Ardila vuole portare in alto il nome della Colombia… come Quintana

24.08.2021
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Come abbiamo visto al Tour de l’Avenir il livello era pazzesco. Al via tanti ragazzi che non solo hanno già assaggiato il professionismo, ma addirittura militano in squadre WorldTour. Su tutti i due spagnoli, Juan Ayuso e Carlos Rodriguez. Ma c’era anche un altro corridore che almeno fino a 70 chilometri dalla fine della “piccola Grande Boucle” era nella top ten della classifica generale, a tenere altissimo questo livello: Andres Camilo Ardila.

Ardila con Matxin al suo debutto con la Uae lo scorso anno alla Vuelta a Colombia
Ardila con Matxin al suo debutto con la Uae lo scorso anno alla Vuelta a Colombia

In bici a 9 anni

Andres è un piccolo scalatore colombiano. Viene dalla zona di Tolima, in un pueblo che si chiama Marequita, a 170 chilometri a Nord Est della capitale Bogotà. Come sempre a notarlo è stato il talent scout per eccellenza, Joxean Fernandez Matxin, meglio conosciuto come Matxin e basta. Ardila ha seguito le orme e la passione di suo papà, Camillo, ed ha iniziato a pedalare molto presto

«Bueno – dice Ardila – ho iniziato quando avevo nove anni. E’ stato mio papà a mettermi in sella, ma la mia prima corsa l’ho fatta quando avevo undici anni e sono arrivato al ciclismo professionistico in Colombia quando ne avevo 18. Poi dall’anno scorso sono entrato nel WorldTour. Ho firmato il contratto con la Uae al Giro d’Italia U23 del 2019 che ho vinto. Matxin ha creduto in me e mi ha dato l’opportunità di essere parte della squadra.

«Cosa mi piace del ciclismo? Mi sento di avere molta libertà. Ho l’occasione di girare il mondo, di conoscere luoghi nuovi e diversi. Conoscere gente e farmi nuovi amici, a prescindere della rivalità. Ma quando sono a casa mi piace stare con la famiglia e godermi gli amici».

Il suo idolo è Nairo Quintana. «E’ lui che mi motivava. Mi ricordo delle sue sfide con Chris Froome al Tour o quando vinse il Giro. Correre qui in Europa con lui, seguire i suoi passi e portare in alto il mio Paese come ha fatto Nairo è la storia più bella che posso realizzare».

Ardila (col dorsale 71) in azione all’Avenir. Lui e Umba erano i leader della Colombia
Ardila (col dorsale 71) in azione all’Avenir. Lui e Umba erano i leader della Colombia

Prestazioni okay, regolarità no

Come spesso accade i colombiani sono istintivi e generosi in corsa. Attaccano e contrattaccano. A volte vincono, altre rimbalzano. Ed è un po’ quel che è successo ad Ardila nell’ultima frazione dell’Avenir, la tappa regina con Madeleine, Iseran e Piccolo San Bernardo. Andres ha fatto lavorare i suoi connazionali salendo verso i 2.770 metri dell’Iseran. Era convinto di attaccare. Prima del via si fregava le mani. Aspettava questo “puerto”, come dice lui, ma in realtà la sua azione e quella dei suoi compagni ha spianato la strada allo spagnolo Carlos Rodriguez. Mentre lui è “naufragato”.

Ma ci sta, quando si è giovani ci sono questi passaggi a vuoto. E non bisogna poi guardare ai distacchi per giudicare. Un colombiano di 60 chili (forse anche meno) che resta praticamente da solo con 65 chilometri da fare, 35 dei quali in discesa, è normale che perda minuti a valanga.

«Oggi volevamo attaccare. La squadra ha fatto un ottimo lavoro per tutto l’Avenir. Ho pagato un po’ nei finali delle ultime due tappe di montagna ma erano corte e a me piacciono quelle più lunghe. Non è andata come speravo, però siamo sempre stati nel vivo della corsa ed è un orgoglio per me. E poi posso sempre continuare a lavorare pensando che la prossima volta potrò ottenere un risultato migliore».

Andres, classe 1999, prima del via dell’ultima tappa dell’Avenir: era abbastanza teso
Andres, classe 1999, prima del via dell’ultima tappa dell’Avenir: era teso, ma motivato

Corazzata Uae

In ogni caso la Uae può contare su un altro uomo di grande spessore tecnico, almeno per la salita. E se la punta non dovesse essere Ardila, lui stesso può essere uno dei giovani e preziosi vagoni per i suoi capitani, Pogacar in primis, ma anche Almeida (che arriverà il prossimo anno).

«Sì, nella Uae siamo molti giovani forti – riprende Ardila – Negli ultimi anni ci sono ragazzi che vanno già molto bene e nel caso della mia squadra ancora di più. Abbiamo Pogacar che è un gran “companero”. Tadej oltre che essere un grande corridore è anche una grande persona. E lo stesso Juan Ayuso, ha un grande talento. Quando è così sei molto motivato a crescere. Sono solo due anni che sto correndo in Europa e sto imparando moltissimo. Devo trovare il feeling con questi nuovi ritmi. I modi di correre sono nuovi per me e penso che stiamo facendo un buon lavoro con la squadra».

E a proposito di Ayuso gli abbiamo chiesto qual è stato il suo rapporto in gara con lo spagnolo, anche lui della Uae. «No, all’Avenir non abbiamo parlato molto (anche per Juan si è ritirato dopo quattro frazioni, ndr). Eravamo in squadre diverse. E poi non c’è stato molto tempo visto quanto siamo andati forte!». Infine ha aggiunto una frase che la dice lunga sulla sua grinta e sul carattere dei ragazzi della Uae: «E poi ognuno è venuto qui con una mentalità vincente e ognuno voleva fare la sua corsa».

Richeze al bivio, lascia Gaviria ma continua a correre

20.08.2021
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L’appuntamento delle 15 è slittato alle 17,30, perché nel frattempo l’allenamento di Richeze e Gaviria è andato per le lunghe. A Monaco è un po’ meno caldo che da noi, ma il sole si fa rispettare ugualmente. I due sono entrambi reduci dal Tour de Pologne, dove il colombiano ha centrato la prima vittoria di stagione e da cui conta di ripartire per una seconda metà in cui riempire le bisacce di risultati. Ma in ogni caso, alla fine dell’anno la coppia si separerà. Una coppia rinata dopo che Gaviria lasciò la Quick Step nel 2019 e convinse l’amico a fare altrettanto nel 2020. I risultati non hanno tenuto troppa fede alle attese, ma la separazione è dovuta alla volontà di ringiovanire il gruppo e Richeze ha ormai 38 anni.

Nel 2018 vince a Konya in Turchia: con la Quick Step ottime stagioni
Nel 2018 vince a Konya in Turchia: con la Quick Step ottime stagioni

«Ma correrò ancora – sorride – e non so chi abbia messo in giro la voce che smetterò. Certo il piano era di continuare con Fernando, ma non è stato possibile. Perciò sono in cerca di una squadra per la prossima stagione, ugualmente come ultimo uomo. Stiamo parlando, ho dei contatti. Sono molto amico di Lombardi, che mi gira le informazioni che potrebbero interessarmi».

Richeze come Morkov

Quando lasciò la Quick Step, si divideva con Morkov la palma di miglior ultimo uomo, al punto che Gaviria lo volle fortemente con sé al UAE Team Emirates. E anche se non basta avere un ottimo “leadout” per vincere le volate (il bottino di Fernando sarebbe altrimenti più ricco), di certo si tratta di un ruolo molto importante, che però negli anni è cambiato radicalmente.

Il 2019 è stato l’ultimo anno da separati fra Gaviria e Richeze, ancora alla Deceuninck
Il 2019 è stato l’ultimo anno da separati fra Gaviria e Richeze, ancora alla Deceuninck
Che cosa è cambiato, soprattutto?

Il fatto che una volta ci fossero al massimo due treni, quello di Cipollini e quello di Petacchi. Adesso invece ogni squadra ha il suo e riuscire a portare fuori il tuo velocista diventa più complicato. Per uscire davanti da certe mischie, devi quasi essere al livello dei velocisti più forti.

Qualche giorno fa Malori ci ha detto che non ci sono più in giro velocisti puri e che anche per questo le volate sono cambiate.

Malori ha visto giusto. Lo stesso Gaviria ormai è forte anche in salita, ma non per scelta. E’ una necessità. Le corse facili non esistono più e per passare i 2.000 metri di dislivello dopo i quali ci si aspetta la volata, devi comunque tenere in salita. In questo modo il velocista deve rinunciare a una parte della sua potenza e di conseguenza le volate sono diverse.

TI sei mai pentito di aver lasciato la Quick Step?

No, mi trovo bene qui. Quella è la squadra con la migliore scuola per velocisti, di sicuro. C’è la cultura del treno, mentre alla UAE c’è la cultura dello scalatore. Più Pogacar ovviamente che Gaviria. Quindi è comprensibile che sia più difficile fare risultati. Non sono pentito perché ho scelto di seguire Fernando.

Può essere che le sue poche vittorie siano state decisive per il fatto di non confermarti?

Oddio, spero di no. Non credo. Mi hanno parlato di ringiovanimento. E poi non siamo mai andati nelle grandi corse con un treno di quattro uomini per tirare le volate e questo fa la differenza. La stessa cosa che è successa a Viviani. Vieni da una scuola di velocisti e ti ritrovi con meno uomini, che cambiano spesso e non sono abituati a fare un certo lavoro.

A quando la prossima corsa?

Il 26 e il 28 in Belgio, poi il Benelux Tour e poi chiuderò con il calendario italiano.

Quinta tappa del Polonia, all’arrivo con Gaviria e Sobrero: tappa dura
Quinta tappa del Polonia, all’arrivo con Gaviria e Sobrero: tappa dura
Sei soddisfatto della tua stagione?

Sinceramente non tanto. Oltre alle mie prestazioni, la mia soddisfazione è legata alle vittorie di Fernando e purtroppo finora ne è arrivata solo una, per cui devo pensare di aver fatto bene il mio lavoro poche volte. Se poi da qui a fine stagione facciamo il pieno, il bilancio cambia.

E se ti proponessero di fare il velocista?

Non sarei in grado. Il livello si è alzato tantissimo. Le ultime volte che ho corso per vincere fu con la Quick Step in Argentina o Turchia, dove il livello era inferiore. Adesso non saprei davvero da dove cominciare. Invece da ultimo uomo credo di poter ancora dire la mia.

Draft Nba 2021

E se il ciclismo imitasse i draft dell’Nba?

17.08.2021
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Che cosa direbbe il mondo del ciclismo professionistico se adottasse un sistema almeno simile a quello del draft dell’Nba? Servirebbe a mettere ordine nell’ingaggio dei giovani (diciamo fino ai 23 anni) per le squadre WorldTour, ma il discorso è decisamente complesso, vediamo di affrontarlo per tappe.

Abbiamo già avuto modo di chiarire come il ciclismo professionistico stia vivendo una profonda “crisi di crescita”. Lo sport delle due ruote diventa sempre più un richiamo per le grandi industrie, gli ingaggi crescono a dismisura e le squadre puntano ad accaparrarsi prima possibile ogni talento, vero o presunto che sia. Il rischio è di bruciarli, questi talenti, in nome del “tutto e subito”, ma non solo.

Uae Vuelta 2021
Team come quello della Uae stanno monopolizzando il mercato: che cosa resta agli altri?
Uae Vuelta 2021
Team come quello della Uae stanno monopolizzando il mercato: che cosa resta agli altri?

Un calmiere

Stiamo assistendo sempre più all’allargamento della forbice fra chi ha tanti euro a disposizione e domina il mercato e chi fa fatica a sopravvivere, senza dimenticare che il WorldTour non è un sistema chiuso come quello dell’Nba cestistica, formato da 30 franchigie (sempre quelle, che non retrocedono mai, se non per fallimento), ma dietro ci sono vari altri livelli di attività, dalle professional alle continental.

Il sistema di scelte dell’Nba è come principio piuttosto semplice: i primi 14 posti sono riservati alle squadre che non hanno avuto accesso ai playoff dell’anno precedente. I loro posti vengono sorteggiati tramite una lotteria. Saranno loro a scegliere i migliori talenti, in modo da poter nel tempo avere una valida chance di crescita di livello qualitativo (sapendo naturalmente abbinare a questo una valida opera di mercato). Le altre 16 squadre, le qualificate, vengono messe in graduatoria, dalla peggiore alla migliore, in base al rapporto vittorie/sconfitte nella regular season.

Ayuso Giro U23 2021
Il caso di Ayuso, ingaggiato dalla Uae a stagione in corso, è indicativo di una certa mancanza di regole
Ayuso Giro U23 2021
Il caso di Ayuso, ingaggiato dalla Uae a stagione in corso, è indicativo di una certa mancanza di regole

A tempo determinato

Dopo le prime 30 chiamate si ricomincia, ma qui le posizioni possono variare perché sono oggetto di contrattazione tra le franchigie, che inseriscono le scelte negli scambi fra giocatori. Guardando la storia dei “draft” che nel 2022 festeggeranno i 75 anni, si nota che il principio della ricerca del miglior equilibrio è stato salvaguardato, anche se alla lunga è chiaro che ci sono team più consolidati nella conquista dell’anello e altri molto meno. E’ sempre il dio denaro a comandare…

Come applicare tutto ciò al ciclismo? Innanzitutto si potrebbe partire da un rapporto vittorie/gare disputate, magari dando alle varie prove valori diversi in base alla loro importanza. Il corridore dovrebbe approdare al team che lo ha “chiamato” con un contratto almeno biennale per chi è all’ultima stagione U23, aumentando la durata in base alla più giovane età, ma lasciando aperta la porta a un “escape clause” pagando al team precedente un prezzo prestabilito.

Tour Avenir 2021
Il mercato degli U23 dovrebbe essere quello oggetto delle scelte, con uno sguardo sugli juniores
Tour Avenir 2021
Il mercato degli U23 dovrebbe essere quello oggetto delle scelte, con uno sguardo sugli juniores

La Nba e il “salary cap”

Teoricamente il sistema potrebbe anche funzionare, ma manca un fattore fondamentale: ogni team del WorldTour dovrebbe agire dovendo sottostare a un tetto salariale, il classico “salary cap”. Nella Nba ogni franchigia ha un limite di budget da utilizzare per gli stipendi, entro il quale dovrà gestire i contratti del suo team, dal grande campione all’ultimo degli ingaggiati. Valutando il ciclismo odierno, questo sarebbe probabilmente il boccone più difficile da far digerire ai vari team del WorldTour, considerando i contratti in essere per i vari Pogacar o Van Der Poel… Nel calcio ci hanno provato, ma senza grandi risultati. Si potrebbe forse ragionare, se non sul monte degli stipendi, sul monte dei punteggi Uci degli atleti tesserati?

Squadrone UAE. Caro Gianetti, cosa state combinando?

16.08.2021
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Sempre più uno squadrone. Il Uae Team Emirates sta diventando sempre più una corazzata. Era stata criticata al Tour de France perché non garantiva un sufficiente appoggio a Pogacar, salvo poi esserci sempre nei momenti critici. Ma la squadra diretta da Mauro Gianetti in questo momento è la regina indiscussa del ciclomercato.

Gianetti con la UAE e negli Emirati ha molti progetti di sviluppo in ballo (Photo Fizza)
Gianetti con la UAE e negli Emirati ha molti progetti di sviluppo in ballo (Photo Fizza)

Progetto multicolor 

Joao Almeida, Pascal Ackermann, George Bennett, Marc Soler, Alvaro Hodeg… vanno ad aggiungersi ai tanti nomi del team asiatico.

«Sono veramente contento della scelta che abbiamo fatto un paio di anni fa – racconta Gianetti- e cioè puntare sui giovani. Abbiamo un progetto a lungo termine che mira a far crescere i giovani oltre a quelli di livello che già abbiamo. Hirschi, McNulty, Covi, Bjerg, Ayuso… gente dai 18 ai 23 anni. Bennett e Soler con i loro 29 anni sono dei veterani ormai! Prendiamo Covi per esempio, crediamo molto in lui e lo abbiamo scelto non solo per il suo talento ma anche per il suo carattere che ci è sembrato degno di questo progetto».

Gianetti parla di un progetto unico nel suo genere, qualcosa che punta all’internazionalità, al non avere una sola bandiera da rappresentare.

«Noi non vogliamo essere la squadra colombiana, la squadra italiana o la squadra inglese. No, noi vogliamo essere un team internazionale, multiculturali. Abbiamo ragazzi di moltissime nazionalità, siamo multicolor direi! Scegliamo corridori che siano anche curiosi di conoscere nuovi mondi, di abbracciare altre culture e vogliamo gente che si identifichi in questo progetto. Gli Emirati Arabi sono un paese straordinario, il 95 per cento della sua popolazione è straniera ed ognuno è il benvenuto… Vogliamo essere gli esatti rappresentanti delle eccellenze degli Emirati: Fly Emirates, Fab… Il corridore che passa da noi deve trovarsi bene col gruppo, deve divertirsi a correre e se poi vince chiaramente siamo contenti».

Il Team Uae Emirates ha in Pogacar il faro, ma la priorità è il gruppo
Il Team Uae Emirates ha in Pogacar il faro, ma la priorità è il gruppo

Una squadra, tanti fronti

Con il team manager svizzero si passa poi ad analizzare anche l’aspetto tecnico della Uae che verrà. Che squadra stanno costruendo?

«E’ una squadra completa. Ovviamente Tadej (Pogacar, ndr) è il faro. Lui ha una personalità straordinaria ed è generoso. Ma non c’è solo Pogacar. Vogliamo essere presenti in tutte le gare ed essere competitivi dappertutto. Competitivi, non dico vincere sempre, però vorremmo giocarcela anche sul pavè, nelle classiche più veloci, al Giro… 

Chiaro che tutti loro potranno rafforzare la squadra che ruoterà intorno a Tadej, ma come ripeto noi vogliamo essere lì a lottare e a farlo su tutti i fronti anche quelli in cui eravamo un po’ meno coperti e con squadre che hanno un budget più grande del nostro come la Jumbo o la Ineos».

Incetta di scalatori

Almeida e Soler, ma anche Bennett, sono i corridori molto importanti, specie il portoghese. Gente così può fare il gregario di extra lusso, ma anche giocarsela in prima persona. E come? Che ruolo avranno? Che calendario li aspetta il prossimo anno?

«Ad ottobre – riprende Gianetti – ci ritroveremo con Matxin e gli altri diesse per fare la programmazione e vedere chi piazzare dove. Prima però bisogna aspettare di vedere i percorsi».

A Gianetti chiediamo anche se l’arrivo di Bennett non possa avere una seconda finalità, e cioè conoscere anche i segreti del lavoro della Jumbo. Se in qualche modo, insomma, si può parlare di “spionaggio industriale“.
«Sono sincero, Bennett con noi può avere un po’ di spazio in più ed essere al tempo stesso un appoggio a Pogacar, se necessario. Per quel che riguarda le informazioni che può darci dalla Jumbo, posso dire che la struttura che abbiamo messo su con G42 – Artificial Intelligence, è una struttura sofisticata sia dal punto di vista degli allenamenti che dell’alimentazione. Se George ci dà qualche informazione in più siamo ben contenti, ma posso dirvi che ci sono dei campioni che vengono da noi anche perché abbiamo questa struttura che consente loro di crescere e di migliorare. Di essere insomma dei veri professionisti».

Pascal Ackermann, bravo nelle volate ma anche sul pavè
Pascal Ackermann, bravo nelle volate ma anche sul pavè

Ruote veloci…

Per un Kristoff che parte c’è un Ackermann che viene. E con lui anche Alvaro Hodeg, ruota veloce della Deceuninck.

«Beh – commenta Gianetti – Dal momento che hai dei velocisti hai bisogno di dare loro un treno. Questi due nomi sono due scelte che vanno a completare la squadra e a collegarsi ai discorsi di prima: essere competitivi su tutti i fronti e avere molte nazionalità nel team (oltre ad Ackermann abbiamo anche Gross). Hodeg può essere il sostituto di Richeze, che con noi termina il contratto e immagino possa chiudere la sua carriera. Come Alvaro lui sa muoversi bene anche sul pavè e potrebbe stare al fianco di Trentin e Ackermann stesso».

Ma prima di chiudere con il team manager della Uae non potevamo non fargli una domanda che i tanti tifosi italiani si aspettano: quando vedremo Pogacar al Giro?

«Il Giro d’Italia è una corsa bellissima. Ha un pubblico straordinario e si svolge in paesaggi unici: dalla Sardegna alle Dolomiti, dalle Alpi alla Puglia… E’ uno spettacolo magnifico che Tadej ha in mente… e prima o poi verrà al Giro».

La Polonia fa bene ad Almeida: oggi si chiude a Cracovia

15.08.2021
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Ancora poche ore e a Cracovia – città di Papa Wojtyla – Joao Almeida, nato a sessanta chilometri da Fatima, chiuderà la sua settimana santa al Tour de Pologne. Salvo miracoli nella settima ed ultima tappa (adatta a velocisti) da parte di chi lo insegue nella generale.

Prima nel WorldTour

Già, perché prima della gara polacca il 23enne portoghese della Deceuninck-Quick Step ci aveva impressionato tanto agli ultimi due Giri d’Italia (15 giorni in maglia rosa nel 2020), ma mai aveva vinto una corsa WorldTour. Aveva già vinto l’anno passato con il suo team la cronosquadre della Coppi e Bartali a Gatteo e lo scorso 18 giugno aveva conquistato il campionato nazionale a crono, ma vuoi mettere fare centro in una corsa della massima serie del ciclismo internazionale? 

In questo video, Mikker Honoré, sul podio con Almeida e Cavagna, ci guida nel Polonia della Deceuninck-Quick Step

Scuola italiana

Il ragazzo di Caldas da Rainha – che nel 2017 ha corso con la Unieuro Trevigiani vincendo una tappa del Terre di Ciclismo Eroica in Toscana – in Polonia ha messo il proprio sigillo su due tappe (a Przemysl e Bukovina Resort) e col secondo posto nella crono di Katowice dietro il compagno Remi Cavagna (che gli ha dato 13” nei 19 chilometri del percorso) ha ipotecato la classifica finale. Mancano solo i 145 chilometri della Zabrze-Cracovia per ufficializzare il suo trionfo davanti a Mohoric (secondo a 20”) e Kwiatkowski  (quinto al traguardo e terzo a 27” nella generale).

Nella crono di Katowice il secondo posto dietro il compagno Cavagna ha sancito la vittoria finale. Manca il traguardo di Cracovia
Nella crono di Katowice il secondo posto dietro il compagno Cavagna ha sancito la vittoria finale. Manca il traguardo di Cracovia

Con Gianetti

Almeida, che dal 2022 passerà nel UAE Team Emirates (contratto di cinque anni), ha voluto lasciare col botto e non è finita. Poco prima di incontrarlo nella mixed zone si complimenta con Cavagna – che sorridendo gli dice che temeva che lo potesse battere – e si scambia un paio di battute tra il serio e il faceto con Mohoric (sui rulli per defaticare) che lo congeda con un simpatico epiteto in italiano.

La Deceuninck-Quick Step è stata al suo fianco in ogni momento di gara
La Deceuninck-Quick Step è stata al suo fianco in ogni momento di gara
Joao, fino a due mesi fa non avevi ancora vinto tra i professionisti. Questo è davvero un gran bel momento per te.

Sì, è stato più di un anno di lavoro, di sacrifici e non è sempre stato semplice. Sono arrivato secondo e terzo tante volte, ma ho continuato a lottare e fare di meglio. Queste vittorie sono incredibilmente belle. La generale non è ancora confermata, c’è ancora la tappa di Cracovia però sono molto felice. E’ un sogno che diventa realtà quello di vincere corse.

Vedendo la tua condizione che obiettivi hai da qui alla fine della stagione. Un Lombardia è alla tua portata?

Sì, mi piace, è proprio una bella gara. Fino ad allora farò altre corse quindi dovrei arrivarci con un buon ritmo e dovrei sentirmi bene. Cercheremo di fare il nostro meglio per il team, avremo una squadra attrezzata. L’obiettivo sarà vincere e se non avrò le gambe, aiuterò i miei compagni.

Al Polonia, Almeida ha vinto due tappe: la prima a Przemyśl e questa a Bukovina
Al Polonia, Almeida ha vinto due tappe: la prima a Przemyśl e questa a Bukovina
Fino all’anno scorso nessuno quasi ti conosceva. Hai fatto un grande Giro nel 2020, anche quest’anno, dopo essere stato d’appoggio ad Evenepoel, sei cresciuto nella terza settimana facendo classifica. Che margini di miglioramento ha Joao Almeida?

Sono professionista nel WorldTour da meno di due anni, ho migliorato me stesso lavorando molto e la mia motivazione è migliorare ancora. Dopo il Giro sono cresciuto ancora e vorrei continuare a mantenere questa condizione. Penso di poter fare ancora meglio.

Giro, Tour o Vuelta, quale preferisci?

Uno dei miei prossimi obiettivi, un giorno nella mia vita, sarebbe centrare il podio al Giro, almeno il terzo posto. Per me sarebbe un grande riconoscimento. 

Al Giro ha lavorato per Evenepoel, perdendo terreno in avvio, poi è venuto fuori nel finale
Al Giro ha lavorato per Evenepoel, perdendo terreno in avvio, poi è venuto fuori nel finale
Dall’anno prossimo vai in una squadra che ha vinto gli ultimi due Tour de France dove troverai tanti corridori importanti. Pensi di poterti ritagliare più spazio rispetto ad ora o di essere in appoggio a Pogacar?

Vado in un team dove non c’è un solo leader e ci vado per vincere delle corse. Tutti lavoriamo per gli obiettivi che ci dà la nostra squadra e sono quasi certo che sarò uno dei capitani. Sarà un onore essere compagno di Tadej e anche lavorare per lui sarebbe fantastico perché è un grande atleta.

Sicuramente questo Tour de Pologne ti ha portato bene e avrai sempre un buon ricordo. A chi dedichi queste vittorie?

Le dedico alla Deceuninck-Quick Step, che lavora sempre per me. Poi agli allenatori, ai messaggiatori, a tutti quanti mi hanno aiutato. E ovviamente anche alla mia famiglia che mi dà sempre grande supporto.

Gaviria si sblocca in Polonia, dopo 11 mesi di digiuno

12.08.2021
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Aveva bisogno di questa vittoria, eccome se ne aveva. Dopo aver vissuto l’incubo covid-19 l’anno scorso – risultando positivo due volte a inizio stagione e abbandonando per lo stesso motivo il Giro d’Italia (anche se poi si sarebbe scoperto che si trattava di una falsa positività) – Fernando Gaviria alla presentazione delle squadre al Tour de Pologne lo aveva detto davanti a tutti: «Cerco la mia prima vittoria stagionale per rilanciarmi».

Gaviria bis a Rzesow

Ed è stato di parola: a Resovia (Rzeszòw) il colombiano del UAE Team Emirates conquista la terza frazione battendo allo sprint il giovanissimo olandese Olav Kooj della Jumbo Visma e Phil Bauhaus della Bahrain Victorius che aveva vinto la tappa d’apertura. Gaviria su questo arrivo ci aveva già trionfato nel 2016 quando era in Etixx-Quick Step e per lui questa è la terza affermazione sulle strade polacche.

Nella mixed zone si concede volentieri ai microfoni, lo si capisce dagli occhi. Lui è un velocista e questi momenti gli mancavano troppo: era a digiuno dal 16 settembre scorso col successo nel Giro di Toscana Memorial Alfredo Martini. Anche il suo diesse Fabio Baldato, che lo sta aspettando per portarlo in hotel, è raggiante: «Sono contentissimo perché ha fatto una gran volata. Era un nostro obiettivo la sua vittoria».

Fernando immaginiamo che sotto la maschera ci sia un sorriso grande così. Lo avevi detto domenica alla presentazione delle squadre che speravi di sbloccarti.

Sì, sono molto contento per aver centrato questa vittoria qui in Polonia, la cercavo da un bel po’. Al Giro ero in buona condizione, ma non ho avuto la fortuna di vincere (tanti piazzamenti ma solo un secondo posto nella tappa di Foligno, ndr). Poi ho preso un po’ di riposo continuando ad allenarmi e ho ripreso a correre tre settimane fa facendo bene. Qui c’era l’opportunità di provare a vincere. Ringrazio tutta la squadra che ha avuto fiducia in me oggi facendo un lavoro spettacolare.

La Deceuninck-Quick Step controlla bene la corsa per Almeida leader
La Deceuninck-Quick Step controlla bene la corsa per Almeida leader
Sei rientrato al Tour de Wallonie facendo un secondo e un terzo posto. Qui a Resovia dove avevi già vinto hai centrato la tua terza vittoria. Una corsa che ti piace.

Sì, penso che mi porti fortuna il Polonia, spero che sia lo sblocco per salvare bene la stagione. Mancano ancora tante corse, tutte importanti. Se sono in buona condizione le posso fare tutte bene.

L’esperienza di prendere il covid-19 due volte come l’hai vissuta e superata?

E’ stato stressante. All’inizio perché ero lontano dalla mia famiglia e non sai cosa dire loro per non farli preoccupare. Se avessi detto a mia madre che avevo preso il covid sarebbe stata in pensiero perché era il momento in cui in Italia morivano più persone. Alla fine l’ho passato bene, adesso ho ritrovato la vittoria e questo è importante.

La campagna polacca ha temperature meno torride che in Italia, anche in fuga si sta bene
La campagna polacca ha temperature meno torride che in Italia, anche in fuga si sta bene
Domenica 15 agosto c’è l’ultima tappa, quella di Cracovia, adatta per velocisti. Compirai gli anni il 19 agosto, potresti farti un regalo in anticipo.

Lo spero davvero tanto. L’anno scorso era andata bene proprio il giorno del mio compleanno (vittoria della seconda tappa del Tour de Limousin, ndr).

Nel 2022 arriveranno Hodeg e Ackermann in UAE, il tuo futuro sembra più incerto. Puoi dirci qualcosa in più?

Non posso parlare. Dovete aspettare quello che uscirà.

Enigma contratto

E proprio mentre usciamo dalla mixed zone, dicevamo, c’è Baldato che lo attende. Giriamo a lui l’ultima domanda che abbiamo fatto a Gaviria. La risposta del direttore sportivo veneto sembra contradditoria, beffarda.

«Gaviria è gia stato confermato, anche prima del Giro d’Italia. Riguardatevi i comunicati. Ha risposto diversamente? Avrà fatto una battuta apposta».
In realtà della sua conferma non pare esserci traccia, ma a questo punto basterà aspettare per svelare l’enigma del contratto.

Alessandro Covi 2021

Covi, buoni risultati e un sogno nel cassetto

05.08.2021
4 min
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Passato l’uragano delle Olimpiadi su strada (la pista va avanti già da oggi), l’ultimo weekend ha avuto tra i suoi protagonisti anche gli italiani. Si è molto parlato della doppietta a Getxo con Nizzolo e Aleotti, ma guardando alle due gare disputate in sequenza (Clasica di San Sebastian e Circuito di Getxo) il migliore nel compendio è stato Alessandro Covi, nella Top 10 in entrambe le occasioni e la cosa stupisce maggiormente perché il corridore dell’Uae Team Emirates non proveniva dal Tour.

Parlando con il 22enne di Borgomanero, però, le sorprese non finiscono qui, perché quei piazzamenti nascono da una scelta per molti versi originale: «Finito il Giro d’Italia dovevo impostare il nuovo periodo di lavoro – dice – ma ho scelto di non muovermi da casa, non andare in altura. Sono rimasto con i miei, con gli amici, seguendo i programmi che mi erano stati dati ma ritrovando anche la giusta tranquillità mentale insieme ai miei cari».

Covi San Sebastian 2021
Alessandro Covi ha chiuso 5° la Clasica de San Sebastian a 1’04” dal vincitore Powless. A Getxo è stato 7°
Covi San Sebastian 2021
Alessandro Covi ha chiuso 5° la Clasica de San Sebastian a 1’04” dal vincitore Powless. A Getxo è stato 7°
Una scelta che va controcorrente…

Ma che credo stia pagando: già al Giro di Vallonia ho visto che stavo bene, sono giunto 7° in una tappa e ho chiuso 10° nella classifica dei giovani, avevo una buona gamba e questo mi ha dato fiducia. D’altronde venivo da un Giro d’Italia che reputo molto soddisfacente, anche lì 10° fra i giovani ma soprattutto sul podio sia a Montalcino che sullo Zoncolan e per me valgono tanto dopo il difficile inizio stagione.

Puoi ricordarci che cosa ti era accaduto?

Ho avuto grossi problemi al piede destro proprio all’inizio, poi dopo la Sanremo sono sfociati in una tendinite che di fatto mi ha tenuto fermo a lungo. La prima gara è stata a fine aprile con il Romandia e già nella prima tappa avevo chiuso 5°. Non ci metto molto a ritrovare il giusto colpo di pedale, anche per questo ho scelto di evitare spostamenti dopo il Giro e lavorare tranquillo.

La squadra aveva insistito?

Mi avevano detto quali erano i programmi, ma non c’era alcun obbligo e mi hanno lasciato la libertà di scegliere. I risultati credo siano stati la risposta migliore che potevo dare.

Schmid Covi Giro 2021
La volata a due di Montalcino, al Giro 2021, con Schmid (Qhubeka) davanti a un Covi sfinito
Schmid Covi Giro 2021
La volata a due di Montalcino, al Giro 2021, con Schmid (Qhubeka) davanti a un Covi sfinito
Al Uae Team Emirates sono soddisfatti della tua stagione?

Assolutamente, sto rispettando quella tabella di miglioramento che si aspettavano. Anche per questo si è instaurato un grande rapporto di fiducia reciproco, io da parte mia mi trovo molto bene nel gruppo.

Si parla spesso delle difficoltà che i giovani italiani hanno nell’approdare in una grande squadra, se hanno velleità di risultato. Tu che puoi dirci al riguardo?

E’ un tema complesso. Sicuramente per molti rappresenta un problema, ma credo sia anche normale e giusto mettersi a totale disposizione del gruppo, perché c’è molto da imparare e altrettanto da lavorare. Per quel che è la mia esperienza posso dire che è molto importante sfruttare le occasioni quando si presentano per ritagliarsi un proprio spazio: i miei 6 risultati nella Top 10 di quest’anno si spiegano proprio così.

Covi 2021
Alessandro Covi è nato a Borgomanero il 28 settembre 1998. E’ al suo secondo anno al Uae Team Emirates
Covi 2021
Alessandro Covi è nato a Borgomanero il 28 settembre 1998. E’ al suo secondo anno al Uae Team Emirates
Che altri insegnamenti hai tratto da questi due anni nel team di Pogacar e che cosa puoi consigliare agli altri?

Quando entri in un grande team con riferimenti come lo sloveno, devi partire dal basso e imparare da ogni esperienza, anche dalle sconfitte, anzi soprattutto da esse. Bisogna poi cercare di salire di livello e quando capita l’occasione buttarsi senza pensarci due volte.

Ora il tuo programma che cosa prevede?

Sono stato convocato per il Giro di Polonia e il Giro di Germania. Nel primo caso affronteremo la trasferta al servizio di Diego Ulissi, che in Polonia ha già vinto e impostando le volate per Fernando Gaviria, ma se si aprirà qualche occasione state tranquilli che ci riproverò. Anche perché non mi dispiacerebbe per niente essere preso in considerazione per una maglia azzurra…

La squadra c’è, poche storie. E Pogacar la difende

16.07.2021
5 min
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Questa cosa che la squadra non lo assiste ormai sembra un ritornello stonato. Anche perché l’unica che al momento sembra superiore alle altre, il Team Ineos, manca in maniera evidente di un solista e il coro da sé può fare poco se non c’è quello che ne finalizza il lavoro. E poi ieri avere accanto una roccia come Majka ha permesso alla maglia gialla di stare coperto fino al momento in cui ha deciso di dare uno scossone alla corsa.

Difesa (non) d’ufficio

Pogacar ai suoi compagni ci tiene e non ne fa mistero. Lo scorso anno passò la tesi per cui avesse vinto da solo, restando nascosto fino al momento in cui affondò Roglic, ma non andò esattamente così. Facendo scorrere di nuovo il film della corsa, semplicemente con una ricerca per nome nel sontuoso archivio di BettiniPhoto, si nota che richiamando i loro nomi assieme, in tutti gli arrivi di salita i due sloveni sono sempre gomito a gomito.

Uomini come MvNulty, Majka e Rui Costa sono tre pilastri super affidabili
Uomini come MvNulty, Majka e Rui Costa sono tre pilastri super affidabili

«Voglio dimostrare che non è stata una mossa unica – ha detto lunedì nel giorno di riposo – in ogni corsa da allora, che sia la Liegi o la Tirreno-Adriatico, parto per dimostrare quanto valgo e che quella vittoria non è stata un caso. Se qualcuno mette in dubbio quello che faccio o quello che dico, in qualsiasi ambito, cerco sempre di dimostrargli che ha torto».

Forse per questo non sta lasciando niente a nessuno, anche se forse ieri un regalo a Vingegaard lo avrebbe forse fatto. Quando al mattino va a schierarsi con le altre maglie davanti a tutti, l’unico con cui parla è il giovane danese. Altrimenti Pogacar è un ragazzo riservato e preferisce stare con la squadra.

«So cosa fa per me ogni giorno ciascuno dei ragazzi – dice – e anche l’anno scorso non sono stato isolato come spesso sento dire».

Alla partenza, Pogacar parla volentieri con Vingegaard, meno con gli altri
Alla partenza, Pogacar parla volentieri con Vingegaard, meno con gli altri

Come da bambino

Una delle domande più esilaranti cui ha risposto ieri dopo l’arrivo è se si stia divertendo. Chi gliel’ha posta non si è reso conto che in effetti nella sua traiettoria, lo sloveno sta seguendo da anni lo stesso copione.

«Corro come un bambino a cui piace correre – ha risposto con quel suo sorriso – sono venuto al Tour per godermelo e mi rendo conto ogni giorno di quello che il mio allenatore e direttore sportivo Andrej Hauptman mi ha sempre detto di fare: divertirmi (la vera differenza fra lui e Roglic, a ben vedere, è che il secondo ha fatto del Tour quasi un’ossessione, ndr). Per me il ciclismo è un gioco. Quando sono in un finale come gli ultimi, se ho le gambe provo ad andare».

Formolo, vicino di casa a Monaco e amico di Pogacar, è stato un gigante in salita
Formolo, vicino di casa a Monaco e amico di Pogacar, è stato un gigante in salita

Per completare il discorso sulla sua coerenza… stilistica, vale la pena ricordare che anche quando da junior vinse il Lunigiana, la squadra slovena non fosse tra le più forti, ma Tadej seppe farsi valere rimboccandosi le maniche. Arrivò secondo il primo giorno a Bocca di Magra dietro Kazanov. Il secondo giorno a Fosdinovo vinse Pronsky su Battistella, ma Tadej conquistò la testa della classifica. Il terzo giorno, con il primato indosso, vinse la tappa e consacrò la maglia.

Hauptman ricorda

Il suo tecnico di nazionale Andrej Hauptman, oggi anche suo direttore sportivo al Uae Team Emirates, sta lavorando anche in prospettiva Tokyo e intanto ha ricordi e idee chiare, sin da quando lo vide vincere la prima corsa a 13 anni lasciando il gruppo e semplicemente andando al traguardo.

La squadra, rinforzata per il Tour, lo ha tenuto bene al coperto nelle fasi più calde
La squadra, rinforzata per il Tour, lo ha tenuto bene al coperto nelle fasi più calde

«Tadej è uno con gli attributi – dice – che osa e ci prova sempre. Però, non lo fa in maniera scriteriata e sa quando muoversi perché ha una grande capacità di leggere la corsa. E’ una caratteristica innata, che ha sempre avuto. Del resto da bambino era uno dei più piccoli e per tenere testa agli altri ha dovuto imparare a cavarsela con l’intelligenza. Ha sempre provato colpi da solista e questo gli ha permesso di sviluppare un ottimo senso della gara. Poi, va bene con tutte le condizioni e non patisce particolarmente il freddo».

In realtà le ultime tappe hanno dimostrato che lo sloveno in giallo se la cava meglio con il freddo che con il grande caldo, ma anche in questo caso è tutto relativo. Fatto salvo il Vingegaard del Ventoux, nell’unico giorno in cui Pogacar ha ammesso di aver raggiunto il suo limite, tutti gli altri sono stati peggio di lui. Sia col bello sia col brutto. La classifica ne è il riflesso diretto. I paragoni col passato non aggiungono molto alla sua storia. Vedremo come finirà domani la crono, poi inizieremo a raccontare la seconda vittoria di Pogacar al Tour.

Ulissi, buona la prima. Presa Sassari, il favorito adesso è lui?

15.07.2021
5 min
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Quattro anni dopo, la Sardegna sapeva esattamente dove ritrovare il grande ciclismo. Ad Alghero, sul lungomare del porto che nel 2017 era vibrante di passione popolare per il Giro d’Italia numero 100, gli appassionati veri sono andati ad annusare il profumo della corsa. La Settimana Ciclistica Italiana – cinque tappe, categoria2.1 – è il prodotto del connubio tra l’Isola, con Carmelo Mereu (Rally Costa Smeralda, per capirci) e il ciclismo, rappresentato da quel vecchio “lupo di strada” che è Adriano Amici (cioè il Gs Emilia). Formalmente è la prima edizione, la prima tappa da Alghero a Sassari, di fatto la trentesima di quel Giro di Sardegna che nel calendario Uci è inserito a ottobre, ma non si disputerà.

Intervista per caso

Ma torniamo sul molo Dogana, battuto da un traversone che ha l’unico merito di portar via nuvoloni grigio-piombo, dove un corridore sta rispondendo alle domande di una giornalista Rai prima di salire sul palco della presentazione assieme ai compagni della Uae Emirates. Il suo nome è Diego Ulissi e alla fine della giornata la giornalista scoprirà di aver intervistato il vincitore della prima tappa. Un successo squillante, forse tardivo pensando a quelle maglie azzurre in partenza per Tokyo che strappano gli applausi più convinti.

Masnada è sceso da Livigno per questa corsa. In precedenza era sceso per il campionato italiano, arrivando secondo
Masnada è sceso da Livigno per questa corsa

Profumo di mare

La Alghero-Sassari, 156 chilometri scarsi, ha gli ingredienti che nell’Isola non mancano mai. Il Giro di Sardegna ha una solida base tradizionale. Il suo albo d’oro ha quattro quarti di nobiltà, si interrompe nel 2011 con Michele Scarponi che vince sulla Giara e Peter Sagan che conquista la classifica generale. Questa è una corsa nuova, ma lì siamo. Come ogni Giro di Sardegna ha percorsi complicati ma che non chiudono la porta in faccia ai velocisti. Nel 2009 vinse Daniele Bennati e fu la sua unica corsa a tappe. E poi c’è il vento e alla partenza da Alghero si sente molto bene. Soffierà contrario per il primo quarto di corsa, ma porta il profumo del mare che a luglio il ciclismo non aveva mai sentito da queste parti. Si è sempre corso a febbraio e marzo, quattro volte a maggio, ma era il Giro d’Italia. Vento benedetto, se calerà ci sarà da cuocersi nei saliscendi dell’interno.

Nel Team Bahrain Victorious, oltre a Caruso anche Milan, uomo del quartetto
Nel Team Bahrain Victorious, oltre a Caruso anche Milan, uomo del quartetto

Vento a due facce

Intanto c’è il mare, anzi due. E’ il nome della strada che da Alghero porta, controvento, a Porto Torres. Da lì si inverte la rotta, il vento diventa amico, la corsa è già delineata con nove uomini al comando. Sono loro a prendersi i primi applausi dei sassaresi al passaggio sotto lo striscione d’arrivo, quando la tappa sta appena cominciando, anche se ci sono già 55 chilometri sulle gambe dei corridori. Dopo Sassari, capitale sarda del basket (Dinamo) e dei presidenti della Repubblica (Segni, Cossiga), la strada scende nella “chiocciola” che sarà decisiva nel finale e riprende a salire verso Ossi. Il primo Gpm è fatale a Rudy Barbier (Israel Start Up Nation), Evaldas Siskevicius (Delko) e Paolo Simion (Giotti Victoria- SaviniDue), poi Federico Burchio (Work Service Marchiol). I primi punti per la maglia verde sono per il norvegese Jonas Abrahamsen (Uno-X) su Luca Wackermann (Eolo-Kometa) e Simon Pellaud, lo svizzero della Androni-Sidermec che ha le doti da attaccante nel dna.

La corsa sfrutta il vento in poppa, il vantaggio sul gruppo sfiora i 4 minuti, poi li supera mentre davanti perde contato lo spagnolo Sagastibel Azurmendi (Euskaltel-Euskadi). Resiste bene invece il belga Rune Herregodts (Sport Vlaanderen-Baloise), ma la riscossa del gruppo è già iniziata.

Ulissi, fra gli esclusi di lusso da Tokyo, ha vinto così la prima tappa su Bettiol e Aleotti, reduce dalla vittoria al Sibiu Cycling Tour
Ulissi, fra gli esclusi di lusso da Tokyo, ha vinto così la prima tappa su Bettiol

Da Milan a Ganna

Sono le maglie rosse della Bahrain Victorious e quelle azzurre della nazionale, con un Filippo Ganna perfettamente calato nello scopo di questa corsa che guarda alle Olimpiadi, a condurre un inseguimento che prende corpo nell’ascesa verso la Necropoli di Mesu ‘e Montes. Da qualche chilometro, a Thiesi, la strada ha ripreso a guardare a nord e il maestrale è tornato nemico dei corridori. Fortuna che la strada scende, ma la sorte di Pellaud, che nel frattempo ha preso altri punti per assicurarsi la prima maglia di leader dei Gpm, e Herregodts è segnata.

Bettiol secondo, capannello degli azzurri dopo l’arrivo. Da sinistra, Masnada, Moscon e Ciccone
Bettiol secondo, capannello degli azzurri dopo l’arrivo

La spunta Ulissi

Si arriva a Scala di Giocca, antico punto cruciale delle Cagliari-Sassari, e si scatenano i grossi calibri. Provano Gianni Moscon, Giulio Ciccone, si agganciano Alberto Bettiol e Diego Ulissi, l’unico che non ha la maglia azzurra. Non si può ancora chiudere la corsa, perché nei 3 chilometri di discesa dritta e veloce che conducono al rettilineo finale diversi rientrano. Sono in quindici a svoltare a destra e affrontare e il rettilineo in leggera salita di via Duca degli Abruzzi. Alberto Bettiol prova a contestare la volata di Diego Ulissi, ma negli ultimi metri deve arrendersi

«Avevo sentito sensazioni buone sin dalla partenza», ammetterà Ulissi. La Settimana Ciclistica Italiana sulle strade della Sardegna è appena iniziata. I 2.500 metri di dislivello che si sommano lungo i 185 chilometri della seconda tappa, Sassari-Oristano, potrebbero essere l’ultima insidia per il toscano della Uae Emirates, diventato primo favorito della corsa sarda che ora attende le sfide tra i velocisti.