2024 con poche luci e molte ombre.
La romagnola (prima a sinistra) durante il primo ritiro con la nuova squadra (foto Instagram)La romagnola (prima a sinistra) durante il primo ritiro con la nuova squadra (foto Instagram)
«Ho pagato dazio all’inverno, a una preparazione stoppata per problemi fisici. Ho iniziato a gennaio molto lentamente affrontando settimane che sono state davvero dure. La prima corsa è arrivata solamente a fine aprile. Alla fine ho messo insieme 24 giorni di gare, davvero troppo pochi e mai affrontati con la piena consapevolezza di me, delle mie forze. La prima corsa ero esausta, con pochi chilometri nelle gambe. Ho anche cambiato in corsa calendario di gare, cosa mai semplice».
Quindi dai un giudizio negativo alla tua stagione…
Non del tutto perché alla mia età i risultati non sono tutto. E’ stato anzi un anno molto utile, sono cresciuta sia dal punto di vista personale che come valori numerici, come prestazioni nella seconda parte dell’anno. Devo dire grazie al team, nel primo anno è stato un vero apprendistato, nel secondo però ho avuto occasioni per correre contro squadre del WorldTour e questo mi ha permesso di crescere.
La forlivese ha buone prestazioni anche contro il tempo. Il team punta su di lei per le brevi corse a tappaLa forlivese ha buone prestazioni anche contro il tempo. Il team punta su di lei per le brevi corse a tappa
Ora di quel WorldTour ne fai parte integrante…
Sì e per certi versi cambia tutto. Può sembrare strano dirlo venendo da un devo team ma è così. Ho già avuto modo di tastare il terreno nella nuova realtà, è come avere una grande azienda alle tue spalle, che fa di tutto per farti rendere al meglio. Entri in un’ottica diversa, vedi tante persone che lavorano per lo stesso obiettivo. E’ uno step di crescita ulteriore, molto importante.
Quanto ha influito nella scelta di cambiare direzione il fatto che alla Human trovi la Bronzini?
Direi che è stato fondamentale. Ci conosciamo da tempo, è una persona preziosa, ha tanta esperienza in bici e fuori perché ha vissuto appieno questo ambiente. La prima cosa che mi ha detto è stata di mettermi subito a lavorare perché vuole vedermi all’opera già nelle prove spagnole d’inizio anno e per me è stato un grandissimo stimolo proprio considerando com’è andata la stagione scorsa. Io ho dato, a lei come a tutto il team, la mia piena disponibilità per lavorare per la squadra.
Ben dotata in salita, la Cipressi ha chiuso due anni all’Uae Development Team utili per apprendereBen dotata in salita, la Cipressi ha chiuso due anni all’Uae Development Team utili per apprendere
D’altronde guardando il roster sei la più giovane…
Sì, già nel primo ritiro ero un po’ la “piccoletta” del gruppo. Avevamo già avuto un primo incontro a Boston dove abbiamo conosciuto i vertici del team, abbiamo avuto una prima infarinatura di quel che ci attende. Per me non è proprio una novità, anche alla Uae ero vista come la più piccola, ma io non voglio che questo diventi un cliché, voglio essere vista e giudicata per quel che faccio in gara a prescindere dall’età.
Per te è comunque un cambiamento, stando al devo team della Uae era presumibile che avresti continuato la tua strada lì. Ci sei rimasta male?
Non voglio guardare al passato. Mi porto via il meglio di questo biennio, sfortunato per certi versi soprattutto nella seconda stagione. Ora voglio concentrarmi sulla nuova avventura, il primo anno sarà fondamentale per scoprirci, voglio far capire al team che atleta ha davanti, per questo mi sono gettata sul lavoro con grande entusiasmo, pianificando subito ogni cosa.
Pur in una stagione difficile, la romagnola ha corso gli europei, sia a cronometro che su stradaPur in una stagione difficile, la romagnola ha corso gli europei, sia a cronometro che su strada
Sei un po’ spaventata dall’approccio con il grande mondo?
Gasata più che spaventata. Il mio obiettivo, non lo nascondo, è guadagnarmi la selezione per un grande giro e andare lì non per partecipare e basta, ma essere nelle condizioni di essere utile alla squadra e, perché no, tirar fuori anche soddisfazioni personali. Per farlo però dovrò essere al massimo della forma e questa prospettiva mi carica tantissimo. Sono animata da grande fiducia.
E’ pur vero però che finora il tuo curriculum latita a livello di vittorie ad alto livello. E’ arrivato il momento di segnare questa casella?
Io lo spero, d’altronde la vittoria è quella che tutti cercano. Tutte vogliamo il massimo risultato, ma io sono convinta che le cose arrivano quando sono mature. Un successo è come un puzzle nel quale tutte le tessere sono andate al loro posto, io sto lavorando per completarlo e sono convinta che ci riuscirò quanto prima.
Cipressi si era messa in bella evidenza alla prima tappa della Vuelta AndaluciaCipressi si era messa in bella evidenza alla prima tappa della Vuelta Andalucia
Guardiamo però un attimo indietro, c’è una gara che salveresti dall’ultima stagione?
Direi la prima tappa della Vuelta Andalucia, era durissima, tutta salita con arrivo ad Alcalà del Valle. Quel giorno ho chiuso al 10° posto, ma se guardate l’ordine di arrivo, dietro mi sono rimaste fior di campionesse. Era la mia quarta corsa stagionale e mi ero rinfrancata, considerando ad esempio che avevo corso su una bici che avevo testato solo per un’ora, ma io sono una che va molto a sensazione. Pedalando trovo subito il feeling giusto, spero sia così anche quest’anno.
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Il primo anno di Davide Formolo al Team Movistar era partito con tante speranze, arrivate inizialmente con le vittorie di fine 2023 e poi rinforzate dai risultati raccolti nei primi mesi del 2024. Il corridore veneto era tornato alla vittoria, quando ancora indossava la maglia del UAE Team Emirates. Nelle uscite in maglia Movistar dello scorso febbraio, Davide sembrava voler riannodare il filo e continuare sulla falsariga dell’anno precedente. Invece, dopo aver raccolto dei buoni piazzamenti prima all’AlUla Tour e poi alla Strade Bianche, qualcosa si è inceppato.
Formolo aveva iniziato il 2024 con la solita fame agonisticaFormolo aveva iniziato il 2024 con la solita fame agonistica
Mancanza di equilibrio
Ora con alle spalle il suo secondo inverno dai sapori spagnoli è alle prese con i ritocchi della preparazione (in apertura con la nuova divisa per il 2025). Prima però c’è stato il tempo per andare a festeggiare l’inizio del nuovo anno nel suo Veneto, insieme ad amici e parenti.
«Inizio il 2025 – racconta dalla macchina – con la voglia di fare che mi ha sempre contraddistinto, vedremo poi dove atterreremo. Il primo anno con la Movistar era partito bene, poi per diverse motivazioni non sono riuscito a recuperare nel migliore dei modi e tra la primavera e l’estate ho sofferto un po’. Nei mesi tra aprile e agosto cercavo di risollevarmi tra una gara e l’altra, invece ho scavato una fossa dalla quale sono uscito solamente a fine stagione. Mi sentivo stanco e non trovavo il modo di recuperare tra una corsa e l’altra. Al posto che migliorare e veder crescere la condizione peggioravo e basta».
Uno dei migliori risultati di stagione è arrivato alla Strade Bianche: settimoUno dei migliori risultati di stagione è arrivato alla Strade Bianche: settimo
Come ne sei uscito?
Al termine del Tour de France mi sono fermato un attimo e ho recuperato ben bene. Infatti poi negli ultimi mesi di gara sono tornato a sentirmi me stesso. I mesi centrali però sono stati abbastanza tosti da vivere.
Eppure eri arrivato alla Movistar dopo un ottimo finale di 2023 e anche l’inizio del 2024 faceva ben sperare.
Anche io pensavo di poter continuare sullo stesso filone, sarebbe stato bellissimo. Anzi, per un certo senso le prime gare con la Movistar mi hanno un po’ ingannato.
In che senso?
Solitamente sono uno che quando cambia squadra ci mette del tempo a ingranare. Sapevo che l’inizio dello scorso anno sarebbe potuto essere tosto, invece sono partito bene. Ogni volta che si cambia squadra comunque si va incontro a un periodo di adattamento, almeno per me è così. Vero che si va sempre in bici, ma cambiano tante cose: l’organizzazione dei viaggi, come si corre, l’approccio alle gare…
Le fatiche della primavera si sono fatte sentire e dopo il Tour de France è arrivato un periodo di riposoLe fatiche della primavera si sono fatte sentire e dopo il Tour de France è arrivato un periodo di riposo
Che hai trovato di diverso in Movistar rispetto alla UAE Emirates?
Per certi versi sono abbastanza simili, anche se con la Movistar ho maggiore libertà. Cosa alla quale non ero totalmente abituato. Ho capito che un carattere come il mio deve essere guidato bene. In UAE nulla era lasciato al caso, mentre qui il corridore è più libero. Tante piccole cose interne al team che però vanno capite e si deve imparare a gestire. D’altronde in questo sport non si smette mai di imparare.
Cosa intendi quando dici che un carattere come il tuo deve essere guidato?
Sono una persona molto emotiva, è un lato che ho sia in bici che nella vita di tutti i giorni. Nell’attività sportiva però questa mia indole deve essere un po’ frenata, al fine di rendere meglio. Magari a livello personale soffro un pochino di più, ma la resa in corsa è maggiore. Averlo capito è un bel passo in avanti.
Nel 2025 Formolo vuole vivere tutto con maggiore serenità, questo vuol dire anche dare il giusto spazio alla famigliaNel 2025 Formolo vuole vivere tutto con maggiore serenità, questo vuol dire anche dare il giusto spazio alla famiglia
Spiegaci meglio…
Quando le cose vanno male tendo a frustrami e a cercare di uscire sbattendo la testa. Invece a volte serve fermarsi e prendere fiato. Come nel periodo tra la primavera e l’estate. Alla fine lo stop a fine luglio mi è servito per riordinare le idee e trovare nuovamente un equilibrio. Avrei potuto farlo prima, ma si impara dai propri errori, a qualsiasi età.
In vista del 2025 cambierai qualcosa?
Punterò più sulla prima parte di stagione, che culminerà con il Giro d’Italia. Dei tre Grandi Giri è quello dove mi sento sempre meglio, per un discorso di clima. Sono un corridore che soffre molto il caldo, quindi insieme al team abbiamo deciso di lavorare bene sulla primavera. In estate mi fermerò per recuperare al meglio e poi farò il finale di stagione.
La seconda stagione in maglia Movistar, per il veneto, inizierà con le corse in Spagna (foto Instagram)La seconda stagione in maglia Movistar, per il veneto, inizierà con le corse in Spagna (foto Instagram)
Il calendario, quindi, lo conosci già?
Partirò in Spagna con il Gran Premio Castellon e poi la Clasica de la Comunitat Valenciana. Dopo queste due gare mi sposterò a Maiorca per correre altri due giorni. Da lì Strade Bianche e Tirreno-Adriatico. Voglio arrivare in forma alle gare in Francia di febbraio. Quest’anno vorrei testarmi maggiormente sulle corse di un giorno, sono appuntamenti importanti per la squadra perché danno tanti punti.
Insomma, l’obiettivo di questa stagione è fare i giusti passi?
Esatto. Non voglio esasperare fisico e mente. Anche dal punto di vista del peso sento di voler trovare il giusto equilibrio tra performance e ciò che serve per stare bene.
Il Gran Camiño ha mostrato un Piganzoli forte in salita e ancora più brillante a crono. Parliamo con coach De Maria e facciamo il punto sul valtellinese
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