Australia, ultimi appunti di viaggio. Parla Dagnoni

29.09.2022
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Prima di ripartire dall’Australia e dopo il clamore delle settimane precedenti, con il presidente federale Dagnoni abbiamo affrontato una serie di riflessioni sulla spedizione azzurra. E se da un lato era impossibile fare finta di niente, la sensazione è che lo tsunami delle provvigioni irlandesi si sia ritirato, avendo prodotto danni di immagine concreti a fronte di una vicenda i cui contorni appaiono invece sempre meno netti. La Federazione ha tardato decisamente troppo per dare delle spiegazioni, ma alla fine lo ha fatto. Mentre il punto di partenza e alcune dinamiche ricordano la vicenda che coinvolse la moralità di un tecnico azzurro senza che poi, depositato il fango sul fondo, si sia arrivati a nulla.

«Sono partito dall’Italia – dice Dagnoni – con una situazione definita e chiusa, che mi ha concesso di arrivare qua sereno perché è stato chiarito tutto. Soprattutto con le dichiarazioni a fine Giunta Coni del presidente Malagò, che ha definito la nostra Federazione virtuosa. Per rispondere, qualche errore è stato fatto, ma in assoluta buona fede. E soprattutto non ha creato, lo voglio sottolineare, nessun danno per la Federazione. Questo è un po’ il sunto di tutto un discorso che ci ha insegnato a essere più attenti a certe situazioni, per evitare che poi vengano ingigantite».

Spazio Azzurri, ecco l’hotel di Bowral in cui ha alloggiato l’Italia, assieme alla Gran Bretagna
Spazio Azzurri, ecco l’hotel di Bowral in cui ha alloggiato l’Italia, assieme alla Gran Bretagna
Che cosa le è sembrato di questo mondiale?

Si è trattato soprattutto di una trasferta impegnativa, perché comunque siamo dall’altra parte del mondo. Però è bello il clima che si è creato all’interno della nostra nazionale. Una grande sinergia tra i vari gruppi, anche a livello di staff, meccanici e massaggiatori. Ci si aiutava uno con l’altro rispetto al passato, dove ho sempre visto molte camere stagne. Adesso c’è un clima completamente diverso, ma non lo dico solo io, lo dicono anche gli addetti ai lavori che lo percepiscono. Ho visto fare riunioni di tutti i massaggiatori e di tutti i meccanici insieme. E quando c’è una partenza, sono tutti lì per aiutare. Il clima è sereno ed è quello che ho sempre auspicato. 

Quanto pesa sui conti una trasferta così?

Facevamo il calcolo che ci è costato il doppio di un normale mondiale in Europa. Ma per fortuna da un lato abbiamo le risorse per sostenerla e poi si è creata un’ottima intesa tra i dipendenti della Federazione, che si sono sempre occupati di queste trasferte, e Roberto Amadio che ha portato la sua esperienza WorldTour. Abbiamo avuto una gestione molto attenta a livello di ottimizzazione dei costi.

Ad esempio?

I corridori avevano 65 chili di bagaglio a testa, in modo da non dover pagare per le bici. Elite ci ha fatto avere i rulli dall’importatore in Australia. Il camper l’abbiamo trovato gratuitamente, grazie a Gerry Ryan, il proprietario della Bike Exchange che li produce. Ho avuto anche l’onore di conoscerlo e l’ho ringraziato. Un altro esempio sono i lettini dei massaggi. Portarli costava troppo come spedizione, così li abbiamo affittati in Australia a un quarto del prezzo del trasporto. Sono tutti dettagli che, messi insieme, vanno a ottimizzare i costi. I meccanici ad esempio non sono arrivati ognuno con la propria valigia, ma abbiamo fatto i bauli con pezzi meccanici e attrezzi.

Salvoldi con gli juniores ha ammesso che siamo un po’ indietro…

Il primo scopo nell’aver messo Salvoldi agli juniores era dare un metodo di lavoro. Ho avuto molti apprezzamenti dalle società per avere inserito un tecnico professionale come Dino in questa categoria. Gli ho detto subito che non era nostra intenzione vincere le medaglie, soprattutto in tempi rapidi, ma creare una cultura e degli atleti che possano sbocciare fra qualche anno, avendo un’impostazione. Mi ha detto che sulla pista riesce a lavorare in tempi più rapidi, perché ha un gruppo di lavoro a disposizione. Sulla strada invece i ragazzi sono affidati alle società per cui è un lavoro a lungo termine. Di conseguenza dovremo avere un po’ più di pazienza.

Salvoldi ha da poco iniziato la sua opera con gli juniores: per Dagnoni sarà sicuramente puntuale, ma servirà tempo
Salvoldi ha da poco iniziato con gli juniores: per Dagnoni sarà puntuale, ma servirà tempo
Pensa che ci riuscirà?

Mi fido molto della capacità di Dino, sono sicuro che porterà dei buoni risultati. Strada e pista avranno tempi diversi e sulla strada c’è da lavorare di più anche territorialmente. Bisognerà andare in giro per insegnare metodologie che ormai sono sempre più esasperate. Ormai gli juniores hanno carichi di lavoro nettamente diversi da quelli che c’erano in passato.

Intanto fra gli under 23 ha vinto un corridore WorldTour reduce dalla Vuelta.

Aveva per forza una preparazione diversa, mentre i nostri sono dilettanti veri. Poi tra l’altro siamo anche stati sfortunati perché Buratti era in gran forma, ma ha avuto la sfortuna di bucare, cambiare bicicletta e inseguire per un giro, altrimenti sarebbe stato protagonista. Però dovremo essere più attenti e valutare, magari con le squadre se ci verrà concesso. Non ci sono imposizioni o direttive su chi convocare e chi no. Dovremo ragionare con la nostra struttura tecnica e il Consiglio federale per adeguarci alle esigenze. La legge di Darwin dice che non vince il più forte, ma chi si adatta più velocemente al cambiamento. Ecco, dovremo decidere come farlo in tempi rapidi.

La nazionale femminile ha una bella struttura attorno.

Sono state inserite figure professionali di alto livello. In questa trasferta c’erano Elisabetta Borgia, Tamara Rucco la massaggiatrice e Rossella Callovi. Sono professioniste serie e molto apprezzate dalle ragazze, perché svolgono al meglio il proprio lavoro. Poi è vero che una Rossella Callovi, che è stata vicecampionessa del mondo al primo anno juniores e iridata il secondo, se si trova a parlare con le ragazze, magari ha una credibilità diversa. Può trasferire delle emozioni, qualcosa che lei ha vissuto in prima persona per cui è anche più convincente. Elisabetta Borgia segue alcune ragazze anche al di fuori della nazionale, per cui ho visto per esempio che con Vittoria Guazzini la sua figura è stata importante. Come ha detto in un’intervista, lei è quella che tiene pulita l’acqua in cui nuotano i pesci. Di fatto è quella che sa dare la carica. Sono figure che abbiamo inserito e siamo molto contenti di averlo fatto.

Dagnoni spiega che Amadio (qui con Bettiol) ha gestito la trasferta iridata con una serie di soluzioni d’esperienza
Dagnoni spiega che Amadio (qui con Bettiol) ha gestito la trasferta iridata con una serie di soluzioni d’esperienza
C’è qualcosa che non le è piaciuto di questo mondiale?

Per natura sono abituato a guardare sempre i lati positivi. Per cui è vero che la trasferta di ogni giorno per andare al campo gara dall’hotel era pesante, però anche in questo caso mi piace sottolineare l’organizzazione per trovare la struttura adeguata alle nostre esigenze. Eravamo 78 persone, di conseguenza non era facile trovare un hotel che ci accogliesse tutti insieme e ci mettesse la cucina a disposizione (avevamo il nostro cuoco, anche questa è un’altra figura fondamentale per gli atleti e con un costo accettabile). Però l’abbiamo trovata, anche se era a più di un’ora di distanza. E alla fine, proprio per il clima che ho rimarcato prima, era importante essere tutti insieme e ci siamo riusciti.

Donne professioniste e corpi militari: si dovrà cambiare?

Si continua a parlarne, ma al momento non è ancora definito niente. Ho parlato con Francesco Montini, responsabile delle Fiamme Oro e ha detto: «Noi abbiamo atleti che di fatto non sono professionisti, ma hanno contratti importanti come Marcell Jacobs che continuano a stare nelle Fiamme Oro». Pertanto, se dall’UCI non arriverà una regola diversa, per me si può continuare come sempre.

A Wollongong c’era anche Mirko Sut, lo chef (a sinistra) accanto a Lorenzo Rota
A Wollongong c’era anche Mirko Sut, lo chef (a sinistra) accanto a Lorenzo Rota
Avete deciso come fare per il Giro U23 e il Giro Donne?

Dovremmo uscire a breve con un bando e cercheremo di assegnare sicuramente il Giro Under 23 che è ancora in attesa di avere una gestione. E poi probabilmente parleremo anche del Giro Donne dal 2024 in poi. Il prossimo anno infatti è ancora in mano a PMG Sport/Starlight. Stiamo lavorando e secondo me anche bene. Forse è questo che magari a qualcuno dà fastidio.

L’ultima corsa di Juraj Sagan, una vita all’ombra di Peter

28.09.2022
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L’anno scorso di questi tempi, mentre si celebravano le nozze di Peter Sagan con la Total Energies, suo fratello Juraj era ancora a piedi. Non era infatti così scontato che la squadra francese avrebbe preso anche lui, anche se alla fine l’operazione andò in porto e il grande dei due fratelli slovacchi firmò il tredicesimo contratto della sua carriera da professionista.

Per quelli che giudicano le persone sulla base dei watt e dei successi, Juraj Sagan è ben poca cosa. Chi invece guarda all’umanità delle persone, sa che stiamo parlando di un ragazzo d’oro.

Alla Okolo Slovenska prima del mondiale, corsa con la maglia della nazionale
Alla Okolo Slovenska prima del mondiale, corsa con la maglia della nazionale

Un post su Facebook

Mentre domenica scorsa si andava al foglio firma di Helensbourgh in Australia, sulla pagina Facebook di Peter è comparso un post che annunciava il mondiale come ultima corsa di Juraj.

«Non c’è dubbio che, per qualsiasi corridore – c’era scritto – il campionato del mondo sia una delle corse più importanti. E’ dove puoi guadagnarti il diritto unico e il privilegio di indossare la maglia iridata per un anno. Tuttavia, per me, oggi è un giorno emozionante per un motivo in più. Oggi è l’ultimo giorno in cui condividerò ufficialmente il percorso di una gara con un corridore che è mio fratello, il mio compagno di squadra e il mio migliore amico. Juraj si ritirerà dal ciclismo professionistico alla fine dell’anno, quindi Wollongong segnerà il suo finale ufficiale di carriera. Grazie, fratello, per essere stato sempre al mio fianco, nei giorni buoni e in quelli cattivi. Grazie per tutto quello che hai fatto per me in tutti questi anni, dentro e fuori dal ciclismo. Sono sicuro che il gruppo sentirà la tua mancanza».

E’ il 2012, si presenta la Liquigas: i fratelli Sagan con un giovanissimo Paolo Slongo
E’ il 2012, si presenta la Liquigas: i fratelli Sagan con un giovanissimo Paolo Slongo

Una vita faticosa

Nello stesso momento in cui abbiamo finito di leggere, Juray ci è passato accanto e abbiamo pensato di fermarlo per farci raccontare la sua decisione.

«Dovrei chiudere qui – ha detto con un sorriso – e sono contento di averlo potuto fare. Sono tanti anni che viaggio, questa vita è pesante ed è arrivato il momento di dire basta. Per i corridori italiani è più semplice. Ma per noi che viviamo in Slovacchia, l’inverno è pesante e questo significa doversi sempre trasferire per dei lunghi periodi in luoghi caldi. Non mi pesa dire basta, ho fatto la mia strada. Ho aiutato mio fratello nelle sue vittorie e mi sono tolto piccole soddisfazioni. Va bene così, nessun rammarico».

Juraj Sagan è stato per quattro volte campione nazionale slovacco: qui al Tour Down Under del 2020
Juraj Sagan è stato per quattro volte campione nazionale slovacco: qui al Tour Down Under del 2020

Consigliere e amico

Juraj ha iniziato a correre prima di Peter, diventandone ben presto l’ispiratore. E quando poi il fratello è diventato il campione che tutti conoscono, lui si è trasformato in consigliere, compagno di mille trasferte e allenamenti, il timone in una quotidianità nella quale a Peter servivano soprattutto riferimenti certi e fidati. Nel Team Peter, suo fratello ha sempre occupato con discrezione un posto chiave. Ecco perché, al netto dei tempi della burocrazia, lo scorso anno non avemmo dubbio alcuno che alla fine anche lui sarebbe approdato nel team francese.

«Sono stato molto contento di arrivarci – ci ha detto – è una bella squadra. Mi mancava aver provato anche il ciclismo francese. A fine mia carriera, posso dire di averle provate quasi tutte. Le arabe ancora no (ha aggiunto ridendo, ndr)».

Le vittorie di Peter

Quattro vittorie nel campionato slovacco su strada e Gp Boka nel 2009 sono state le sue uniche vittorie, ma Juraj ha sempre rivendicato con orgoglio il fatto di essere stato accanto al fratello in occasione delle vittorie più importanti.

«I momenti più belli – ha raccontato – restano quelli accanto a Peter quando ha vinto i tre mondiali, ma anche il Fiandre e la Roubaix. Queste sono storie e ricordi che mi resteranno per la vita. E anche se tanti hanno pensato che fossi solo il fratello di Sagan, io so di aver fatto la mia parte».

Lo ha detto con un sorriso orgoglioso sul volto. E ancora ridendo di gusto, quando gli abbiamo fatto notare che era arrivato al mondiale con le guance scavate, ha detto che non era condizione, ma semplicemente vecchiaia.

Juraj non ha concluso il mondiale di Wollongong: ha tirato per la sua parte, poi si è fermato
Juraj non ha concluso il mondiale di Wollongong: ha tirato per la sua parte, poi si è fermato

Il team e l’hotel

Juraj non ha concluso il mondiale in cui suo fratello ha colto il settimo posto. Si è avvicinato ai box e si è ritirato dopo aver concluso il lavoro.

«Le cose da fare non mancheranno – ha detto – ci sono la squadra e anche l’hotel che stiamo costruendo e che dovrebbe essere pronto per dicembre. Speriamo sia una bella cosa, lo potremo dire solo quando sarà pieno di gente. Peter dice che gli mancherò? Lo so e mi fa piacere che lo abbia detto lui».

Poi ha sorriso e quando è arrivato Peter i due fratelli hanno fatto una foto insieme. L’ultima in un campionato del mondo.

Arzeni, leggi qua: Bertizzolo ha qualcosa da dirti

28.09.2022
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Sofia Bertizzolo esce dal mondiale con la testa a mille e le gambe stanche. Per riconoscimento unanime, la bassanese ha corso il mondiale più bello da quando è nel giro della nazionale, dopo una serie di anni mezzi e mezzi. L’arrivo al UAE Team Adq le ha ridato motivazioni, l’arrivo di Sangalli in azzurro le ha portato entusiasmo e programmazione. E tanto è bastato. Guardandola nel quadro più ampio della squadra che Bertogliati sta costruendo, questa Bertizzolo potrebbe prendersi un ruolo di tutto rispetto, in supporto delle compagne, ma anche come leader quando se ne presenterà l’occasione.

Con lei abbiamo parlato nella notte fonda australiana, seduti accanto a una finestra, mentre si finiva di impacchettare le bici in partenza per l’Italia. Gli scatoloni di fine mondiale parlano di ritorno a casa, ma lasciano sempre una scia di malinconia.

Alla Liegi i primi contatti con Sangalli, poi da luglio è scattato il piano Wollongong
Alla Liegi i primi contatti con Sangalli, poi da luglio è scattato il piano Wollongong
Hai davvero fatto il mondiale più bello di sempre?

E’ il terzo che disputo nella categoria elite. Dopo quattro anni è stato un bel rientro, con tanta fiducia da parte del commissario tecnico. E una programmazione, cosa che non c’era mai stata. Il mondiale è sempre a fine stagione, quindi non puoi non programmarlo e questo mi ha permesso di arrivarci bene.

Quanto è stata pesante la stagione?

Ho corso il Giro, poi avrei dovuto fare il Tour e la Vuelta. Ho saltato il Tour, perché dopo il Giro non mi sentivo in forma e pronta per farlo. Già in quei giorni di luglio avevo sentito Paolo che mi parlava di questa convocazione, a cui lui teneva. E così con lui e con l’appoggio della squadra ho fatto un avvicinamento ad hoc. Con l’altura e correndo la Vuelta in preparazione. Sicché sono soddisfatta di essere rientrata un po’ nel circuito nazionale con questo nuovo ambiente molto positivo.

Dopo il Giro d’Italia, quello di Scandinavia, con tre piazzamenti fra le prime 10
Dopo il Giro d’Italia, quello di Scandinavia, con tre piazzamento fra le prime 10
Un mondiale che però ha fatto saltare i piani?

E’ stato un po’ imprevedibile. Ci aspettavamo bel tempo, ma ha cominciato a piovere ed è stato un po’ antipatico. Abbiamo diviso la corsa in due parti. Prima cercando di tutelare Elisa Balsamo, quindi facendo gli strappi regolari e qui hanno fatto un grandissimo lavoro Vittoria ed Elena, soprattutto (rispettivamente Guazzini e Cecchini, ndr). E poi, una volta che abbiamo capito che Elisa non riusciva a tenere gli strappi, abbiamo puntato su Persico e Longo Borghini, che hanno fatto entrambe una grande prova.

Spiega…

La Longo ha provato negli ultimi due giri portando via un gruppetto e stando poi con le 4-5 migliori in seconda battuta. Io sono riuscita a rientrare con Silvia (Persico, ndr) la prima volta, mentre la seconda ho dovuto gestire la situazione dell’attacco della Reusser, che sappiamo bene come corre e se prende un minuto, non la vedi più. E poi nel finale Silvia è stata veramente tanto brava con un bel lavoro di squadra che l’ha portata al posto giusto e nel momento giusto.

Sei arrivata con la forma ideale?

I primi giorni con il fuso orario ero un po’ sballottata, però è stato così per tutte. Poi invece l’ho recuperato bene e forse anche meglio di altre ragazze che non l’hanno mai assorbito del tutto, non solo fra noi. 

Bertizzolo ha corso la Vuelta anche in preparazione ai mondiali: il risultato è stato eccellente
Bertizzolo ha corso la Vuelta anche in preparazione ai mondiali: il risultato è stato eccellente
Pensi di esserti ritrovata appieno quest’anno?

E’ stato un anno positivo, con questo nuovo innesto della UAE anche al femminile. Un bel progetto, molto ambizioso e sicuramente ci vorranno ancora 2-3 anni per realizzare veramente tutto quello che è nei loro piani. E’ stato il miglior anno da quando sono passata elite. C’è chi ha sofferto di più e chi meno l’anno del Covid. Nel mio caso ho sempre trovato corridori più veloci di me, a cui dovevo tirare la volata. E altri più scalatori di me, che dovevo tutelare prima delle salite.

Come ti troverai il prossimo anno con Arzeni in ammiraglia?

Non lo conosco per niente, per ora ne ho sentito parlare molto bene. Da lui cerco soprattutto la fiducia e la motivazione, una cosa che lui è molto capace di mettere in tutte. Da fuori gli puoi solo riconoscere che dà la possibilità a tutte le ragazze. Nel giro dell’anno, infatti lui con la Valcar ha sempre vinto e sempre con più atlete. Se guardiamo i migliori talenti di questa primavera, sono usciti dalla Valcar, perché abbiamo Elisa Balsamo, la stessa Marta Cavalli, Guazzini, Persico quest’anno formidabile. E sono tutte uscite da lui. Quindi vuol dire che a livello fisico, ma soprattutto a livello mentale, è riuscito a dare loro qualcosa di più.

Al Fiandre, Bertizzolo ha corso per Marta Bastianelli e ha centrato per sé il 16° posto
Al Fiandre, Bertizzolo ha corso per Marta Bastianelli e ha centrato per sé il 16° posto
La testa conta…

Tante volte l’atleta non ha niente in più a livello fisico degli altri, ma semplicemente ha più voglia di vincere, più convinzione. E’ questo che in poche parole al mondiale a me ha dato Paolo (Sangalli, ndr). Ha dato a tutte noi la fiducia, quindi parte tutto dalla testa. Perché alla fine gli allenamenti li fanno tutti, la nutrizione la seguono tutti, chi più chi meno. Però quando arrivi a un certo livello, la testa è fondamentale e io soffro tanto il dover mettermi a disposizione sempre, sempre, sempre. Poi forse sono anche troppo sincera e onesta a mettermi a tirare quando so che devo. Alcune non sono così e poi non sempre viene riconosciuto. E questo ti lascia un po’ di amaro in bocca perché nel ciclismo femminile ancora non esiste il gregario. A breve comparirà anche quella figura perché stiamo marciando velocissimo, però al momento sembra tutto dovuto

Mondiale e dintorni: con Sangalli nel primo anno da cittì

28.09.2022
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«A parte le junior, che comunque hanno portato a casa il quarto posto – dice Sangalli ragionando – in tutte le gare che abbiamo fatto finora è arrivata una medaglia, che sia d’oro, argento o bronzo. Quindi ci sono una continuità e un modo di lavorare che a me piace e piace alle ragazze, bene così. E volendo tornare al quarto posto della Pellegrini a Wollongong, se andiamo a vedere le prove di Nation’s Cup e gli europei, quelle che sono arrivate davanti erano sempre le stesse. Solo perché all’europeo non c’era Backstedt, sennò avrebbe vinto anche quello. Con una Ciabocco che fosse stata bene, avendone due davanti le cose un po’ cambiavano. Ma non ne farei un caso, perché davvero con le junior il risultato non deve essere un’ossessione».

Sola nel finale, la Pellegrini ha tirato fuori un ottimo quarto posto fra le junior
Sola nel finale, la Pellegrini ha tirato fuori un ottimo quarto posto fra le junior

Pochi giorni dopo la fine dei mondiali australiani, Paolo Sangalli si volta per le ultime considerazioni. Il bronzo di Silvia Persico è stato un risultato sperato e anche il frutto di un lavoro di programmazione iniziato con lei, come con tutte le altre, una volta avuto chiaro come fosse fatto il percorso. Il viaggio assieme a Bennati di metà giugno ha dato l’idea su cui lavorare.

Questo podio ci piace molto perché?

Soprattutto perché sul podio c’è una debuttante assoluta. Di base, non è venuta la corsa che ci aspettavamo. Fino a due giri dalla fine sì, perché l’obiettivo era di salvare la Balsamo non facendo troppo presto attacchi spropositati (i due sono insieme nella foto di apertura, ndr). E invece già ai meno tre giri, Elisa era in difficoltà e abbiamo deciso di attaccare. Invece ci hanno anticipato e quindi la Longo si è infilata nel gruppetto delle cinque. Era un attacco per andare all’arrivo. In qualche modo l’obiettivo era rimanere in meno possibile e, una volta davanti, capire cosa succedesse dietro. Il massimo sarebbe stato avere davanti la Longo Borghini e dietro un gruppetto con la Persico, ma così non è stato. Questo è quello che avevamo pensato, però ci sono di mezzo anche le altre (sorride e allarga le braccia, ndr).

Secondo Sangalli, la delusione della Longo dipende anche dal fatto che col bagnato si scattasse a fatica
Secondo Sangalli, la delusione della Longo dipende anche dal fatto che col bagnato si scattasse a fatica
Pensavate che la Van Vleuten con quel gomito rotto potesse fare un numero del genere?

Ero sicuro che per la condizione che aveva non potesse attaccare sugli strappi e sulle salite, ma doveva solo difendersi. E’ stata brava. E’ stata tutta la sua esperienza, la forza che hai dopo 170 chilometri di poter fare quel numero. Tutte l’hanno vista, ma alla fine nessuna è riuscita a stopparla.

La dinamica del finale ha anticipato quella dei pro’, con il gruppo della Longo davanti che non si accorge del gruppo di Persico e Van Vleuten…

Anche secondo me la Longo non ha visto che era rientrata la Persico. Avessimo avuto le radio, avrei detto: «Occhio che arriva. Quando rientrate una parte e tira dritto». Però non ci sono. Io ho messo una postazione a metà strappo, una in cima, una a inizio discesa e ai meno 4, quindi una comunicazione c’è stata, ma non era diretta, immediata.

L’ottimo mondiale di Silvia Persico (qui con la Van Vleuten) viene da una buona programmazione
L’ottimo mondiale di Silvia Persico (qui con la Van Vleuten) viene da una buona programmazione
A un certo punto è stata chiara l’immagine delle azzurre in testa al gruppo.

Il tirare del secondo e terzo giro era per mantenere la velocità costante. Per non far andare via nessuno, quindi lo sforzo è stato anche relativo. Il tirare vero è stato per chiudere su Sarah Roy, dove Guazzini ha fatto vedere i cavalli che ha.

Come avete gestito la gara delle under 23?

Non era gestibile. La paura era che la Van Vleuten provasse a disfare il gruppo dall’inizio, ma non è stato così. Quando siamo entrati sul circuito, la Zanardi aveva solo il compito di stare il più avanti possibile. Ha fatto quello che ha potuto, invece Vittoria (Guazzini, ndr) l’ho considerata una titolare, non ho mai pensato a lei per fare la corsa delle under 23. Anche perché non era neanche adatta a lei. Insieme a Elena Cecchini ha fatto un grandissimo lavoro.

Quando si è trattato di inseguire Sarah Roy, Guazzini ha mostrato il motore di cui dispone
Quando si è trattato di inseguire Sarah Roy, Guazzini ha mostrato il motore di cui dispone
Proprio Elena ti ha ringraziato perché se avessi scelto in base alle vittorie probabilmente avresti portato un’altra al suo posto.

Una delle prime cose che ho detto è che i risultati certo sono importanti, ovvio che li guardo. Ma ci vuole anche qualcosa d’altro.

Pensavi a una Persico così solida?

Vi dico la verità, la cosa più bella di quest’anno è stata che ho programmato ogni cosa con loro, sia con le squadre straniere, sia con le italiane. Loro l’hanno sposato e le ragazze sono arrivate in condizione al momento giusto. Io non sono il loro preparatore, però ho condiviso la mia idea e loro l’hanno accettata.

Abbiamo visto una grande Bertizzolo…

A Sofia ho detto due mesi fa che se avesse seguito un determinato percorso, avrebbe fatto il mondiale. E credo che abbia fatto una delle gare più belle in nazionale. E anche Marta Bastianelli, anche se per lei non era il percorso più adatto, ha lavorato, si è difesa. Come fai a rinunciare a una ragazza così veloce, se poi trova il giorno giusto?

Soraya Paladin, riserva, dà le informazioni di corsa alla Bertizzolo in cima allo strappo. Senza radio, Sangalli si è organizzato così
Soraya Paladin, riserva, dà le informazioni di corsa alla Bertizzolo in cima allo strappo. Senza radio si fa così
Come fai?

Non rinunci. Non è che puoi andare con tutti centravanti o tutti difensori. Capito? Bisogna amalgamarla la squadra e io credo che avessimo le atlete per gestire ogni situazione. Poi di mezzo si sono messi la Van Vleuten e il meteo. Capisco l’amarezza della Longo dopo la gara. Ci teneva. E purtroppo per lei, la difficoltà di scattare sotto la pioggia su quel muro così ripido le ha fatto perdere incisività.

Programmazione. Condivisione degli obiettivi. Nessuna valutazione preconcetta. No stress, sulle grandi e sulle juniores. Il corso di Sangalli ha già dei tratti ben definiti. Ma se ti trovi fra i piedi un fenomeno come la Van Vleuten, a un certo punto puoi solo toglierti il cappello…

La nuova Persico alla UAE, al bivio fra strada e cross

27.09.2022
5 min
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L’annuncio è arrivato ieri, altri seguiranno. Come anticipato nel giorno del bronzo ai mondiali, Silvia Persico è uno dei nuovi acquisti del UAE Team Adq: la squadra di Rubens Bertogliati che il prossimo anno avrà anche altre ragazze della Valcar-Travel&Service e in ammiraglia Davide Arzeni, che di Silvia è l’allenatore.

Il podio di Wollongong segna la vera svolta dopo un anno che prima ha visto la bergamasca prendere il bronzo ai mondiali di cross e poi tuffarsi in modo più convinto sulla strada. Lei a tirarsi indietro, Arzeni a spingerla avanti. I piazzamenti ottenuti le hanno aperto gli occhi.

L’abbiamo incontrata proprio in un giorno australiano, mentre fuori pioveva e lei aveva deciso per un giorno di rifugiarsi sui rulli. I ricci scompigliati, lo sguardo a volte fisso, altre a scrutare nel vociare intorno.

Ti aspettavi una stagione così bella su strada?

Sicuramente no. Ho cominciato bene col cross e poi nelle prime gare su strada sapevo di stare bene, ma non pensavo di fare un Giro e un Tour così. Anche perché pensavo di essere più donna da classiche e non sicuramente da giri a tappe. 

Ti eri mai dedicata seriamente ai giri?

Magari fino a qualche anno fa, cioè fino all’anno scorso non ne avevo mai fatti tanti. Poi l’anno scorso, comunque credo di essere anche maturata fisicamente e mentalmente, ho iniziato a crederci un po’ di più e sicuramente quest’anno si è visto che c’è da fare.

Il podio di Wollongong con Van Vleuten e Lotte Kopecky sarà per Silvia Persico un punto di partenza
Il podio di Wollongong con Van Vleuten e Lotte Kopecky sarà per Silvia Persico un punto di partenza
A questo punto, pensi di continuare d’inverno col cross? 

Sicuramente comincerò più tardi, a dicembre. Non lo so, la vedo come una porta che si sta lentamente chiudendo, anche se da parte mia non me lo sarei mai aspettata. Anche perché il cross fino all’anno scorso era la specialità che mi dava più soddisfazione, quindi metterlo da parte mi fa male (nel 2022 Silvia ha vinto anche il tricolore, ndr). Ma allo stesso tempo so che prima o poi questa decisione, appunto fra cross e strada, dovrò prenderla. Se non abbandonarlo del tutto, comunque accantonarlo un po’.

La nuova squadra ti ha dato indicazioni?

Da parte loro sembra che sia tutto okay, comunque credo che vogliano che io sia performante più su strada. Quindi come ho già detto, farò qualche gara, ma non voglio tirarmi il collo durante tutto l’inverno. Sono molto contenta di aver cambiato squadra, anche se d’altra parte sono un po’… Per 12 anni sono sempre rimasta nella mia comfort zone, quindi adesso cambiare un po’ mi spaventa. Però sono tranquilla e davvero felice di aver preso questa decisione.

Prima di un allenamento, le azzurre si ritrovano con Rossella Callovi, collaboratrice di Sangalli
Prima di un allenamento, le azzurre si ritrovano con Rossella Callovi, collaboratrice di Sangalli
In realtà non cambia proprio tutto, giusto?

Esatto, per fortuna. Il mio preparatore sarà ancora Davide Arzeni. E porterò anche qualche compagna, quindi mi sentirò ancora un po’ a casa. 

Però intanto la “casa Valcar” si sta smontando…

Tutte noi siamo cresciute. Quando Elisa (Balsamo, ndr) ha cambiato squadra, noi abbiamo deciso di stare ancora un anno, ma per crescere abbiamo bisogno di quel qualcosa in più che troviamo nelle squadre WorldTour

Terza nell’ultima tappa del Tour de France, chiuso al quinto posto
Terza nell’ultima tappa del Tour de France, chiuso al quinto posto
Quanto ti è sembrato grande il Tour de France?

Beh, sicuramente è stato qualcosa di magico, non me lo sarei mai aspettato. C’era davvero tanta gente, tanti media, tante interviste, tanta visibilità. Quindi è stato davvero bello e diciamo che se non c’è ancora questa parità tra uomini e donne, credo che siamo sulla buona strada.

Sei più sorpresa per il risultato del Giro o quello del Tour?

Del Tour. Al Giro stavo abbastanza bene, avevo anche delle buone sensazioni, mentre prima del Tour non mi sentivo un granché. Anche nelle prime tappe, ho fatto davvero fatica. Quando ho concluso seconda dietro alla Vos è stato credo uno dei miei giorni più difficili in bici.

Tour de France Femmes, Silvia Persico seconda dietro Marianne Vos a Provins
Tour de France Femmes, Silvia Persico seconda dietro Marianne Vos a Provins
Perché?

Quando nella fuga tiravano Elisa Longo Borghini, Elisa Balsamo e Marianne, pensavo di staccarmi, anzi volevo staccarmi. Ma Davide nella radiolina mi diceva che non potevo. Anche nell’ultima tappa non stavo bene, però l’unica cosa che pensavo era: okay, devi arrivare in cima a questa Planche des Belles Filles, poi finalmente si va al mare. Quindi diciamo che l’ho presa con questa filosofia. 

Arzeni ha sempre creduto in questi tuoi mezzi…

Io credo in me, credo tanto in me, ma sicuramente manca ancora un pochino. La vittoria della tappa alla Vuelta mi ha dato la convinzione giusta per il mondiale (foto di apertura, ndr). Magari con qualche risultato in più posso iniziare a crederci ancora un po’ di più, no? 

Amadori: U23 da rivedere, ma Buratti poteva vincere

27.09.2022
8 min
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Due giorni dopo il mondiale degli under 23, nella notte più buia e umida vista a Bowral durante la nostra permanenza, nell’immensa stanza dei meccanici Marino Amadori vigilava affinché tutto il materiale degli under 23 venisse inscatolato a dovere. Era la classica serata da rompete le righe. Il mattino successivo, domenica, mentre i professionisti sarebbero usciti alle 7,30 per la loro corsa, tutti gli altri sarebbero andati in aeroporto per rientrare in Italia. E l’albergo si sarebbe svuotato.

Amadori certo: con la Vuelta Fedorov ha avuto un vantaggio, ma si vede che ci teneva
Amadori certo: con la Vuelta Fedorov ha avuto un vantaggio, ma si vede che ci teneva

Dritto dalla Vuelta

La corsa degli under 23 l’aveva vinta con forza da cavallo uno che di dilettante non ha più nulla. Evgenj Fedorov, kazako di 22 anni, che in tutto l’anno ha sempre corso nel WorldTour con l’Astana Qazaqstan Team e il mondiale l’ha preparato correndo la Vuelta. Si capisce che se questo è il livello in arrivo sulla categoria, il sistema italiano dei dilettanti inizia a scricchiolare. Non si tratta più di una distinzione di status professionale, ma di suddivisione per fasce di età. E’ così da anni ormai e da anni ogni volta si scatenano discussioni infinite, che nascondono quella che per ora è la verità dei fatti. I dilettanti all’italiana restano un valore aggiunto, ma rischiano di restare sempre più ai margini della scena internazionale. Ce li abbiamo solo noi, facciamone un pregiato vivaio.

«Se andiamo un po’ indietro – annuisce Amadori – c’era la regola per cui chi aveva fatto gare WorldTour non poteva fare il campionato del mondo U23. Invece da un po’ hanno tolto anche quello e comanda l’età. Ne abbiamo parlato un po’ anche con Amadio e col presidente, per capire anche noi come ci dobbiamo orientare».

Buratti, l’azzurro più brillante (per Amadori poteva vincere), tra Marcellusi e Parisini, in difficoltà per tutta la gara
Buratti, l’azzurro più brillante, tra Marcellusi e Parisini, in difficoltà per tutta la gara
Diciamo che con gli uomini giusti e la giusta programmazione si può lottare ancora?

Nel 2019 abbiamo vinto con Battistella, che era in una continental. Nel 2021 Baroncini, continental anche lui. Però il problema è che ogni anno la forbice si allarga, ne vengono sempre di più dal mondo dei pro’. Non c’era solo Fedorov ad aver fatto la Vuelta, anche altri della Spagna. Lo sapete che gamba dà una corsa di tre settimane, in confronto a noi che abbiamo fatto il Giro delle Puglie? C’è un po’ di differenza (sorride, ndr). Preparando in questo modo un avvenimento del genere, è normale che Fedorov sia stato così superiore. Ha fatto qualcosa di grande, perché se guardiamo la corsa, negli ultimi 4-5 giri andava in tutte le fughe. Saltava da una all’altra, da solo. Ha fatto delle azioni, da cui si vedeva che aveva un’altra gamba, un altro livello. 

La strada è segnata?

Il livello sta crescendo, ci sono sempre più difficoltà. In tutto questo però, facciamo una premessa: non è che portiamo un WorldTour e vinciamo il mondiale. Non è così, perché ad esempio Kooij che per me era il favoritissimo ha fatto un bel quinto posto, ma lì si è fermato. 

In Italia ci sono corridori U23 nel WorldTour…

Devi trovare chi è motivato e chi sente l’avvenimento, perché se devi portare uno tirandolo per la giacchetta, perché faccia il Tour de l’Avenir e poi il mondiale, allora non serve. Io ammiro questo ragazzo kazako, si vede che lo sentiva proprio tanto.

E se non li troviamo, cosa si fa?

Io ritengo se hai un’annata di corridori buoni e programmi e prepari il mondiale, puoi lo stesso fare risultato. Certo se adesso cominciano ad arrivare quelli che fanno la Vuelta, che finisce una decina di giorni prima, escono veramente con una grossa condizione. Se però trovi il corridore talentuoso e programmi bene, come abbiamo fatto ad esempio con Baroncini, te la cavi lo stesso. E non solo lui, perché abbiamo fatto quarti con Gazzoli e settimi con Colnaghi. Avevamo dei corridori di un certo livello e anche quelli che avevamo quest’anno potevano fare bene.

Cosa è successo invece?

Purtroppo siamo incappati in una giornata particolare. Come meteo, una delle più brutte di questo mondiale. E poi un insieme di cose, comprese la prova non eccelsa di alcuni. Abbiamo un po’ sofferto, però credo che si possa fare bene e andare avanti ancora con i corridori delle continental. Con i dilettanti si farà sempre più fatica, quello sicuramente.

Perché?

Perché purtroppo già nelle continental non fanno una grossa attività internazionale. Però con la nazionale, bene o male, abbiamo sempre dato una mano. Corse di professionisti, attività all’estero e Coppa delle Nazioni. E aggiungo una cosa di cui ho già parlato sia con il Presidente sia con Roberto Amadio. Come nazionale, più che le gare con i professionisti, vorrei cominciare a fare un’attività internazionale under 23. Andare su in Belgio, in Francia, in Olanda a fare quelle corse a tappe che fanno un po’ tutte le altre squadre. Vorrei cominciare a fare un programma diverso, cioè un calendario diverso anche con la nazionale under 23, proprio per dare un sostegno alle continental che fanno fatica a fare certe corse. Questo è un progetto che abbiamo messo in essere, vediamo un po’ se ci riusciamo.

Milesi ha corso la crono, ma su strada è andato anche meglio. Amadori sottolinea la sua prova
Milesi ha corso la crono, ma su strada è andato anche meglio. Amadori sottolinea la sua prova
Cosa si può dire della squadra di Wollongong?

I ragazzi non sono delle macchine, non è che uno si sveglia la mattina, mette in moto e va. Alcuni hanno sofferto, probabilmente la giornata, il clima e l’andatura. Siamo partiti fortissimo, nei primi due giri viaggiavamo ai 44 di media. Quindi per me hanno sofferto la partenza molto agguerrita della Germania che voleva portare via la fuga.

Ne avevi già parlato, dei tedeschi…

Infatti avevo messo due corridori per curare la Germania, ma purtroppo non sono riusciti ad andarci. Mentre tornavamo in hotel, questa cosa mi ha infastidito e gli ho chiesto come mai non fossero entrati. E mi hanno risposto, semplicemente allargando le braccia, dicendo che non avevano avuto le gambe per farlo. Capita, purtroppo. Alcuni invece non hanno reso per il loro valore. Posso dire che Milesi ha fatto una bellissima gara, anche se lui è istintivo e senza radioline corre come gli viene.

Ecco il momento in cui Buratti alza la mano per segnalare di aver bucato: rientrare sarà molto faticoso
Ecco il momento in cui Buratti alza la mano per segnalare di aver bucato: rientrare sarà molto faticoso
Invece Buratti?

Purtroppo Buratti ha avuto un grosso problema con una ruota, ha inseguito per un giro. Ha bucato, abbiamo messo sotto la ruota, ma ha avuto un altro problema. Si è fermato ancora e ha cambiato la bicicletta, poi ha inseguito per un giro tra le ammiraglie. Queste sono energie che non ti dà più indietro nessuno. I 200 metri che gli son mancati sull’ultima salita sono stati per tutto quell’inseguire. Perché sennò scommetto che sarebbe arrivato davanti e se la giocava. E se ha questi problemi il tuo uomo di punta, quello che ha la condizione migliore, è chiaro che il risultato non arriva.

Gli altri?

Anche De Pretto ha fatto una bellissima gara, mentre i due che sono stati un po’ al di sotto sono Parisini e Marcellusi. Anche loro si aspettavano di più, sono i primi ad esserne usciti delusi e questo dice che sono bravi ragazzi. Pensate che avevamo studiato di fare come la Van Vleuten. Quell’azione l’avevamo progettata a tavolino, ci eravamo detti che se fossimo arrivati in 20-30 corridori e dentro c’era un paio dei nostri, avremmo fatto quell’azione. Ho detto ai ragazzi di approfittare dello sciacquone prima dell’ultimo chilometro oppure di uno strappo. Uno parte, gli altri si allargano e si va all’arrivo

Tiberi ha corso la Vuelta, ma la Trek non avrebbe risposto alla chiamata di Amadori
Tiberi ha corso la Vuelta, ma la Trek non avrebbe risposto alla chiamata di Amadori
Tornando alle WorldTour, perché non portare Tiberi?

Alla Coppi e Bartali eravamo in albergo con quelli della Trek-Segafredo. C’erano lì Baffi e Slongo. Gli ho detto che avevo pensato a Tiberi per il Tour de l’Avenir e il mondiale. Mi hanno risposto che avevano pensato di fargli fare la Vuelta, quindi l’Avenir non si poteva. A quel punto non ho neanche più pensato di proporgli il mondiale, perché avevo percepito che anche come squadra non fossero troppo interessati. Faccio fatica a coinvolgere i professional, figurarsi con le WorldTour. Quest’anno ho provato con Zambanini, per portarlo anche al Tour de l’Avenir, come pure ho parlato con Milan, però ho visto subito che non c’era interesse.

Porta chiusa?

Mi auguro che la vittoria di Fedorov faccia riflettere le squadre WorldTour. Per i loro ragazzi più giovani è la possibilità di fare un’esperienza importante. Perché un mondiale è sempre un mondiale, un’esperienza che vivi. Respiri questo clima che ti può essere utile un domani che vai nella nazionale maggiore. Ai ragazzi ho detto che questo è un passaggio, ma il loro fine è arrivare tra i professionisti. E a maggior ragione, se a un ragazzo si propone di fare un’esperienza del genere, vivere 7-8 giorni qua con dei professionisti, penso sia una cosa positiva. 

Per Longo e Balsamo, mondiale andato di traverso

26.09.2022
4 min
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Raramente ci era capitato di vedere la Longo così delusa. Quando Elisa arriva, ha lo sguardo mesto e il tono dimesso. Nel giro di pochi secondi, il suo mondiale ha cambiato faccia. E dalla speranza di arrivare da sola, si è ritrovata a remare nelle retrovie di una volata non sua. Il ricongiungimento che ha permesso a Silvia Persico di conquistare il bronzo e ad Annemiek Van Vleuten di vincere la corsa iridata ha privato Longo Borghini delle ultime chance di giocarsela. Difficile dire come sarebbe finita nella volata a cinque, ma neppure quello era lo scenario che aveva progettato. L’idea era di arrivare da sola, ma scattare con l’asfalto bagnato su quel muro così ripido ha reso impossibile fare vere accelerazioni.

«A un certo punto ho pensato di dover fare quella volata – dice – ci ho anche sperato sinceramente. Sono contenta perché alla fine l’Italia porta a casa un bel bronzo e questo è un bel successo di squadra, alla quale tengo molto. E’ ovvio, personalmente, sono un po’ dispiaciuta perché essere ripresa ai 500 metri dall’arrivo brucia sempre un po’, però l’importante è aver preso una medaglia».

Longo Borghini sul traguardo, sconfitta e triste, poi felice per il bronzo di Persico
Longo Borghini sul traguardo, sconfitta e triste, poi felice per il bronzo di Persico

Grazie alla squadra

L’attacco era previsto. Il piano di Sangalli si è realizzato quasi alla perfezione. Il difetto sta nel fatto che a vincere sia stata infine un’altra. Lo scenario vedeva la Longo andare via in salita con le 3-4 migliori e nel gruppetto alle sue spalle sarebbe dovuta entrare la Persico, pronta allo sprint in caso di ricongiungimento.

«Era tutto previsto – conferma Elisa – e sapevamo che Silvia stava molto bene. Ci tenevo molto a questo mondiale. E’ stata una stagione particolare, però è così. E’ il ciclismo e va benissimo così perché abbiamo una medaglia. Abbiamo corso veramente bene, io devo ringraziare le mie compagne e soprattutto nel finale Sofia Bertizzolo, ma tantissimo anche Vittoria Guazzini, Elena Cecchini. Tutte le mie compagne che hanno creduto tantissimo in me e spero di non averle deluse (in apertura l’abbraccio con Balsamo e Cecchini, ndr), ma credo che alla fine Silvia abbia salvato tutte e sono contenta per lei, perché quest’anno ha fatto una bellissima stagione».

Elisa Balsamo sapeva che la corsa sarebbe stata dura per lei, ma fino a due giri dalla fine era con le migliori
Elisa Balsamo sapeva che la corsa sarebbe stata dura per lei, ma fino a due giri dalla fine era con le migliori

Strappo fatale

Da un’Elisa all’altra, il mondiale dell’iridata uscente ha seguito la logica sperata fino a due giri e mezzo dalla fine. Nei giorni precedenti Balsamo è parsa concentratissima, dedita a curare ogni cosa nei minimi dettagli. Anche nel primo giorno di pioggia, mentre le compagne giravano sui rulli con apparente disinteresse, Elisa è subito parsa impegnata in una sessione di vero allenamento. Quando però si è resa conto di non riuscire a tenere sugli strappi, ha dato via libera alle compagne.

«La gara è venuta dura – racconta – ci sono anche queste giornate. L’ho capito nel penultimo giro, visto che non riuscivo a tenere il passo sullo strappo e ho capito che semplicemente non sarebbe stata la mia giornata. Succede».

Quando si è visto che Balsamo era in difficoltà, Cecchini ha fatto per lei ritmo regolare sulla salita
Quando si è visto che Balsamo era in difficoltà, Cecchini ha fatto per lei ritmo regolare sulla salita

Il freddo di colpo

Su questo percorso che ha visto al traguardo non già velocisti ma uomini e donne da classiche, la missione per Balsamo prometteva di essere impossibile. 

«Ero consapevole – conferma – del fatto che per me sarebbe stato duro. Avrei dovuto centrare una giornata davvero super e sperare magari di riuscire a rientrare da dietro e così non è stato. Silvia (Persico, ndr) comunque ha preso una medaglia, quindi penso che sia una cosa molto positiva. Diciamo che alla fine faceva freddo, quindi può essere che abbia anche condizionato la gara».

EDITORIALE / Ha davvero senso vietare le radio così?

26.09.2022
5 min
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Scatenando il solito putiferio, rimettiamo mano al ben noto discorso delle radio in corsa, tema a questo punto di grande complessità e attualità, a giudicare dalle parole appena sentite da Samuele Battistella.

La base ideologica sulla quale siamo cresciuti vuole che se ne dovrebbe fare sempre a meno. Ma le ideologie si evolvono, il mondo ha preso questa strada e bisogna adattarsi per evitare di rimanere indietro. Il ciclismo è cambiato e cambierà ancora. Ci stiamo spingendo verso limiti di prestazione inimmaginabili, su strade per contro sempre meno accoglienti. Per cui anche sul tema delle radio, in termini di sicurezza e supporto alla performance, bisogna fare una bella riflessione.

Rota ha ammesso che non sapeva che il gruppo stava rientrando forte alle loro spalle
Rota ha ammesso che non sapeva che il gruppo stava rientrando forte alle loro spalle

Azzurri in gara

Se ieri al mondiale i nostri corridori le avessero avute, l’ammiraglia avrebbe potuto avvisare i tre leader che i francesi stavano spaccando il gruppo, portando con sé anche Evenepoel e magari uno di loro (in base alle decisioni della riunione pre-gara) avrebbe fatto la sua mossa. Oppure Rota si sarebbe sentito ripetere di restare per tutto il tempo attaccato ad Evenepoel e successivamente avrebbe saputo che da dietro stavano rientrando e, anziché fermarsi a fare melina, si sarebbe giocato il podio insieme agli altri tre.

Se ieri in gruppo ci fossero state le radio, la corsa avrebbe avuto un altro svolgimento. Evenepoel non avrebbe vinto? Uno dei nostri lo avrebbe imbrigliato? Non possiamo dirlo, ma siamo certi che non tutte le dinamiche viste si sarebbero verificate.

Se per i cronometraggi si è passati ai transponder, l’evoluzione deve riguardare anche le comunicazioni
Se per i cronometraggi si è passati ai transponder, l’evoluzione deve riguardare anche le comunicazioni

Gli altri sport

Il problema delle radio è che si usano tutto l’anno, tranne per europei, mondiali e Olimpiadi. Non trovate che sia un controsenso? E’ come far correre i velocisti con le moltipliche libere, costringendoli però al 53 nella corsa più importante. Oppure negare ai cronoman il manubrio speciale solo nel giorno del mondiale. Perché mai?

Allargando il discorso, è difficile trovare un’altra disciplina olimpica in cui il tecnico non possa comunicare con la squadra. Nel calcio è a bordo campo con vari analisti in tribuna che sviluppano sistemi complessi e riferiscono alla panchina. Nel volley e nel basket stessa cosa, con la facoltà di poter fermare il gioco. Nel tennis suggerisce cose a ogni cambio campo. Perché nel ciclismo questo viene proibito nei giorni più importanti? E perché privare gli atleti di un supporto per loro decisivo? 

L’uso della radio in corsa è di uso comune anche per le comunicazioni fra atleti. Ha senso negarla per un paio di giorni all’anno?
L’uso della radio in corsa è di uso comune anche per le comunicazioni fra atleti: ha senso negarla?

L’azione di Evenepoel

Occorre sgombrare il campo da vecchi retaggi. Il ciclismo è lo sport dell’uomo contro l’uomo, dell’uomo contro la natura, questo non cambia. Se si vogliono vietare le radio, lo si faccia fino alla categoria juniores, dove è necessario imparare a correre davanti e sperimentarsi anche nelle situazioni più inattese per imparare a conoscersi. Poi permettiamo a corridori e tecnici dei livelli più alti di fare quello per cui sono pagati. 

A questo punto il tecnico di Evenepoel (Sven Vanthourenhout, con lui in apertura, ndr) potrebbe dire che si tratta di chiacchiere vuote, perché Remco non ne ha avuto bisogno e che sarebbe bastato che gli altri leader fossero stati davanti per vederlo partire. Avrebbe ragione, ma aprirebbe la porta su un altro tema molto delicato. Perché Remco è riuscito a fare senza?

L’abilità di fare la corsa nel finale discende dalla pratica e non sempre i nostri talenti (qui Bagioli) ne hanno l’occasione
L’abilità di fare la corsa nel finale discende dalla pratica e non sempre i nostri talenti (qui Bagioli) ne hanno l’occasione

Abitudine a fare la corsa

E’ emerso nell’avvicinamento al mondiale che anche i nostri corridori più forti sono tenuti quasi quotidianamente a fare la corsa per altri leader. Pur essendo talenti assoluti, riescono a sperimentare solo raramente le loro capacità di leadership. Non devono studiare il modo per vincere la corsa, perché tocca ad altri. E casomai fosse il loro turno, hanno chi nell’auricolare gli spiega cosa fare.

Corridori così non sanno cosa fare se devono giocarsi una grande corsa senza qualcuno che li supporti. E’ un fatto di attitudine e consuetudine. Non hanno quasi più l’abitudine di guardare le lavagne sulle moto e comunque, abituati ai messaggi in tempo reale, le trovano inadeguate. E’ indubbio che lo siano: ieri al mondiale il servizio informazioni è parso piuttosto approssimativo, anche perché gli organizzatori, dando per scontata la presenza delle radio, neppure gli dedicano troppa attenzione. E’ come ritrovarsi per un giorno senza il cellulare in un mondo che ha eliminato quasi del tutto le cabine telefoniche e quelle che ci sono neppure funzionano bene.

L’apporto dei tecnici (qui Velo e Sangalli) è minimo: poco più dell’assistenza tecnica
L’apporto dei tecnici (qui Velo e Sangalli) è minimo: poco più dell’assistenza tecnica

Direttori spogliati

Vietare le radio per tre giorni all’anno è una delle scombinate regole dell’UCI, che non portano al miglioramento dello sport ma incrementano la confusione. Se proprio qualcosa si vuole vietare, si tolgano i misuratori di potenza in gara. In questo caso non si tratterebbe di fermare il progresso, perché se ne consentirebbe l’uso in allenamento, mantenendo al ciclismo le sue prerogative di uomo contro uomo e uomo contro la natura, non di uomo contro quei numeri.

Vietare le radio per tre giorni all’anno, oltre che incoerente, significa spogliare i tecnici delle loro prerogative. E ci chiediamo se in questa continua ricerca del meglio, si tratti di una cosa tanto intelligente.

Battistella-Conci, la miglior difesa è l’attacco

26.09.2022
4 min
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A Conci e Battistella era stato affidato il compito di entrare nelle fughe. E se il primo non è riuscito a entrare in quella partita sul Monte Keira, Battistella ha preso il largo di buon mattino ed è rimasto allo scoperto per tutto il giorno.

«Personalmente dovevo stare attento già sul Monte Keira – ha spiegato Conci dopo l’arrivo – però in partenza ho fatto veramente fatica. Un po’ il viaggio, un po’ gli ultimi giorni che abbiamo fatto poco, poi non nascondo che l’agitazione un pochino c’era e secondo me anche quella può aver inciso. Quindi ho mancato quella fuga grossa sul Monte Keira, però sapevo che a 6-7 giri dall’arrivo, sarebbe successo qualcosa e così è stato. Poi ci sono stati tanti tatticismi, io non è che avessi grandi gambe, però nel finale sono arrivati gli altri e abbiamo raccolto un buon risultato».

Conci è entrato nella fuga portata via dai francesi, in cui viaggiava anche Rota
Conci è entrato nella fuga portata via dai francesi, in cuo viaggiava anche Rota

La squadra al coperto

Uscito prima dalla Vuelta per qualche acciacco, Battistella ha trascorso i giorni di vigilia del mondiale cercando di recuperare. Ha corso in Toscana per fare il punto poi ha continuato a crescere nei giorni australiani. E quando ieri si è ritrovato in fuga tanto a lungo, ha avuto finalmente la sensazione di essere tornato.

«Il lavoro che dovevo fare era questo – ha spiegato – stare davanti, entrare nelle fughe importanti e fare in modo che la squadra dietro riposasse. Quindi questo è stato il mio lavoro fin dall’inizio e penso di averlo svolto bene. Avevo una buona gamba, infatti quando il gruppo è arrivato a un minuto, un minuto e mezzo da noi, Daniele mi ha detto di attaccare comunque per smuovere un po’ la situazione e ho visto che le sensazioni erano buone, la gamba c’era ancora. Sennò 230 chilometri di fuga non li facevo».

La condizione di Battistella, qui con Bennati, è andata migliorando con il passare dei giorni
La condizione di Battistella, qui con Bennati, è andata migliorando con il passare dei giorni

L’azione dei francesi

La sua presenza là davanti ha permesso davvero al resto della squadra di gestire le prime ore con relativa calma. Poi, quando il girare nel circuito si è fatto pesante anche per gli uomini di testa, la Francia ha fatto esplodere la corsa.

«Dovevo coprire le fughe dove c’erano le nazionali importanti – ha detto ancora Battistella dopo l’arrivo – e poi, quando la Francia ha attaccato in salita sono entrato subito e siamo riusciti ad andar via. Lì sinceramente, non essendoci le radio, ero convintissimo che ci fossero anche Trentin, Bettiol e Bagioli. Non so come sia stata la dinamica dietro, perché non avendo la radio appunto non ho capito, però fortunatamente poi siamo riusciti a rientrare e fare una top 5 con Trentin».

Casco Limar personalizzato per “Samu Batti”, corridore dell’Astana
Casco Limar personalizzato per “Samu Batti”, corridore dell’Astana

Radio e lavagne

E qui il discorso passa al tema delle comunicazioni in corsa, perché l’assenza delle radio per 2-3 giorni all’anno sembra davvero un grande controsenso. Al punto che Rota davanti non sapeva dell’arrivo di Trentin e Trentin dietro non sapeva di avviarsi allo sprint per l’argento e il bronzo.

«Noi avevamo punti di informazione ai due box – ha spiegato Battistella – poi c’erano Zana e Sobrero sul ponticello ai 4 chilometri, con lavagne su cui scrivevano cosa dovessimo fare. Ma senza radioline è un casino. Quando dopo 250 chilometri provi a leggere una lavagna, di sicuro non è facile. Però sono soddisfatto di me e della squadra. Molti avevano detto che non eravamo all’altezza, però penso che abbiamo dimostrato di esserlo stati. Magari è mancato il podio, però abbiamo lavorato bene tutti insieme».