Nemmeno il tempo di festeggiare la prima vittoria nel WorldTour che Andrea Bagioli è stato fermato dall’influenza. Un inizio di stagione complicato per il corridore della Quick Step-Alpha Vinyl che, dopo aver superato il Covid, è stato costretto a fermarsi nuovamente.
«Dopo la Vuelta a Catalunya – racconta Bagioli – siamo partiti subito per Sierra Nevada per fare un ritiro in altura prima delle Ardenne. Tutto ad un tratto nella notte di martedì ho iniziato a sentirmi male e mercoledì sono tornato a casa. Ora sto un po’ meglio, ma dovrò restare fermo almeno fino a domenica. Ho fatto anche tre tamponi, tutti negativi, almeno sono sicuro che non si tratta ancora di Covid».
Partiamo dalla Vuelta a Catalunya e dalla prima vittoria WorldTour, raccontaci com’è andata.
Prima di partire per la Spagna avevo visto che la prima e l’ultima tappa erano adatte alle mie caratteristiche. Diciamo che mi ero segnato quelle tappe per provare a fare bene, anche se proprio nell’ultima tappa un po’ di sfortuna non è mancata…
In che senso?
Pronti via e dopo 10 chilometri ho forato, non un bel momento anche perché non era ancora partita la fuga ed è successo ai piedi della prima salita. Per rientrare ho fatto fatica doppia. Però ero molto motivato, ero partito con l’idea e con la voglia di vincere.
Previsione rispettata.
Direi proprio di sì, sono molto contento, ci voleva proprio. E’ stato un periodo complicato, tra il Covid e qualche caduta di troppo, era il momento di riprendermi tutto e con gli interessi. A dire il vero quando ho tagliato il traguardo non sapevo neanche di aver vinto.
Come mai?
Nell’ultimo strappo ero rimasto nel gruppetto dietro e siamo rientrati solamente ad un chilometro dall’arrivo. Infatti non ero sicuro di sprintare per la vittoria, poi appena tagliato il traguardo mi hanno avvisato dalla radio che avevo vinto.
Che emozione è stata?
Bellissima. Salire sul podio, festeggiare. Anche se abbiamo avuto poco tempo perché la sera abbiamo subito preso l’aereo per Sierra Nevada.
La stagione era partita bene, già al Saudi Tour, poi come hai detto tu la sfortuna si è messa di traverso.
Sì, avevo iniziato bene con un secondo posto nella tappa di Abu Rakah (la seconda, ndr). A dire il vero nella prima tappa, quella dello sterrato, ero caduto e mi avevano messo due punti al gomito.
Quel secondo posto come ti ha lasciato?
Contento perché non mi aspettavo di essere in una buona condizione, soprattutto dopo la caduta. Poi, ovviamente, non potevo essere contento al cento per cento, il secondo posto mi ha dato anche un po’ di rammarico perché ero a pochissimo dalla vittoria.
Poi è arrivato il Covid.
Appena tornato dall’Arabia. Sono stato fermo 5 giorni, non pochi visto che eravamo in piena preparazione. Dopo la quarantena ho iniziato a pedalare sui rulli e pian piano sono tornato ai miei ritmi normali. Le prime gare dopo il Covid sono state Faun-Ardèche Classic e la Drome Classic, non sono andate male.
Prima del Catalunya hai corso anche la Sanremo…
In realtà non dovevo correrla, ma viste le defezioni dei giorni precedenti mi hanno chiamato all’ultimo. Arrivavo direttamente dall’altura per preparare al meglio il Catalunya.
Ora le Ardenne, ne hai qualcuna in particolare nel mirino?
Sinceramente no, in realtà non sono sicurissimo di correrle, vedremo come sto. Per il momento il mio programma non è cambiato e vorrei fare quelle gare per esperienza e per arrivare pronto alla seconda parte di stagione.
Cosa prevede il menù?
Il Giro d’Italia in primis, e lì punto a vincere almeno una tappa. Per prepararlo al meglio farò una settimana a Livigno dopo le Ardenne, per recuperare e per aumentare al massimo la concentrazione. Un altro obiettivo saranno i campionati italiani che si correranno in Puglia. Dalle prime indicazioni il percorso sembra adatto alle mie caratteristiche.