CARPI – Quando gli abbiamo chiesto di parlare con lui della terribile caduta di Dario Cataldo al Catalunya, Domenico Pozzovivo ci ha anticipato la risposta annuendo con un sorriso sincero, quasi si aspettasse la nostra richiesta.
Pur toccando un argomento sempre molto delicato, che spesso si addentra nella sfera personale, eravamo certi di avere la disponibilità del 40enne scalatore della Israel-Premier Tech. Solo chi ha toccato con mano (letteralmente verrebbe da dire) il dolore del proprio corpo sull’asfalto, in un ciclismo che va sempre più veloce, può avere la necessaria sensibilità per dare il suo punto di vista. Il “Pozzo” nel corso degli anni ha saputo esorcizzare tutti gli infortuni subiti – e le relative conseguenze come operazioni e problemi di postura – con un grande spirito e con quel briciolo di ironia che gli riesce bene. Ecco cosa ci ha detto.
Botta e risposta al cellulare
Il 20 marzo Pozzovivo e la sua Israel arrivano all’hotel Parco di Riccione per la Coppi e Bartali del giorno dopo. Nel frattempo la prima tappa della Volta a Catalunya si conclude con la vittoria di Roglic su Evenepoel e con la botta pazzesca di Cataldo a 5 chilometri dal traguardo.
Il bollettino comunicato dalla Trek-Segafredo sarà pesante. Sintetizzando: frattura della testa del femore sinistro e dell’acetabolo destro, due fratture delle vertebre, costole multiple rotte, pneumotorace bilaterale e frattura della clavicola sinistra. Domenico, che in carriera si è rotto più di venti ossa e ha subito più di quindici operazioni chirurgiche, manda immediatamente un messaggio al suo amico Dario.
«Volevo giusto sincerarmi del suo morale – racconta Pozzovivo – perché so che quel tipo di cadute sono dure da assorbire. L’ho sentito subito bene e mi ha fatto piacere dargli il mio sostegno una volta di più. Ovviamente, senza mettergli fretta, gli ho detto che lo attendo presto in riva al lago a pedalare con me (abitano entrambi nella zona di Lugano, ndr).
«Dario mi ha risposto abbastanza velocemente considerando tutto – continua il lucano – senza dirmi quando ci vedremo però è stato brillante. Quando uno minimizza il proprio grave infortunio, significa che è già oltre la fase critica. Anch’io ho sempre fatto così (sorride, ndr). Dicevo che era solo una botta che passava. Quando pensi sempre a poter rimediare, vuol dire che sei già proiettato bene per recuperare».
Consigli preziosi
Pozzovivo e Cataldo sono corridori esperti, eppure i consigli non si rifiutano mai da chi una situazione l’ha già vissuta più di una volta. E tutto torna utile.
«In base alla mia esperienza – spiega “Pozzo” – so che si preconizzano determinati tempi di recupero. Ma proprio su questi o sulle prognosi ho imparato sulla mia pelle che bisogna sempre dividere per due, come la conversione euro-lira (sorride, ndr). Siamo atleti di alto livello e abbiamo capacità di recupero fuori dal normale. Quindi non bisogna demoralizzarsi sulle tempistiche che vengono prescritte nelle maniere burocratiche. Da lì in poi, nel recupero bisogna cercare di essere al limite del rischio ma senza andare a compromettere le situazioni. D’accordo anticipare i tempi, ma usando la testa».
La testa giusta
Sappiamo bene che dopo le cadute, dal punto di vista fisico vengono stimati dei tempi della ripresa. Ma dal punto di vista morale quanto ci si mette? Che pensieri passano per la testa? Pozzovivo conosce le risposte.
«E’ un po’ una situazione che tira l’altra – analizza – nel senso che quando tocchi il fondo a causa di una caduta importante, c’è il lato positivo perché vedi che i miglioramenti. Soprattutto all’inizio sono molto rapidi. Quello che ti deve dare la spinta è non guardare troppo in là ma vedere giorno per giorno ed essere soddisfatti dei progressi che riesci a raccogliere.
«Il pensiero di smettere di correre ti balena nel cervello – prosegue – quando sei lì al pronto soccorso, in attesa degli esami e di capire cosa ti sei fatto, hai questa idea. Poi però sparisce alla svelta, specie quando iniziano a… provocarti dal punto di vista psicologico. Quando i medici ti dicono che farai fatica a recuperare da quell’infortunio ecco che scatta qualcosa. Inizi già a reagire. Loro giustamente si attengono alle loro competenze e ti dicono così per prendersi qualche responsabilità in meno. Restano prudenti e li comprendo. Comunque nella testa di Dario non ho sentito questo mood negativo di voler smettere».
Appuntamento in bici
«In ogni caso – conclude Pozzovivo – il recupero da infortuni del genere viene agevolato anche da tutte le persone che hai attorno. Famiglia, amici, compagni di squadra, lo staff ed anche il proprio agente. Ci sono tante persone, ma la prima è la compagna, fidanzata o moglie a seconda delle situazioni in cui si è. E’ lei che subisce tutto nel bene o nel male (sorride, ndr). Dario continuo a sentirlo e gli ho mandato un ulteriore messaggio, fissando un appuntamento. Questa estate dopo il Giro d’Italia ci faremo quelle sane pedalate di recupero assieme».