Montjuic, una salita storica: la “scaliamo” con Petilli

31.03.2023
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La salita con più passaggi e arrivi della storia, il Montjuic che ne conta ben 154, seguono il Col du Tourmalet con 61 e il Col d’Èze con 51. Una statistica sicuramente viziata dalla Volta Ciclista a Catalunya nonché la quarta più antica gara a tappe (1911) per professionisti, che ogni anno si conclude sulle pendici del monte catalano.

Una salita breve (2,7 km con pendenza media 4,7%) ma che ha visto passare campioni di ogni epoca e nazione e ospitato il campionato del mondo del 1973 con Felice Gimondi campione. Una lingua d’asfalto che si arrampica alla sommità posta a 173 metri d’altezza da dove è possibile guardare le bellezze a perdita d’occhio della città di Barcellona. Scopriamo questa breve ma intensa salita insieme a Simone Petilli della Intermarché Circus Wanty che l’ha da poco affrontata alla corsa catalana. 

Simone Petilli ha affrontato la salita del Montjuic quattro volte
Simone Petilli ha affrontato la salita del Montjuic quattro volte
Simone, in quale parte del mondo sei?

Sono in altura a Sierra Nevada, sono rimasto in Spagna direttamente dopo la corsa. Rimango qua due settimane e poi vado direttamente al Giro di Sicilia, successivamente ritornerò per altre due settimane in quota per finire la preparazione sperando di essere poi selezionato per il Giro d’Italia. 

Parliamo della salita del Montjuic, quante volte l’hai affrontata?

E’ la quarta volta come le mie partecipazioni al Catalunya che tutti gli anni finisce lì. 

In che tipo di tappa è inserita?

E’ una tappa impegnativa perché, nonostante sia corta, si va forte tutto il giorno e la salita è bella per il contesto e sopratutto perché c’è sempre tantissima gente, complice anche il fatto che la corsa si chiude di domenica. 

Per farci capire meglio, la paragoneresti a qualche salita nostrana?

Da paragonare è difficile, non saprei trovare un’altra salita con queste caratteristiche. Inizia abbastanza regolare, si passa sotto l’arrivo e da lì è pedalabile. Ci sono due tornanti e poi da metà spiana e scende un po’, poi inizia la parte finale che è quella più impegnativa. Si prende con un’alta velocità perché si arriva da una leggera discesina per poi immettersi sulla rampa subito dura. E’ una salita in cui bisogna soffrire. Non si fanno alte velocità nel finale perché è impossibile viste le pendenze sopra al 10%. Appena finita saper rilanciare è fondamentale. 

Qui Gimondi sul Montjuic durante i campionati del mondo del 1973
Qui Gimondi sul Montjuic durante i campionati del mondo del 1973
Ok, analizziamola meglio. Con che rapporti l’hai affrontata?

La prima parte essendo molto pedalabile si sale con il 54 e a velocità vicine ai 30 km/h. Segue la parte intermedia dove si prende ancora più velocità e infine la rampa conclusiva che si affronta con i rapporti più agili. Le velocità oscillano tra i 10 e i 15 all’ora. Noi usiamo 54-39 e 11-34. I primi giri penso di averli fatti con il 39×34 mentre gli ultimi tenevo il 30 nella parte impegnativa. 

Quanto è lunga l’ultima parte?

Saranno 500/600 metri che si riassumono in circa due minuti di sforzo molto intenso

Si guardano i dati in quei momenti?

In quelle situazioni seguo solo le sensazioni e cerco di gestirmi al meglio. Cercavo di prenderla nella migliore posizione possibile e con la maggior velocità, poi dopo si trattava di gestire. La maggior parte la facevo fuori sella perché mi trovo meglio senza guardare né dati né cardio

Ci hai detto che una fase delicata è anche quella dello scollinamento. Spiegaci…

Il punto di scollinamento ha una velocità molto bassa, sia perché è veramente dura sia perché hai dato tutto. Arrivati in cima si gira a destra c’è qualche metro di ciottolato e dopo inizia subito la discesa. Riuscire a rilanciare subito è fondamentale e si fa la differenza perché la discesa è molto veloce. L’ho provato in prima persona quando ho scollinato a pochi metri da un corridore ma essendo a tutta e senza la prontezza di rilanciare subito capitava di prendere dei metri che poi diventavano difficili da chiudere. 

Ancora oggi il Montjuic è decisivo per la tappa finale. Qui lo scatto di Evenepoel seguito da Roglic
Ancora oggi il Montjuic è decisivo per la tappa finale. Qui lo scatto di Evenepoel seguito da Roglic
Il manto stradale in che condizioni è?

L’asfalto è perfetto anche perché è all’interno del parco del Montjuic, ho sempre trovato delle buone condizioni. La strada è molto larga e si stringe solo nella parte conclusiva, ma comunque c’è sempre ampio spazio per passare. Stesso discorso vale per la discesa, molto ampia e veloce in particolare ci sono due curve che si fanno a piena velocità senza toccare i freni. 

La carreggiata è ampia?

Se uno ha gambe ha sempre la possibilità di recuperare anche in salita. Nel ciclismo moderno la posizione è sempre più importante. In un percorso del genere è importante stare davanti, ma giro dopo giro sono le gambe a parlare e a determinare la posizione.

Hai parlato della presenza di tanto pubblico…

Tutti gli anni c’è sempre grande tifo. Il Catalunya è una corsa importante. Finendo di domenica in un circuito che si ripete più volte, attira molti tifosi e devo ammettere che sulla parte più dura della salita c’è sempre un alto numero di tifosi che ti da una gran mano a livello emotivo e questo è sempre un piacere del ciclismo. 

Una salita storica, qui lo scalatore Luis Ocana
Una salita storica, qui lo scalatore Luis Ocana
Che cosa rappresenta per te questa salita?

E’ una salita bella da fare e che ha il suo fascino essendo la tappa finale da sempre. Vedendo anche cosa dicono i siti di ciclismo e i giornali vincere la tappa del Montjuic ha un valore un po’ particolare. Penso che nel palmares di un corridore la vittoria ad una tappa del Catalunya e una al Montjuic hanno un peso differente. Nonostante sia la stessa corsa, alzare le braccia qui regala qualcosa in più nella carriera di un corridore. 

Si adatta alle tue caratteristiche?

Non è il tipo di sforzo ideale per me. Come dicevo la parte conclusiva richiede un impegno di circa due minuti. Mi trovo meglio con sforzi più lunghi. Però mi sono sempre trovato bene in questa tappa perché arriva l’ultimo giorno e soprattuto si ripete tante volte. E’ tutta salita o discesa senza respiro, e arrivati all’ultimo giro la stanchezza e il fondo fanno la differenza

Corse disegnate male? La (giusta) osservazione di Manolo Saiz

29.03.2023
6 min
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Un tweet della scorsa settimana (dopo la quarta tappa e l’ennesima sfida fra Evenepoel e Roglic al Catalunya) su cui abbiamo rimuginato a lungo. Non tanto per il concetto, che si presta ad approfondimento, quanto per il suo autore: Manolo Saiz (foto Capovelo in apertura).

«Voy a hacer una crítica que espero deba ser constructiva porque no lo es malintencionada. Una carrera que en tres dias, por recorrido, solo tiene dos protagonistas, es que está muy mal diseñada, divertimento aparte!!».

Farò una critica, scrive, che spero risulti costruttiva perché non ha cattive intenzioni. Una corsa che in tre giorni, a causa del suo percorso, ha solo due protagonisti, è disegnata molto male, divertimento a parte!

Alla Volta a Catalunya, cinque tappe su sette hanno avuto per contendenti Roglic ed Evenepoel
Alla Volta a Catalunya, cinque tappe su sette hanno avuto per contendenti Roglic ed Evenepoel

Fuori dal gruppo

Manolo Saiz è stato per anni il grande capo della Once, squadrone schiacciasassi con la maglia gialla e nera e con un po’ di rosso, patrocinata dalla Lotteria dei Ciechi di Spagna. Già allora, ben prima di Sky e della Jumbo-Visma, Saiz poneva un’attenzione incredibile su posizioni e materiali. Ha scoperto e lanciato corridori come Contador, Purito Rodriguez, Zulle, Jalabert, Beloki, Rincon, Breukink, Olano, Sastre, Luis Leon Sanchez. Uno che di ciclismo ne ha sempre saputo tanto, forse anche troppo.

Nel 2006, Saiz e la sua squadra rimasero coinvolti nell’Operacion Puerto, in una delle pagine più brutte e malgestite dell’antidoping di tutti i tempi. E mentre negli anni sono fioccate le squalifiche per i corridori, Manolo non ha avuto condanne né sospensioni, salvo essere messo all’indice ed escluso negli anni a seguire dal ciclismo dei grandi. Per un po’ ha avuto una squadra di U23 e poi è uscito definitivamente, ma non ha mai smesso di seguire le corse.

La premessa è necessaria per dire che non era un ciclismo di santi e che comunque ciascuno di quelli che vi rimasero coinvolti ha pagato a suo modo un prezzo molto alto, ma ciò non toglie che il tema di quel tweet ci abbia fatto ragionare. E’ stato bello vedere ogni santo giorno Evenepoel e Roglic là davanti? E tutti gli altri? Così abbiamo chiamato Manolo Saiz e gli abbiamo chiesto di spiegarci il suo punto di vista

Vingegaard ha aperto la stagione al Gran Camino, vincendo le tre tappe e la classifica finale
Vingegaard ha aperto la stagione al Gran Camino, vincendo le tre tappe e la classifica finale
Qual è il concetto?

Il concetto è che stiamo vivendo un ciclismo bellissimo. Ci sono cinque o sei corridori che lo interpretano in modo coraggioso. Questo però non significa che i percorsi di gara debbano essere fatti soltanto per esaltare loro.

Spiegati meglio, per favore.

La gara di un giorno può essere disegnata come vuole l’organizzatore. Può avere salite, può avere pavé, può avere muri, può avere quello che vuoi. Perché se il ciclista ha un guasto, domani o il giorno dopo avrà un’altra possibilità in un’altra gara di un giorno. Ma quando hai 6-7 giorni di gara come pure 21, i percorsi non possono essere ripetitivi. Non può essere che al Catalunya per cinque giorni i protagonisti siano stati sempre gli stessi due. Erano i più forti, ma perché le tappe erano uguali fra loro. Perché si vuole svalutare il ciclismo degli altri? Va bene, stiamo dicendo che ci sono dei corridori fortissimi, ma perché organizzare le corse solo per loro?

Come deve essere disegnata una corsa a tappe?

Non sempre i percorsi fatti per avere tanti consensi sui social sono attraenti per la qualità del ciclismo. Nel nome di questa, mi piacerebbe anche vedere Ganna all’attacco, oppure ammirare i velocisti o i migliori cronoman. In una settimana mi piacerebbe vedere situazioni di gara diverse da quelle create da questi pochi corridori. Secondo me è sbagliato che un organizzatore, che ha il privilegio di avere sette giorni a disposizione, pensi solo a pochi attori. Quel privilegio dovrebbe essere al servizio di tutti.

All’inizio hai parlato dell’influenza dei guasti meccanici.

Non mi piace che mettano ripetutamente muri estremi o tratti pericolosi e che nessuno pensi alle possibili conseguenze. La cosa importante in una gara a tappe è che le insidie siano fatte in modo che nessun corridore possa perdere la corsa a causa di un guasto o una caduta. Visto quante cadute ci sono? Ci riempiamo la bocca dicendo che vogliamo un ciclismo più sano, vogliamo un ciclismo più sicuro… Lo vogliamo e alla fine non lo stiamo facendo.

Cinque vittorie nei primi sei giorni di gara: Pogacar ha iniziato alla grande il 2023, poi ha proseguito alla Parigi-Nizza
Cinque vittorie nei primi sei giorni di gara: Pogacar ha iniziato alla grande il 2023, poi ha proseguito alla Parigi-Nizza
Stai facendo un discorso per lo spettacolo oppure pensi che su percorsi più vari quei pochi campioni siano più attaccabili?

Secondo me è un discorso a vantaggio dello spettacolo, perché questi fenomeni sanno muoversi anche su altre tipologie di percorsi. E’ un discorso per il ciclismo stesso, che ha bisogno di una maggiore varietà agonistica. Se questa non c’è, stiamo sbagliando.

Quali sono le conseguenze?

Anche se gli italiani non hanno più scalatori forti come prima, ci sono molte gare in cui il ciclismo italiano non lo vediamo. E non vediamo neppure il ciclismo spagnolo, che non è messo tanto meglio. Guardi la corsa e ti dici: «Diavolo, non può essere questo. Inizia la Ruta del Sol e ci sono tre tappe vinte dallo stesso corridore». Al Gran Camino le vince tutte un altro. Parlo di uno, però mi riferisco a questi 5-6 che possono vincere tutte le tappe. Onestamente penso che non sia giusto.

Cosa manca?

I percorsi di gara devono essere diversi. Deve esserci la media montagna e deve esserci una montagna dove puoi salire a 20 all’ora e una dove puoi salire a 30 all’ora. Il bello della salita sono l’attacco e il contrattacco. Se però metti un muro di 3 chilometri al 20 per cento, ognuno sale alla sua velocità ed è impossibile che ci siano attacchi e contrattacchi, perché vanno a 11 all’ora.

Come fare una Vuelta di soli Angliru?

Vale la pena avere una tappa come l’Angliru. E’ perfetto anche se c’è una tappa con il Mortirolo, ma non possono esserci sei tappe con il Mortirolo. Almeno questo è il mio modo di vedere il ciclismo: quello che penso sia utile per difendere lo spettacolo del mondo del ciclismo 

Manolo Saiz va ancora a guardare le corse?

Quest’anno vorrei andare al Tour, ma non so avrò il tempo. Mi piace il Giro, ma mi piace soprattutto andare a vedere le corse dei dilettanti. Mi è sempre piaciuto il ciclismo di base.

La tua squadra di under 23?

Lo sponsor si è comprato il Real Racing Santander, per cui è passato al calcio. Non faccio più nulla nel ciclismo, serviva un colpevole e io ero l’utile sciocco. Qualche azienda importante che mi ha detto che con me sarebbe entrata, ma non se ne è potuto fare niente. Mi aveva cercato la Katusha, ma qualcuno gli ha fatto capire che era meglio lasciar perdere. Curiosamente gli stessi che hanno coperto altri corridori, come si sa bene…

Cosa fai per vivere?

Ho chiuso il ristorante. Sono tranquillo con la mia famiglia e per il momento Manolo Saiz nel ciclismo non fa più niente. Ho un’azienda che si dedica a Blockchain, Nftc e sicurezza internet con un socio, che è quello che se ne intende davvero. Passo parecchio tempo in questo e poi guardo tutte le corse alla televisione. Stiamo vivendo davvero un buon ciclismo. Quei cinque o sei sono straordinari, speriamo che gli costruiscano attorno uno spettacolo all’altezza. Il ciclismo ha bisogno di tutti.

Il duello del Catalunya si allunga sul Giro: 40 giorni al via

27.03.2023
5 min
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L’ultima partita del Catalunya se la sono giocata a testate nel circuito del Montjuich. Remco Evenepoel e Primoz Roglic: l’aspirante vincitore e il leader della classifica. Sono arrivati all’ultima tappa con dieci secondi di vantaggio a favore di Roglic, ma il campione del mondo non ha mai pensato di accontentarsi del secondo posto. Così sulla salita più celebre nell’area di Barcellona ha sferrato il primo attacco e i soli a seguirlo sono stati Roglic e Soler. E quando poi ha mollato il secondo colpo, gli è rimasto attaccato soltanto lo sloveno. I due sono andati avanti così fino al traguardo. Evenepoel ha vinto la tappa, Roglic si è accontentato della classifica. Due tappe vinte per ciascuno e alla fine anche un abbraccio simbolo del nuovo corso: non ti regalo niente, ma ti rispetto.

Il Montjuich con Barcellona sullo sfondo è stato il teatro dell’ultima sfida alla Volta a Catalunya
Il Montjuich con Barcellona sullo sfondo è stato il teatro dell’ultima sfida alla Volta a Catalunya

Roglic in ripresa

Nel racconto della sfida e nella sua proiezione sul Giro d’Italia è mancata in questi giorni la consapevolezza che Roglic ha iniziato la preparazione in forte ritardo. A causa della brutta frattura della spalla alla Vuelta, nel giorno di Tomares, Primoz ha dovuto rimanere fermo a lungo. Quando lo abbiamo incontrato nel quartier generale del Team Jumbo-Visma in Olanda, ci aveva raccontato che il suo obiettivo minimo era riuscire a essere pronto per il primo ritiro. Per cui le sue vittorie alla Tirreno-Adriatico e ora al Catalunya sono ancora più notevoli. Al confronto con il vincitore uscente della Vuelta, che ha potuto condurre un inverno sul filo della perfezione.

«Sono molto contento – ha detto Roglic – il Giro di Catalogna mancava ancora dalla mia lista dei successi. E’ una corsa molto dura e il fatto di averlo vinto proprio quest’anno significa molto per me. La squadra mi ha aiutato. I miei compagni mi hanno protetto tutto il giorno e mi hanno tenuto sempre nella giusta posizione. Per fortuna avevo anche le gambe per andare con Remco. Sapevo che nell’ultima tappa ci avrebbe riprovato».

Nella quinta tappa del Catalunya con arrivo in salita, Roglic ha piegato la resistenza di Evenepoel
Nella quinta tappa del Catalunya con arrivo in salita, Roglic ha piegato la resistenza di Evenepoel

Rivali e alleati

Proprio prima del via, i due sono stati per qualche minuto accanto. E proprio Evenepoel ha raccontato di uno scambio di battute. Roglic gli ha detto che si aspettava un suo attacco. E il campione del mondo ha risposto che non gli avrebbe reso la vita facile, ma sapeva che non se lo sarebbe tolto di ruota.

«Il rapporto tra me e Roglic – ha spiegato Evenepoel dopo la corsa – da fuori sembra più competitivo di quanto sia in realtà. Primoz è uno che vuole combattere, forse è più difensivo di me, ma sono convinto che al Giro d’Italia questo nostro duello ci renderà anche alleati. Penso a quanto abbiamo visto ad Harelbeke tra Van Aert, Van der Poel e Pogacar. Certi corridori sanno che per vincere devono collaborare e non farsi dispetti. Quindi, anche se qualche momento di tensione lo abbiamo avuto, penso che abbiamo costruito un certo legame e che al Giro avremo bisogno l’uno dell’altro. Allo sprint ce la giochiamo. In salita penso che ci sia ben poca differenza. Sarà tutto da giocare…».

Evenepoel ha vinto l’ultima tappa a Barcellona, Roglic si accontenta della vittoria nella generale
Evenepoel ha vinto l’ultima tappa a Barcellona, Roglic si accontenta della vittoria nella generale

Re di una settimana

Roglic, che ha vinto per tre volte la Vuelta ed è uno dei corridori più vincenti nelle corse a tappe di una settimana. Dal 2014, ne ha vinte ben 18, fra cui 13 nel WorldTour: dai Paesi Baschi al Romandia, passando per UAE Tour, Tirreno-Adriatico e Parigi-Nizza. La sola sfida con Evenepoel in un grande Giro si stava attuando lo scorso anno alla Vuelta, con il belga in vantaggio di 1’26” all’inizio della terza settimana.

«Questo inizio di stagione – ha detto Merjin Zeeman, allenatore della squadra olandese – è incredibile. Dopo essersi infortunato alla spalla, Primoz non ha potuto pedalare per molto tempo. Non ci saremmo mai aspettati che al suo ritorno vincesse subito due gare World Tour. Ma sappiamo anche che quello che va bene oggi non va più bene domani. Dobbiamo migliorare ogni giorno per essere al top della forma al via del Giro».

Sul podio di Barcellona, oltre a Roglic ed Evenepoel, è salito Almeida, altro pretendente per il Giro
Sul podio di Barcellona, oltre a Roglic ed Evenepoel, è salito Almeida, altro pretendente per il Giro

Le crono del Giro

E così, in attesa di vedere bene le carte degli altri sfidanti, il duello del Catalunya si allunga sulla sfida rosa. E si capisce bene dalle parole del campione del mondo, che l’analisi dei dettagli sia piuttosto avanzata.

«Al Giro ci sono tre cronometro – spiega Remco – in quelle voglio prendere vantaggio su Roglic. Sarà anche campione olimpico, ma io penso di andare meglio. Passo parecchio tempo sulla bici da crono e continuerò a farlo. Voglio approfittarne al Giro, in modo da arrivare alle tappe di montagna già in vantaggio, in modo da dovermi difendere e poterlo controllare. Ma prima voglio vincere anche altre corse. Per cui ora rimarrò un paio di giorni a Barcellona, quindi festeggerò a casa il compleanno di mia madre e da giovedì sarò nuovamente sul Teide. E prima di venire in Italia, farò un altro giretto alla Liegi…».

Sbaragli, in 48 ore dalla Sanremo all’ambulanza

23.03.2023
6 min
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Oltre a togliere di mezzo Dario Cataldo, la prima tappa della Volta a Catalunya è costata la frattura dello scafoide a Kristian Sbaragli, che appena due giorni prima aveva aiutato Van der Poel a vincere la Sanremo. Dalle stelle alla polvere in meno di 48 ore. Domattina il toscano, che sta ingannando l’attesa in famiglia con Camilla e il figlio Lorenzo, finirà in sala operatoria e da lì inizierà la rincorsa.

Cosa è successo in Spagna?

A quattro chilometri dall’arrivo eravamo nelle prime posizioni. Io ero sulla destra e Yates si è infilato ancora a destra e mi ha chiuso davanti. Io in quella frazione di secondo stavo guardando leggermente dietro, perché avevo Kaden Groves a ruota. Yates m’ha preso la ruota davanti. Andando giù, col manubrio ho agganciato la sua ruota dietro e siamo caduti. Il problema è che era leggera discesa, mi sembra dal computerino che si andasse a 72-73 all’ora. Quindi c’è stata la maxi caduta.

Al traguardo con il polso dolorante e escoriazioni: il Catalunya finisce così (foto Charlotte Pudepiece)
Al traguardo con il polso dolorante e escoriazioni: il Catalunya finisce così (foto Charlotte Pudepiece)
La stessa di Cataldo?

Sì. In 7-8 siamo finiti sulla parte destra della strada e poi di conseguenza anche sulla parte sinistra sono caduti altri 5-6, fra cui Dario, che penso abbia preso il marciapiede. C’era un marciapiede bello alto e ho visto che si è fatto parecchio male

Quanto dura la convalescenza per uno scafoide rotto?

Sono andato in ospedale e mi hanno ingessato. La procedura normale va dalle sei alle otto settimane di gesso. Però con l’operazione, anche se è abbastanza soggettivo, spero in tre settimane di potermi allenare su strada.

Quindi comunque la primavera è andata?

Abbastanza. Quest’anno con la squadra si era fatta una preparazione incentrata sui Giro. Io avrei dovuto fare il Catalunya, con la Sanremo venuta fuori in extremis. Poi i Paesi Baschi, un po’ di Ardenne e poi avrei dovuto fare due settimane di altura prima del Giro. Adesso bisogna prima vedere se recupero. L’obiettivo Giro resta, però naturalmente i Paesi Baschi è impossibile farli. Forse la prima corsa utile, se riesco a recuperare, potrebbe essere il Romandia.

Al via del Catalunya, primo da sinistra, dopo la vittoria di Sanremo: la trasferta spagnola dura il tempo di una tappa
Al Catalunya, primo da sinistra, dopo la vittoria di Sanremo: la trasferta spagnola dura il tempo di una tappa
Che comunque è una corsa di un certo livello…

Infatti oramai con il ciclismo di oggi, per arrivarci un po’ presentabile, entro il 10 di aprile devo essere in grado di allenarmi bene su strada. Perché se ci vai senza allenamento, fai due o tre tappe e torni a casa. Il livello è altissimo. 

Era programmato questo inizio con poche gare?

Fin nei dettagli. Tutto il gruppo Giro, con Conci, Oldani ed io, ha ricevuto lo stesso programma. A me hanno chiesto di fare in più la Sanremo.

Un programma piuttosto preciso, quindi? 

Visto che siamo saliti di categoria, quest’anno si fa il 99 per cento di gare WorldTour, quindi la squadra è divisa sempre in base agli obiettivi. Non si va a correre a caso, abbiamo tutti il programma da gennaio sino a fine stagione. Poi succedono certe cose e un po’ cambia. Per cui ora siamo rimasti che il primo passo è operarsi e naturalmente ho cercato di farlo il prima possibile. Poi, una volta fatta l’operazione e sperando che vada tutto bene, si valuta quando risalire in bici. E poi da lì, spero di poter fare perlomeno il Romandia.

Conci sta seguendo lo stesso programma di Sbaragli, con l’obiettivo del Giro d’Italia
Conci sta seguendo lo stesso programma di Sbaragli, con l’obiettivo del Giro d’Italia
Dopo l’intervento potrai andare sui rulli?

Direi di sì e infatti si sta valutando con la squadra che potrei approfittarne per andare una settimana o dieci giorni in altura a Livigno. E’ freddo, ma se si tratta di pedalare al chiuso, posso andare su con la famiglia ed evitare di stare fermo. Questa frattura capita nel periodo peggiore, in cui dovevo correre ininterrottamente fino al campionato italiano, poi avrei staccato per preparare il finale. Invece sono uscito da quella Sanremo trionfale, sono salito in macchina con il massaggiatore per andare al Catalunya e dopo 48 ore ero su un’ambulanza…

Come la mettiamo con il peso?

Il programma seguito in questo inizio di stagione serviva a lavorare solo sulla condizione e non sul peso, cercando le qualità che vengono fuori dalle gare. Quindi sulla bilancia ero a posto. Naturalmente ora è importante riguardarsi. Voglio salire subito sui rulli per non perdere il tono muscolare. Perché se quello cala e insieme metti su 2 chili, poi non recuperi più.

Come è stato vincere la Sanremo con Mathieu?

E’ stato bello, la squadra ci teneva e abbiamo fatto tutto al 100 per cento. Durante la Tirreno ero in ritiro, perciò mi hanno fatto andare direttamente a Sanremo. Abbiamo fatto tre giorni di ricognizioni e ci siamo allenati tutti insieme. La Sanremo era il primo obiettivo vero per Mathieu e anche per la squadra. Okay le corse del Nord, però la Sanremo è sempre un rebus. Per cui sabato è stata una grande giornata per tutti. 

La prima corsa 2023 di Sbaragli è stata la Volta ao Algarve, da cui sarebbe passato al Catalunya, via Sanremo
La prima corsa 2023 di Sbaragli è stata la Volta ao Algarve, da cui sarebbe passato al Catalunya, via Sanremo
Ti abbiamo visto tirare fino alla Cipressa.

Sulla carta avevamo una squadra molto competitiva. Mathieu è partito come capitano, però avevamo Philipsen che doveva provare a reggere sul Poggio. Più c’erano Soren Kragh Andersen e Quinten Hermans che dovevano essere presenti se c’era qualche azione fra Cipressa e Poggio, oppure anche all’inizio del Poggio. Il mio lavoro è stato tenere la squadra davanti dai Capi all’imbocco della Cipressa e assicurarsi di non perdere la corsa proprio lì. Ho fatto le mie 10 Sanremo e in quel punto la Sanremo si può perdere.

Ti aspettavi che Philipsen andasse così forte?

Dal Tour de France in poi, Philipsen ha fatto un grande salto di qualità, più che altro a livello mentale. E così la squadra ha investito sui corridori giusti per aiutarlo ed è diventato il secondo uomo di riferimento insieme a Mathieu. Si è preso la responsabilità giusta e adesso da velocista si sta trasformando in corridore da classiche

Per te non si tratta della prima vittoria a Sanremo, giusto?

Eh sì, è vero, la prima l’ho fatta 10 anni fa. C’ero anche nel 2013 in squadra con Ciolek quando vinse la Sanremo accorciata per la neve. Eravamo compagni di squadra.

E allora in bocca al lupo per l’operazione.

Evviva il lupo. Vado domattina a Firenze. Certe cose sono sempre una scocciatura, ma quando si raccontano, bisogna pensare a chi sta peggio, come Cataldo. Oggi c’è il sole, sono con la famiglia, vediamo il positivo delle cose…

Catalunya subito stellare, ma che paura per Cataldo…

21.03.2023
5 min
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Nel giorno in cui sul traguardo di Sant Feliu de Guixols, Evenepoel e Roglic si misurano la febbre e lasciano un acconto di quel che sarà la sfida del Giro d’Italia, la prima tappa della Volta a Catalunya lascia sull’asfalto il dolore di Dario Cataldo. L’abruzzese si ritrova in ospedale con una diagnosi pesantissima solo da leggere.

Le inquadrature lo mostrano accovacciato sul marciapiede alla destra della strada, insieme ad altri corridori ugualmente a terra. L’intervento di due passanti è da pelle d’oca. Prima lo muovono, poi per fortuna capiscono di non dover intervenire e lo vegliano in attesa dei soccorsi.

Il comunicato diffuso nella serata di ieri dalla Trek-Segafredo è un rosario di fratture, al termine del quale si annuncia che Dario sarà trasferito e operato all’ospedale di Girona per la riduzione della frattura alla testa del femore. La caduta è avvenuta a 5,4 chilometri dall’arrivo, mentre il gruppo era lanciato verso il primo arrivo.

Cataldo è caduto ai 5,4 chilometri dall’arrivo, ora è ricoverato con una prognosi molto impegnativa
Cataldo è caduto ai 5,4 chilometri dall’arrivo, ora è ricoverato con una prognosi molto impegnativa

Partenza ritardata

Sul traguardo Roglic ha guastato la festa a Evenepoel, che ha cercato di rimediare a una volata iniziata dalle retrovie e persa al fino di lana. Lo sloveno, fresco vincitore della Tirreno-Adriatico, è partito in testa e ha subito la rimonta del belga. Sul traguardo spagnolo a vederlo c’erano anche i genitori.

«Penso di aver fatto lo sprint più veloce di tutti – ha detto Remco – ma sono venuto da troppo indietro. Ero a ruota di Van Wilder, ma all’improvviso sono passati da entrambi i lati e questo mi è costato la vittoria. A 300 metri ero quattro o cinque bici dietro Roglic. Se arrivi secondo per così poco, allora puoi parlare davvero di un’occasione persa. All’inizio della corsa non mi sentivo bene, forse a causa dell’allenamento in altura. Ma quando in salita il ritmo è aumentato, le gambe pesanti sono gradualmente scomparse».

Torna finalmente in gruppo anche Bernal, qui con Carapaz e il campione del mondo
Torna finalmente in gruppo anche Bernal, qui con Carapaz e il campione del mondo

Guadagno negli sprint

Il campione del mondo se ne è fatto una ragione. Così prima ha picchiato il pugno sul manubrio e poi si è complimentato con Roglic, che gli è superiore su certi tipi di arrivo, e poi ha fatto un bilancio obiettivo.

«Roglic ha vinto quasi ogni sprint alla Tirreno-Adriatico – ha spiegato – e io l’ho quasi battuto. Sono diventato molto più forte in questi arrivi, il mio sprint è migliorato enormemente. Non ho ancora la miglior potenza, ma l’aerodinamica e il peso inferiore mi fanno andare più veloce. Ora posso anche competere su traguardi da finisseur e questa è una buona notizia anche per gli arrivi in salita. Dopo uno sforzo prolungato, mi sento ancora meglio negli sprint».

Roglic arriva al Catalunya dopo la vittoria alla Tirreno-Adriatico e pare ancora molto in palla
Roglic arriva al Catalunya dopo la vittoria alla Tirreno-Adriatico e pare ancora molto in palla

La solidità di Roglic

E Roglic cosa ha detto? Lo sloveno, che alla Tirreno-Adriatico si era detto stupito per le sue ottime performance, deve aver capito che la condizione che lo sostiene è vera e degna dei giorni migliori.

«So di non essere un vero velocista – ha detto – ma sapevo di poter lottare per la vittoria di tappa. Avevo buone gambe, ma ovviamente c’è voluta un po’ di fortuna. Sono molto grato alla squadra. I miei compagni hanno fatto un ottimo lavoro. Senza di loro il risultato di oggi non sarebbe stato possibile, mi hanno messo in un’ottima posizione per gli ultimi chilometri».

Al Catalunya anche Moscon, già rientrato al Gran Camino dopo l’infortunio del Tour Down Under
Al Catalunya anche Moscon, già rientrato al Gran Camino dopo l’infortunio del Tour Down Under

Arrivo in salita

Oggi il Catalunya affronta una tappa difficile, 165 chilometri con arrivo in salita a Vallter: salita finale di 11,4 chilometri con una pendenza media del 7,6 per cento.

«Non ho mai fatto questa scalata, ma sono sicuro che riusciremo a gestirla. Questo è solo l’inizio. Ci sono ancora tappe difficili davanti. Ovviamente vorrei vincere la classifica generale, ma questo è solo il primo giorno. La gara non sarà finita fino a quando non avremo raggiunto Barcellona».

In ansia per Cataldo

Il bollettino medico relativo a Cataldo preoccupa, ma Dario non ha mai perso conoscenza. Il cammino per il ritorno sarà lungo.

«Una scansione TAC eseguita in ospedale – recita il comunicato della Trek-Segafredo – ha rivelato la frattura della testa del femore sinistro e dell’acetabolo destro (l’articolazione “sferica” dell’anca), due fratture del processo trasversale della colonna lombare senza impatto neurologico, costole rotte multiple con un pneumotorace bilaterale e la clavicola sinistra fratturata. Dario è cosciente ed emodinamicamente stabile e sarà trasferito in un altro ospedale in Catalogna. Dopo una seconda valutazione presso il nuovo ospedale di Girona, subirà un intervento chirurgico per riparare la frattura del femore».

Si potrebbe parlare ancora del duello fra Roglic ed Evenepoel e siamo certi che sin da oggi ce ne saranno altri spunti. Ma qui vogliamo prima di tutto mandare a Dario gli auguri dell’Italia del ciclismo, della nostra redazione e, ne siamo certi, di tutti i nostri lettori. Forza amico, torna presto!

Colbrelli, pronto un futuro da campione: Cassani sicuro

29.10.2022
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Era il primo giorno di primavera, il 21 marzo 2022, quando Colbrelli ha visto spalancarsi davanti il rettilineo in lieve salita con l’arrivo di Sant Feliu de Guixols giusto sulla cima. Giro di Catalogna, prima tappa. Matthews sul lato destro, lui sul sinistro verso il secondo posto. Di quel giorno non ricorda molto, se non il fatto che dopo la volata si spense la luce e quando qualcuno per miracolo riuscì a riaccenderla, la sua carriera di corridore era finita.

Prima tappa del Catalunya 2022 a Sant Feliu de Guixols: Colbrelli secondo dietro Matthews, poi il malore
Prima tappa del Catalunya 2022 a Sant Feliu de Guixols: Colbrelli secondo dietro Matthews, poi il malore

Il ritiro dalle corse

Giusto oggi Colbrelli ha annunciato il ritiro dalle corse. La storia dice che l’infermiere che lo rianimò fece davvero un mezzo miracolo, riportandolo in vita. Il defibrillatore che gli fu impiantato successivamente per evitare drammatiche ricadute gli impedisce di ottenere l’idoneità. E così, essendosi preso il tempo necessario, Sonny ha comunicato che non ci saranno per lui altre corse. Resta in archivio, al culmine di una carriera da 11 anni di professionismo, il 2021 dei sogni. Con vittorie qua e là, poi il campionato italiano di Imola, il Benelux Tour, l’europeo di Trento e l’infernale Roubaix di ottobre. Pochi giorni prima, il mondiale di Leuven lo vide al 10° posto, piegato da quel genio di Alpahilippe.

Campionati europei di Trento: Colbrelli resiste a Evenepoel e lo batte in volata. Cassani lo festeggia
Campionati europei di Trento: Colbrelli resiste a Evenepoel e lo batte in volata. Cassani lo festeggia

Sonny e Davide

Curiosamente, per quell’ironia a volte inspiegabile, la sua carriera in azzurro è coincisa con quella di Davide Cassani, che per primo lo convocò da professionista a Ponferrada e poi lo fece per altre quattro volte. A Doha, Bergen, Harrogate e Leuven. E proprio a Davide abbiamo chiesto di ripercorrere i suoi anni con Colbrelli.

«Un po’ me l’aspettavo che avrebbe fatto questo annuncio – dice il romagnolo – perché la cosa è stata molto seria. Sonny è stato il mio primo e ultimo capitano. Fu il mio uomo di punta a Ponferrada, nonostante fosse molto giovane, e poi è stato il mio capitano anche nelle Fiandre. Quindi alla fine la mia esperienza in nazionale è coincisa con la sua.

«A Ponferrada gli sono mancati 30 metri e sarebbe potuto arrivare non tredicesimo, ma nei primi cinque. Mentre nelle Fiandre abbiamo trovato un Alaphilippe superlativo. Ma a parte i risultati, è uno dei ragazzi più buoni e generosi che io abbia mai incontrato tra i miei azzurri e, soprattutto nell’ultimo periodo, cresciuto di testa».

Mondiali 2014 a Ponferrada: in allenamento il giovane Colbrelli con Daniele Bennati, oggi ct azzurro
Mondiali 2014 a Ponferrada: in allenamento il giovane Colbrelli con Daniele Bennati, oggi ct azzurro
Tu hai toccato con mano il suo cambiamento.

Forse all’inizio aveva un po’ paura di non essere all’altezza della situazione, probabilmente sentiva la pressione. Nel 2021 era un Sonny diverso, che non aveva paura di niente. Negli ultimi due anni è arrivato a un equilibrio e una consapevolezza delle proprie forze molto diversi rispetto ai primi tempi.

La prima vittoria veramente importante l’ha fatta con te agli europei di Trento…

In realtà aveva già vinto il campionato italiano e poi all’europeo è stato esemplare, perché alla fine è riuscito a battere Evenepoel. L’unico modo che avevamo per riuscirci era correre in quella maniera. E lui poi mi disse che quelli sono stati forse tra i 5 chilometri più duri della sua vita. Tenere Evenepoel non è stato facile, è stato un fenomeno. In quel caso ha dimostrato di essere veramente un campione, perché quel giorno abbiamo corso per lui e lui ha vinto.

Il 3 ottobre 2021, una settimana dopo i mondiali chiusi al 10° posto, Colbrelli vince la Roubaix
Il 3 ottobre 2021, una settimana dopo i mondiali chiusi al 10° posto, Colbrelli vince la Roubaix
E’ sempre brutto quando una carriera si interrompe così, ma secondo te poteva diventare per le classiche uno dei grandi italiani?

Ne sono certo, perché era riuscito veramente a trovare un equilibrio straordinario. Vuoi la famiglia, vuoi l’aiuto che ha avuto dagli altri, è riuscito a sciogliere quei piccoli nodi che non gli avevano permesso di ottenere grandi successi. E la cosa bella è che comunque c’è riuscito con gli anni, senza mai demordere, senza mai mollare. E’ sempre stato un lottatore, un tenace. Sembrava che il suo punto debole fosse nel carattere che ogni tanto gli impediva di ottenere grandi successi. Quindi la sua abilità è stata che comunque è riuscito con pazienza, buona volontà e con puntiglio, probabilmente lavorando sulle sue debolezze, a diventare quello che è diventato.

E cosa era diventato?

Ha vinto l’italiano, ha vinto l’europeo, ha vinto la Roubaix e vi ricordate come ha vinto Il Benelux Tour? Nel 2021 ha fatto veramente un anno stratosferico. E’ stato il classico esempio di un corridore che, conoscendo i suoi punti deboli, è riuscito a superarli con calma e con attenzione.

Ha chiuso il 2021 da campione italiano ed europeo, ma non ha potuto difendere nessuno dei suoi titoli
Ha chiuso il 2021 da campione italiano ed europeo, ma non ha potuto difendere nessuno dei suoi titoli
Tu dov’eri il giorno del malore?

Ero a casa e mi chiamò Alessandra Giardini, chiedendomi se avessi sentito qualcosa. L’ho saputo così, poi ho fatto passare un po’ di tempo e l’ho chiamato. Con Sonny e con Trentin, i corridori che più mi sono stati vicini, avevo proprio un rapporto speciale. Stasera sono a Salò alla presentazione del libro e ci sarà anche lui.

Lo vedi occupare ancora un ruolo nel ciclismo?

Secondo me, anche lui deve ancora capire. Nella vita, questo penso di poterlo dire, quando ti rendi conto che sta arrivando la fine di un ciclo, cominci a pensarci. Un anno prima, un anno e mezzo prima, due anni. Quindi io penso che lui debba ancora metabolizzare questo cambiamento, che è stato proprio radicale. Per l’esperienza che ha e per il carattere, può diventare un direttore sportivo, ma forse anche un uomo importante all’interno di una squadra o di un’azienda. Perché ha la passione, ha l’attenzione e tutto quello che gli può servire. Deve capire e soprattutto studiare quello che potrà fare e poi farlo bene.

La carriera passa, la famiglia resta: esserci ancora è la vittoria 2022 più grande di Colbrelli
La carriera passa, la famiglia resta: esserci ancora è la vittoria 2022 più grande di Colbrelli
Forse i sette mesi trascorsi non sono ancora abbastanza…

Penso che abbia passato momenti non facili. Ti ritrovi che hai risolto tutti i problemi, hai capito come fare per vincere le grandi corse e da un giorno all’altro tutto si ferma. E quando finisce, devi comunque trovare un equilibrio. Secondo me può averlo ritrovato, perché è sempre stato una persona positiva. Penso che anche in questo caso, Sonny sarà andato a vedere il bicchiere mezzo pieno, perché la cosa importante è che lui sia ancora qua.

Si volta la pagina, insomma…

Io sono sempre più convinto, lo vedo anche su me stesso, che quello che semini raccogli. E Sonny ha sempre seminato molto bene, perché è veramente una bella persona, un generoso, un uomo vero. Ha tutto quel che serve. Perciò, quando avrà somatizzato tutto e avrà davanti le varie soluzioni, avrà anche l’opportunità di scegliere quello che andrà a fare.

Si rivede Bagioli: prima l’italiano, poi forse il Tour

09.06.2022
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Quasi due mesi di assenza dalle gare, conditi anche da un pizzico di curiosità e mistero. Non ci sarebbe nulla di strano, se non fosse che il nome in questione è di quelli importanti. Andrea Bagioli, dopo la Freccia del Brabante (il 13 aprile) è rientrato solo il 5 giugno al Criterium del Delfinato.

Mentre è impegnato nella corsa dell’antica provincia francese al confine con l’Italia, abbiamo sentito il 23enne valtellinese della Quick Step-Alpha Vinyl (che oggi ha chiuso al settimo posto la quinta frazione vinta da Van Aert) per capire come sono cambiati i suoi programmi dopo lo stop.

Andrea dove eravamo rimasti?

All’Amstel e al Brabante in cui non stavo bene. La seconda non l’ho nemmeno finita. Dopo il Catalunya ero partito subito per il ritiro a Sierra Nevada ma dopo tre giorni lassù mi sono ammalato. Sono stato fermo qualche giorno, ma quando ho ripreso ad allenarmi mi sentivo sempre stanco. Infatti quelle due gare le ho fatte male. A quel punto abbiamo deciso che era meglio che mi fermassi per capire. Ho fatto due settimane senza toccare la bici e nel frattempo ho fatto un po’ di controlli.

Cosa è emerso?

Tutti gli esiti erano negativi. Non era il covid che già avevo preso a febbraio. Non era mononucleosi, i cui sintomi potevano farlo pensare. In pratica era solo tanta stanchezza. Mi portavo dietro gli strascichi della bronchite che hanno preso in tanti del gruppo dopo il Catalunya. Probabilmente non avevo smaltito a dovere quei residui.

Come li hai vissuti questi due mesi?

Dal punto di vista psicologico inizialmente ero preoccupato, specie dopo la Freccia del Brabante. Poi mi sono tranquillizzato dopo che ho fatto cinque giorni a casa di assoluto riposo. Vedevo che mi sentivo meglio, non mi svegliavo più spossato. Per il resto, oltre che per allenarmi, li ho sfruttati anche per stare con la famiglia e gli amici che in pratica vedo pochissimo.

Considerando la vita intensa che fate voi corridori, questi stop forzati possono fare bene?

Direi di sì, ammesso che non ci siano motivi più seri dietro. Queste pause ti possono aiutare a ricaricare le batterie, soprattutto a livello mentale. Siamo sempre lontano da casa, facciamo viaggi e trasferimenti lunghi. Ad inizio stagione corriamo al caldo, in Arabia o negli Emirati, con diversi fusi orari di differenza. Poi torniamo in Europa per preparare le classiche del Nord con climi decisamente più freddi. Tutto influisce. E poi, almeno nel mio caso, meglio fermarsi subito per non trascinarsi i problemi e risolverli in fretta.

Adesso invece a che punto sei?

Ho ripreso a correre qui al Delfinato, la gara nella quale tutti ritengono si va più forte durante la stagione. Insomma, un bel ritorno di fuoco (ride, ndr). Battute a parte, la condizione è buona. Avverto buone sensazioni in corsa. Significa che il lavoro fatto in altura al Passo del Bernina, vicino a casa, è andato bene.

Cosa ti aspetti dal Delfinato?

Innanzitutto devo ritrovare il ritmo. Sento che manca, anche se pensavo peggio. L’idea di questi giorni è quella di cercare una fuga giusta nelle prossime tappe e magari andare a caccia di una vittoria.

Ti vedremo quindi al Tour de France o direttamente alla Vuelta, che era già in programma?

Ho dovuto rivedere il mio calendario dopo la sosta. Le Ardenne e il Giro d’Italia erano obiettivi che sono saltati. Ovviamente il Tour mi piacerebbe farlo, ma ancora non abbiamo preventivato nulla. Vediamo come esco dal Delfinato. In ogni caso anche se dovessi correre solo la Vuelta prima ci sono tante gare a luglio e agosto in cui fare bene e trovare risultati.

A proposito di obiettivi, immaginiamo che il campionato italiano lo sia. D’altronde con il successo di Barcellona hai rotto il ghiaccio con le corse importanti…

Quella vittoria (settima ed ultima tappa della Volta a Catalunya, ndr) è stata una bella soddisfazione quanto inaspettata. Mi ha dato qualche consapevolezza in più nei miei mezzi. Ho visto l’altimetria del percorso degli italiani in Puglia e si addice molto alle mie caratteristiche. Ripeto, vediamo come esco dal Delfinato ma un pensierino ce lo sto facendo, eccome.

Mentre Sonny aspetta, l’altro Colbrelli vince e racconta

05.05.2022
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Tomas Colbrelli ha stampati nella mente tutti i minuti di quel maledetto 21 marzo, a cominciare dal secondo posto di suo fratello Sonny nella tappa del Giro di Catalogna: «L’avevo vista al computer, ero contento di com’era andato anche se si sa che la vittoria ha un altro sapore. Avevo chiuso tutto e ripreso a lavorare, a un certo punto un collega mi fa: ma tuo fratello? E’ arrivato secondo, gli dico, c’eri a vederlo con me. Perché me lo chiedi?».

E’ passato più di un mese. Sonny (in apertura nella più recente foto su Instagram con il figlio Tomas) attende di sapere quale sarà e soprattutto se ci sarà un futuro in bici, ma intanto abbiamo scoperto che c’è un altro Colbrelli che corre e vince su due ruote, seppur in ambiti molto diversi. Domenica scorsa, nella Granfondo Luca Avesani, una delle grandi classiche del panorama amatoriale, il percorso medio è stato vinto da Tomas, suo fratello più piccolo, per il quale la bici è una scoperta davvero recente.

Colbrelli strada 2022
Tomas corre su strada nel B3L Team, una compagine di Brescia legata a due negozi di articoli sportivi
Colbrelli strada 2022
Tomas corre su strada nel B3L Team, una compagine di Brescia legata a due negozi di articoli sportivi

Fino a un anno e mezzo fa infatti, Tomas Colbrelli delle bici non ne voleva proprio sapere. «Io giocavo a calcio e speravo di fare carriera lì. Ero nel Montichiari, avevo in programma un provino con il Chievo e sembrava potesse concretizzarsi anche un altro con il Milan. Ma eravamo nel periodo del Covid, era tutto molto difficile, oltretutto i miei studi di ingegneria mi toglievano molto tempo».

Poco tempo per allenarsi

Si sarebbe portati a pensare che sia stato Sonny a coinvolgerlo, invece non è così: «L’altro inverno, sapendo che con il calcio avevo un po’ mollato, un mio amico vicino di casa con trascorsi ciclistici mi ha proposto di provare, per tenermi in movimento, così ho cominciato a uscire. Andavo sia su strada che in mtb, ma a essere sinceri mi piaceva di più la prima. Nel frattempo ho iniziato a lavorare full time in un’azienda elettronica dove mi occupo di gestione documentale, quindi il tempo per allenarmi è pochissimo, figurarsi poi d’inverno quando fa buio presto, ma cerco di sfruttarlo bene».

Ecco la prima immagine, ancora da Instagram, pubblicata da Sonny il 5 aprile dopo il malore spagnolo
Ecco la prima immagine, ancora da Instagram, pubblicata da Sonny il 5 aprile dopo il malore spagnolo

E’ così iniziata la sua avventura nel ciclismo, rimanendo però in un altro ambito rispetto a suo fratello e i risultati sono presto arrivati.

«Quest’anno ho vinto l’Energy Marathon di Mtb a Carpenedolo, è stata la mia prima vittoria. Anche abbastanza rocambolesca: ero andato in fuga ma prima del penultimo strappo ho sbagliato strada, così sono finito alle spalle dei tre che mi inseguivano. Li ho ripresi in pianura e sinceramente ero sorpreso di quanto andavo forte. Sono rientrato a 2 chilometri dal traguardo, ho preso in testa le due ultime curve e ho vinto in volata». Un marchio di famiglia, evidentemente…

Attento come un pro’…

I buoni risultati non sono finiti lì: 4° alla Bardolino Bike, altra gara di mountain bike, poi 6° al Colnago Bike Festival, classica granfondo su strada disputata nel percorso medio: «Quelli lunghi non li affronto, non mi alleno abbastanza. Sono conscio delle mie possibilità e ho imparato da Sonny a essere molto attento a tutto, a cominciare dalla nutrizione, ma per fare quelle distanze previste nelle Granfondo bisogna allenarsi molto di più e io non ho tempo».

Tomas Colbrelli 2022
La vittoria di Tomas Colbrelli alla Gran Fondo Avesani
Tomas Colbrelli 2022
La vittoria di Tomas Colbrelli alla Gran Fondo Avesani

D’altronde Tomas è un perfezionista (altro marchio di famiglia): «Per quello ho mollato col calcio, quando ho visto che le cose non andavano come volevo io, sono un perfezionista e se non mi ci ritrovo, è meglio lasciar perdere. Inizialmente, quando ho cominciato ad andare in bici il progetto era di provare un triathlon, ma servirebbe troppo tempo soprattutto per il nuoto, lì è anche questione di tecnica e non si improvvisa. Magari però a fine stagione un duathlon bici+corsa lo provo…».

Che bastonata da Sonny!

La vittoria di domenica a Verona è stata anche una rivincita: «Quando ho corso al Colnago Bike Festival c’ero rimasto male: ero andato in fuga ma mi hanno ripreso all’ultimo chilometro e ormai non ne avevo più… Ci tenevo tanto, a quella gara c’era Sonny a guardare, volevo onorarlo con una vittoria. E’ arrivata qualche settimana dopo…».

Colbrelli mamma 2022
Tomas con papà Federico e mamma Fiore: «E’ come Sonny, in famiglia non molliamo mai…»
Colbrelli mamma 2022
Tomas con mamma Fiore: «E’ come Sonny e me, in famiglia non molliamo mai…»

Il rapporto con il famoso fratello ricorre spesso nei suoi discorsi, che cosa disse sapendo di questa nuova passione? «Sonny non aveva mai detto nulla prima, con lui abbiamo il tipico rapporto tra fratello maggiore e minore, qualche volta è anche severo ma ci vogliamo molto bene. Ricordo che siamo usciti insieme in bici per allenarci e Sonny ha voluto farmi capire che cosa significa soffrire in bici. Aveva la catena sempre tirata, io spingevo alla morte e pensavo: ma quand’è che la tira giù? E lui niente… E’ stata una bastonata utile, ho capito che cosa significa il suo lavoro, quanti sacrifici impone».

Quel terribile 21 marzo

Tomas, dicevamo, ha stampati nella mente tutti i minuti di quel maledetto 21 marzo, a cominciare dal secondo posto nella tappa del Giro di Catalogna: «Il tempo di rispondere al collega che Sonny era arrivato secondo e quello mi fa vedere il sito della Gazzetta con la notizia del malore. Sono sbiancato di colpo, ho chiamato mio padre, agli inizi sembrava un collasso. Sono state ore interminabili, finché il telefono di mio padre ha squillato e dall’altra parte c’era Sonny. Sentirlo è stata la vittoria più bella possibile».

Colbrelli Sonny 2022
Sonny Colbrelli in maglia da campione d’Europa: il suo futuro si saprà fra almeno 2 mesi
Colbrelli Sonny 2022
Sonny Colbrelli in maglia da campione d’Europa: il suo futuro si saprà fra almeno 2 mesi

Da testimone esterno, Tomas non se la sente di fare pronostici sul futuro del campione europeo, al quale è stato impiantato un defibrillatore sottocutaneo.

«L’importante è che sia ancora fra noi. Fino a qualche giorno fa pensava e pensavamo che fosse finito tutto, ora pian piano sta riprendendo a fare attività in attesa dei prossimi controlli. Ci vorranno mesi per sapere.

«So che da una parte la grinta è quella di sempre e vorrebbe tornare in bici anche… ieri. Dall’altra sa che ci sono valori che vengono prima, come la salute e la famiglia e non vuole correre rischi. Il suo futuro è una pagina bianca tutta da scrivere, ma sa che noi ci siamo, al suo fianco per scriverla».

Nel ciclismo di Higuita, non ci sono porte chiuse

03.04.2022
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La prima grande vittoria di Sergio Higuita sarà ricordata, più che per il risultato, per il modo in cui l’ha ottenuta. L’epica fuga con Richard Carapaz (130 chilometri all’attacco) risuona ancora nell’atmosfera. E Sergio – nobile, generoso e lucido – la descrive passo dopo passo, con un ampio sorriso, come se la vittoria alla Volta Catalunya fosse stata quella e non la consacrazione nell’ultimo giorno sul circuito del Montjuich.

«E’ stato un attacco pazzesco – dice Sergio – non me lo aspettavo, ma è successo così. In quel momento non pensavo alla classifica generale o al risultato, volevo solo godermi la giornata e dare spettacolo. E’ una tappa che resterà da raccontare ai miei figli, ai miei nipoti, perché molto raramente si fa una fuga come quella. E ancor di più con un campione olimpico, uno forte e aggressivo come Carapaz».

Il Catalunya è la prima vittoria WorldTour di Higuita. Nell’ultima tappa si è difeso da Carapaz
Il Catalunya è la prima vittoria WorldTour di Higuita. Nell’ultima tappa si è difeso da Carapaz

Ordine teutonico

A 24 anni e dopo aver analizzato attentamente diverse offerte, il giovane colombiano ha voluto entrare a far parte della Bora-Hansgrohe, una squadra metodica che non lascia nulla al caso e che gli ha offerto tutto quello che gli serviva per diventare un ciclista completo. Tutti ricorderanno l’episodio del licenziamento poi revocato dalla Ef per l’uso della nuova bici nel Giro de Rigo.

«Sono tedeschi – racconta – hanno tutto pianificato. Sono così. Sono impressionato dall’ordine che hanno. Tanto che a una settimana dalla gara hai già il piano di lavoro pronto e sai già cosa fare. Con loro non fai quello che vuoi, ma quello che dicono. Devi svolgere il tuo ruolo, loro apprezzano molto il lavoro», aggiunge Higuita, una piccola macchina da guerra, pieno di ambizioni senza tuttavia porsi obiettivi specifici.

Fuga di 130 chilometri con Carapaz nella 5ª tappa del Catalunya e volata vincente del venezuelano
Fuga di 130 chilometri con Carapaz nella 5ª tappa del Catalunya e volata vincente del venezuelano

Obiettivo Liegi

Però ha le idee chiare, questo sì. Dopo l’estate sarà leader alla Vuelta a España, ma prima vuole comunque essere una delle rivelazioni della stagione sulle Ardenne.

«Sono entrato in squadra da capitano – spiega – e la vittoria in Catalogna mi ha dato molta fiducia. Sono un corridore a cui piace sempre stare nella mischia, indipendentemente dalla gara. Un obiettivo a breve termine è andare ai Paesi Baschi e provare a fare una buona classifica. Poi nelle Ardenne e al Romandia. In particolare voglio essere protagonista alla Liegi-Bastogne-Liegi, che mi piace molto e ho avuto modo di fare già l’anno scorso»

Alla Strade Bianche ha conquistato il 10° posto. Higuita è alto 1,66 e pesa 57 chili
Decimo alla Strade Bianche. Higuita è alto 1,66 e pesa 57 chili

Su ogni traguardo

Il 2022 del corridore della regione di Antioquia si è aperto con la vittoria ai campionati nazionali di inizio stagione, la top 10 alla Strade Bianche, la vittoria di tappa alla Volta ao Algarve e l’impresa (tappa e maglia) del Catalogna.

«Voglio essere un ciclista che pensa più ai tifosi che ai risultati», ha detto il colombiano, che pensa con la voracità dei talenti precoci del nuovo millennio. «Guarda Pogacar, Van Aaert e Roglic che vincono tutto. Nessuno lascia niente. Oggi i grandi ciclisti lottano su ogni traguardo e questo mi piace».

A febbraio, Higuita ha vinto a Malhao la 5ª tappa dell’Algarve, precedendo Dani Martinez
A febbraio, Higuita ha vinto a Malhao la 5ª tappa dell’Algarve, precedendo Dani Martinez

Vuelta sì, Giro no

Il suo programma prevede il Gran Premio Miguel Indurain, la Vuelta al País Vasco, le Ardenne (Freccia Vallone e Liegi) e il Romandia, prima di concludere il primo semestre e tornare a casa. Poi svolgerà un mese di preparazione in altura in Colombia, per affrontare il rush finale verso la Vuelta, con il Giro di Svizzera, il Giro d’Austria e il Giro di Polonia o la Vuelta Burgos. Ha anche in programma il campionato del mondo in Australia e le classiche autunnali in Italia.

«Mi sento pronto – asserisce – per affrontare la sfida nelle gare di tre settimane. Il mio fisico ha già la maturità per sopportare al massimo questi sforzi, ma voglio fare solo la Vuelta seguendo il calendario che ho programmato con la squadra, che per me è molto buono. Al Giro non ci penso».