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Il ciclismo dei cannibali: Bruyneel critica, Magrini ribatte

04.03.2023
6 min
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Di Pogacar e della sua magica settimana d’esordio in Spagna si è detto e scritto tanto. Vingegaard gli ha risposto da par suo: tre tappe a O Gran Camino e tre vittorie di seguito, dando di sé un’immagine per molti versi inedita, quella di un assoluto dominatore. Il nuovo ciclismo passa attraverso campioni quasi cannibali, che non si nascondono mai, ma che anzi dominano la scena con un fare che dà anche adito a discussioni.

A innescare la miccia è stato Johan Bruyneel, ex professionista di lungo corso e direttore sportivo che visse tutta la contraddittoria epopea di Lance Armstrong, uscendone con una squalifica pesantissima. Sebbene i suoi trascorsi siano così controversi e discutibili, le sue opinioni fanno spesso discutere. Infatti questa volta, attraverso il podcast The Move, Bruyneel ha criticato la condotta di Pogacar.

«Distruggere tutti alla prima uscita – ha detto – non è la scelta migliore. Sarebbe meglio mantenere certi equilibri con corridori e squadre diverse, lo dico anche nel suo interesse. Se si guarda bene come sono andate le cose, la squadra viene spremuta allo stremo per fargli vincere sempre corse nelle quali si potrebbe anche lasciar spazio, poi per recuperare non è così semplice e immediato».

Bruyneel ha chiuso la sua esperienza da diesse nel 2012. Da corridore aveva vinto 13 volte
Bruyneel ha chiuso la sua esperienza da diesse nel 2012. Da corridore aveva vinto 13 volte

Da Bruyneel a Magrini

Bruyneel dà colpe soprattutto a chi gestisce lo sloveno: «E’ bello vedere un proprio corridore che vince sempre, ma è l’ammiraglia che deve tenere il polso della situazione, saper miscelare la passione con la freddezza, il vantaggio immediato con quello a lungo termine. Così facendo, Pogacar si sente sempre più autorizzato a cannibalizzare le corse».

Parole certamente pesanti, quelle di Bruyneel, che abbiamo voluto approfondire parlando con un navigante di lungo corso nel mondo del ciclismo come Riccardo Magrini, popolare voce di Eurosport.

«Bruyneel – dice il toscano – parla di un ciclismo che non esiste più. Oggi non si fanno calcoli, chi vuole vincere lo fa, pensa all’immediato. Non sono nuove le sue polemiche, ricordiamoci che cosa si disse a proposito di Roglic alla Parigi-Nizza del 2021. Il corridore che può, cerca di vincere, sempre e comunque e secondo me fa bene, è questo che rende il ciclismo odierno sensazionale».

Magrini bici 2018
Riccardo Magrini, pro’ fra il ’77 e l’86, vittorioso al Giro e al Tour nell’83. E’ ad Eurosport dal 2005
Magrini bici 2018
Riccardo Magrini, pro’ fra il ’77 e l’86, vittorioso al Giro e al Tour nell’83. E’ ad Eurosport dal 2005
Il belga punta il dito contro i dirigenti, ma in queste scelte quanto c’è del corridore e quanto di chi lo dirige?

E’ l’indole del corridore a prevalere. Molti sono rimasti stupiti da Vingegaard, ma la sua voglia di rispondere sul campo al rivale per poi affrontarlo alla pari alla Parigi-Nizza ha prevalso su tutto e l’attesa per la corsa francese ora è allo spasimo. Non si fanno sconti e come loro non li fanno i Van Aert, i Van Der Poel e compagnia. Quando c’è da vincere non ci si tira indietro. Ripeto, Bruyneel parla di un ciclismo che non c’è più, lui lo scorso anno avrebbe magari pensato di perdere il Giro dell’Emilia con Pogacar a favore di Mas per avere poi un ricambio al Lombardia, ma lo sloveno ha vinto ugualmente. Questi calcoli non hanno più ragion d’essere.

Che cosa ha portato questo cambiamento?

Sono i ragazzi stessi ad averlo portato, ci sono 7-8 campioni che non lasciano nulla d’intentato per vincere e non stanno tanto a guardare al livello della corsa, alla sua tradizione, partono e se le danno di santa ragione. Quei calcoli non ci sono più, non stanno tanto a pensare “oggi vinci tu che domani mi ricambi il favore”. Può capitare magari fra compagni della stessa squadra, lo scorso anno lo stesso Pogacar fece così con Majka e anche in Spagna, nell’ultima tappa lo sloveno ha lavorato per Covi che poi è stato beffato da Fraile. Per me è anche una forma di rispetto nei confronti del loro lavoro. Oggi non puoi più permetterti di correre per “fare la gamba”, devi essere già competitivo anche solo per lavorare per i compagni.

5 vittorie in 6 giorni di gara. Pogacar ha iniziato alla grande il suo 2023, ora punta alla Parigi-Nizza
5 vittorie in 6 giorni di gara. Pogacar ha iniziato alla grande il suo 2023, ora punta alla Parigi-Nizza
Rivedendo le statistiche di Pogacar in questi tre anni, da quando ha iniziato a cogliere risultati di prestigio (quindi ben prima della sua prima vittoria al Tour) si scopre che le sue percentuali di vittorie e piazzamenti sono quelle più vicine da cinquant’anni a quelle di Merckx. Tu parlavi di 7-8 campioni: Merckx ne aveva altrettanti di quel livello?

Scherziamo? Eddy aveva Gimondi, De Vlaeminck, Ocana, l’elenco è lunghissimo. Fare paragoni fra tempi così lontani è però sbagliato. Pogacar va visto da un altro punto di vista: è uno che può vincere davvero dappertutto, il che significa che parte in ogni corsa fra i pretendenti al successo, si è visto al Fiandre interpretato per la prima volta, si vede alla Sanremo dove può vincere, non c’è una vera corsa, in linea o a tappe, nella quale non possa fare la differenza, per questo lo ritengo attualmente il più forte. Ma le epoche sono diverse.

Se da Pogacar un atteggiamento del genere ce lo si poteva aspettare, da Vingegaard un po’ meno. E’ cambiato qualcosa nel danese dopo la sua vittoria al Tour?

Sì, la qualità della corsa sicuramente non era la stessa trovata da Pogacar, ma l’atteggiamento mi è piaciuto perché ha risposto per le rime, accresce l’interesse per il ciclismo al punto che ci si entusiasma anche se sono corridori stranieri, con tutto che i nostri si sono fatti ben vedere fino ad ora. In chiave Tour queste schermaglie dicono poco, ma vincere in serie ha pur sempre un significato, Pogacar poi da quell’Emilia ha praticamente sempre vinto… Io cose del genere non le avevo mai viste.

Vingegaard ha sorpreso all’O Gran Camino: tre tappe e tre vittorie, trionfando anche a cronometro
Vingegaard ha sorpreso all’O Gran Camino: tre tappe e tre vittorie, trionfando anche a cronometro
Evenepoel però, che di carattere e per come l’avevamo visto era portato a fare le stesse cose, sembra un po’ più contenuto, diventato più ragionatore: all’Uae Tour ha vinto senza conquistare neanche una tappa…

Credo che sia molto maturato, dei campioni di cui sopra è forse quello più tattico, forse non conosce ancora tutti i suoi limiti ma mi pare che si gestisca anche meglio degli altri. Credo che abbia più difficoltà a vincere degli altri, non è velocissimo, anche sullo scatto in salita gli manca qualcosa ma quando esprime tutto il suo potenziale fa paura.

Per gli altri, quelli “normali” significa quindi che vincere è più difficile?

Bella domanda, secondo me sì, molto. Io vedo meno tatticismo e molta forza. Ciccone ad esempio ha commesso piccoli errori che alla fine gli hanno negato la vittoria alla Valenciana, lo stesso dicasi per la Ineos che tatticamente ha perso la corsa favorendo Rui Costa. E’ quello di oggi un ciclismo molto meno giocato sulla strategia e più prestazionale, per questo non puoi presentarti al via se non sei pressoché al massimo, non puoi giocare sulla furbizia. In questo senso mi è piaciuto Wellens quando ha vinto la terza tappa alla Vuelta a Andalucia perché ha interpretato perfettamente la corsa dal punto di vista tattico, ma sono casi rari.