Riecco Cataldo e il suo lavoro di regista in corsa

04.01.2023
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Nei giorni del ritiro della Trek-Segafredo a Calpe, la settimana prima di Natale, avevamo raccontato dello scambio con Dario Cataldo sulle velocità del gruppo e il correre frenetico da un paio d’anni a questa parte. Riavvolgendo però il nastro, il viaggio con l’abruzzese prevedeva anche un excursus sul suo ruolo di regista in corsa: “road captain”, come dicono da quelle parti. Arrivato nella squadra di Guercilena al colpo di reni, Dario si è infatti fatto largo con la sua esperienza, firmando un rinnovo biennale fino al 2024.

«C’è stato da subito un ottimo approccio – spiega – il fatto di avere un team ben strutturato aiuta a lavorare meglio. Mi sono trovato a mio agio sin da subito. Potremmo definirlo un incontro di necessità. Io con l’esperienza di regista in corsa fatto in altre squadre, loro che avevano bisogno di una figura di questo tipo e quindi è andato tutto molto bene. Già dalle prime gare, almeno per i riscontri che ho avuto, i miei compagni sono stati contenti e quindi è stato un piacere ricevere questa proposta di rinnovo da parte di Luca. Conferma la fiducia che mi ha dato e io sono contento di averla ripagata».

Al suo primo anno in Trek, Cataldo ha scortato Ciccone al Giro d’Italia
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Hai parlato di struttura. Tu hai cominciato con Liquigas, poi Quick Step, quindi Team Sky, Astana e Movistar. Ci sono dei requisiti perché una squadra sia definibile ben strutturata?

La parte fondamentale è legata alle persone che ci lavorano. E’ necessario che siano non solo professionali, ma che ci mettano impegno e passione per creare la giusta collaborazione. La struttura è relativa a chi la dirige dall’alto, al team manager che organizza il lavoro e assegna i compiti. E Luca Guercilena in questo è molto bravo. In una mega struttura come la Ineos, hanno una quantità di personale impressionante ed è facile dividere i compiti quando hai tantissime persone.

Facile rispetto a cosa?

Per qualunque compito, riesci a trovare la persona ad hoc. In una squadra come questa c’è tanto personale, però il giusto per quello che serve. Credo che Luca riesca ad organizzare molto bene tutte le risorse di questo team per farle rendere al meglio di quello che si può. E quando c’è l’impegno da parte di ognuno nel suo ruolo, anche noi atleti siamo stimolati a dare il massimo. Non hai scuse, devi dare il massimo per ripagare l’impegno che ci stanno mettendo anche gli altri.

Nel 2014 e 2014, Cataldo ha corso con Sky: qui con Froome all’Oman 2014 dopo la vittoria a Green Mountain
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Che lavoro fa il regista in corsa?

Il road captain, qui lo chiamiamo così, fondamentalmente è l’anello di congiunzione tra il corridore e il direttore sportivo, nel senso che fa il direttore in corsa. Quando ci sono decisioni veloci da prendere o bisogna gestire le piccole dinamiche che si creano all’interno del gruppo, che ovviamente un direttore sportivo dalle retrovie non riesce a vedere. Quindi, usando l’esperienza, uno con il mio ruolo dice come muoversi, sa gestire i tempi e i corridori. E intanto insegna il mestiere ai ragazzi più giovani.

Da solo o in comunicazione con il direttore sportivo?

Porti gli occhi del direttore in gruppo. Quindi bisogna comunicargli le informazioni ed è lui che prende le decisioni finali sulle tattiche di corsa. Ogni giorno si fa una strategia e il regista la gestisce. E se ci sono imprevisti, comunica alla radio e riceve le informazioni utili per la corsa. A volte ad esempio dal gruppo non vedi chi c’è nella fuga, altre volte non lo vede l’ammiraglia, perché radio corsa non è tempestiva…

Con il meccanico Adobati, ragionando sul nuovo manubrio Bontrager
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Sono punti di vista tanto diversi?

Quando si osserva cosa succede in gruppo, chi ha un’esperienza di anni fa valutazioni differenti. Sa come si muovono certi corridori o certi gruppi. Io stesso vedo un grosso cambio in me da quando ero più giovane, come vedevo il gruppo e come lo vedo adesso. Ci sono alcuni dettagli da cui riesco ad anticipare tante situazioni.

Il regista rinuncia alle proprie chance di vittoria oppure ha i suoi spazi?

Alla fine può anche capitare, però dipende dalle caratteristiche personali. Se analizzo la mia carriera, devo ammettere che la mia predisposizione per questo ruolo ce l’avevo sin dagli juniores. E’ vero che ho vinto un Giro d’Italia U23, ma non sono mancati segnali forti di una certa attitudine. In alcune situazioni dove sarei dovuto essere più egoista, non lo sono stato. Ne avrei avuto tranquillamente la possibilità, ma invece di cogliere l’occasione, ho optato per aiutare il corridore di riferimento.

Il primo team in cui Cataldo è spiccato come regista in corsa è stata l’Astana: più con Aru che con Nibali
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La vittoria di un compagno ti ripagava?

In realtà, non sempre il compagno in questione riusciva a vincere e io avevo perso comunque la mia chance, ma non me ne sono mai fatto un problema. Comunque l’anno scorso mi sentivo tanto la responsabilità di questo ruolo, quindi mi ci sono buttato al 100 per cento. Da un certo punto di vista è un peccato non provare a fare qualcosa per me stesso, tanto che lo stesso Josu (Larrazabal, capo dei preparatori della Trek-Segafredo, ndr) mi ha detto che vuole tornare a vedere il Dario che, quando c’è il momento, approfitta dell’occasione.

Quindi si può fare?

Sarà una piccola sfida per me stesso. Rifare quello step indietro e non concentrarmi solo come road captain, ma provare a cogliere anche le occasioni che dovessero capitare (Cataldo ha vinto 7 corse da pro’, fra cui una tappa alla Vuelta, una al Giro e un tricolore crono, ndr). Non credo si possa dire che mi sia seduto in questo ruolo, perché comunque è un incarico di grossa responsabilità. Il fatto di cercare qualche occasione è paradossalmente più comodo. Se fai un’azione, parlano di te in televisione. Magari nei giorni prima hai fatto un lavoro ben più importante, ma non se ne è accorto nessuno…

Cataldo riprenderà a correre alla Vuelta San Juan: questa la sua Emonda da gara, messa a punto a Calpe
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Si parte dall’Argentina?

Alla Vuelta San Juan e poi ci sarà il Giro d’Italia, che parte dall’Abruzzo. E’ quasi obbligatorio!

Svolgi in squadra il ruolo che Bennati ha avuto per anni in squadra. Come va col nuovo cittì?

Abbiamo corso insieme un anno alla Liquigas e sono arrivato alla Movistar l’anno dopo che ha smesso. A Benna, come prima a Cassani, dico: «Se ti servo per la causa, io ci sono». Ma non mi va di andare in nazionale solo per dire che ho indossato la maglia azzurra. Che io venga convocato oppure escluso, non me la prendo sul lato personale. Indossare la maglia azzurra, soprattutto se ti impegni al massimo, resta l’onore più grande.