Il riposo trascorre fra Modena e Reggio Emilia, in un giorno senza pioggia. Petilli finisce i massaggi alle 16,40, il pomeriggio è ancora lungo e c’è tutto il tempo per fare due chiacchiere. Il ricordo della resa sul Gran Sasso fa ancora male, ma i chilometri hanno iniziato a lenirlo e presto sarà il momento di riprovarci. Intanto però, quando ci ripensa, il lecchese si mangia le mani per non essersela giocata al meglio. Ha dato più di una volta la sensazione di poter staccare Bais e Vacek, invece alla fine ha dovuto inchinarsi ad entrambi. Terzo a 16 secondi, tutti accumulati in quegli ultimi 300 metri.
Hai recuperato?
Mi sto riprendendo. Se comunque sono arrivato a quel punto, ho l’obbligo di crederci ancora. Fino ai meno 5, più o meno, ero sicuro di vincere, forse anche troppo. L’errore più grosso che ho fatto è stato quello di essere troppo sicuro di me stesso.
Perché?
Ho voluto la fuga dal mattino, perché le possibilità di vincere contro i migliori erano davvero poche. D’altra parte era molto difficile che la fuga arrivasse con una tappa così lunga e soprattutto perché eravamo solamente in quattro. Poi ho visto che dietro lasciavano fare e ci ho creduto. Bais e Vacek li ho visti parecchio in difficoltà all’inizio della salita finale. Solo che invece di muovermi, mi sono messo ad aspettare gli ultimi chilometri, che erano quelli più duri, per provare a fare la differenza. Li ho sottovalutati e nel finale l’ho pagata.
Hai lanciato tu la volata…
Sinceramente, quando siamo arrivati alla volata mi sentivo già sconfitto. La svolta secondo me c’è stata ai meno 5, quando è iniziato il pezzo più duro e ho provato ad attaccare. E’ stato un attacco deciso, infatti Vacek si è staccato subito, solo che mi ha sorpreso Bais, che mi è rimasto attaccato a ruota. A quel punto per provare a staccarlo ho accelerato, ma il vento contrario così forte mi ha ammazzato, mi ha spezzato le gambe. E da lì ho iniziato a soffrire…
Quindi il vento c’era effettivamente?
C’era davvero. Infatti vedendo com’è andata la corsa dietro, col senno di poi mi sono spiegato perché non sia riuscito a fare la differenza. Potevo gestirla un po’ meglio, non recrimino come ho corso, però potevo provare un’altra tattica, prendendomi qualche rischio in più lontano dall’arrivo. Quando a inizio salita ho visto che erano in difficoltà nel darmi i cambi, avevo quasi pensato di attaccare. Provare ad andare da solo, visto che avevamo tanto vantaggio. Invece ho avuto paura di saltare o che comunque da dietro mi avrebbero ripreso. E così, pur non essendo veloce, mi sono rassegnato allo sprint. L’idea era provare ad arrivare da solo, ma loro sono stati migliori.
Era prevedibile che il gruppo non venisse a prendervi?
Al mattino non me l’aspettavo, la tappa era facile da controllare proprio grazie al vento. Invece c’è stato un tentennamento tattico. La DSM voleva solamente tenere la maglia rosa e tra Soudal e Jumbo nessuno ha voluto prendersi la responsabilità di tirare, col rischio che magari vincessero gli altri. In tante corse ho sempre attaccato al primo arrivo in salita, perché nessuno ha la certezza di vincere e quindi non sempre una squadra si prende la responsabilità piena di fare la corsa.
Come è stato rialzarsi dalla sconfitta?
Il giorno dopo sono stato a testa bassa (sorride, ndr), perché la tappa di Fossombrone non è stata semplice e ho sofferto un po’. Però sono riuscito ad arrivare senza problemi, quindi c’è stata la cronometro che ho usato ancora per recuperare. Il giorno di riposo è stato molto utile. Si resetta come ho sempre fatto, scacciando il rammarico, visto che non ci si può fare più niente.
Il Giro riparte senza Evenepoel. Come vivete questo ritorno di Covid?
Sta mettendo un po’ di stress. Era passato tutto, sembrava che ormai fosse un brutto ricordo, invece ecco tante positività e tanti abbandoni. Ovviamente la prima cosa è stata riprendere tutte le precauzioni possibili, cioè igienizzarsi le mani quando si è in mezzo a tanta gente, indossare la mascherina e quelle piccole attenzioni che potrebbero aiutare. Per il resto, purtroppo non ci si può fare nulla. Questo virus è più contagioso delle vecchie influenze e così bisogna avere qualche precauzione.
Il fatto di fermare il corridore positivo dipende solo dalla valutazione del medico?
Sì, decide il dottore. Secondo me in qualsiasi ambito la salute viene prima di tutto, quindi anche se per regolamento un corridore potrebbe continuare, se il medico dice di no per la sua salute la prima cosa è fermarsi. Giri d’Italia se ne faranno sicuramente altri.
Il ritorno alla mascherina…
Purtroppo cambia anche per noi. Ad esempio fino ad ora, quando alle partenze ci chiedevano gli autografi, eravamo sempre disponibili. Adesso dovremo stare attenti anche solo a fare le foto con i tifosi.